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Suprematismo, identitarismo/civilizzazionismo e sovranismo

MessaggioInviato: dom mar 17, 2019 2:12 pm
da Berto
L'allarme dei servizi segreti francesi: "I migranti provocheranno una guerra civile"
Claudio Cartaldo - Sab, 16/07/2016 - 20:31

http://www.ilgiornale.it/news/lallarme- ... 82835.html

Patrick Calvar, il capo dei servizi segreti transalpini, ha detto chiaramente che "la Francia è sull'orlo di una guerra civile che potrebbe essere innescata dai migranti

L'immigrazione incontrollata, le violenze dei profughi che hanno sconvolto l'Europa, il difficile rapporto tra cultura occidentale e nuovi flussi migratori.

Sono questi i temi che preoccupano tutti i Paesi Ue. Alcuni più di altri. O forse, la cosa che cambia tra uno Stato e l'altro è la consapevolezza di quanto possa essere pericolosa la miccia che ci sta per esplodere in mano.
Il rischio di una guerra civile tra europei e immigrati

In Francia lo sanno. Tanto che Patrick Calvar, il capo dei servizi segreti transalpini, nei giorni scorsi ha detto chiaramente che "la Francia è sull'orlo di una guerra civile che potrebbe essere innescata dalle violenze sessuali di massa nei confronti delle donne da parte dei migranti, come successo a Colonia a Capodanno".

L'idea di fondo è che se ci dovesse essere un nuovo attacco terroristico o una nuova violenza di massa da parte dei migranti, i movimenti di destra potrebbero far scattare la "guerra cvile". I numeri del rapporto sulle violenze di Colonia fanno impressione: ben 1200 donne assalite da 2000 migranti, 600 violenze sessuali e solo 120 immigrati identificati.

"Questo confronto credo che avrà luogo - ha aggiunto Calvar davanti ad una commissione parlamentare, riportato dal DailyMail - Ci conviene quindi anticipare e bloccare tutti questi gruppi".

La situzione è esplosiova. di certo non può essere sottovalutata nemmeno l'influenza che potrebbero avere gli ultimi attentati terroristici. Intanto, anche dalle parti di Angela Merkel ora sembrano ammetterlo e il governo tedesco sta cercando di porre rimedio. Lo stesso chiedono di fare i servizi segreti francesi. L'Italia non è da meno, con una situazione migratoria al collasso e dagli scenari imprevedibili. Di certo l'ipotesi che l'Europa possa cadere in una guarra civile a causa degli immigrati fa paura.



Lo “choc multiculti” in Belgio
di Giulio Meotti
2019/03/17

https://www.ilfoglio.it/societa/2019/03 ... dXnIjC_crw

Roma. Negli anni Novanta, il dottor Alain Destexhe fu scelto come segretario generale di Medici senza frontiere al posto del “dottor Schweizer rosso”, il battagliero Rony Brauman. Destexhe divenne famoso per gli appelli sul New York Times durante il genocidio in Rwanda e per aver aiutato ad accendere l’attenzione sul diritto d’asilo. Tutto ci si poteva attendere da lui tranne che un libro dal titolo Immigration et intégration: avant qu’il ne soit trop tard… In Belgio sull’immigrazione è caduto un governo. Il premier Charles Michel ha rassegnato le dimissioni dopo che i nazionalisti fiamminghi si erano opposti alla firma del Global compact sui migranti dell’Onu. “Rispetto alla sua popolazione, il Belgio ha sperimentato uno choc migratorio più importante di Francia, Germania o Paesi Bassi”, scrive Destexhe nel libro. “In vent’anni, il Belgio ha naturalizzato da 600 a 700 mila persone, il 5-6 per cento della popolazione, per non parlare di clandestini e richiedenti asilo. L’inizio dell’onda risale al 2000, quando il Belgio ha adottato tre politiche. Un ricongiungimento familiare estremamente facile, la massiccia regolarizzazione dei clandestini e la facilitazione della procedura di naturalizzazione. L’effetto combinato di queste misure ha creato un afflusso di un milione di persone in dieci anni in un paese di dieci milioni! Uno choc che ha portato a un cambiamento nella composizione del paese, specialmente a Bruxelles, aggravando i problemi del comunitarismo, del salafismo e del separatismo culturale”. Destexhe propone diverse misure per controllare l’immigrazione, dalla revisione del processo di ricongiungimento familiare alla fine dei sussidi per le lobby filo-islamiche e dei fondi stranieri alle organizzazioni musulmane.

