11)
La pena di morte in alcuni casi è cosa buona e giusta.
Condivido la posizione di Israele:
La pena di morte in Israele è considerata uno strumento illegale in quasi tutte le circostanze. Lo stato israeliano ha ereditato molte delle sue leggi dal Mandato britannico della Palestina, il cui codice penale prevedeva la condanna a morte per alcuni reati, ma nel 1954 ha abolito tale pena tranne che per i casi di genocidio, crimini di guerra, crimini contro l'umanità, crimini contro il popolo ebraico e tradimento militare.
https://it.wikipedia.org/wiki/Pena_di_morte_in_Israele
Nella storia di Israele risulta un solo civile condannato a morte, non classificato come soldato: Adolf Eichmann, impiccato nel 1962 per crimini di guerra nazisti relativi alla Shoah. In precedenza c'era stata l'esecuzione di Meir Tobianski, soldato israeliano che aveva combattuto la guerra arabo-israeliana del 1948 e che era stato accusato falsamente di tradimento: giudicato colpevole, venne condannato a morte tramite fucilazione (30 giugno 1948). Nel corso degli anni ci sono state altre sentenze di morte, ma finora i ricorsi presentati dalla difesa sono sempre riusciti a ribaltare la sentenza.
In molti ritengono che il motivo per cui è raro l'uso della pena capitale in Israele sia da ricercare nella dottrina ebraista; tuttavia, vi è una certa discussione sul fatto che legge ebraica proibisca la condanna a morte. La Bibbia, per esempio, propugna tale pena per 36 reati (tra cui l'omicidio, lo stupro, l'idolatria e la profanazione del sabato). In ogni caso molti studiosi ebraici hanno interpretato in maniera più flessibile tali norme per impedire l'esecuzione di innocenti e la pena di morte è diventata, di fatto, desueta. La maggior parte degli attuali capi religiosi semiti e dei principali intellettuali israeliani ritiene che la pena di morte non dovrebbe essere utilizzata.
Vigeva invece nel Regno Unito d'Israele per i reati sopra elencati.
Questi meritano la pena di morte.
«Le azioni di Oseghale dopo il delitto dimostrano che è colpevole I trolley doveva prenderli qualcuno?»
Gianluca Ginella
15 gennaio 2021
https://www.cronachemaceratesi.it/2021/ ... 0.facebook
OMICIDIO DI PAMELA - Sono uscite le motivazioni della sentenza della Corte d'assise d'appello di Ancona che ha condannato all'ergastolo il nigeriano. I giudici scrivono: «Straordinaria valenza probatoria hanno le condotte post mortem dell'imputato. Non ha mai fatto una mossa a caso, ma per disfarsi del corpo il suo agire è diventato goffo, Perchè?». Nessun dubbio che il movente sia stato nascondere la violenza sessuale e evitare una denuncia
«La condotta post mortem di Innocent Oseghale è la chiave di lettura di quanto accaduto e la prova che ha ucciso Pamela Mastropietro. I suoi comportamenti erano legati alla volontà di coprire l’omicidio». I giudici della Corte di appello di Ancona lo dicono nelle 150 pagine di motivazioni della sentenza (uscite oggi pomeriggio) in cui hanno confermato la condanna all’ergastolo del nigeriano, accusato dell’omicidio della 18enne Romana, uccisa a Macerata, nell’appartamento di via Spalato dove Oseghale viveva, il 31 gennaio 2018.
