Nazi demo comunisti che manipolano i diritti umani

Re: Nazi demo comunisti che manipolano i diritti umani

Messaggioda Berto » lun nov 04, 2019 7:53 am

Ci minacciano proprio come i mafiosi, come i nazi maomettani, come tutti gli estorsori, i rapinatori, i razziatori depredatori

"IL SENEGALESE HA FATTO BENE, DOBBIAMO VENDICARCI""IL SENEGALESE HA FATTO BENE, DOBBIAMO VENDICARCI"
https://www.facebook.com/silviasardone/ ... 0989894406
Le testimonianze, con telecamera nascosta, di alcuni immigrati sconvolgono. Danno la colpa al Governo, a Salvini, agli italiani per i morti in mare e per la loro situazione. ASSURDO E PREOCCUPANTE

Queste minacce e questo odio contro di Noi, contro il governo Salviniano, è indotto, fomentato dai demo nazi comunisti tra cui anche Bergoglio il papa romano


Gilet gialli e bandiere rosse. L'odio dei migranti su Salvini: "Assassino"
Il corteo a Roma degli immigrati con l'Usb e Potere al Popolo. L'accusa choc: "Di Maio e Salvini governo di assassini"
Giuseppe De Lorenzo - Sab, 15/12/2018 - 19:12

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 17038.html

Stato che vai, gilet gialli che trovi. Se Parigi ha dovuto fare i conti con le proteste di piazza per tasse e servizi sociali, Roma s'è risvegliata col corteo che mette insieme tutti i simboli della sinistra di oggi: i migranti, il presunto razzismo, il livore contro Salvini (un po' pure contro Di Maio) e le bandiere rosse di comunista memoria con tanto di nostalgica falce e martello.

Si sono raduntati "per i diritti dei migranti" in piazza della Repubblica. Un migliaio di manifestanti in tutto, soprattutto stranieri di origine africana accompagnati da studenti, attivisti dell'Usb e "compagni" di Potere al Popolo. Tutto e il contrario di tutto, con un retrogusto fuori da ogni tempo. Gli altoparlanti sparano musica di Bob Marley, i manifestanti ballano, alzano orgogliosi il pugno chiuso e mostrano un cartello con Karl Mark vestito col gilet giallo.

"Di Maio, Salvini, vaffanculo", urlano gli stranieri. E ancora: "Sibito, subito il permesso di soggiorno". Protestano contro il decreto Sicurezza voluto da Salvini, il ministro dell'Interno che non temono di definire "assassino". "Indossiamo questi abiti perchè siamo arrabbiati per il razzismo che dobbiamo subire ogni giorno. Molti di noi fuggono da guerre e povertà, chiediamo solo diritti, il permesso di soggiorno", dice un ragazzo che proviene dal Mali. Gli fa eco un collega di schieramento: "Noi non siamo criminali, siamo lavoratori, siamo gli schiavi dei campi di lavoro che non volete vedere, quelli che raccolgono le verdure che poi mangiate. Immigrazione non vuol dire criminalità, noi siamo spesso sfruttati dalla criminalità, nei nostri viaggi per arrivare qui, sul lavoro. Chiediamo solo di non essere più invisibili, di ottenere diritti: casa, lavoro".

Gli slogan sono sempre gli stessi. Sono la propaganda (a modo loro) di una parte politica che sembra voler disegnare un Paese che però non esiste: descrivono un'Italia necessariamente brutta, cattiva e xenofoba. Ma non è così.


Razzismo e migranti, denunciato Matteo Salvini
Luca Romano - Ven, 24/08/2018

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 67802.html

Un gruppo trevigiano denuncia Matteo Salvini per odio razziale. Nel dossier le sue frasi "incriminate"
Dopo tanto parlare e l'apertura di un fascicolo contro ignoti per sequestro di persona, arriva una denuncia vera e propria.
Salvini ha già detto che, qualsiasi cosa accada, lui sul caso Diciotti va "avanti" e non si "ferma". Difficile dunque immaginare che la denuncia depositata da un gruppo di cinque cittadini trevigiani per "istigazione all'odio razziale", aggravato dalla posizione di ministro della Repubblica, possa davvero preoccuparlo. Ma tant'è.
Tra i denuncianti ci sono anche Said Chaibi, ex consigliere comunale a Treviso e Renato Zanivan, ex segretario cittadino di Sel. Il gruppo pensa che la frase "è finita la pacchia" detta dal ministro dell'Interno a Vicenza poco dopo la sua nomina al Viminale abbia un qualcosa di razzista.
Nel dossier sono state riportate le frasi su cui si concentra la denuncia dei trevigiani. Si va da "Gli immigrati che campeggiano qui a pranzo e cena sono evidentemente troppi" a "Per gli immigrati clandestini è finita la pacchia, preparatevi a fare le valigie, in maniera educata e tranquilla, ma se ne devono andare", passando per "Gli immigrati hanno mangiato abbondantemente alle spalle degli altri per troppo tempo" fino a "una ricognizione sui rom in Italia per vedere chi, come, quanti rifacendo quello che fu definito il censimento, facciamo un'anagrafe". Non poteva mancare ovviamente quel "I rom italiani purtroppo te li devi tenere a casa" e via dicendo.
Secondo i firmatari della denuncia Salvini avrebbe rilasciato dichiarazioni "di contenuto discriminatorio e razziale" definendo "in modo palesemente diffamatorio la condizione dei richiedenti asilo che raggiungono l'Italia" e "promuovendo l'ostilità dei cittadini italiani nei confronti di tali persone". Mentre il censimento per i rom avrebbe "istigato, fomentato, promosso e incoraggiato la denigrazione, l'odio e la discriminazione nei confronti della minoranza 'rom' in Italia", violando così "ripetutamente" la legge Mancino.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Nazi demo comunisti che manipolano i diritti umani

Messaggioda Berto » lun nov 04, 2019 7:55 am

???

Contro il razzismo di stato, per l'unità di classe tra proletari immigrati e autoctoni: alla lotta!
2018/09/21
https://www.lavocedellelotte.it/2018/09 ... alla-lotta

Riproduciamo il documento preparato dal SI Cobas come introduzione alla assemblea nazionale antirazzista che si svolgerà domenica a Bologna, alla quale invitiamo lavoratori, immigrati, militanti di sinistra, studenti e donne in lotta a partecipare: per l’unificazione della lotta e delle rivendicazioni di tutti gli oppressi e gli sfruttati con gli immigrati!

Questo breve documento è il frutto di un confronto avviato da alcuni mesi all’interno dei lavoratori del SI Cobas sul tema-immigrazione; un tema che, come è evidente a tutti, sta diventando ogni giorno di più il cavallo di battaglia di quel fronte reazionario che ha nella Lega di Salvini la sua massima espressione politico-istituzionale e che, negli anni, non solo si è progressivamente radicato nel senso comune del “popolo italiano” genericamente inteso, ma tende ad attecchire anche in settori consistenti di classe operaia, semiproletariato e sottoproletariato autoctono.

Sottoponiamo il presente contributo all’attenzione dei lavoratori e di tutti quei militanti, attivisti e realtà di movimento che in questi anni, nelle forme e nei modi più svariati, si sono mobilitati a sostegno delle lotte degli immigrati (dentro e fuori i luoghi di lavoro), con l’obiettivo di mettere a fuoco in maniera sintetica (dunque non esaustiva) la natura dei fenomeni migratori, le loro reali cause e, soprattutto, le pesanti implicazioni che questo processo assume sia nella dinamica e negli equilibri interni dell’accumulazione capitalistica sia nelle trasformazioni della composizione di classe nel nostro paese e, più in generale, in Europa e nell’Occidente imperialista.

Il fulcro della nostra riflessione poggia sulla convinzione che l’immigrazione massiccia di proletari in fuga dalla miseria, dalle guerre, dalla barbarie e dal saccheggio sistematico di risorse perpetrati dal capitalismo nei paesi dominati e controllati sia, da un lato, “termometro” della crisi capitalistica internazionale e, dall’altro, ulteriore fattore di precipitazione e di inasprimento delle contraddizioni economiche, sociali e politiche del modo di produzione attuale.

Il ciclo ormai più che trentennale di sconfitte e di arretramenti sul piano sia politico che sindacale ha prodotto uno stato di generale passività della classe lavoratrice, negli ultimi anni ulteriormente alimentato dalla completa (e a nostro avviso irreversibile) trasformazione del sindacalismo confederale e della sinistra di stato (in tutte le sue varianti e accezioni) dalla loro originaria funzione di organi di “controllo” del movimento operaio a quella di veri e propri apparati al servizio del capitale, dei padroni e della loro macchina statale.

Tale situazione ha rappresentato il presupposto su cui la propaganda razzista ha trovato terreno fertile, iniettando dosi massicce di veleno all’interno del proletariato per dividerlo e fiaccare sul nascere ogni possibilità di azione unitaria contro le politiche di sfruttamento e di attacco ai salari; e, soprattutto, per impedire che il malcontento e la rabbia per il peggioramento delle condizioni di lavoro e di vita si indirizzino contro il vero nemico: padroni e padroncini, finanzieri e rentier che in questi anni si sono arricchiti aumentando lo sfruttamento del lavoro salariato.

Da anni si diffonde in tutta Europa il virus del razzismo contro i richiedenti asilo e gli immigrati, accusati di essere concorrenti sleali nel mercato del lavoro, di rubare il lavoro, di vivere a scrocco sul welfare, di importare criminalità, di attentare ai “nostri” valori e quant’altro.

Si inscena anche una finta “invasione” di emigranti dall’Africa per accendere gli animi contro di loro, proprio nel momento in cui l’immigrazione dall’Africa è ai suoi minimi storici: l’affermazione elettorale e la crescita esponenziale in gran parte d’Europa (Francia, Germania, Inghilterra, Italia, Grecia, Austria, Ungheria, ecc.) di partiti razzisti, xenofobi o che si richiamano apertamente al nazifascismo, ne sono la fotografia.

Il governo giallo-verde, espressione nitida e coerente di tale tendenza, punta oggi ad aggredire gli immigrati e i proletari immigrati quali anello più debole della catena dello sfruttamento e della schiavitù salariata, e lo fa indirizzando contro di essi l’odio e il malcontento di ampi settori di proletariato e di piccola borghesia colpiti dalla crisi.

In questo clima, lo stato confusionale che regna nella variegata galassia della “sinistra” e tra i detriti del movimento operaio del secolo scorso arriva a tal punto che qualcuno, nel mentre fa sfoggio in maniera orgogliosa della falce e martello e giura fedeltà al proletariato “italico”, si aggrappa, al pari di una mosca sulla merda, alla marea populista e razzista, invocando la chiusura delle frontiere e lo stop all’immigrazione selvaggia quale misura necessaria per “proteggere” i salari dei lavoratori italiani dalla “concorrenza al ribasso” della manodopera straniera.

Questi rigurgiti rossobruni non possono che meritare il più profondo disprezzo per chiunque si collochi su un terreno classista e internazionalista.

Nelle scorse settimane, in risposta all’odioso e cinico attacco di Salvini e del governo Conte nei confronti dei rifugiati, culminato nel sequestro della nave “Diciotti” nel porto di Catania, migliaia di attivisti si sono mobilitati contro i respingimenti e in nome del principio dell’“accoglienza”.

Insieme alle iniziative NO Borders a Ventimiglia si tratta senz’altro di una prima, importante risposta di massa a questo governo.

D’altro canto, proprio queste mobilitazioni hanno messo a nudo come, sotto l’ombrello di un generico “antirazzismo” in nome dell’ancor più generica parola d’ordine della libertà di circolazione per tutti e tutte, si nascondano insidie e contraddizioni potenzialmente letali per ogni movimento che voglia porsi in maniera credibile l’obiettivo di ricomporre un fronte di classe unitario e senza distinzioni di nazionalità, di etnia, di sesso e di religione, che la propaganda razzista mira sistematicamente a dividere e distruggere.

Non è un caso che dietro la vuota retorica dell’accoglienza e dell’antirazzismo “democratico” tentano di mimetizzarsi proprio coloro i quali, negli ultimi venti anni, hanno usato i movimenti migratori in nome e per conto delle esigenze del capitale, dapprima varando leggi razziste e discriminatorie quali la Turco-Napolitano, poi ingrassandosi sulla pelle dei migranti attraverso le politiche di gestione dei flussi e il vero e proprio bengodi dei centri di prima accoglienza, infine anticipando Salvini sul suo stesso terreno con le misure repressive e fascistoidi del “Pacchetto-Sicurezza” di Maroni nel 2009 e del decreto Minniti poi.

Il riferimento va non solo al PD, che ormai da tempo costituisce a tutti gli effetti l’espressione più diretta degli interessi del grande capitale in Italia (al pari dei suoi analoghi europei), ma anche a tutto quel sottobosco di associazioni, cooperative e onlus che in questi anni hanno trasformato la condizione di ricattabilità degli immigrati e della manodopera immigrata in una ghiotta occasione di lucro e di profitti.

Il movimento dei facchini della logistica, attraverso le lotte del SI Cobas, ha ficcato il dito nella piaga di una delle più redditizie oasi di supersfruttamento capitalistico in Italia sulla pelle di manodopera in larga parte immigrata. Esso ha in questi anni reso evidente come il reale terreno di scontro non sia tra razzismo e antirazzismo né tantomeno tra interessi degli italiani e interessi “stranieri”, ma tra una nuova e combattiva classe operaia proveniente dai quattro angoli della terra e accomunata dalla medesima condizione di oppressione, da un lato, e dall’altro un fronte padronale “a più strati”.

