Disprezzo e demonizzazione del lavoro e della ricchezza

Disprezzo e demonizzazione del lavoro e della ricchezza

Messaggioda Berto » mar mag 04, 2021 10:16 pm

Disprezzo e demonizzazione del lavoro e della ricchezza
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Il demenziale disprezzo e la demonizzazione dell'uomo di buona volontà che si guadagna il pane con il sudore della fronte e che con il suo quotidiano e incessante lavoro rende la vita sulla terra un paradiso, meno dolorosa, meno faticosa, più lunga, ... per sé e per gli altri.

Generalmente quest'uomo è caratterizzato dalla marchiatura della Partita IVA.
https://www.facebook.com/danielasantanc ... 4394838511



Non sono d'accordo con Einstein poiché non vi è alcuna contrapposizione/contrasto/conflitto/contraddizione tra il bene della vita e il bene del denaro di cui la vita si serve per realizzarsi e vivere bene.

"Le cose più preziose della vita non sono quelle che si comprano con il denaro."(Albert Einstein)
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Disprezzo e demonizzazione del lavoro e della ricchezza

Messaggioda Berto » mar mag 04, 2021 10:17 pm

Indice


1)
"Sul lavoro": il bellissimo pensiero di Kahlil Gibran

2)
Il lavoro secondo Mario Rigoni Stern

3)
Guadagnarsi il pane con il sudore della fronte

4)
Il lavoro infinito di Dio, il lavorio incessante della materia e il lavoro indefesso delle piante e degli animali

5)
Il disprezzo dei sinistri social internazi comunisti per il lavoro autonomo

6)
Questo disprezzo per chi lavora e del lavoro (specialmente per quello manuale, per quello autotomo o indipendente, imprenditoriale, finanziario e del datore di lavoro in quanto tale, imprenditori e datori di lavoro che producono profitto, ricchezza per sè e per coloro a cui danno da lavorare) è alla base anche della demonizzazione di chi possiede della ricchezza e la usa naturalmente per il suo godimento ed anche per la ricchezza stessa

7)
La ricchezza non è un male ma un bene

8)
Il PC del rubare ai ricchi (e per estensione a tutti coloro che hanno qualcosa) per dare ai poveri e agli ultimi, specialmente a quelli presunti tali.
Rubare, rapinare, estorcere, espropriare i ricchi per conto dei poveri come se la causa/colpa/responsabilità della povertà dei poveri fosse dei ricchi non è giustizia sociale, non è etica umana, non è cosa buona ma malvagia

9)
La strategia criminale del parassita e predatore politico sociale

10)
Il lavoro umano tra cui quello scientifico è la vera spiritualità, non certo le pratiche religiose

11)
Il capitalismo, un'economia fondata sul lavoro e sulla libertà di lavorare e di impiegare la ricchezza

12)
Robin Hood non rubava ai ricchi per dare ai poveri, ma recuperava il maltolto dagli estorsori e dai ladri di stato per restituire alle vittime che ne erano i legittimi proprietari

13)
Rubare è sempre un male e mai il rubare può essere trattato come un diritto, come una cosa buona e giusta mai e poi mai

14)
Calunniare dando dell'evasore per colpevolizzare, demonizzare e depredare; come la calunnia del dare del razzista per impedire al calunniato di esercitare e difendere il suoi diritti umani, civili e politici

15)
Organizzazioni umanitarie criminali che demonizzano la ricchezza e i ricchi
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Re: Disprezzo e demonizzazione del lavoro e della ricchezza

Messaggioda Berto » mar mag 04, 2021 10:18 pm

1) "Sul lavoro": il bellissimo pensiero di Kahlil Gibran

https://librariacultura.altervista.org/ ... il-gibran/


Allora un contadino disse: Parlaci del Lavoro.

E lui rispose dicendo:
Voi lavorate per assecondare il ritmo della terra e l’anima della terra.
Poiché oziare è estraniarsi dalle stagioni e uscire dal corso della vita,
che avanza in solenne e fiera sottomissione verso l’infinito.

Quando lavorate siete un flauto
attraverso il quale il sussurro del tempo si trasforma in musica.
Chi di voi vorrebbe essere una canna silenziosa e muta
quando tutte le altre cantano all’unisono?

Sempre vi è stato detto che il lavoro è una maledizione e la fatica una sventura.
Ma io vi dico che quando lavorate esaudite una parte del sogno più remoto della terra,

che vi fu dato in sorte quando il sogno stesso ebbe origine.
Vivendo delle vostre fatiche,
voi amate in verità la vita.
E amare la vita attraverso la fatica è comprenderne il segreto più profondo.

