Nazi demo comunisti che manipolano i diritti umani

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Messaggioda Berto » mar mar 23, 2021 10:21 pm

Il cortocircuito del "fascismo eterno": la categoria nata per "fascistizzare" la destra che si addice più alla sinistra
Umberto Camillo Iacoviello
7 novembre 2020

http://www.atlanticoquotidiano.it/quoti ... -sinistra/

Su Atlantico Quotidiano abbiamo già parlato della vocazione totalitaria dell’antifascismo, quest’ultimo è giustificato dal presunto pericolo di un ritorno del fascismo in una nuova veste. Manifesto di tale idea è un discorso pronunciato da Umberto Eco alla Columbia University il 25 aprile 1995 intitolato “Eternal Fascism”. Secondo Eco i regimi politici totalitari possono essere rovesciati ma “dietro un regime e la sua ideologia c’è sempre un modo di pensare e di sentire, una serie di abitudini culturali, una nebulosa di istinti oscuri e di insondabili pulsioni”. Questi modi di pensare e di sentire, questi “istinti oscuri” e “insondabili pulsioni” sono aspetti che caratterizzano un regime totalitario ma possono essere riscontrati anche al di fuori di un regime totalitario.

Eco fa una lista di caratteristiche tipiche di quello che chiama “l’Ur-Fascismo, o il fascismo eterno. Tali caratteristiche non possono venire irreggimentate in un sistema; molte si contraddicono reciprocamente, e sono tipiche di altre forme di dispotismo o di fanatismo. Ma è sufficiente che una di loro sia presente per far coagulare una nebulosa fascista”. Di questa lista fanno parte il richiamo alla tradizione, la paura della differenza, il razzismo, il disprezzo per la cultura, il machismo e più in generale l’intolleranza. Tra le righe si legge che nei partiti di destra – secondo Eco – ci sono tracce di fascismo.

Le categorie individuate da Eco sono molto generali e di conseguenza soggette a libera interpretazione, ad esempio può essere considerato razzista chi decide di mettere un freno all’immigrazione clandestina di massa? Può essere considerato omofobo chi si oppone alla teoria di genere e alla proposta di legge Zan-Scalfarotto? Per la sinistra che vede fascismo ovunque, sì. Sostanzialmente per i progressisti tra Salvini e il Ku Klux Klan non c’è differenza.

A ben vedere una categoria in particolare dell’Ur-Fascismo definito da Eco si addice perfettamente alla sinistra: l’intolleranza. Gli esempi si sprecano: la sopracitata proposta di legge Zan-Scalfarotto di fatto introduce un reato di opinione; non molto tempo fa gli esponenti del Partito democratico hanno apertamente gioito per la chiusura della pagina Facebook di CasaPound (la Boldrini chiedeva addirittura lo scioglimento del movimento), alla casa editrice Altaforte è stato impedito di accedere al Salone del Libro di Torino. L’esempio di CasaPound è esemplificativo perché assistiamo ad antifascisti che insegnano ai fascisti (in questo caso sono loro stessi a definirsi tali) cos’è l’intolleranza e la censura. Un capolavoro democratico. L’intolleranza del Pd in verità si spinge oltre, per loro non è più tollerabile nemmeno il nostro patrimonio artistico, la nostra cultura, tanto che occorre censurare le statue pur di non offendere i musulmani.

Ma torniamo a Umberto Eco. Il filosofo di Alessandria scrive che il 27 luglio del 1943 comprando un giornale apprese che in Italia era ritornata la libertà: libertà di parola, di stampa, di associazione politica, il giovane Eco era “rinato uomo libero occidentale”. Ma è lo stesso Umberto Eco che nel giugno 2015 afferma:

“I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli”.

Lo stesso Eco che nel 2001 insultava gli elettori del centrodestra dalle colonne di Repubblica:

“Che senso ha parlare a questi elettori di off shore, quando al massimo su quelle spiagge esotiche desiderano poter fare una settimana di vacanza con volo charter? Che senso ha parlare a questi elettori dell’Economist, quando ignorano anche il titolo di molti giornali italiani e non sanno di che tendenza siano, e salendo in treno comperano indifferentemente una rivista di destra o di sinistra purché ci sia un sedere in copertina?”