Grazie all’immigrazione, la popolazione belga è in costante crescita. “Immaginate che cinque-sei milioni di persone acquisiscano la nazionalità francese senza un’integrazione economica o culturale nella società, provocherebbe un putiferio. Proporzionalmente è quello che è successo in Belgio”. L’immigrazione in Belgio è stata più alta che nei Paesi Bassi, in Francia e in Germania, e persino superiore a quelle negli Stati Uniti rispetto alle dimensioni. Ad Anversa, capitale delle Fiandre, la parte di popolazione immigrata ha appena superato quella allogena. Nella città di Malines, un quarto della popolazione è già oggi musulmana. Parlando con la radio belga Rtbf, lo scrittore algerino Boualem Sansal ha appena detto che “in 50 anni il Belgio potrebbe essere islamizzato. Queste non sono parole scioccanti, è quello che osservo”. E gli islamisti in Belgio non potrebbero essere più d’accordo. Il vice capo della Grande moschea di Bruxelles, Nordine Taouil, è sotto accusa per questa frase: “In 50 anni, tutta l’Europa - inshallah - sarà musulmana”. Destexhe spiega che una immigrazione non governata porta alla ghettizzazione. La metà degli alunni delle scuole elementari di Anversa è già musulmana, secondo le cifre del responsabile dell’istruzione Claude Marinower. Le cifre variano dai quartieri. A Kiel, l’83 per cento dei bambini è musulmano, ad Anversa nord il 64 per cento e a Borgerhout il 63. In una scuola di Bruxelles, il Koninklijk Atheneum Anderlecht, l’80 per cento è musulmano. “Un terzo della popolazione di Bruxelles è già musulmana”, ha indicato Olivier Servais, sociologo dell’Università cattolica di Lovanio. E’ la domanda posta, da liberale, da Destexhe. Che fare prima che sia troppo tardi?


L’islam con Erdogan lancia la sfida all’Europa delle culle vuote
di Giulio Meotti
2017/03/18

https://www.ilfoglio.it/cultura/2017/03 ... ote-125930

“Fate cinque figli, il futuro dell’Europa è vostro”. Così ha parlato il presidente turco Erdogan. Una dichiarazione di conquista demografica che fa eco a quella dell’algerino Boumedienne nel 1974 all’Onu: “Il ventre delle nostre donne ci darà la vittoria”. E l’imam Qaradawi, guru della Fratellanza islamica, ha parlato della natalità islamica come il mezzo per la “conquista non violenta dell’Europa”. Escatologia islamica, ma con notevoli fondamenta. Specie perché questi leader musulmani la coltivano nel seno di una Europa che ha smesso di fare figli. Italia, Grecia, Spagna, Germania, Portogallo e tutto l’est Europeo versano in condizioni demografiche disastrose, con appena un figlio a coppia, con l’equilibrio fra morti e nascite già compromesso da tempo e prospettive di declino demografico nei prossimi venti-trent’anni che farebbero impensierire anche l’ultimo degli edonisti.

“La religione vince sempre alla fine – non foss’altro che per motivi semplicemente e brutalmente demografici”, ha detto lo scrittore francese Michel Houellebecq. Oggi, milioni di musulmani vivono all’interno dell’Unione europea e il loro numero, stando alle ricerche più serie, arriverà presto a costituire almeno il 15 per cento della popolazione totale della Ue. In un saggio per il Washington Quarterly, Timothy M. Savage dell’Ufficio di analisi europea del Dipartimento di Stato americano ha stimato che l’Europa sarà al 20 per cento musulmana entro il 2050. Docente alla Princeton University negli Stati Uniti e uno dei più noti esperti del mondo islamico, Bernard Lewis in un’intervista al quotidiano tedesco Die Welt aveva dato l’allarme già nel 2004: “L’Europa sarà parte dell’Occidente arabo, del Maghreb. Questo lo desumiamo dalle migrazioni e dalla demografia. Gli europei si sposano tardi e non fanno figli o ne fanno pochi. L’immigrazione invece è forte: i turchi in Germania, gli arabi in Francia, i pakistani in Inghilterra. Si sposano presto e fanno tanti figli. Stando alle tendenze attuali, l’Europa avrà maggioranze musulmane nella popolazione, al più tardi per la fine del XXI secolo”. Il compianto Fouad Ajami, direttore del programma di studi del Medio oriente presso la Johns Hopkins University, gli rispose che l’islam in Europa non doveva essere maggioranza, gli bastava dominare grandi città e regioni, come avvenne durante la dominazione moresca della Spagna. Erdogan guarda questa povera Europe infertile che invecchia. E si compiace.



