I disumani difensori di Caino sono anche contro Abele

I disumani difensori di Caino sono anche contro Abele

Messaggioda Berto » sab gen 23, 2021 11:42 am

I disumani difensori di Caino sono anche contro Abele
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https://www.facebook.com/groups/2097364 ... 0077728034


Indice:

1)
Prendo lo spunto da un articolo apparso giorni fa sul quotidiano Il Riformista, e scritto da due ex terroristi di Prima Linea uno dei quali è fondatore dell'associazione della galassia radicale Nessuno tocchi Caino.

2)
Trump a cui è stato vergognosamente rifiutato il Nobel per la Pace (dato invece a guerrafondai e razzisti come Obama e Arafat il terrorista assassino di ebrei e non solo, anche di italiani) è stato il Presidente USA che nel corso del suo mandato non ha iniziato alcuna guerra, anzi ha ridotto tutte quelle in cui erano coinvolti da tempo gli Stati Uniti.

3)
Ecco i difensori di Caino all'opera: il caso di Lisa Montgomery, condannata a morte e giustiziata negli USA.

4)
Solo l'uccidere per legittima difesa è umanamente un bene e non un male, un diritto e un dovere universalmente riconosciuti da sempre e ovunque.

5)
Stranamente molti di coloro che sono contro la pena di morte.

6)
I demenziali difensori partigiani di Caino (radicali e associazioni connesse),
oltre ad essere contro la pena di morte per Caino, sono anche contro il diritto alla legittima difesa e all'uso delle armi per difendersi da parte di Abele.

7)
La giuria popolare che emette la sentenza di condanna a morte per crimini contro l'umanità come affermano erroneamente alcuni non è costituita da freddi burocrati disumani, ...

8)
Fin dove arriva l'aberrazione dei partigiani e difensori di Caino.

9)
Questa mostruosa radicale (liberale? non credo proprio) che si mette il velo nazi maomettano (contro la cui oppressione molte donne iraniane combattono pagando con torture, stupri e anni di prigione se non con la morte) va ad omaggiare il regime che maggiormante pratica la tortura e la pena di morte (quella non data a malvagi criminali odiosi ma comminata a uomini e donne per bene e coraggiosi che hanno giustamente criticato il regime teocratico e il nazismo maomettano, a persone diversamente pensanti che hanno difeso la loro dignità e libertà umane e ai diversamente sessuali non pedofili).

10)
Non vi è giustizia e civiltà giuridica laddove non è previsto in modo automatico e assoluto il risarcimento del danno alle vittime dei crimini a cui subordinare tassativamente il tipo di pena, la quantità di pena, gli sconti, il recupero, la riabilitazione e la grazia.

11)
La pena di morte in alcuni casi è cosa buona e giusta.

12)
Tutti costoro andrebbero condannati e giustiziati e le loro ideologie etnico, sociali, religiose e politiche andrebbero bandite.

13)
Caino e Abele, chi è Caino e chi è Abele? - Io non sono figlio di Caino ma di Abele!
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: I disumani difensori di Caino sono anche contro Abele

Messaggioda Berto » sab gen 23, 2021 11:44 am

1)

Prendo lo spunto da un articolo apparso giorni fa sul quotidiano Il Riformista, e scritto da due ex terroristi di Prima Linea uno dei quali è fondatore dell'associazione della galassia radicale Nessuno tocchi Caino.
L'articolo è incentrato sulla condanna a morte, eseguita in questi giorni, di una donna negli USA e impostato per dare contro all'ottimo presidente USA D.Trump, uomo buono e giusto, colpevole secondo questi ex terroristi di Prima Linea di non aver concesso la grazia a questa condannata a morte per l'assassinio di una madre e della sua bambina che portava in grembo.




Trump ha fatto dell'America uno Stato-Caino: mai così tante esecuzioni in due secoli
Sergio D'Elia
25 Dicembre 2020
Trump ha fatto dell’America uno Stato-Caino: mai così tante esecuzioni in due secoli

https://www.ilriformista.it/trump-ha-fa ... li-185096/

È raro che nel corso del mandato un presidente degli Stati Uniti non faccia, ognuno a suo modo, rivivere l’eterna promessa del sogno americano di una migliore qualità della vita, di maggior benessere e sicurezza sociali, successo e felicità individuali. Se è vero come è vero che la civiltà di un Paese si misura anche dal modo in cui teniamo le carceri e trattiamo i detenuti, il presidente Trump ha reso agli americani l’opposto del sogno, della qualità e della felicità della vita americana: nella pena ha dato la morte, con l’odio ha generato la paura, al malessere ha aggiunto un supplemento di dolore. Della terra promessa Trump ha fatto l’impero del male.

La pena di morte federale tramite iniezione letale e la morte per contagio in tutti i luoghi di pena statali, hanno connotato l’ultimo anno di una presidenza che ha letteralmente avvelenato la vita democratica, politica e civile americana. Quest’anno, per la prima volta nella storia degli Stati Uniti, un presidente ha fatto giustiziare più persone di tutti i 50 stati della federazione. Negli ultimi cinque mesi, l’amministrazione Trump ha messo a morte dieci prigionieri federali, il dato più alto dal 1896 quando governava il Presidente Grover Cleveland, mentre sono state effettuate solo sette esecuzioni a livello statale, il dato più basso in 37 anni.

Prima di quest’anno, non c’erano state esecuzioni federali negli Stati Uniti dal 2003 e solo tre detenuti federali erano stati giustiziati da quando la pena di morte federale è stata ripristinata nel 1988. “Nessun presidente nel 20° o 21° secolo prima di questo ha presieduto esecuzioni a due cifre in un anno solare”, ha detto Robert Dunham, direttore esecutivo del Death Penalty Information Center.

Non c’è solo la pena di morte “legale”, c’è anche la morte “di fatto” che incombe nei luoghi di pena a causa della pandemia che ha invaso le prigioni statali e federali dove le persone si ammalano molto più che fuori. Anche perché non in tutte le prigioni i detenuti sono testati e non tutti gli ammalati vengono curati. Un prigioniero statale e federale su cinque negli Stati Uniti è risultato positivo al coronavirus, un tasso più di quattro volte superiore alla popolazione generale, ha reso noto il 18 dicembre l’Associated Press e il Marshall Project, un’organizzazione non governativa che si occupa del sistema di giustizia penale. Secondo il rapporto, sono stati infettati almeno 275.000 prigionieri e più di 1.700 sono morti, mentre la diffusione del virus dietro le sbarre non mostra alcun segno di rallentamento.

Donte Westmoreland, 26 anni, è stato recentemente rilasciato dal carcere di Lansing in Kansas, dove ha contratto il virus mentre era detenuto per possesso di marijuana. “Era come se fossi stato condannato a morte”. Westmoreland ha vissuto con più di 100 detenuti in un dormitorio aperto dove al mattino si svegliava accanto a uomini malati stesi sul pavimento, incapaci di alzarsi da soli. “Uno spettacolo spaventoso,” ha detto Westmoreland che dopo aver sudato, tremato nella sua cuccetta per sei settimane si è finalmente ripreso. La metà dei prigionieri del Kansas, circa 5.100 persone, è stata infettata da COVID-19, otto volte il tasso di casi tra la popolazione complessiva dello stato. Undici prigionieri sono morti, di cui cinque nella prigione in cui era detenuto Westmoreland.

In Arkansas, dove più di 9.700 prigionieri sono risultati positivi e 50 sono morti, quattro su sette hanno avuto il virus, il secondo più alto tasso di infezione carceraria negli Stati Uniti. Tra i morti c’era Derick Coley, un detenuto di 29 anni che stava scontando una pena di 20 anni nel carcere di massima sicurezza di Cummins. Cece Tate, la sua ragazza, gli ha parlato l’ultima volta il 10 aprile quando le ha detto che mostrava i sintomi del virus. “Mi ci è voluta un’eternità per ottenere informazioni.” Il 20 aprile la prigione le ha finalmente detto che Coley era risultato positivo al virus. Meno di due settimane dopo, un cappellano della prigione l’ha chiamata per dirle che era morto. La coppia ha avuto una figlia che ha compiuto nove anni a luglio. Ha pianto e ha detto: “Mio padre non può mandarmi un biglietto di auguri… Mamma, il mio Natale non sarà più lo stesso.”