Ma se nella vostra pena voi dite
che nascere è dolore e il peso della carne una maledizione scritta sulla fronte,
allora vi rispondo:
tranne il sudore della fronte niente laverà ciò che vi è stato scritto.

Vi è stato detto che la vita è tenebre
e nella vostra stanchezza voi fate eco a ciò che è stato detto dagli esausti.
E io vi dico che in verità la vita è tenebre fuorché quando è slancio,
E ogni slancio è cieco fuorché quando è sapere,
E ogni sapere è vano fuorché quando è lavoro,
E ogni lavoro è vuoto fuorché quando è amore;
E quando lavorate con amore voi stabilite un vincolo con voi stessi,
con gli altri e con Dio.

E cos’è lavorare con amore?
È tessere un abito con i fili del cuore,
come se dovesse indossarlo il vostro amato.
È costruire una casa con dedizione come se dovesse abitarla il vostro amato.
È spargere teneramente i semi e mietere il raccolto con gioia,
come se dovesse goderne il frutto il vostro amato.
È diffondere in tutto ciò che fate il soffio del vostro spirito,
E sapere che tutti i venerati morti stanno vigili intorno a voi.

Spesso vi ho udito dire, come se parlaste nel sonno:
“Chi lavora il marmo e scopre la propria anima configurata nella pietra,
è più nobile di chi ara la terra.
E chi afferra l’arcobaleno e lo stende sulla tela in immagine umana,
è più di chi fabbrica sandali per i nostri piedi”.
Ma io vi dico,
non nel sonno ma nel vigile e pieno mezzogiorno,
il vento parla dolcemente alla quercia gigante come al più piccolo filo d’erba;
E che è grande soltanto chi trasforma la voce del vento in un canto reso più dolce dal proprio amore.

Il lavoro è amore rivelato.
E se non riuscite a lavorare con amore,
ma solo con disgusto, è meglio per voi lasciarlo e,
seduti alla porta del tempio,
accettare l’elemosina di chi lavora con gioia.
Poiché se cuocete il pane con indifferenza,
voi cuocete un pane amaro,
che non potrà sfamare l’uomo del tutto.
E se spremete l’uva controvoglia,
la vostra riluttanza distillerà veleno nel vino.
E anche se cantate come angeli,
ma non amate il canto,
renderete l’uomo sordo alle voci del giorno e della notte.
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Re: Disprezzo e demonizzazione del lavoro e della ricchezza

Messaggioda Berto » mar mag 04, 2021 10:18 pm

2) Il lavoro secondo Mario Rigoni Stern

«Allora io considero che si dovrebbero fare le cose bene, perché non c’è maggiore soddisfazione di un lavoro ben fatto. Un lavoro ben fatto, qualsiasi lavoro, fatto dall’uomo che non si prefigge solo il guadagno, ma anche un arricchimento, un lavoro manuale, un lavoro intellettuale che sia, un lavoro ben fatto è quello che appaga l’uomo.
Io coltivo l’orto, e qualche volta, quando vedo le aiuole ben tirate con il letame ben sotto, con la terra ben spianata, provo soddisfazione uguale a quella che faccio quando ho finito un buon racconto.
E allora dico anche questo, no: una catasta di legno ben fatta, ben allineata, ben in squadra, che non cade, è bella; un lavoro manuale, quando non è ripetitivo, ricordo ‘Tempi moderni’ di Charlot, è sempre un lavoro che va bene, perché è anche creativo.
Un bravo falegname, un bravo artigiano, un bravo scalpellino, un bravo contadino; e oggi dico sempre quando mi incontro con i ragazzi: voi magari aspirate ad avere un impiego in banca, ma ricordatevi che fare il contadino per bene è più intellettuale che non fare il cassiere di banca.
Perché un contadino deve sapere di genetica, di meteorologia, di chimica, di astronomia persino.
E allora tutti questi lavori che noi consideriamo magari lavori così, magari con un certo disprezzo, sono lavori invece intellettuali».
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Re: Disprezzo e demonizzazione del lavoro e della ricchezza