Tale fronte padronale agisce per scatole cinesi e utilizza il sistema delle cooperative come sua principale leva di accumulazione e di estrazione di profitto, attraverso filiere apparentemente inestricabili ma che fanno quasi sempre capo ai giganti multinazionali dei trasporti, del commercio e della grande distribuzione: così nella logistica come nel settore alimentare, nei magazzini dell’Emilia e della Lombardia e nelle campagne di Foggia o di Rosarno, dove un bracciante muore sotto il sole per 3 euro l’ora o viene ammazzato per essersi ribellato al padrone.

Si tratta di un sistema che si è sempre nutrito dell’appoggio e della compiacenza della destra più estrema o della cosiddetta sinistra, talvolta anche di quella che si camuffa dietro l’aggettivo “radicale” o sotto la maschera dell’antirazzismo e dell’accoglienza.

Come abbiamo sottolineato con forza in piazza a Roma lo scorso 24 febbraio, gli operai e gli sfruttati non hanno né amici né possibili sponde “tattiche” all’interno delle istituzioni e dello stato borghese: il razzismo dell’attuale governo e l’“antirazzismo” liberaldemocratico dei governi che l’hanno preceduto non sono tra di loro alternativi bensì si alimentano a vicenda e, al di là delle farse elettorali e di qualche “misura-tampone”, in ultima istanza convergono nella medesima strategia di attacco alle condizioni di vita della classe lavoratrice e delle masse sfruttate.

Le lotte che in questi anni hanno visto in prima fila i proletari immigrati, per quanto parziali, dimostrano come i processi migratori, che il capitale ha usato e pilotato allo scopo di ottenere un generale livellamento verso il basso del salario diretto e indiretto nei paesi imperialisti, stiano diventando un boomerang per i padroni e stiano formando una nuova generazione di proletari combattivi, capaci nelle loro lotte di trascinare gli stessi lavoratori italiani perché liberi dal senso di sconfitta e di rassegnazione che si è diffuso tra questi ultimi.

Il nostro contributo al dibattito e al confronto con tutte quelle realtà (collettivi, reti, realtà sindacali e politiche) che si pongono sul terreno dell’antirazzismo e della lotta contro le politiche del governo “gialloverde” muove, da un lato, dall’urgenza di rilanciare a breve una mobilitazione su larga scala su basi anticapitaliste e internazionaliste; dall’altro, sulla necessità di definire piattaforme, parole d’ordine capaci di agire in contrapposizione sia al razzismo salviniano sia all’ipocrita, pelosa e strumentale retorica liberale dell’“accoglienza”, in nome di quello che è a nostro avviso il compito primario di chiunque si ponga in maniera chiara e coerente dalla parte degli sfruttati: impedire che si crei un fossato di incomprensione e di ostilità tra proletari italiani e immigrati, e costituire, nelle lotte, un fronte unico tra lavoratori italiani e immigrati.

Le caratteristiche dei fenomeni migratori oggi

Le attuali migrazioni internazionali si differenziano da tutte le altre migrazioni di popoli del passato precapitalistico, “volontarie” o forzate, anzitutto perché sono globali, coinvolgono cioè tutto il pianeta. Si tratta di un fenomeno sociale di crescente ampiezza, di lungo periodo, che non ha nulla di emergenziale.

Attualmente coinvolge almeno 260 milioni di uomini e donne (con un aumento del 50% rispetto all’anno 2000), dei quali 65,6 milioni sono considerati rifugiati, richiedenti asilo, profughi, e per oltre la metà hanno meno di 18 anni. A questi numeri vanno aggiunti circa 10 milioni di apolidi.

Un altro fondamentale carattere distintivo delle migrazioni contemporanee è che sono sempre più femminili. In passato erano pressoché sempre i maschi ad aprire la “catena migratoria” e spesso restavano da soli nei paesi stranieri anche per decenni.

Ora, in un certo numero di casi, sono le donne ad aprire la “catena migratoria” o a emigrare da sole, e i ricongiungimenti familiari avvengono, se le norme li rendono possibili, in tempi sempre più brevi. In Italia c’è una sostanziale parità tra donne e uomini immigrati.

Tutti gli organismi internazionali, a cominciare dall’ONU, prevedono una ulteriore espansione di questo fenomeno sociale nei prossimi decenni, fino alla soglia (nel 2050) di almeno 400 milioni di emigranti internazionali nel mondo.

Tale crescita è alimentata anche dall’enorme movimento migratorio interno ai singoli paesi, soprattutto ai paesi del Sud del mondo, che coinvolge attualmente circa 750 milioni di persone.

Rispetto agli anni Cinquanta-Sessanta del secolo scorso, questo movimento migratorio è sempre più caratterizzato dalla traiettoria che va dal Sud verso il Nord del mondo.

Oggi come ieri, i processi migratori sono una manna per le classi dominanti dei paesi di immigrazione, le quali, oltre a depredare le risorse e le ricchezze dei paesi dominati e controllati, importano esseri umani che, avendo patito gli effetti della fame e delle guerre, sono disponibili, almeno in un primo momento, a vendere la loro forza lavoro a costi (salari) più bassi.

Mass media e governi sono fermamente contrari a qualsiasi tipo di discussione pubblica sulle cause delle migrazioni internazionali perché porterebbe direttamente al colonialismo e al neo-colonialismo e cioè ai meccanismi di oppressione e super-sfruttamento con cui i capitalismi/imperialismi europei, Italia inclusa, hanno sprofondato nella miseria e nella strutturale dipendenza vaste aree del mondo, che continuano tutt’oggi a essere schiacciate dal tallone di ferro delle multinazionali e degli eserciti occidentali.

In estrema sintesi, le cause delle emigrazioni sono le seguenti:

1) la disuguaglianza di sviluppo tra paesi che caratterizza il mercato mondiale quale effetto del colonialismo che ha distrutto o devastato le possibilità di sviluppo: in Africa, prima con la tratta degli schiavi e poi con l’occupazione dei territori; in America del Sud, con un immane genocidio e il lavoro forzato di massa; in Asia, con la colonizzazione, le guerre di aggressione e i trattati disuguali;

2) la rapida trasformazione capitalistica dell’agricoltura del Sud del mondo, che sta avvenendo sotto il ferreo controllo delle società multinazionali e delle grandi banche occidentali che si occupano di agricoltura, a monte (macchine, sementi, fertilizzanti, ecc.) come a valle della produzione agricola (commercializzazione dei prodotti), e che produce ogni anno la rovina o la cacciata dalla terra con mezzi terroristici di decine di milioni di contadini e di braccianti. Questo per fare posto, in sostituzione delle produzioni per l’auto-sussistenza e per l’auto-sufficienza alimentare dei singoli paesi, alle monoculture per l’esportazione, alla produzione dei cosiddetti bio-carburanti, ecc. Qualcosa di simile sta avvenendo per la pesca: i mari e gli oceani del Sud del mondo sono ormai infestati dai pescherecci di alto bordo che stanno letteralmente saccheggiando i mari antistanti le coste dall’Africa occidentale, mandando in rovina decine di migliaia di piccoli pescatori africani. A tutto ciò si è aggiunto, nell’ultimo decennio in particolare, il fenomeno del land grabbing, cioè del furto delle terre africane, asiatiche e sud-americane dei paesi più poveri, che riguarda finora oltre 60 milioni di ettari e ha ulteriormente ingigantito l’esodo forzato dalle campagne;

3) il debito estero dei paesi dominati e controllati, che è il prodotto della loro spoliazione storica ad opera del colonialismo, e li ha costretti, acquisita la propria indipendenza sul piano politico, a chiedere degli “anticipi” necessari al proprio sviluppo moderno e industriale; a ciò si aggiungono gli oneri della corruzione dei ceti dominanti ad opera delle multinazionali. A chi? Esattamente a quelle stesse potenze che li avevano mandati in rovina. E con quale risultato? Con il risultato di trovarsi sempre più stretto intorno al collo il cappio del debito da ripagare al FMI, alla Banca mondiale, al Club di Parigi, ai singoli stati imperialisti e alle singole banche; cosa che è possibile fare solo a condizione di accrescere lo sfruttamento sui lavoratori locali e di distruggere quel minimo di welfare sorto in questi paesi dopo le indipendenze e di lasciar andare in malora anche parte delle infrastrutture costruite. Solo una cifra: nel 1973 l’Africa sub-sahariana aveva un debito estero di 13 miliardi di dollari, pari al 20% del PIL; tale debito è esploso fino ad arrivare ai 450 miliardi di oggi pari al 27% del PIL dell’area. Un debito estero di questa portata vuol dire che in decine e decine di paesi a decidere delle politiche di stato sono i creditori-usurai, ovviamente a tutto ventaggio degli interessi neo-coloniali: nella sola Africa, secondo la Banca mondiale, ci sono attualmente 100.000 “esperti” stranieri (in larghissima parte europei e statunitensi), quelli che Thomas Sankara definì giustamente “tecnici assassini”;

4) la interminabile catena delle guerre. Per l’Europa si parla solitamente di “Dopoguerra”, ma nei continenti “di colore” la guerra non è mai finita, anzi spesso si è accesa proprio dopo lo scoppio della “pace” imperialista sancita a Yalta. Tra guerre coloniali o neo-coloniali (Indocina, Corea, Algeria, Suez, Biafra in Nigeria, Congo, colonie portoghesi, Vietnam, Afghanistan, Malvinas, Grenada, Panama, guerre del Golfo, guerra alla Jugoslavia, Libia, Mali, Siria, per non dire dell’infinita guerra coloniale di Israele contro i palestinesi, ecc.) e guerre e massacri “locali” è evidentissima la mano delle potenze imperialiste: Etiopia-Eritrea, il genocidio in Ruanda, l’Ogaden (Sudan) e il Sud Sudan, e le due grandi guerre recenti nel Congo, tanto per dire. Decine di milioni di morti, decine di milioni di sfollati, profughi, emigranti. Andrebbe denunciato anche il traffico imperialista delle armi, nel quale Italia, Francia, Gran Bretagna sono protagoniste di prima fila;

5) i cambiamenti climatici. Solo nei primi anni 2000 è stato coniato il termine “eco-profughi” ma, data la rapidità con cui sta cambiando il clima globale, e dato che è proprio sull’Africa che per ora incide più fortemente il riscaldamento globale accentuando il processo di desertificazione, la siccità e le carestie, le previsioni per i prossimi decenni sono apocalittiche. Secondo uno studio dell’OIM (organizzazione mondiale delle migrazioni) è possibile che al 2050 ci siano nel mondo 200 milioni di eco-profughi. Anche in Italia c’è stato un riflesso di questi processi nel 2006 e 2007, con migliaia di lavoratori del Bangladesh in piazza a chiedere il permesso di soggiorno umanitario dopo lo tsunami, che il governo di Roma non concesse;

6) il bisogno vitale di forza-lavoro immigrata, maschile e femminile, da parte di Italia e UE. Ne hanno bisogno le imprese di ogni ordine e grado per sostenere la propria competitività; gli stati, per colmare i buchi demografici crescenti, per ammortizzare, in parte, la distruzione del welfare scaricandone i costi sulle famiglie (assistenza anziani, disabili, bambini, ecc.), per tenere in piedi i sistemi pensionistici in paesi che invecchiano e perdono abitanti, per svolgere i lavori domestici e di cura. Nonostante dal 1986 (trattato di Schengen) si parli di chiudere le frontiere dell’Europa agli immigrati, la massa degli immigrati presenti sul territorio europeo non cessa di aumentare. Nel raffronto con gli altri maggiori paesi europei, l’Italia ha il minor numero di immigrati dopo la Francia negli anni che seguono la crisi del 2009, pur essendo il paese di più facile approdo, perché gli immigrati vanno dove c’è richiesta di forza-lavoro (la Germania ne ha assorbiti 1,5 milioni nel 2015 e oltre 1 milione nel 2016).

7) la crescita delle aspettative delle popolazioni del Sud del mondo, e in particolare delle donne del Sud del mondo. Questa crescita viene da lontano, dal grande e irriducibile moto di liberazione anti-coloniale iniziato alla fine del Settecento, nel quale centinaia di milioni di sfruttati dei continenti colonizzati, dai Caraibi fino all’Indonesia passando per il mondo arabo e l’Africa nera, hanno espresso nelle lotte e nelle guerre anti-coloniali la propria volontà di riscatto. Questa spinta si è materializzata nel corso del Novecento nella conquista dell’indipendenza nazionale. Ma poiché in molti paesi all’indipendenza nazionale non è corrisposto lo sperato miglioramento delle condizioni di vita, questa possibilità è stata ricercata nell’emigrazione verso i paesi ricchi, gli Stati Uniti, l’Europa, l’Italia, ecc.

Il razzismo, arma di distrazione di massa e di divisione tra i proletari

Il tema immigrazione è divenuto tema centrale della politica italiana ed europea.