Donald Trump ha superato ogni limite e misura anche a rischio di portare lo stato di diritto americano al suo rovescio. Nessuno nel ventesimo e nel ventunesimo secolo ha ecceduto quanto lui. Nei cinque suoi ultimi mesi da Presidente ha quasi svuotato il braccio della morte federale di Terre Haute e ha cercato di compiere la macabra opera di sgombero anche dopo la sconfitta elettorale. Non ha liberato i condannati a morte, come hanno fatto in questi anni molti governatori statali – democratici e repubblicani – che hanno stabilito moratorie o abolito la pena capitale. Li ha fatti fuori dopo diciassette anni di sospensione delle esecuzioni federali. Dopo venti o trent’anni di attesa nel braccio della morte, li ha messi in croce sul lettino dell’iniezione letale. Erano due secoli che un presidente non ne ammazzava così tanti in pochi mesi.

Trump ha poi dato a suo modo un contributo allo sfoltimento della popolazione carceraria che conta quasi due milioni e mezzo di persone – il record mondiale di detenuti per numero di abitanti! Dando il cattivo esempio, ha lasciato che il coronavirus dilagasse anche nelle carceri dove in dieci mesi ha mietuto oltre 1.700 vite.

Nel nome di Abele, Trump ha fatto dell’America uno Stato-Caino. Ha ucciso il sogno americano e condannato gli americani tutti, non solo quelli nel braccio della morte, a vivere da testimoni e vittime di un incubo mortifero, avvinti tutti nella catena perpetua del delitto e del castigo, prigionieri tutti della logica allopatica con la quale si pretende di curare il male con un male eguale e contrario.



Nessuno Tocchi Caino fondato da Sergio D'Elia
https://it.wikipedia.org/wiki/Nessuno_tocchi_Caino

Sergio D'Elia
https://it.wikipedia.org/wiki/Sergio_D%27Elia
Sergio D'Elia (Pontecorvo, 5 gennaio 1952) è un attivista e politico italiano, in gioventù dirigente del gruppo extraparlamentare di estrema sinistra Prima Linea, poi divenuto un'organizzazione terroristica, durante gli anni di piombo.
Dopo l'abbandono della lotta armata e aver scontato 12 anni di carcere per banda armata e concorso morale in omicidio volontario, è divenuto sostenitore della nonviolenza e attivista contro la pena di morte e la tortura. Tra il 2006 e il 2008 è stato deputato della Rosa nel Pugno. Attualmente è segretario dell'associazione Nessuno Tocchi Caino e coordinatore della presidenza del Partito Radicale Nonviolento Transnazionale Transpartito.


Tutti gli omicidi di Prima Linea
Prima Linea (PL) è stata un'organizzazione armata di estrema sinistra italiana di stampo comunista. Inizialmente associazione politica extraparlamentare legale, fuoriuscita da Lotta Continua, i suoi membri maturarono quasi subito la scelta della lotta armata.

https://it.wikipedia.org/wiki/Prima_Lin ... nizzazione)
Nata nell'autunno del 1976 e ufficialmente strutturatasi nella primavera dell'anno successivo, come organizzazione terroristica, Prima Linea sarà seconda in Italia solo alle Brigate Rosse, per numero di persone colpite (39 di cui 16 uccise), di azioni armate (101 attentati rivendicati) e per numero di aderenti.
Il nome scelto venne ispirato dai servizi d'ordine dei movimenti della sinistra extraparlamentare, che negli anni Settanta si schieravano in testa ai cortei occupando, appunto, la prima linea.



Gino Quarelo
L'odio orrendo contro Trump che trasuda ignobilmente in questo demenziale articolo, sostenuto da menzogne e calunnie è lo stesso che i terroristi di Prima Linea avevano verso le numerose vittime da loro uccise, criminale odio sociale, ideologico e politico motivato da demenziale presunzione e arroganza utopistica.
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Re: I disumani difensori di Caino sono anche contro Abele

Messaggioda Berto » sab gen 23, 2021 11:45 am

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I disumani difensori di Caino sono anche contro Abele

Messaggioda Berto » sab gen 23, 2021 11:46 am

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I disumani difensori di Caino sono anche contro Abele

Messaggioda Berto » sab gen 23, 2021 11:56 am

2)

Trump a cui è stato vergognosamente rifiutato il Nobel per la Pace (dato invece a guerrafondai e razzisti come Obama e Arafat il terrorista assassino di ebrei e non solo, anche di italiani) è stato il Presidente USA che nel corso del suo mandato non ha iniziato alcuna guerra, anzi ha ridotto tutte quelle in cui erano coinvolti da tempo gli Stati Uniti.
Poi ha promosso un dialogo di pace e accordi di pace in molte aree conflittuali della terra.
Poi ha ridotto grandemente gli aiuti ai terroristi nazi-maomettani palestinesi con cui questi finanziavano lo sterminio quotidiano degli ebrei di Israele.
Poi ha contrastato l'ignobile antisemitismo dell'ONU a egemonia internazi comunista e nazi maomettana.



Il vicepresidente Vice President Mike Pence:
orgoglioso che la Presidenza Donald J. Trump non ha iniziato nuove guerre.


https://www.facebook.com/ORepubblicano/ ... 4939242591

Pence ha visitato le truppe a Fort Drum dove ha fatto il suo ultimo discorso come vicepresidente.
Il vicepresidente Mike Pence si è rivolto a Twitter domenica sera per dire che è "orgoglioso" del fatto che l'amministrazione Trump "sia la prima da decenni" a non coinvolgere gli Stati Uniti in una nuova guerra.
"Questa è la dottrina del conseguimento della pace attraverso la forza", ha twittato Pence.
A ottobre, la Casa Bianca ha rilasciato una dichiarazione in cui si pubblicizzava risultati militari che non richiedevano un importante dispiegamento di truppe. La dichiarazione indicava la morte di Abu Bakr al-Baghdadi e del generale iraniano Qasem Soleimani come successi militari.
Loren Thompson, un collaboratore per la sicurezza nazionale della rivista Forbes, ha sottolineato che il presidente Obama ha lanciato un aumento di truppe nel 2009 in Afghanistan e ha inviato truppe in Iraq nel 2014 mentre infuriava l'insurrezione dell'ISIS. Trump, d'altra parte, "ha garantito alle forze armate statunitensi quattro anni di relativa pace in cui rimettersi e riorganizzarsi dalle guerre senza fine a cui hanno partecipato".
I critici di Trump probabilmente metterebbero in evidenza quelle che hanno definito minacce sconsiderate a paesi come l'Iran e la Corea del Nord come esempio della sua natura bellicosa. Ma le sue aperture a Kim Jong-un, anche se non hanno avuto successo, sono state viste da alcuni critici come uno sforzo sincero per una svolta diplomatica.
Pence ha visitato domenica le truppe a Fort Drum, che si trova al confine settentrionale dello Stato di New York. Ha fatto riferimento a un discorso che ha tenuto lì come suo discorso finale come vice presidente, secondo North Country Public Radio.
Il rapporto afferma che Pence ha ringraziato la 10a divisione da montagna e ha sottolineato che la divisione è stata dispiegata in Afghanistan e Iraq quasi 50 volte dal 2001.
"Non è mai passato un giorno in cui io e ogni americano non siamo stati grati alla 10a Divisione da Montagna e ad ogni eroe americano in uniforme", ha detto Pence.



Trump si merita davvero il Nobel per la pace?
Roberto Vivaldelli
11 Settembre 2020

https://it.insideover.com/politica/trum ... -pace.html

La notizia ha fatto immediatamente impazzire i liberal: il presidente Usa Donald Trump è candidato al Nobel per la pace. Come spiega IlGiornale.it, la candidatura, resa nota da Fox News, è ufficiale e arriva direttamente da un membro del parlamento norvegese che è anche a capo della delegazione all’Assemblea parlamentare della Nato. Si tratta di Christian Tybring-Gjedde che ha lodato Trump per il suo impegno teso alla risoluzione dei grandi conflitti mondiali. Un bel colpo per The Donald a poche settimane dall’accordo di normalizzazione dei rapporti tra Israele e gli Emirati Arabi Uniti, in cui la mediazione dell’amministrazione Trump è stata decisiva. A riconoscerlo è Tybring-Gjedde nella lettera di nomina inviata al Comitato per il Nobel. “Poiché si prevede che altri paesi del Medio Oriente seguiranno le orme degli Emirati Arabi Uniti, questo accordo potrebbe essere un punto di svolta che trasformerà il Medio Oriente in una regione di cooperazione e prosperità”, ha scritto.


Trump Nobel per la pace dopo Obama?