appello-oseghale-2-650x488Una sentenza (il processo si è chiuso il 16 ottobre scorso) che accoglie quanto già detto dai giudici della corte d’assise di Macerata, e che approfondisce molto le questioni della droga assunta da Pamela e del perché la ragazza non fosse morta per una overdose, come sostiene la difesa (Oseghale è assistito dagli avvocati Simone Matraxia e Umberto Gramenzi). Anche le ferite mortali sono state ampiamente analizzate nella sentenza in base a quanto accertato dai medici legali nel corso delle indagini. C’è poi una considerazione dei giudici: «Alcuni dubbi restano nell’operato dell’imputato, il quale, dopo aver agito con una impressionante lucidità e raffinatezza nel momento dell’eliminazione delle tracce riconducibili alla violenza sessuale, sembra essere divenuto maldestro e goffo quanto abbandona le due valige sul ciglio della strada facendo uso di un taxi o quando non si disfà di tutti gli effetti personali di Pamela», per i giudici probabilmente Oseghale non si aspettava che i carabinieri arrivassero a lui così velocemente e, dicono, le operazioni di depistaggio e cancellazione delle prove erano ancora in corso da parte sua.
Però una domanda i giudici se la fanno su quei comportamenti: «forse qualcuno doveva andare a prendere le valigie?». Domanda che nel corso della sentenza si pongono anche in un altro punto. In un passaggio i giudici scrivono che le lesioni al fegato, quelle con cui Pamela è stata uccisa, sia secondo l’accusa che secondo i giudici, sono state inferte da Oseghale proprio con lo scopo di eliminare la ragazza che, costretta a subire una rapporto sessuale, avrebbe potuto denunciarlo. Oseghale «non ha mai compiuto una azione a caso – dicono i giudici – Quanto meno, almeno all’apparenza, fino a quando non ha lasciato le valige in strada. Condotta quest’ultima che comunque non è escluso che abbia avuto una sua finalità che l’imputato si è ben guardato dal rivelare (qualcuno, forse quel qualcuno con cui a lungo e concitatamente ha parlato nel tragitto sul taxi del camerunense Patrick Blaise Noutong Tchomchoue – mentre stava andando a gettare le valigie a Casette Verdini di Pollenza, in un fosso lungo via Dell’Industria, ndr -, che riferiva della per lui incomprensibile telefonata in inglese, avrebbe dovuto andare a prenderle? O lo avrebbe fatto lui stesso?)».
Altro aspetto che evidenzia la Corte d’assise d’appello di Ancona: «Straordinaria valenza probatoria sono le condotte post mortem di Oseghale, sono la chiave di lettura su quanto accaduto». Ci sono le versioni false, contraddittorie, i depistaggi, il negare il rapporto sessuale, l’ammettere di aver fatto a pezzi il corpo solo dopo che le prove scientifiche lo inchiodavano, dicono i giudici, e poi quell’operazione di depezzamento, svolta con perfetta conoscenza del corpo umano e il fatto che alcune parti del corpo non sono state trovate, quelle, dicono i giudici, dove c’erano state le ferite mortali. Mortali, spiegano, perché qualcosa di quei due fendenti al fegato è stato trovato. Tracce che mostrano sia segni di emorragia, sia formazione di globuli bianchi: a riprova che sono state inferte quando era in vita. Inoltre, aggiungono, non possono essere state causate per sbaglio durante l’operazione di depezzamento del corpo della 18enne.
«E’ evidente che l’imputato, dopo aver ucciso Pamela con due coltettale, ha mantenuto totale freddezza e assoluta lucidità come chiaramente dimostrano la precisione delle attività di depezzamento e disarticolazione del corpo di Pamela, svolte senza la benchè minima emozione. Ha dimostrato una non comune abilità settoria, una approfondita conoscenza del corpo umano, non si può dar credito all’imputato che abbia proceduto a queste operazioni al solo scopo di disfarsi del corpo della ragazza, a suo dire morta per overdose: avrebbe potuto raggiungere lo stesso risultato con una attività molto meno precisa» e sarebbe stato dunque «Superfluo il lavaggio del corpo con la varechina e l’esanguamento. Oseghale voleva far sparire le tracce di dna sul corpo e quelle delle due coltellate» dicono i giudici.
