Questo criminale razzista afro francese nero che invita a sterminare i bianchi non è mio fratello, forse sarà fratello di Bergoglio che pare odiare i bianchi euro americani.Impiccate i bianchi
Entrate negli asili nido e uccidete i bebè bianchi. Acchiappateli e poi impiccate i loro genitori.
Appendeteli tutti, appendete i bianchi. Nessuna pietà, muoiano tutti insieme, dai l'esempio, torturali in gruppo
Il ministro dell’Interno francese, Gerard Collomb, ha chiesto e ottenuto di rimuovere da tutto il web la videoclip in cui si vede, o meglio si vedeva, un uomo bianco raggiunto da una pallottola alla schiena e impiccato con il sinistro avvertimento «questo è solo l'inizio».'Graziato' il rapper francese Nick Conrad che istiga alla violenza contro i bambini bianchi: condannato a settemila euro di multahttps://www.agi.it/spettacolo/musica/ni ... 019-03-20/ Settemila euro di multa, cinque per il tribunale e due per le associazioni che gli hanno fatto causa, e una lettera di licenziamento dall’hotel dove lavorava come addetto all’accoglienza; la prima esperienza di popolarità, anche se tecnicamente sarebbe più corretto chiamarla viralità, non ha portato questo granché di vantaggi a Nick Conrad, il rapper francese di colore salito agli onori delle cronache internazionali per aver seviziato e infine ucciso un uomo bianco nel video della sua “Pendez Les Blancs”.
Incitamento alla violenza, secondo la BBC è questo il reato del quale si è reso colpevole Conrad, ma quella di oggi è solo la condanna, che sarebbe anche potuta essere più severa arrivando fino cinque anni di carcere e 45 mila euro di multa, ma i pubblici ministeri ci sono andati leggeri sostenendo che il ragazzo in qualche modo “ha già pagato le conseguenze”.
Effettivamente la multa è salata e la perdita del lavoro sarà un bel problema, ma più che altro forse potrà già dire addio ai suoi sogni rap, difficilmente con queste premesse qualcuno avrà voglia di investire tempo e denaro sul suo progetto. “Pendez Les Blancs” tra l’altro, non è riuscita nemmeno a godere di quell’effetto boomerang/splatter, di stimolare la curiosità dei visualizzatori su YouTube, tant’è che lì, ma anche su tutte le altre piattaforme, i numeri restano piuttosto bassini.
D’altra parte versi come “e rentre dans des crèches, je tue des bébés blancs, Attrapez-les vite et pendez leurs parents” ovvero “Entrate negli asili nido e uccidete i bebè bianchi. Acchiappateli e poi impiccate i loro genitori”, più che attenzione attirano sdegno. Come quello espresso, come ricorda il Corriere della Sera, anche il nostro ministro dell’interno Matteo Salvini, che alla storia lo scorso settembre dedicò un post su Facebook: “Quelli che difendono questo idiota dicono che è “Libertà culturale”, a me pare solo una schifezza”.
In realtà ben pochi sono quelli che si sono appellati alla libertà artistica di espressione, c’ha provato lo stesso Conrad, che ha assicurato che il video non voleva in nessun modo essere razzista, ma i suoi video così come le sue rime, sono spesso incentrate sulla battaglia tra bianchi e neri, chi lo conosce lo sa. Nemmeno il popolo del web, nella maggior parte dei casi abbastanza impermeabile alle provocazioni, si è messo in prima linea per difenderlo, anzi, lo ha letteralmente coperto di insulti, sbagliando mira alle volte e colpendo il povero Nick Conrad, un omonimo conduttore della BBC.
Diede dell'"orango" alla Kyenge: Calderoli condannato a 18 mesiSergio Rame - Lun, 14/01/2019
https://www.google.com/url?sa=t&rct=j&q ... RW1vzKjZmg Nel 2013 disse: "Quando vedo le immagini della Kyenge non posso non pensare alle sembianze di un orango". Oggi la condanna per Calderoli
Roberto Calderoli è stato condannato 18 mesi di carcere per avere definito "orango" l'ex ministro all'Integrazione Cecile Kyenge nel luglio del 2013 durante una festa della Lega Nord.
La pena è stata sospesa e non ci sarà menzione nel casellario giudiziario ma il legale del senatore leghista, l'avvocato Domenico Aiello, ha sottolineato che "la pena detentiva per un supposto reato di opinione, per di più avvenuta durante un comizio di partito, ha evidenti risvolti di inciviltà giuridica e miopia". L'europarlamentare piddì, invece, esulta e rilancia attaccando a testa bassa il Carroccio: "Il razzismo la paga cara".