Ritorna il sempreverde adagio della sinistra: siamo tutti uguali e liberi di esprimerci finché hai idee di sinistra, se metti in discussione le idee progressiste sei antropologicamente inferiore, un ignorante, un fascista che non merita il diritto di parola (e forse neanche quello di voto).

L’antifascismo -in assenza di fascismo- viene utilizzato dalla sinistra come mezzo di legittimazione del proprio potere e a furia di cercare il fascismo ovunque, hanno imparato ad emularne i metodi. Quanto più le loro idee verranno messe in discussione, tanto più aumenterà la loro intolleranza. Non dovremmo parlare di fascismo eterno, ma di antifascismo eterno.
È ancora Eco a scrivere che “l’Ur-Fascismo può ancora tornare sotto le spoglie più innocenti. Il nostro dovere è di smascherarlo e di puntare l’indice su ognuna delle sue nuove forme – ogni giorno, in ogni parte del mondo”, il fascismo è potenzialmente ovunque, ma non dobbiamo temere, in Italia abbiamo sentinelle pronte ad avvisarci quando questo pericolo cresce. Oltre alle giaculatorie provenienti dai salotti radical, abbiamo la new entry Chiara Ferragni, che tra un selfie e l’altro è pronta a metterci in guardia dai potenziali fascisti. Come si dice, possiamo dormire tra due guanciali.
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Messaggioda Berto » mar mar 23, 2021 10:22 pm

Influencer sinistrati

FABRIZIO DELPRETE (di Davide Cavaliere) – Il Detonatore
5 febbraio 2021

https://www.ildetonatore.it/2021/02/05/ ... cavaliere/

I social network sono abitati da creature fantastiche, orrende e da veri e propri freak che farebbero impallidire quelli della pellicola di Tod Browning. I miei preferiti sono gli “influencer” di sinistra.

Quest’ultimi sono un vero e proprio patchwork di idee raffazzonate, opinioni di terza mano, teorie strampalate, convinzioni false, brutali semplificazioni, tesi sconsiderate e considerazioni infantili. Il tutto è tenuto assieme da quella colla zuccherosa e nauseabonda che, solitamente, definiamo “buonismo”.

Negli anni abbiamo imparato a conoscere i suddetti spacciatori di banalità un tanto al chilo. Hanno facce memorabili, vere e proprie maschere dello sfacelo intellettuale del presente: Lorenzo Tosa, Mattia Santori, Saverio Tommasi, Andrea Scanzi e Fabrizio Delprete. In questo articolo, tenetevi forte, analizzeremo la biografia di Delprete, quella che potete trovare sulla pagina Facebook ufficiale, scritta di suo pugno.

Il suo profilo si apre con una dolcissima e umanissima immagine di copertina: dei bambini stranieri sulle spalle dei genitori, che sventolano bandierine italiane. Un chiaro rimando alla crociata delle crociate, quella per lo Ius Soli, battaglia che la sinistra ha perso e di cui Delprete è un veterano. Più in basso appare il viso del Nostro influencer: capelli sale e pepe simili a quelli del pentastellato Roberto Fico e sguardo “profondo” in pieno Scanzi style.

La sua autobiografia ci informa che non si è laureato in Giurisprudenza, ma “ho fatto il cameriere, il barista, il barman (pe’ fa er figo quando fai i cocktail) fra le cose principali. Nel 2006 ho passato un meraviglioso anno come volontario del Servizio Civile“. Nihil sub sole novum. Delprete ha iniziato come tanti militanti di sinistra: poca voglia di studiare e Servizio Civile. Il volontariato è la naja del buon comunista. Da notare l’uso del romanesco, prassi consolidata fra le nuove leve della sinistra, come ci ricorda Chef Rubio.

Ho scritto “comunista” non a caso, perché: “La prima tessera (Rifondazione comunista) nel 1996, a 15 anni. Ma papà ha iniziato a portarmi alle manifestazioni molto prima, mano nella mano, quando avevo manco 10 anni“. Che storia commovente, manca solo il bisnonno partigiano e la nonna staffetta, poi, il quadro familiare del buon compagno può dirsi completo.