Ferite inferte non per sbaglio durante le macabre operazioni dopo la morte di Pamela, «Oseghale non ha certo agito a casaccio sul corpo» dicono i giudici». Sul fatto che avesse negato di aver avuto un rapporto sessuale con Pamela, «Negava perché sapeva che era stata una violenza sessuale» dicono i giudici e aggiungono che la 18enne non avrebbe mai acconsentito ad avere un rapporto non protetto». Secondo i giudici: «Oseghale ha condotto a casa sua Pamela al solo scopo di abusare di lei sessualmente, approfittando delle sue condizioni di minore lucidità dovuta all’assunzione di eroina». Parti civili al processo i genitori e la nonna di Pamela, assistiti dallo zio della ragazza, l’avvocato Marco Valerio Verni, il Comune di Macerata e il proprietario della casa di via Spalato (tutelato dall’avvocato Andrea Marchiori).
Le indagini sull’omicidio di Pamela sono state condotte dai carabinieri del Reparto operativo di Macerata e coordinate dal procuratore Giovanni Giorgio e dal sostituto Stefania Ciccioli. La difesa potrà ora presentare ricorso in Cassazione contro la sentenza.
GIAPPONE: CONDANNATO A MORTE PER GLI OMICIDI DI CINQUE PERSONE
11 Dicembre 2020 :
(Fonti: Kyodo, 11/12/2020)
https://www.nessunotocchicaino.it/notiz ... e-60319971
Un tribunale giapponese l'11 dicembre 2020 ha condannato a morte un uomo di 41 anni per gli omicidi di cinque persone, commessi nel 2018 in una casa nella prefettura di Kagoshima.
Il tribunale distrettuale di Kagoshima ha emesso la condanna a morte, come richiesto dai pubblici ministeri, nei confronti di Tomohiro Iwakura, dopo aver stabilito che l’imputato fosse a tal punto mentalmente sano da essere pienamente responsabile dei suoi crimini.
“I crimini sono stati degenerati e spaventosi. Non riesco a trovare alcun motivo per non emettere la pena di morte ", ha detto il giudice presidente Mitsuo Iwata.
Il team di difesa di Iwakura, che ha immediatamente presentato appello, aveva chiesto l'ergastolo sostenendo che non potesse essere ritenuto responsabile delle sue azioni poiché affetto da disturbo delirante al momento degli omicidi.
Il giudice ha tuttavia concordato con i pubblici ministeri sul fatto che l'influenza del disturbo fosse trascurabile, dicendo che "le azioni dell'imputato sono state fortemente influenzate dalla sua personalità aggressiva e vendicativa".
"L'assassinio di cinque persone è estremamente grave e non riesco a cogliere riluttanza da parte dell’imputato nell’uccidere le persone", ha aggiunto Iwata.
Secondo la sentenza, Iwakura ha strangolato a morte sua nonna Hisako, 89 anni, e suo padre, Masatomo, 68 anni, tra il 31 marzo e il 1° aprile nella casa di Hisako nella città di Hioki, e poi si è sbarazzato dei loro corpi in una zona montuosa vicina.
Iwakura in seguito ha anche strangolato una delle sue zie - Takako Iwakura, 69 anni, e sua sorella Kuniko Sakaguchi, 72 - così come il suo vicino Hiroyuki Goto, 47 anni, che erano venuti a trovare Hisako nel pomeriggio del 6 aprile.
Nel processo si doveva stabilire se Iwakura avesse l'intenzione di uccidere sua nonna e suo padre e se avesse ucciso suo padre per legittima difesa. Il tribunale si è pronunciato a favore dei pubblici ministeri in entrambi i casi.
Immediatamente dopo che la sentenza è stata emessa, Iwakura si è lanciato contro i pubblici ministeri ed è stato fermato dal personale carcerario. Il tribunale si è aggiornato con Iwakura che continuava a urlare e lottare.
Islamico uccise un'ebrea e ora viene assolto: "Era drogato e delirava"
Francesca Bernasconi
Mar, 07/01/2020
https://www.ilgiornale.it/news/mondo/is ... 08016.html
Sarah venne uccisa dal vicino, al grido di "Allahu Akbar". I giudici hanno ritenuto l'uomo "non responsabile dal punto di vista penale"
Era la notte tra il 3 e il 4 aprile del 2017, quando Sarah Halimi, una donna ebrea di 65 anni, venne uccisa e gettata dalla finestra dell'appartamento in cui viveva.
