La proprietà distingue l'uomo libero e sovrano dallo schiavo

La proprietà distingue l'uomo libero e sovrano dallo schiavo

Messaggioda Berto » mer gen 06, 2021 8:17 pm

La proprietà è ciò che distingue l'uomo libero e sovrano dallo schiavo
viewtopic.php?f=205&t=2936
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 2247064892
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

La proprietà distingue l'uomo libero e sovrano dallo schiavo

Messaggioda Berto » mer gen 06, 2021 8:18 pm

Infatti è soltanto lo schiavo che non ha proprietà, che non possiede nemmeno se stesso e i suoi figli, essendo essi stessi una proprietà, posseduta dal loro padrone schiavista assoluto.

L'idea che l'uomo non abbia l'assoluto diritto alla proprietà deriva dalla demenziale credenza che l'uomo sia schiavo di Dio e che tutti i beni degli uomini appartengano a Dio e non a loro a cui Dio che li presterebbe/concederebbe in uso momentanemente e che in ogni momento può farseli restituire disponendo di essi altrimenti.
Questa demenziale credenza poi da seguito ad una seconda, per cui il potere e l'autorità politico giuridico religiosa (Papa, parlamenti, governi, giudici) che opera presuntivamente per conto o in nome di Dio o più esattamente del suo dio, di ciò che crede essere il suo dio, avrebbero l'autorità suprema come presunti vicari di Dio di disporre a loro insindacabile giudizio dei beni e delle proprietà degli uomini.

In realtà e in verità Dio ha dato alle sue creature la delega proprietaria e la piena disponibilità e responsabilità dei beni della terra necessari alla loro vita, pur riservandosi la definizione universale delle leggi, della vita e della morte e un programma della creazione che a volte pare contraddire il programma umano, ma ciò dipendende esclusivamente dalla volontà di Dio che nella sua complessità divina infinita ed eterna, sfugge alla comprensione, alla coscienza e alla scienza umane che per loro natura sono mortali e finite.



La proprietà innanzi tutto di se stessi, della propria persona e volontà, del proprio corpo e della mente, della disponibilità di se stessi e del proprio tempo, del proprio lavoro e del suo prodotto o profitto o compenso, dei propri beni ereditati e prodotti con il proprio lavoro, dei propri risparmi, della propria casa e della terra ove essa è costruita, della terra eredita o comprata tenuta a giardino o a parco o che si coltiva o dove si allevano gli animali o che si mantiene selvaggia per guastarsi la bellezza della sua primitività.
La proprietà è individuale e o collettiva, della famiglia o della comunità come la nazione, lo stato a cui appartengono i beni come la cittadinanza e i diritti civili.
La proprietà implica la responsabilità, la libera volontà, il merito e il demerito.
La proprietà è la base della dignità umana, della libertà civile e della sovranità politica.

Dio non è assolutamente contro la proprietà anzi essa è un istituto naturale che Dio stesso ha messo alla base della vita, della famiglia e della società, come le fondamenta degli edifici sono alla base dell'architettura senza delle quali nessun edificio potrebbe stare mai in piedi, come senza radici nessun alberò potrà mai esistere.

Dio non è un padre padrone, un re, un imperatore, un dittatore comunista e ha dotato la creazione e le creature della libertà, della responsabilità e del criterio del bene e del male.
Sulla proprietà è costruita la creazione, l'ordine cosmico, l'intero universo, la natura, la vita, la storia, la società, il benessere, la speranza e lo sviluppo, la politica della sovranità, della libertà, della responsabilità e del bene proprie dell'uomo di buona volontà.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

La proprietà distingue l'uomo libero e sovrano dallo schiavo

Messaggioda Berto » mer gen 06, 2021 8:19 pm

La proprietà non è un furto e un male ma un bene prezioso e rubare non è un bene ma un male
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 141&t=2495




La ricchezza non è un male ma un bene
viewtopic.php?f=202&t=2915

La ricchezza non è un male ma un bene e i ricchi non sono assolutamente i cattivi e i carnefici, come i poveri e gli ultimi non sono necessariamente e naturalmente i buoni e le vittime.
La ricchezza come la salute o lo star bene, la bellezza, la bontà e la forza non sono un male.
Anche il denaro è un bene e non un male


Non è colpa dei ricchi se esistono anche i poveri, come non è colpa dei sani se esistono pure i malati, e non è responsabilità dei forti se ci sono i deboli, tanto meno è responsabilità dei belli se esistono i brutti, come la sapienza non è causa dell'ignoranza, allo stesso modo che la giustizia non è causa dell'ingiustizia, come non è colpa della vita se esiste la morte, e del bene se esiste il male.
L'ossessione per i poveri e gli ultimi che arriva alla demenza di demonizzare i ricchi e i primi per poi aggredirli, derubarli, schiavizzarli e ucciderli è il massimo della idiozia più disumana e assurda.
E ciò è un danno e un male per l'umanità intera e per ogni società civile e per ogni sistema economico benefico capace di realizzare benessere diffuso, progresso e sviluppo per tanti e alla lunga per tutti.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: La proprietà distingue l'uomo libero e sovrano dallo sch

Messaggioda Berto » mer gen 06, 2021 8:20 pm

Chi attenta alla proprietà attenta all'umanità, alla libertà e alla sovranità.
Bergoglio è un terrorista contro la proprietà.



Il Papa: «Il diritto alla proprietà privata non è intoccabile»
Il valore dell’equità
Bergoglio in una riflessione rivolta ai giudici di America e Africa che si occupano di diritti sociali: «Costruire una nuova giustizia sociale»

https://www.ilsole24ore.com/art/il-papa ... le-ADIGLZ5

di M.Se.
Storica svolta del papa su unioni civili per i gay
Bergoglio in una riflessione rivolta ai giudici di America e Africa che si occupano di diritti sociali: «Costruire una nuova giustizia sociale»

Occorre costruire una “nuova giustizia sociale partendo dal presupposto che la tradizione cristiana non ha mai riconosciuto come assoluto e intoccabile il diritto alla proprietà privata” e ne ha sempre invece sottolineato “la funzione sociale”. Lo dice il Papa in una riflessione rivolta ai giudici di America e Africa che si occupano di diritti sociali. “Il diritto di proprietà è un diritto naturale secondario derivato dal diritto che hanno tutti, nato dal destino universale dei beni creati”. Per il Papa “non c'è giustizia sociale che possa essere fondata sulla disuguaglianza, che implichi la concentrazione della ricchezza”.

No alla cultura dell’indifferenza

Per il Papa “ci siamo abituati a passare, a ignorare situazioni finché non ci colpiscono direttamente. L'impegno incondizionato si fa invece carico del dolore dell'altro senza scivolare in una cultura dell'indifferenza”. Rivolto ad un gruppo di giudici di America e Africa riuniti in videoconferenza sul tema dei diritti sociali, il Papa ha sottolineato che occorre “essere un popolo, senza pretendere di essere un'élite illuminata, ma un popolo, che sia costante e instancabile nel lavoro di includere e integrare”.

Solidarietà ed equità

“Nel Vangelo, quello che Dio ci chiede è di essere Il popolo di Dio, non l'élite di Dio. Perché quelli che seguono la via dell' 'élite di Dio', finiscono per il noto clericalismo elitario che, lavora per il popolo, ma niente con il popolo, senza sentirsi un popolo”. Il Papa chiede di perseguire i valori della solidarietà ed equità. “Solidarietà nella lotta alle cause strutturali della povertà, disuguaglianza, mancanza di lavoro, di terra e di case”. “Lottare, insomma, contro chi nega i diritti sociali e sindacali. Combattere contro quella cultura che porta ad usare gli altri, a rendere schiavi gli altri, e finisce per togliere la dignità agli altri”. Fare giustizia significa “restituire”, “non dare le nostre cose, né quelle di terzi, ma noi restituiamo ciò che è loro. Abbiamo perso molte volte questa idea di restituire ciò che gli appartiene”, ha concluso il Papa.




Il Papa choc sulla proprietà privata: "Non è intoccabile"
Francesco Boezi
1 dicembre 2020

https://www.ilgiornale.it/news/cronache ... 06839.html

Il Papa nega la natura assoluta della proprietà privata per la seconda volta. Tra chi critica e chi ritiene le affermazioni di Bergoglio in continuità, ecco la vera svolta di Bergoglio

Papa Francesco è convinto che la proprietà privata non sia intoccabile. Jorge Mario Bergoglio lo ha ribadito ieri, all'interno di un testo inviato a chi, in Africa, svolge la funzione giudiziaria.

L'idea dell'argentino sul concetto di proprietà, però, era già nota. L'ultima enciclica, ossia Fratelli Tutti, è stata chiara sul punto. La posizione del Papa va inserita nel contesto di una pastorale complessiva, che critica la globalizzazione e privilegia i popoli delle "periferie economico-esistenziali". Ogni vescovo di Roma si rivolge ad un mondo diverso. Quello contemporaneo non è lo stesso mondo di Leone XIII, che aveva dinanzi l'avvento del socialismo. In questo specifico caso, l'Occidente contemporaneo avrebbe delle responsabilità precise sullo stato di benessere dei popoli. Se non altro perché il capitalismo, che Bergoglio contesta al pari di certa globalizzazione, ha attecchito soprattutto dalle nostre parti.

I critici del pontificato tendono a sottolineare proprio l'anti-occidentalismo. Un atteggiamento che Bergoglio, forse pure per via delle sue origini - dicono - incarnerebbe. Anzi, il Santo Padre avrebbe proprio un pregiudizio nei confronti del Vecchio continente e del Nord america. Il regnante è di sicuro un pontefice che vuole assecondare la costruzione di un mondo nuovo, con meno differenze sociali. I conservatori, dal canto loro, reagiscono opponendosi all'andazzo, mentre il fronte tradizionale ricorda come l'economia filtrata dal cattolicesimo debba essere slegata dai pragmatismi. Per dirla con chi ha organizzato questa conferenza, ossia Tradizione Famiglia e Proprietà, La Nuova Bussola Quotidiana e l’Osservatorio internazionale cardinale Van Thuan per la Dottrina sociale della Chiesa, quella del Papa sarebbe un'economia con un mantra - "poveri tutti", appunto - . Bergoglio punta alla "conversione ecologica", ma chi ragiona in modo diverso ritiene che sia l'economia a doversi convertire al cattolicesimo, senza snaturarsi in pauperismo. Sono visioni differenti, e anche il concetto stesso di proprietà privata è entrato di diritto nell'ambito ecclesiastico. Non è una grossa novità.

Certo Francesco non si è nascosto. Come ripercorso dall'Ansa, la missiva inoltrata in Africa è esplicita. Bergoglio pensa che si debba edificare una "nuova giustizia sociale partendo dal presupposto che la tradizione cristiana non ha mai riconosciuto come assoluto e intoccabile il diritto alla proprietà privata" e ne ha sempre invece sottolineato "la funzione sociale". E in effetti non è corretto affermare che il Papa non sia in continuità con i suoi predecessori. Nel senso che davvero la tradizione e la dottrina cristiano cattolica hanno espresso quel tipo di concezione della proprietà. Con qualche differenza: in Fratelli Tutti, ad esempio, Jorge Mario Bergoglio sottolinea la natura di diritto naturale secondario della proprietà. Un diritto, ancora, che sarebbe "derivato dal principio della destinazione universale dei beni creati". Questa sottile differenza giuridica può però comportare effetti macroscopici, almeno nell'ottica dei cattolici conservatori. Non circolano troppi dubbi sul fatto che la proprietà privata abbia una "funzione sociale" - come del resto recita la formula costituzionale italiana, che è come sappiamo frutto del dialogo tra giuristi cattolici e giuristi socialisti - , ma è il contesto storico a suscitare delle riflessioni.

