2)
Trump a cui è stato vergognosamente rifiutato il Nobel per la Pace (dato invece a guerrafondai e razzisti come Obama e Arafat il terrorista assassino di ebrei e non solo, anche di italiani) è stato il Presidente USA che nel corso del suo mandato non ha iniziato alcuna guerra, anzi ha ridotto tutte quelle in cui erano coinvolti da tempo gli Stati Uniti.Poi ha promosso un dialogo di pace e accordi di pace in molte aree conflittuali della terra.
Poi ha ridotto grandemente gli aiuti ai terroristi nazi-maomettani palestinesi con cui questi finanziavano lo sterminio quotidiano degli ebrei di Israele.
Poi ha contrastato l'ignobile antisemitismo dell'ONU a egemonia internazi comunista e nazi maomettana.
Il vicepresidente Vice President Mike Pence:
orgoglioso che la Presidenza Donald J. Trump non ha iniziato nuove guerre.https://www.facebook.com/ORepubblicano/ ... 4939242591Pence ha visitato le truppe a Fort Drum dove ha fatto il suo ultimo discorso come vicepresidente.
Il vicepresidente Mike Pence si è rivolto a Twitter domenica sera per dire che è "orgoglioso" del fatto che l'amministrazione Trump "sia la prima da decenni" a non coinvolgere gli Stati Uniti in una nuova guerra.
"Questa è la dottrina del conseguimento della pace attraverso la forza", ha twittato Pence.
A ottobre, la Casa Bianca ha rilasciato una dichiarazione in cui si pubblicizzava risultati militari che non richiedevano un importante dispiegamento di truppe. La dichiarazione indicava la morte di Abu Bakr al-Baghdadi e del generale iraniano Qasem Soleimani come successi militari.
Loren Thompson, un collaboratore per la sicurezza nazionale della rivista Forbes, ha sottolineato che il presidente Obama ha lanciato un aumento di truppe nel 2009 in Afghanistan e ha inviato truppe in Iraq nel 2014 mentre infuriava l'insurrezione dell'ISIS. Trump, d'altra parte, "ha garantito alle forze armate statunitensi quattro anni di relativa pace in cui rimettersi e riorganizzarsi dalle guerre senza fine a cui hanno partecipato".
I critici di Trump probabilmente metterebbero in evidenza quelle che hanno definito minacce sconsiderate a paesi come l'Iran e la Corea del Nord come esempio della sua natura bellicosa. Ma le sue aperture a Kim Jong-un, anche se non hanno avuto successo, sono state viste da alcuni critici come uno sforzo sincero per una svolta diplomatica.
Pence ha visitato domenica le truppe a Fort Drum, che si trova al confine settentrionale dello Stato di New York. Ha fatto riferimento a un discorso che ha tenuto lì come suo discorso finale come vice presidente, secondo North Country Public Radio.
Il rapporto afferma che Pence ha ringraziato la 10a divisione da montagna e ha sottolineato che la divisione è stata dispiegata in Afghanistan e Iraq quasi 50 volte dal 2001.
"Non è mai passato un giorno in cui io e ogni americano non siamo stati grati alla 10a Divisione da Montagna e ad ogni eroe americano in uniforme", ha detto Pence.
Trump si merita davvero il Nobel per la pace?Roberto Vivaldelli
11 Settembre 2020
https://it.insideover.com/politica/trum ... -pace.html La notizia ha fatto immediatamente impazzire i liberal: il presidente Usa Donald Trump è candidato al Nobel per la pace. Come spiega IlGiornale.it, la candidatura, resa nota da Fox News, è ufficiale e arriva direttamente da un membro del parlamento norvegese che è anche a capo della delegazione all’Assemblea parlamentare della Nato. Si tratta di Christian Tybring-Gjedde che ha lodato Trump per il suo impegno teso alla risoluzione dei grandi conflitti mondiali. Un bel colpo per The Donald a poche settimane dall’accordo di normalizzazione dei rapporti tra Israele e gli Emirati Arabi Uniti, in cui la mediazione dell’amministrazione Trump è stata decisiva. A riconoscerlo è Tybring-Gjedde nella lettera di nomina inviata al Comitato per il Nobel. “Poiché si prevede che altri paesi del Medio Oriente seguiranno le orme degli Emirati Arabi Uniti, questo accordo potrebbe essere un punto di svolta che trasformerà il Medio Oriente in una regione di cooperazione e prosperità”, ha scritto.