A picchiarla e toglierle la vita era stato il suo vicino di casa, un islamico originario del Mali, al grido di "Allahu Akbar".
La morte di Sarah
La notte del 4 aprile 2017, Sarah, dottoressa ebrea in pensione con tre figli, venne picchiata selvaggiamente e poi gettata dal terzo piano dello stabile in cui abitava, nel quartiere di Belleville, a Parigi. Ad ucciderla era stato il suo vicino di casa 27enne, Kobili Traorè, un islamico originario del Mali, già noto alla polizia come tossicodipendente e per reati di spaccio. Secondo quanto venne ricostruito ai tempi, l'uomo avrebbe dato in escandescenza dopo una lite famigliare. In preda alla rabbia sarebbe riuscito ad entrare nella casa di un'altra famiglia che, per sfuggire alla sua furia, si era rinchiusa in bagno, da cui era riuscita a contattare la polizia. Traoré si sarebbe poi introdotto nell'abitazione di Sarah, passando dal balcone. Una volta in casa, avrebbe svegliato la donna e avrebbe iniziato a picchiarla selvaggiamente, come confermano le urla disperate della donna. Alcuni testimoni avevano chiamato la polizia, riferendo delle grida disperate della donna, mentre l'uomo gridava "Allahu Akbar" e "Ho ucciso Shaitan" (Satana, in arabo). Infine, il killer avrebbe gettato dalla finestra la sua vittima. Sembra che l'uomo recitasse a bassa voce delle preghiere in arabo. Non è ancora chiaro se la morte della donna sia avvenuta per le botte ricevuto o per la caduta dal terzo piano. L'uomo, subito arrestato, era stato trasferito in un ospedale psichiatrico.
La sentenza e le proteste
Il 19 dicembre scorso, la Corte di appello di Parigi ha giudicato Kobili Traorè "non responsabile dal punto di vista penale" per la morte della donna ebrea. La sentenza della Corte è arrivata, secondo quanto riporta il Messaggero, dopo 7 perizie psichiatriche. Stando a quanto affermano i media francesi, secondo i medici, l'assunzione di cannabis avrebbe provocato nel killer uno stato di "delirio acuto", che non permetterebbe di considerarlo come il responsabile della morte della donna di origini ebree, nonostante lo stesso assassino avrebbe ammesso il crimine.
Dopo la sentenza, a Parigi sono esplose le proteste della comunità ebraica, composta da circa 500mila persone, e nei giorni scorsi si sono moltiplicati gli appelli social, contro la decisione dei giudici. Sul caso è intervenuto anche il rabbino capo Haim Korsia che, in una lettera rivolta al ministro della Giustizia francese e pubblicata su Le Figaro, ha scritto: "Dovremmo forse dedurre da questo verdetto che qualunque tossicodipendente ha la licenza d'uccidere degli ebrei?". Poi ha continuato, sostenendo che la sentenza rappresenza una "grave rottura di fiducia nel sistema giudiziario del Paese". Intanto a Parigi, Montpellier, Marsiglia e altri paesi della Francia sono stati organizzati cortei di protesta.
Assolto l’assassino antisemita di Sarah Halimi. Parigi ebraica si mobilita. Anche Roma protesta
Giacomo Kahn
04-01-2020
https://www.shalom.it/blog/mondo/assolt ... ni-b698541
Lo scorso 19 dicembre la Corte d’Appello del Tribunale di Parigi ha assolto Kobili Traorè, originario del Mali, dal brutale omicidio della 65enne Sarah Halimi, una signora francese di religione ebraica che abitava nell’11mo arrondissement di Parigi. Alla base della sentenza di assoluzione - nonostante che Traorè avesse ammesso di aver ucciso Halimi in un lungo e raccapricciante pestaggio in cui i vicini lo avevano sentito citare frasi dal Corano e chiamare la sua vittima “demone” - la decisione di giudicarlo totalmente incapace di intendere e di volere, perché sotto effetto di un pesante uso di droghe. Nonostante la brutalità del crimine commesso contro una inoffensiva donna anziana, gettata giù dalla finestra dal terzo piano; nonostante il crimine abbia innegabili connotati antisemiti, Traorè è stato dichiarato “libero” e scagionato da “qualsiasi responsabilità penale”.
