Il caso di Giulio Meotti, un intellettuale giornalista di "destra liberale" che difende gli ebrei vivi e Israele e che viene demonizzato dagli ebrei di sinistra che credono di avere il monopolio della Shoà e che difendono solo gli ebrei morti ma non quelli vivi di Israele; Shoà da loro strumentalizzata a danno delle destre, degli ebrei di destra e dei cittadini italiani, europei e statunitensi che difendono oltre agli ebrei vivi del Mondo e di Israele anche i loro diritti naturali e universali, civili e politici.
Intervengo sulle polemiche nazionali in merito al mio articolo uscito ieri sul Foglio sul dottor Mengele.
Giulio Meotti
2 febbraio 2020
https://www.facebook.com/giulio.meotti/ ... 5545828532Intervengo sulle polemiche nazionali in merito al mio articolo uscito ieri sul Foglio sul dottor Mengele. Contro ha parlato persino il sindaco di Roma, Virginia Raggi. Mi hanno accusato di aver “elogiato”, “giustificato” e “scusato” Mengele, come se nell'articolo non avessi spiegato che il suo era l'inferno in terra. Cosa rispondere a simili offese folli e diffamanti? Mai vista una cosa del genere. Come è nata dunque la vicenda? E' in uscita un libro di Marwell, che ha dato la caccia al medico di Auschwitz e già direttore del Museo del patrimonio ebraico di Washington. Vi racconta come il dottore che decideva chi dovesse vivere e morire avesse non soltanto due lauree (medicina e antropologia), ma che avesse studiato con il Nobel Frisch, che era il primo allievo del maggiore genetista tedesco del tempo (Verschuer), che Mengele si stava preparando alla docenza universitaria, che venne pubblicato dalle maggiori riviste sull'ereditarietà del tempo, che una volta ad Auschwitz continuò a collaborare con l'Istituto Kaiser Wilhelm da cui uscirono tanti Nobel, che inviava loro campioni di “materiale” preso ad Auschwitz durante la sua opera di morte, che collaborò perfino con il Nobel Butenandt, che fu insomma un ricercatore importante uscito dal ventre di una medicina malata ed eugenetica. Non era il solo, Mengele. Chi ha scoperto l'autismo, il dottor Asperger, collaborò con i nazisti per mandare a morte i bambini malati. Il manuale di anatomia ancora in uso lo ha scritto il dottor Pernkopf, che fece esperimento sulle vittime del nazismo. E qualche anno fa, lo Spiegel pubblicò un articolo con questo titolo: “Mengele era un ricercatore di punta nel campo della genetica? Il medico delle SS ha condotto esperimenti ad Auschwitz per conto dei laboratori tedeschi”. L'ho giudicata una storia agghiacciante e molto importante e ne ho scritto, perché sì Mengele fu un “mostro”, ma fu mostruosa anche la scienza di cui era rappresentante. Scienza e cultura non sono di per sé espressioni positive, possono diventare scienza di morte. Mi duole se l'articolo ha ferito qualcuno, ma non ci saranno le mie scuse anche a fronte delle aggressioni che ho ricevuto, anche di parte ebraica. Evidentemente ho rotto un tabù. Pubblico qui il mio articolo. Ai posteri l'ardua sentenza.
Un album di fotografie fu spedito al Museo dell'Olocausto di Washington nel 2007 da un anonimo che lo aveva ritrovato in un appartamento di Francoforte. Erano immagini che, per la prima volta, raffiguravano Auschwitz non solo come un centro di sterminio, ma anche come un luogo dove si viveva. L'album era di Karl Höcker, l'aiutante di Richard Baer, ultimo comandante del campo. Tra le 116 fotografie in bianco e nero scattate nel 1944 ve ne erano un certo numero che raffigurano ufficiali delle SS a Solahütte, un sottocampo di Auschwitz a trenta chilometri da Birkenau e che funzionò da rifugio ameno per il personale addetto allo sterminio. Il dottor Josef Mengele, sorridente e rilassato, compare in otto fotografie. Nell'immaginazione popolare, Mengele è arrivato a personificare la Shoah. Tutti gli altri, da Hitler a Himmler passando per Eichmann, vi presero parte da dietro a una scrivania a Berlino. Mengele lo fece sul campo, o meglio, sulla "rampa" di Auschwitz. Nessuno più di lui incarna la frase di George Steiner secondo cui i nazisti crearono l'inferno sulla terra che per secoli i poeti e pittori europei avevano immaginato e raffigurato. Con una rotazione del pollice, il dottore decideva chi sarebbe vissuto, anche se solo brevemente, e chi sarebbe andato alla camera a gas. Ci si domanda chi Il più famoso genetista tedesco Verschuer scrisse: "La tesi del dottor Mengele è un'opera accademica originale" Alla fine della guerra chi lo aveva aiutato al Kaiser Wilhelm (da cui uscirono ventiNobel) distrusse ogni traccia della ricerca di Mengele fosse quel medico con una laurea in medicina e una in antropologia, un uomo di grande cultura, nato in una famiglia cattolica, entrato molto tardi nelle SS, che prese parte alla selezione di centinaia di migliaia di esseri umani e che, quando nel 1944 scoppiò il tifo nel "campo ceco" di Auschwitz, mandò alla morte col gas tutti i detenuti, risolvendo così il problema. David Marwell, ex direttore del Museo del patrimonio ebraico di New York, è dal 1985 che pensa a Mengele, da quando lavorava all'ufficio che si occupava dei criminali nazisti al Dipartimento di stato e che gli diede la caccia fino in Brasile, dove Mengele è morto nel 1979. Adesso, in un libro per W. W. Norton e Company e in uscita questa settimana, "Mengele: Unmasking the Angel of Death", Marwell ci racconta non il mostro mitologico, ma lo scienziato. "Ciò che si sa del tempo di Mengele ad Auschwitz è più cliché che verità", scrive Marwell. "La reputazione fuori misura come mostro medico è inversamente proporzionale a ciò che si sa su quello che ha effettivamente