Dopo Roosvelt, Wilson, Carter e Obama, Donald Trump potrebbe essere il quinto presidente americano a vincere il Premio Nobel per la pace. L’ultimo presidente a vincere il prestigioso riconoscimento era stato proprio Barack Obama: il Comitato per il Nobel decise di assegnare il premio per la pace nel 2009 a Obama per i suoi “sforzi straordinari nel rafforzare la diplomazia internazionale e la cooperazione tra i popoli”. In quell’occasione, il Comitato decise di dare “grande importanza all’impostazione di Obama ed ai suoi sforzi per un mondo senza armi nucleari. Obama da presidente ha creato un nuovo clima nelle relazioni internazionali. La diplomazia multilaterale ha riguadagnato centralità, evidenziando il ruolo che le Nazioni Unite ed altre istituzioni internazionali possono svolgere. Il dialogo ed i negoziati sono preferiti come strumenti per risolvere i conflitti, anche quelli più complessi. L’immagine di un mondo libero dalle armi nucleari ha fortemente stimolato il disarmo ed i negoziati sul controllo degli armamenti”.

Le contraddizioni del presidente Usa

È piuttosto complesso fare un bilancio della politica estera dell’amministrazione Trump. Il Presidente Usa si è distinto in questi quattro anni come un dealmaker piuttosto imprevedibile e la sua azione politica è stata segnata da numerose contraddizioni: troppo spesso alle parole di The Donald – basti pensare al ritiro delle truppe dal Medio Oriente – non sono susseguiti i fatti, e il Presidente Usa non si è “disimpegnato” dagli scenari esteri così come aveva promesso nella campagna elettorale del 2016. Se pensiamo ai rapporti con Mosca, i fatti ci dicono anche che Donald Trump ha portato avanti una politica estera spesso aggressiva nei confronti di una grande potenza come la Federazione Russa, come la decisione di ritirare gli Usa dal trattato Inf (Intermediate-Range Nuclear Forces Treaty), siglato a Washington l’8 dicembre 1987 da Ronald Reagan e Michail Gorbacev, a seguito del vertice di Reykjavík.

Washington ha inoltre approvato due vendite di armi alle forze di terra di Kiev. La prima transazione risale al dicembre 2017 ed era limitata alle armi leggere: tale accordo includeva l’esportazione di fucili M107A1 e munizioni, per una vendita del valore totale di 41,5 milioni di dollari. La transazione dell’aprile 2018 è ben più seria. Non solo è più onerosa (47 milioni di dollari), ma includeva anche armi letali, in particolare 210 missili anti-carro Javelin – il tipo di armi che l’amministrazione di Barack Obama si era rifiutata di fornire a Kiev. Veniamo poi all’omicidio del generale iraniano Soleimani. Come notava al tempo Piccole Note, Qassem Soleimani non era una minaccia imminente per gli Stati Uniti, è stato ucciso perché i repubblicani, la fazione neocon che ha grande influenza al Senato, hanno costretto il presidente ad agire, ricattandolo sull’impeachement. Come spiegava il Wall Street Journal, infatti, “Trump, dopo l’attacco, ha detto ai suoi amici che sulla vicenda del generale Soleimani era sotto pressione dei senatori del Gop che considera sostenitori importanti per il suo prossimo processo di impeachment al Senato”.

Perché The Donald lo merita più di Obama

Nonostante le tensioni con Teheran, è fuori discussione che l’amministrazione Trump abbia raggiunto alcuni risultati significativi. Oltre a non aver iniziato nessun nuovo conflitto armato, l’amministrazione Trump ha siglato uno storico accordo di pace con i talebani in Afghanistan e ha annunciato proprio in queste ore il ritiro di altre truppe americane proprio da Iraq e Afghanistan; ha incontrato al confine tra Nord e Sud Corea il leader di Pyongyang, Kim Jong Un, promuovendo una distensione dei rapporti mai riuscita ai suoi più recenti predecessori; oltre, naturalmente, ad aver promosso la normalizzazione dei rapporti fra Israele ed Emirati Arabi Uniti.

Se poi paragoniamo Donald Trump al suo predecessore, il Nobel per la Pace non è meritato, di più. Nel solo 2016, l’amministrazione Obama ha sganciato 26.172 bombe in sette paesi diversi: Siria, Iraq, Afghanistan, Libia, Yemen, Somalia e Pakistan, secondo quanto descritto dall’analisi annuale del Council on Foreign Relations. Di queste oltre il 90% (24.287) sono state lanciate su Siria e Iraq nell’ambito della Operation Inherent Resolve (OIR), la campagna contro lo Stato Islamico. Come notava Giampaolo Rossi su IlGiornale.it, a tutto questo dobbiamo aggiungere che Obama nei suoi sette anni, è stato il Presidente Usa che ha autorizzato il maggior numero di vendite d’armi in Medio Oriente nella storia americana. Aggiungiamoci pure il fatto che l’amministrazione Obama, insieme a Francia e Gran Bretagna, è stata la responsabile della destabilizzazione della Libia nel 2011, che ha provocato un vero e proprio disastro umanitario.

Non ci facciamo troppe illusioni: il Presidente di una grande potenze come gli Stati Uniti non sempre potrà essere autore di gesti che ai nostri occhi appaiono “umanitari”, ma se c’è un Presidente americano che merita il Premio Nobel per la Pace ben più di Barack Obama quello è che proprio Trump. Con la consapevolezza che parliamo di un premio politico: perlomeno Trump se lo guadagnerebbe sul campo, con tutte le contraddizioni che ne conseguono, e non come il suo predecessore che lo aveva ricevuto sulla fiducia, salvo poi rivelarsi per ciò che non era: un uomo di pace. In questo persino Donald Trump lo ha superato e gli va riconosciuto.



L'ultimo degli accordi di pace promossi dall'amministrazione Trump

Pace fra Marocco e Israele, un'amicizia di vecchia data
Graziano Motta
15-12-2020

https://lanuovabq.it/it/pace-fra-marocc ... cchia-data

Il quarto degli accordi di pace promossi da Donald Trump nel Medio Oriente è stato siglato fra Marocco e Israele. Si tratta del culmine di un lungo percorso di amicizia. La quasi totalità dei sovrani marocchini era amica degli ebrei ed oggi il 15% della popolazione israeliana viene dal Marocco. Ma l'Onu ignora questi accordi e si appiattisce ancora sulla linea dell'ostilità palestinese.

Marocco

E quattro! Israele e Marocco normalizzano le relazioni diplomatiche - meglio dire: ufficializzano e arricchiscono quelle amichevoli, esistenti di fatto e da sempre – a iniziativa e sollecitazione del presidente degli Stati Uniti nel contesto di quell’ “Accordo di Abramo” che ha stabilito ogni genere di relazioni tra Israele e gli Emirati Arabi Uniti e il Bahrein, fra i Paesi islamici della penisola araba, e poi il Sudan. Un consolidamento quindi della storica svolta alla quale finora il mondo islamico si era risolutamente e sempre opposto nel ricordo delle tre guerre dichiarate (nel 1948, 1967 e 1972 e tutte e tre perdute) contro l’esistenza dello Stato ebraico; motivando in seguito che, a ragione della sua “dignità”, solidarizzava con l’Autorità Nazionale Palestinese. Oggi nella Lega Araba, palesemente divisa, si parla di “rispetto” verso quei regimi fermi nel mantenere una politica di ostilità a qualsiasi intesa.

Un “grande successo”, lo definisce invece Jared Kushner, artefice dell’“Accordo” statunitense perché gli fa sentire “più vicina” la normalizzazione tra Israele e Arabia Saudita, ovvero una più significativa pacificazione nel Medio Oriente. Paradossalmente però: sta infatti per uscire dalla scena politica mediorientale per la fine del mandato del suocero, il presidente Donald Trump. E senza che si levi in qualche remoto angolo del mondo una candidatura di Trump al “Nobel della pace” (ancor oggi molti si chiedono perché sia stato attribuito al suo predecessore Barack Obama) e a dispetto della strada seguita dall’ONU di aperta avversione a Israele.

É accaduto cioè che l’“Accordo di Abramo” sia stato ignorato completamente, “snobbato” come se non esistesse, da quei Paesi che alle Nazioni Unite hanno votato ben cinque Risoluzioni che perpetuano comitati e iniziative di ben diverse epoche, riproposte da decenni, e che mai hanno sortito alcunché di positivo per il processo di pacificazione. Si dirà che la votazione all’ONU è avvenuta il giorno precedente l’Accordo tra Israele e Marocco e che non poteva comunque essere altrimenti perché le Risoluzioni erano state proposte dall’Autorità Nazionale Palestinese, ferma nel definire “traditori” tutti i Paesi islamici divenuti amici di Israele. Infine, è stato pure detto, le Risoluzioni rientravano nel pacchetto di venti documenti che il massimo organismo dell’ONU “approva automaticamente” ogni fine anno.