Contro questa incredibile sentenza - avverso la quale la famiglia della Halimi cercherà di ricorrere in Cassazione - si stanno mobilitando le organizzazioni ebraiche francesi, per promuovere una grande corteo di protesta contro la decisione dei magistrati di Parigi.
Nel frattempo anche un gruppo di ebrei romani si è mobilitato. Lo scorso 1 gennaio si è tenuto un piccolo sit-in di protesta in Piazza Farnese, davanti all’ambasciata di Francia, con la distribuzione pubblica, di un volantino di protesta che recita: Sarah Halimi ebrea francese di 66 anni, assassinata perché ebrea. La giustizia francese ha assolto il suo assassino. LUTTO E VERGOGNA PER LA GIUSTIZIA FRANCESE.
Sarah Halimi Femme juive française de 66 ans. Tuée en tant que juive. La justice française a acquitté son assassin. Deuil et honte pour la justice en France.
Usa, Lisa Montgomery giustiziata: eseguita pena di morte per una donna dopo 70 anni
13 gennaio 2021
https://www.repubblica.it/esteri/2021/0 ... 282307674/
WASHINGTON - È stata eseguita negli Usa la condanna a morte di Lisa Montgomery, 52 anni, dopo il via libera della Corte suprema. Si tratta della prima esecuzione federale di una detenuta negli Usa da quasi settant'anni. Nel dicembre 2004 Montgomery uccise la 23enne Bobbie Jo Stinnett, asportando il bambino dal grembo della donna e poi tentando di far passare per suo il neonato. L'esecuzione della donna, tramite iniezione letale, era stata sospesa per accertamenti psichiatrici, ma questa notte è stata portata a termine al Federal Correctional Complex di Terre Haute, nell'Indiana.
Gli avvocati di Montgomery avevano affermato che l'abuso sessuale subito durante l'infanzia avrebbe portato a "danni cerebrali e gravi malattie mentali" per la donna. Il patrigno aveva negato di averla abusata sessualmente, dicendo anche di non avere buona memoria, quando gli è stata presentata una propria dichiarazione in cui aveva ammesso abusi fisici. La madre di Montgomery aveva invece dichiarato di non aver mai denunciato l'uomo perché temeva per la vita propria e della figlia.
(afp)
Montgomery, che non riusciva ad avere figli, aveva selezionato la sua vittima online e la scelta era caduta su Stinnett, un'allevatrice di cani. Si era recata a casa della 23enne con la scusa di acquistare un cucciolo e poi l'aveva strangolata a morte aprendole il ventre per estrarre il feto di otto mesi. La piccola è sopravvissuta alla tragedia. Si chiama Victoria e oggi è adolescente e vive con il padre.
Gli Stati Uniti hanno ripreso le esecuzioni capitali federali lo scorso luglio dopo una pausa di 17 anni. Con Montgomery, le esecuzioni federali sono arrivate a 11.
Questa settimana saranno giustiziati altri due uomini la cui esecuzione era stata sospesa dopo che avevano contratto il Covid-19.
L'ultima donna a essere giustiziata dal governo federale è stata Bonnie Brown, ne dicembre del 1953: rapimento e omicidio di un bambino di 6 anni nel Missouri. L'ultima esecuzione di una donna a livello statale è stata quella di Kelly Gissendaner, nel 2015. Condannata per omicidio nel 1997, uccise il marito con la complicità del suo amante.