fatto". No, Mengele non era un "bel Sigfrido", ma basso e scuro, con un goffo spazio tra i denti anteriori. No, non indossava guanti bianchi e monocolo che Elie Wiesel ricordava. No, non canticchiava Wagner mentre mandava a morte donne e bambini. No, non era un uomo di "insondabile perversione”, Mengele si considerava un serio uomo di scienza, che scandagliava i misteri dell'eredità per perfezionare il Volk. Auschwitz era il suo laboratorio, gli offriva soggetti infiniti e lo aveva liberato da fastidiose inibizioni etiche. "Dove più di un milione di persone hanno perso la vita, Mengele ha trovato la sua". E' questa la storia terribile raccontata da Marwell. E' la storia di un ricercatore che lavorava al Kaiser Wilhelm Institute per l'Antropologia, il miglior istituto scientifico in Europa all'epoca. Racconta Marwell che l'apprendistato del dottore ebbe inizio a lezione dell'etologo austriaco Karl von Frisch, che verrà insignito del Nobel per la Medicina nel 1973. Allora era il capo dell'Istituto di Zoologia dell'Università di Monaco ed era diventato famoso per il suo studio delle api. "Era qualcosa che non avevo mai provato prima in vita mia, Von Frisch accese la mia `fiamma zoologica', ma in modo così duraturo che ho tenuto questo fuoco per tutta la vita e ne sono stato troppo spesso riscaldato", scriverà Mengele. I suoi insegnanti erano fra i maggiori ricercatori del tempo, da Nikolaus von Jagic, capo della clinica medica dell'Università di Vienna, a Wolfgang Denk, capo della clinica chirurgica della stessa. Mengele studiò anche con Leopold Arzt, capo della clinica di dermatologia e malattie veneree, che venne cacciato dai nazisti nel 1939 per essersi opposto all'Anchluss. Poi a Monaco, dove assieme a Medicina, Mengele sceglie Antropologia sotto la guida del famoso Theodor Mollison, che divenne il suo "Doktorvater", supervisore. Poi l'Università di Francoforte, dove insegnava il mentore del dottore nazista, Otmar von Verschuer, il più famoso genetista del tempo. Era la "Oxford tedesca", un paradiso di conoscenza e ricerca. "A settembre 1937, Mengele aveva soddisfatto tutti i requisiti per la sua laurea in Medicina e aveva ricevuto la sua nomina come medico. Mengele ha iniziato il suo secondo dottorato, non ne aveva bisogno per esercitare, ma era necessario per una carriera accademica...". Mengele ambiva alla docenza universitaria.
Per la sua tesi sull'ereditarietà delle malformazioni al labbro, Mengele identificò 110 bambini che erano stati curati per una palatoschisi dal dipartimento chirurgico della clinica universitaria di Francoforte tra il 1925 e il 1935. Da questi ha ridotto il numero a diciassette, selezionando quelli che vivevano a Francoforte e che avevano sia il labbro leporino sia la palatoschisi. Parlando con i genitori di questi bambini, Mengele ricostruì la genealogia delle diciassette famiglie. E presentò e difese la sua tesi nell'estate del 1938. Nella sua valutazione ufficiale, Verschuer scrisse: "La tesi del dottor Mengele è un'opera accademica originale, eseguita in modo indipendente, che ha richiesto non solo grande tenacia per superare tutti gli ostacoli ma anche acute capacità di osservazione e cura nell'esecuzione degli esami". Il lavoro di Mengele sarebbe stato pubblicato un anno dopo in un rispettato giornale, Zeitschrift für Menschliche Vererbungs und Konstitutionslehre (la rivista degli studi sull'ereditarietà umana) e avrebbe ricevuto la dovuta attenzione nel Handbuch der Erbbiologie des Menschen (Manuale di biologia genetica umana), che lo ha descritto come "un progresso nello studio della patologia genetica del labbro leporino". Una fotografia degli scienziati riuniti all'università rivela un giovane Mengele in posa sui gradini con i giganti della scienza: Eugen Fischer, Otmar von Verschuer, Alfred Ploetz e Theodor Mollison. Era nato un promettente scienziato. Verschuer scrisse la sua lettera di raccomandazione: "Dopo la mia esperienza degli ultimi due anni, sono diventato convinto che il dottor Mengele sia adatto per una carriera accademica". La guerra e la Shoah ne complicano il percorso. Mengele è assegnato ad Auschwitz. "Se fosse stato possibile osservarlo nella sua mente, immagino che rivelerebbe un'enorme soddisfazione nel percorso intrapreso dalla sua vita" scrive Marwell. "In giovane età - a soli trentatré anni - Mengele si trovò sulla cuspide del grande successo. Il suo studio, la preparazione e il duro lavoro lo avevano portato in un posto senza precedenti nella ricerca della scienza che era la sua passione consumante. Nessuno nella storia aveva avuto accesso alla materia prima che gli stava di fronte o era stato così liberato dalle restrizioni che domavano l'ambizione e limitavano il progresso scientifico". Ad Auschwitz Mengele andò di propria iniziativa o su invito di Verschuer? Il figlio di Mengele, Rolf, a un intervistatore nel 1985 disse che sua madre gli aveva detto che Verschuer aveva "motivato" Mengele ad andare ad Auschwitz e che gli aveva chiesto di farlo. Hans Sedlmeier, dirigente della società Mengele di Günzburg e amico di famiglia, ha riferito ai pubblici ministeri tedeschi nel 1984 che Mengele aveva affermato che Verschuer contribuì a organizzarne il trasferimento. "Mengele stava progettando di usare la sua ricerca di Auschwitz come base per la sua Habilitationschrçft, la tesi post-dottorato, che era un prerequisito per una carriera accademica" scrive Marwell. Ad Auschwitz, Mengele avrebbe costruito un vero e proprio centro di ricerca, arruolando anche fra i prigionieri scienziati, come il pediatra di fama mondiale Berthold Epstein. Mengele continuò