I governi, non solo quelli “populisti” come quello italiano, fanno della politica anti-immigrazione l’asse principale di una campagna per la creazione di una “identità nazionale” (italiana, tedesca, francese, britannica, magiara, polacca, ecc.; si noti bene: ognuna ben distinta e addirittura ostile alle altre!) che accomuni operai e padroni, ricchi e poveri, sfruttati e sfruttatori contro l’“invasione” in atto dai 5 continenti che “snatura le culture nazionali”, “ruba” il lavoro, le case popolari, i posti negli asili nido agli autoctoni, “abbassa i salari”, porta criminalità e financo malattie, ruba e violenta le “nostre” donne; e l’elenco non finisce certamente qui, perché secondo i Salvini e i Di Maio & C pressoché tutti i mali di cui soffre “la gente” sono riconducibili a “loro”, agli “stranieri”, neri, arabi, latinos, indiani o cinesi che siano, e perfino i romeni o ucraini, i “diversi”, i “clandestini” che s’aggirano con impudenza per le “nostre” strade, sui “nostri” autobus.

Fandonie a buon mercato, che tuttavia (come la campagna di Hitler contro gli ebrei) hanno facile presa in una società ad alta disoccupazione, precarietà del lavoro e incertezza dell’esistenza soprattutto per i giovani, sfruttamento crescente e spesso umiliante nei luoghi di lavoro, a fronte di una difesa sindacale ormai inesistente tra appalti e subappalti, lavoro a termine e l’abdicazione di CGIL, CISl e UIL che hanno rimosso la lotta dal loro dizionario laddove se alzi la testa contro il padrone sei licenziato: è facile per padroni e governi indirizzare la rabbia e la frustrazione di chi lavora o, ancor più, di chi non trova lavoro, contro di “loro”.

Il problema allora non è più il padrone che ti sfrutta, il governo che gli ha dato mano libera nella precarizzazione con il Jobs Act di Renzi, sostanzialmente confermato dal “decreto dignità” di Di Maio, il fatto che per tirare avanti uno con famiglia deve lavorare 10 o 12 ore al giorno e quindi un altro resta senza lavoro…

Mentre per affrontare queste questioni occorre una lotta generalizzata di tutti i lavoratori, italiani e immigrati insieme, vogliono far entrare nella testa della gente che il problema sono “loro”, gli stranieri, gli immigrati.

Con questa operazione, portata avanti con sapienza dai media, dai politici e anche da molti pulpiti in barba all’ecumenismo del Papa (che avendo più pecorelle fuori che dentro l’Europa non può essere eurocentrico), i padroni, il loro governo e i loro rappresentanti politici realizzano a buon mercato (senza neanche una minima concessione di briciole) l’obiettivo di dividere la classe lavoratrice tra italiani e immigrati per accrescere lo sfruttamento e l’oppressione su entrambi, e impedirne una lotta comune in quanto lavoratori contro i comuni sfruttatori, il governo che li sostiene, e contro il sistema.

Cominciamo con lo smontare e smascherare la campagna razzista:

Gli immigrati rubano il lavoro agli italiani?

Falso!

Senza la presenza di quasi 6 milioni di immigrati che acquistano alimenti, vestiario, automobili, che abitano in una casa che altrimenti sarebbe vuota, che si spostano, mandano i bambini all’asilo, quanti posti di lavoro dovrebbero essere cancellati nelle fabbriche, nei trasporti, nell’edilizia, nell’agricoltura, nella scuola, nei servizi?

Senza i 6 milioni di immigrati non ci sarebbero neppure i circa 3 milioni di posti di lavoro che occupano!

La disoccupazione non è dovuta agli immigrati, è dovuta alla crisi del sistema capitalistico (che in Italia non ha ancora recuperato i livelli produttivi di 10 anni fa), alle tante ore di straordinari, non agli immigrati!

Gli immigrati ricevono dallo Stato più di quanto pagano alle sue casse?

Falso!

Gli immigrati, proprio perché sono più giovani e più attivi, pagano più tasse e contributi di quanto ricevono in welfare e pensioni. Secondo l’INPS gli immigrati pagano la pensione a 600 mila italiani (e il calcolo appare riduttivo); e quasi un milione di badanti (quasi tutte immigrate) e baby sitter fanno da ammortizzatori alla distruzione dell’assistenza sociale per gli anziani, i disabili, i bambini.

Gli immigrati abbassano i salari?

Falso!

Gli immigrati sono costretti ad accettare condizioni peggiori e salari più bassi quando sono in condizione di ricatto, per assenza del permesso di soggiorno o minaccia di non rinnovo.

Quando si sono organizzati e hanno lottato sono stati ad aver conquistato davvero aumenti salariali, anche per i colleghi italiani, come avviene tuttora nella logistica.

Il guaio, per i padroni e gli stati europei, è che questi lavoratori e lavoratrici sanno difendersi, sanno lottare, sanno perfino insegnare ai lavoratori autoctoni (che l’hanno dimenticato) come ci si fa rispettare sui luoghi di lavoro e nella società.

Le politiche razziste hanno proprio lo scopo di impedirlo!

Gli immigrati delinquono più degli italiani e sono un pericolo?

Ancora falso!

Sono gli immigrati tenuti nell’irregolarità dallo Stato che, non potendo trovare un lavoro regolare, sono costretti a lavori in nero e ad “arrangiarsi” ai margini della legalità, o a diventare pedine delle reti di spacciatori.

Al contrario, gli immigrati regolari delinquono meno degli italiani, anche perché un reato potrebbe privarli del permesso di soggiorno o della possibilità di ottenere la cittadinanza.

Su 6 milioni di immigrati ne sono in carcere 20 mila (poco più dello 0,3%), e una metà lo sono per reati di immigrazione ossia per il fatto di aver messo piede in Italia: è la politica dei governi che mantiene sistematicamente una quota di immigrati (circa 600 mila) in condizione di illegalità a spingerli a delinquere per sopravvivere.

Si dia il permesso a tutti, e la delinquenza crollerà drasticamente!

“Siamo invasi dagli stranieri, non possiamo accoglierli tutti”?

Ancora falso!

In Italia la popolazione di origine italiana sta diminuendo a vista d’occhio: nel 2017 le morti hanno superato le nascite di ben 251.537 unità.

Con questo trend destinato ad accentuarsi (con i nati nel “baby boom” postbellico che arrivano al capolinea, mentre le nascite stabiliscono ogni anno un minimo storico) e senza immigrazione, secondo le proiezioni ONU nel 2050 l’Italia avrebbe 20 milioni di abitanti in meno, con una quantità sproporzionata di vecchi…

Gli stessi padroni ammettono che hanno bisogno di almeno 200 mila lavoratori immigrati ogni anno solo per mantenere gli attuali livelli produttivi, nonostante l’assenza di una vera ripresa.

E questa manodopera arriva gratis: i costi della crescita e dell’istruzione di questa forza-lavoro sono stati sostenuti dalle famiglie e dagli stati di provenienza, non dall’Italia!

Del resto gran parte dei migranti va là dove c’è richiesta di forza lavoro.

I flussi maggiori in Italia vi sono stati nel 2007-2008 (oltre 500 mila l’anno) quando l’economia aveva altri tassi di sviluppo.

In Germania, in presenza di una ripresa economica, nel 2015 sono entrati 1,5 milioni e nel 2016 1 milione di immigrati, e ciononostante la disoccupazione è ai minimi, mentre in Italia solo circa 300 mila.

Gran parte degli immigrati, spesso anche quelli con alto livello di istruzione, sono adibiti ai lavori meno qualificati e peggio pagati.

Gli immigrati che lavorano in Italia sono ufficialmente quasi 2,5 milioni, il 10,5% del totale degli occupati, per l’87% salariati, per il 76% operai.

Ma data l’ampia quantità di immigrati che lavorano in nero, con e senza permesso di soggiorno, la stima più realistica è di 3 milioni.

Mentre l’ISTAT considera “italiani” gli immigrati che hanno ottenuto la cittadinanza, Il Sole-24 ore stima che in Italia su 100 occupati 15 sono immigrati. In realtà ci sono mansioni lavorative e settori di attività in cui questa percentuale è molto più alta: le lavoratrici e i lavoratori immigrati sono il 74% dei domestici, il 56% delle “badanti”, il 52% dei venditori ambulanti, il 40% dei pastori, dei boscaioli, dei pescatori, il 30% degli operai edili e dei braccianti agricoli, tutte stime probabilmente riduttive: per conoscenza diretta sappiamo che nelle cooperative della logistica o nelle ditte di pulizia, gli immigrati costituiscono la stragrande maggioranza, perlomeno nel Centro-Nord dove si trovano in larga parte…

La “chiusura delle frontiere” del Governo italiano e dell’UE non è contro l’immigrazione, è contro i proletari immigrati! Ed è solo un tassello di una politica contro il lavoro, più complessiva, da combattere

Da almeno tre decenni si parla in Europa di chiudere le frontiere, di “immigrazione zero” o, almeno, di rigido controllo dell’immigrazione perché di immigrati ce ne sono già troppi per cui vanno rispediti indietro in massa.

È una truffa colossale.

Il duo Salvini-Berlusconi aveva giurato in campagna elettorale di rimandarne indietro tra 600.000 e un milione: l’anno scorso, con Minniti, ne sono stati rimandati indietro 6.340, nel 2015 5.300, circa 1 su 100.

In realtà i respingimenti di centinaia di migliaia di immigrati non convengono, sono costosissimi e richiedono trattati internazionali che non ci sono.

Se i respingimenti di massa promessi da Salvini avvenissero per davvero sarebbe per l’Italia e per l’Europa: a) una catastrofe demografica; b) una catastrofe economica per il crollo di competitività (il lavoro degli immigrati in una fase iniziale riescono a pagarlo meno, finché non si organizzano) e per il crollo dei consumi (bene o male anche gli immigrati sono consumatori); c) una catastrofe sociale per il totale scompaginamento dell’assistenza alle persone anziane, ai disabili, ai bambini.

Quindi, per le esigenza del sistema economico-sociale capitalistico, i lavoratori e le lavoratrici immigrati non solo non devono diminuire ma devono aumentare: come già detto le stime padronali sono, per l’Italia, di un fabbisogno annuo aggiuntivo intorno alle 200.000 unità.

Ma allora come si spiega tutta la demagogia “anti-immigrazione” di Salvini e dei suoi amici Cinque Stelle, di Le Pen e di tutti gli altri simili?

Si spiega in primo luogo con l’intento di abbassare le aspettative dei lavoratori/lavoratrici immigrati in arrivo, di abbassare il valore della loro forza-lavoro e di azzerare preventivamente i loro diritti.

Da anni ci sforziamo di spiegare che lo slogan “immigrazione zero” va tradotto così: “immigrazione sì, ma a zero diritti”.

Rendere il percorso migratorio più difficile, più lungo, più rischioso, più costoso per i nuovi immigranti serve a rendere i candidati all’immigrazione più docili e disponibili ad accettare, almeno per un certo numero di anni, il super-sfruttamento e le privazioni a cui sono destinati.

Non dunque il totale impedimento dell’immigrazione ma l’immigrazione selezionata e preventivamente bastonata.

In secondo luogo, la condizione di ricatto e di supersfruttamento assicurata ai padroni con le leggi Turco-Napolitano, Bossi-Fini e col pacchetto-sicurezza di Maroni e di Minniti, serve a questi ultimi per agitare lo spettro della competizione al ribasso dei salari e tenere così a bada ogni possibile pretesa di miglioramenti salariali da parte dei lavoratori autoctoni.

L’assenza in questi anni di un’opposizione di classe all’altezza della situazione ha favorito dapprima il disarmo unilaterale dei proletari nel loro insieme e ha permesso poi che il cancro del razzismo attecchisse tra i lavoratori spingendoli in una spirale di odio fratricida.

Il razzismo di Lega e Cinquestelle, per rendere più efficace la sua propaganda, giunge al punto di negare che l’immigrazione oggi in Italia sia lo stesso fenomeno sociale – e umano – dell’emigrazione di quasi 30 milioni di italiani durata un secolo!

Gli emigranti dal Sud e dal Nord Italia verso le Americhe a cavallo tra Ottocento e Novecento, e nell’ultimo Dopoguerra verso l’Argentina, la Francia, la Germania e le miniere del Belgio (ma a milioni anche dal Sud verso il Nord industriale) fuggivano una miseria non meno nera, ed erano mediamente meno istruiti dei migranti che giungono oggi in Italia; ed erano accompagnati dalla fama di essere “mafiosi”, “delinquenti” (vedi riquadro), per la quale erano spesso discriminati e posti ai margini della società, a svolgere i lavori meno qualificati, più sporchi, pesanti e meno pagati, spesso soggetti ad attacchi razzisti (nell’agosto 1893 ad Aigues Mortes in Francia 10 immigrati italiani furono uccisi).

I Salvini-Di Maio non possono ammettere che anche gli italiani sono passati per le stesse peripezie, perché ciò farebbe crollare i loro cliché razzisti.

Il razzismo è sempre fondato sulla menzogna e ha bisogno di far dimenticare la storia.

I leghisti, che negli anni Novanta scrivevano sui muri “Forza Vesuvio” e “Forza Etna!”, e i cui precursori scrivevano fuori dai bar di Torino “Vietato l’ingresso ai cani e ai meridionali”, ora che hanno bisogno dei voti del Sud cercano di scatenare lo stesso odio nei confronti degli stranieri.