Se fosse vero questa persona, questa donna nera e suo marito meritano la pena di morte, per aver ucciso la bambina bianca in preda al fanatismo del suprematismo nero all'insegna del " basta con il privilegio bianco" sostenuto dalla banda Biden Harris che dovrebbero essere chiamati in causa come istigatori
NERA ANTIRAZZISTA UCCIDE LA FIGIOLETTA ADOTTIVA BIANCA: “BASTA CON IL PRIVILEGIO BIANCO”
25 gennaio 2021
https://www.islamnograzie.com/nera-anti ... io-bianco/
La tragica storia della bambina di 3 anni di Simpsonville, South Carolina, picchiata a morte, sta facendo scalpore in tutto lo Stato. La donna aveva attaccato il privilegio bianco sui social media: è stata arrestata con il marito per l’omicidio e l’abuso della figlia adottiva bianca di 3 anni.
Cosa stiamo facendo, stiamo dando loro in pasto i nostri bambini in nome dell’antirazzismo.
Jerry Austin Robinson, 34 anni, e Ariel Robinson, 29 anni, sono stati entrambi accusati di omicidio e di abusi su minori in seguito alla morte avvenuta il 14 gennaio della loro figlia adottiva Victoria “Tori” Rose Smith, secondo una dichiarazione della South Carolina State Law Enforcement Division ( SLITTA).
Ariel Robinson è meglio conosciuta per aver vinto la stagione 20 di “Worst Cooks in America” su Food Network ad agosto. Secondo il suo sito web , Ariel era un’insegnante di scuola media che cercava di farsi un nome come comica, conduttrice radiofonica e personaggio televisivo.
Ariel Robinson ha tenuto un podcast con suo marito, anch’egli arrestato per omicidio colposo su minori. La sua vita di comica e di madre è stata accuratamente documentata sulle sue pagine Facebook, Instagram, Youtube e Twitter , dove spesso si presentava come madre di cinque figli. […]
Una donna su Facebook ha detto che sua figlia era stata la madre affidataria di Tori prima che i Robinson la adottassero.
“Era la bambina più dolce e amorevole”, ha scritto. “Aveva la migliore personalità. Era così spiritosa e ci faceva ridere tutto il tempo… .. Eravamo felici per lei perché poteva finalmente stare con i suoi due fratelli e avere una casa permanente (anche se avrebbe potuto averne una prima di essere presa in questa famiglia). Il mio cuore sta così male che non ho parole ”.
Oklahoma, uccide la vicina e ne cucina il cuore con le patate
26 febbraio 2021
https://www.la-notizia.net/2021/02/26/o ... le-patate/
OKLAHOMA – Ha ucciso la vicina e “ne ha cucinato il cuore con le patate”. Lawrence Paul Anderson, 42 anni, dell’Oklahoma, è sospettato di un triplice omicidio insolitamente bestiale.
Il 12 febbraio, la polizia ha fatto irruzione nella casa di Andrea Lynn Blankenship, 41 anni, a Chickasha, Oklahama. Lì, hanno trovato il corpo mutilato della donna di 41 anni, secondo quanto riferito dal Washington Post.
Dopo aver ucciso la donna, Anderson è tornato a casa e lì a cucinato il macabro pasto per poi provare a servirlo ai parenti, sembrerebbe con l’obiettivo di “liberare tutti dai demoni”. Anderson avrebbe poi ucciso lo zio Leon Pye, 67 anni, la nipotina, 4 anni e ferito la zia.
“Ha cucinato il cuore con le patate per servirlo alla sua famiglia e liberarla dai demoni”, ha confermato un investigatore.
La moglie dello zio aveva ferite da coltello ad entrambi gli occhi quando la polizia è arrivata sul posto, ma è sopravvissuta.
Gli omicidi bestiali hanno scosso la piccola comunità di Chickasha, scrive il Washington Post.