la sua ricerca sul labbro leporino e la nascita dei gemelli. Alla vigilia della Seconda guerra mondiale, nel giugno del 1939, Otmar von Verschuer aveva tenuto una conferenza alla Royal Society di Londra, intitolata "Ricerca sui gemelli dal tempo di Galton ai giorni nostri". Il mentore di Mengele era molto interessato a quanto avveniva ad Auschwitz. Indubbio è che von Verschuer, autorità mondiale sui gemelli, ricevette da Mengele moltissimi "preparati umani", dagli occhi ai campioni di sangue di persone di diversa origine razziale. Hans Münch, medico nel campo, ha ricordato che "Mengele affermò che non utilizzare le possibilità offerte da Auschwitz sarebbe `un peccato' e `un crimine irresponsabile nei confronti della scienza". Secondo Horst Fischer, un altro medico di Auschwitz, Mengele parlava spesso "con entusiasmo" del suo lavoro scientifico e del "materiale" che aveva davanti, descrivendo "un'opportunità unica che non sarebbe mai stata più offerta". Un altro antropologo detenuto ad Auschwitz e che Mengele reclutò nel suo laboratorio, Erzsebet Fleischmann, dirà che il lavoro di Mengele, seppur moralmente aberrante, era "scientificamente legittimo". Lo storico Massin scrive: "A volte Mengele è rappresentato come l'incarnazione del medico pseudoscientifico delle SS, che, in completo isolamento, esegue i suoi esperimenti astrusi. In effetti, Mengele era strettamente legato alla comunità scientifica". Il dottore per tutto il tempo ad Auschwitz mantenne un legame molto stretto con i suoi superiori accademici. "La prima cosa che ogni coppia di gemelli ad Auschwitz ha dovuto fare è compilare un questionario dettagliato dell'Istituto Kaiser Wilhelm", ha ricordato il detenuto Zvi Spiegel. Alla fine del 1943, Mengele, fu invitato privatamente dai Verschuer per una cena. "Che succede ad Auschwitz?", chiese la moglie del professore. "Non posso parlarne, è orribile", rispose Mengele. Quando i sovietici si avvicinarono a Berlino nella primavera del 1945, il professor Verschuer diede l'ordine di distruggere tutti i "file segreti". Non rimase nulla della ricerca svolta da Mengele ad Auschwitz. Più tardi, quando Verschuer assunse la cattedra di Genetica umana a Münster nella neonata Repubblica Federale tedesca, non riuscì a ricordare nulla. "Auschwitz? Non so". Sospetti sono sarebbero stati sollevati anche sui legami di Mengele con Adolf Butenandt (1903-95), uno dei pionieri della ricerca genetica europea, premio Nobel e uno degli studiosi più influenti del suo tempo. La trasformazione di Mengele in un "angelo della morte" aveva la funzione di sollievo. La vera scienza doveva essere rimasta pura, soltanto dei pazzi sadici e criminali si compromisero col nazismo. Ma dal Kaiser Wilhelm in quegli anni non usci soltanto il medico di Auschwitz, ma anche venti Premi Nobel. Fu un ricercatore di grande talento e fu aiutato dai migliori scienziati del tempo. Ma per attenuare l'orrore di tanto "progresso" abbiamo dovuto trasformare il dottor Mengele in un dottor Mabuse.
Polemiche su Il Foglio e Mengele ‘brillante scienziato’, Giuliano Ferrara: “Chi parla di riabilitazione è un idiota”
2 febbraio 2020
https://globalist.it/life/2020/02/02/po ... 52402.html L’articolo comparso ieri sul Foglio su Mengele, il medico di Auschwitz che si macchiò di orrendi crimini e che morì in Brasile nel 1979 senza aver mai scontato una condanna per i suoi orrori, sta ancora suscitando polemiche.
L’articolo di Giulio Meotti riguardava una nuova biografia di Mengele (Unmasking the Angel of Death) scritta da David Maxwell, che al Dottor Morte diede la caccia fino in Brasile, senza riuscire a consegnarlo alla giustizia.
Il titolo scelto ("Il Professor Mengele. Non solo un assassino. Un brillante ricercatore al fianco dei grandi scienziati del tempo. Una nuova biografia”.) aveva suscitato parecchie polemiche online, specie su twitter dove in molti avevano attaccato il direttore de Il Foglio Cerasa.
Molti hanno accusato il giornale di riabilitazione di un criminale nazista e su Globalist avevamo scritto come il pezzo, in realtà, di veramente infelice avesse solo il titolo. In ogni caso, le accuse sono state ripetute anche da Virginia Raggi, che ha scritto un tweet contro il direttore: “Mentre a Roma abbiamo cambiato nomi a strade dedicate a chi ha firmato Manifesto della Razza, Claudio Cerasa e il Foglio provano a riabilitare un assassino come il medico nazista Josef Mengele l' ''angelo della morte" di Auschwitz, che usava bambini come cavie. Vergogna!”.
Tweet cui ha risposto un piccato Cerasa: “Caro sindaco, questo tweet puzza più delle strade della città che lei non governa. Ma capisco che dopo aver devastato Roma manipolare la realtà è l’unico modo che le resta per andare avanti. Si legga l’articolo e quando vuole le facciamo una lezione gratuita di antisemitismo”.
Ma più di tutti è Giuliano Ferrara che ha reagito con violenza agli attacchi, scrivendo sempre su twitter: “Meotti ha scritto che Mengele non era diabolico per suo conto ma la perfetta incarnazione di uno scientismo eugenetico che trovava nell'inferno di Auschwitz il laboratorio delle sue idee progressiste. Chi parla di riabilitazione è un cretino ignorante, inutile discutere”.
IN MERITO A UNA POLEMICA IDIOTA
Niram Ferretti
2 febbraio 2020
https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063Le polemiche sorte intorno intorno all'articolo di Giulio Meotti su Joseph Mengele, che prende spunto da un libro di prossima pubblicazione "Mengele Unmasking the angel of death" sono a dir poco demenziali e dimostrano, se ce ne fosse ancora bisogno, il grado di idiozia a cui siamo giunti.