Bergoglio, nella sua enciclica, cita San Giovanni Paolo II, ma il Papa polacco è stato contemporaneo alla caduta del muro di Berlino ed al possibile dilagare di uno sfrenato neo-liberismo. Bergoglio - com'è noto. guarda pure alle questioni amazzoniche, che non erano mai state così al centro di un pontificato, mentre sembra riservare un ruolo secondario all'Occidente, per il quale sembra intravedere un modello multiculturale ed aperturista. Annota ancora il Papa in Fratelli Tutti: "Accade però frequentemente che i diritti secondari si pongono al di sopra di quelli prioritari e originari, privandoli di rilevanza pratica". Così com'è proprio di un diritto naturale secondario, non vi è assolutezza.

La Rerum Novarum di Leone XIII concedeva allo Stato la facoltà di mitigare l'uso della proprietà privata in relazione alla "funzione sociale", ma gli negava quella di mettere in discussione l'istituto, in quanto declinazione di un diritto naturale. Un diritto naturale che per il pontefice che ha avuto a che fare con gli albori del marxismo non poteva che essere determinante, mentre negli accenti sulla natura subalterna del diritto risiede la novità delle affermazioni del pontefice regnante. In estrema sinstesi, chi cerca differenze bada alle sottolineature, al contesto storico ed alle possibile conseguenze sul piano economico delle affermazioni.


Papa Francesco: "La proprietà privata non è un diritto intoccabile"
30 novembre 2020

https://www.repubblica.it/esteri/2020/1 ... 276498605/

La proprietà privata non è un diritto primario ed inviolabile. Dopo averlo messo nero su bianco nella prima parte della "Fratelli Tutti", l'enciclica pubblicata poche settimane fa, Papa Francesco lo ribadisce in un messaggio in occasione dell'apertura dei lavori della Conferenza internazionale dei giudici membri dei Comitati per i diritti sociali di Africa e America.

Il simposio che si svolge oggi e domani è dedicato al tema "La costruzione della giustizia sociale. Verso la piena applicazione dei diritti fondamentali delle persone in condizioni di vulnerabilita'".

"Costruiamo la giustizia sociale sulla base del fatto che la tradizione cristiana non ha mai riconosciuto come assoluto e intoccabile il diritto alla proprietà privata", afferma il Pontefice, "e ha sottolineato sempre la funzione sociale di qualsiasi sua forma". "Il diritto alla proprietà è un diritto naturale secondario derivato dal diritti di cui tutti sono titolari, scaturito dai beni creati", prosegue il messaggio, "non vi è giustizia sociale in grado di affrontare l'iniquità che presupponga la concentrazione della ricchezza".

Secondo Bergoglio occorre "essere un popolo, senza pretendere di essere un'élite illuminata, ma un popolo, che sia costante e instancabile nel lavoro di includere e integrare".

Per il Papa "ci siamo abituati a passare, a ignorare situazioni finché non ci colpiscono direttamente. L'impegno incondizionato si fa invece carico del dolore dell'altro senza scivolare in una cultura dell'indifferenza".

Il Papa chiede di perseguire i valori della solidarietà ed equità. "Solidarietà nella lotta alle cause strutturali della povertà, disuguaglianza, mancanza di lavoro, di terra e di case". "Lottare, insomma, contro chi nega i diritti sociali e sindacali. Combattere contro quella cultura che porta ad usare gli altri, a rendere schiavi gli altri, e finisce per togliere la dignità agli altri". Fare giustizia significa "restituire", "non dare le nostre cose, né quelle di terzi, ma noi restituiamo ciò che è loro. Abbiamo perso molte volte questa idea di restituire ciò che gli appartiene", ha concluso il Papa.
Bergoglio, medici e operatori sanitari martiri del nostro tempo

Nel volume "Ritorniamo a sognare La strada verso un futuro migliore" il Pontefice scrive: "Pensa a ciò che abbiamo visto durante la crisi causata dal Covid-19. Tutti quei martiri: uomini e donne che hanno dato la vita al servizio dei più bisognosi. Ricordiamo i medici, gli infermieri e le infermiere e gli altri operatori sanitari, come pure i cappellani e tutte le persone che hanno avuto il coraggio di accompagnare gli altri nel dolore. Sono stati testimoni di vicinanza e di tenerezza. Molti, purtroppo, sono morti. Per onorare la loro testimonianza e la sofferenza di tanti dobbiamo costruire il domani seguendo le strade che hanno tracciato per noi". Il volume di Papa Francesco esce il primo dicembre in Italia per Piemme e contemporaneamente in inglese, spagnolo, francese e tedesco. Al volume Francesco, in una conversazione con lo scrittore Austen Ivereigh consegna le sue meditazioni sulla crisi causata dal Covid 19.

Il Papa invita a ripartire da Terra, Casa, Lavoro

Nel volume, anticipato dall'Ansa, il Papa riflette sul significato della pandemia: "Durante la pandemia - racconta Francesco - , conversando con alcuni preti, chiedevo loro: come fa una famiglia a mantenere il distanziamento necessario a evitare il contagio in una baraccopoli? Come può adottare le misure igieniche raccomandate se non ha l'acqua potabile per farlo? La crisi rende palesi queste ingiustizie. Se il Covid penetra in un campo per rifugiati può produrre una catastrofe". "Penso - continua -, per esempio, ai campi di Lesbo, che ho visitato nel 2016, e ai filmati terribili che ho visto sullo sfruttamento umano in Libia. Viene da chiedersi: la tragedia è soltanto quella del Covid, o piuttosto si tratta di altro che la crisi del Covid ha messo in luce? Parliamo soltanto della pandemia causata da un virus, oppure quel che ci è chiesto è di allargare un poco lo sguardo, il modo in cui assimiliamo tutte queste tragedie umane e diamo loro risposta?". Per questo Francesco ripropone la lezione dei movimenti popolari e invita a riprendere il filo partendo dalle tre T, Tierra, Techo, Trabajo: Terra, Casa, Lavoro
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

La proprietà distingue l'uomo libero e sovrano dallo schiavo

Messaggioda Berto » mer gen 06, 2021 8:22 pm

Papa Francesco, Fratelli Tutti: "La tradizione cristiana non riconosce il diritto alla proprietà privata come assoluto"
Giorgio Carbone
4 ottobre 2020

https://www.liberoquotidiano.it/news/it ... oluto.html

Un intervento destinato a far discutere, quello di Papa Francesco nella sua ultima enciclica, Fratelli Tutti, considerata una summa dei suoi sette anni e mezzo di pontificato, anticipata già sabato da alcuni blog cattolici tradizionalisti. In particolare, un passaggio relativo alla "proprietà". Bergoglio infatti scrive che "la tradizione cristiana non ha mai riconosciuto come assoluto o intoccabile il diritto alla proprietà privata, e ha messo in risalto la funzione sociale di qualunque forma di proprietà privata". Insomma, il Pontefice "comunista" - così come è stato più volte tacciato di essere dagli ambienti ostili - mette in discussione la prorpietà privata. Parole, come detto, che faranno discutere.

Dunque, Papa Francesco si spende in alcuni riferimenti alla pandemia da coronavirus: "E' difficile pensare che questo disastro mondiale non sia in rapporto con il nostro modo di porci rispetto alla realtà, pretendendo di essere padroni assoluti della propria vita e di tutto ciò che esiste. Non voglio dire che si tratta di una sorta di castigo divino. E neppure basterebbe affermare che il danno causato alla natura alla fine chiede il conto dei nostri soprusi. E' la realtà stessa che geme e si ribella. Viene alla mente il celebre verso del poeta Virgilio che evoca le lacrimevoli vicende umane", sottolinea il Pontefice.

E ancora, critiche implicite al sovranismo e alla cultura dei muri: "Paradossalmente, ci sono paure ancestrali che non sono state superate dal progresso tecnologico. Riappare la tentazione di fare una cultura dei muri, di alzare i muri, muri nel cuore, muri nella terra per impedire questo incontro con altre culture, con altra gente. E chi alza un muro, chi costruisce un muro finirà schiavo dentro ai muri che ha costruito, senza orizzonti. Perché gli manca questa alterità", conclude il Pontefice.


Alberto Pento
La sconsideratezza e stoltezza irresponsabile di Bergoglio è pari al suo fanatismo religioso e alla sua manipolazione della realtà e della verità, del bene e del male.


"La pandemia del Covid-19 ha messo in luce le nostre false sicurezze.
'Fratelli tutti': di cosa parla l'enciclica di Papa Francesco
4 ottobre 2020

https://tg24.sky.it/mondo/2020/10/04/en ... -francesco

Si tratta della terza lettera "circolare" in cui il Pontefice si rivolge a tutti i fedeli, dopo Lumen Fidei del 2013 e Laudato Si' del 2015. Bergoglio, ispirato da San Francesco d'Assisi, dedica il documento alla "fraternità e all'amicizia sociale", affrontando numerosi temi di attualità, dal populismo in politica alla riforma dell'Onu, e soffermandosi anche sul ruolo della Chiesa

"La pandemia del Covid-19 ha messo in luce le nostre false sicurezze. Al di là delle varie risposte che hanno dato i diversi Paesi, è apparsa evidente l'incapacità di agire insieme". È uno dei passaggi di Fratelli tutti, la nuova enciclica di Papa Francesco, che prende il nome dall'incipit del documento papale sulla fraternità e l'amicizia sociale. L'Enciclica è stata firmata dal Pontefice ieri ad Assisi e diffusa oggi dal Vaticano, nel giorno in cui il calendario ricorda San Francesco d’Assisi. "Fratelli tutti”, scriveva proprio il santo umbro per rivolgersi a tutti i fratelli e le sorelle e proporre loro una forma di vita dal sapore di Vangelo". Nella lettera "circolare", che contiene otto capitoli, Bergoglio dedica anche un passaggio alla politica, ammonendo il populismo, chiede una riforma dell’Onu, ma si sofferma anche sul ruolo della Chiesa. Fratelli tutti è la terza enciclica di Papa Francesco dopo Lumen Fidei del 2013 e Laudato Si' del 2015.

Il documento papale è anche una riflessione sull'attualità, come ad esempio, dimostra il passaggio sulla politica che, secondo Bergoglio, "degenera in insano populismo quando si muta nell'abilità di qualcuno di attrarre consenso allo scopo di strumentalizzare politicamente la cultura del popolo, sotto qualunque segno ideologico, al servizio del proprio progetto personale e della propria permanenza al potere" e che "altre volte mira ad accumulare popolarità fomentando le inclinazioni più basse ed egoistiche di alcuni settori della popolazione". Per il Papa "ciò si aggrava quando diventa, in forme grossolane o sottili, un assoggettamento delle istituzioni e della legalità".

"Riformare l’Onu"

Il Pontefice affronta anche il tema della politica internazionale. ”Ricordo che è necessaria una riforma sia dell'Organizzazione delle Nazioni Unite che dell'architettura economica e finanziaria internazionale, affinché si possa dare reale concretezza al concetto di famiglia di Nazioni", afferma papa Francesco. Secondo il Pontefice, di fronte al predominio della dimensione economica che annulla il potere del singolo Stato, infatti, il compito delle Nazioni Unite sarà quello di lavorare per il bene comune, lo sradicamento dell'indigenza e la tutela dei diritti umani. Ricorrendo instancabilmente "al negoziato, ai buoni uffici e all'arbitrato" - afferma il documento pontificio - l'Onu deve promuovere la forza del diritto sul diritto della forza, favorendo accordi multilaterali che tutelino al meglio anche gli Stati più deboli.