Il bersaglio cambia, l’obiettivo è lo stesso: mettere lavoratori contro altri lavoratori, per impedire che la loro rabbia si rivolga verso i veri responsabili del peggioramento delle loro condizioni: padroni e parassiti, i capitalisti e i loro governi.

In questo mondo dai crescenti squilibri le migrazioni sono un fenomeno in continua e inarrestabile crescita.

Non ci sono muri, mari, eserciti che possano fermare i milioni di persone che fuggono la miseria e la guerra. La maggior parte, centinaia di milioni, sono emigranti – e profughi – interni a singoli paesi.

Un’altra parte importante rimane all’interno di una regione (la maggior parte dei rifugiati siriani sono in Turchia, Giordania e Libano; la maggior parte degli emigranti africani rimane all’interno dell’Africa).

Ma un numero crescente, in genere i più intraprendenti, va verso le metropoli d’Europa e del Nordamerica, dove c’è la speranza di ottenere con il lavoro un tenore di vita migliore e di aiutare la famiglia a casa (come gli emigrati italiani d’un tempo).

Le ragioni delle attuali emigrazioni sono in parte analoghe a quelle che spinsero i nostri bisnonni, nonni e zii a lasciare l’Italia (il capitalismo che provoca l’esodo dalle campagne, la mancanza di lavoro) ma, come abbiamo visto, altre se ne aggiungono, collegate all’invasione – questa sì – coloniale e neocoloniale delle potenze imperialiste in Africa, Asia e America Latina, che ha teso solo a rapinare materie prime minerarie e agricole, non a sviluppare industria e infrastrutture di comunicazione (strade, ferrovie, porti, ecc.) e che ancora si accaparra le terre migliori per pochi dollari, euro o yuan (land grabbing).

Le potenze imperialiste, tra cui l’Italia, ancora condizionano finanziariamente questi paesi, con crediti che sono serviti a pagare prodotti e ottenere investimenti delle multinazionali, senza peraltro portare lo sviluppo promesso.

Allo stesso tempo, continuano gli interventi militari diretti e indiretti per il controllo di Stati e materie prime, e anche con il pretesto di arrestare i flussi migratori (piano italo-tedesco, in concorrenza con la Francia per campi di concentramento in Niger).

Milioni di uomini, donne e bambini in fuga dalla morte e dall’oppressione sono in massima parte il prodotto dell’imperialismo.

Lo slogan “aiutiamoli in casa loro” di Salvini oggi come di Minniti ieri è in realtà la continuazione di queste politiche imperialiste, il pretesto per (ri)entrare “in casa loro”, accaparrarsi materie prime (petrolio, uranio, coltan, ecc.) e sfruttarne la forza-lavoro, in concorrenza con i nuovi arrivati cinesi che, oltre ad invaderne i mercati con i propri prodotti che spiazzano l’artigianato locale, costruiscono infrastrutture e anche prime fabbriche.

Il nostro “aiutiamoli in casa loro” ha un significato diverso: stendiamo una rete di solidarietà e collegamento con i sindacati e i movimenti che stanno crescendo in quei paesi per la lotta comune contro la classe capitalistica, in particolare contro i capitalisti e i governi di casa nostra che “invadono” casa loro e per un miglioramento delle condizioni lavorative e salariali.

Questo quadro delle cause delle emigrazioni mette in chiaro un fatto: i proletari non lasciano le terre in cui sono nati e cresciuti, strappando le radici familiari, spesso rinunciando agli affetti, per una libera scelta di girare il mondo!

La grandissima parte delle migrazioni è forzata, per un modo o per l’altro: per salvare la vita da guerra e repressione o per fuggire fame, miseria, disoccupazione.

E di questa costrizione sono in buona parte responsabili proprio i paesi imperialisti verso i quali questa emigrazione si dirige, che in buona parte cercano questa forza lavoro immigrata, sebbene vorrebbero averne le sole braccia senza le persone e le loro famiglie!

La chiusura delle frontiere da parte dei paesi europei, degli USA e dell’Australia non ferma queste migrazioni, le rende solo più difficili, rischiose (oltre 30 mila morti nel solo Mediterraneo, solo per contare quelli noti) e costose, a vantaggio dei trafficanti.

Chi riesce ad arrivare è in balìa degli apparati statali di controllo che li selezionano e filtrano per immetterli sul mercato del lavoro; la maggioranza si vede rifiutare la richiesta di protezione umanitaria e viene lasciata in un limbo in cui l’unica possibilità è il lavoro nero; diviene oggetto di speculazione da parte di pseudo cooperative sociali e albergatori ai quali vengono dati centinaia di milioni mentre essa riceve 2 o 3 euro al giorno con cui far fronte alle proprie necessità.

In larghissima parte gli immigrati sono proletari poiché giungono nel nuovo paese con null’altro che le braccia per lavorare: spesso tutti i loro averi e quelli delle loro famiglie sono stati investiti nel viaggio.

Una volta stabiliti in un paese come l’Italia entrano a far parte integrante della classe lavoratrice italiana, non sono più “stranieri” per noi.

Sono i nostri compagni di lavoro e fratelli di classe, sfruttati dal nostro stesso padrone, con i nostri stessi interessi, che hanno bisogno di organizzarsi insieme ai lavoratori nati in Italia per una lotta comune.

In decine e centinaia di luoghi di lavoro, della logistica ma non solo, i lavoratori immigrati sono stati i protagonisti delle lotte che hanno conquistato importanti miglioramenti per tutti, italiani e immigrati.

Le politiche razziste dei governi che si sono succeduti, in particolare del governo Salvini-Di Maio, cercano di impedire questa saldatura di classe e di tenere i lavoratori immigrati un gradino al di sotto degli italiani per sfruttarli più brutalmente e tenerli in disparte: in molte fabbriche e magazzini parte dell’attività è data in appalto a finte cooperative che usano immigrati pagati meno dei lavoratori diretti per carichi di lavoro più pesanti, spesso trattati come schiavi.

Il ricatto del permesso di soggiorno serve a tenerli nel costante timore che se perdono il lavoro rischiano di perdere il diritto di restare in Italia, anche dopo molti anni e dopo aver cresciuto i figli in Italia.

I sindacati di regime CGIL, CISL, UIL e UGL spesso in queste situazioni si fanno complici dei padroni organizzando solo i lavoratori italiani, nell’illusione che ad essi possano arrivare delle briciole dal supersfruttamento degli immigrati.

Totalmente asserviti alla politica “divide et impera” dei padroni, frantumando l’unità, riducono la capacità di lotta e la forza contrattuale di tutti i lavoratori.

Fine prima parte
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Nazi demo comunisti che manipolano i diritti umani

Messaggioda Berto » lun nov 04, 2019 7:55 am

Seconda parte


Per tutte queste ragioni riteniamo si debbano porre una serie di obiettivi che affrontino la questione immigrazione dal punto di vista di classe, che va oltre l’aspetto unicamente umanitario:

1) Rivendicare l’effettiva, totale parità di condizioni e di diritti tra proletari autoctoni e immigrati (salari, orari, istruzione, sanità, pensioni, casa, ecc.) e la più stretta unità tra i proletari di tutte le nazionalità, le “razze” e i colori nella comune lotta al padronato e ai suoi governi e nella comune organizzazione di classe.

Tutto ciò che è contro i proletari immigrati è contro tutti i proletari: nessuna discriminazione ai loro danni può essere giustificata e accettata.

Dunque:

a) il diritto alla cittadinanza per chi nasce, cresce o lavora in Italia (ius soli);

b) garanzia di un salario (lavoro o non lavoro) e dell’accesso ai servizi sociali, in primo luogo alla scuola, ai trasporti e alle cure sanitarie;

c) rispetto integrale delle tutele previste dai CCNL di categoria e abolizione delle forme di lavoro sottopagate e del sistema di sfruttamento delle cooperative;

2) smascherare la funzione delle campagne di stato e di stampa contro gli immigrati in quanto portatori di disoccupazione, insicurezza sociale, criminalità, ecc., e contrapporre a questa retorica razzista, finalizzata a gerarchizzare e dividere i lavoratori per intensificare lo sfruttamento di classe, la vera origine di questi mali sociali;

3) immediata regolarizzazione di tutti i richiedenti asilo e degli immigrati costretti a vivere in Italia e in Europa senza documenti.

Permesso di soggiorno europeo incondizionato, cioè non sottoposto al contratto di lavoro né alla residenza né a scadenza, per quanti sono oggi sul suolo italiano ed europeo, come precondizione per unire nella lotta proletari europei e immigrati;

4) lottare per l’abolizione di tutta la legislazione speciale contro gli immigrati, la Turco-Napolitano, la Bossi-Fini, il pacchetto sicurezza, i decreti Orlando-Minniti, così come le leggi (decreto Lupi 43/14) che privano della residenza e dei diritti sociali coloro, italiani o immigrati, che non hanno un titolo riconosciuto di occupazione di un immobile;

5) denunciare e opporsi al militarismo italiano ed europeo, dire no ai respingimenti e ai trattati che li prevedono (che vanno annullati), alle espulsioni, alle deportazioni, ai campi e ai Cie, Cas e alle altre strutture di detenzione amministrativa, che vanno smantellati;

6) denunciare la militarizzazione e l’esternalizzazione delle frontiere (con relativa costruzione di lager in Africa, in Turchia, nei Balcani e il ruolo centrale delle organizzazioni criminali in combutta con gli stati in questi processi) come forma di guerra agli emigranti e strumenti per produrre “irregolarità”, e come pretesto per una nuova occupazione coloniale dell’Africa. Mobilitarsi per il ritiro delle truppe italiane dalle missioni militari e l’annullamento delle spese militari;

7) lottare per miglioramenti salariali uguali per tutti, per il rifiuto del Patto di Stabilità e del pareggio di bilancio;

8) denunciare le cause profonde delle emigrazioni internazionali contemporanee, i meccanismi capitalistici e neo-coloniali che costringono ad emigrare decine e decine di milioni di nostri fratelli e sorelle di classe;

9) rivendicare l’abolizione della Convenzione di Dublino e del relativo Regolamento III e la garanzia per i richiedenti asilo di ottenere un permesso di soggiorno europeo incondizionato, che non li vincoli a restare nel paese di arrivo. Smantellare l’attuale “sistema di accoglienza” affaristico, clientelare e spesso mafioso (vedi Roma Capitale e parecchi altri esempi).

Combattere il lavoro gratuito per i richiedenti asilo (oggi sempre più di frequente richiesto).

Assegnazione di strutture abitative pubbliche idonee (parte dell’immenso patrimonio pubblico sfitto) ai richiedenti asilo, istituzione di strutture pubbliche finalizzate all’integrazione lavorativa e sociale di chi è appena arrivato in Italia.

A partire da questa ipotesi di piattaforma, lavoriamo per costruire un fronte di lotta anticapitalista il più ampio possibile, con iniziative e campagne di mobilitazione antirazziste, che coinvolgano lavoratori, giovani, donne, italiani e stranieri e che si colleghino con analoghe iniziative nei vari paesi europei.

La politica anti-immigrati e razzista del governo Salvini-Di Maio è la forma del suo carattere borghese e antioperaio.

La lotta contro il razzismo per l’unità tra lavoratori italiani e immigrati è centrale nella lotta contro padronato, governi e capitalismo e per l’affermazione di un movimento di classe internazionalista a livello europeo.

Per queste ragioni riteniamo che tutte le realtà sociali, politiche e di movimento, e in primo luogo il sindacalismo di base, debbano porre la lotta al razzismo e allo sfruttamento degli immigrati in cima alle loro rivendicazioni.

Ogni sciopero e ogni iniziativa di lotta politica o sindacale non può eludere o tacere questo tema, che riguarda il futuro di milioni di lavoratori e proletari del nostro paese, non solo immigrati: ciò anche a costo di apparire in un primo momento “impopolari” tra qualche nostro iscritto e simpatizzante che ha abboccato alla propaganda del governo.

Oggi più che mai è necessario battersi in ogni sede ed occasione utile per far sì che i lavoratori italiani non si accodino al governo o non restino indifferenti, ma si uniscano a noi nella lotta al razzismo e alle politiche anti-immigrati, poiché tutto ciò che colpisce i lavoratori immigrati colpisce anche i lavoratori autoctoni.

Contro il razzismo di stato, per l’unità di classe tra proletari immigrati e autoctoni!