Messaggioda Berto » mar mag 04, 2021 10:27 pm

3) Guadagnarsi il pane con il sudore della fronte


C.E.I.:
Genesi 3,14-19

http://www.laparola.net/wiki.php?riferi ... ato_rif=vp


14 Allora il Signore Dio disse al serpente:
«Poiché tu hai fatto questo,
sii tu maledetto più di tutto il bestiame
e più di tutte le bestie selvatiche;
sul tuo ventre camminerai
e polvere mangerai
per tutti i giorni della tua vita.
15 Io porrò inimicizia tra te e la donna,
tra la tua stirpe
e la sua stirpe:
questa ti schiaccerà la testa
e tu le insidierai il calcagno».
16 Alla donna disse:
«Moltiplicherò
i tuoi dolori e le tue gravidanze,
con dolore partorirai figli.
Verso tuo marito sarà il tuo istinto,
ma egli ti dominerà».
17 All'uomo disse: «Poiché hai ascoltato la voce di tua moglie e hai mangiato dell'albero, di cui ti avevo comandato: Non ne devi mangiare,
maledetto sia il suolo per causa tua!
Con dolore ne trarrai il cibo
per tutti i giorni della tua vita.
18 Spine e cardi produrrà per te
e mangerai l'erba campestre.
19 Con il sudore del tuo volto mangerai il pane;
finché tornerai alla terra,
perché da essa sei stato tratto:
polvere tu sei e in polvere tornerai!».


La cacciata dal giardino dell'Eden
Bereshit 3,16-24

https://it.wikipedia.org/wiki/Bereshit_(parashah)


Dopo aver punito il serpente, Dio si rivolge ad Adamo ed Eva. A questa destina il dolore della gravidanza, il desiderio per l'uomo e "l'accettazione/timore di" lui.

All'uomo riserva invece una vita di sofferenze e fatica per ricavare dalla terra il proprio sostentamento. La terra non sarà più feconda (in un primo momento vi sarà su essa grave condanna) sino al periodo di Noè.

Il "lavoro" causerà il "sudore" dell'uomo.

Gli predice anche la morte: Mangerai pane col sudore del tuo volto finché tornerai alla terra dalla quale sei stato tratto; polvere sei e polvere tornerai.

Adamo, e qui appare per la prima volta il suo nome, dà alla sua compagna il nome di Chavvà (in italiano Eva).

La cacciata dal giardino avviene per evitare che l'uomo e la donna, dopo aver violato il divieto riguardo all'albero della conoscenza del bene e del male, violino anche quello per l'albero della vita che donerebbe loro la vita eterna. Dio pone sulla strada che conduce all'albero della vita una schiera di cherubini armati di spade fiammeggianti.

Invero, dopo il peccato originale, Dio chiese ad Adamo "dove fosse in quel momento" alludendo e volendo la sua sincera Teshuvah.



Uno dei popoli più esemplari della terra che del lavoro ha fatto il fondamento della propria esistenza, della propria vita, della propria speranza, della propria libertà e benessere è il Popolo ebraico di Israele che ha saputo trasformare una terra semi abbandonata arida e semidesertica in un paradiso terrestre invidiato da tanti, specialmente dai vicini nazi maomettani.

https://www.filarveneto.eu/wp-content/u ... sraele.jpg
https://www.filarveneto.eu/wp-content/u ... 68x359.jpg
Immagine


Il lavoro come imitatio Dei secondo la tradizione ebraica - JoiMag
di Massimo Giuliani

https://www.joimag.it/il-lavoro-come-im ... e-ebraica/

Storie di conciliazione (o meno) tra il lavoro e lo studio della Torah, a partire proprio dallo shabbat, il giorno del riposo

Ci sono voluti secoli, nella cultura occidentale, per riconciliarsi con l’idea e la prassi del lavoro. Se oggi siamo un po’ tutti ‘workaholic’ (neologismo inglese per dire ‘ossessivamente dipendenti dal lavoro’, sebbene di lavoro raramente estenuante), all’inizio non fu così: greci e latini esaltavano l’otium e non il negotium, termine che indicava sia le diverse attività manuali e professionali sia la fatica e il fastidio del lavorare. Il cristianesimo delle origini risentì di questa radice culturale, e aggravò l’idea del lavoro con un’interpretazione letterale di Bereshit/Genesi 3: il lavoro (come il parto per la donna) è un castigo divino per il peccato originale, e tanto più tale peccato era grave e universale, tanto più lavoro e parto – detti entrambi ‘travagli’ – apparivano dolorosi e pericolosi. Una condanna metafisica, più che una punizione storica. Come è noto, solo con Benedetto da Norcia, nel VI secolo, si avviò un progressivo riscatto del lavoro manuale.