Nel maggio del 2017, un altro esponente della Lega, l'europarlamentare Mario Borghezio, era stato condannato al pagamento di mille euro di multa e a un risarcimento di 50mila euro per alcune frasi pronunciate nel corso della trasmissione La Zanzara su Radio 24. Per lo stesso motivo è stato condannato oggi Calderoli dal tribunale di Bergamo. Il senatore leghista era stato, infatti, accusato di diffamazione aggravata dall'odio razziale presentata per alcune dichiarazioni fatte dal palco della festa del Carroccio di Treviglio il 13 luglio 2013. "Amo gli animali - aveva detto Caldaroli davanti a 1.500 persone - orsi e lupi, com'è noto. Ma quando vedo le immagini della Kyenge non posso non pensare, anche se non dico che lo sia, alle sembianze di un orango".
Calderoli, che al tempo delle dichiarazioni era già vice presente del Senato, si era scusato per quanto detto contro la Kyenge. Ma il processo era andato ugualmente avanti e il pubblico ministero, Gianluigi Dettori, aveva chiesto due anni. In sentenza il giudice Antonella Bertoja ha deciso di ridurre la pena a un anno e sei mesi. "È una sentenza incoraggiante per tutti quelli che si battono contro il razzismo - ha commentato la Kyenge - il razzismo si può e si deve combattere per vie legali, oltre che civili, civiche e politiche". Alla lettura della sentenza Calderoli non era presente in aula perché ricoverato in ospedale a Padova per alcuni accertamenti.
Le offese a sfondo razziale e la loro punibilitàDiventa autore di Diritto.it Scopri di più!
di Concas Alessandra, Referente Aree Diritto Civile, Commerciale e Fallimentare e Diritto di Famiglia
1 febbraio 2019
https://www.diritto.it/le-offese-a-sfon ... unibilita/Versione PDF del documento
Qualcuno offende una persona chiamandolo “sporco negro” .
Se la persona di colore non ci sta e si reca alla polizia a sporgere denuncia, che cosa rischia chi ha proferito le offese? Può essere incriminato?
La risposta a questi quesiti è contenuta nella sentenza n. 2461/19 del 18/01/2019 della Suprema Corte di Cassazione.
La Corte, per la prima volta, ha preso atto della riforma dell’Ingiuria, esprimendo il suo giudizio in merito alle offese rivolte nei confronti di soggetti che fanno parte di altre “razze”.
L’Ingiuria
L’ingiuria è quel comportamento che pone chi offende un’altra persona, indipendentemente dal fatto che i motivi siano o non siano leciti, al fine di mortificarla.
L’unico caso nel quale l’ingiuria non viene punita è quando è la reazione immediata a un’altra ingiuria o a una diffamazione subita poco prima.
Se si ha intento vendicativo l’ingiuria resta punibile.
Da tre anni non è più reato e non è punita penalmente.
Il decreto svuota carceri (D.lgs. n. 7/2016 del 15/01/2016) ne ha previsto la depenalizzazione e la trasformazione in un illecito civile.
Chi offende una persona può subire una causa di risarcimento del danno e, all’esito, una multa comminata dal giudice, da versare allo Stato.
Non c’è più la possibilità di querelare chi pronuncia insulti.
Restano punite penalmente la diffamazione, quando in assenza della vittima se ne parla male in presenza di almeno due persone, e l’intimidazione che spesso segue all’ingiuria.
Ad esempio
dire “sporco negro, ti do fuoco” è reato non per la frase “sporco negro” ma per avere detto “ti do fuoco ”, indipendentemente dalle intenzioni.
Allo stesso modo, offendere un inquilino confidandosi con altri condomini, è reato di diffamazione.
Ingiuria a sfondo razziale
Secondo la Suprema Corte di Cassazione, in presenza di ingiuria, chi pronuncia offese a sfondo razziale non può essere punito, sempre in relazione alla depenalizzazione del precedente reato. Il La condotta non ha più “rilevanza penale”.
Dire “sporco negro” in presenza della vittima non è reato e non può essere punito.
Oltre a questo, se non ci sono testimoni che sentono l’offesa, la persona offesa incontrerà ostacoli nell’agire per il risarcimento, a meno che non abbia registrato la conversazione.
Nel processo civile, che è quello rivolto a ottenere i danni, non è ammessa la dichiarazione delle parti in giudizio come fonte di prova.
Le prove dovranno essere acquisite in diverso modo.
A questo proposito, le videoregistrazioni, rese più agevoli dai moderni strumenti portatili, sono diventati un valido aiuto.
In un contesto “a due”, dove non ci sono altre persone che potrebbero riportare i fatti al giudice con quello che è stato detto e sentito, sarà impossibile fare valere i legittimi diritti.