???
BUS DI SCOLARI IN FIAMME PER LA JIHAD DELLA SINISTRA
L’ATTENTATO DI FUOCO VICINO A MILANO CONSEGUENZA DELLA PROPAGANDA ROSSA
DI RIBELLIONE AL CONTROLLO DEI MIGRANTI.
ARRESTATO L’AUTISTA SENEGALESE PER STRAGE MA VANNO FERMATI I MANDANTI INTELLETTUALI E GLI STRATEGHI MONDIALISTI DEL TERRORE
21 marzo 2019
di Fabio Giuseppe e Carlo Carisio

http://www.gospanews.net/2019/03/21/bus ... a-sinistra


Non m’interessa nemmeno sapere se l’attentatore italo-africano di Crema abbia mai votato Pd, ne possegga la tessera o magari solo grazie alle amicizie in questo partito (che governa in quel Comune) sia riuscito ad ottenere un lavoro come conducente di un bus scolastico nonostante i precedenti per molestie sessuali a un minore e guida in stato di ebbrezza. Su questo aspetto della tragedia sfiorata ieri in Lombardia, a San Donato Milanese, dovranno ovviamente fare luce i Carabinieri che lo hanno arrestato, nella speranza mai ultima a morire che stavolta anche i giudici si levino i paramenti comunisti, il mantello rosso e la mutria buonista per picchiare duro con una pena detentiva esemplare di monito ad ipotetici futuri emulatori. Saranno le forze dell’ordine a dover accertare se oltre al danno c’è pure la beffa, doppia, di un condannato per reati specifici cui sono state consegnate le chiavi del destino di 51 alunni innocenti della scuola media cremasca Vallati, sequestrati per 40 minuti di terrore. Questa non è che l’ennesima conferma di una giustizia lurida grazie alla quale il terrorista e criminale matricolato Massimo Carminati potè creare Mafia Capitale col sodale Salvatore Buzzi per speculare, anche attraverso il centro di accoglienza Baobab chiuso di recente per palesi illeciti, sugli appalti per la gestione dell’emergenza immigrazione, resa tale da politiche suicide dei governi legittimati in pompa magna dai presidenti della Repoubblica Giorgio Napolitano e Sergio Mattarella. Questo aspetto dell’inquietante vicenda è soltanto l’aggravante eventuale in sfregio al minimo decoro di una legalità che prima di essere stata uccisa dagli italiani furbetti e mariuoli è stata massacrata nei Palazzi di Giustizia con sentenze prone all’autorità intoccabile del “deep state”: quell’entità sovragovernativa e trasnazionale in cui complottano, almeno dal 1860 con la Spedizione dei Mille e dal 1943 con lo sbarco degli Alleati in Sicilia, alta finanza, politica occulta, massoneria, servizi segreti internazionali e varie tipologie di mafie e terorismi a seconda del momento storico. Come sosteneva anche il giudice Rocco Chinnici ucciso con una bomba da Cosa Nostra (vedi sotto link a precedente articolo Gospa News).

TENTATA STRAGE NEL NOME DELL’IMMIGRAZIONE
Il 47enne senegalese Ousseynou Sy, cittadino italiano dal 2004, al momento dell’arresto da parte dei Carabinieri.
ANSA/SALVATORE GARZILLO

Il vero nocciolo del problema del dramma di Crema è capire chi ha armato la “mente” del 47enne senegalese Ousseynou Sy, cittadino italiano dal 2004, l’autista che ieri mattina, mercoledì 20 marzo, ha dirottato un bus con 51 studenti e gli ha dato fuoco, costringendo i militari dell’Arma Benemerita ad un disperato intervento di soccorso per evacuare i ragazzini dal veicolo, rompendo i finestrini e scongiurando così morti e feriti di un attentato che avrebbe potuto trasformarsi in un massacro. Non mi soffermo ai dettagli sulla cronaca ampiamente riportati dai giornali di tutto il mondo (link a fine articolo). Voglio davvero cercare di capire se e quanto l’ossesso fanatismo del conducente africano – arrestato dai Carabinieri per sequestro di persona, tentata strage, incendio e resistenza con l’aggravante di terrorismo – sia stato aizzato, alimentato e financo giustificato dalla “jihad” della sinistra: la “guerra santa” ideologica e politica di contestazione al controllo dell’immigrazione deliberato dal Governo Conte e rigorosamente applicato dal Ministro dell’Interno Matteo Salvini; anche a costo di un ignominioso braccio di ferro coi giudici, in seguito all’inchiesta sul ritardato sbargo dei migranti della Nave Diciotti, che lo ha costretto ad appellarsi all’immunità parlamentare per dimostrare la sua coerenza e determinazione nell’accoglienza volta a monitorare e favorire i reali profughi di guerra. Che il casus belli della tentata strage, ordita anche con l’intenzione di andare fino all’aeroporto di Linate per far eplodere il pullman in fiamme, siano state le nuove direttive sull’accoglienza lo ha affermato lo stesso attentatore. Al procuratore capo del pool Antiterrorismo milanese Alberto Nobili e al pm Luca Poniz ha ammesso il suo movente: «Il caso della nave Mare Jonio è stato l’episodio scatenante, la goccia che ha fatto traboccare il mio vaso». Ha ribadito quanto già urlato davanti a soccorritori e carabinieri intervenuti per salvare i fanciulli dal bus in fiamme: «Voglio farla finita, vanno fermate le morti nel Mediterraneo». Una motivazione palesemente demagogica visto che proprio grazie alle nuove politiche immigratorie varate dal Governo Lega-M5s con una maggiore azione preventiva di controllo nelle acque internazionali e nazionali e il coordinamento con la Guardia Costiera libica i viaggi e i decessi per naufragio ad essi connessi sono drasticamente diminuiti nell’ultimo anno (202 arrivi finora nel 2019 con un calo del 94 %).

IL PIROMANE PALADINO DELLA NAVE MARE JONIO
Il bus in fiamme sulla strada provinciale Paulese nei pressi di S. Donato Milanese (Mi)

Ma l’attentatore senegalese si è arrampicato sugli specchi anche appigliandosi all’ultima vicenda della Mare Jonio, la nave italiana di soccorso migranti del progetto Mediterranea, che martedì è giunta a ignorare un preciso ordine di una motovedetta della Guardia di Finanza pur di raggiungere la costa di Lampedusa. E’ rimasta in rada alcune ore ma successivamente è stata fatta regolarmente approdare, come capitò alla Nave Diciotti, con l’immediato soccorso di un immigrato con problemi di salute e il successivo sbarco di tutti gli altri. Ecco quindi la prima inevitabile domanda: il senegalese protesta perché lo Stato Italiano ha salvato i sedicenti 49 profughi sulla nave facendoli attendere qualche ora con il terribile disagio di un po’ di mal di mare? Oppure protesta perché la magistratura ha aperto un fascicolo contro ignoti per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, ha sequestrato la nave e poi ha anche indagato il comandante? Il punto di vista del governo è quantomai chiaro ed ha evidenziato due violazioni della cosiddetta Legge Salvini sulla Sicurezza ed è proprio su questo presupposto che lo stesso Salvini ha chiesto l’arresto del capitano del natante e del capomissione.
La nave con bandiera italiana Mare Jonio della ong Mediterranea scortata nel porto di Lampedusa dalla motovedetta della Guardia di Finanza

«La Mare Jonio ha disobbedito per ben due volte all’ordine della Guardia di finanza di spegnere i motori. Il mare non era mosso e non c’era pericolo di affondamento – ha dichiarato all’Ansa il Ministro dell’Interno Matteo Salvini – La Mare Jonio era più vicina alla Libia e alla Tunisia, ma ha fatto rotta verso l’Italia sottoponendo gli immigrati ad un viaggio più lungo. La nave non ha avvisato Malta. Ha disobbedito alle indicazioni della Guardia costiera libica. Un comportamento che dimostra il chiaro intento di voler portare in Italia immigrati clandestini». A queste perentorie parole da Ministro dell’Interno fanno eco quelle tanto emotive quanto poco circostaziate e attuali di Ousseynou Sy, il quale, come ogni astuto protagonista di attentati, per prima cosa sgombera il campo dall’insinuazione che qualcuno possa averlo istigato al reato: «E’ stata una mia scelta personale – ha detto ai pm durante l’interrogatorio – non ne potevo più di vedere bambini sbranati da squali nel Mediterraneo, donne incinte e uomini che fuggivano dall’Africa». Frasi sentite e risentite milioni di volte dalla propaganda di sinistra che non accetta di essere stata ripudiata dagli elettori italiani il 4 marzo 2018 soprattutto per le disastrose politiche immigrazioniste finalizzate all’accoglienza indiscriminata di veri profughi di guerra, migranti economici e climatici ma anche di moltissimi manovali delle mafie nigeriane ed un un buon numero di jihadisti dell’Isis. A chi ancora non credesse alla frequenza dell’intrusione di terroristi tra le persone soccorse nel Mediterraneo va ricordato che: i clandetsini arrivano quasi tutti senza documenti, facendosi anche beffa delle autorità italiane, tanto che tra quelli della Nave Dicioti approdata a Catania ad agosto in 14 su 41 dichiararono di essere nati il 1 gennaio; i fondamentalisti islamici del Daesh forniscono ai loro combattenti viaggi premio in Europa, come dimostrato da un precedente reportage di Gospa News (link a fondo articolo).

LA SINISTRA CONTRO LA LEGGE CHE PUNISCE GLI IMMIGRATI CRIMINALI
Malavitosi nigeriani arrestati dalla Polizia a Palermo lo scorso anno

Ciò detto, non mi interessa più nemmeno sapere se davvero il senegalese ha ricevuto incitamenti, promessi o soldi da qualche attivista della sinistra pro-immigrazione per compiere la sua azione, fortunatamente molto più clamorosa che disastrosa. Per imputare la responsabilità morale dell’accaduto a coloro che sbraitano contro la Legge Sicurezza del Governo Conte (e quindi non solo di Salvini), approvata in larga maggioranza da un Parlamento democraticamente eletto, sono sufficienti i quotidiani proclami di incitazione all’odio contro il Ministero dell’Interno, le manifestazioni dei disubbidienti ribelli che riesumano i No-Global rimasti quasi sempre in letargo per tutto il settennato di governo della sinistra e, acer in fundo, le proteste politiche di amministratori pubblici come Luigi De Magistris e Leoluca Orlando, rispettivamente Sindaco di Napoli e Palermo: le due città più mafiose d’Italia dove Camorra e Cosa Nostra vanno ormai a braccetto con la Cosa Nera, la Mafia Nigeriana delle organizzazioni criminali internazionali Black Axe, Eiye e Maphite che trafficano in esseri umani ed organi, prostituzione, droga, estorsione e sono divenute le “cosche di quartiere” al servizio dei malavitosi italiani ormai in giacca e cravatta, travesiti da imprenditori o banchieri. Proprio nel coacervo disgustoso di questa politica partigiana di resistenza alle leggi di uno Stato sono nati gli appelli di Orlando & co. agli altri sindaci a boicottare il Decreto Sicurezza che non contiene altro che rigorosi provvedimenti di espulsione o decadenza dell’asilo politico per i migranti che delinquono. Il messaggio propalato da questi paladini dei diritti degli immigrati, di fatto, teorizza il concetto per cui il clandestino, provenendo da un paese disagiato e non avendo cultura civile sufficiente, può tranquillamente delinquere se ne ha necessità per sopravvivere. Esattamente come molte europeiste illuminate di sinistra sostengono che lo stupro dei musulmani non è da ritenersi reato perché la loro cultura maschilista non consente loro di comprendere la gravità del gesto. Non ci sarebbe da stupirsi se domattina qualcuno si sperticasse nel tentativo di giustificare anche il tremendo gesto del senegalese piromane come una momento di disperazione comprensibile. In fondo, se si dà credito alle sue parole, l’attentatore ha agito solo in difesa di Mare Jonio, la nave con bandiera italiana varata dagli attivisti di sinistra attraverso la ong Mediteranea soprattutto coi soldi di Banca Etica (e l’ira di motli dei sostenitori di quest’ulòtima, vedi articolo Il Giornale), in palese sfida alle restrizioni del Governo della Repubblica Italiana che vigila per il buon funzionamento di Frontex, Agenzia europea delle guardie costiere e di frontiera, e del nuovo piano di soccorso Themis, in cui si prevede un pattugliamento delle navi militari italiane a sole 24 miglia dalla Libia e l’obbligo di soccorso da parte della nazione costiera più vicina: ecco perché Mare Jonio avrebbe dovuto prima di tutto chiedere di approdare a Malta.

DA PERSEGUIRE I MANDANTI INTELLETTUALI DI QUESTA JIHAD
Luca Casarini, da leader dei No-Global nelle proteste che devastarono Genova nel 2001 a capomissione della ong Mediterranea sulla nave Mare Jonio

C’è invece da stupirsi del fatto che politica, forze dell’ordine e magistratura non prendano in seria considerazione la denuncia e l’incriminazione dei “mandanti intellettuali di questa jihad politica della sinistra, persino capaci di togliere dalla naftlalina il popolare contestatore No-Global dell’inizio del terzo millennio, Luca Casarini, pur di fare guerra al Governo e alle sue leggi. E’ colui che aizzò gli antiglobalisti contro il G8 di Genova spianando la strada ai famigerati guerriglieri Black Bloc che per dal 19 al 22 luglio 2001 misero a ferro e fuoco la città, esattamente come hanno fatto sabato 16 marzo sull’avenue des Champs-Élysées incuneandosi tra i Gilet Gialli e ponendo di fatto la parola fine alla credibilità della protesta popolare già minata da troppe violente derive rivoluzionarie. Oggi è lui il capomissione e portavoce della Mare Jonio: lacrima comunicati struggenti sui poveri immigrati a bordo della nave in balia di onde alte 7 metri, che diventano di 3 nelle stesse parole del comandante e si dimezzano ulteriormente nell’analisi dei guardiacosta. Proprio la presenza di un antico nemico della globalizzazione come Casarini rende perversa la logica dei partigiani ribelli di sinistra e induce a ritenere che dietro di essa si nascondano ben altri interessi. Come può, infatti, conciliarsi la logica di un acerrimo avversario della globalizzazione diffusa dai mondialisti dei potentati internazionali della finanza e della politica con quelle migrazioni di massa previste dal progetto Onu Global Contact tanto benedetto dalla sinistra ma partorito dagli stessi plutocrati mondialisti per privare ogni nazione di identità sovrana? Può collimare se si pensa, come sostengono in molti tra cui io, che fa tutto parte di un preciso disegno criminoso volto ad ottenere con l’immigrazione indiscriminata nuovi servi a basso costo per il mercato del lavoro della multinazionali, a garantire nuovi schiavi dei traffici illeciti, business con costante necessità di riciclaggio di denaro ben praticabile negli investimenti finanziari nelle borse dei soliti speculatori mondiali, ed infine creare un clima di tensione sociale talmente violento nel quale il rigore di severissime leggi di polizia, anche contro ogni ideologia del pensiero alternativo, possa essere strumentalizzato per eliminare i paladini della vera democrazia e della espressione identitaria etnica, religiosa e culturale di ogni popolo. Pertanto anche quello spregiudicato e pregiudicato autista senegalese, autore di un attentato incendiario tanto pericoloso quanto alla fine innocuo, potrebbe essere soltanto un’altra pedina nel gioco della strategia del terrore internazionale. Come il turco che ha sparato sul tram di Utrecht o l’australiano-ebreo che ha fatto la strage nelle moschee della Nuova Zelanda. Per capire chi potrebbero essere i registi leggete il precedente articolo su Gospa News “Christchurch, il killer ebreo istruito da Mossad e Isis per uccidere Assad”.
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Re: Nazi demo comunisti che manipolano i diritti umani

Messaggioda Berto » lun nov 04, 2019 7:56 am

Un marocchino in Italia uccide un ragazzo italiano, sgozzandolo perché gli faceva rabbia che fosse felice.