Il Papa ha firmato ad Assisi la sua terza enciclica

Nell'Enciclica Bergoglio omaggia la figura di San Francesco d'Assisi: "Questo Santo dell'amore fraterno, della semplicità e della gioia - scrive il Papa nell'introduzione -, che mi ha ispirato a scrivere l'Enciclica Laudato si', nuovamente mi motiva a dedicare questa nuova Enciclica alla fraternità e all'amicizia sociale. Infatti San Francesco, che si sentiva fratello del sole, del mare e del vento, sapeva di essere ancora più unito a quelli che erano della sua stessa carne. Dappertutto seminò pace e camminò accanto ai poveri, agli abbandonati, ai malati, agli scartati, agli ultimi".

Inoltre, continua il Papa "se nella redazione della Laudato si' ho avuto una fonte di ispirazione nel mio fratello Bartolomeo, il Patriarca ortodosso che ha proposto con molta forza la cura del creato, in questo caso mi sono sentito stimolato in modo speciale dal Grande Imam Ahmad Al-Tayyeb, con il quale mi sono incontrato ad Abu Dhabi per ricordare che Dio 'ha creato tutti gli esseri umani uguali nei diritti, nei doveri e nella dignità, e li ha chiamati a convivere come fratelli tra di loro’”.

"La violenza non trova base nelle religioni"

Nell'ottavo e ultimo capitolo, , in cui si sofferma su "Le religioni al servizio della fraternità nel mondo", Papa Francesco ribadisce: "La violenza non trova base alcuna nelle convinzioni religiose fondamentali, bensì nelle loro deformazioni". Atti "esecrabili" come quelli terroristici, dunque, non sono dovuti alla religione, ma ad interpretazioni errate dei testi religiosi, nonché a politiche di fame, povertà, ingiustizia, oppressione. Il terrorismo non va sostenuto né con il denaro, né con le armi, né tantomeno con la copertura mediatica perché è un crimine internazionale contro la sicurezza e la pace mondiale e come tale va condannato.

La riflessione sul ruolo della Chiesa

Una riflessione, in particolare, l'Enciclica la fa sul ruolo della Chiesa: essa non relega la propria missione nel privato - afferma - non sta ai margini della società e, pur non facendo politica, tuttavia non rinuncia alla dimensione politica dell'esistenza. L'attenzione al bene comune e la preoccupazione allo sviluppo umano integrale, infatti, riguardano l'umanità e tutto ciò che è umano riguarda la Chiesa, secondo i principi evangelici. Infine, richiamando i leader religiosi al loro ruolo di "mediatori autentici" che si spendono per costruire la pace, Francesco cita il "Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza", da lui stesso firmato il 4 febbraio 2019 ad Abu Dhabi, insieme al Grande Imam di Al-Azhar, Ahmad Al-Tayyeb: da tale pietra miliare del dialogo interreligioso, il Pontefice riprende l'appello affinché, in nome della fratellanza umana, si adotti il dialogo come via, la collaborazione comune come condotta e la conoscenza reciproca come metodo e criterio.

Il ricordo di Luther King, Tutu, Gandhi e Charles de Foucauld

L'Enciclica si conclude con il ricordo di Martin Luther King, Desmond Tutu, il Mahatma Gandhi e soprattutto il Beato Charles de Foucauld, un modello per tutti di cosa significhi identificarsi con gli ultimi per divenire "il fratello universale". Le ultime righe del documento sono affidate a due preghiere: una "al Creatore" e l'altra "cristiana ecumenica", affinché nel cuore degli uomini alberghi "uno spirito fraterno".

Alberto Pento
Il "siamo tutti fratelli" di Bergoglio fa il paio con l'altra demenzialità bergogliana del "costruiamo ponti e non muri" come se non fossero proprio i muri a reggere anche i ponti come pilastri e a proteggere i pilastri stessi dalla corrente, dalla marea, dal scivolamento dei pendii, oltre a costituire la base stabile del bene delle nostre case, delle nostre fabbriche, dei nostri ospedali, delle città, delle chiese stesse, della civiltà, dell'ordine cosmico, della vita stessa.




FRATELLI TUTTI EN NOMBRE DEL PUEBLO
Niram Ferretti
5 ottobre 2020
https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

È arrivata la nuova enciclica dell'attuale papa, o meglio il suo messaggio politico drappeggiato con i panni dell'enciclica, dalla quale apprendiamo che i confini nazionali e la proprietà privata non sono dogmi, che il "mondo è di tutti", l'immigrazione deve essere favorita il più possibile, e anzi ci vorrebbe una governance sovranazionale che decida globalmente urbi et orbi. Il termine "minoranza" va abolito perchè discriminatorio, sì, discriminatorio. Il capitalismo, bestia nera di questo papa, che ha liberato milioni di individui dall'oppressione e dall'arretratezza è da additare come sconcio sulla base delle sue storture (che inevitabilmente sono presenti). Peccato che il socialismo e il comunismo, che hanno cercato di sovvertirlo e di sostituirsi ad esso abbiano generato molta più morte e distruzione e, incomparabilmente molta più povertà. Ma queste sono verità che è meglio sottacere.
Ora, era già chiaro da tempo, che questo papa al messaggio di redenzione di Cristo ha sostituito quello di chiara impronta marxista nella sua declinazione peronista, pueblista, e che, dopo la strenua lotta portata avanti da Giovanni Paolo II e Benedetto XVI contro la teologia della liberazione, questa si sia presa la sua rivincita. E oggi, con questa enciclica, dal titolo perfetto per lo Zeitgeist, "Fratelli Tutti", apparentemente ispirata a San Francesco, in realtà molto più ispirata ad Auguste Comte e alla sua religione dell'Umanità, si è forse raggiunto l'apice.
Si definisce ulteriormente l'escatologia intramondana disegnata da Bergoglio, nel cui orizzonte, il Male è, ovviamente, solo dalla parte del capitale e della proprietà, delle specificità identitarie, e il Bene è il popolo, il povero, oggi il migrante, figura simbolica che riassumerebbe sostanzialmente Cristo.
È il mondo di una fratellanza universale globalista e amorfa, molto più massonica che cristiana e in cui Dio bisogna che perda i suoi connotati troppo specifici, quelli che, per i cristiani sono unicamente riferibili alla figura di Gesù.
Agenda perfettamente consona a quella della sinistra più radicale, che non può non trovare il plauso di Bernie Sanders o Alexandra Ocasio Cortez, e, salvo gli accenni alla proprietà privata, di George Soros.




Bergoglio nella sua enciclica "Fratelli tutti" scrive che la proprietà privata non è un valore assoluto e primario ma relativo e secondario che può essere espropriata in nome e per conto di un bene umano universale, collettivo e mondiale superiore.

La svolta a sinistra di Bergoglio: "La proprietà non è intoccabile"
Francesco Boezi - Dom, 04/10/2020

https://www.ilgiornale.it/news/cronache ... 94352.html

Nell'ultima enciclica, Francesco parla di migranti, islam e populismo. Ma il Papa rivisita pure il concetto di "proprietà"

Un testo sfuggito all'embargo imposto dal Vaticano prima del tempo: questa è la prima informazione utile su "Fratelli tutti", il testo dell'ultima enciclica di Jorge Mario Bergoglio.

Dicono che sia la summa di questi sette anni e mezzo di pontificato. Guardando agli argomenti selezionati dal pontefice argentino, crediamo che la definizione sia corretta. Rapporti tra cattolicesimo ed islam, lotta al populismo, gestione dei fenomeni migratori ed economia sono i quattro capisaldi dell'opera dottrinale di papa Francesco. E sono anche i quattro punti su cui insiste il vescovo di Roma sin da quanto è stato eletto al soglio di Pietro. Lo spazio riservato all'ecologia questa volta dovrebbe essere minore, ma del resto questo è il papa di Laudato Sii: l'ambito ambientalista è già stato toccato con dovizia di particolari.

Qualcosa, dal punto di vista testuale, è emerso nel corso della giornata di ieri, per via dell'embargo rotto, pare, da InfoVaticana. E i blog tradizionalisti si sono fiondati sul testo spagnolo che circola sul web. Una sintesi è stata stilata da Stilum Curiae, il blog del vaticanista Marco Tosatti. La parte iniziale riguarda l'incontro tra San Francesco ed il sultano. Il Papa, non a caso, ha scelto Assisi per la firma dell'enciclica. Quell'evento storico è stato interpretato attraverso differenti lenti d'ingrandimento: gli esperti si dividono pure attorno alle fonti francescane. C'è chi pensa che quell'episodio sia un esempio di come debba essere condotto il dialogo interreligioso e chi, sostenendo che il Santo d'Italia si sia recato in Egitto al fine di convertire al cristianesimo Malik-al-Kami, rivendica invece la necessità di apporre confini precisi tra le due confessioni religiose, anche se non soprattutto in chiave gerarchica. Francesco, con ogni probabilità, pensa che sia corretta la prima interpretazione.

I focus posti sono quelli della pastorale "bergogliana". Sui migranti il Papa scrive quanto segue: "L’immigrato è visto come un usurpatore che non offre nulla. Così, si arriva a pensare ingenuamente che i poveri sono pericolosi o inutili e che i potenti sono generosi benefattori". Sempre il vertice della Chiesa universale aggiunge: "Quando il prossimo è una persona migrante si aggiungono sfide complesse. Certo, l’ideale sarebbe evitare le migrazioni non necessarie e a tale scopo la strada è creare nei Paesi di origine la possibilità concreta di vivere e di crescere con dignità, così che si possano trovare lì le condizioni per il proprio sviluppo integrale". Esiste dunque un "diritto a non emigrare" - come aveva detto Benedetto XVI - tuttavia le condizioni attuali lo limitano parecchio. Una gestione aperturista dei fenomeni migratori continua ad essere definita come indispensabile: " Ma, finché non ci sono seri progressi in questa direzione, è nostro dovere rispettare il diritto di ogni essere umano di trovare un luogo dove poter non solo soddisfare i suoi bisogni primari e quelli della sua famiglia, ma anche realizzarsi pienamente come persona", fa presente l'ex arcivescovo di Buenos Aires.

L'indicazione principale, almeno nel momento in cui scriviamo, non è chiara, ma sembra proprio che il Papa abbia voluto disegnare la prospettiva complessiva di un mondo immerso in un unicum storico e nelle sue conseguenze: la pandemia da nuovo coronavirus è, in questo senso, uno spartiacque per l'umanità. Sappiamo come la pensi Francesco in materia di distribuzione delle ricchezze: anche in questa circostanza sono stati posti accenti in favore della tutela delle cosiddette "periferie economico-esistenziali". Ma in chiave economica la novità - quella che balzerà agli onori delle cronache con una certa continuità, crediamo - riguarda il concetto di "proprietà".

All'interno di "Fratelli Tutti" - una titolazione che il fronte laicista ha avuto il coraggio di criticare per via della presunta discriminazione contenuta - rilegge l'accezione giuridica di "proprietà", sottolineandone la "funzione sociale". E questo potrebbe essere un passaggio criticato nella misura in cui la proprietà viene associata dalla prassi, dalla giurisprudenza e dalla tradizione occidentale ad un diritto assoluto. Bergoglio scrive che "la tradizione cristiana non ha mai riconosciuto come assoluto o intoccabile il diritto alla proprietà privata, e ha messo in risalto la funzione sociale di qualunque forma di proprietà privata". Poi, di seguito, arriva un altro passaggio, che riguarda il "populismo". Una dottrina politica contro cui Francesco continua a sollevare perplessità.