Trump Nobel per la pace dopo Obama?
Dopo Roosvelt, Wilson, Carter e Obama, Donald Trump potrebbe essere il quinto presidente americano a vincere il Premio Nobel per la pace. L’ultimo presidente a vincere il prestigioso riconoscimento era stato proprio Barack Obama: il Comitato per il Nobel decise di assegnare il premio per la pace nel 2009 a Obama per i suoi “sforzi straordinari nel rafforzare la diplomazia internazionale e la cooperazione tra i popoli”. In quell’occasione, il Comitato decise di dare “grande importanza all’impostazione di Obama ed ai suoi sforzi per un mondo senza armi nucleari. Obama da presidente ha creato un nuovo clima nelle relazioni internazionali. La diplomazia multilaterale ha riguadagnato centralità, evidenziando il ruolo che le Nazioni Unite ed altre istituzioni internazionali possono svolgere. Il dialogo ed i negoziati sono preferiti come strumenti per risolvere i conflitti, anche quelli più complessi. L’immagine di un mondo libero dalle armi nucleari ha fortemente stimolato il disarmo ed i negoziati sul controllo degli armamenti”.
Le contraddizioni del presidente Usa
È piuttosto complesso fare un bilancio della politica estera dell’amministrazione Trump. Il Presidente Usa si è distinto in questi quattro anni come un dealmaker piuttosto imprevedibile e la sua azione politica è stata segnata da numerose contraddizioni: troppo spesso alle parole di The Donald – basti pensare al ritiro delle truppe dal Medio Oriente – non sono susseguiti i fatti, e il Presidente Usa non si è “disimpegnato” dagli scenari esteri così come aveva promesso nella campagna elettorale del 2016. Se pensiamo ai rapporti con Mosca, i fatti ci dicono anche che Donald Trump ha portato avanti una politica estera spesso aggressiva nei confronti di una grande potenza come la Federazione Russa, come la decisione di ritirare gli Usa dal trattato Inf (Intermediate-Range Nuclear Forces Treaty), siglato a Washington l’8 dicembre 1987 da Ronald Reagan e Michail Gorbacev, a seguito del vertice di Reykjavík.
Washington ha inoltre approvato due vendite di armi alle forze di terra di Kiev. La prima transazione risale al dicembre 2017 ed era limitata alle armi leggere: tale accordo includeva l’esportazione di fucili M107A1 e munizioni, per una vendita del valore totale di 41,5 milioni di dollari. La transazione dell’aprile 2018 è ben più seria. Non solo è più onerosa (47 milioni di dollari), ma includeva anche armi letali, in particolare 210 missili anti-carro Javelin – il tipo di armi che l’amministrazione di Barack Obama si era rifiutata di fornire a Kiev. Veniamo poi all’omicidio del generale iraniano Soleimani. Come notava al tempo Piccole Note, Qassem Soleimani non era una minaccia imminente per gli Stati Uniti, è stato ucciso perché i repubblicani, la fazione neocon che ha grande influenza al Senato, hanno costretto il presidente ad agire, ricattandolo sull’impeachement. Come spiegava il Wall Street Journal, infatti, “Trump, dopo l’attacco, ha detto ai suoi amici che sulla vicenda del generale Soleimani era sotto pressione dei senatori del Gop che considera sostenitori importanti per il suo prossimo processo di impeachment al Senato”.
Perché The Donald lo merita più di Obama
Nonostante le tensioni con Teheran, è fuori discussione che l’amministrazione Trump abbia raggiunto alcuni risultati significativi. Oltre a non aver iniziato nessun nuovo conflitto armato, l’amministrazione Trump ha siglato uno storico accordo di pace con i talebani in Afghanistan e ha annunciato proprio in queste ore il ritiro di altre truppe americane proprio da Iraq e Afghanistan; ha incontrato al confine tra Nord e Sud Corea il leader di Pyongyang, Kim Jong Un, promuovendo una distensione dei rapporti mai riuscita ai suoi più recenti predecessori; oltre, naturalmente, ad aver promosso la normalizzazione dei rapporti fra Israele ed Emirati Arabi Uniti.