In razzisti vengono protetti oltre che da una involuzione culturale degli anni recenti, dal quadro delle norme giuridiche.
In quali circostanze il razzismo è reato
L’ Ordinamento Giuridico Italiano punisce la discriminazione in ogni campo.
Anche in materia di lavoro, il licenziamento intimato per ragioni collegate alla razza si considera nullo e obbliga l’azienda alla reintegrazione sul posto.
Dal lato penale, la legge sanziona con la reclusione sino a un anno e sei mesi chiunque divulghi idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, oppure istighi a compiere o compia atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi (L. n. 9 ottobre 1967, n. 962).
Quello che rende punibile la discriminazione xenofoba, sia nella forma di razzismo sia in quella di odio razziale, è la propaganda, non l’offesa rivolta allo straniero.
Con “propaganda” s’intende quell’attività rivolta a manifestare pubblicamente le personali convinzioni con fine di condizionare l’opinione pubblica e modificare le idee e i comportamenti dei destinatari.
Questo tipo di divulgazione viene considerata punibile con il reato, perché è suscettibile di ingenerare nel pubblico gli stessi sentimenti di avversione e di odio comuni a coloro che ne fanno pubblica esibizione.
La manifestazione di pensiero a connotazione razzista costituisce reato quando assume i caratteri della propaganda.
L’Ordinamento Italiano punisce penalmente la discriminazione razziale.
In modo specifico, la legge sanziona con la reclusione sino a un anno e sei mesi chiunque divulghi idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero istighi a compiere o compie atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi.
La norma incrimina due distinte forme di discriminazione.
Il cosiddetto razzismo supremazionista e l’odio razziale.
Il razzismo supremazionista è una forma di discriminazione che si fonda sulla superiorità di una razza rispetto a un’altra.
L’odio razziale, consiste in un sentimento di ostilità che, per avere rilevanza penale, deve trascendere la semplice avversione o antipatia e sfociare nel desiderio di morte o di danneggiamento della persona discriminata.
Quello che rende punibile una discriminazione xenofoba, sia nella forma di razzismo supremazionista sia in quella di odio razziale, è la propaganda.L. n. 9 ottobre 1967, n. 962.
Con questo termine s’intende un’attività rivolta a manifestare pubblicamente le personali convinzioni con il fine di condizionare l’opinione pubblica e modificare le idee e i comportamenti dei destinatari.
Questo tipo di divulgazione viene considerata perseguibile penalmente, perché risulta essere suscettibile di generare nel pubblico gli stessi sentimenti di avversione e di odio promossi da chi ne li esibisce i pubblico.
Si potrebbe pensare che la propaganda debba consistere necessariamente in un’attività reiterata nel tempo.
La Suprema Corte di Cassazione, con un’importante pronuncia, ha stabilito che
“Anche un’isolata manifestazione a contenuto razzista, se resa in luogo pubblico o aperto al pubblico, può integrare il reato in commento”.
Non essendo necessario l’elemento della continuità temporale, l’attività di propaganda può essere caratterizzata anche da un singolo atto di razzismo.
"Tornatene nella giungla", scritto su Facebook, è istigazione all'odio razziale. Giorgio Lunardi
27 luglio 2018
https://www.altreinfo.org/controllo-glo ... o-lunardi/Abbiamo sotto mano la sentenza della Corte di Cassazione n. 7859 del 2018, quindi molto recente. Ricordiamo che le sentenze della Cassazione sono importanti perché rappresentano la cosiddetta “giurisprudenza”, vale a dire sono vere e proprie linee guida che tutti i magistrati sono tenuti ad applicare nei processi in corso.
Dire a Cevile Kyenge tornatene nella giungla è reato di istigazione all'odio razziale
Un tizio, in aperto dissenso con alcune affermazioni di Cécile Kyenge, l’allora Ministro dell’integrazione, scrive sul suo profilo Facebook quanto segue:
‘Rassegni le dimissioni e se ne torni nella giungla dalla quale è uscita’
Il post criticava le politiche migratorie di Cecile Kyenge ed in particolare quella di
“garantire alla popolazione zingara la possibilità di ottenere una casa del patrimonio immobiliare pubblico, la cittadinanza ed un lavoro”.
L’autore del post metteva ben in evidenza che queste politiche non erano affatto condivise dalla maggioranza degli italiani. La frase sopra riportata – “se ne torni nella giungla” – era quella conclusiva del post.
Naturalmente l’imprudente blogger è stato condannato in primo e secondo grado per istigazione all’odio razziale e costretto a pagare un congruo risarcimento danni a Cecile Kyenge, costituitasi parte civile.