Per chiunque sia alfabetizzato e non abbia seri problemi con l'italiano, l'articolo è di una chiarezza abbacinante ed evidenzia come Mengele, il mostro Mengele, non fosse un caso isolato, una aberrazione della natura come Gilles de Rais, ma facesse parte integrante di un sistema, quello medico-scientifico tedesco durante il Terzo Reich.
Era un uomo dotato di talento scientifico (eh sì anche i mostri possono essere dotati di intelligenze sopra la media), un uomo che mise la sua intelligenza al servizio di una causa aberrante. Come lui lo fecero molti altri.
No, non era un freak da esibizione circense.
Qualcuno magari scoprirà che uno dei più grandi scrittori del Novecento, Louis-Ferdinand Céline era anche un antisemita, e che uno dei maggiori giuristi e pensatori politici sempre del Novecento, Carl Schmitt, faceva parte del partito nazista, che uno dei maggiori filosofi sempre del Novecento, Martin Heidegger ebbe con il nazismo un rapporto assai ambiguo.
Le animucce belle saranno forse scandalizzate, ma l'intelligenza anche superiore di alcuni individui può subire profonde alterazioni e sprofondare nella melma e nell'abiezione lasciando tuttavia il talento intatto.
La scienza del male
di Giulio Meotti
3 febbraio 2020
https://www.ilfoglio.it/scienza/2020/02 ... le-299828/Un album di fotografie fu spedito al Museo dell’Olocausto di Washington nel 2007 da un anonimo che lo aveva ritrovato in un appartamento di Francoforte. Erano immagini che, per la prima volta, raffiguravano Auschwitz non solo come un centro di sterminio, ma anche come un luogo dove si viveva. L’album era di Karl Höcker, l’aiutante di Richard Baer, ultimo comandante del campo. Tra le 116 fotografie in bianco e nero scattate nel 1944 ve ne erano un certo numero che raffigurano ufficiali delle SS a Solahütte, un sottocampo di Auschwitz a trenta chilometri da Birkenau e che funzionò da rifugio ameno per il personale addetto allo sterminio. Il dottor Josef Mengele, sorridente e rilassato, compare in otto fotografie.
Nell’immaginazione popolare, Mengele è arrivato a personificare la Shoah. Tutti gli altri, da Hitler a Himmler passando per Eichmann, vi presero parte da dietro a una scrivania a Berlino. Mengele lo fece sul campo, o meglio, sulla “rampa” di Auschwitz. Nessuno più di lui incarna la frase di George Steiner secondo cui i nazisti crearono l’inferno sulla terra che per secoli i poeti e pittori europei avevano immaginato e raffigurato. Con una rotazione del pollice, il dottore decideva chi sarebbe vissuto, anche se solo brevemente, e chi sarebbe andato alla camera a gas. Ci si domanda chi fosse quel medico con una laurea in medicina e una in antropologia, un uomo di grande cultura, nato in una famiglia cattolica, entrato molto tardi nelle SS, che prese parte alla selezione di centinaia di migliaia di esseri umani e che, quando nel 1944 scoppiò il tifo nel “campo ceco” di Auschwitz, mandò alla morte col gas tutti i detenuti, risolvendo così il problema.
Non era un “bel Sigfrido” e non portava guanti bianchi. “Si vedeva come un uomo di scienza”, scrive Marwell, che gli diede la caccia. Il più famoso genetista tedesco Verschuer scrisse: “La tesi del dottor Mengele è un’opera accademica originale”
David Marwell, ex direttore del Museo del patrimonio ebraico di New York, è dal 1985 che pensa a Mengele, da quando lavorava all’ufficio che si occupava dei criminali nazisti al Dipartimento di stato e che gli diede la caccia fino in Brasile, dove Mengele è morto nel 1979. Adesso, in un libro per W. W. Norton & Company e in uscita questa settimana, “Mengele: Unmasking the Angel of Death”, Marwell ci racconta non il mostro mitologico, ma lo scienziato.
“Ciò che si sa del tempo di Mengele ad Auschwitz è più cliché che verità”, scrive Marwell. “La reputazione fuori misura come mostro medico è inversamente proporzionale a ciò che si sa su quello che ha effettivamente fatto”. No, Mengele non era un “bel Sigfrido”, ma basso e scuro, con un goffo spazio tra i denti anteriori. No, non indossava guanti bianchi e monocolo che Elie Wiesel ricordava. No, non canticchiava Wagner mentre mandava a morte donne e bambini. No, non era un uomo di “insondabile perversità”. Mengele si considerava un serio uomo di scienza, che scandagliava i misteri dell’eredità per perfezionare il Volk. Auschwitz era il suo laboratorio, gli offriva soggetti infiniti e lo aveva liberato da fastidiose inibizioni etiche. “Dove più di un milione di persone hanno perso la vita, Mengele ha trovato la sua”. E’ questa la storia terribile raccontata da Marwell.
E’ la storia di un ricercatore che lavorava al Kaiser Wilhelm Institute per l’Antropologia, il miglior istituto scientifico in Europa all’epoca. Racconta Marwell che l’apprendistato del dottore ebbe inizio a lezione dell’etologo austriaco Karl von Frisch, che verrà insignito del Nobel per la Medicina nel 1973. Allora era il capo dell’Istituto di Zoologia dell’Università di Monaco ed era diventato famoso per il suo studio delle api. “Era qualcosa che non avevo mai provato prima in vita mia, Von Frisch accese la mia ‘fiamma zoologica’, ma in modo così duraturo che ho tenuto questo fuoco per tutta la vita e ne sono stato troppo spesso riscaldato”, scriverà Mengele. I suoi insegnanti erano fra i maggiori ricercatori del tempo, da Nikolaus von Jagic, capo della clinica medica dell’Università di Vienna, a Wolfgang Denk, capo della clinica chirurgica della stessa. Mengele studiò anche con Leopold Arzt, capo della clinica di dermatologia e malattie veneree, che venne cacciato dai nazisti nel 1939 per essersi opposto all’Anchluss. Poi a Monaco, dove assieme a Medicina, Mengele sceglie Antropologia sotto la guida del famoso Theodor Mollison, che divenne il suo “Doktorvater”, supervisore. Poi l’Università di Francoforte, dove insegnava il mentore del dottore nazista, Otmar von Verschuer, il più famoso genetista del tempo.