Omicidio Murazzi, "il killer voleva uccidere un ragazzo felice" - Il Sole 24 ORE
1 aprile 2019

https://stream24.ilsole24ore.com/video/ ... e/ABgZxqjB

Roma, 1 apr. (askanews) - "Gli viene richiesto del perché abbia ucciso quel ragazzo e perché lo abbia ucciso in quel modo e la risposta è stata: io volevo uccidere un ragazzo come me, togliergli tutte le promesse che aveva, dei figli, toglierlo ai suoi amici e parenti".

È quanto ha riferito Giuliano Gerbo, il comandante del nucleo investigativo dei carabinieri di Torino, parlando della confessione Said Machaouat, il 27enne italiano di origini marocchine che ha confessato l'omicidio di Stefano Leo, il 33enne di Biella sgozzato lo scorso 23 febbraio a Torino in pieno giorno lungo il Po, il caso noto come "delitto dei Murazzi".

A poche ore dalla marcia organizzata dagli amici e dal padre de ragazzo per chiedere di far luce sul delitto, il giovane si è presentato in Questura dove poi è stato sottoposto a fermo. Il giovane, con precedenti per maltrattamenti in famiglia, secondo quanto hanno riferito i carabinieri, non ha mostrato pentimento e ha detto di aver scelto Stefano perché gli "sembrava troppo felice".

Secondo la ricostruzione dei carabinieri, l'omicida quella mattina si era recato a comprare un set di coltelli perché era combattuto tra il compiere un omicidio e il togliersi la vita.

"Prima di uccidere, ha spiegato Francesco Rizzo, comandante provinciale dei carabinieri di Torino, Said ha avuto una discussione per futili motivi con una persona seduta su una panchina, accusandola di averlo fotografato".

Il giovane era tornato a Torino nel gennaio 2019. Aveva perso il lavoro, poi era partito per Ibiza e per il Marocco. Tornato nel capoluogo piemontese viveva di espedienti e dormiva in un rifugio per senza fissa dimora in piazza d'Armi. Dopo l'omicidio ha nascosto il coltello da cucina in una cassetta elettrica e secondo quanto riferito da lui stesso ai carabinieri, voleva riutilizzarlo. Poi si è consegnato alle forze dell'ordine per paura di compiere altri gesti di questo tipo.


Era stato adottato da una famiglia italiana e così l'ha ripagata


“Volevo ammazzare un italiano felice Così ho colpito Stefano con il coltello”
maria teresa martinengo

https://www.lastampa.it/2019/04/02/ital ... aehinUFD7g

Stefano Leo, nella dolce mattina del 23 febbraio che già anticipava la primavera, è uscito di casa per andare al lavoro senza sapere di essere «l’uomo giusto» per morire. Le cuffiette nelle orecchie, gli occhiali scuri, quell’aria felice che gliela si leggeva addosso. Il suo assassino l’ha visto arrivare così, da una settantina metri, seduto su una panchina. Come un predatore intossicato dall’odio ha atteso fantasticando di uccidere una persona qualsiasi. Ma voleva un uomo proprio come lui. Della sua stessa età. «Ho colpito un bianco, basandomi sul fatto ovvio che giovane e italiano avrebbe fatto scalpore. Mi bastava che fosse italiano, uno giovane, più o meno della mia età, che conoscono tutti quelli con cui va a scuola, si preoccupano tutti i genitori e così via. Non avrebbe fatto altrettanto scalpore. L’ho guardato ed ero sicuro che fosse italiano».

«Mi sono affiancato al ragazzo e gli ho piantato il coltello nella gola»

Il giovane che ha partorito questi pensieri si chiama Said Mechaquat, 27 anni. Nato a Khourigba in Marocco, naturalizzato italiano a seguito di adozione. Domenica scorsa si è consegnato ai carabinieri di Torino confessando il delitto. Ha detto che se fosse rimasto in libertà avrebbe ucciso ancora. Sentiva delle voci nella sua mente, il richiamo del male. Dopo un lungo interrogatorio, ha fatto ritrovare il coltello. Lo ha comprato in un discount di periferia, per 10 euro con un set intero. «Ho preso il più grande e ho gettato gli altri». Nei verbali ha ricostruito la sua vita e quel giorno che ha lasciato attonita la città. «Perché ho ucciso in quel modo? Volevo ammazzare un ragazzo come me, togliergli tutte le promesse che aveva, dei figli, toglierlo ai suoi amici e parenti». Perché la coltellata alla gola? «Quello è il modo più sicuro di uccidere. Se lo colpisci di schiena è meno sicuro, anche se lo prendi al polmone non sei certo di ammazzarlo». Dunque era Said il ragazzo ripreso da una telecamera del circuito urbano della questura. Il dispositivo, di scarsa qualità, lo aveva filmato mentre si allontanava dal luogo del delitto con una «camminata veloce». Il suo volto non era riconoscibile e pareva avesse capelli rasta. Dei dred. «No, era il mio cappello con pon pon. L’ho perso due giorni dopo il delitto».

L’abisso di delusioni

L’omicidio è scaturito da un male che gli è cresciuto dentro poco a poco, come un virus. Dopo essersi sposato giovanissimo in Marocco con una connazionale si è separato. Nel 2012 ha avuto un figlio da una ragazza torinese. «Ero felicissimo, avevamo tutto». La loro relazione è durata alcuni anni, poi lei si è trovata un altro. Un italiano disoccupato e con problemi di droga. Mechaquat ne ha sofferto. Ha cercato affetto e «coccole» in altre donne. Ma niente di serio. Altre delusioni. Tappe verso il suo abisso personale. Pochi affetti, lavori saltuari e tanto rancore. E soprattutto contrasti continui con l’ex compagna per potere vedere il figlio. «Il fatto che mio figlio chiamasse papà il nuovo compagno della mia ex convivente mi ha mandato fuori di testa». Ha cercato aiuto nei servizi sociali ma si è sentito scaricato. La sua rabbia è diventata depressione e poi paranoia. Sommerso dai fallimenti, ha cercato il riscatto nella morte causale di qualcuno che potesse pagare per lui. «Ho pensato anche di uccidermi. Che madre natura stava cercando di farmi uccidere e allora ho pensato io di uccidere. Ho detto che potevo far pagare a Torino quello che è di Torino».

La ricostruzione

Said Mechaquat ha atteso Stefano Leo in cima alla passeggiata di Lungo Po Machiavelli. Un bel posto dove ammirare il Po e il Monte dei Cappuccini. Dove portare a passeggio il cane e andare di corsa. Sedersi a penzoloni sulle pietre dei Murazzi e ripassare la lezione di storia. Stefano, biellese di origine, aveva girato il mondo in cerca di se stesso prima di approdare a Torino. Laureato in giurisprudenza, aveva rinunciato a codici e tribunali. Ecologista, buddista, aveva frequentato una comunità hare krishna in Australia. Al suo amico di infanzia, con cui condivideva l’alloggio, aveva detto che questa città gli regalava energia positiva. «È un bel posto per viverci». Lo scorso dicembre aveva trovato lavoro come commesso in un negozio chic del centro, della K-way. Lì dentro aveva trovato nuovi amici. Un nuovo ambiente dove ricominciare. Il 21 febbraio aveva trascorso la serata a cantare e ballare con i colleghi, a casa della responsabile del punto vendita. «Quella sera - ha raccontato una collega - siamo riusciti a mettere da parte per qualche ora qualsiasi problema per goderci un momento di pura felicità».

Ecco, quella felicità che da tempo Said non riusciva a trovare. Di certo non poteva trovarla tra le brandine di tela cerata dei moduli abitativi per senzatetto allestiti dal Comune e dalla Croce Rossa in piazza D’Armi, a ridosso dello stadio Grande Torino. Said ha trascorso parte dell’inverno lì dentro, dormendo tra coperte maleodoranti e con altri clochard che di notte urlano in preda all’alcol e. Molti, per difendersi, si portano appresso dei coltelli, e li tengono sotto il cuscino. La mattina del 23 febbraio Said ha lasciato il dormitorio. Ha raggiunto il discount In’s di via Borgaro, all’altro capo della città, per acquistare il coltello. Poi ha raggiunto la passeggiata di Lungo Po Machiavelli. «Sono sceso dal tram in piazza Vittorio. Sono sceso ai Murazzi e dalla scala sono arrivato alla passeggiata. Mi sono seduto su una panchina. Ho fumato un paio di sigarette. Passavano persone». Perché quel posto? «Perché si può scappare via subito. E poi ci andavo spesso la domenica». Nell’attesa, seduto su quella panchina, ha avuto un battibecco con un ragazzo che stava portando a passeggio il cane. Lo ha rimproverato perché faceva foto con il cellulare. Per un attimo ha pensato di ammazzarlo ma ha cambiato idea. «Non era un’azione comoda. Volevo uccidere e andarmene ma in quel momento c’era gente». Cercava studenti. Dei giovani. «Una persona la cui morte avesse una buona risonanza. Non un vecchio di cui nessuno parla». Poi è arrivato Stefano Leo, che abitava a 900 passi da lì. «Mi è passato davanti. Sapevo che non si accorgeva se mi alzavo. Così mi alzo e piglio con la mano sinistra il coltello dalla borsa. Lo colpisco mentre lo sorpasso». Insieme risalgono le scale verso la strada. Stefano in cerca di aiuto. Said lo ha guardato per un istante. «Ho visto che cercava di respirare. Si è accasciato dopo aver fatto le scale, cercando di prendere aria. Si è inginocchiato e poi è caduto a terra».

Camminando velocemente ha raggiunto la fermata del tram numero 16 in via Bava e da lì è tornato al dormitorio. Nei paraggi ha nascosto il coltello in una cabina elettrica. Domenica scorsa, dopo oltre un mese dal delitto, e nel giorno in cui i familiari hanno organizzato vicino al Po una marcia per chiedere verità, ha deciso di costituirsi. Ha pranzato in un bar vicino alla questura ed è andato via senza pagare. «Mi sono consegnato perché non ho più l’amore per vivere. Per passeggiare senza senso meglio che venga qua».
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Re: Nazi demo comunisti che manipolano i diritti umani

Messaggioda Berto » lun nov 04, 2019 7:59 am

L'odio per noi e la manipolazione dei nostri diritti da parte dei parassiti demosinistri come gli psicoanalisti dei clandestini pagati a spese nostre

LA HAINE
https://www.facebook.com/dragor.alphan. ... 1142810169

C'est dans l'air du temps. La repentance a encore frappé. Selon certains psychanalystes, le coupable n'est pas le Marocain naturalisé italien qui à Turin (Italie) a égorgé dans la rue un jeune employé car "il lui paraissait trop heureux " mais "les politiciens qui alimentent la haine et produisent des gestes de mort."
. La haine, pour ces psys, serait l'opposition à l'immigration illégale. Je n'arrive pas à voir d'autres formes de "haine" de la part des politiciens italiens. Par contre la haine d'importation est très visible et dans la Botte se manifeste chaque jour par environ 700 épisodes de violence qui vont de l'insulte au meurtre.
. L'immigration illégale a toujours été combattue dans le monde entier sans que les opposants soient traités de haineux. Mais depuis un temps certains milieux politiques abandonnés par les électeurs locaux misent sur un électorat d'importation composé en large partie de clandestins qu'ils appellent migrants, immigrés, réfugiés, exilés pour faciliter leur naturalisation. Et ils traitent de haineux quiconque s'oppose à l'invasion.
. Le nombre des personnes tuées au hasard dans la rue n'a rien à voir avec la politique plus ou moins haineuse du gouvernement mais est directement proportionnel au nombre de musulmans présents sur le territoire. La preuve? L'Angleterre a le gouvernement le plus islamophile du monde mais aussi le plus grand nombre de poignardés dans la rue, surtout par des Pakistanais. Donc ne renversez pas les rôles. Les poignardés sont les victimes et les poignardeurs les bourreaux. Et ils poignardent car leur livre sacré les exhorte à poignarder, certainement pas car "les politiciens alimentent la haine." Caressez-les dans le sens du poil, ils poignarderont quand même.