Se poi paragoniamo Donald Trump al suo predecessore, il Nobel per la Pace non è meritato, di più. Nel solo 2016, l’amministrazione Obama ha sganciato 26.172 bombe in sette paesi diversi: Siria, Iraq, Afghanistan, Libia, Yemen, Somalia e Pakistan, secondo quanto descritto dall’analisi annuale del Council on Foreign Relations. Di queste oltre il 90% (24.287) sono state lanciate su Siria e Iraq nell’ambito della Operation Inherent Resolve (OIR), la campagna contro lo Stato Islamico. Come notava Giampaolo Rossi su IlGiornale.it, a tutto questo dobbiamo aggiungere che Obama nei suoi sette anni, è stato il Presidente Usa che ha autorizzato il maggior numero di vendite d’armi in Medio Oriente nella storia americana. Aggiungiamoci pure il fatto che l’amministrazione Obama, insieme a Francia e Gran Bretagna, è stata la responsabile della destabilizzazione della Libia nel 2011, che ha provocato un vero e proprio disastro umanitario.
Non ci facciamo troppe illusioni: il Presidente di una grande potenze come gli Stati Uniti non sempre potrà essere autore di gesti che ai nostri occhi appaiono “umanitari”, ma se c’è un Presidente americano che merita il Premio Nobel per la Pace ben più di Barack Obama quello è che proprio Trump. Con la consapevolezza che parliamo di un premio politico: perlomeno Trump se lo guadagnerebbe sul campo, con tutte le contraddizioni che ne conseguono, e non come il suo predecessore che lo aveva ricevuto sulla fiducia, salvo poi rivelarsi per ciò che non era: un uomo di pace. In questo persino Donald Trump lo ha superato e gli va riconosciuto.
L'ultimo degli accordi di pace promossi dall'amministrazione TrumpPace fra Marocco e Israele, un'amicizia di vecchia dataGraziano Motta
15-12-2020
https://lanuovabq.it/it/pace-fra-marocc ... cchia-data Il quarto degli accordi di pace promossi da Donald Trump nel Medio Oriente è stato siglato fra Marocco e Israele. Si tratta del culmine di un lungo percorso di amicizia. La quasi totalità dei sovrani marocchini era amica degli ebrei ed oggi il 15% della popolazione israeliana viene dal Marocco. Ma l'Onu ignora questi accordi e si appiattisce ancora sulla linea dell'ostilità palestinese.
Marocco
E quattro! Israele e Marocco normalizzano le relazioni diplomatiche - meglio dire: ufficializzano e arricchiscono quelle amichevoli, esistenti di fatto e da sempre – a iniziativa e sollecitazione del presidente degli Stati Uniti nel contesto di quell’ “Accordo di Abramo” che ha stabilito ogni genere di relazioni tra Israele e gli Emirati Arabi Uniti e il Bahrein, fra i Paesi islamici della penisola araba, e poi il Sudan. Un consolidamento quindi della storica svolta alla quale finora il mondo islamico si era risolutamente e sempre opposto nel ricordo delle tre guerre dichiarate (nel 1948, 1967 e 1972 e tutte e tre perdute) contro l’esistenza dello Stato ebraico; motivando in seguito che, a ragione della sua “dignità”, solidarizzava con l’Autorità Nazionale Palestinese. Oggi nella Lega Araba, palesemente divisa, si parla di “rispetto” verso quei regimi fermi nel mantenere una politica di ostilità a qualsiasi intesa.
Un “grande successo”, lo definisce invece Jared Kushner, artefice dell’“Accordo” statunitense perché gli fa sentire “più vicina” la normalizzazione tra Israele e Arabia Saudita, ovvero una più significativa pacificazione nel Medio Oriente. Paradossalmente però: sta infatti per uscire dalla scena politica mediorientale per la fine del mandato del suocero, il presidente Donald Trump. E senza che si levi in qualche remoto angolo del mondo una candidatura di Trump al “Nobel della pace” (ancor oggi molti si chiedono perché sia stato attribuito al suo predecessore Barack Obama) e a dispetto della strada seguita dall’ONU di aperta avversione a Israele.
É accaduto cioè che l’“Accordo di Abramo” sia stato ignorato completamente, “snobbato” come se non esistesse, da quei Paesi che alle Nazioni Unite hanno votato ben cinque Risoluzioni che perpetuano comitati e iniziative di ben diverse epoche, riproposte da decenni, e che mai hanno sortito alcunché di positivo per il processo di pacificazione. Si dirà che la votazione all’ONU è avvenuta il giorno precedente l’Accordo tra Israele e Marocco e che non poteva comunque essere altrimenti perché le Risoluzioni erano state proposte dall’Autorità Nazionale Palestinese, ferma nel definire “traditori” tutti i Paesi islamici divenuti amici di Israele. Infine, è stato pure detto, le Risoluzioni rientravano nel pacchetto di venti documenti che il massimo organismo dell’ONU “approva automaticamente” ogni fine anno.