Resta il fatto che nessun Paese al mondo, come Israele, è colpito da tante “condanne” delle Nazioni Unite. Tanto da far denunciare al Jerusalem Post l’esistenza di una «ossessione maniacale» e a far dire all’ambasciatore israeliano all’ONU Gilad Erdan: «I Paesi che in queste votazioni hanno sostenuto Israele hanno ben capito che le risoluzioni non promuovono per nulla la pace e invece rafforzano la posizione di rifiuto dei palestinesi, oltre quella di esacerbare il conflitto».

Come pure si resta in attesa di conoscere la determinazione del neo presidente americano Joe Biden. Dalle sue prime dichiarazioni non di voler rimettere in discussione i risultati dell’“Accordo di Abramo”, anche se «forte sarà la tentazione di tornare ad adagiarsi sulle posizioni delle amministrazioni precedenti, riabbracciando la facile strada di attribuire a senso unico a Israele la colpa e la condanna per l’impasse nel processo di pace», ipotizza lo stesso giornale. Sollecitando Biden a chiarire subito le sue intenzioni.

Fra l’altro, aggiungiamo noi, dovrebbe dire se rispetterà l’impegno assunto da Trump nell’“Accordo” tra Israele e Marocco secondo cui gli Stati Uniti riconoscono la sovranità di quest’ultimo Paese sul Sahara occidentale, cancellando così le aspirazioni del popolo saharawi e le speranze da esso riposte nel sostegno della “grande potenza” alla sua lotta a oltranza, armata e diplomatica, per l’indipendenza.

In effetti a Biden risulterà non solo difficile, ma gravido anche di conseguenze politiche nell’elettorato ebraico statunitense, intromettersi nell’“Accordo” tra lo Stato ebraico e il Marocco solennemente “incoronato” da Trump. Perché si fonda sul fortissimo legame tra il mondo ebraico e la comunità islamica marocchina che si è sviluppato nei secoli. La loro storia è unica, i loro rapporti sono stati contrassegnati più da momenti felici che scevri da preoccupazioni; come quelli causati da cambi di umore di alcuni detentori del potere politico. Quando la quasi totalità dei sovrani sono stati tanto amici degli ebrei da avvalersene come ministri, fidati tesorieri e medici, esperti consiglieri ed emissari diplomatici. E da impedirne persino l’emigrazione dovuta all’ irresistibile richiamo nella Terra Promessa, dov’era stato ricostituito lo Stato d’Israele.

Ricca pure la storia dell’aliyha, l’emigrazione, degli ebrei del Marocco, oggi più di un milione (il 15% della popolazione) orgogliosi di essere la seconda comunità in Israele dopo quella russa, non solo, ma pure quella che costituisce la classe media in generale e l’élite amministrativa della nazione, specie nelle istituzioni e nelle imprese bancarie e finanziarie. Due suoi esponenti sono ministri: Amir Peretz e Miri Regecìv. Grande la considerazione e il rispetto delle sue tradizioni sociali e religiose, impostisi soprattutto con gli studi, nella continuità di una tradizione prestigiosa. Quella che in Marocco aveva consentito ai progenitori di raggiungere e mantenere elevate posizioni sociali.

Queste referenze spiegano perché tra Stato d’Israele e Marocco i rapporti si siano mantenuti sempre buoni, amichevoli, intensi (pur risentendo, certo, dei momenti difficili delle tensioni con i palestinesi e nel rispetto formale della solidarietà imposta dalle istituzioni islamiche); e perché l’“Accordo di Abramo” li abbia arricchiti. Ma c’è pure da ricordare – per comprendere il valore e l’auspicata dilatazione di questo Accordo – che i musulmani del Marocco godono di una posizione privilegiata nel loro mondo religioso per la discendenza reale dal profeta Maometto, attraverso la linea di sua figlia Fatima e di suo cugino Alì Abi Talib.

Un motivo in più per riflettere sulla coesistenza colà sviluppatasi nei secoli tra ebrei e musulmani. Che ha potuto resistere alle avversità generate dalle ambizioni e perversità del potere politico perché è stata capace di riconoscerne i frutti nel valore delle diversità. Un esempio dunque,ed anche una speranza.




Trump toglie i finanziamenti ai terroristi antisemiti nazi maomettani detti palestinesi

Trump taglia tutti i fondi ai palestinesi
Giordano Stabile
1 settembre 2018

https://www.lastampa.it/esteri/2018/09/ ... 1.34042248


L’Amministrazione Trump ha tagliato tutti i fondi destinati ai palestinesi attraverso l’agenzia Onu Unrwa. La decisione è stata presa, ha dichiarato la Casa Bianca, perché l’organizzazione ha «un modello di business sbagliato» che serve soltanto a garantire «una comunità che si espande senza fine» di rifugiati palestinesi. Già all’inizio di quest’anno il presidente Donald Trump aveva dimezzato i fondi. La scorsa settimana il dipartimento di Stato aveva a sua volta azzerato i 200 milioni annui di aiuti diretti.

La decisione era stata anticipata da una fuga di notizie dalla Casa Bianca, quando sono emerse e-mail del presidente Trump al consigliere speciale, e suo genero, Jared Kushner. Ora è arrivato l’annuncio ufficiale: «L’Amministrazione – spiega il comunicato – ha determinato che gli Stati Uniti non verseranno ulteriori contribuzioni all’Unrwa dopo quella di 60 milioni a gennaio. Vogliamo chiarire che gli Stati Uniti non vogliono più sopportare un peso molto sproporzionato per i costi dell’Unrwa come hanno fatto per molti anni».

Ma c’è anche una motivazione politica e strategica: «Oltre al fallimento nell’arrivare a una più equa distribuzione degli impegni fra i contributori, il modello di business che ha caratterizzato l’Unrwa per anni, legato all’espansione senza fine dei beneficiari degli aiuti, non è sostenibile. Gli Stati Uniti non sono più interessati da finanziare questa operazione fallimentare».

L’Unrwa è nata subito dopo la prima guerra arabo-israeliana, 1948-1948, quando circa 700 mila palestinesi furono costretti a lasciare le loro case durante il conflitto. Oggi l’agenzia fornisce assistenza a cinque milioni di persone con budget di oltre un miliardo di dollari all’anno. Gli Usa sono stati finora i maggiori contribuenti. Nel 2016 hanno donato 368 milioni dollari. Seguono l’Unione europea con circa 160 milioni dollari e l’Arabia Saudita con 150. Quest’anno l’Amministrazione Trump ha pagato la prima rata di gennaio, 60 milioni, poi sospeso la seconda, 65 milioni, e ora cancellato del tutto i pagamenti.

Oggi i rifugiati palestinesi sono ospitati quasi tutti in Cisgiordania, Gaza, Giordania, Libano, Siria. Secondo Israele però i veri rifugiati sono poche decine di migliaia, cioè i superstiti fra i profughi della guerra del 1948-1949. La Casa Bianca ha di fatto accolto questa tesi e punta a ricalcolare al ribasso, con un taglio del 90 per cento, il numero dei profughi. Trump avrebbe già chiesto a Re Abdullah di Giordania di naturalizzare i due milioni che vivono sul suo territorio. Le pressioni in questo senso si legano anche alla trattative per un accordo di pace fra Israele e palestinesi: uno dei nodi più difficili nelle trattative è il «diritto al ritorno» dei profughi. Israele ha sempre detto no all’ipotesi di un ritorno in massa, ma potrebbe accoglierne qualche migliaio a titolo simbolico.


Grazie Trump!




Demenzialità e falsità contro la politica militare dell'amministrazione Trump

Marco Monaco
Autore
A parte sarebbe da discutere tutta la politica estera americana nella storia degli USA . e vabbè poi? Trump voglio dire è responsabile di aver lanciato varie bombe a capocchia nemmeno utili allo scopo. ma non entro nel merito di questa vicenda. È una discussione banale ed elementare che annulla porta parliamoci chiaro. Facciamoci un'altra domanda invece: ma quando ad esempio Bush padre decise di entrare in Iraq quelli che oggi si scoprono pacifisti folgorati sulla via di Damasco erano a favore o contro quell'intervento? Quando invece George w. Bush nel 2001 a tocco l'Afghanistan da che parte stavate? Perché se usciamo da questa grande ipocrisia della riscoperta pace nel mondo forse partiamo da un buon punto per un'analisi che se seriamente fatta su Trump non può che concludere per il suo cialtronismo che ci fornisce chiari segni di uno squilibrio mentale di questo individuo. questo presunto risultato pacifista che non gli è affatto nemmeno potenzialmente attribuibile non c'entra assolutamente niente col fatto sia un soggetto politicamente inadatto ed un cialtrone che vende pentole ma che di politica è zero quanto tutti i movimenti sovranisti e populisti in giro per il mondo grillini compresi.