Ci informa anche che ha rischiato “le botte serie tante volte“. Ma questo non è importante, la sua militanza ha qualcosa di religioso, la vive come una missione, come “ultimo fra gli ultimi“. Sembra suggerirci che il suo retroterra politico non sia il terreno duro del marxismo, ma un pauperismo evangelico, un attivismo parrocchiale, pasoliniano.

Delprete, neanche a dirlo, ha lavorato nel settore delle politiche “migratorie” e, squillino le trombe, ha fondato con la coloratissima Cathy La Torre la celebre “Odiare Ti Costa”, un’associazione stalinista il cui obiettivo è perseguitare per vie legali quanti esprimono opinioni non in linea con la catechesi progressista.

La parte maggiormente rivelatrice della sua mediocre biografia tagliata con la saccarina, però, è la seguente: “solo una cosa non ho mai smesso: la scrittura. Veicolo a me congeniale per incazzarmi, denunciare, urlare e provare a costruire un briciolo in più di umanità nelle persone“.

Il brano appena riportato fa sbellicare dalle risate. Ci si vergogna per lui. Davvero, un adulto con velleità intellettuali, ha scritto una cosa del genere? A quanto pare, sì. Delprete ha una visione adolescenziale della scrittura. Dopotutto, poco dopo, ci dice che scriveva “sulla Smemoranda“. Ora scrive su Facebook, ma i contenuti e lo stile da ragazzino sono rimasti immutati.

La sua tecnica da prosatore è la stessa delle altre “red star” del web – Tosa, Mola e Tommasi in testa –, ovvero: strofette brevi e ripetitive, dei post che sono filastrocche per i fanciullini che leggono i suoi pensierini.

L’espressione più inquietante è la seguente: “provare a costruire un briciolo di umanità in più nelle persone”. Delprete si considera portatore di un pensiero illuminista e illuminato. Solo chi la pensa come lui è un “essere umano” autentico, tutti gli altri sono untermenschen da condurre alla luce. Si presenta come un poeta, un animo gentile e buono, ma dentro cova la volontà ferrea di punire, demonizzare e rinchiudere l’avversario. Fuori è Topolino, nel foro interno è il tovarish Berija. Un bolscevico decotto nella tenerezza.

Delprete è il federale di una milizia di soggetti convinti di incarnare il Bene e il Progresso dell’umanità. A dispetto dei loro bovini sorrisi, dei loro post confezionati come torte nuziali e della loro dolcezza esasperata, sono pericolosi. Vanno combattuti e smascherati per quello che sono: pennivendoli al servizio di una causa totalitaria.
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Re: Nazi demo comunisti che manipolano i diritti umani

Messaggioda Berto » mar mar 23, 2021 10:23 pm

La menzogna, l'inganno, l'illusione del Politicamente corretto e le sue violazioni dei diritti umani
viewtopic.php?f=196&t=2947
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 6835049120
La violenza della menzogna del PC precede e anticipa la violenza fisica del suo totalitarismo sociale e politico istituzionale, poliziesco, giuridico e militare.


Menzogne e calunnie demenziali per demonizzare, criminalizzare e disumanizzare, per istigare alla paura, al disprezzo e all'odio etnico-ideologico-politico-religioso, al fine di depredare, schiavizzare e impedire il libero esercizio dei diritti umani, civili, economici e politici del prossimo.
viewtopic.php?f=196&t=2942
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 8357587395
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Nazi demo comunisti che manipolano i diritti umani

Messaggioda Berto » mar mar 23, 2021 10:23 pm

Laura Boldrini sputtanata dalle donne che hanno lavorato con lei: non pagate e svilite nel lavoro
Selvaggia Lucarellil per il "Fatto quotidiano"
23 marzo 2021

https://m.dagospia.com/laura-boldrini-s ... oro-264656

Lilia è una collaboratrice domestica moldava e qualche giorno fa si è dovuta rivolgere a un patronato della Capitale perché quella che è stata la sua datrice di lavoro per otto anni, a dieci mesi dalla rottura del contratto, non le pagava la liquidazione. Fin qui non ci sarebbe nulla di così inedito se quella datrice di lavoro non avesse un nome che pesa. […] quel nome è Laura Boldrini.