Era la “Oxford tedesca”, un paradiso di conoscenza e ricerca. “A settembre 1937, Mengele aveva soddisfatto tutti i requisiti per la sua laurea in Medicina e aveva ricevuto la sua nomina come medico. Mengele ha iniziato il suo secondo dottorato, non ne aveva bisogno per esercitare, ma era necessario per una carriera accademica...”. Mengele ambiva alla docenza universitaria. Per la sua tesi sull’ereditarietà delle malformazioni al labbro, Mengele identificò 110 bambini che erano stati curati per una palatoschisi dal dipartimento chirurgico della clinica universitaria di Francoforte tra il 1925 e il 1935. Da questi ha ridotto il numero a diciassette, selezionando quelli che vivevano a Francoforte e che avevano sia il labbro leporino sia la palatoschisi. Parlando con i genitori di questi bambini, Mengele ricostruì la genealogia delle diciassette famiglie. E presentò e difese la sua tesi nell’estate del 1938. Nella sua valutazione ufficiale, Verschuer scrisse: “La tesi del dottor Mengele è un’opera accademica originale, eseguita in modo indipendente, che ha richiesto non solo grande tenacia per superare tutti gli ostacoli ma anche acute capacità di osservazione e cura nell’esecuzione degli esami”. Il lavoro di Mengele sarebbe stato pubblicato un anno dopo in un rispettato giornale, Zeitschrift für Menschliche Vererbungs und Konstitutionslehre (la rivista degli studi sull’ereditarietà umana) e avrebbe ricevuto la dovuta attenzione nel Handbuch der Erbbiologie des Menschen (Manuale di biologia genetica umana), che lo ha descritto come “un progresso nello studio della patologia genetica del labbro leporino”.
Una fotografia degli scienziati riuniti all’università rivela un giovane Mengele in posa sui gradini con i giganti della scienza: Eugen Fischer, Otmar von Verschuer, Alfred Ploetz e Theodor Mollison. Era nato un promettente scienziato. Verschuer scrisse la sua lettera di raccomandazione: “Dopo la mia esperienza degli ultimi due anni, sono diventato convinto che il dottor Mengele sia adatto per una carriera accademica”. La guerra e la Shoah ne complicano il percorso.
Mengele è assegnato ad Auschwitz. “Se fosse stato possibile osservarlo nella sua mente, immagino che rivelerebbe un’enorme soddisfazione nel percorso intrapreso dalla sua vita” scrive Marwell. “In giovane età – a soli trentatré anni – Mengele si trovò sulla cuspide del grande successo. Il suo studio, la preparazione e il duro lavoro lo avevano portato in un posto senza precedenti nella ricerca della scienza che era la sua passione consumante. Nessuno nella storia aveva avuto accesso alla materia prima che gli stava di fronte o era stato così liberato dalle restrizioni che domavano l’ambizione e limitavano il progresso scientifico”. Ad Auschwitz Mengele andò di propria iniziativa o su invito di Verschuer?
Alla fine della guerra chi lo aveva aiutato al Kaiser Wilhelm (da cui uscirono venti Nobel) distrusse ogni traccia della ricerca di Mengele. “Usò il tempo ad Auschwitz per prepararsi alla carriera accademica. Nessuno prima di lui aveva avuto davanti tanto materiale umano”
Il figlio di Mengele, Rolf, a un intervistatore nel 1985 disse che sua madre gli aveva detto che Verschuer aveva “motivato” Mengele ad andare ad Auschwitz e che gli aveva chiesto di farlo. Hans Sedlmeier, dirigente della società Mengele di Günzburg e amico di famiglia, ha riferito ai pubblici ministeri tedeschi nel 1984 che Mengele aveva affermato che Verschuer contribuì a organizzarne il trasferimento. “Mengele stava progettando di usare la sua ricerca di Auschwitz come base per la sua Habilitationschrift, la tesi post-dottorato, che era un prerequisito per una carriera accademica” scrive Marwell. Ad Auschwitz, Mengele avrebbe costruito un vero e proprio centro di ricerca, arruolando anche fra i prigionieri scienziati, come il pediatra di fama mondiale Berthold Epstein. Mengele continuò la sua ricerca sul labbro leporino e la nascita dei gemelli. Alla vigilia della Seconda guerra mondiale, nel giugno del 1939, Otmar von Verschuer aveva tenuto una conferenza alla Royal Society di Londra, intitolata “Ricerca sui gemelli dal tempo di Galton ai giorni nostri”. Il mentore di Mengele era molto interessato a quanto avveniva ad Auschwitz. Indubbio è che von Verschuer, autorità mondiale sui gemelli, ricevette da Mengele moltissimi “preparati umani”, dagli occhi ai campioni di sangue di persone di diversa origine razziale.
Hans Münch, medico nel campo, ha ricordato che “Mengele affermò che non utilizzare le possibilità offerte da Auschwitz sarebbe ‘un peccato’ e ‘un crimine irresponsabile nei confronti della scienza”. Secondo Horst Fischer, un altro medico di Auschwitz, Mengele parlava spesso “con entusiasmo” del suo lavoro scientifico e del “materiale” che aveva davanti, descrivendo “un’opportunità unica che non sarebbe mai stata più offerta”. Un altro antropologo detenuto ad Auschwitz e che Mengele reclutò nel suo laboratorio, Erzsebet Fleischmann, dirà che il lavoro di Mengele, seppur moralmente aberrante, era “scientificamente legittimo”. Lo storico Massin scrive: “A volte Mengele è rappresentato come l’incarnazione del medico pseudoscientifico delle SS, che, in completo isolamento, esegue i suoi esperimenti astrusi. In effetti, Mengele era strettamente legato alla comunità scientifica”.