Nel giudaismo quest’atteggiamento negativo verso il lavoro non è (quasi) mai esistito. E non avendo la dottrina del peccato originale, o almeno una sua versione dogmatica come la sviluppò Agostino di Ippona per la cristianità, il mondo ebraico non interpretò il lavorare e il partorire come esperienze negative, appunto una condanna storico-metafisica. Al contrario, prevalse nel tempo l’idea che il primo lavoro cosmico fosse la stessa creazione divina; che se Dio lavorò sei giorni e si riposò il settimo, altrettanto deve fare l’essere umano ‘ad imitazione di Dio’; che lavorare costituisce una forma di joint-venture divino-umana per il mantenimento e persino il miglioramento del mondo, della natura e della società. In questa nobile impresa di “coltivare il giardino” da sempre – fino a pochi decenni fa – erano associati anche molti animali, che aiutavano l’essere umano nelle fatiche dei campi. La Torà comanda il riposo del settimo giorno anche per loro, e non soltanto per gli umani.

Non è affatto paradossale che l’idea di lavoro si sia affinata, nel giudaismo, a partire dal suo opposto: quel riposo sabbatico che costituisce il coronamento della fatica settimanale, lo shabbat come ‘spazio temporale’ (quasi un ossimoro) dal quale i sei giorni lavorativi prendono senso, ossia si illuminano alla luce di una trascendenza che riporta il lavoratore/la lavoratrice nella sfera della col-laborazione con il Creatore per la sviluppo delle potenzialità del creato.
In questa prospettiva un autorevole maestro come Rabban Gamliel, figlio di Yehudà ha-Nassì, insegnava: “È bello lo studio della Torà se accompagnato da un’attività produttiva, perché l’impegno in entrambi fa dimenticare il peccato” (Avot II,2), aforisma che ricorda l’antico adagio per cui l’ozio è padre dei vizi; e aggiungeva quel maestro: “Ogni studio che non sia affiancato da una melakhà – termine rabbinico per ‘lavoro’ e ‘occupazione concreta’ – finisce per annullarsi e porta con sé la trasgressione”. I rabbini osarono pensare Dio in termini di un Datore di lavoro: “Fedele è il tuo Datore di lavoro, che ti pagherà la ricompensa della tua opera” (Avot, II,14 e VI,4: un insegnamento riportato due volte!). Nella cultura ebraica lavorare era ed è un dato antropologico naturale e positivo: “Vivrai della fatica delle tue mani e sarai felice” (Tehillim/Salmi 128). Dunque disprezzare il lavoro, soprattutto in nome dello studio, non è una virtù ebraica. Questa è l’opinione dei maestri di Israele, i quali furono in generale coerenti con quest’etica: anche i più grandi tra loro vivevano per la Torà ma non vivevano di Torà – “Non usare la Torà come una vanga con cui scavare [per arricchirti]”, ammonisce Rabbi Tzaddok (Avot IV,7) – e avevano un’occupazione mondana, per così dire, per guadagnarsi da vivere e mantenere la famiglia. Se non bastessero i loro insegnamenti, valgano i loro esempi di cui v’è abbondanza nelle fonti.

Sempre nei Pirqé Avot il tannaita Rabbi Yochanan [ben Peroqà] è chiamato ha-sandelar ossia il calzolaio. Yose ben Chalaftà, che fu maestro di Yehudà ha-Nassì, lavorava a Tzipporì come conciatore di pelli, non proprio un lavoro leggero o nobile. Mentre di Yehoshua ben Chananià, che pure era un levita, si racconta che si mantenesse come fabbro e/o come carbonaio, e ciò non gli impediva di sedere tra i più grandi maestri sui contemporanei, come Rabbi ‘Aqivà (che era stato a lungo un pastore), Rabbi Eliezer (che era ricco di famiglia… ci sono anche i ‘fortunati’) e Rabban Gamliel, presidente dell’accademia di Yavne. Anzi, rabbi Yehoshua arrivò persino ad esserne vice-presidente. Un diverbio halakhico – anzi un vero litigio – tra presidente e vice è riportrato nel Talmud, in Berakhot 27b-28a, dove leggiamo che Rabban Gamliel, pentitosi di aver umiliato il suo vice (e sapendo quanto questi fosse stimato da tutti) decise di andare a casa di lui per riconciliarsi. Appena entrò in quella umile dimora, si accorse che le pareti erano nere di fumo; al ché Gamliel disse: “Vedo che sei un carbonaio [pechamì attà]!”. La risposta di Yehoshua fu dura: “Guai alla generazione di cui sei guida, dal momento che ignori le sofferenze [tza’aran] degli studiosi della Torà…” ossia le fatiche con cui essi si guadagnano da vivere!
Delle vite degli amoraim sappiamo anche di più. Di Resh Laqish, in eretz Israel, sappiamo che in gioventù fece ‘lavori disonorevoli’ (fu ladro e brigante, forse anche gladiatore) ma poi fece teshuvà e divenne un grande maestro. A Babilonia Shmuel era, come il Noach post-diluviano, un viticultore, mentre suo padre era stato un importante commerciante di seta e tessuti, e per stare nel ramo e in diaspora, Rabbi Asì faceva il sarto. Rashbà viveva di lavori agricoli, mentre Rabbi Chisdà commerciava in birra (da datteri, probabilmente); Rav Pappà e Rav Hunà erano professionalmente soci e commerciavano in semi di papavero e datteri, e anche Rav Safrà – che viaggiava spesso tra eretz Israel e Bavel – era commerciante.