Alla fine di una prima lettura della sintesi del testo - quello apparso appunto prima della fine dell'embargo su alcune realtà internaute - sembra lecito immaginare che l'enclica del Papa possa essere attaccata dalla destra ecclesiastica. Il punto più discusso - lo ripetiamo - dovrebbe essere la concettualizzazione attorno al valore della "proprietà". Se il fronte tradizionale criticasse il pontefice argentino, allora verrebbe messo in campo l'ennesimo accostamento di Bergoglio al marxismo o alla teologia della liberazione.


Alberto Pento
La proprietà privata, demenziale Bergoglio, è parte integrante dell'essere umano, della persona umana, di ogni uomo, dei suoi diritti fondamentali, della sua vita, della sua dignità, della sua libertà e sovranità che sono valori primari e assoluti.
La proprietà privata è un organo fondamentale della persona umana al pari degli altri organi del suo corpo.
La proprietà privata è ciò che distingue un uomo libero da uno schiavo che per sua natura e condizione non ha proprietà alcuna ma costituisce lui stessa una proprietà di qualcuno.
Ciò che distingue un uomo libero da un schiavo è la proprietà privata. In primo luogo la proprietà di sé stesso, del suo lavoro, della sua libertà della sua terra, della sua casa, del suo paese, dei suoi diritti umani, civili e politici.
La proprietà privata coincide con il libero arbitrio di ogni essere umano, di ogni popolo e comunità umana, di ogni paese e/o stato, divenendo anche proprietà o bene pubblico della comunità locale, del proprio paese e stato ma non universale e di chiunque.

Nella proprietà privata o pubblica degli individui e delle comunità umane vi sono anche i diritti civili e politici, propri e specifici di ogni comunità, paese e/o stato, ed esproriare ciò equivale a un crimine tra i più gravi contro l'umanità perché a danno non solo di un individuo o persona ma di tutte le persone costituenti quel popolo e il corpo sociale dei cittadini di quel paese.



La proprietà non è un furto e un male ma un bene prezioso e rubare non è un bene ma un male
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 141&t=2495


Esproprio immigrazionista/umanitario ed esproprio proletario, lo stesso errore/orrore
Due calamità dell'inciviltà demosinistra e sinistra
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 4926623698


Alberto Pento
Nella proprietà privata o pubblica degli individui e delle comunità umane vi sono anche i diritti civili e politici, propri e specifici di ogni comunità, paese e/o stato, ed esproriare ciò equivale a un crimine tra i più gravi contro l'umanità.
La proprietà privata delle persone singole svolge pienamente la sua funzione sociale nella famiglia e nella comunità locale e la proprietà pubblica o comune svolge la sua funzione sociale collettiva nella comunità locale, nel paese e nello stato.
Nei momenti di straordinaria emergenza i beni privati in sovrappiù di qualcuno possono essere requisiti per il bene essenziale e vitale di tutti.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

La proprietà distingue l'uomo libero e sovrano dallo schiavo

Messaggioda Berto » mer gen 06, 2021 8:23 pm

Non bastava il Covid, ci si mette anche Bergoglio
Cristofaro Sola
6 ottobre 2020

http://www.opinione.it/editoriali/2020/ ... o-berlino/

Le tasse che sono troppe, il lavoro che non c’è, i servizi pubblici che non offrono quasi mai ciò che promettono, sono questioni importanti. Talvolta decisive per la qualità della vita. Chi lo può negare? Tuttavia, lasciare che altri lavorino sulle fondamenta della nostra casa comune non è bene. Delegare ad autorità morali, convenzionalmente giudicate tali, il compito magistrale di tracciare la via del nostro futuro può essere pericoloso.

In questi giorni sui media sono circolati spezzoni della nuova Enciclica di papa Francesco, “Fratelli tutti”. Per quel poco che abbiamo letto, non ci piace per nulla. Vista l’autorevolezza della fonte, non possiamo tacere su affermazioni che stravolgono tutto ciò in cui finora abbiamo creduto e che, a ragione, abbiamo considerato fondamenti della civiltà occidentale. Siamo cresciuti avendo imparato che la difesa dei “sacri” confini della Patria fosse il dovere primo di ogni buon cittadino. Sostenere che confini e frontiere degli Stati siano un fastidioso impedimento alla legittima pretesa di ogni essere umano di realizzare la propria felicità ovunque ritenga lo possa fare, stimola l’immigrazione illegale che nuoce al Paese e semina tante vittime sulla sua strada. Si può, poi, convenire sulla critica alla globalizzazione che ha creato squilibri economici profondi e nuove povertà, ma non è condivisibile una condanna netta del mercato perché come bene spiega l’economista tedesco Clemens Fuest: “Nessun Paese al mondo ha un’economia di mercato non regolamentata senza l’influenza dello Stato. Allo stesso tempo è chiaro che non c’è paese in cui la prosperità, la protezione dell’ambiente e l’umanità fioriscano senza un’economia di mercato”. Impegnarsi a emendare le storture prodotte dal sistema non significa abolirlo. Sul diritto alla proprietà privata il pontefice scrive che: “Si può considerare solo come un diritto naturale secondario e derivato dal principio della destinazione universale dei beni creati, e ciò ha conseguenze molto concrete, che devono riflettersi sul funzionamento della società (...) La tradizione cristiana non ha mai riconosciuto come assoluto o intoccabile il diritto alla proprietà privata”.

Forse ci siamo persi qualcosa perché non ricordiamo che in passato la Chiesa non abbia considerato intoccabile la proprietà privata, in particolare il suo patrimonio terreno. Ma declassare tale diritto da primario a secondario e subordinarlo al principio di destinazione universale dei beni creati è una follia che mina alla radice una civiltà. Da quando si ha traccia della presenza di aggregati umani sulla Terra vi sono segni di condotte finalizzate al possesso materiale di spazio, all’occupazione permanente di luoghi per installare e sviluppare nuclei sociali, a cominciare dal primo, naturale: la famiglia. Nel lessico antropologico il termine “radicamento” non ha un connotato negativo. La proprietà privata non si connette concettualmente solo al desiderio di possesso ma configura l’identità della persona. L’individuo è le cose che possiede; è la casa che abita; è il campo di grano che coltiva; è il manufatto che cesella. La patria è l’amplificazione dell’idea di proprietà; è la terra dei padri, perché appartenuta ai progenitori che l’hanno lasciata in eredità alle generazioni che si sono succedute nello svolgersi della Storia. Gli uomini hanno combattuto e combattono per difenderla. E muoiono per essa. Il diritto alla proprietà privata non attiene solo ai beni materiali più vistosi: case, terreni, soldi in banca, automobili lussuose, barche di lusso. Anche un piccolo oggetto di scarso valore commerciale può averne di grandissimo. Un pendaglio che custodisce la fotografia di una persona amata, o semplicemente il fatto che l’oggetto sia appartenuto a un defunto, non ha fungibilità economica per chi lo possiede.

Invece, il papa sentenzia ex cathedra che quell’oggetto, quel bene, quello spazio esclusivo di estrinsecazione dell’identità personale, devono essere considerati di secondo piano, tributari di un imprecisato diritto universale che s’imporrebbe su tutto ciò che gli individui hanno creato, che hanno ereditato, che hanno guadagnato, che hanno coltivato e nutrito infondendovi lo spirito e lo scopo delle loro stesse esistenze. Morto e sepolto il concetto di esproprio proletario sta nascendo quello confessionale. Già, perché il trucco che nasconde la fallacia di una tale teoria sta nel non detto. Posto che per il comunismo l’abolizione della proprietà privata andasse a beneficio del soggetto collettivo egemonizzato dal partito, la versione bergogliana a chi assegna la prelazione sui beni dei singoli? Non ci sono cose che non appartengano a qualcosa o a qualcuno. Se non potrà essere l’individuo, chi sarà? Lo Stato? La Chiesa di Roma, che in nome del diritto di mediare il divino nel rapporto con l’umano, ne rivendica il controllo e il destino? Se è questa la traiettoria sulla quale il pontefice pensa di incanalare il futuro dell’umanità, gli italiani dovrebbero imboccare la direzione opposta decidendo di contrastare un’utopia perniciosa che dispiega i suoi effetti concreti nell’implicita legittimazione delle bande di facinorosi a sfasciare le vetrine dei negozi per razziarne i beni. Pensavano in coscienza di aver chiuso negli anni Ottanta la funesta stagione dei “cattivi maestri”, ma questo messaggio al mondo è, se possibile, anche peggio degli insegnamenti sbagliati dei “cattivi maestri”.

La proprietà privata è un diritto primario e naturale dell’individuo che il pactum societatis, in qualsiasi forma si sia materializzato nella storia delle aggregazioni umane, impegna le istituzioni collettive a difenderlo e promuoverlo. Perché farlo è riconoscere l’identità della persona. A corollario del comunismo riformato di Bergoglio, nell’Enciclica si parla anche di muri, della loro presunta nocività nell’ostacolare l’incontro tra le genti e le culture. Scrive Bergoglio: “Paradossalmente, ci sono paure ancestrali che non sono state superate dal progresso tecnologico. Riappare la tentazione di fare una cultura dei muri, di alzare i muri, muri nel cuore, muri nella terra per impedire questo incontro con altre culture, con altra gente. E chi alza un muro, chi costruisce un muro finirà schiavo dentro ai muri che ha costruito, senza orizzonti. Perché gli manca questa alterità”.

Ma chi l’ha stabilito che i muri che per millenni hanno protetto le vite degli individui, difeso culture, storie, tradizioni, siano il frutto di paure ancestrali? A noi le mura piacciono moltissimo, a cominciare da quelle leonine che demarcano lo spazio di sovranità proprio di colui che ne denuncia la negatività. Si chiamano così perché furono erette da papa Leone IV tra l’848 e l’852 per difendere il Colle Vaticano e la Basilica di San Pietro dalle incursioni dei saraceni che avevano saccheggiato Roma nell’agosto dell’846. Evidentemente devono aver svolto bene il loro mestiere se dopo mille anni sono ancora lì, sorvegliate da gendarmi della Guardia svizzera, a custodire la fede di moltitudini umane insieme agli immensi tesori materiali della Chiesa.

C’è stato un tempo non lontano in cui per i laici il peggiore incubo era di morire democristiani. Ora che la Dc non c’è più e il pericolo è scampato non vorremmo dover fare i conti con una nuova paura: morire comunisti. Ma non per mano dei nipotini di “baffone” che si sono volatilizzati dopo la caduta del muro di Berlino, ma per la singolare figura di despota da terzo millennio, che depaupera il suo popolo brandendo con una mano la Croce (che non sarebbe una novità per la Storia) e con l’altra le chiavi dell’aldilà (e neppure questa sarebbe una novità). Cristiani o non cristiani, “fratelli tutti” un corno!
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

La proprietà distingue l'uomo libero e sovrano dallo schiavo

Messaggioda Berto » mer gen 06, 2021 8:24 pm

???

Fratelli tutti, visione opposta a Giovanni Paolo II
Riccardo Cascioli
6 ottobre 2020

https://lanuovabq.it/it/fratelli-tutti- ... i-paolo-ii

Mettiamo a confronto la visione di "Fratelli tutti" con l'omelia di inizio pontificato di san Giovanni Paolo II, quella del grido "Aprite le porte a Cristo". Si tratta di due visioni completamente diverse, l'enciclica di papa Francesco è in chiara discontinuità con le encicliche sociali che l'hanno preceduta. Cosa deve pensare e fare un semplice fedele?

Detta in estrema sintesi: la nostra stessa natura ci indica che siamo tutti fratelli e che siamo chiamati a costruire la fraternità universale; per questo dobbiamo superare i nostri egoismi individuali, le nostre chiusure, per poter creare una società aperta basata sull’inclusione, l’amore per ogni uomo, la valorizzazione dei poveri e degli ultimi; per aiutare tutte le nazioni a questo scopo è necessaria in diversi campi una “global governance”, una autorità internazionale capace di indirizzare i singoli stati e sanzionarli quando si chiudono; anche le religioni, che tutte hanno una vocazione alla fraternità universale, devono aiutare a questo scopo, e un esempio è il documento sulla fratellanza umana firmato nel febbraio 2019 da papa Francesco e il Grande Imam Ahmad Al-Tayyeb (la dichiarazione di Abu Dhabi) che è l’ispirazione principale di questa enciclica.