"L'Islam è un pericolo: vogliono sottometterci con le armi e con i figli"
Fausto Biloslavo - Mar, 04/10/2016

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 14051.html

Trieste L'Islam che vuole conquistare il mondo, le bandiere nere che puntano su Roma, l'immigrazione che sovverte la maggioranza, i cristiani sotto tiro pure in Occidente, nessuna alternativa alla famiglia tradizionale e Vladimir Putin «convertito» sono solo alcune risposte forti del cardinale Raymond Leo Burke nell'intervista esclusiva a il Giornale (guarda il video).

Patrono del Sovrano Militare Ordine di Malta e membro della Congregazione delle cause dei santi, il porporato del Wisconsin, classe 1948, è lo stendardo della chiesa tradizionale. Non pronuncia mai una parola contro Papa Francesco, ma durante tutta l'intervista naviga fuori dal coro del politicamente corretto a cominciare dalla difesa a spada tratta della famiglia classica.

Nel 2016 i cristiani sono ancora perseguitati?

«In certe parti del mondo sono perseguitati e anche espulsi dalle loro terre. E accade in paesi storicamente importanti dal punto di vista religioso come l'Iraq, dove arrivò Abramo, terra dei caldei. Ma anche nei paesi del primo mondo, per esempio nel mio paese (gli Stati Uniti, nda), c'è il tentativo di negare ai cristiani il diritto di seguire la propria coscienza. E di resistere all'aborto, alla sterilizzazione o altre prassi mediche che procurano la morte (eutanasia, nda). I problemi per i cristiani non riguardano solo il Medio Oriente, ma anche l'Occidente».

La stessa Unione europea, in nome del politicamente corretto, spesso chiude gli occhi sulle minacce ai cristiani. Cosa ne pensa?

«É chiaro che i musulmani hanno come obiettivo finale conquistare il potere sul mondo. L'Islam attraverso la sharia, la loro legge, deve governare il mondo e permette atti di violenza contro gli infedeli, come i cristiani. Ma noi stentiamo a riconoscere questa realtà e a reagire difendendo la fede cristiana».

Lei sostiene che chiudiamo gli occhi?

«Sì e penso che le ragioni siano molte. In tanti non capiscono cos'è veramente l'Islam. E creano questi slogan, che crediamo tutti nello stesso Dio, che siamo tutti quanti uniti dall'amore e così via. Non è vero. Un'altra ragione è che i cristiani hanno molto trascurato una verità fondamentale: c'è un solo salvatore del mondo, Gesù Cristo. Non dobbiamo fare proselitismo imponendo la cristianità, ma se crediamo in Gesù è nostro dovere darne testimonianza. Penso che questa testimonianza non sia più molto forte anche nei paesi che un tempo venivano chiamati cristiani, come le nazioni europee».

Lei ha appena scritto un libro, «Hope for the world: to unite all things in Christ», che parla anche di Islam.

«L'Islam è una minaccia nel senso, che per il vero musulmano Allah deve governare il mondo. Cristo nel Vangelo disse date a Cesare quello che è di Cesare. Al contrario la religione islamica che si basa sulla legge del Corano punta a governare nel Paese dove si trovano i musulmani. Fino a quando sono minoranza non possono insistere, ma quando diventano maggioranza devono applicare la sharia. Oggi ci sono enclave, interi quartieri, in Europa dove vige di fatto il regime musulmano».

Si riferisce a Molenbeek, le banlieue, quartieri in Inghilterra e paesi del Nord, villaggi in Bosnia. Rappresentano dei tentativi di integrazione falliti?

«É un fallimento perché si tratta di uno Stato dentro uno Stato. Il problema è che i musulmani puntano all'espansione. Tutta la storia della presenza islamica in Europa è un tentativo di conquistarla. Abbiamo appena celebrato l'8 settembre la vittoria dei cavalieri di Malta dopo tre mesi di assedio dei musulmani nel 1565. Malta sarebbe stato il trampolino di lancio verso l'Europa».

Sui muri di Sirte, ex roccaforte delle bandiere nere in Libia, c'erano tante scritte dello Stato islamico sulla conquista di Roma.