I giudici della Cassazione hanno confermato la sentenza in via definitiva. A detta dei Magistrati:
“Quel che rileva è l’evidente e gratuito giudizio di disvalore espresso (nel post), fondato sull’appartenenza della Kyenge alla razza degli africani di pelle nera, che, secondo l’imputato, ha nella giungla e non nella società civilizzata, il suo habitat naturale, per ragioni storiche ovvero perché assimilabile agli animali, come le scimmie, che vi vivono.”
Quindi, la Cassazione sostiene, a prescindere, che dire a un nero di tornarsene nella giungla sia “istigazione all’odio razziale”, perché nella giungla vivono le scimmie e perché l’insulto non è rivolto alla persona, in questo caso Cecile Kyenge, bensì alla “razza degli africani di pelle nera”. Naturalmente, se lo stesso invito viene fatto a un bianco, il reato di istigazione all’odio razziale non sussiste, in quanto verrebbe a mancare il presupposto fondamentale: avere la pelle nera.
Consigli utili
Non vogliamo immaginare quanto sia costato a quel tizio l’affermazione di cui sopra, oltre alla condanna, le spese processuali, l’avvocato e l’indennizzo a Cecile Kyenge, che finora si è sempre costituita parte civile in tutti i processi che la riguardano. Forse pensava che un post su Facebook sfuggisse alla mannaia delle Razza Magistrato (senza offese), ma così non è stato. Nemmeno Twitter sfugge. E neanche Instagram, whatsapp, disqus, sexychat, yogichat. Se volete dire a qualcuno di tornarsene nella giungla sappiate che ovunque voi siate sarete ritrovati, identificati, processati e condannati.
Cosa fare allora?
Non si può fare molto. E’ inutile che diciate a un nero “ma va a quel paese“, senza specificare meglio a quale paese vi riferite. Potrebbe essere ancora più rischioso che mandarlo direttamente nella giungla. Temo non ci siano soluzioni. Se dovete proprio insultare un nero, respirate profondamente, pensate al vostro conto corrente in banca, a tutto il lavoro che avete dovuto fare per risparmiare quattro euro e state zitti. Se il nero vi dice “bianco di merda” non provateci a ricambiare la cortesia. Lui non può essere razzista, perché nero. Voi invece si, razzisti a prescindere perché bianchi.
Calma e pazienza.
Mi raccomando, lo ripeto ancora una volta. Il reato di “istigazione all’odio razziale” è perseguibile d’ufficio, non occorre querela di parte, quindi andate incontro a processo certo e condanna certa, visti i precedenti. Fate anche attenzione agli sguardi che tradiscono rabbia perché i passanti potrebbero interpretarli come “incitamento all’odio razziale”. Lo sguardo dev’essere sempre rilassato ed è bene abbozzare un sorriso compiaciuto.
Se non ci riuscite provate a pensare che l’uomo o la donna che avete davanti a voi, se proviene da un posto diverso dall’Italia, ha una pelle più scura della vostra o professa una religione diversa dalla religione cattolica, sta sicuramente lavorando duro per pagare la vostra futura pensione. Si tratta di persone socialmente impegnate.
Se proprio volete dire “tornatene nella giungla” a qualcuno ditelo a un conoscente, o andate nei boschi e urlatelo ai quattro venti, oppure chiudetevi nella vostra stanza, mettetevi un cuscino in bocca (potrebbe sentirvi qualche passante nero e denunciarvi) e urlate a squarciagola
“TORNATEVENE TUTTI NELLA GIUNGLA”
Dopodiché bevetevi una tisana rilassante e andate a dormire. Mi raccomando, dev’essere un “tutti” generico, non rivolto ad un’etnia in particolare, altrimenti va a finire che peggiorate la vostra situazione.
Ultimo consiglio. Ai vostri figli piccoli dite che gli africani sono i benvenuti. Sapete come sono i bambini, loro parlano a scuola, raccontano, dicono alle maestre quel che dicono papà e mamma a casa e se quel che dite non è “conforme e allineato col pensiero unico globale” arrivano gli assistenti sociali e vi portano via i figli in quanto voi siete genitori indegni. Quindi, attenzione a quel che fate.
Tutto questo a causa di una legge liberticida, voluta da alcuni, approvata nel 1993, una legge che porta il nome di legge Mancino, scritta da altri però.
di Giorgio Lunardi
Fonte:
http://www.altreinfo.orgPS: Come sempre, alla fine di ogni mio post ci tengo a precisare che io amo tutti i terrestri, soprattutto se hanno la pelle almeno un po’ più scura della mia. Amo i mussulmani, gli ortodossi, i cattolici, gli ebrei, i buddisti, gli induisti ecc. ecc. E amo Cecile Kyenge, naturalmente. A dire il vero, la invidio anche un po’. Lei può querelare a destra e manca un sacco di gente incauta, dalla penna facile, mentre io invece devo lavorare come un nero per sopravvivere.