Questo per sommi capi il pensiero portante di “Fratelli tutti”, l’enciclica di papa Francesco pubblicata domenica 4 ottobre.

Per una curiosa coincidenza il giorno prima, alla Giornata della Bussola, abbiamo riascoltato il famoso passaggio dell’omelia di inizio pontificato di san Giovanni Paolo II (22 ottobre 1978), che è stato anche il programma e la sintesi del suo pontificato: «Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo! Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli Stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo. Non abbiate paura! Cristo sa “cosa è dentro l’uomo”. Solo lui lo sa!».

Una breve omelia, in cui si annunciava con certezza la potestà di Cristo sul mondo e la missione evangelizzatrice della Chiesa, come peraltro definita dal Concilio Vaticano II. L’incertezza, la disperazione dei singoli uomini così come dei popoli, ha una sola risposta, diceva Giovanni Paolo II: Gesù Cristo. «Permettete, quindi – vi prego, vi imploro con umiltà e con fiducia – permettete a Cristo di parlare all’uomo. Solo lui ha parole di vita, sì! di vita eterna».

L’impostazione dell’enciclica “Fratelli tutti” non poteva dunque non riportare alla mente quelle parole di Giovanni Paolo II, appena riascoltate. Perché esprimono due visioni radicalmente diverse, direi opposte. E questo non può non suscitare alcune domande.

Per papa Francesco scopo ultimo di ogni uomo, cristiani in testa, è costruire la fraternità universale: basta la sola ragione umana per concepirla e riconoscere gli strumenti necessari a realizzarla. E le religioni, tutte indistintamente, devono essere un aiuto a questo perché a a questo scopo, tutte indistintamente, sono chiamate.

Per san Giovanni Paolo II, invece, solo Cristo è risposta esauriente alle domande dell’uomo come dei popoli, tutto il mondo è sotto la Sua potestà, solo Lui ha «parole di vita eterna».

La visione che papa Francesco esprime nella “Fratelli tutti” non è una declinazione di quella certezza espressa da san Giovanni Paolo II, è chiaramente un’altra cosa. Essa è piuttosto in sintonia con il pensiero che ispira “Our Global Neighborood” (Il nostro vicinato globale), il Rapporto della Commissione Onu sulla Global Governance, pubblicato nel 1995, che disegna un’etica globale per un mondo pacificato e fraterno. L’ispirazione e i valori fondanti di questa etica globale sono chiaramente assimilabili a quelli espressi nella “Fratelli tutti”. Si tratta di un manifesto socialisteggiante e utopistico che pretende di comprendere ogni «paese, razza, religione, cultura, lingua, stile di vita». Le religioni, che possono ritrovarsi su questi valori comuni, sono ovviamente necessarie in questo disegno, perché hanno la capacità di controllare una percentuale altissima della popolazione.

La prima domanda sorge dunque naturale: è questa prospettiva compatibile con la visione cattolica? Se stiamo a Giovanni Paolo II, che richiama il Concilio Vaticano II, decisamente no. La pace, la fraternità è possibile – dice san Giovanni Paolo II – se i confini degli Stati si aprono alla potestà di Cristo, non agli immigrati; se alla potestà di Cristo si aprono i sistemi economici, politici, la cultura, ogni aspetto della società. La Chiesa esiste solo per vivere e annunciare questo.

Non c’è bisogno di molti ragionamenti per rendersi conto che la “Fratelli tutti” è un rovesciamento di questa visione. Chiaramente non si tratta di due sensibilità diverse, o di sottolineature di aspetti diversi di una stessa visione dati dal vivere due momenti diversi della storia. Nel leggere la Rerum Novarum di Leone XIII e la Centesimus Annus di Giovanni Paolo II si percepiscono i cento anni che separano le due encicliche, ma è altrettanto chiara la continuità che esiste nella visione dei due pontefici.
Qua ci troviamo di fronte a qualcosa che invece rompe questa continuità e non può essere un caso che circa due terzi dei richiami di questa enciclica siano citazioni di precedenti discorsi, messaggi ed encicliche dello stesso papa Francesco.

E qui un'altra domanda diventa inevitabile: cosa deve pensare e fare un semplice fedele che non vuole chiudere gli occhi davanti a questa evidente discontinuità?


Alberto Pento
Bergoglio ci vuole tutti servi del suo idolo come i nazi maomettani vogliono l'umanità intera schiava e sottomessa al loro mostruoso idolo Allah.
In queste demenziali visioni idolatre e disumane non vi è posto per l'uomo di buona volontà libero e responsabile.
Dio lo spirito santo universale e naturale, non addomesticato e manipolato e traviato dalle religioni, vuole l'uomo libero e responsabile, non servo e non schiavo, partecipe della creazione.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

La proprietà distingue l'uomo libero e sovrano dallo schiavo

Messaggioda Berto » mer gen 06, 2021 8:26 pm

IL FALSO MITO DELLA POVERTÀ COME VALORE E LA PROPRIETÀ PRIVATA
Scrive Stefano Burbi


https://www.facebook.com/groups/8991042 ... 5899071076

Il settimo Comandamento dice perentoriamente “Non rubare” ed il decimo amplia il concetto “Non desiderare la roba d’altri”, come dire, non devi nemmeno pensare di poter desiderare ciò che non ti appartiene, figuriamoci rubare!
Si potrà ben capire che l’idea di proprietà privata, ben viva fin dai tempi dell’uomo di Neanderthal, è stata messa nero su bianco da nostro Signore in persona sul Monte Sinai, e questo, in ogni contestualizzazione possibile e con ogni interpretazione che si voglia.
Eppure c’è ancora chi demonizza le ricchezze e vorrebbe una Chiesa povera perché pensa che Cristo fosse povero: un colossale errore che evidentemente non si ha interesse a correggere per ragioni ideologiche e politiche, ma non certo spirituali.
Se tutti fossimo poveri, chi aiuterebbe i poveri? Se la Chiesa fosse davvero povera, come qualcuno, irresponsabilmente, vorrebbe, come farebbe ad aiutare i poveri? Dovrebbe sperare che qualcuno, ricco, lo facesse, ma se la ricchezza è peccato, dovrebbe allora sperare che qualcuno pecchi e, così facendo, accumuli le ricchezze necessarie per eliminare la povertà, che però si cerca di spacciare come valore. Insomma, un bel controsenso, un vero e proprio corto circuito di un mondo strampalato che però qualcuno vorrebbe imporci.
Ma Gesù era povero? No, nel modo più assoluto, e per saperlo, basta saper leggere il Vangelo.
Giuseppe era un falegname, un artigiano, categoria di rilievo nella società ebraica, perché, come Dio plasmò il mondo con le sue mani, un artigiano può piegare la materia alle forme, imitando così l’azione del Signore. Certamente Giuseppe era benestante, se proprio vogliamo escludere che fosse ricco e Maria proveniva da una famiglia agiata, come ci narrano i Vangeli apocrifi: suo padre Gioacchino era infatti “molto ricco”, quindi nemmeno la famiglia della madre di Gesù se la passava male economicamente, con buona pace dei pauperisti moderni.
La famiglia di Gesù era benestante, quindi Gesù era, a sua volta, benestante, ovviamente senza pensare ai moderni standard che tale termine oggi evoca.
Gli stessi Re Magi portarono alla grotta ricchezze dai loro paesi, oro, incenso e mirra e questi doni furono ben accetti.
Quando poi Gesù fu crocifisso, i soldati divisero le sue vesti, perché la tunica del Cristo era preziosa ed intessuta in modo perfetto, ed un povero non se la sarebbe certo potuta permettere. L'idea di una cassa comune per far fronte ai propri bisogni e a quelli dei meno abbienti è già presente nel Vangelo, ed è citata da Giovanni. “Maria allora prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell’aroma di quel profumo. Allora Giuda Iscariota, uno dei suoi discepoli, che stava per tradirlo, disse: «Perché non si è venduto questo profumo per trecento denari e non si sono dati ai poveri?». Disse questo non perché gli importasse dei poveri, ma perché era un ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro”.

La proprietà privata non è un furto, è sempre esistita e Gesù non l’ha mai condannata né tanto meno demonizzata.
Sta a noi far fruttare i talenti della parabola evangelica ed usare bene quello che raccogliamo. Del resto “ama il prossimo tuo come te stesso” è un comandamento molto chiaro, dove il prossimo è il ricco ed il povero, e se si ama il prossimo, non lo si deve far piangere solo perché è ricco. Anche perché se piange il ricco, è molto probabile che pianga anche il povero: anzi, forse di più.


Settimo: non rubare, a meno che tu non sia lo stato
Aurelio Mustacciuoli
di Aldo Colosimo

https://libplus.it/settimo-non-rubare-a ... -lo-stato/

SETTIMO: NON RUBARE, A MENO CHE NON TU NON SIA LO STATO
(Lo statalismo si fa religione)

La fine di una religione millenaria e il suo decadimento in ideologia politica è pur sempre un fatto che suscita sconcerto e che non può lasciare indifferenti neppure in una prospettiva liberale, per le implicazioni di questo processo nei rapporti tra i membri di una comunità, non solo per la diffusa adesione delle persone a tale credo religioso, ma anche per le storiche interferenze tra credo religioso, autorità religiose e autorità statali, per la connaturata tendenza dei seguaci di una religione ad esercitare pressione affinché le loro regole morali vengano trasfuse in regole giuridiche, come tali suscettibili di applicazione coercitiva da parte dell’apparato statale anche nei confronti di chi non le condivide e non ne riconosce il valore morale.

Anche nella prospettiva del terzo agnostico, non c’è nulla di più deprimente e sconcertante che assistere alla scena di un pastore che fa sbandare il proprio gregge disorientato, indicandogli una direzione opposta a quella tenuta fino a poco tempo prima. E ciò nel tentativo sconcertante di piegare ad un’ideologia politica collettivista un credo religioso che pure ha avuto una grande importanza nell’affermazione della centralità dell’individuo anche contro lo stato. Per questo credo che la presa di posizione di ieri dell’attuale pontefice contro i cardini del liberalismo non possa essere ignorata ma, anzi, meriti molta attenzione.

Così, dopo duemila anni, siamo arrivati al punto in cui il discendente di San Pietro arriva ad affermare: «Il diritto alla proprietà privata si può considerare solo come un diritto naturale secondario e derivato dal principio della destinazione universale dei beni creati, e ciò ha conseguenze molto concrete, che devono riflettersi sul funzionamento della società. Accade però frequentemente che i diritti secondari si pongono al di sopra di quelli prioritari e originari, privandoli di rilevanza pratica. (…) La tradizione cristiana non ha mai riconosciuto come assoluto o intoccabile il diritto alla proprietà privata».

Quest’ultima frase è illuminante e lascia letteralmente basito chi ricorda la costituzione Gaudium et Spes di San Giovanni XXIII, del 7 dicembre 1965, con la quale si intendeva definire quale atteggiamento la Chiesa dovesse assumere verso il mondo e gli uomini. Ebbene, il quel documento l’allora discendente di San Pietro affermava il principio del primato dell’uomo, vale a dire la centralità del singolo rispetto allo Stato ed alle altre forme di organizzazione sociale. Un principio che, del resto, rispecchia molto bene l’atteggiamento di Cristo nel corso della sua vita terrena come è raccontata nei Vangeli.