L' odio

È nell'aria del tempo. Il pentimento ha colpito di nuovo. Secondo alcuni psicoanalisti, il colpevole non è il marocchino naturalizzato italiano che a Torino (Italia) ha sgozzato per strada un giovane impiegato perché " gli sembrava troppo felice " ma " i politici che alimentano l'odio e producono gesti di morte."
L' odio, per questi strizzacervelli, sarebbe l'opposizione all'immigrazione clandestina. Non riesco a vedere altre forme di "odio" da parte dei politici italiani. Invece l'odio d'importazione è molto visibile e nello stivale si manifesta ogni giorno da circa 700 episodi di violenza che vanno dall'insulto all'omicidio.
. L' immigrazione clandestina è sempre stata combattuta in tutto il mondo senza che gli oppositori siano trattati di odio. Ma da un po ' alcuni ambienti politici abbandonati dagli elettori locali puntano su un elettorato d'importazione composto in larga parte di clandestini che chiamano migranti, immigrati, rifugiati, esiliati per facilitare la loro naturalizzazione. E trattano di odio chiunque si opponga all'invasione.
. Il numero delle persone uccise a caso in strada non ha nulla a che vedere con la politica più o meno odio del governo ma è direttamente proporzionale al numero di musulmani presenti sul territorio. La prova? L' Inghilterra ha il governo più cariogeno del mondo ma anche il maggior numero di accoltellati in strada, soprattutto da pakistani. Quindi non rovesciare i ruoli. I accoltellati sono le vittime e le poignardeurs i carnefici. E loro perché il loro libro sacro li esorta a pugnalare, di certo non perché " i politici alimentano l'odio." accarezzi nel senso del pelo, loro comunque.



MIGRANTI, ODIO, SICUREZZA: IL TESTO DELL'APPELLO DEGLI PSICANALISTI ITALIANI AL PRESIDENTE MATTARELLA
2019/04/03
PAOLO BROGI

https://www.alganews.it/2019/04/03/migr ... mattarella

Pubblico il testo integrale della Lettera aperta che gli psicanalisti italiani della Spi hanno inviato a Mattarella. Riguarda temi assai rilevanti come i diritti dei migranti e il contrasto dell’odio.

Non tutti in Italia pendono dalle labbra della nuova destra. C’è chi con autorevolezza dice no alle derive liberticide. A partire dal “Decreto Sicurezza” del governo in carica. Gli psicanalisti, generalmente riservati e restii alle prese di posizione pubbliche, escono allo scoperto prima che non sia troppo tardi. L’appello sottoscritto da oltre 600 psicanalisti – qui di seguito le adesioni quando erano ancora poco più di 400 – è nato dall’iniziativa di duev psicanalisti, un uomo e una donna, e ha raccolto le adesioni sull’email spimilano@gmail.com (la foto è di Pellegrin)

Lettera aperta al Presidente della Repubblica

Noi tutti, firmatari di questa lettera, siamo psicoanalisti appartenenti alla storica Società Psicoanalitica Italiana (SPI), componente dell’International Psychoanalytical Association (IPA), della quale fanno parte società psicoanalitiche di tutto il mondo. Molti di noi fanno parte di un gruppo denominato PER (Psicoanalisti Europei Per i Rifugiati), con il quale la SPI ha inteso raccogliere le esperienze di molti psicoanalisti che già da anni operano su tutto il territorio nazionale nel settore della migrazione. Del Gruppo PER inoltre, fanno parte anche psicoanalisti che appartengono al gruppo denominato Geografie della Psicoanalisi che ha per scopo l’indagine e i contatti della psicoanalisi con altre culture.

Grazie allo specifico sapere psicoanalitico, in grado di cogliere la complessità del lavoro con i migranti e con l’intero fenomeno che sappiamo essere attivatore di grande sofferenza psichica, è stato possibile fornire, lavorando in strutture d’accoglienza o comunque in contatto con i migranti, un contributo clinico scientifico in favore dei migranti e degli stessi operatori delle varie associazioni che, essendo in diretto contatto con i migranti, si fanno carico quotidianamente della sofferenza psichica di cui essi sono portatori silenti.

È proprio quest’esperienza quotidiana di contatto con il disagio psichico profondo e con la sofferenza legata a traumi, sradicamento e lutto migratorio che ci spinge a scrivere e ad assumere una posizione critica, ritenendo che non si possa tacere sulle complesse e gravi condizioni in cui versano i migranti in Italia.

La situazione, da tempo critica, si è drammaticamente aggravata dopo il varo e l’approvazione del “Decreto Sicurezza” che, contrariamente al termine “sicurezza”, sta già rendendo la condizione dei migranti e, consequenzialmente quella italiana, sempre più “insicura”. Concordiamo con quanto Lei afferma: “la vera sicurezza si realizza, con efficacia, preservando e garantendo i valori positivi della convivenza”.

Ed è proprio a partire da questa Sua dichiarazione che pensiamo di poter affermare che la convivenza non è un dato, ma una paziente tessitura da costruire nel quotidiano, sfidando paure e diffidenze reciproche inevitabili. L’accoglienza e la convivenza possono essere prove difficili quanto l’esilio ed è per questo che vanno sostenute attraverso politiche e azioni sociali capaci di dare ascolto anche al disagio della popolazione residente, evitando che si radicalizzi quel cieco rifiuto che si sta attivando.

È grave chiudere gli SPRAR, in quanto sistemi di “accoglienza integrata”, che fino ad oggi non si sono occupati solo del sostegno fisico delle persone immigrate, ma hanno anche promosso percorsi di informazione, assistenza e orientamento, necessari a favorire un loro dignitoso inserimento socio-economico. Precludere queste opportunità non vuol dire solo annullare drasticamente gli SPRAR, ma cancellare ogni possibilità di dare dignità alle persone sostenendo il loro legittimo diritto di aspirare ad una vita migliore e alla salute che, come sancito dall’OMS, “…è uno stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non solo l’assenza di malattia o infermità”.

La nuova legge, di fatto, rende impossibile l’integrazione dei migranti in Italia, esponendoli ancora una volta al rischio di umiliazioni e sofferenze psichiche profonde e disumane. Non riconoscere più il permesso di soggiorno per motivi umanitari è disumano!

Gestire il fenomeno migratorio come una pura questione di ordine pubblico è segno di pericolosa miopia. Noi pensiamo che sia urgente ripensare completamente anche le politiche migratorie, riaprendo, ad esempio, i canali regolari della migrazione da lavoro, come opportunità per avvalersi dell’apporto di energie nuove che sempre le migrazioni riuscite hanno rappresentato e che sono alla base di ogni autentico processo di integrazione.

Quelli di noi che operano a Bologna, Genova, Milano, Roma, Trieste, Gorizia, Venezia, Caserta hanno visto, dopo l’approvazione della legge, da un giorno all’altro, centinaia di migranti lasciati in strada senza protezione. Diventati fantasmi, privati di tutto, uomini e donne che restano esposti al pericoloso circuito vizioso alimentato dalla condizione di bisogno estremo, vulnerabili e inermi, assoggettabili a contesti delinquenziali che possono spingerli/costringerli verso comportamenti anti sociali.

Tragicamente inoltre sono aumentati percentualmente i morti in mare per la restrizione quasi totale della possibilità di operare salvataggi da parte delle navi di soccorso. Chi soccorre in mare può, paradossalmente rispetto alle leggi di mare, essere soggetto a processo per il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina! Per non dire di ciò che accade nei percorsi di terra e nell’attraversamento dei deserti.

Quanto poi ai rimpatri, essi, di fatto, sono semplicemente impossibili in assenza di accordi sicuri con le Nazioni di partenza. In questo contesto, è molto grave che l’Italia non abbia partecipato al Global Compact for Migration dell’ONU, accordo globale sull’accoglienza dei migranti approvato con il voto favorevole di 152 Paesi.

È doveroso chiedersi da dove nasca questa ossessione per il migrante da parte dei nostri governanti, che generano e alimentano paure sociali, dal momento che gli sbarchi sono passati da circa 160.000 nel 2016 a 22.000 nel 2017.

Siamo consapevoli che le paure possono accecare al punto da distorcere la percezione non solo dell’altro ma persino della propria stessa umanità. La disumanità è un rischio costante per l’umano in cui si può scivolare quasi inavvertitamente spostando sempre un po’ più in là l’asticella di ciò che è tollerabile. È questa la ragione per cui è ancora più necessario riuscire ad ascoltare anche quello che si cela sotto la paura, per trasformarla in possibilità di contatto con se stesso e con l’altro. Attraverso il nostro lavoro di psicoanalisti siamo vicini alle complesse realtà umane e sentiamo urgente lavorare e riflettere, anche al difuori del nostro ambito, sulla possibilità di elaborare il “male” per prevenire il rischio che il “male” possa essere agito.

È necessario operare affinché l’inconsapevole distruttività, cui tutti siamo esposti, possa trasformarsi in conoscenza e comprensione generatrice di consapevole tensione verso il diverso, l’ignoto, l’altro.

Non possiamo accettare il razzismo crescente che sfocia in atti di cui una nazione civile dovrebbe vergognarsi. È in atto un diffuso, impressionante processo di disumanizzazione. Noi analisti siamo sempre attenti quando vediamo negli individui, nei piccoli e nei grandi gruppi, fenomeni più o meno striscianti o palesi di razzismo e di disumanizzazione. Siamo sensibili per formazione professionale e cerchiamo di tenere a mente l’insegnamento della storia, anche perché nel periodo delle leggi razziali, la psicoanalisi fu vietata e molti colleghi di allora, perché ebrei, furono costretti a emigrare.

Operando nel settore, non finiamo mai di stupirci di quanto dolore possa essere inflitto a un essere umano, anche senza volerlo, anche solo girando la testa dall’altra parte.

Conosciamo le gravi conseguenze psichiche di tutto ciò che sta succedendo, sia in coloro che si sentono rifiutati ed emarginati, sia nei figli che avranno, sia in coloro che si trovano a dover operare in modo disumano e che rischiano essi stessi di impoverirsi dei valori fondamentali dell’esistere. Non siamo disposti, per tutti questi motivi, a vedere una parte dell’Italia abbracciare xenofobia e razzismo. Organismi internazionali come Amnesty International hanno segnalato questi gravi fenomeni razzisti e xenofobi in Italia.

Un’altra Italia esiste e inizia a esprimere il proprio profondo dissenso: noi ne facciamo parte. Lavoriamo affinché i valori dell’ospitalità, della tolleranza, della convivenza e della responsabilità individuale per il futuro di tutti, siano mantenuti vivi. Siamo una “comunità di vita”, come lei ha definito il nostro Paese e, come tale, vogliamo continuare a esistere. Non possiamo tacere perché tacere sarebbe colpevole anche verso le generazioni future di figli e nipoti che ci potranno chiedere dove eravamo quando un’umanità dolente e in cerca della possibilità di ricostruire la propria identità spezzata e perduta, veniva respinta, emarginata o segregata in modo disumano.

Ci rivolgiamo a Lei, Signor Presidente della Repubblica, nella Sua qualità di Garante della Costituzione e dei diritti umani e civili sui quali Essa è stata fondata, affinché questo appello, nato dalla nostra esperienza professionale, sostenuto dal nostro ruolo di cittadini e dalla nostra identità di esseri umani, abbia ascolto.



Alberto Pento
E questi individui di professione psicoanalisti sono tutto fuorché ottimi cittadini, bravi e buoni uomini, veri dottori della psciche umana



Lerner insiste: il disagio psichiatrico degli immigrati va curato. Così commenta il delitto di Torino
martedì 2 aprile 2019

https://www.secoloditalia.it/2019/04/le ... l8haY_L2Wc

Evidentemente Gad Lerner ci prova gusto ad andare controcorrente: è dai tempi dell’omicidio di Desirée Mariottini che si fa notare per i suoi tweet normalizzanti e giustificativi rispetto a episodi di cronaca che, se non vanno strumentalizzati, non possono neanche essere banalizzati o annacquati per continuare ad accusare gli italiani e il governo di “razzismo”.


L’omicidio del giovane Stefano Leo

L’omicidio del giovane Stefano Leo a Torino ad opera di un marocchino naturalizzato italiano dopo essere stato adottato dovrebbe colpire tutti e dovrebbe indurre a parlare dell’argomento con senso di responsabilità, stando ai fatti. E i fatti sono che Said Mechaquat ha confessato di avere voluto colpire un bianco e di averlo scelto perché non sopportava la sua “aria felice”.

Ecco il commento di Gad Lerner su Twitter: “Il disagio psichiatrico in crescita esponenziale tra gli immigrati non giustifica alcun crimine ma dovrebbe essere affrontato per quel che è: una piaga sociale da curare. Invece il razzismo di governo ne fa il pretesto di una campagna demagogica per la revoca della cittadinanza”.