Il racconto parte da qui, da una soffiata dal mondo vicino ai Caf, e poi si allarga, perché cercando di comprendere come sia stato possibile arrivare a una frizione così insanabile da chiedere l'intervento del patronato, succede di scoprire che i rapporti di lavoro con la Boldrini sono stati complicati anche per altre sue ex collaboratrici.

[…] Lilia […] precisa subito: "Io non voglio pubblicità, ma confermo che a maggio dello scorso anno ho dovuto dare le dimissioni perché la signora, dopo tanti anni in cui avevo lavorato dal lunedì al venerdì, mi chiedeva di lavorare meno ore, ma anche il sabato. E io ho famiglia, dovevo partire da Nettuno e andare a casa sua a Roma, per tre ore di lavoro. Siamo rimaste che faceva i calcoli e mi pagava quello che mi doveva, non l'ho più sentita. […] La sua commercialista mi ha detto che mi contattava e invece è sparita. […] Mi dispiace perché non sono tanti soldi, circa 3.000 euro […]".

A questo punto, contatto alcune persone vicine alla Boldrini per sapere se conoscono questa vicenda, qualcuno mi dice di sì con imbarazzo, […] Lilia non è la sua prima dipendente donna ad aver avuto dei problemi e che in fondo quella è la punta dell'iceberg.

Addirittura, mi viene riferito con una certa reticenza, che il suo portavoce storico Flavio, la scorsa estate, abbia interrotto il suo rapporto di lavoro con la Boldrini anche a seguito di numerosi scontri avuti con lei per il trattamento riservato ad alcune collaboratrici.

[…] Roberta, una sua ex collaboratrice parlamentare, invece accetta di parlare: "Ho lavorato due anni e mezzo con la Boldrini e posso dire che ho tre figli, partivo il martedì alle 4.30 da Lodi per Roma, lavoravo per tre giorni 12 ore al giorno, dalla mattina presto alle nove di sera. Per il resto lavoravo da casa, vacanze comprese. Guadagnavo 1.200/1.300 euro al mese, da questo stipendio dovevo togliere costi di alloggio e dei treni da Lodi". […]

"Ero assunta come collaboratrice parlamentare e pagata quindi dalla politica per agevolare il lavoro di un parlamentare, ma il mio ruolo era anche pagare gli stipendi alla colf, andarle a ritirare le giacche dal sarto, prenotare il parrucchiere. Praticamente facevo anche il suo assistente personale, che è un altro lavoro e non dovuto. Dovevo comprarle trucchi o pantaloni. […]". Roberta mi spiega quale sia stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso: "A maggio, finito il lockdown, ho chiesto di rimanere in smart working anche perché ho tre figli, di cui uno che si era ammalato seriamente che doveva essere operato. Di treni poi ce n'erano pochi e costosissimi. Lei mi ha risposto che durante il lockdown con lo smart working avevo risparmiato. A un certo punto parte del suo staff aveva pensato di fare una colletta per pagarmi i treni. Ho dato le dimissioni sfinita".

E aggiunge: "Chiede di essere eletta perché dice che la sua politica tutela le donne e poi chi lavora con lei non si sente tutelata. Io mi sentivo senza più autostima, pensavo di essere capace solo di prenotare alberghi e fare fotocopie, ora faccio un lavoro che mi gratifica".

Un'altra persona che collaborava con la Boldrini conferma: "Tutti i giorni scrive post sui bonus baby-sitter o sui migranti in mare, poi però c'erano situazioni non belle in ufficio. O capricci assurdi. Se l'hotel che le veniva prenotato da noi era che so, rumoroso, in piena notte magari chiamava urlando. Poi magari non ti parlava per due giorni. Io credo che ritenga un privilegio lavorare con lei […]".
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