Da tale impostazione, si diceva, scaturisce il principio che il benessere della persona permette e fa crescere quello dell’intera società e non il contrario. Quando l’uomo è asservito allo Stato, vede contrarsi significativamente la propria dignità, fino, in casi estremi, alla sua completa eliminazione, allorché gli vengano negati i diritti fondamentali, maxime la libertà, tra le quali quella religiosa.

Ebbene, ci interessa in particolare qui ciò che viene detto nella seconda parte della Gaudium et Spes, al capitolo III, si tratta, tra l’altro, di alcuni principi che regolano la vita economico-sociale, che offrono spunti di riflessione per la loro attualità. Al punto 71, nello specifico, si fa riferimento al dominio privato dei beni: “La proprietà privata o un qualche potere sui beni esterni assicurano a ciascuno una zona indispensabile di autonomia personale e familiare e bisogna considerarli come un prolungamento della libertà umana. Infine, stimolando l’esercizio della responsabilità, essi costituiscono una delle condizioni delle libertà civili. Nonostante i fondi sociali, i diritti e i servizi garantiti dalla società, le forme di tale potere o di tale proprietà restano tuttavia una fonte non trascurabile di sicurezza”, al punto che “la proprietà privata ha per sua natura anche un carattere sociale“.

Contrariamente a quanto affermato ora dall’ultimo discendente di San Pietro, dunque, appare quantomeno sbrigativo e superficiale l’assunto secondo cui la Chiesa avrebbe sempre considerato la proprietà privata come un diritto naturale “secondario. Al contrario risulta invece che la Chiesa considera(va) la proprietà privata come “indispensabile” per assicurare l’autonomia personale e familiare; uno stimolo all’esercizio della responsabilità, una condizione essenziale delle libertà civili. Se la proprietà privata è – come in effetti riteniamo che sia – tutto ciò, evidentemente la stessa deve essere considerata un diritto intangibile.

Peraltro, il corto circuito dottrinale ed ideologico forse si avvertiva già prima dell’attuale pontefice nel Catechismo della Chiesa Cattolica elaborato tra il 1992 ed il 1997, in cui (ai punti n. 2402 e seguenti) si attribuiva espressamente allo stato il diritto ed il dovere di intervenire per piegare la proprietà privata al solito fumoso “bene comune”, che sembra coincidere con la presunta “destinazione universale” dei beni terreni. Niente di più lontano di quanto affermato nei Vangeli e negli stessi insegnamenti di San Giovanni XXIII. Il “bene comune”, come sappiamo, storicamente è sempre stato il cavallo di Troia delle ideologie collettiviste per annientare proprio le libertà individuali che invece, almeno nelle affermazioni di principio, fino a ieri la stessa chiesa cattolica affermava di voler riconoscere.

Ed allora sorgono i dubbi: se, come si legge nel catechismo della chiesa, il c.d. “bene comune” coincidesse con la “destinazione universale dei beni creati” (?), lo stato sarebbe dunque lo strumento di dio e della chiesa per far rispettare questa destinazione peraltro nota solo al divino? Non solo: lo stato e i politici sarebbero i custodi dell’interpretazione di quale sia la corretta “destinazione universale dei beni creati”? È chiaro che ciascuno di questi interrogativi fa venire l’orticaria al ricordo dei regimi autoritari nei quali i governanti si ergevano ad interpreti della volontà di dio ed in nome della stessa compivano i peggiori crimini contro gli individui e le loro libertà.

In questo corto circuito dottrinale a mio avviso si manifesta il senso di debolezza di una religione morente, che si svilisce al punto di affidare all’autorità ed alla coercizione dello stato ed all’arbitrio del potere politico il compito di giudicare quale sarebbe il livello di libertà individuale tollerabile e le forme di utilizzo dei beni che sarebbero graditi a dio in quanto conformi ad un presunto “bene comune” o ad una “destinazione universale dei beni”. In tal modo arrivando a giustificare l’appropriazione dei beni altrui … per volontà dello stato ed attraverso i suoi esponenti, a ciò legittimati dalla chiesa cattolica. Una specie di deroga al settimo comandamento purché autorizzata dallo stato, depositario a prescindere del “bene comune” e benedetto dal sacro crisma.

Nessuna novità in una prospettiva laica, si potrebbe dire, se non fosse per il fatto che questa religione morente dispone ancora di enormi … proprietà private e di forte influenza politica in grado di provocare ancora gravissimi danni, prima di estinguersi definitivamente per implosione nelle sue stesse contraddizioni.

Nel frattempo, certamente fa riflettere che un pontefice abbia scelto di svilire la chiesa che gli era stata affidata trasformandola da religione “cattolica” che parla alle coscienze degli individui in una “nuova religione” dello statalismo, che tenta di dare una giustificazione divina e metafisica alle azioni dei membri dell’apparato dello stato. Azioni che, con la coercizione della legge benedetta dalla morale, fanno scempio di tutto: delle libertà, delle aspirazioni, degli stimoli al progresso che vengono dall’azione e dalla cooperazione volontaria degli individui secondo i principi della responsabilità individuale. Scempio sanguinoso compiuto sull’altare di un presunto e sfuggente “bene comune” superiore ed astratto rispetto a quello degli individui, interpretabile a piacimento dal potente di turno e gradito a dio, se così vuole il suo rappresentante in terra.

Una sorta di chiesa che si svilisce al punto di diventare un grigio “ufficio di certificazione divina” dello stato e delle azioni (violente) di mortificazione dell’individuo e del merito; di sfiducia verso la cooperazione volontaria tra le persone della che fino ad oggi hanno dato risultati fallimentari e disumani; di esproprio dei beni in nome di una presunta redistribuzione “più equa” (?) delle ricchezze, nella pretesa di sostituirsi addirittura a dio per rendere tutti uguali. Quel dio che, si legge al contrario in altre parti, ci avrebbe voluti e creati “unici” e, dunque, ognuno diverso e disuguale dall’altro. Un gran mal di testa, insomma.

La novità, dunque, è che nonostante i fallimenti clamorosi del passato, i sudditi adoratori dello stato – fattosi – chiesa dovrebbero sottomettersi incondizionatamente a tali azioni violente nei confronti degli individui, in nome di una altrettanto sfuggente “destinazione universale” che i beni avrebbero, in quanto creati da una divinità o riconducibili ad essa. Compresi i beni che sono il frutto del lavoro, dell’ingegno, dell’operosità, del coraggio e della cooperazione degli individui, anche di coloro che, nel rispetto della propria libertà religiosa e di coscienza, credono che la “destinazione universale dei beni” sia, molto laicamente, quella di servire al soddisfacimento dei bisogni degli uomini, di essere trasformati dal lavoro degli uomini per crearne di nuovi, di accrescere il benessere dei singoli e delle loro comunità attraverso lo scambio.

In definitiva, quale apporto al miglioramento della condizione umana su questa terra potrebbe dare una religione dello statalismo e del collettivismo con l’alone divino, se già sappiamo quanta morte e miseria ha provocato e può provocare giorno per giorno questa dottrina?



L'esproprio proletario di Bergoglio
1 dicembre 2020

https://loccidentale.it/lesproprio-prol ... toccabile/

Se i più papisti del Papa pensavano che le preoccupazioni seguìte all’enciclica “Fratelli tutti” su una serie di aspetti, e fra questi la critica al concetto di proprietà privata, fossero le solite operazioni false e tendenziose dei cattolici non allineati alla Revolucion bergogliana, eccoli serviti. In un messaggio alla Conferenza internazionale dei giudici membri dei Comitati per i diritti sociali di Africa e America, Francesco lo ribadisce chiaro e tondo. Anzi, per restare in tema, papale papale: “Costruiamo la giustizia sociale sulla base del fatto che la tradizione cristiana non ha mai riconosciuto come assoluto e intoccabile il diritto alla proprietà privata”. Per Bergoglio, “il diritto alla proprietà è un diritto naturale secondario derivato dai diritti di cui tutti sono titolari, scaturito dai beni creati. Non vi è giustizia sociale in grado di affrontare l’iniquità che presupponga la concentrazione della ricchezza”.

Affermazioni assai scivolose, soprattutto se inquadrate nel contesto di un discorso che così esorta i giudici dei Comitati per i diritti sociali dei due continenti: “Nessuna sentenza può essere giusta, nessuna legge legittima se ciò che generano è più disuguaglianza”. Con tanto di invito finale a lottare “contro quanti negano i diritti sociali e lavorativi. Lottando contro quella cultura che porta a usare gli altri, a schiavizzare gli altri e finisce col togliere la dignità agli altri”.

Al netto di ovvietà come il rifiuto della schiavizzazione e della negazione dei diritti, che difficilmente potrebbero essere non condivise, un approccio per metà da socialismo reale in salsa sovietica e per metà da madurismo venezuelano, che alla valorizzazione dei talenti e all’etica del lavoro e della fatica quale strumento di realizzazione personale sembra preferire un rivendicazionismo redistributivo che come modello economico non ha fin qui dato grande prova di sé. Come proprio la storia di quel terzo mondo al quale Bergoglio si rivolge e al quale sembra guardare quasi come fonte di ispirazione dovrebbe invece dimostrare.

Insomma, dopo la patrimoniale di cui si sente parlare in casa nostra, l’esproprio proletario. Un passo avanti verso quella “Francesconomics” i cui contorni sono sempre più chiari e della quale ci occuperemo più diffusamente nei prossimi giorni. Intanto limitiamoci a rispondere attraverso la Dottrina sociale della Chiesa e la miliare enciclica “Rerum Novarum” di Leone XIII, rifacendoci alle osservazioni formulate su questo giornale dal professor Stefano Fontana a commento della “Fratelli tutti”.

Per quanto riguarda la concezione di disuguaglianza e inequità che per Francesco è la causa di tutti i mali, “quando la disuguaglianza è frutto dell’ingiustizia – scrive Fontana – va combattuta come ingiustizia. Ma quando la disuguaglianza è frutto o della natura o dell’impegno personale allora è una ricchezza per tutti. Anche la Rerum novarum di Leone XIII lo diceva, mettendo in guardia dalle utopie egualitariste che producono danni infinitamente maggiori di quelli che vorrebbero evitare. C’è il rischio che dalla valutazione della proprietà privata che papa Francesco esprime nell’enciclica derivino forme di statalismo populista, di pauperismo egualitario, di assistenzialismo deprimente. Bisognerebbe tornare a parlare di giustizia e non di diseguaglianza, ma per farlo bisogna superare le insufficienti dottrine moderne dell’equità (come per esempio Rawls) per tornare al concetto denso di bene comune”.
Quanto invece alle considerazioni critiche sulla proprietà privata, già formulate nella “Fratelli tutti”, la Dottrina sociale della Chiesa – ricorda il professore “ha sempre difeso il diritto naturale alla proprietà privata, frutto del lavoro, garanzia di vera libertà, tutela della famiglia, fattore propulsore dell’economia perché, diceva Leone XIII, uno si impegna di più sul suo che in quello degli altri. Il diritto naturale alla proprietà privata non contrasta con l’altro principio della destinazione universale dei beni e non ne è sottoposto e condizionato, come sembra sostenere papa Francesco. Sono sullo stesso piano o, si può dire, sono lo stesso principio. Infatti c’è un unico modo per realizzare in modo giusto e naturale la destinazione universale dei beni: diffondere la proprietà privata, che va ampliata e non ridotta, esaltata e non vilipesa, convenientemente valorizzata da un contesto etico e culturale veramente umano, ma non ridotta a questione marginale di una economia centralizzata”.