OPS… “lavorare come un nero” può essere inteso come “istigazione all’odio razziale”? Meglio specificare: lavorare come un nero vuol dire lavorare sodo, lavorare tanto, lavorare duro. E’ un’affermazione positiva.
Dire "italiano di merda" o "talebano" non è reato, dire "negro" si, parola di giudiceGiuseppe D'Alessandro
Domenica, 02 Febbraio 2020
https://www.retidigiustizia.it/leggi-e- ... onda-parte Non può esservi dubbio che le offese di carattere razziale siano fra quelle più odiose e anche pericolose, perché implicitamente "degradano" l'avversario come persona, non già per il suo comportamento. Inoltre un passato non molto lontano dovrebbe far riflettere tutti sui pericoli insiti in questi deprecabili atteggiamenti. La parte del leone in questa (misera) classifica la fanno gli insulti che utilizzano termini riferiti a persone provenienti dal continente africano, primo fra tutti marocchino, seguito da negro, arabo, libico e africano. Com'è ovvio si tratta di parole per lo più neutre, ma che in un determinato contesto possono assumere il tono dell'offesa. Così la Cassazione ha ritenuto in una particolare circostanza che il termine extracomunitario integrasse la diffamazione (5553/08). Le tesi difensive tendenti a valutare asetticamente il significato di un termine sono sempre state rigettate dal Supremo Collegio, il quale ha ritenuto che sostantivare l'aggettivo che riflette la provenienza etnica di una persona ed apostrofare quest'ultima in tal modo, con evidente atteggiamento di scherno e dileggio, costituisce ingiuria (Cass. 19378/05). Se poi il sostantivo è aggettivato da altro termine chiaramente offensivo, l'aggravante dell'odio razziale è assicurata.
Così il supremo collegio ha ritenuto sussistere l'aggravante nell'espressione "sporca negra" in quanto "combina la qualità negativa al dato razziale" e inoltre "non risulta adottata in occidente alternativamente l'espressione sporco giallo, né in Africa o Cina sporco bianco" (Cass. 9381/06). Meno rigido è invece l'atteggiamento dei giudici quando l'offesa razziale (o forse sarebbe meglio dire xenofoba) concerne uno straniero che proviene da uno Stato a noi vicino, quale ad esempio la Croazia. Probabilmente perché, dal colore della pelle, gli Europei vengono ritenuti appartenenti alla "nostra" razza. Dire "porco croato" a un cittadino di Zagabria è sì un'ingiuria, ma priva dell'aggravante razziale, in quanto la gente croata fa parte dello stesso popolo europeo (Cass. 39233/08). Se poi l'insultato è un italiano ed è insultato perché tale, il fatto costituisce sì reato, ma senza l'aggravante razziale. Quindi dire a un abitante del bel Paese "italiano di merda" non implica un disprezzo razziale, neanche se a dirlo è un…nero (come nel caso in esame). La Cassazione, che se ne è occupata con la sentenza 25.03.10 n.11590, ha voluto però precisare ancora una volta che l'esclusione dipende dal contesto in cui la frase era stata detta. Tuttavia tale motivazione sembra poco convincente: quando una persona viene chiamata con l'appellativo della nazionalità, appare evidente come il disprezzo portato dal secondo termine di natura escrementizia non può che essere denigratorio, oltre che della persona, della nazione alla quale appartiene.
Un'ultima annotazione: dare del razzista è reato? Dipende: se è la reazione a un atteggiamento ritenuto illegittimo, l'agente va esente da pena. Alcuni poliziotti avevano fermato due cittadini nigeriani trattenendoli senza apparente motivo. Per questo un giovane fiorentino presente li aveva qualificati "razzisti". Da qui la querela e la condanna da parte del giudice di pace di Firenze a mille euro di multa; decisione ribaltata dalla Cassazione con sentenza 29338 del 2010 che ha ritenuto trattarsi di reazione legittima.
Nel linguaggio comune è poi entrato il termine talebano, che in origine indicava semplicemente gli studenti delle scuole coraniche (incaricati della prima sommaria alfabetizzazione, basata esclusivamente su testi sacri islamici). Successivamente questo termine è passato a indicare i fondamentalisti presenti soprattutto in Afghanistan e nel confinante Pakistan. A rigore, esso non designare una "qualità razziale", ma costituisce sempre un'indicazione legata alla provenienza (Afghanistan e Pakistan) ed è divenuto sinonimo di persona intollerante. Ebbene tale termine, secondo una massima della Cassazione, non è ritenuto lesivo della onorabilità, a patto che rimanga nell'ambito di un dibattito politico (15323/08).