Resta il fatto che nessun Paese al mondo, come Israele, è colpito da tante “condanne” delle Nazioni Unite. Tanto da far denunciare al Jerusalem Post l’esistenza di una «ossessione maniacale» e a far dire all’ambasciatore israeliano all’ONU Gilad Erdan: «I Paesi che in queste votazioni hanno sostenuto Israele hanno ben capito che le risoluzioni non promuovono per nulla la pace e invece rafforzano la posizione di rifiuto dei palestinesi, oltre quella di esacerbare il conflitto».
Come pure si resta in attesa di conoscere la determinazione del neo presidente americano Joe Biden. Dalle sue prime dichiarazioni non di voler rimettere in discussione i risultati dell’“Accordo di Abramo”, anche se «forte sarà la tentazione di tornare ad adagiarsi sulle posizioni delle amministrazioni precedenti, riabbracciando la facile strada di attribuire a senso unico a Israele la colpa e la condanna per l’impasse nel processo di pace», ipotizza lo stesso giornale. Sollecitando Biden a chiarire subito le sue intenzioni.
Fra l’altro, aggiungiamo noi, dovrebbe dire se rispetterà l’impegno assunto da Trump nell’“Accordo” tra Israele e Marocco secondo cui gli Stati Uniti riconoscono la sovranità di quest’ultimo Paese sul Sahara occidentale, cancellando così le aspirazioni del popolo saharawi e le speranze da esso riposte nel sostegno della “grande potenza” alla sua lotta a oltranza, armata e diplomatica, per l’indipendenza.
In effetti a Biden risulterà non solo difficile, ma gravido anche di conseguenze politiche nell’elettorato ebraico statunitense, intromettersi nell’“Accordo” tra lo Stato ebraico e il Marocco solennemente “incoronato” da Trump. Perché si fonda sul fortissimo legame tra il mondo ebraico e la comunità islamica marocchina che si è sviluppato nei secoli. La loro storia è unica, i loro rapporti sono stati contrassegnati più da momenti felici che scevri da preoccupazioni; come quelli causati da cambi di umore di alcuni detentori del potere politico. Quando la quasi totalità dei sovrani sono stati tanto amici degli ebrei da avvalersene come ministri, fidati tesorieri e medici, esperti consiglieri ed emissari diplomatici. E da impedirne persino l’emigrazione dovuta all’ irresistibile richiamo nella Terra Promessa, dov’era stato ricostituito lo Stato d’Israele.
Ricca pure la storia dell’aliyha, l’emigrazione, degli ebrei del Marocco, oggi più di un milione (il 15% della popolazione) orgogliosi di essere la seconda comunità in Israele dopo quella russa, non solo, ma pure quella che costituisce la classe media in generale e l’élite amministrativa della nazione, specie nelle istituzioni e nelle imprese bancarie e finanziarie. Due suoi esponenti sono ministri: Amir Peretz e Miri Regecìv. Grande la considerazione e il rispetto delle sue tradizioni sociali e religiose, impostisi soprattutto con gli studi, nella continuità di una tradizione prestigiosa. Quella che in Marocco aveva consentito ai progenitori di raggiungere e mantenere elevate posizioni sociali.
Queste referenze spiegano perché tra Stato d’Israele e Marocco i rapporti si siano mantenuti sempre buoni, amichevoli, intensi (pur risentendo, certo, dei momenti difficili delle tensioni con i palestinesi e nel rispetto formale della solidarietà imposta dalle istituzioni islamiche); e perché l’“Accordo di Abramo” li abbia arricchiti. Ma c’è pure da ricordare – per comprendere il valore e l’auspicata dilatazione di questo Accordo – che i musulmani del Marocco godono di una posizione privilegiata nel loro mondo religioso per la discendenza reale dal profeta Maometto, attraverso la linea di sua figlia Fatima e di suo cugino Alì Abi Talib.
Un motivo in più per riflettere sulla coesistenza colà sviluppatasi nei secoli tra ebrei e musulmani. Che ha potuto resistere alle avversità generate dalle ambizioni e perversità del potere politico perché è stata capace di riconoscerne i frutti nel valore delle diversità. Un esempio dunque,ed anche una speranza.