Lawrence Paul Anderson ha confessato gli omicidi. Lo stesso 42enne afferma di aver cercato di convincere i suoi parenti a mangiare il cuore prima di ucciderli. Ha già una fedina penale pparecchio compromessa, essendo stato condannato nel 2017 a 20 anni di carcere per crimini legati alla droga e alle armi. Tuttavia, è stato rilasciato con largo anticipo, fatto relativamente al quale il procuratore distrettuale Jason Hicks è fortemente critico. Hicks afferma che sta valutando la possibilità di chiedere la pena di morte per il triplice omicidio.
Nero uccide mamma di sei figli per strada dopo banale tamponamento
3 aprile 2021
https://voxnews.info/2021/04/03/nero-uc ... ento-foto/
Stava viaggiando dal lato passeggero nell’auto di famiglia quando un altro automobilista si è avvicinato, ha aperto il finestrino e le ha sparato diversi colpi di pistola che l’hanno uccisa.
Secondo la ricostruzione della polizia locale le due auto si erano sfiorate senza fare un incidente e questo avrebbe innescato la violenza.
Julie Eberly, 47 anni, è morta mentre stava andando al mare per un giorno di vacanza. Era mamma di sei figli, si trovava in viaggio insieme al marito sull’Interstate 95 a Lumberton, nella Carolina del Nord.
L’afroamericano ha abbassato il finestrino e ha sparato più colpi alla portiera del passeggero, uno dei quali ha colpito Julie Eberly. Per Julie non c’è stato nulla da fare. È stata trasportata d’urgenza nell’ospedale più vicino dov’è morta per le ferite riportate.
“Per fortuna avevano lasciato i loro sei figli a casa con i nonni, ma ora questi bambini devono convivere con il pensiero che la loro madre è stata uccisa in modo così codardo e insensato”, ha dichiarato lo sceriffo della contea di Robeson Burnis Wilkins.
Nessun demente si inginocchierà per questa mamma e per i suoi figli.
Grida "Fott**i polizia" su Facebook, poi ammazza un poliziotto: arrestata attivista Black lives matter
Cristina Gauri
29 aprile 2021
https://www.ilprimatonazionale.it/ester ... er-191356/
New York, 28 apr — Un’altra bella dimostrazione della «dottrina d’amore e inclusione» propagandata dal Black lives matter e spalleggiata dai gestori delle piattaforme social viene da New York. Un’attivista afroamericana del movimento, la 32enne Jessica Beauvais, ha investito con la propria automobile un poliziotto, uccidendolo. La donna aveva appena trasmesso un livestream su Facebook in cui aveva gridato per due ore «fottiti polizia» e altre invettive nei confronti delle forze dell’ordine.
L’attivista Black lives matter uccide l’agente di polizia
Beauvais, madre di un bambino di 13 anni, ha posto fine alla vita dell’agente Anastasios Tsakos, poliziotto della stradale. Al momento dell’impatto l’uomo stava deviando il traffico dopo un incidente stradale. L’uomo, 43 anni, lascia due figli piccoli. Fonti della polizia affermano che la donna ha confessato di aver bevuto vodka, vino e fumato erba prima di mettersi al volante. Dopo lo scontro Beauvais si è allontanata dalla scena del crimine con il parabrezza «completamente in frantumi» prima di essere fermata dalla polizia.
La diretta Facebook
«Questa settimana parleremo dell’ipocrisia del processo a Derek Chauvin – o dell’ipocrisia che pervade questo fottuto sistema di giustizia», ha dichiarato Beauvais all’inizio del Live Facebook, durato quasi due ore, del suo programma radiofonico Face the Reality. Inneggiando al Black lives matter la donna sosteneva che il rischio di morire di un poliziotto è «parte del lavoro» perché è ovvio che la gente «può provare a ucciderti». La 32enne ha quindi proseguito insultando le forze dell’ordine e bevendo shottini. Infine, al termine della trasmissione, si è messa alla guida del suo veicolo.