Foligno, maestro chiamò scimmia due bimbi nigeriani. La Procura chiede il processo: "È stato razzismo" 30 settembre 2020
https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/0 ... o/5487494/L'episodio risale a febbraio 2019. L'uomo aveva apostrofato i due bimbi chiamandoli "brutti" e "scimmia", costringendo uno dei due a girare il banco. Per i pm si tratta di maltrattamenti, aggravati dalla discriminazione
Aveva insultato due bambini di colore, suoi alunni apostrofandoli “brutto” e “scimmia”, costringendo uno di loro a girare il banco verso la finestra. La procura di Spoleto, ora che le indagini si sono concluse, non ha dubbi: è stato razzismo. Responsabile un maestro supplente, ora sospeso, che insegnava in una scuola pubblica di Foligno. Per lui sono stati ipotizzati due reati: abuso di mezzi di correzione e maltrattamenti, entrambi aggravati dall’odio etnico e razziale. In particolare, secondo l’accusa, il docente ha avviato “trattamenti umilianti, degradanti e discriminatori” al punto da – riporta la Nazione – “mettere in pericolo la salute psichica” dei bambini, causando “stati d’ansia e disturbi del comportamento”.
L’uomo, al contrario, ha sempre negato di avere agito per razzismo, sostenendo invece di aver svolto una sorta di esperimento didattico: “Un’attività per l’integrazione finalizzata a far prendere coscienza agli studenti del concetto di differenza razziale e di discriminazione”.
I fatti risalgono a febbraio 2019. Il maestro aveva richiamato l’attenzione degli altri alunni sul primo dei bambini, due fratelli nigeriani: “Ma che brutto che è questo bambino nero! Bambini, non trovate anche voi che sia proprio brutto? Girati, così non ti devo guardare”. Poi, stando alle ricostruzioni, gli aveva fatto girare il banco verso la finestra e lo aveva obbligato a guardare fuori: “Non ti voltare così non vedo come sei brutto”. Il giorno dopo una scena simile era avvenuta con la sorella: “Io conosco tuo fratello, tu sei brutta come lui. Che nome lungo ti hanno dato i tuoi genitori, ti posso chiamare scimmia?”. A riferirlo erano stati gli stessi bambinie la famiglia. Da allora, il docente è stato sospeso fino alla definizione del procedimento penale. Dopo quell’episodio non è più tornato in una classe.
La canzone choc del rapper nero: "Impiccate i bianchi e uccidete i bebè"Claudio Cartaldo - Mer, 26/09/2018
https://www.ilgiornale.it/news/spettaco ... 81108.html Bufera sul rapper francese Nick Conrad. Canzone e video choc inorridiscono la politica. Le Pen: "Non rimanga impunito"
Il rapper incita a "impiccare i bianchi" nella sua canzone e scoppia la polemica, con la procura francese che ha deciso di aprire una indagine per "incitazione a delinquere" contro Nick Conrad.
La canzone finita nella bufera si intitola "Plb" ed è il singolare acrinimo di Pendez les blancs, ovvero impiccate i bianchi. Non certo una canzone d'amore. Il testo è infatti chiaro, diretto e - secondo i pm francesi - meritevole anche di una inchiesta approfondita. "Entrate negli asili nido e uccidete i bebè bianchi - si sente dire nella canzone - Acchiappateli e impiccate i loro genitori".
Sulla questione è intervenuto anche il ministro dell'Interno del governo Macron, Gerard Collomb, il quale ha condannato "senza riserve i propositi abbietti e gli attacchi ignobili" del rapper. Immediata è scattata l'azione delle autorità Transalpine per togliere il video della canzone dal web.
Il rapper dal canto suo nega che il testo abbia intenti razzisti contro i bianchi, ma sostiene che si tratti di una provocazione (e questo era evidente) per far riflettere su quanto subito in passato dai bianchi. "Non è una incitazione all'odio", ha detto in una intervista, ma è "un invito a riflettere" sul razzismo, una "inversione dei ruoli", "una finzione che mostra cose accadute ai neri". Contro Conrad, però, si sono già scagliati anche gli esponenti della Licra, la Lega internazionale contro il razzismo e l'antisemitismo. "L'appello all'omicidio razzista della clip di Nick Conrad è abietto e di una violenza inaudita - ha scritto in un tweet l'organizzazione - La libertà creativa non vuol dire la libertà di esortare a impiccare i bianchi a causa del colore della loro pelle".