Marco Monaco
In Siria TRADISCE il popolo kurdo dandoli in pasto all'esercito di Erdogan.
Cede l'Afghanistan ai Talebani, con gli accordi di Doha, senza consultare il legittimo governo di Ashraf Ghani.
Rompe l'accordo sui limiti alle armi nucleari con la Russia (START 2)

Vende 110 miliardi di armi all'Arabia Saudita, che ci bombarda lo Yemen.
Rompe i negoziati con l'Iran e fa uccidere il gen. Soleymani che aveva combattuto l'ISIS, al loro fianco.

Riprende le ostilità con Cuba. Continua i conflitti in Siria, Afghanistan e Iraq (Freedom Sentinel e Resolute Support).
Aumenta di 30 miliardi $ il già altissimo budget alla difesa, che diventerà il più alto della storia.

Appoggia incondizionatamente i paesi SUNNITI (Arabia Saudita etc) e discrimina quelli SCIITI (Iran), come se i primi fossero migliori, scoraggiando ogni equilibrio regionale.

2017 - USA sotto TRUMP sganciano in Afghanistan la MOAB «madre di tutte le bombe», la più potente bomba non atomica mai usata.
La sua potenza equivale a 11 tonnellate di tritolo, più devastante di questa, solo l'atomica.
Nel 2018 e 2019 gli USA (sotto Trump) hanno sganciato più di 15.000 bombe in Afghanistan.
È record nei 19 anni di presenza americana in Afghanistan.

Marco Napoli
Marco Monaco
il "centre of gravity" cioè il fattore vincente in questo tipo di guerre non è l'eliminazione dell'avversario (che comunque è non statuario, e quasi indistinguibile) ma portare la popolazione dalla tua parte (e non da quella dell'avversario) .. si usano armi "non cinetiche", cioè che fanno leva sul soft power, sulla comunicazione, ricostruzione, attrazione verso un modello di governo e società alternativo a quello dei talebani.. con la MOAB fai danni collaterali e basta, cioè per errore uccidi popolazione civile.. e ti alieni la popolazione contro.. qualsiasi manuale di counter insurgency ti dice che è contro producente.. Trump l'ha usata solo a scopo di immagine, di show the force, probabilmente ai fini del consenso interno.




Gino Quarelo
Ricordiamo che :

1) Quelli che danno contro a Trump su qualsiasi cosa egli abbia fatto sono gli stessi che da sempre prima accusano gli USA di essere i gendarmi imperialisti del mondo e la prima causa dei vari conflitti esistenti sul pianeta, salvo poi, quando questi si ritirano dai conflitti, accusarli di ingiusto abbandono e di tradimento.
Questi demenziali calunniatori dimenticano che nelle varie aree di conflitto operano più attori locali e internazionali tra cui l'ONU e la NATO e che gran parte della responsabilità è degli attori locali, degli alleati e dei vari organismi internazionali e non degli USA.
2) Sono gli sciiti iraniani a fomentare la guerra nello Jemen e che l'Arabia è una storica alleata degli USA e della NATO.
Arabia che non minaccia Israele come l'Iran con il suo orologio a Teheran che scandisce il tempo che manca dalla distruzione programmata di Israele e dallo sterminio di tutti i suoi ebrei.
3) Vendere armi agli alleati affinché si possano difendere dalle aggressioni è cosa buona e giusta, quindi gli USA hanno fatto più che bene a vendere armi all'Arabia Saudita dove oltretutto vi sono i pozzi di estrazione, i centri di lavorazione e idepositi di carburante delle multinazionali del petrolio che serve al mondo intero, la cui proprietà appartiene anche alle società petrolifere USA, quindi si tratta anche di legittima difesa. Poi non va dimenticato che lo stato canaglia iraniano si rifornisce di armi dalla Russia, dalla Cina, dalla Corea del Nord e dalla demenziale UE.
4) Riprendere ostilità politiche con paesi canaglia come Cuba e i Venezuela è cosa buona e giusta e in ogni caso non si tratta di conflitti bellici.
5) Cavarsi da trattati militari capestro con paesi che non li rispettano come per esempio l'Iran e la Russia mi pare sia più che sensato e giusto.
6) La bomba MOAB è stata concepita durante l'amministrazione Clinton ed è stata usata in Afganistan contro i criminali nazi maomettani dell'ISIS oltretutto senza provocare morti tra i civili.
Il ministero della Difesa afgano ha detto che nessun civile è stato ucciso e che 36 miliziani dell’ISIS sono morti nell’attacco.
https://www.ilpost.it/2017/04/14/madre- ... -le-bombe/
7) Il generale iraniano Solimani era un terrorista criminale antiamericano e antisemita/antisraeliano e la sua eliminazione ha evitato bombardamenti che avrebbero ucciso molti terroristi, militari e civili iraniani, irakeni, siriani e libanesi.
Dal 1998 alla morte Solimani è stato il capo della Niru-ye Qods, l'unità delle Guardie della Rivoluzione responsabile per la diffusione dell'ideologia khomeinista fuori dalla Repubblica Islamicae di tutte le operazioni terroristiche contro Israele, dalla Siria e dal Libano.
8) ...


Guerra tra Arabia Saudita e Yemen: perché nessuno parla di questa tragedia?
Alessandro Cipolla
7-9 minuti

https://www.money.it/guerra-Arabia-Saud ... n-tragedia

Nello Yemen è in corso una tragica guerra civile dove l’Arabia Saudita in modo diretto, oltre all’Iran in modo indiretto, gioca un ruolo determinante per questo conflitto che dura ormai dal 2015.

Se ci mettiamo poi che nel più che mai diviso territorio dello Yemen esistono anche zone del paese controllate dall’Isis e da Al-Qa’ida, ecco che allora lo scacchiere assomiglia sempre di più a quello della Siria.

L’assedio da parte di nove paesi arabi sunniti, guidati dall’Arabia Saudita e sostenuti dagli Stati Uniti, nei confronti dei ribelli sciiti, vicini all’Iran, che dal 2015 controllano la capitale San’a sta provocando infinite sofferenze ai civili.

Il blocco all’arrivo di qualsiasi rifornimento e medicinale sta portando circa 7 milioni di yemeniti alla fame, con un’epidemia di colera che soltanto negli ultimi tre mesi del 2017 ha provocato 2.000 morti.

Una tragedia questa che da anni si sta consumando tra il silenzio generale dell’Occidente e delle Nazioni Unite. I media hanno iniziato a parlare della guerra nello Yemen soltanto dopo l’attacco a opera di alcuni droni ad dei pozzi sauditi, azione che ha portato a una impennata dei prezzi del petrolio.

L’Arabia Saudita e la guerra civile nello Yemen

Dopo una lunga divisione, nel 1990 lo Yemen del Nord e lo Yemen del Sud decidono di riunirsi in un unico stato, con San’a che diventa la nuova capitale. Presidente è Ali Abdullah Saleh, che all’epoca era alla guida del Nord fin dal lontano 1978.

A seguito nel 2012 delle rivolte nella parte meridionale del paese in quella Primavera araba che sconvolse molti paesi islamici, Saleh rassegna le sue dimissioni e al suo posto arriva il sunnita Abd Rabbuh Mansur Hadi, con il compito di guidare per due anni lo Yemen fino a nuove elezioni.

Visto il timore però che le elezioni sarebbero potute essere soltanto un miraggio e che il regno di Hadi potesse continuare invece per altri anni, nel febbraio 2015 il gruppo armato sciita degli Huthi, proveniente dal Nord del paese, conquista la capitale San’a e costringe alle dimissioni il presidente Hadi che si rifugia a Sud ad Aden, che così diventa una seconda capitale dello Yemen.

Da quel caos si arriva a un paese diviso in due: a Nord ci sono gli sciiti con il governo di Saleh nella capitale San’a, mentre a Sud nella città di Aden si è insediato il Presidente spodestato Hadi, l’unico riconosciuto dall’Occidente e dalle Nazioni Unite.

In tutto ciò Al-Qa’ida è riuscito a entrare in possesso di vaste zone nella parte orientale del paese, con anche l’Isis che si è stabilizzato in diversi villaggi facendo sentire la sua tragica voce con attentati fatti soprattutto contro gli sciiti di San’a.

Nel marzo 2015 l’Arabia Saudita sunnita si mette a capo di una coalizione di paesi sunniti comprendente anche Marocco, Egitto, Sudan, Giordania, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Bahrain e Qatar.