Critiche al tweet di Lerner

Ondata di critiche al suo commento. C’è chi gli risponde: “Ora caro Gad, si metta seduto, si calmi e ci parli dei suoi disagi… perché ne ha, eccome se ne ha!”. Altri gli chiedono di specificare meglio: il disagio va curato, ma a spese di chi? E ancora: “Su una cosa hai ragione, c’è una piaga sociale che va assolutamente curata, si chiama immigrazione incontrollata”. E infine c’è chi gli fa notare che qui il razzismo c’è, ed è contro gli italiani: “Queste persone erano integrate nella società …lavoro, famiglia, cittadinanza…i razzisti sono loro nei confronti degli italiani”.



Toscani: "Ora toglietemi la cittadinanza. Io voglio essere africano..."
Angelo Scarano - Ven, 05/04/2019

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... FGFzyLSqIQ

Matteo Salvini ancora una volta torna nel mirino di Toscani. Il fotografo insulta i leghisti e i membri del governo: "Sono dei c..."

Ai microfoni de La Zanzara su Radio 24, il fotografo di fatto parla della morte del ministro degli Interni. Non gli augura la stessa fine di Benito Mussolini. E il motivo è presto detto: "Diventerebbe un eroe. Bisogna morire vecchi nel proprio letto attorniati dai nipotini. Anche Salvini coi suoi bambini, i suoi nipotini e tutti i cretini che l’hanno votato". A questo punto Toscani sposta il mirino e attacca l'intervo governo e chi ha votato per Lega e Cinque Stelle: "Però mediamente erano più intelligenti della media del bar sport. Adesso abbiamo un governo che rispecchia esattamente i cogl***i del bar sport. Non sono in grado di fare niente, niente, non ne fanno una giusta. Anzi, fanno tutto sbagliato". Poi Toscani lancia la provocazione e chiede di poter rinunciare alla cittadinanza italiana per divetare un immigrato: "Toglietemi subito la cittadinanza italiana. Datemi il passaporto del Togo, un passaporto africano. Accetto subito. Per favore, fatemi sto favore".

E ancora: "L'unica cosa negativa per me a essere in Italia è che sono italiano, perché se fossi straniero, è il posto più bello del mondo, è il teatro di Ionesco. Ma oggi c’è Salvini e io sono anti Salvini". Infine punta il dito contro chi si è ribellato ai rom a Torre Maura. Toscani anche in questo caso "spara" sulla Lega e su chi vota per il Carroccio: "Meglio abitare accanto a un rom che a un leghista. Ma è logico, c***o, parlo tutta la mia vita anche con i rom. E' molto più interessante. Con un leghista non puoi neanche discutere, con un rom puoi ascoltare anche delle belle storie di vita".
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Re: Nazi demo comunisti che manipolano i diritti umani

Messaggioda Berto » lun nov 04, 2019 8:00 am

Parla il papà di Stefano Leo: "L'Italia è diventata una giungla. Qui ammazzano i nostri figli"
Pina Francone - Lun, 08/04/2019

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... tC40mRSDMU

Parla il papà di Stefano Leo, ucciso con una coltellata alla gola da un italo-marocchino che avrebbe dovuto essere in carcere

"Mi viene la nausea, il nostro Paese è una giungla, dove ci uccidono i figli.

L'Italia mi ha tradito. Mi viene la nausea e la voglia di lasciare tutto, di andarmene via: mi sento svuotato e tradito…". A parlare è Maurizio Leo, ex poliziotto, e padre di Stefano Leo, il 33enne ragazzo di Torino sgozzato in strada da Said Mechaquat.

Un omicidio brutale e assurdo, soprattutto per il fatto che il 27enne killer italo-marocchino sarebbe dovuto essere dietro le sbarre, in una cella di prigione. Un errore giudiziario che è costato la vita di una persona. E a nulla, dunque, possono valere le scuse del presidente della Corte d'Appello di Torino, ovvero il giudice che di fatto liberò Said, lasciandolo a piede libero, per colpa dei ritardi della sua cancelleria.

"Stefano non ritornerà mai più e nessuno potrà restituircelo, purtroppo non si può tornare indietro", le parole di dolore della mamma di Stefano, Mariangela Chiri, raccolte da Libero, che ha incontrato i genitori della vittima innocente. Il signor Leo ha parole di rabbia e assoluta amarezza, in primis contro lo Stato: "Nessun errore della giustizia può cancellare le responsabilità di chi ha ammazzato mio figlio […] Qui in Italia si giustifica tutto e lo Stato non ci tutela. E ora la mia famiglia vive nel terrore…".

Già, perché Stefano aveva tre fratelli, ora terrorizzati di uscire di casa, sempre come spiega il papà:"Il punto è che in Italia abbiamo un giro di persone pericolosissime che quando vanno fuori di testa uccidono i nostri figli…". La famiglia Leo vuole solo giustizia, anche se nulla potrà mai lenire questo dolore: "Io non sono una persona che chiede quaranta o cinquant' anni di galera a vanvera, perché Stefano non me lo restituirà più nessuno. Abbiamo celebrato il funerale, ora devo pensare agli altri miei figli e alla mia famiglia".

"Tutti noi, ma dico proprio tutti, dovemmo essere più incazzati perché queste cose non accadano più, non viviamo nella giungla" lo sfogo finale di Maurizio Leo.
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Re: Nazi demo comunisti che manipolano i diritti umani

Messaggioda Berto » lun nov 04, 2019 8:01 am

L'uso improprio e criminale o abuso dell'Olocausto per colpevolizzare e demonizzare l'Europa e gli europei
viewtopic.php?f=205&t=2888
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 6124104303
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Re: Nazi demo comunisti che manipolano i diritti umani

Messaggioda Berto » lun nov 04, 2019 11:02 pm

Post su migranti, sospeso il giornalista (e capogruppo leghista) Manfrin
Lunedì, 04 Novembre 2019

https://www.aostaoggi.it/attualita/1583 ... p_9tmNSpC4

Post su migranti, sospeso il giornalista (e capogruppo leghista) ManfrinAOSTA. Il giornalista pubblicista Andrea Manfrin, capogruppo della Lega Vallée d'Aoste in consiglio regionale, è stato sospeso dalla professione giornalistica su decisione del consiglio di disciplina territoriale dell'Ordine della Valle d'Aosta.
Secondo l'organismo Manfrin ha commesso una violazione deontologica usando il termine "clandestino" in un messaggio pubblicato sul proprio profilo Facebook a proposito di persone che richiedono protezione internazionale. Rimarrà sospeso per tre mesi dall'esercizio della professione giornalistica.
Il Consiglio disciplinare ha valutato tra l'altro la Carta di Roma, recepita dal Testo unico dei doveri del giornalista, secondo cui il giornalista "nei confronti delle persone straniere adotta termini giuridicamente appropriati" evitando "la diffusione di informazioni imprecise, sommarie o distorte riguardo a richiedenti asilo, rifugiati, vittime della tratta e migranti".

La replica di Manfrin
All'Ansa Andrea Manfrin dichiara di aver «preso visione delle contestazioni a mio carico soltanto con l'atto di comunicazione della sospensione» e, a proposito della decisione, annuncia il ricorso in quanto il provvedimento è «viziato in origine».
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Re: Nazi demo comunisti che manipolano i diritti umani

Messaggioda Berto » sab gen 18, 2020 1:52 pm

Dalla parte del male ci sta solo il male e non il bene
viewtopic.php?f=188&t=2893
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 8930464054
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Re: Nazi demo comunisti che manipolano i diritti umani

Messaggioda Berto » mar feb 18, 2020 7:59 am

Corso intensivo sul politicamente corretto
Marcello Veneziani
MV, La Verità 16 febbraio 2020

http://www.marcelloveneziani.com/artico ... PqWyL8aERQ

Ma cos’è esattamente il politically correct? Lo citiamo ogni giorno senza magari coglierne tutto il significato. Provo a offrire una breve guida, un sunto critico e un succo concentrato.

Per cominciare, il politicamente corretto è un canone ideologico e un codice etico che monopolizza la memoria storica, il racconto globale del presente e prescrive come comportarsi. Nasce dalle ceneri del ’68, cresce negli Usa e nel nord Europa, si sviluppa sostituendo il comunismo con lo spirito radical (o radical chic secondo Tom Wolfe) e sostituendo l’egemonia marxista e gramsciana col “bigottismo progressista” (come lo definisce Robert Hughes). Rompe i ponti col sentire popolare, non rappresenta più il proletariato, almeno quello delle nostre società; separa i diritti dai doveri e li lega ai desideri, rigetta i limiti e i confini personali, sociali, sessuali e territoriali, nel nome di una libertà sconfinata, sostituisce la natura col volere dei soggetti.

E sostituisce l’anticapitalismo con l’antifascismo, aderendo all’establishment tecno-finanziario di cui intende accreditarsi come il precettore.

Il politically correct è una forma di riduzionismo ideologico che produce le seguenti fratture: a) riduce la storia, l’arte, il pensiero e la letteratura al presente, nel senso che tutto quel che è avvenuto va letto, riscritto e giudicato alla luce del presente, in base ai canoni corretti e ai generi; b) riduce la realtà al moralismo, nel senso che rifiuta le cose come sono e le riscrive come dovrebbero essere in base al suo codice etico e gender; c) riduce la rivoluzione vanamente sognata nel Novecento e nel ’68 alla mutazione lessicale, nel senso che non potendo cambiare la realtà delle cose e l’imperfezione del mondo si cambiano le parole per indicarle, adottando un linguaggio ipocrita e rococò; d) riduce le differenze ideologiche a una superideologia globale o pensiero unico, che se si nega come tale ... (? frase da completare o mal composta).

Alle quattro riduzioni di cui sopra, il politically correct aggiunge una serie di sostituzioni: 1) sostituisce il sentire comune, l’interesse popolare, il legame famigliare e comunitario con la priorità assegnata ad alcune diversità e minoranze, ritenute discriminate o emarginate. E adotta uno schema vittimistico: non sono i grandi, gli eroi, i geni a meritare onori, strade, elogi unanimi ma le vittime (retaggio cristiano, notava René Girard). 2) sostituisce la preferenza per ciò che è nostrano – la nostra identità, le nostre tradizioni, il nostro modo di vedere, la nostra civiltà e religione, i nostri legami e le nostre appartenenze – con la preferenza per tutto ciò che è remoto – le culture e i costumi altrui, i migranti, i mondi lontani, le ragioni di chi viene da fuori (quella che Roger Scruton chiamava oicofobia); 3) sostituisce l’antica dicotomia tra il compatriota e lo straniero, o quella politico-militare tra l’amico e il nemico con la dicotomia tra il Bene e il Male, per cui chi non è allineato al canone non è uno che la pensa differentemente né un avversario da combattere ma è il male assoluto da sradicare e annientare. Col nemico si può arrivare a patti, lo puoi sconfiggere e sottomettere; il Male no, va cancellato e dannato nella memoria. 4) sostituisce l’oppositore, il dissidente, l’antagonista col razzista, nemico dell’umanità, del progresso e della ragione. E gli riserva un trattamento a metà strada fra la patologia e la criminologia, accusandolo di fobie: è omofobo, sessuofobo, islamofobo, xenofobo, e via dicendo. Di conseguenza non c’è contesa con lui, ma lo si isola tramite cordone sanitario, lo si affida alla profilassi medica e prevenzione nelle scuole, università, media; o quando il caso è conclamato, lo si affida ai tribunali e alla condanna. Il pregiudizio ideologico riduce i dissidenti al rango di pregiudicati, ovvero di condannati dalla storia, dal progresso, dalla ragione. Non conflitti ma bombe umanitarie, operazioni di polizia culturale o internazionale.

Per il politically correct la realtà, la natura, la famiglia, la civiltà finora conosciute, vissute e denominate, sono sbagliate. Il politicamente corretto è il moralismo in assenza di morale, il razzismo etico in assenza di etica, il bigottismo in assenza di religione. Ecco, in breve il politically correct.

Postilla finale dedicata a come si reagisce. Chi rifiuta l’imposizione del politicamente corretto e reagisce con l’insulto contro i suoi totem e i tabù, entra a pieno titolo nel suo gioco e ne conferma l’assunto e l’assetto: visto che avevamo ragione a dire che il razzismo, l’odio, l’intolleranza albergano nei nostri nemici? È una forma stupida e istintiva di risposta che rafforza il politically correct. Non migliore sul piano dell’efficacia è la risposta opposta, mimetica, di chi sta al gioco, asseconda, tace o compiace, rispondendo con ipocrisia all’ipocrisia parruccona del politicamente corretto. Anche in questo caso si resta sul suo terreno, si fa il suo gioco, si mira a una sopravvivenza immediata e individuale pregiudicando in prospettiva una visione alternativa più ampia.

Spesso ci si limita a opporre all’ideologia la realtà, alla sua narrazione la vita pratica. Invece, partendo da quella, si dovrebbe tentare lo sforzo opposto: smontare i loro tic, totem e tabù, usando l’arma dell’intelligenza, del paragone culturale, del senso critico e ironico. E indicando percorsi alternativi, letture diverse, altre priorità. Qui, purtroppo, l’intolleranza degli uni s’imbatte nell’insipienza degli altri, frutto di ignoranza, ignavia e indifferenza.

Se il politically correct domina, è anche perché non trova adeguate risposte. Solo imprecazioni e silenzi. La città è nelle mani degli stolti, dissero al sovrano i messi di una città in rivolta; ma i “savi” nel frangente che facevano, chiese loro il Re Carlo d’Angiò? Domandiamocelo pure noi.
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