A sua difesa il rapper ha affermato che il video è stato realizzato da una troupe che all'80% era composta da persone bianche, nonostante nelle immagini si veda un occidentale pestato da due ragazzi di colore.
Durissimo il commento di Marine Le Pen: "Mentre molti compatrioti sperimentano il razzismo anti-bianco di cui nessun esperto o persona dei media autoproclamati parla - ha scritto su Twitter - questa provocazione non deve rimanere impunita. Non c'è nulla di artistico in ciò che è puramente e semplicemente una chiamata all'odio e all'omicidio!".
UN RAPPER NERO INCITA AD UCCIDERE I BIANCHI... MA GUAI A CONDANNARLOhttp://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5653La sua ''canzone'' dice: ''entrate negli asili nido, uccidete i bebè bianchi e poi impiccate i loro genitori''
Si fa alla svelta a gridare al razzismo: ma quando, ad esserne vittima, è un uomo bianco improvvisamente l'attenzione mediatica scema ed anche la giustizia diventa inspiegabilmente mansueta.
È il caso, ad esempio, del rapper nero Nick Conrad, di 35 anni, recentemente condannato, benché abbia continuato a proclamare la propria innocenza ed a negare d'essere razzista. Però il testo del suo brano, intitolato non a caso Plb-Pendez les blancs («Impiccate i bianchi»), non lascia adito a dubbi: «Entrate negli asili nido e uccidete i bebè bianchi - dice - Acchiappateli e poi impiccate i loro genitori».
Per questo, a fine marzo, è giunta la sentenza di condanna della Corte penale nei suoi confronti, una condanna incredibilmente clemente: 5 mila euro di sanzione, oltre tutto pena sospesa, per istigazione a delinquere.
La sua clip vomita violenza al punto da aver scatenato accese polemiche già dallo scorso settembre: nel video si vedeva un uomo bianco con un revolver infilato in bocca o con la testa schiacciata contro il marciapiede.
Eppure il rapper si è detto «deluso» dalla sentenza ed ha preannunciato di voler ricorrere addirittura in appello: «La lotta continuerà», ha dichiarato, benché, alla fine, egli si sia ritrovato finora a dover sborsare solo mille euro per danni a due associazioni costituitesi parti civili, la Licra-Lega internazionale contro il razzismo e l'antisemitismo e l'Agrif-Alleanza generale contro il razzismo e per il rispetto dell'identità francese e cristiana.
UN'AGGRESSIONE OMOFOBA E RAZZISTA? IN REALTÀ ERA TUTTO FALSO
Chissà perché, però, quando il politicamente corretto si rivela scorretto, all'epidermica ed immediata levata di scudi iniziale si sostituisce un imbarazzato silenzio. Capita non solo quando la vittima del razzismo sia bianca, ma anche quando la violenza omofobica si riveli, in realtà, solo ed unicamente una gigantesca farsa o, peggio, un pretesto.
Qualcuno avrà forse saputo, ad esempio, dell'arresto dell'attore omosessuale afro-americano Jussie Smollett, accusato lo scorso febbraio di essersi letteralmente inventato un'aggressione «omofoba» e «razzista», raccogliendo, sulla parola, la solidarietà di molte star ed una copertura mediatica internazionale.
Pochi i riflettori rimasti accesi, però, per spiegare che, in realtà, quella di Smollett è stata soltanto un'enorme montatura, per procurarsi una facile pubblicità gratuita. Dopo il suo rilascio su cauzione, è stato licenziato dalla serie tv in cui recitava ed ora rischia fino a tre anni di carcere. Ma di lui nessuno parla più. E figuracce come questa sono purtroppo più frequenti di quanto si creda.
L'ISLAM PUÒ INFANGARE IL CRISTIANESIMO E NESSUNO DEVE PROTESTARE
Lo stesso accade con l'islam, altro tema "tabù", nei cui confronti l'Occidente rivela una clemenza pari al lassismo anche laddove i precedenti suggeriscano maggior rigore e severità. Lo rivelano vicende come quella di Basit, un 19enne afghano, ufficialmente in Francia come rifugiato politico: in realtà, si è già distinto per aver danneggiato il portone della Sottoprefettura di Fontainebleau e per aver minacciato di morte le guardie del castello, dichiarando la propria adesione all'Isis.