Questa lega araba formata da nove paesi e capeggiata da Riyad inizia così un massiccio bombardamento in Yemen nei territori controllati al Nord dai ribelli Huthi, che da allora in pratica resistono a questo assedio con il supporto, paventato, soltanto dell’Iran ovvero il più grande stato sciita.
Il dramma dei civili

Lo stato di perenne assedio ha però fiaccato l’alleanza tra gli Huthi e il ras del Nord l’ex presidente Saleh. Quest’ultimo infatti, dopo aver cercato invano rifugio oltre confine, è stato catturato e ucciso dai ribelli fino a poco tempo fa suoi alleati.

Lo Yemen del Nord quindi ora è nel caos più totale ed è controllato dagli Huthi. Vista la debolezza creata dalla faida interna, sono aumentati i bombardamenti da parte della coalizione sunnita che sta aggravando ancora di più la situazione umanitaria.

Un conflitto che sta diventando sempre più cruento, visto che anche di recente ci sono stati violentissimi scontri tra lealisti e ribelli: 142 morti tra i militari dei due schieramenti, mentre 7 sono state le vittime civili.

Oltre ai militari uccisi, altissimo infatti è anche il bilancio delle vittime civili. Non sono soltanto le bombe saudite a fare strage di civili ma anche la fame (lo Yemen è lo stato più povero del Medio Oriente) e il colera.

Anche se da noi viene vista come una malattia ormai debellata, nello Yemen si parla di almeno 500.000 persone contagiate, con il colera che ha provocato soltanto negli ultimi tre mesi la morte di 2.000 persone.

Il blocco dei paesi arabi vicini imposto a San’a sta stritolando la popolazione del Nord, tra quella che sembrerebbe essere l’indifferenza generale anche delle Nazioni Unite che nulla hanno fatto finora per salvare la popolazione civile da questa atroce fine.


L’indifferenza dell’Occidente

Nel 2016 parlando della problematica situazione in Siria Ban Ki-moon, segretario generale dell’Onu, dichiarò che “la morte per fame utilizzata come arma rappresenta un crimine di guerra”.

Peccato però che per la guerra civile nello Yemen non sia stato rivolto lo stesso pensiero. L’Arabia Saudita non è stata mai sanzionata per i bombardamenti e, come se non bastasse, si è sempre opposta alla creazione di corridoi umanitari per permettere di inviare cibo e medicinali alla popolazione civile.

In pratica si starebbe utilizzando la fame e le epidemie come un’arma d’assedio, per convincere i ribelli Huthi a cedere visto che le bombe sganciate su San’a finora non hanno prodotto gli effetti sperati.

Immagine simbolo di questa tragedia è quella di Amal, bambina yemenita fotografata in un campo profughi dal premieo Pulitzer Tyler Hicks pochi giorni prima di morire per fame a soli sette anni.

Per ultimo c’è stata la tristemente famosa strage di bambini, con 43 morti e 60 feriti per un autobus che è stato colpito mentre si stava recando a un mercato situato nel Nord del paese, oltre al più recente bombardamento da parte dell’aviazione saudita di un ospedale di Save the Children che ha provocato 7 morti tra cui 4 bambini.

Il sentore è che la guerra nello Yemen sia un altro tassello della delicata partita a scacchi che si sta giocando in Medio Oriente. I ribelli che controllano la capitale San’a sono sciiti come l’Iran, storici alleati della Russia e del regime di Assad in Siria.

Si può dire invece che tutto il resto del Medio Oriente, Isis compreso, sia al contrario sunnita. Far cadere i ribelli Huthi nello Yemen vorrebbe dire per Stati Uniti e Arabia Saudita indebolire l’Iran, grande nemica di entrambi i paesi.

Quando il 14 settembre 2019 dei droni hanno attaccato gli stabilimenti petroliferi di Abqaiq e Khurais, l’Arabia Saudita è stata costretta in un colpo solo a dimezzare la sua produzione giornaliera di petrolio.

Subito dopo l’attacco, gli Stati Uniti hanno accusato i ribelli Huthi e l’Iran di essere i responsabili minacciando dure conseguenze: per accendere i riflettori internazionali sulla guerra nello Yemen c’è voluta l’impennata del costo del petrolio, anche se questo attacco ai pozzi potrebbe portare a una escalation bellica tutta a danno della popolazione civile ormai stremata.



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Re: I disumani difensori di Caino sono anche contro Abele

Messaggioda Berto » sab gen 23, 2021 11:56 am

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I disumani difensori di Caino sono anche contro Abele

Messaggioda Berto » sab gen 23, 2021 11:57 am

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I disumani difensori di Caino sono anche contro Abele

Messaggioda Berto » sab gen 23, 2021 11:57 am

3)

Ecco i difensori di Caino all'opera: il caso di Lisa Montgomery, condannata a morte e giustiziata negli USA


Negli Usa sta per essere giustiziata la prima donna dal 1953: è giusto salvarla?
Debora Attanasio

https://www.marieclaire.com/it/attualit ... -di-morte/

Una donna sarà giustiziata per aver commesso un efferato omicidio e sarà la prima esecuzione di una donna negli Usa dal 1953. Si chiama Lisa Montgomery, oggi ha 53 anni e la sua vicenda sta scatenando un dibattito acceso tra due fronti diversi, ovvero, tra chi chiede che le venga concessa la grazia e chi invece considera un inutile accanimento lasciare in vita qualcuno così “broken” da non poter essere mai recuperata. “Un pugno dopo l’altro, uno stupro dopo l’altro, ecco come si fabbrica un’assassina”, ha titolato il New York Times sintetizzando il percorso lastricato di cocci che Lisa Montgomery ha calpestato a piedi nudi sin da bambina. Ma dall’altro lato c’è chi fa presente che si parla troppo poco della sua vittima Bobbie Jo Stinnett, la 23enne barbaramente uccisa da Montgomery per impossessarsi della bambina di otto mesi che portava in grembo. Un dilemma morale non nuovo, ma che nel 2020 con i social, suscita una revisione.

Per trarre delle conclusioni personali sulla vicenda, bisogna profilare Lisa Montgomery mantenendo il distacco di un detective. Alla nascita le erano stati riscontrati problemi neurologici dovuti all’alcolismo della madre. A tre anni aveva assistito allo stupro della sorellina di otto da parte di un uomo con cui erano state lasciate sole in casa, ma quando ne aveva 11 anni è stato il suo turno. Il primo ad abusarne era stato il patrigno che poi l’aveva tenuta segregata, a disposizione delle perversioni sessuali dei suoi amici. A quel punto, la madre ha pensato di monetizzare quella figlia ormai senza un’innocenza da difendere, vendendola quando in famiglia serviva denaro per riparare una tubatura rotta o il tetto che gocciolava.

Per dissociarsi dall’orrore, Lisa Montgomery ha sviluppato dei disturbi psichiatrici che nessuno le ha mai seriamente curato. A 18 anni si è sposata con un fratellastro che dopo le nozze ha iniziato a picchiarla. Da quel momento Lisa ha iniziato a fingere di essere incinta per ridurre al minimo gli abusi, ma anche per rifugiarsi in una menzogna alla quale, alla fine, credeva anche lei. È in questo stato mentale che conosce Bobbie Jo Stinnett in una chat di vendita di cuccioli di terrier. Stinnett, che con il marito gestisce un allevamento di cani, fa l’errore di confidarle che è incinta di otto mesi, Lisa le dice di essere anche lei in attesa e finge di essere interessata all’acquisto di un cane. Si accordano, e Montgomery sale in auto e percorre quasi 200 chilometri dal Kansas per raggiungere Stinnett a Skidmore, nel Missouri. Quando l’allevatrice la accoglie in casa, Lisa Montgomery la strangola con una corda da bucato e con un coltello da cucina le estrae brutalmente la bambina dal grembo.

La polizia ne segue le tracce e la arresta a casa sua, mentre si sta prendendo cura della piccola che è miracolosamente viva, e che lei dichiara essere sua. Al processo, Lisa viene difesa solo da avvocati uomini che sottovalutano la devastazione degli abusi sessuali subiti dall’imputata e non prendono in considerazione la richiesta di una perizia psichiatrica, puntando solo a cercare qualcun altro da accusare. Lisa Montgomery viene condannata anche se evidentemente disturbata. Sono passati 16 anni da quell’orrore e la donna, che ora ha 53 anni, è rimasta sospesa nel braccio della morte mentre la comunità statunitense si interrogava sull’ipotesi di abolire una volta per tutte la pena di morte. Con la sua elezione alla presidenza, Donald J Trump ha invece ridato il via libera e sono state eseguite dieci sentenza durante il suo mandato, comprese quelle del primo nativo americano, di due uomini che erano teenager quando hanno commesso il crimine, e uno che lo aveva commesso in uno Stato in cui non vige la pena di morte. Lisa Montgomery doveva essere giustiziata a ottobre del 2020, ma la data è stata posticipata perché i legali che si stanno occupando della richiesta di grazia avevano contratto il Covid.