«É un pericolo reale. L'Islam si realizza nella conquista. E qual è la conquista più importante nei confronti dei cristiani? Roma».

In Siria e Iraq i cristiani rischiano di scomparire?

«Certo. Esiste un piano per sradicarli. I paesi cosiddetti cristiani insistono sull'eguale diritto per tutte le religioni, ma in determinate nazioni musulmane non si può neppure costruire una chiesa o professare il proprio credo in pubblico».

Contro lo Stato islamico bisogna intervenire militarmente?

«Bisogna fermarlo con i giusti mezzi a nostra disposizione trattandosi di criminali della peggior specie».

Il nostro giornale ha lanciato una campagna con il sostegno dei lettori per raccontare la tragedia attuale dei cristiani. Che ne pensa?

«Apprezzo quello che il Giornale sta facendo per rendere nota la persecuzione dei cristiani. Il vero servizio dei media non è ripetere le cose che piacciono alla maggioranza, ma rincorrere la verità dei fatti. Negli Stati Uniti, ma non solo, la gente non sente mai una voce diversa, fuori dal coro».

L'immigrazione è una risorsa o un pericolo?

«Ho sentito diverse volte degli islamici che spiegavano: Quello che non siamo riusciti a fare con le armi in passato lo stiamo facendo oggi con la natalità e l'immigrazione. La popolazione sta cambiando. Se va avanti così, in paesi come l'Italia, la maggioranza sarà musulmana».

Se così fosse siamo noi troppo deboli?

«Tutto questo accade per la corruzione dell'Occidente. Non ci sono più famiglie sufficientemente numerose. In maniera supina accettiamo prassi che sono contrarie alla legge naturale come l'aborto o il cosiddetto matrimonio fra persone dello stesso sesso. É la dimostrazione che non siamo più forti nelle fede. Ed una facile preda per la conquista».

Lei è americano. Vladimir Putin, il presidente russo, ex ufficiale del Kgb, è una minaccia o l'ultimo difensore di valori tradizionali?

«Sono molto soddisfatto della sua difesa della vita e della famiglia, come Dio ha creato dall'inizio con un uomo e una donna. Non possiamo negare ad un persona come Putin la conversione. É possibile che oggi abbia capito quello che non capiva 30 anni fa (ai tempi del Kgb, nda)».

Re: Suprematismo e identitarismo

MessaggioInviato: dom mar 17, 2019 3:06 pm
da Berto
Magdi Cristiano Allam
16 marzo 2019

https://www.facebook.com/MagdiCristiano ... __tn__=K-R

Condanniamo nel modo più fermo, assoluto e totale la strage di fedeli musulmani in due moschee della Nuova Zelanda. Per scongiurare guerre di religione o razziste a casa nostra, dobbiamo esigere che i musulmani si comportino come tutti i cittadini e dobbiamo dire la verità in libertà sull’incompatibilità dell’islam con la nostra civiltà