Più chiaro di così…



Quando per Papa Francesco la proprietà privata non è un furto
Ruggiero Capone
4 dicembre 2020

http://www.opinione.it/editoriali/2020/ ... a-sudditi/

I fedeli s’aspettavano che Papa Francesco urlasse “basta con la creazione di debiti”. Invece il vicario di Cristo (questo asserisce di essere, parafrasando Ponzio Pilato) ha detto che “la proprietà privata non è un diritto inalienabile se genera disuguaglianza”: affermazione sibillina perché quel “se genera disuguaglianza” si presta a molteplici interpretazioni, soprattutto non chiarisce il limite oltre il quale l’arricchimento d’un essere umano genererebbe l’angheria economica e lavorativa (schiavistica) sui propri simili.
??? Invece l’illustre predecessore Karol Józef Wojtyla (Giovanni Paolo II) chiedeva di condonare i debiti (soprattutto per la sua Polonia) e subiva l’attentato, Aldo Moro tendeva una mano alle intese internazionali sullo stop al debito (l’operazione 500 lire) e veniva ucciso, John Fitzgerald Kennedy aveva il grande sogno del “basta con la creazione di debiti” e veniva assassinato. Si potrebbero fare altri esempi, ma valgano per tutti le minacce che gli 007 finanziari (già riuniti sul Britannia) rivolsero alla famiglia di Bettino Craxi (la storia è nel dossier steso da Rino Formica) perché il leader socialista non si difendesse raccontando al mondo il ricatto della speculazione finanziaria internazionale rivolto all’Italia da George Soros e compari. ???
??? Papa Francesco è certamente gradito (e legato a fil doppio) al sistema delle élite che vanta crediti verso l’umanità intera. In precedenti articoli lo scrivente ha dimostrato come i debiti (ieri supportati da pezzi di carta ed oggi da tracciabilità informatica) si costruiscano con calcoli e manovre di matematica finanziaria: il virtuoso alternarsi e compensarsi di anatocismi e signoraggi. La creazione di debiti ha contrassegnato dal 1945 ad oggi la nuova politica coloniale dei Paesi ricchi verso quelli poveri: oggi a Paesi e nazioni si sono sostituiti i gruppi sovrannazionali finanziari, governati da élite che vantano parenti nel Fondo monetario internazionale e nella Banca mondiale. I potenti di oggi usano l’ingegneria finanziaria per non affrancare mai dalla schiavitù i poveri. Papa Francesco viene costantemente aggiornato circa il debito dei poveri del pianeta verso i ricchi. Oggi il debito dei popoli verso i potenti della terra è divenuto insostenibile, prima dell’epidemia da corona virus era di 253mila miliardi di dollari (322 per cento del Pil mondiale), nei primi mesi di lockdown è aumentato d’un ulteriore trenta per cento. L’indebitamento dei poveri aumenta perché le multinazionali (chimico-farmaceutiche, energetiche, di telecomunicazione, finanziarie, di security) di proprietà dei potenti della terra hanno dimostrato in consessi internazionali che, i loro crediti sarebbero aumentati, e che la gente deve loro ancora più soldi. I governi (retti da camerieri delle élite) avallano che la gente è ancora più indebitata verso i potenti della terra: quindi sottoscrivono impegni sull’incrementato debito. Sembra non esista più un governo in grado d’opporsi al signoraggio imposto dal potere. ???

Dal canto suo, il potere sostiene di averci donato la pace, che dal 1945 l’Europa non conoscerebbe più guerre grazie alle organizzazioni sovrannazionali ed alle società multinazionali. Un barattato, pace in cambio di schiavitù, che l’utopia socialista (Robert Owen, Charles Fourier, Karl Marx, Friedrich Engels) aveva già presagito come contromossa del capitalismo. I dati sull’indebitamento dei poveri verso i ricchi non vengono certo sparati a casaccio, sono in bella vista grazie al Grafinomix di giornata, basato sulle fonti finanziarie dell’Institute of financial finance. Nel 2020 è arrivata la pandemia, e le strutture multinazionali hanno presentato il conto globale a tutti i cittadini del pianeta. Oggi non c’è più uno steccato che divida poveri dei Paesi poveri da poveri dei Paesi ricchi. Il nuovo programma d’indebitamento globale punta sull’incremento di debito dei singoli individui verso il potere. Così il nuovo incremento debitorio mette insieme le famiglie di basso reddito di Belgio, Finlandia, Italia, Spagna, Francia, Libano, Nuova Zelanda, Nigeria, Norvegia, Svezia e Svizzera. L’obiettivo dei gruppi d’ingegneria finanziaria è creare nuovi massimi per il debito, quindi alzare l’asticella. I potenti della terra non parteggiano per Usa o Cina, Europa o Russia: sono strutture sovrannazionali che, grazie ai contratti (infilati nelle pieghe di trattati e poi di leggi) possono legalmente controllare gli stati attraverso banche e multinazionali. Il loro strumento principe si chiama “bond”, a fine 2020 (quindi ora) vanno in scadenza titoli da rifinanziare per un controvalore di ventimila miliardi di dollari: spalmati tra Cina, India, Brasile, Usa, Giappone, Germania. Gli Stati per pagare i debiti verso i potenti della terra dovranno tagliare servizi (pensioni, sanità), posti di lavoro, stipendi ed opere infrastrutturali.

Nel momento in cui il debito dei popoli verso il potere è del 322 per cento del Pil mondiale, il creditore teme di non poter più riscuotere.

Così un dubbio faustiano attanaglia chi ha in pugno il contratto. Quindi il potere si chiede: cosa posso prendere in cambio del danaro? La risposta immediata è nel resettare patrimonialmente l’intero pianeta. Una operazione similare era stata sperimentata nella Francia della Rivoluzione, quando i patrimoni trasferibili per solo censo aristocratico vennero espropriati e messi a disposizione della nuova classe dirigente, la borghesia. Ma, per poter oggi abolire la proprietà privata (beni immobili e beni soggetti a registro, e collettivizzare il risparmio individuale) necessiterebbe un accordo in consessi internazionali che convinca i singoli stati ad abolire i diritti di proprietà nelle costituzioni nazionali. Le élite pensano di risolvere il problema abolendo mondialmente la proprietà privata, ma concentrando comunque controllo e diritti sui beni terreni in un unico fondo planetario. L’idea, davvero utopica, veniva per la prima volta paventata da George Soros nel 1970, due anni dopo la sua invenzione degli “hedge fund”: il cosiddetto “sistema finanziario buono” che convinse moltissimi hippie sessantottini a trasformarsi in yuppies finanziari di successo. Ora che il pianeta è ancor più bruciato dai debiti, gli stessi tentano di reinterpretare Marx ed Engels, e questa volta lo fanno raccontandoci che c’è in “dispotismo asiatico buono” e che poggia su una “assenza della proprietà privata…chiave della pace per i popoli”. Così i neo-sofisti di oggi reinterpretano il Manifesto del Partito Comunista del 1848, e tornano ad asserire una “abolizione della proprietà privata”. Ieri i padri fondatori del “socialismo scientifico” auspicavano il ricorso alla coercizione per la decisa concentrazione del potere nelle mani dello Stato, mentre i pensatori di oggi vedrebbero le proprietà private (per il bene dei popoli) in mano ad un unico fondo planetario.

Nel 2020 Papa Francesco è stato convinto della bontà di queste idee, così s’è lanciato nel messaggio (rilasciato durante il summit per Sud America e Africa) di “costruire una nuova giustizia sociale partendo dal presupposto che la tradizione cristiana non ha mai riconosciuto come assoluto e intoccabile il diritto alla proprietà privata. Il diritto di proprietà è un diritto naturale secondario derivato dal diritto che hanno tutti, nato dal destino universale dei beni creati”. La domanda, che in troppi si pongono, è tutta concentrata su chi gestirebbe per il fondo planetario i diritti di proprietà, espropriati a tutti gli esseri umani (poveri, mezzi poveri ed ex ricchi). Per Papa Francesco ed i suoi interlocutori laici, così potrebbe partire mondialmente il reddito di cittadinanza universale, una “povertà sostenibile” assicurata dalle ex proprietà dei cittadini? Papa Francesco asserisce che questo risolverebbe il problema povertà, garantendo “solidarietà, lotta alle cause strutturali della povertà, disuguaglianza, mancanza di lavoro, di terra e di case. Lottare, insomma, contro chi nega i diritti sociali e sindacali. Combattere contro quella cultura che porta ad usare gli altri, a rendere schiavi gli altri, e finisce per togliere la dignità agli altri”.

Parole che si scontrano con la pietra miliare del diritto anglosassone di proprietà. Il filosofo inglese Jeremy Bentham (primi dell’Ottocento) sosteneva: “Leggi che rendono sicura la proprietà rappresentano il più nobile trionfo dell’umanità su se stessa. È questo diritto che ha vinto la naturale avversione al lavoro e dato all’uomo il dominio sulla terra – continuava – che ha posto fine alla vita migratoria delle nazioni; che ha generato l’amore per il proprio Paese e la cura per la posterità”. Bentham è uno dei riferimenti rafforzativi del diritto britannico (non scritto): il mondo anglosassone accetterà questo stravolgimento pauperista? Bentham notava che la libera, pluricentrica e creativa Europa si distingueva dalle stagnanti civiltà “asiatiche” per sicurezza della proprietà: caratteristica che aveva portato a morte i dispotici imperi orientali (assiro-babilonese, egizio, cinese, indiano, persiano, tardo-romano, arabo-ottomano, incas, azteco), dove l’autorità centrale riduceva i sudditi in assoluta soggezione, e per via del controllo di terra, case e risorse in poche mani. Ne deriva quanto il sedicente vicario di Cristo sia poco culturalmente onesto (forse in balia del fondo unico), e nelle sue tante meditazioni dovrebbe leggere l’opera postuma di Pierre Joseph Proudhon che, per la teoria della proprietà, cambiava completamente idea, individuando nella proprietà l’unico baluardo contro il potere “altrimenti irresistibile” dello Stato. Rendere tutti egualitariamente poveri, in attesa d’una messianica “povertà sostenibile”, potrebbe generare conflitti sociali (e disumani) ben superiori a quelli che flagellano il Venezuela ed altre plaghe del Sud America.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

La proprietà distingue l'uomo libero e sovrano dallo schiavo

Messaggioda Berto » mer gen 06, 2021 8:27 pm

Papa Francesco, l'affondo di Antonio Martino: "Marxista argentino. Le parole sulla proprietà privata? Mi sembrano un'idiozia"
Francesco Fredella

https://www.liberoquotidiano.it/news/pe ... iozia.html

Secondo Papa Francesco, "il diritto alla proprietà è un diritto naturale secondario derivato dal diritto di cui tutti sono titolari, scaturito dai beni creati non vi è giustizia sociale in grado di affrontare l'iniquità che presupponga la concentrazione della ricchezza". Parole pronunciate poco tempo fa, attacco alla proprietà privata, a tutto tondo. Parole contro cui si scaglia Antonio Martino, tessera numero 2 di Forza Italia ed ex ministro nei governi Berlusconi, che intervistato da ilgiornale.it attacca: "Queste parole? Mi sembrano un’idiozia, ma se le dice il Papa ci dev’essere un fondamento perché non si inventerebbe una cosa non vera solo per stupire. Quest’affermazione, però, è veramente gratuita, come se il Pontefice stesse inventando testi evangelici di comodo. Per me è un discorso che non esiste proprio...". E ancora, picchia durissimo: "Questo Papa mi convince assai poco perché è un marxista argentino che ha l’impudenza di chiamarsi Francesco". Addirittura marxista? "Certo, lui in passato si è anche fatto dare un crocifisso con la falce e il martello in un Paese sudamericano", conclude uno scatenato Martino.