Il dottore per tutto il tempo ad Auschwitz mantenne un legame molto stretto con i suoi superiori accademici. “La prima cosa che ogni coppia di gemelli ad Auschwitz ha dovuto fare è compilare un questionario dettagliato dell’Istituto Kaiser Wilhelm”, ha ricordato il detenuto Zvi Spiegel. Alla fine del 1943, Mengele, fu invitato privatamente dai Verschuer per una cena. “Che succede ad Auschwitz?”, chiese la moglie del professore. “Non posso parlarne, è orribile”, rispose Mengele. Quando i sovietici si avvicinarono a Berlino nella primavera del 1945, il professor Verschuer diede l’ordine di distruggere tutti i “file segreti”. Non rimase nulla della ricerca svolta da Mengele ad Auschwitz. Più tardi, quando Verschuer assunse la cattedra di Genetica umana a Münster nella neonata Repubblica Federale tedesca, non riuscì a ricordare nulla. “Auschwitz? Non so”. Sospetti sono sarebbero stati sollevati anche sui legami di Mengele con Adolf Butenandt (1903-95), uno dei pionieri della ricerca genetica europea, premio Nobel e uno degli studiosi più influenti del suo tempo.
La trasformazione di Mengele in un “angelo della morte” aveva la funzione di sollievo. La vera scienza doveva essere rimasta pura, soltanto dei pazzi sadici e criminali si compromisero col nazismo. Ma dal Kaiser Wilhelm in quegli anni non uscì soltanto il medico di Auschwitz, ma anche venti Premi Nobel. Fu un ricercatore di grande talento e fu aiutato dai migliori scienziati del tempo. Ma per attenuare l’orrore di tanto “progresso” abbiamo dovuto trasformare il dottor Mengele in un dottor Mabuse.
Se è vietato parlare (male) pure del boia Mengele
Luigi Mascheroni - Lun, 03/02/2020
https://www.ilgiornale.it/news/cronache ... 20327.htmlCi risiamo. Tutte le lezioni sulla libertà di parola; tutte le prediche sulla necessità di ascoltare «l'altro», soprattutto se dice cose su cui non siamo d'accordo; tutte le raccomandazioni sui pericoli della censura e del pensiero unico, alla fine servono a nulla.
È da due giorni che sui social si trascina l'ultimo esempio di controllo preventivo, neppure delle idee (che si possono o non si possono diffondere), ma degli argomenti che si possono o non si possono toccare. Il caso: sabato il Foglio ha pubblicato una paginata di Giulio Meotti su una nuova biografia del medico nazista Josef Mengele in uscita negli Usa dal titolo Unmasking the Angel of Death, firmata non da un neonazista negazionista, ma da David Maxwell, ex direttore del Museo del patrimonio ebraico di New York (e che diede la caccia al famigerato «Angelo della morte» di Auschwitz). Ora, la titolazione del pezzo - in effetti - è al limite: «Professor Mengele. Non solo un assassino: i grandi scienziati del tempo facevano a gara per lavorare al suo fianco», e riprende, a volte letteralmente, una recensione del libro uscita sul Wall Street Journal (fatto che semmai dovrebbe elevare il tutto al di sopra di ogni ambiguità). Ma l'articolo di Meotti rimane molto interessante, dando conto di una biografia che «rilegge» (si chiama revisionismo storiografico, basato su nuovi documenti o diverse interpretazioni delle informazioni esistenti) la figura di Mengele, la quale molto ha ancora da dirci sull'humus in cui fiorì il nazionalsocialismo. Eppure, tanto è bastato. Haters, politici e noti intellettuali hanno attaccato pesantemente l'articolo del Foglio (senza leggerlo nella maggioranza dei casi) accusando l'autore, la testata e il direttore Claudio Cerasa di voler riabilitare - niente meno! - il medico nazista (figuriamoci, il Foglio e Meotti sono la prima fila della battaglia contro l'antisemitismo...). Di fatto l'articolo (ripetiamo: titolato in maniera infelice) racconta che Mengele studiò con due Nobel e i più grandi genetisti del tempo, che non era «uno scienziato pazzo» spuntato dal nulla ma un medico, figlio della «migliore» accademia tedesca, il quale usò la scienza in modo criminale e aberrante. L'articolo non riabilita e non fa sconti al boia Mengele. Ma niente. Ruth Dureghello, presidente della Comunità Ebraica di Roma, twitta che «Il Foglio ha sbagliato. Mengele era un assassino e nient'altro. Scusarsi è la cosa migliore da fare». La sindaca Virginia Raggi grida: «Vergogna!», e taciamo degli altri... Si chiama #shitstorm. È intervenuto anche Giuliano Ferrara, a difesa del suo giornale («Meotti ha scritto che Mengele non era diabolico per suo conto ma la perfetta incarnazione di uno scientismo eugenetico che trovava nell'inferno di Auschwitz il laboratorio delle sue idee progressiste»), tagliando alla sua maniera la testa agli #idiots digitali: «Chi parla di riabilitazione è un cretino ignorante». Ma non basta. Il Foglio ormai è filo nazista, e Meotti peggio di Pansa... Niente da fare. Di certe cose, anche se male, non si può parlare.
Joseph Mengele è stato uno dei peggiori assassini della storia, punto. Ogni azione volta a riqualificare la sua figura è un errore, chiunque ci provi.
Progetto Dreyfus
1 febbraio 2020
https://www.facebook.com/ProgettoDreyfu ... on_generic Mauro Asara
Io ho letto l'articolo e non c'è nessuna riabilitazione. Al contrario sono rimasto sconcertato dalla "normalità" della figura di Mengele prima di diventare il dottor Morte. Ed è ciò che mi spaventa di più del nazismo.
Gino Quarelo
Miotti è un ottimo giornalista che non si lascia spaventare dagli stereotipi e prende la realtà per quello che è; inoltre difende a spada tratta Israele e i suoi ebrei e ciò è quello che conta di più, da preferire mille volte a quelli che demenziamente ricordano e piangono gli ebrei morti ma sono radicalmente contro quelli vivi di Israele al punto da sostenere chi gli ammazza e vorrebbe sterminarli come i nazi maomettani di Gaza e dell'Iran.