Cari amici, condanniamo nel modo più fermo, assoluto e totale la strage di fedeli musulmani massacrati in due moschee della Nuova Zelanda. Condanniamo nel modo più fermo, assoluto e totale l’ideologia razzista che ha ispirato il terrorista australiano. Nessuna giustificazione o attenuante a chi disconosce, viola e calpesta la sacralità della vita del prossimo, a prescindere dalla sua etnia, nazionalità e fede. Noi crediamo e difendiamo la sacralità della vita di tutti, senza alcuna eccezione. La Storia ci insegna che la sacralità della vita o vale indistintamente e incondizionatamente per tutti, oppure finisce che non vale per nessuno. Perché la sacralità della vita, dal concepimento alla morte naturale, è il fulcro della nostra comune umanità.
Proprio perché concepiamo la sacralità della vita come il pilastro centrale della nostra civiltà, dobbiamo mobilitarci per prevenire che simili crimini atroci vengano perpetrati innanzitutto dentro casa nostra e in parallelo altrove nel mondo. Il primo passo in questa direzione è di natura culturale. È fondamentale distinguere e non sovrapporre la dimensione della persona dalla dimensione della religione. Essere consapevoli che le persone vanno tutte rispettate in quanto depositarie dei valori inalienabili della vita, dignità e libertà, così come vanno valutate singolarmente sulla base delle loro azioni. Nel caso specifico dei musulmani, aver chiaro che i musulmani come persone non sono la trasposizione automatica e acritica dei dogmi della fede islamica, così come i musulmani non formano un blocco monolitico. In parallelo non dobbiamo commettere l’errore, attribuibile all’ideologia del razzismo, di ritenere che dalla denuncia dell’islam come religione si debba automaticamente condannare sommariamente i musulmani come persone, o all’opposto sulla base dell’ideologia del relativismo immaginare che per rispettare i musulmani come persone si debba aprioristicamente legittimare l’islam come religione.
Cari amici, nella più inequivocabile condanna della strage dei fedeli musulmani all’interno di due moschee in Nuova Zelanda, proprio perché crediamo nel valore supremo della sacralità della vita di tutti senza alcuna eccezione, proprio perché vogliamo prevenire che simili atroci crimini possano essere perpetrati dentro casa nostra, dobbiamo assicurare che i musulmani non diventino un corpo distinto, estraneo o peggio ancora ostile alla società di accoglienza, uno Stato islamico in nuce che si annida in seno al nostro Stato di diritto, assicurando che tutti indistintamente, compresi i musulmani, si comportino come sono tenuti a comportarsi tutti i cittadini, rispettando le stesse leggi laiche dello Stato, ottemperando alle regole della civile convivenza, condividendo i valori che sostanziano la nostra civiltà italiana ed europea. Al tempo stesso dobbiamo riscattare il nostro diritto e dovere di dire la verità in libertà anche nei confronti dell’islam come religione, così come avviene con il cristianesimo o altre fedi o ideologie, affrancandoci dalla paura che oggi ci porta a non dire che l’islam come religione è incompatibile con la nostra civiltà, perché ciò che Allah prescrive nel Corano e ciò che ha detto e ha fatto Maometto sono in contrasto con i valori della sacralità della vita di tutti, della pari dignità tra uomo e donna, della libertà di scelta individuale compresa la libertà religiosa. Se vogliamo scongiurare guerre di religioni o guerre razziste dentro casa nostra, sia da parte dei non musulmani sia da parte dei musulmani, dobbiamo da un lato assicurare che dentro casa nostra tutti indistintamente, compresi i musulmani, facciano riferimento alle stesse leggi, regole e valori, e al tempo stesso dobbiamo essere consapevoli e affermare chiaramente che l’islam come religione è incompatibile con le nostre leggi, regole e valori.




Enrico Richetti
16 marzo 2019

https://www.facebook.com/groups/1059950 ... 0478121465


chiedo all'amico Duncan Warg: noi tutti stimiamo Magdi Allam che considera perversa in sè la natura dell'Islam.
Io rivendico con orgoglio la mia islamofobia, che è amore per la libertà, la vita e la dignità umana. Nello stesso tempo Magdi Allam sottolinea che i musulmani come persone vanno rispettati, ovviamente fino a quando non compiano delitti in nome della religione. Vanno rispettati se si comportano bene, nel senso che antepongono la propria coscienza ai dettami islamici, anche se vanno in moschea o digiunano nel Ramadan, ma non compiono e non predicano la violenza. Io sono d'accordo anche su questo con Magdi Allam. Voi invece pensate che essere musulmani e non ripudiare l'islam significhi essere comunque persone da disprezzare (per non dire di peggio, persone che meritano di essere aggredite)?


Sergio Bagna
Enrico, un islam moderato non esiste; la stessa parola vuol dire sottomissione e questo è significativo. L'islam non è soggetto ad interpretazioni, per cui qualunque islamico può, o meglio ancora deve, usare la violenza in nome di Allah. Non si tratta di disprezzare o di non disprezzare: si tratta di prendere atto che qualunque musulmano rappresenta un pericolo per chi non lo è. Qualunque. Anche il più pacifico.


Alberto
I mussulmani in generale e come uomini indipendentemente dalla loro idolatraia religiosa non sono certo da disprezzare ma da temere fortemente come potenziali pericolosi nemici, terroristi, assassini.
Il disprezzo caso mai va vero la loro presuntuosa e demenziale idolatria blasfema che li trasforma in esaltati, fanatici, irresponsabili, incapaci di ragionare e potenzialmente assassini come il loro maestro e modello Maometto.