LIBERTÀ NEGATIVA E LIBERTÀ POSITIVA
da "La presunzione fatale - Gli errori del socialismo" di Friedrich von Hayek, 1988, pag.114-115

https://www.facebook.com/groups/2097364 ... 0297532013

La libertà implica che all'individuo venga permesso di perseguire i suoi propri fini.
Chi è libero, in tempo di pace, non è più vincolato dagli scopi comuni concreti della sua comunità.
Tale libertà di decisione individuale è resa possibile limitando particolari diritti individuali (i diritti di proprietà, per esempio) e designando dei domini entro i quali ciascuno può disporre per i propri scopi dei mezzi a lui noti.
Per ciascuna persona, cioè, è determinata una sfera libera riconoscibile.
Questa è la cosa più importante.
Difatti, il possedere qualcosa di proprio, anche se poco, è pure il fondamento su cui si forma una particolare personalità, e si crea un ambiente caratteristico all'interno del quale è possibile perseguire particolari scopi individuali.
La diffusa convinzione che sia possibile avere questo tipo di libertà senza vincoli ha creato confusione.
Questa convinzione è presente nell'aperçu attribuito a Voltaire, stando al quale "quando posso fare quel che voglio, ecco la libertà"; nella dichiarazione di Bentham per cui "ogni legge è un male, istituisce sempre un'infrazione della libertà"; nella definizione di libertà di Bertrand Russell, libertà intesa come "l'assenza di ostacoli alla realizzazione dei nostri desideri", ed in innumerevoli altre fonti.
La libertà generale in questo senso è tuttavia impossibile, perché la libertà di ciascuno sprofonderebbe nella libertà illimitata, e cioè nella mancanza di vincoli, di tutti gli altri.
La questione allora è come assicurare la maggiore libertà possibile per tutti.
E questa può essere assicurata dal restringere uniformemente la libertà di ciascuno attraverso regole astratte che vietano la coercizione arbitraria o discriminatrice da parte di alcuni su altre persone, regole che impediscono a ognuno di invadere la libera sfera di qualcun altro.
In breve, fini concreti comuni sono sostituiti da regole astratte comuni.
Lo stato è necessario unicamente per far rispettare queste regole astratte e quindi per proteggere l'individuo contro la coercizione o l'invasione della sua libera sfera da parte di altri.
Mentre l'obbedienza imposta per fini concreti comuni corrisponde alla schiavitù, l'obbedienza a regole comuni astratte (per quanto possa essere percepita come onerosa) dà spazio alla più straordinaria libertà e diversità.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

La proprietà distingue l'uomo libero e sovrano dallo schiavo

Messaggioda Berto » mer gen 06, 2021 8:27 pm

Papa Francesco: nessuna rivoluzione sul diritto di proprietà
Aldo Rocco Vitale

https://www.centrostudilivatino.it/papa ... proprieta/

1. Se Pierre-Joseph Proudhon riteneva che la proprietà fosse un furto, Karl Marx faceva coincidere il comunismo con l’abolizione della proprietà privata, che invece, secondo John Locke e tutto il pensiero liberale, è il più fondamentale dei diritti, l’unico in grado di garantire compiutamente libertà, pace politica e sviluppo. Pur a decenni di distanza dalla caduta del Muro di Berlino, continuano tensioni e polemiche sul diritto di proprietà: su di esso infiniti fiumi d’inchiostro si sono scritti nel corso della storia, senza quasi mai risolvere il costante interrogarsi sulla sua natura, sulla sua funzione, sulla eticità.

In questo senso, meraviglia il fraintendimento delle parole che Papa Francesco ha pronunciato di recente, nel messaggio ai giudici dei comitati per i diritti sociali di Africa e America, quando ha detto che «la tradizione cristiana non ha mai riconosciuto come assoluto e intoccabile il diritto alla proprietà privata e ha sottolineato sempre la funzione sociale di ciascuna delle sue forme. Il diritto di proprietà è un diritto naturale secondario derivante dal diritto che hanno tutti, nato dalla destinazione universale dei beni creati. Non c’è giustizia sociale che possa cementarsi sull’iniquità, che comporti la concentrazione della ricchezza»[1].

Davvero Papa Francesco ha demolito la dottrina cattolica in tema di diritto di proprietà, come hanno sostenuto sia taluni dei suoi critici sia taluno dei suoi “sostenitori”? Intanto vi è una questione di contesto: il breve videomessaggio – non una enciclica né una esortazione apostolica – è indirizzato a mondi, come l’America e l’Africa, nei quali non ovunque i diritti umani, i diritti fondamentali, e i diritti sociali sono tenuti in massima considerazione. E poi c’è il merito, sul quale val la pena qualche cenno di riflessione di carattere storico, giuridico, etico, filosofico, teologico.

2. Da un punto di vista storico, la dottrina cattolica è sempre stata incentrata su due punti ben precisi: la legittimità del diritto di proprietà e la necessità di un suo corretto utilizzo. I Padri della Chiesa sono chiari: il problema non è la ricchezza o la proprietà in sé, ma l’uso che di esse si fa. Basilio di Cesarea suggeriva:«Non vendere a prezzo troppo alto approfittando della necessità, non aspettar la carestia per aprire i tuoi granai». Clemente di Alessandria specificava che «i beni sono nelle nostre mani come strumenti che risultano utili purché sappiamo adoperarli[…]. Lo stesso vale per la ricchezza. Sai usarla giustamente? Contribuirà alla giustizia. Ne fai un uso disonesto? Contribuirà allora al male. La ricchezza è una serva, non è una padrona. Inutile inveire contro di essa: in sé, non è né buona né cattiva. Buono o cattivo sarà l’uso che noi ne faremo. Tutto insomma dipende da noi».

3. Dal punto di vista etico, la Chiesa ha sempre insegnato che il diritto di proprietà è correttamente inteso se è posto a fondamento tanto del bene individuale, quanto del bene comune. Tommaso d’Aquino con precisione sistematica ha evidenziato il bene necessario del diritto di proprietà, che svolge tre importanti funzioni sia a livello personale quanto a livello sociale:«1) Ciascuno è più sollecito nel procurare ciò che appartiene a lui esclusivamente che non quanto appartiene a tutti, o a più persone: poiché ognuno, per sfuggire la fatica, tende a lasciare ad altri quanto spetta al bene comune; come capita là dove ci sono molti servitori. 2) Le cose umane si svolgono con più ordine se ciascuno ha il compito di provvedere a una certa cosa mediante la propria cura personale, mentre ci sarebbe disordine se tutti indistintamente provvedessero a ogni singola cosa. 3) Così è più garantita la pace tra gli uomini, accontentandosi ciascuno delle sue cose» (Summa theologiae, II-II, q. 66).

4. Dal punto di vista giuridico, la Chiesa ha sempre riconosciuto che il diritto di proprietà è da inscriversi nell’alveo del (dimenticato) diritto naturale: per quanto esso possa e debba essere tutelato, non si può mai utilizzare contro l’umanità della persona e contro la dignità di Dio, poiché è il diritto di proprietà per l’uomo e non l’uomo per il diritto di proprietà.

In questa direzione Benedetto XVI ha esplicitamente ricordato come oggi «a non rispettare i diritti umani dei lavoratori sono a volte grandi imprese transnazionali e anche gruppi di produzione locale. Gli aiuti internazionali sono stati spesso distolti dalle loro finalità, per irresponsabilità che si annidano sia nella catena dei soggetti donatori sia in quella dei fruitori. Anche nell’ambito delle cause immateriali o culturali dello sviluppo e del sottosviluppo possiamo trovare la medesima articolazione di responsabilità. Ci sono forme eccessive di protezione della conoscenza da parte dei Paesi ricchi, mediante un utilizzo troppo rigido del diritto di proprietà intellettuale, specialmente nel campo sanitario. Nello stesso tempo, in alcuni Paesi poveri persistono modelli culturali e norme sociali di comportamento che rallentano il processo di sviluppo» (Caritas in veritate, n. 22).

5. Dal punto di vista filosofico, la Chiesa insegna a rifuggire sia una concezione del diritto di proprietà che è divenuto un totem dell’individualismo liberale occidentale, sia una concezione del diritto di proprietà che è divenuto un tabù del materialismo socialista. La strada proposta dalla Chiesa non è né una sintesi di compromesso tra liberalismo e socialismo, né una alternativa ai due, ma qualcosa di profondamente e radicalmente diverso.

Giovanni Paolo II nell’enciclica “Sollicitudo rei socialis” del 30 dicembre 1987 chiarisce che la «dottrina sociale della Chiesa non è una terza via tra capitalismo liberista e collettivismo marxista, e neppure una possibile alternativa per altre soluzioni meno radicalmente contrapposte: essa costituisce una categoria a sé. Non è neppure un’ideologia, ma l’accurata formulazione dei risultati di un’attenta riflessione sulle complesse realtà dell’esistenza dell’uomo, nella società e nel contesto internazionale, alla luce della fede e della tradizione ecclesiale. Suo scopo principale è di interpretare tali realtà, esaminandone la conformità o difformità con le linee dell’insegnamento del Vangelo sull’uomo e sulla sua vocazione terrena e insieme trascendente; per orientare, quindi, il comportamento cristiano. Essa appartiene, perciò, non al campo dell’ideologia, ma della teologia e specialmente della teologia morale».

6. Dal punto di vista teologico, infine, il diritto di proprietà in sé stesso considerato trova fondamento scritturale in Gen. 1,28, quando Dio Creatore affida all’uomo sua creatura l’intero dominio sul creato, e gli ordina di popolarlo e assoggettarlo; trova nel Nuovo Testamento la cifra etica della sua utilizzabilità nei vari episodi in cui Gesù non condanna la ricchezza in quanto tale, ma il rapporto che con essa si instaura, come per esempio suggerisce Mc. 14,3 sulla vicenda del prezioso olio di nardo[2]. Alla ricchezza e alla proprietà va prestato il giusto valore, senza attaccarsi ad esse come nel caso dell’avarizia, e senza distaccarsi da esse come nel caso dell’eresia del pauperismo – stravolgimento ideologico della povertà francescana – condannata da Papa Giovanni XXII il 12 novembre 1323 con la sua “Cum inter nonnullos”.

Gli innumerevoli documenti di Dottrina Sociale della Chiesa, dall’enciclica “Rerum Novarum” di Leone XIII alla “Laudato sì” di Francesco, sono concordi nel ritenere che il diritto di proprietà sia legittimo, se utilizzato in vista di quella superiore istanza etica che è il bene della persona umana. Le più recenti parole di Papa Francesco, dunque, non dovrebbero essere causa né di sorpresa né di estrapolazione, poiché sul punto , per quanto si è appena riassunto, non vi è alcuna rivoluzione.

Aldo Rocco Vitale

[1] http://www.vatican.va/content/francesco ... ontro.html

[2] «Gesù si trovava a Betània nella casa di Simone il lebbroso. Mentre stava a mensa, giunse una donna con un vasetto di alabastro, pieno di olio profumato di nardo genuino di gran valore; ruppe il vasetto di alabastro e versò l’unguento sul suo capo. Ci furono alcuni che si sdegnarono fra di loro: “Perché tutto questo spreco di olio profumato? Si poteva benissimo vendere quest’olio a più di trecento denari e darli ai poveri!”. Ed erano infuriati contro di lei. Allora Gesù disse: “Lasciatela stare; perché le date fastidio? Ella ha compiuto verso di me un’opera buona; i poveri infatti li avete sempre con voi e potete beneficarli quando volete, me invece non mi avete sempre»: (Mc. 14,3).
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Prossimo

Torna a Diritti e doveri umani naturali e universali

Chi c’è in linea

Visitano il forum: Nessuno e 2 ospiti

cron