LA GRATITUDINE E GLI INDIGNATI
Niram Ferretti
5 febbraio 2020
https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063 La campagna di delegittimazione contro Giulio Meotti è cominciata con un tweet di Virgina Raggi apparso il primo febbraio.
Quella che, nella gara tra i peggiori sindaci di Roma, si posiziona senza alcuna difficoltà ai primi posti, scrive "Mentre a Roma abbiamo cambiato nomi a strade dedicate a chi ha firmato il Manifesto della Razza, Claudio Cerasa e Il Foglio provano a riabilitare un assassino come il medico nazista Josef Mengele".
Ora tre sono le possibilità, o la Raggi è affetta da una seria forma di disfunzione cognitiva, o non ha letto l'articolo, o lo ha letto e non lo ha capito.
In questo tweet Giulio Meotti non è nominato. L'intento politico è quello di colpire Il Foglio, che non ha mai risparmiato al sindaco di Roma aspre critiche. Poi sarà il turno del giornalista autore dell'articolo incriminato.
In questa polemica creata ad arte l'acme si è raggounto con il vergognoso e pretestuoso attacco nei confronti di Meotti venuto da una parte ebraica.
Sugli attestati di benemerenza, chiamiamoli così, conquistati in questi anni da Meotti, nella sua strenua difesa di Israele, parla il suo lavoro, la sua passione, la sua dedizione.
Il resto è solo odio ideologico mascherato da pelosa indignazione.
Nei confronti di costoro si possono solo usare le parole che pronunciò anni orsono il grande banchiere ebreo Antonie Bernheim,
"La gratitudine è una malattia dei cani trasmessa per contagio agli uomini”.
Gino Quarelo
Ho notato che i sinistri demo-grillo-social-internazi comunisti più sono contro i vivi ebrei sionisti e il loro Israele e pro nazimaomettani palestinesi e iraniani, più sentono la necessità di manifestarsi al Mondo intero come difensori degli ebrei morti della Shoà e di scagliarsi contro le minoritarie frange antisemite delle destre sociali, estendendo le accuse di antismitismo a tutte le destre anche a quelle non antisemite e filo israeliane che poi sono la maggioranza, per demonizzarle con la calunnia estensiva come hanno fatto con Meotti che è uno dei giornalisti e intellettuali più pro ebrei, pro sinonisti e pro Israele che si possa trovare in Occidente.
In altre parole cercano di mascherare il loro antisemitismo per gli ebrei vivi di Israele con la difesa degli ebrei morti della Shoà inventandosi antisemiti di destra anche laddove non esistono.
Se è vietato parlare (male) pure del boia Mengele
Giulio Meotti
3 febbraio 2020
https://www.facebook.com/giulio.meotti/ ... 7361483916 Un articolo di prima pagina uscito oggi su Il Giornale rende conto un po’ della campagna di diffamazione e demonizzazione contro il sottoscritto per la mia pagina su Mengele (su cui ha scritto anche Aldo Grasso sul Corriere della Sera). La mia capacità di assorbimento dei colpi ha superato la soglia di sopportazione.
Ci risiamo. Tutte le lezioni sulla libertà di parola; tutte le prediche sulla necessità di ascoltare «l'altro», soprattutto se dice cose su cui non siamo d'accordo; tutte le raccomandazioni sui pericoli della censura e del pensiero unico, alla fine servono a nulla. È da due giorni che sui social si trascina l'ultimo esempio di controllo preventivo, neppure delle idee (che si possono o non si possono diffondere), ma degli argomenti che si possono o non si possono toccare.
Il caso: sabato il Foglio ha pubblicato una paginata di Giulio Meotti su una nuova biografia del medico nazista Josef Mengele in uscita negli Usa dal titolo Unmasking the Angel of Death, firmata non da un neonazista negazionista, ma da David Maxwell, ex direttore del Museo del patrimonio ebraico di New York (e che diede la caccia al famigerato «Angelo della morte» di Auschwitz).
Ora, la titolazione del pezzo - in effetti - è al limite: «Professor Mengele. Non solo un assassino: i grandi scienziati del tempo facevano a gara per lavorare al suo fianco», e riprende, a volte letteralmente, una recensione del libro uscita sul Wall Street Journal (fatto che semmai dovrebbe elevare il tutto al di sopra di ogni ambiguità). Ma l'articolo di Meotti rimane molto interessante, dando conto di una biografia che «rilegge» (si chiama revisionismo storiografico, basato su nuovi documenti o diverse interpretazioni delle informazioni esistenti) la figura di Mengele, la quale molto ha ancora da dirci sull'humus in cui fiorì il nazionalsocialismo. Eppure, tanto è bastato. Haters, politici e noti intellettuali hanno attaccato pesantemente l'articolo del Foglio (senza leggerlo nella maggioranza dei casi) accusando l'autore, la testata e il direttore Claudio Cerasa di voler riabilitare - niente meno! - il medico nazista (figuriamoci, il Foglio e Meotti sono la prima fila della battaglia contro l'antisemitismo...).
Di fatto l'articolo (ripetiamo: titolato in maniera infelice) racconta che Mengele studiò con due Nobel e i più grandi genetisti del tempo, che non era «uno scienziato pazzo» spuntato dal nulla ma un medico, figlio della «migliore» accademia tedesca, il quale usò la scienza in modo criminale e aberrante. L'articolo non riabilita e non fa sconti al boia Mengele. Ma niente. Ruth Dureghello, presidente della Comunità Ebraica di Roma, twitta che «Il Foglio ha sbagliato. Mengele era un assassino e nient'altro. Scusarsi è la cosa migliore da fare». La sindaca Virginia Raggi grida: «Vergogna!», e taciamo degli altri... Si chiama shitstorm. È intervenuto anche Giuliano Ferrara, a difesa del suo giornale («Meotti ha scritto che Mengele non era diabolico per suo conto ma la perfetta incarnazione di uno scientismo eugenetico che trovava nell'inferno di Auschwitz il laboratorio delle sue idee progressiste»), tagliando alla sua maniera la testa agli idiots digitali: «Chi parla di riabilitazione è un cretino ignorante». Ma non basta. Il Foglio ormai è filo nazista, e Meotti peggio di Pansa... Niente da fare. Di certe cose, anche se male, non si può parlare.