La data dell’esecuzione è stata spostata al 12 gennaio 2021 e se al tempo della condanna i social non c’erano ancora, oggi la notizia è virale non è più solo una questione degli Stati Uniti. Si diffondono gli appelli per chiedere clemenza, uno lanciato anche dalla sorella, ma anche quelli di chi chiede di non avere pietà per qualcuno che ha intrapreso con determinazione un lungo viaggio portandosi da casa una corda e un coltello. Un dibattito al quale purtroppo sta assistendo anche Victoria, la figlia di Bobbie Jo Stinnett, che è ormai una teenager. Cosa pensare e dire di una situazione così divisiva? Impossibile giustificare, impossibile condannare. Le testate internazionali, dal New York Times alla BBC si mostrano perplesse all’idea dell’esecuzione di qualcuno che non è in possesso delle sue facoltà mentali, mentre sembrano essere favorevoli le testate americane del circuito Newspress lette dalle frange repubblicane estreme, quelle che secondo Politico sono le uniche rimaste a sostenere Donald Trump. In attesa di farsi un’opinione personale, l’unica conclusione che si può trarre è che la pena di morte, nei paesi in cui viene applicata, non ha mai risolto la criminalità.




Perché è stata giustiziata Lisa Montgomery - di Sergio D'Elia e Valerio Fioravanti
Sergio D'Elia e Valerio Fioravanti
15 Gennaio 2021

https://www.ilriformista.it/perche-e-st ... ry-189075/

Lisa Montgomery è stata giustiziata tramite iniezione letale nel carcere federale di Terre Haute, nell’Indiana. Dopo un rinvio deciso da un giudice federale che aveva disposto una perizia sulla sua condizione mentale, il via libera all’esecuzione è arrivato in fretta e furia dalla Corte Suprema degli Stati Uniti, dove i giudici conservatori sono attualmente in forte maggioranza.
Lisa doveva essere uccisa martedì 12 gennaio. Invece risulta morta mercoledì 13 gennaio all’1.31 del mattino ora locale, un paio d’ore dopo la decisione della Corte Suprema. L’orario in cui è stato certificato il decesso lascia capire che è successo qualcosa di strano. I mandati di esecuzione scadono alla mezzanotte del giorno previsto e, secondo un giudice federale, scaduto un mandato, quello nuovo non può essere emesso prima di venti giorni. Nel caso di Lisa forse lo hanno emesso in venti minuti. Se avessero rispettato la regola dei venti giorni, Lisa avrebbe guadagnato tempo, un tempo utile al nuovo Presidente per porre fine – come promesso – alla pratica arcaica della pena capitale federale.
Gli esecutori materiali dell’iniezione letale sono coperti da un velo di segretezza. È noto che, dopo il contagio che ha colpito almeno 8 membri dello staff che avevano partecipato alle esecuzioni di Orlando Hall il 19 novembre scorso, il Governo ha assunto alcuni appaltatori privati per portare a termine il piano di esecuzioni programmate. Il Governo non ha rivelato chi sono gli appaltatori o perché li ha assunti. Ma dai documenti del tribunale si è appreso che «alcuni membri dello staff di esecuzione provenivano da altre strutture federali». La frase è ambigua e sembra voler dire che, su base volontaria o dietro il semplice pagamento di una diaria e di alcune ore di straordinario, erano stati convocati per le varie esecuzioni agenti provenienti da altre carceri federali. ProPublica, che si autodefinisce “testata giornalistica non-profit che investiga gli abusi del potere”, ha usato invece per questo personale il termine più suggestivo di “contractors”. Uno degli scandali dell’amministrazione Trump, ad esempio, è che il Presidente abbia rinnovato tutti i contratti in scadenza delle carceri federali per altri 10 anni, legando così le mani a Biden che diceva di volerli dismettere. I “contractors” quindi potrebbero anche essere agenti provenienti dalle carceri private. Ma “contractors” potrebbe avere un significato ancora più preoccupante. Trump ha nel suo Governo una donna, Betsy DeVos, Segretario di Stato all’Educazione, il cui fratello è il fondatore di Blackwater, e i “contractors” di Blackwater sono veri e propri “mercenari” che operano nei principali teatri di guerra in cui sono impegnati gli Stati Uniti.
È indicativo del suo modo d’essere che l’unico momento di pietà che il Presidente dell’occhio per occhio l’abbia manifestato nei confronti proprio di quattro contractors di Blackwater condannati per aver massacrato 14 civili in Iraq e graziati a dicembre, a un mese dalla fine del suo mandato.
Anche se non si riesce a determinare con chiarezza chi siano questi “appaltatori esterni” e quale tipo di contratto “a progetto” li leghi all’Amministrazione Trump, resta il fatto che il piano di esecuzioni a Terre Haute è andato avanti grazie alla disponibilità di “boia” privati che il governo ha assunto allo scopo e che hanno presumibilmente dovuto rivedere l’agenda dei loro fitti impegni familiari e di lavoro ordinario per far fronte allo straordinario di mandare i condannati all’altro mondo. Gli stessi avvocati del Dipartimento di Giustizia hanno incredibilmente sostenuto in tribunale che l’inconveniente di riprogrammare questi appaltatori privati avrebbe “danneggiato irreparabilmente” il Governo. Evidentemente, più di quanto i prigionieri sarebbero stati irreparabilmente danneggiati dalla morte di Stato tramite iniezione letale.
Quando la procedura di esecuzione è iniziata, una donna dello staff si è sporta su Lisa Montgomery, ha rimosso delicatamente la mascherina anticovid dal volto della donna e le ha chiesto se voleva fare un’ultima dichiarazione. “No,” ha risposto Lisa con voce calma e soffocata. Non ha detto altro. Il suo difensore, Kelley Henry, ha espresso la sua delusione per gli eventi della giornata e nei confronti di un Governo che ha violato la Costituzione, la legge federale e il proprio regolamento pur di raggiungere il suo scopo mortale. «La vile sete di sangue di un’amministrazione fallita stasera era in piena mostra. Tutti coloro che hanno partecipato all’esecuzione di Lisa Montgomery dovrebbero provare vergogna», ha detto in una dichiarazione resa dopo la mezzanotte.
È il modo triste e crudele con il quale Trump ha deciso di uscire di scena. Speriamo che questo tramonto segni la fine di un modo di pensare, di sentire e di fare la giustizia, il superamento della logica rettiliana, reazionaria, primordiale del delitto e del castigo, della violenza da contrastare con violenza, del male da riparare con un male di ugual misura.