Trump toglie i finanziamenti ai terroristi antisemiti nazi maomettani detti palestinesiTrump taglia tutti i fondi ai palestinesi
Giordano Stabile
1 settembre 2018
https://www.lastampa.it/esteri/2018/09/ ... 1.34042248 L’Amministrazione Trump ha tagliato tutti i fondi destinati ai palestinesi attraverso l’agenzia Onu Unrwa. La decisione è stata presa, ha dichiarato la Casa Bianca, perché l’organizzazione ha «un modello di business sbagliato» che serve soltanto a garantire «una comunità che si espande senza fine» di rifugiati palestinesi. Già all’inizio di quest’anno il presidente Donald Trump aveva dimezzato i fondi. La scorsa settimana il dipartimento di Stato aveva a sua volta azzerato i 200 milioni annui di aiuti diretti.
La decisione era stata anticipata da una fuga di notizie dalla Casa Bianca, quando sono emerse e-mail del presidente Trump al consigliere speciale, e suo genero, Jared Kushner. Ora è arrivato l’annuncio ufficiale: «L’Amministrazione – spiega il comunicato – ha determinato che gli Stati Uniti non verseranno ulteriori contribuzioni all’Unrwa dopo quella di 60 milioni a gennaio. Vogliamo chiarire che gli Stati Uniti non vogliono più sopportare un peso molto sproporzionato per i costi dell’Unrwa come hanno fatto per molti anni».
Ma c’è anche una motivazione politica e strategica: «Oltre al fallimento nell’arrivare a una più equa distribuzione degli impegni fra i contributori, il modello di business che ha caratterizzato l’Unrwa per anni, legato all’espansione senza fine dei beneficiari degli aiuti, non è sostenibile. Gli Stati Uniti non sono più interessati da finanziare questa operazione fallimentare».
L’Unrwa è nata subito dopo la prima guerra arabo-israeliana, 1948-1948, quando circa 700 mila palestinesi furono costretti a lasciare le loro case durante il conflitto. Oggi l’agenzia fornisce assistenza a cinque milioni di persone con budget di oltre un miliardo di dollari all’anno. Gli Usa sono stati finora i maggiori contribuenti. Nel 2016 hanno donato 368 milioni dollari. Seguono l’Unione europea con circa 160 milioni dollari e l’Arabia Saudita con 150. Quest’anno l’Amministrazione Trump ha pagato la prima rata di gennaio, 60 milioni, poi sospeso la seconda, 65 milioni, e ora cancellato del tutto i pagamenti.
Oggi i rifugiati palestinesi sono ospitati quasi tutti in Cisgiordania, Gaza, Giordania, Libano, Siria. Secondo Israele però i veri rifugiati sono poche decine di migliaia, cioè i superstiti fra i profughi della guerra del 1948-1949. La Casa Bianca ha di fatto accolto questa tesi e punta a ricalcolare al ribasso, con un taglio del 90 per cento, il numero dei profughi. Trump avrebbe già chiesto a Re Abdullah di Giordania di naturalizzare i due milioni che vivono sul suo territorio. Le pressioni in questo senso si legano anche alla trattative per un accordo di pace fra Israele e palestinesi: uno dei nodi più difficili nelle trattative è il «diritto al ritorno» dei profughi. Israele ha sempre detto no all’ipotesi di un ritorno in massa, ma potrebbe accoglierne qualche migliaio a titolo simbolico.
Grazie Trump!
Demenzialità e falsità contro la politica militare dell'amministrazione TrumpMarco Monaco
Autore
A parte sarebbe da discutere tutta la politica estera americana nella storia degli USA . e vabbè poi? Trump voglio dire è responsabile di aver lanciato varie bombe a capocchia nemmeno utili allo scopo. ma non entro nel merito di questa vicenda. È una discussione banale ed elementare che annulla porta parliamoci chiaro. Facciamoci un'altra domanda invece: ma quando ad esempio Bush padre decise di entrare in Iraq quelli che oggi si scoprono pacifisti folgorati sulla via di Damasco erano a favore o contro quell'intervento? Quando invece George w. Bush nel 2001 a tocco l'Afghanistan da che parte stavate? Perché se usciamo da questa grande ipocrisia della riscoperta pace nel mondo forse partiamo da un buon punto per un'analisi che se seriamente fatta su Trump non può che concludere per il suo cialtronismo che ci fornisce chiari segni di uno squilibrio mentale di questo individuo. questo presunto risultato pacifista che non gli è affatto nemmeno potenzialmente attribuibile non c'entra assolutamente niente col fatto sia un soggetto politicamente inadatto ed un cialtrone che vende pentole ma che di politica è zero quanto tutti i movimenti sovranisti e populisti in giro per il mondo grillini compresi.