Giulio Meotti
4 febbraio 2020
https://www.facebook.com/giulio.meotti/ ... 4928113077 Un clima fetido da manzoniano “dagli all'untore”, di istigazione a odiare, di surreale smarrimento, di diffamazione umana martellante, di disprezzo che fa godere molti, di branco che sbava, di calunnia che ti sopravvive, di piccole forche digitali costruite sulle parole, di gruppi diversi che si coalizzano per denigrare, di freddo tradimento degli amici e di calda eccitazione dei nemici, di ribaltamento totale della verità per colpire, per fare le scarpe, per una resa dei conti. E per un articolo... Ce n'è da che farsi vedere meno in giro per un po'.
https://www.facebook.com/photo.php?fbid ... 9505837618Ariel Akiva
Nessuno ha voluto capire che l'analisi storica di Giulio Meotti invece di "allegerire" la posizione di mengele al contrario rivelava come tutta la buona società scientifica fosse marcia al pari del mostro. Che non era così mostro (figura rassicurante perché rara) bensì era il riuscito prodotto di una intera società! Oltretutto non è da storici guardare ai fatti 80 anni dopo senza immergerci nel momento storico stesso. Hitler,mengele,pol pot stalin etc etc come mostri ci "rassicurano" in fondo quanti mostri mai può avere il mondo? Sono rai e irripetibili ci diciamo per dormire sereni. Se invece guardiamo a questi esseri in quanto uomini, risultati eccellenti delle società che li hanno prodotti,iniziamo a leggere il mondo per ciò che è. E non dormiamo più sereni... giustamente! Invece i mostri erano vicini di xasa,i professori nelle scuole,i medici negli ospedali,i ricercatori nelle università....nessuno era innocente! La Società tedesca nel suo insieme era MOSTRUOSA e questo spiega la buona riuscita del suo progetto. Presta un alibi formidabile a tutti quei laboriosi ed onesti cittadini che abitavano vicino ai lager e non sentiva o l',odore dei corpi cremati...quelli che dopo si sono difesi dicendo" noi non sapevamo". Attaccare Meotti serve anche a questo, esorcizzare ciò che è COSÌ mostruoso e che può facilmente abitare in ogni società umana,ascrivendone la SOLA RESPONSABILITÀ ad un mostro,uno soltanto,forse due o tre di certo non tutti,non noi,non il professore di nostro figlio,non il primario così preparato che ha curato un nostro parente . L'articolo di Giulio Meotti ci svela QUANTO più orrida sia stata la Storia...e questo ci disturba,ci fa sentire fragili.... perché può succedere ancora.
Gino Quarelo
L'Occidente, l'America USA e l'Europa ai tempi del nazismo hiteriano e del dr. Mendele erano in buona parte antisemiti perché erano innanzi tutto cristianamente antigiudei, antiebrei considerati figli/creature del demonio anticristiano, un'etnia dalla cultura e dalla religione mostruose che non avevano saputo/voluto riconoscere la divinità di Cristo messia e slavatore e il suo sommo bene e che anzi l'avevano fatto satanicamente uccidere dai romani.
A questo Mondo diffusamente e profondamente antigiudeo, antiebreo e antisemita apparteneva anche il nazismo hitleriano con il suo Mendele, ed è per questo odio viscerale che i nazisti hanno potuto umanamente concepire e compiere la Shoà e adoperare gli ebrei internati nei lagher come cavie per i loro disumani esperimenti scientifici, perché consideravano gli ebrei una sottospecie umana malvagia e la loro "aberrante etica/non etica" li faceva sentire dalla parte del bene e li giustificava completamente.
Per loro il male fatto agli ebrei non era un male ma un bene fatto all'umanità intera.
Erano questi "valori/disvalori inumani" che hanno consentito loro di fare quello che hanno fatto, altrimenti non sarebbe stato possibile, nessun uomo può fare normalmente e naturalmente queste cose se non è posseduto da un demone, da uno spirito malvagio, da una fede demenziale e disumana che stravolge la naturale umanità universale.
È questa "aberrante cultura/non cultura" con il suo "demenziale e scriteriato criterio del bene e del male" che va indagata per capire come sia stato possibile e per evitare che ciò accada anora.
Erano tutti convinti che gli ebrei fossero non solo inferiori e submani ma anche demoni malvagi, tanto malvagi e che fossero un grave danno per l'umanità da cui liberarla una buona volta e definitivamente e loro si sentivano degli eroici campioni che lottavano contro il male planetario e storico.
Non si tratta di inventarsi delle scuse per attenuare la tragedia, la gravità, la responsabilità, la condanna di chichessia che pur legittmi, doverosi e necessari in ogni caso non servono a resuscitare i morti
ma ciò che è più importante è il riconoscere l'aberrante piega culturale/ideologica/religiosa/mitica che ha potuto generare l'inimmaginabile Shoà, affinché ciò non accada più e si possa contrastare la bestia che ancora non è stata definitivamente sconfitta e che continua ad agitarsi.
È l'eresia giudaico cristiana la fonte del male antigiudeo, antiebreo e antisemita.
Bisogna riebraicizzare Gesù Cristo, riumanizzarlo e toglierlo dall'altare della divinità dove l'hanno imprigionato i cristiani.
Io ho smesso di guardare storto gli ebrei solo dopo che mi sono liberato della divinità cristiana e ho incominciato a trattare Cristo come un semplice uomo ebreo con le sue fisime e presunzioni religiose e con i suoi miracoli che non stanno né in cielo né in terra a cui non posso credere minimamente.
Lo stesso vale per l'antigiudaismo, antiebraismo, antisionismo mussulmano che è motivato dall'odio religioso nazi maoemettano.