I veri mostri l'hanno fatta franca.
di Francesco Malavolta

https://www.facebook.com/permalink.php? ... y_index=36
“Lisa non è la peggiore delle peggiori. È la più spezzata di tutte le persone spezzate”.
Ieri, una donna di nome Lisa Montgomery, è stata condannata alla pena capitale negli Stati Uniti D'America per un brutale omicidio,ha ricevuto l’iniezione letale nel carcere di Terre Haute, in Indiana.
Ecco la storia di una persona che andava aiutata e non uccisa.
Lei è Lisa, abusata dal patrigno e fatta prostituire dalla madre.
La sua è una storia che deve fare riflettere: il male che genera il male.
Lisa Montgomery è l’unica donna che è stata condannata alla pena di morte nella storia degli Stati Uniti. Oggi, a 52 anni, ha ricevuto l’iniezione letale nel carcere di Terre Haute, in Indiana.
Nel 2004 aveva compiuto un omicidio efferato: aveva estratto con un coltello il feto di una donna incinta, la 23enne Bobbie Jo Stinnett, portandolo via come se fosse suo figlio, e lasciandola morire dissanguata.
Lisa aveva gravi disturbi psichiatrici, era stata sterilizzata dopo quattro gravidanze contro la sua volontà. Prima dell'omicidio ripeteva di essere incinta, anche se ciò non era possibile, e probabilmente non si rendeva conto di cosa stesse facendo.
I suoi disturbi mentali erano stati causati da tutti gli abusi e torture che aveva subito fin dall'infanzia.
A soli 3 anni, Lisa, di notte, si sdraiava nel letto accanto alla sorellastra Diane, di cinque anni più grande, mentre il loro baby sitter la violentava.
A 11 anni, il patrigno Jack picchiava in continuazione lei e sua madre, e iniziò a violentarla almeno una volta a settimana.
Il patrigno costruì una stanza accanto alla sua roulotte, lontano da tutti nei boschi dell’Oklahoma, così nessuno poteva sentire le sue urla, e iniziò a violentarla sempre più spesso.
Quando Lisa ha tentato di difendersi, lui ha sbattuto la sua testa contro il pavimento, fino a causarle una lesione cerebrale.
Un giorno sua madre vide che il marito violentava sua figlia, prese una pistola e la puntò alla testa di Lisa, urlandole: “Come hai potuto farmi questo?”
Il patrigno Jack iniziò poi ad invitare gli amici, per violentarla in gruppo. Le violenze duravano ore e, alla fine, le urinavano addosso.
Sua madre la fece prostituire con l’idraulico e l’elettricista per pagare la loro parcella.
Una volta gli assistenti sociali visitarono la sua famiglia, ma i genitori, avvisati del loro arrivo, hanno obbligato Lisa a non parlare, minacciandola di morte.
Un dottore la visitò quand’era bambina, si accorse dei regolari stupri, ma non disse nulla.
Le è stato diagnosticato un disturbo bipolare, post traumatico da stress, ansia e depressione, psicosi, sbalzi d’umore, dissociazione e perdita di memoria.
La sua avvocata, Sandra Babcock, ha dichiarato: “Lisa non è la peggiore delle peggiori. È la più spezzata di tutte le persone spezzate”.
Se non avesse subito tutte quelle violenze, se fosse nata e cresciuta in una famiglia sana, se fosse stata aiutata dalla comunità, probabilmente non avrebbe avuto tutti quei problemi psichiatrici che l'hanno portata ad essere a sua volta carnefice.
Le violenze, soprattutto quando sono così drammatiche e subite in giovane età e in modo continuativo, distruggono la vita di chi le subisce.
La vita di questa donna è stata segnata da torture atroci e, anche se lei si è macchiata di un crimine efferato, non si può non riflettere su quanto la responsabilità di quel crimine non sia da attribuire a chi ha distrutto la sua psiche, attraverso tutte quelle violenze inaudite.




Gino Quarelo

Demenzialità contro Trump che non c'entra nulla. Non è stato Trump a condananre a morte questa donna assassina, ma una giuria popolare che in una democrazia che si rispetti è sovrana. Non è stata condnnata da burocrati disumani e insensibili ma da una rappresentanza dei cittadini sovrani di quella comunità statuale.
Trump avrebbe potuto dare la grazia a questa donna solo se gran parte della comunità dello stato dove è stata emessa la sentenza l'avesse richiesto e se i famigliari della vittima avessero dato il loro assenso, ma ciò non è avvenuto e quindi Trump ha semplicemente fatto il suo dovere di rispettare la volontà popolare che in una democrazia è la sola volontà degna di rispetto.

La vergogna la dovrebbe provare chi sta sempre dalla parte di Caino e che lancia accuse demenziali e calunnie a chi non ha colpe e responsabilità come Trump che è un uomo buono e giusto, sicuramente migliore degli scribacchini come Sergio d'Elia e Valerio Fioravanti ex terroristi di Prima Linea e oggi terroristi della calunnia.
Questi demenziali calunniatori assomigliano agli antisemiti che per secoli hanno accusato gli ebrei di aver ucciso il rabbino ebreo Gesù Cristo perché hanno scelto di far vivere il patriota Barabba al posto dell'eretico Gesù Cristo. Gli ebrei, in quel giorno di Pasqua dove si esercitava la clemenza del Governatore romano Pilato, potevano salvare un solo condannato a morte e avendo scelto il patriota Barabba non sono certo responsabili della morte di Cristo che è stato condannato e ucciso dai romani e non certo dagli ebrei.




Nessuno Tocchi Caino fondato da Sergio D'Elia
https://it.wikipedia.org/wiki/Nessuno_tocchi_Caino

Sergio D'Elia (un ex terrorista comunista)
https://it.wikipedia.org/wiki/Sergio_D%27Elia
Sergio D'Elia (Pontecorvo, 5 gennaio 1952) è un attivista e politico italiano, in gioventù dirigente del gruppo extraparlamentare di estrema sinistra Prima Linea, poi divenuto un'organizzazione terroristica, durante gli anni di piombo.
Dopo l'abbandono della lotta armata e aver scontato 12 anni di carcere per banda armata e concorso morale in omicidio volontario, è divenuto sostenitore della nonviolenza e attivista contro la pena di morte e la tortura. Tra il 2006 e il 2008 è stato deputato della Rosa nel Pugno. Attualmente è segretario dell'associazione Nessuno Tocchi Caino e coordinatore della presidenza del Partito Radicale Nonviolento Transnazionale Transpartito.

Valerio Fioravanti (dei NAR un ex terrorista fascista)
https://it.wikipedia.org/wiki/Valerio_Fioravanti
Giuseppe Valerio Fioravanti detto Giusva (Rovereto, 28 marzo 1958) è un terrorista italiano, esponente del gruppo eversivo Nuclei Armati Rivoluzionari, d'ispirazione neofascista (anche se la propria appartenenza a questa ideologia sarà da lui respinta).
All'epoca era considerato uno dei più pericolosi terroristi italiani. Dopo una breve carriera di attore che gli diede un'enorme notorietà alla fine degli anni sessanta, incominciò la militanza politica nel Movimento Sociale Italiano e, intorno alla metà degli anni settanta, decise di abbracciare la lotta armata fondando i NAR, sodalizio con cui sarà protagonista di una stagione di violenze terminata solo con il suo arresto, avvenuto a Padova, il 5 febbraio del 1981.
Processato e riconosciuto colpevole di diversi reati, tra cui l'omicidio di 95 persone (85 nella strage di Bologna, da lui negata, più altri 8, di cui 4 come esecutore materiale con altri, di cui si riconobbe colpevole), venne condannato, complessivamente, a 8 ergastoli, 134 anni e 8 mesi di reclusione. Non si è mai pentito dei reati commessi, sebbene abbia incontrato alcuni parenti delle vittime. Nel luglio del 1999 (dopo 18 anni anziché 20) ottiene la semi-libertà e nel 2004 la liberazione condizionale. Nell'aprile del 2009, dopo 26 anni di carcere, 5 di libertà vigilata e a 31 dall'arresto, è completamente libero dalla pena cumulativa come previsto dalla legge Gozzini. Durante il periodo della lotta armata era soprannominato il Tenente.

Tutti gli omicidi di Prima Linea
Prima Linea (PL) è stata un'organizzazione armata di estrema sinistra italiana di stampo comunista. Inizialmente associazione politica extraparlamentare legale, fuoriuscita da Lotta Continua, i suoi membri maturarono quasi subito la scelta della lotta armata.

https://it.wikipedia.org/wiki/Prima_Lin ... nizzazione)
Nata nell'autunno del 1976 e ufficialmente strutturatasi nella primavera dell'anno successivo, come organizzazione terroristica, Prima Linea sarà seconda in Italia solo alle Brigate Rosse, per numero di persone colpite (39 di cui 16 uccise), di azioni armate (101 attentati rivendicati) e per numero di aderenti.
Il nome scelto venne ispirato dai servizi d'ordine dei movimenti della sinistra extraparlamentare, che negli anni Settanta si schieravano in testa ai cortei occupando, appunto, la prima linea.


I Nuclei Armati Rivoluzionari (NAR) furono un'organizzazione terroristica italiana d'ispirazione neofascista, nata a Roma e attiva dal 1977 al 1981.
https://it.wikipedia.org/wiki/Nuclei_Ar ... oluzionari

Teorici dello spontaneismo armato nazional-rivoluzionario, i NAR segnarono un punto di svolta nell'ambito dell'eversione nera e di rottura nei confronti dei loro padri politici. Attraverso un disconoscimento del passato golpista e stragista dei vecchi fascisti (Ordine Nuovo, Avanguardia Nazionale, Ordine Nero, ecc.) e di un allontanamento dalle logiche del neofascismo missino considerato di sterile contrapposizione ai giovani militanti di sinistra, i NAR impugnarono apertamente le armi contro lo Stato.
Durante i quattro anni di attività i NAR furono responsabili di 33 omicidi, per i quali furono condannati come esecutori materiali, con sentenza definitiva, Giuseppe Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini.
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Re: I disumani difensori di Caino sono anche contro Abele

Messaggioda Berto » sab gen 23, 2021 11:58 am

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Re: I disumani difensori di Caino sono anche contro Abele

Messaggioda Berto » sab gen 23, 2021 11:59 am

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