Marco MonacoIn Siria TRADISCE il popolo kurdo dandoli in pasto all'esercito di Erdogan.
Cede l'Afghanistan ai Talebani, con gli accordi di Doha, senza consultare il legittimo governo di Ashraf Ghani.
Rompe l'accordo sui limiti alle armi nucleari con la Russia (START 2)
Vende 110 miliardi di armi all'Arabia Saudita, che ci bombarda lo Yemen.
Rompe i negoziati con l'Iran e fa uccidere il gen. Soleymani che aveva combattuto l'ISIS, al loro fianco.
Riprende le ostilità con Cuba. Continua i conflitti in Siria, Afghanistan e Iraq (Freedom Sentinel e Resolute Support).
Aumenta di 30 miliardi $ il già altissimo budget alla difesa, che diventerà il più alto della storia.
Appoggia incondizionatamente i paesi SUNNITI (Arabia Saudita etc) e discrimina quelli SCIITI (Iran), come se i primi fossero migliori, scoraggiando ogni equilibrio regionale.
2017 - USA sotto TRUMP sganciano in Afghanistan la MOAB «madre di tutte le bombe», la più potente bomba non atomica mai usata.
La sua potenza equivale a 11 tonnellate di tritolo, più devastante di questa, solo l'atomica.
Nel 2018 e 2019 gli USA (sotto Trump) hanno sganciato più di 15.000 bombe in Afghanistan.
È record nei 19 anni di presenza americana in Afghanistan.
Marco Napoli
Marco Monaco
il "centre of gravity" cioè il fattore vincente in questo tipo di guerre non è l'eliminazione dell'avversario (che comunque è non statuario, e quasi indistinguibile) ma portare la popolazione dalla tua parte (e non da quella dell'avversario) .. si usano armi "non cinetiche", cioè che fanno leva sul soft power, sulla comunicazione, ricostruzione, attrazione verso un modello di governo e società alternativo a quello dei talebani.. con la MOAB fai danni collaterali e basta, cioè per errore uccidi popolazione civile.. e ti alieni la popolazione contro.. qualsiasi manuale di counter insurgency ti dice che è contro producente.. Trump l'ha usata solo a scopo di immagine, di show the force, probabilmente ai fini del consenso interno.
Gino QuareloRicordiamo che :
1) Quelli che danno contro a Trump su qualsiasi cosa egli abbia fatto sono gli stessi che da sempre prima accusano gli USA di essere i gendarmi imperialisti del mondo e la prima causa dei vari conflitti esistenti sul pianeta, salvo poi, quando questi si ritirano dai conflitti, accusarli di ingiusto abbandono e di tradimento.
Questi demenziali calunniatori dimenticano che nelle varie aree di conflitto operano più attori locali e internazionali tra cui l'ONU e la NATO e che gran parte della responsabilità è degli attori locali, degli alleati e dei vari organismi internazionali e non degli USA.
2) Sono gli sciiti iraniani a fomentare la guerra nello Jemen e che l'Arabia è una storica alleata degli USA e della NATO.
Arabia che non minaccia Israele come l'Iran con il suo orologio a Teheran che scandisce il tempo che manca dalla distruzione programmata di Israele e dallo sterminio di tutti i suoi ebrei.
3) Vendere armi agli alleati affinché si possano difendere dalle aggressioni è cosa buona e giusta, quindi gli USA hanno fatto più che bene a vendere armi all'Arabia Saudita dove oltretutto vi sono i pozzi di estrazione, i centri di lavorazione e idepositi di carburante delle multinazionali del petrolio che serve al mondo intero, la cui proprietà appartiene anche alle società petrolifere USA, quindi si tratta anche di legittima difesa. Poi non va dimenticato che lo stato canaglia iraniano si rifornisce di armi dalla Russia, dalla Cina, dalla Corea del Nord e dalla demenziale UE.
4) Riprendere ostilità politiche con paesi canaglia come Cuba e i Venezuela è cosa buona e giusta e in ogni caso non si tratta di conflitti bellici.
5) Cavarsi da trattati militari capestro con paesi che non li rispettano come per esempio l'Iran e la Russia mi pare sia più che sensato e giusto.