Quali libri bruciare?
Giulio Meotti
16 marzo 2019

https://www.facebook.com/meotti.giulio/ ... 6651198138

Visto che sono alla ricerca dei mandanti morali e culturali per la strage in Nuova Zelanda e che l’obiettivo è ostracizzare e silenziare scrittori, studiosi, giornalisti e intellettuali critici dell’immigrazione senza freni e del cambiamento culturale in Europa tacciandoli di collusione col nuovo fascismo, semplifico la vita ai pubblici ministeri dell’opinione pubblica. Ecco una parziale lista nera:

Bernard Lewis
Oriana Fallaci
Michel Houellebecq
Alain Finkielkraut
Thilo Sarrazin
Pim Fortuyn
Georges Bensoussan
Bat Ye’Or
Bassam Tibi
Mark Steyn
Theo van Gogh
Ayaan Hirsi Ali
Eric Zemmour
Roger Scruton
Bruce Bawer
Pascal Bruckner
Rolf Sieferle

Ora sanno quali libri bruciare, quali autori boicottare, quali articoli censurare, chi denunciare e isolare per sospetta islamofobia. Per i morti, rogo ex post. Su molti di loro nei tribunali ci sono già fascicoli aperti, sarà facile. È un lavoro lungo e faticoso, servono tanti cappelli da asino come nel quadro sull’inquisizione di Goya. Non c’è tempo da perdere. L’Occidente deve ritrovare la propria innocenza.


Da aggiungere:

Manuele II Paleologo
Dante Allighieri
Benedetto XVI
Magdi Allam


Undici anni fa a Ratisbona la dura condanna dell’Islam da parte di Papa Ratzinger
12 Settembre 2017

http://www.alessandriaoggi.info/sito/20 ... u-maometto

Cari amici, undici anni fa, il 12 settembre 2006 Papa Benedetto XVI subì una vera e propria guerra verbale, diplomatica e terroristica semplicemente per aver detto la verità in libertà su Maometto, nel contesto di una Lectio Magistralis pronunciata nell’Università tedesca di Ratisbona, la cui tesi principale è che una vera fede non può essere in contrasto con la ragione.
Vi ripropongo la mia considerazione su quello storico evento pubblicato nell’Introduzione del mio nuovo libro “Maometto e il suo Allah”.
Guai a dire la verità storica su Maometto. La durissima reazione alla conferenza tenuta dal Papa Benedetto XVI nell’Università di Ratisbona il 12 settembre 2006, di totale condanna da parte dei musulmani e di accesa critica da parte dei laici e persino dei cristiani d’Occidente, ha rappresentato un evento storico che evidenzia il fatto che ormai l’Occidente si è auto-imposto di non criticare l’islam a prescindere dai suoi contenuti violenti, rinunciando aprioristicamente a essere pienamente se stesso dentro casa propria come depositario dei valori inviolabili della vita, della dignità e della libertà, ciò che si traduce nella effettiva sottomissione all’islam.
Nella sua Lectio Magistralis dal titolo “Fede, ragione e università – Ricordi e riflessioni”, Benedetto XVI sostenne la tesi dell’indissolubilità tra fede e ragione, specificando che una vera fede non può essere contraria alla ragione, che sottintende la concordanza della dimensione trascendente di Dio con la dimensione terrena della persona umana.
“Dio non si compiace del sangue, non agire secondo ragione è contrario alla natura di Dio. La fede è frutto dell’anima, non del corpo. Chi quindi vuole condurre qualcuno alla fede ha bisogno della capacità di parlare bene e di ragionare correttamente, non invece della violenza e della minaccia. Per convincere un’anima ragionevole non è necessario disporre né del proprio braccio, né di strumenti per colpire né di qualunque altro mezzo con cui si possa minacciare una persona di morte”.
Ebbene la guerra verbale, diplomatica, ma anche violenta e terroristica che esplose, fu dovuta specificatamente al fatto che il Papa evocò una breve dichiarazione critica su Maometto, fatta dall’imperatore bizantino Manuele II Paleologo nel corso di un dialogo con un persiano musulmano su cristianesimo e islam, svoltosi probabilmente durante l’assedio di Costantinopoli tra il 1394 e il 1402.
“Mostrami pure ciò che Maometto ha portato di nuovo, e vi troverai soltanto delle cose cattive e disumane, come la sua direttiva di diffondere per mezzo della spada la fede che egli predicava”.
Per aver detto la semplice, oggettiva e assoluta verità in libertà, Benedetto XVI si ritrovò ad essere bersaglio di una guerra politica con il richiamo di ambasciatori dei paesi islamici accreditati presso lo Stato del Vaticano e la richiesta di pubbliche scuse, di una guerra religiosa con la condanna da parte delle autorità religiose islamiche, di una guerra mediatica con una incredibile mobilitazione dei mezzi di comunicazione contro il Pontefice, di una guerra terroristica con la distruzione di chiese, uccisione di cristiani, minacce di morte al Papa.
Ma anche personalità di spicco della Chiesa cattolica criticarono il Papa. La critica apparentemente pacata ma di fatto la più grave gli fu rivolta dal cardinale Carlo Maria Martini, gesuita come l’attuale Papa Francesco, secondo cui le parole di Benedetto XVI erano inopportune. Ebbene il sottinteso è che ormai, anche dentro casa nostra, in quest’Europa che è stata la culla della democrazia e la patria dei diritti fondamentali della persona tra cui primeggia la libertà d’espressione, ci siamo auto-imposti la censura preventiva nei confronti dell’islam, per cui si può dire la verità su Maometto solo se è opportuno dirla, mentre è preferibile non dire la verità su Maometto se è inopportuno. Di fatto il non poter dire la verità in libertà dentro casa nostra su Maometto e sull’islam è la morte interiore, ancora peggiore della morte fisica, perché è come morire ogni giorno spogliati della nostra dignità e libertà.