Nonostante tutto, il tribunale penale non lo ha riconosciuto colpevole di apologia del terrorismo, lo ha derubricato come giovane disagiato, quindi lo ha condannato ad un anno di reclusione, ma con la sospensione della pena. Lo status di enfant terrible gli ha consentito d'aver accesso al regime di messa in prova per 36 mesi, nonché gratuitamente alle cure psichiatriche e sanitarie del caso ed alla formazione al lavoro. Unica misura restrittiva: il divieto di frequentare il castello di Fontainebleau. Nient'altro.
Anche in questo caso non è stato chiuso un occhio, ma tutti e due. Come si è fatto anche negli studi radiofonici di France Inter, allorché, proprio - si badi - nel pomeriggio di Venerdì Santo, si è lasciato esibire e pagato con soldi del servizio pubblico un sedicente cantante, lanciatosi in un'oscena, vergognosa, delirante, canzonatoria interpretazione del rogo di Notre-Dame.
Quello trasmesso, nel giorno della morte di Cristo in croce, è stato un bieco oltraggio alla fede ed alle convinzioni più intime di milioni di cattolici, cui tuttavia viene chiesto di starsene zitti e guai al primo che parla, immediatamente tacciabile d'integralismo e fanatismo religioso in nome di un illimitato senso della «libertà d'espressione», per la verità ridotta a libertà d'insulto e, chissà perché, attivabile soltanto a senso unico, il senso cioè di chi canti col coro, rendendo i cristiani un bersaglio.
Ancora una volta, nei casi citati ed in molti altri, un'omertà complice ha consentito il trionfo non del buon senso, della giustizia e del buon gusto, bensì dell'ideologia, del pregiudizio e del «politicamente corretto».
Nota di BastaBugie: nel video seguente (durata: 2 minuti) dal titolo "I numeri dell'invasione islamica" fotografa la reale situazione dei musulmani nel nostro Paese. Ne esce un quadro drammatico che dovrebbe far riflettere su quanto sia urgente un cambio di rotta radicale e immediato.
«Impiccate i bambini bianchi», a processo il rapper Nick ConradGiuseppe Gaetano
30 settembre 2018
https://www.corriere.it/esteri/18_sette ... f8b0.shtml«Entrate negli asili nido e uccidete i bebè bianchi. Acchiappateli e poi impiccate i loro genitori». Il rapper parigino Nick Conrad sarebbe rimasto probabilmente per sempre un (poco) emerito sconosciuto nel panorama musicale se non gli fosse balenata in mente l’intuizione di scrivere un testo così atroce. «Je rentre dans des crèches, je tue des bébés blancs, Attrapez-les vite et pendez leurs parents» recita il verso in lingua originale, contenuto nel suo ultimo brano "Pendez les blancs", "Impiccate i bianchi" appunto. La canzone contempla anche un coro: «Appendeteli tutti, appendete i bianchi. Nessuna pietà, muoiano tutti insieme, dai l'esempio, torturali in gruppo» intona l'allegro ritornello. Conrad è stato interrogato dai giudici sabato e rimesso in libertà, in vista del processo per istigazione all’odio razziale che comincerà il prossimo 9 gennaio, in cui rischia fino a 5 anni di carcere e 45mila euro di multa. Il ministro dell’Interno francese, Gerard Collomb, ha chiesto e ottenuto di rimuovere da tutto il web la videoclip in cui si vede, o meglio si vedeva, un uomo bianco raggiunto da una pallottola alla schiena e impiccato con il sinistro avvertimento «questo è solo l'inizio». Intervistato da RTL, il musicista assicura che il testo non voleva in alcun modo incitare alla violenza e di «non essere razzista». Figuriamoci se lo fosse stato: c’è da chiedersi cos’altro bisogna scrivere per meritarsi certe accuse.
«Impiccate i bambini bianchi», a processo il rapper Nick Conrad
Conrad non ha mai fatto mistero del suo "orgoglio nero" e della sua battaglia per i diritti della comunità "black", vissuti però in contrapposizione con quelli del resto della popolazione, come se gli uni dovessero necessariamente escludere gli altri. Ma da qui a incitare alla strage ce ne passa. Oltre alla Rete, contro di lui si è scagliata anche la Licra, la Lega contro il razzismo e l’antisemitismo: «La libertà di creazione artistica - avverte l’organismo - non equivale alla libertà di incitare all’impiccagione dei bianchi per il colore della loro pelle». La vicenda ha varcato i confini transalpini. In Gran Bretagna un altro Nick Conrad, uno sfortunato presentatore della Bbc omonimo del rapper, è stato oggetto di «minacce di morte» sui social network, a causa di un clamoroso scambio di persona. L'eco delle parole è giunta anche in Italia, alle orecchie di Matteo Salvini: «Roba da matti - twitta il ministro dell’Interno -. Dicono che è libertà culturale, a me pare solo una schifezza».