6) La bomba MOAB è stata concepita durante l'amministrazione Clinton ed è stata usata in Afganistan contro i criminali nazi maomettani dell'ISIS oltretutto senza provocare morti tra i civili.
Il ministero della Difesa afgano ha detto che nessun civile è stato ucciso e che 36 miliziani dell’ISIS sono morti nell’attacco.
https://www.ilpost.it/2017/04/14/madre- ... -le-bombe/ 7) Il generale iraniano Solimani era un terrorista criminale antiamericano e antisemita/antisraeliano e la sua eliminazione ha evitato bombardamenti che avrebbero ucciso molti terroristi, militari e civili iraniani, irakeni, siriani e libanesi.
Dal 1998 alla morte Solimani è stato il capo della Niru-ye Qods, l'unità delle Guardie della Rivoluzione responsabile per la diffusione dell'ideologia khomeinista fuori dalla Repubblica Islamicae di tutte le operazioni terroristiche contro Israele, dalla Siria e dal Libano.
8) ...
Guerra tra Arabia Saudita e Yemen: perché nessuno parla di questa tragedia?Alessandro Cipolla
7-9 minuti
https://www.money.it/guerra-Arabia-Saud ... n-tragedia Nello Yemen è in corso una tragica guerra civile dove l’Arabia Saudita in modo diretto, oltre all’Iran in modo indiretto, gioca un ruolo determinante per questo conflitto che dura ormai dal 2015.
Se ci mettiamo poi che nel più che mai diviso territorio dello Yemen esistono anche zone del paese controllate dall’Isis e da Al-Qa’ida, ecco che allora lo scacchiere assomiglia sempre di più a quello della Siria.
L’assedio da parte di nove paesi arabi sunniti, guidati dall’Arabia Saudita e sostenuti dagli Stati Uniti, nei confronti dei ribelli sciiti, vicini all’Iran, che dal 2015 controllano la capitale San’a sta provocando infinite sofferenze ai civili.
Il blocco all’arrivo di qualsiasi rifornimento e medicinale sta portando circa 7 milioni di yemeniti alla fame, con un’epidemia di colera che soltanto negli ultimi tre mesi del 2017 ha provocato 2.000 morti.
Una tragedia questa che da anni si sta consumando tra il silenzio generale dell’Occidente e delle Nazioni Unite. I media hanno iniziato a parlare della guerra nello Yemen soltanto dopo l’attacco a opera di alcuni droni ad dei pozzi sauditi, azione che ha portato a una impennata dei prezzi del petrolio.
L’Arabia Saudita e la guerra civile nello Yemen
Dopo una lunga divisione, nel 1990 lo Yemen del Nord e lo Yemen del Sud decidono di riunirsi in un unico stato, con San’a che diventa la nuova capitale. Presidente è Ali Abdullah Saleh, che all’epoca era alla guida del Nord fin dal lontano 1978.
A seguito nel 2012 delle rivolte nella parte meridionale del paese in quella Primavera araba che sconvolse molti paesi islamici, Saleh rassegna le sue dimissioni e al suo posto arriva il sunnita Abd Rabbuh Mansur Hadi, con il compito di guidare per due anni lo Yemen fino a nuove elezioni.
Visto il timore però che le elezioni sarebbero potute essere soltanto un miraggio e che il regno di Hadi potesse continuare invece per altri anni, nel febbraio 2015 il gruppo armato sciita degli Huthi, proveniente dal Nord del paese, conquista la capitale San’a e costringe alle dimissioni il presidente Hadi che si rifugia a Sud ad Aden, che così diventa una seconda capitale dello Yemen.
Da quel caos si arriva a un paese diviso in due: a Nord ci sono gli sciiti con il governo di Saleh nella capitale San’a, mentre a Sud nella città di Aden si è insediato il Presidente spodestato Hadi, l’unico riconosciuto dall’Occidente e dalle Nazioni Unite.
In tutto ciò Al-Qa’ida è riuscito a entrare in possesso di vaste zone nella parte orientale del paese, con anche l’Isis che si è stabilizzato in diversi villaggi facendo sentire la sua tragica voce con attentati fatti soprattutto contro gli sciiti di San’a.
Nel marzo 2015 l’Arabia Saudita sunnita si mette a capo di una coalizione di paesi sunniti comprendente anche Marocco, Egitto, Sudan, Giordania, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Bahrain e Qatar.