A momento dell’arresto l’attivista Black lives matter, a cui tra l’altro era stata già tolta la patente, si è messa piangere. «Non volevo ucciderlo», ha dichiarato. Ora dovrà affrontare 13 capi di imputazione. Tra questi, omicidio colposo di secondo grado, omicidio colposo aggravato di secondo grado, omicidio colposo veicolare di secondo grado e omissione di soccorso. Rischia fino a 15 anni di carcere se condannata.
Alberto Pento
Pena di morte altro che omicidio colposo, si tratta di omicido volontario aggravato da abbietti motivi di odio razziale!
Il condannato all'iniezione letale si chiamava John Grant, 60enne afroamericano colpevole di avere assassinato una guardia carceraria
21 minuti di agonia: l'esecuzione choc in America
Gerry Freda
30 Ottobre 2021
https://www.ilgiornale.it/news/cronache ... 1635585940
È polemica negli Usa per quanto accaduto mercoledì scorso durante l'esecuzione di una condanna a morte ai danni del carcerato 60enne John Grant. La condanna in questione, eseguita tramite iniezione letale, si è infatti trasformata in un vero e proprio supplizio per l'afroamericano, deceduto dopo ventuno minuti di atroci sofferenze. L'esecuzione incriminata ha avuto luogo in un carcere dell'Oklahoma, tra gli Stati più solerti nell'applicare la pena di morte, ma che aveva finora sospeso più volte questa pratica a causa di alcuni analoghi imprevisti, con veleni che non avevano appunto determinato il decesso istantaneo e senza sofferenze dei detenuti.
Grant era stato condannato a morte nel 2000, mentre era già in carcere per numerose rapine, per avere sequestrato e ucciso la guardia penitenziaria Gay Carter. L'afroamericano aveva trascinato il secondino nello sgabuzzino delle pulizie e lo aveva ammazzato con sedici pugnalate, sferrategli con un coltello che aveva fabbricato con le sue mani. L'assassino si era subito dichiarato colpevole dell'omicidio e, di conseguenza, i giudici non gli avevano concesso alcuna attenuante nel 2000, infliggendogli la condanna all'iniezione letale.
L'esecuzione della sentenza è stata però più volte rinviata a causa principalmente della difficoltà dello Stato dell'Oklahoma a reperire sul mercato i farmaci necessari a comporre il mix chimico utilizzato nelle stanze della morte. Le case farmaceutiche europee che producono il Pentotal, prodotto narcotizzante impiegato proprio nel mix letale, si erano infatti da tempo rifiutate di venderlo oltreoceano per manifestare la loro contrarietà alla pena di morte. Il dipartimento di giustizia dell'Oklahoma ha però riattivato di recente le esecuzioni dopo essere riuscito ad accaparrarsi dei farmaci in grado di sostituire i narcotici prima importati dall'estero.
Grant, insieme ad altri condannati, aveva ripetutamente denunciato in tribunale la mancanza di umanità della miscela di veleni autarchici ideata dalle autorità statali per giustiziare i detenuti, ma tutte le sue eccezioni sono state rigettate. Mercoledì è così arrivato il momento dell'esecuzione del 60enne, che ha sfidato le autorità presenti nella stanza della morte urlando più volte al suo boia l'esortazione "Sbrighiamoci" e insulti vari. Somministratogli il cocktail letale, l'afroamericano ha iniziato a essere preda di convulsioni, di spasimi e di vomito su tutta la faccia, per poi subire gli effetti del paralizzante e infine quelli del cloruro di potassio, che gli ha fermato il cuore.
Il fatto che Grant sia andato incontro a una morte lenta e dolorosa ha spinto molti commentatori e attivisti anti-pena capitale a parlare di vera e propria "tortura" inflitta dalle autorità statali a quell'essere umano. L'ultimo analogo supplizio si era verificato in Oklahom nell'aprile del 2014, quando il condannato Clayton Lockett aveva sofferto per 43 minuti sul lettino della morte al quale era legato, durante la somministrazione del medicinale che avrebbe dovuto fargli perdere conoscenza.