La questione della compatibilità tra studio della Torà e lavoro nei campi è oggetto di discussione sempre nel trattato Berakhot 35b, dove chi sostiene che sia compatibile – anzi doveroso – lavorare e studiare è Rabbi Yishmael, al quale si contrapppone Rabbi Shimon bar Yochai, che diceva: “Se l’uomo deve arare al momento dell’aratura, seminare al momento della semina, trebbiare al momento della trebbiatura e setacciare al momento del vento, cosa ne sarà della Torà?”. Nessuno più studierà! Tale storia ispirata a un ascetismo anti-mondano e anti-lavorativo, con protagonisti lo stesso Shimon bar Yochai e suo figlio Eliezer (all’epoca della seconda rivolta giudaica), è narrata anche nel trattato Shabbat 33b – il trattato sull’astensione dal lavoro – e in quel caso fu addirittura una Voce divina a rimproverarli: “Siete forse usciti dalla caverna [dov’erano nascosti a motivo della persecuzione] per distruggete il mio mondo?”. In Berakhot la discussione fu idealmente chiusa da Abbayè con questo commento: “Molti hanno seguito la tesi di Rabbi Yishmael e hanno avuto successo, mentre chi ha seguito le idee di Rabbi Shimon bar Yochai non ha avuto successo”. Buona festa del lavoro.
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Re: Disprezzo e demonizzazione del lavoro e della ricchezza

Messaggioda Berto » mar mag 04, 2021 10:27 pm

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Re: Disprezzo e demonizzazione del lavoro e della ricchezza

Messaggioda Berto » mar mag 04, 2021 10:29 pm

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Re: Disprezzo e demonizzazione del lavoro e della ricchezza

Messaggioda Berto » mar mag 04, 2021 10:29 pm

4)
Il lavoro infinito di Dio, il lavorio incessante della materia e il lavoro indefesso delle piante e degli animali




Il creazionismo
https://it.wikipedia.org/wiki/Creazionismo
Creazione
https://it.wikipedia.org/wiki/Creazione_(teologia)

Big Bang e l'origine dell'universo
https://it.wikipedia.org/wiki/Big_Bang
Il Big Bang (pron. inglese /biɡˈbænɡ/, in Italiano "Grande Scoppio") è un modello cosmologico basato sull'idea che l'universo iniziò a espandersi a velocità elevatissima in un tempo finito nel passato a partire da una condizione di curvatura, temperatura e densità estreme, generando lo spaziotempo, e che questo processo continui tuttora.

L'evoluzionismo
https://it.wikipedia.org/wiki/Evoluzione

La filogenesi
https://it.wikipedia.org/wiki/Filogenesi
La filogenesi o filogenetica o filogenia (dal greco φυλή ["classe", "specie"] e ɣένεσις ["nascita", "creazione", "origine"]), è il processo di ramificazione delle linee di discendenza nell'evoluzione della vita. La sua ricostruzione è fondamentale per la sistematica che si occupa di ricostruire le relazioni di parentela evolutiva, di gruppi tassonomici di organismi a qualunque livello sistematico.
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Re: Disprezzo e demonizzazione del lavoro e della ricchezza

Messaggioda Berto » mar mag 04, 2021 10:40 pm

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Re: Disprezzo e demonizzazione del lavoro e della ricchezza

Messaggioda Berto » mar mag 04, 2021 10:41 pm

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