Questa lega araba formata da nove paesi e capeggiata da Riyad inizia così un massiccio bombardamento in Yemen nei territori controllati al Nord dai ribelli Huthi, che da allora in pratica resistono a questo assedio con il supporto, paventato, soltanto dell’Iran ovvero il più grande stato sciita.
Il dramma dei civili
Lo stato di perenne assedio ha però fiaccato l’alleanza tra gli Huthi e il ras del Nord l’ex presidente Saleh. Quest’ultimo infatti, dopo aver cercato invano rifugio oltre confine, è stato catturato e ucciso dai ribelli fino a poco tempo fa suoi alleati.
Lo Yemen del Nord quindi ora è nel caos più totale ed è controllato dagli Huthi. Vista la debolezza creata dalla faida interna, sono aumentati i bombardamenti da parte della coalizione sunnita che sta aggravando ancora di più la situazione umanitaria.
Un conflitto che sta diventando sempre più cruento, visto che anche di recente ci sono stati violentissimi scontri tra lealisti e ribelli: 142 morti tra i militari dei due schieramenti, mentre 7 sono state le vittime civili.
Oltre ai militari uccisi, altissimo infatti è anche il bilancio delle vittime civili. Non sono soltanto le bombe saudite a fare strage di civili ma anche la fame (lo Yemen è lo stato più povero del Medio Oriente) e il colera.
Anche se da noi viene vista come una malattia ormai debellata, nello Yemen si parla di almeno 500.000 persone contagiate, con il colera che ha provocato soltanto negli ultimi tre mesi la morte di 2.000 persone.
Il blocco dei paesi arabi vicini imposto a San’a sta stritolando la popolazione del Nord, tra quella che sembrerebbe essere l’indifferenza generale anche delle Nazioni Unite che nulla hanno fatto finora per salvare la popolazione civile da questa atroce fine.
L’indifferenza dell’Occidente
Nel 2016 parlando della problematica situazione in Siria Ban Ki-moon, segretario generale dell’Onu, dichiarò che “la morte per fame utilizzata come arma rappresenta un crimine di guerra”.
Peccato però che per la guerra civile nello Yemen non sia stato rivolto lo stesso pensiero. L’Arabia Saudita non è stata mai sanzionata per i bombardamenti e, come se non bastasse, si è sempre opposta alla creazione di corridoi umanitari per permettere di inviare cibo e medicinali alla popolazione civile.
In pratica si starebbe utilizzando la fame e le epidemie come un’arma d’assedio, per convincere i ribelli Huthi a cedere visto che le bombe sganciate su San’a finora non hanno prodotto gli effetti sperati.
Immagine simbolo di questa tragedia è quella di Amal, bambina yemenita fotografata in un campo profughi dal premieo Pulitzer Tyler Hicks pochi giorni prima di morire per fame a soli sette anni.
Per ultimo c’è stata la tristemente famosa strage di bambini, con 43 morti e 60 feriti per un autobus che è stato colpito mentre si stava recando a un mercato situato nel Nord del paese, oltre al più recente bombardamento da parte dell’aviazione saudita di un ospedale di Save the Children che ha provocato 7 morti tra cui 4 bambini.
Il sentore è che la guerra nello Yemen sia un altro tassello della delicata partita a scacchi che si sta giocando in Medio Oriente. I ribelli che controllano la capitale San’a sono sciiti come l’Iran, storici alleati della Russia e del regime di Assad in Siria.
Si può dire invece che tutto il resto del Medio Oriente, Isis compreso, sia al contrario sunnita. Far cadere i ribelli Huthi nello Yemen vorrebbe dire per Stati Uniti e Arabia Saudita indebolire l’Iran, grande nemica di entrambi i paesi.
Quando il 14 settembre 2019 dei droni hanno attaccato gli stabilimenti petroliferi di Abqaiq e Khurais, l’Arabia Saudita è stata costretta in un colpo solo a dimezzare la sua produzione giornaliera di petrolio.
Subito dopo l’attacco, gli Stati Uniti hanno accusato i ribelli Huthi e l’Iran di essere i responsabili minacciando dure conseguenze: per accendere i riflettori internazionali sulla guerra nello Yemen c’è voluta l’impennata del costo del petrolio, anche se questo attacco ai pozzi potrebbe portare a una escalation bellica tutta a danno della popolazione civile ormai stremata.
Trump uomo di buona volontà, imperfetto ma ragionevole che sempre si migliora, campione del benehttps://www.facebook.com/permalink.php? ... 7003387674 https://www.facebook.com/groups/2097364 ... 677718608/