L'unica alternativa alla violenza terroristica e alla guerra sia civile che internazionale è solo la parola, il confronto critico, il dialogo, la libertà di parola e di pensiero che vanno promosse e difese come baluardo della convivenza civile e pacifica.



IRAN: STRAGE MOSCHEE COLPA DELLA DEMONIZZAZIONE OCCIDENTALE DELL'ISLAM.

https://www.facebook.com/alessio.tramat ... 7076466252

E no, cari i miei demonietti. Siete voi stessi che vi demonizzate.

In Occidente commettete crimini sanguinari demoniaci e ogni giorno in Occidente arrivano nuove notizie di crimini sanguinari demoniaci provvenienti da tutto il resto della Terra e da tutto il Mondo Islamico.

No, cari i miei demonietti. Non abbiamo nessun bisogno di demonizzarvi noi. Lo fate benissimo voi stessi, ogni singolo giorno, vivendo da barbari e saguinari, seguendo alla lettera i dettami di una ideologia criminale e sanguinaria vecchia di 1400 anni!

No, non abbiamo bisogno di demonizzarvi e non vorremo nemmeno odiarvi. Fate tutto da soli!

Se volete essere presi da persone normali allora comportatevi da persone normali. Smettete di comportarvi da barbari, smettete di uccidere chiunque sia diverso da voi, smettete di maltrattare e uccidere le donne per futili motivi, smettete di uccidere gli omosessuali, smettete di sposarvi infanti, smettete di commettere atti terroristici in tutto il mondo, smettete di uccidere perché pensate che il vostro Dio voglia veramente questo. Smettete di uccidervi anche tra di voi e smettete di essere così folli da credere in un volere divino così malvagio!

Vivete e lasciate vivere il prossimo in pace. Gioite. Amate. Godetevi la vita. Provarci almeno, come fanno tutte le persone normali di tutto il mondo.

CRESCETE CAZZO!
chevitademmerda

Re: Suprematismo e identitarismo

MessaggioInviato: dom mar 17, 2019 3:07 pm
da Berto
L'istintivo sentimento di umana diffidenza, di paura, di avversione e di odio verso l'Islam e i mussulmani o nazi maomettani (la loro violenza, il loro razzismo, le loro discriminazioni, la loro presunzione e arroganza, le loro pretese, le loro minacce e intimidazioni, la loro orrenda e mostruosa idolatria) è più che naturale, comprensibile e giustificato.


Orrore, terrore, avversione e odio per il nazismo maomettano o sana e naturale islamofobia
viewtopic.php?f=188&t=2523
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 1751910232


La paura è una emozione universale sana e naturale come lo è il terrore per il male reale e la sua rappresentazione irreale o immaginaria.
Ed è un diritto e un dovere umano avversare e odiare il male che genera paura e terrore.
E tra il male vi è il nazismo razzista e totalitario che può essere hitleriano, maomettano, staliniano, ecc..
Islamofobia è la paura e l'odio per l'orrore ed il terrore del nazismo islamico o Islam.
L'odio e la paura per il nazismo maomettano o Islam non è il frutto di un pregiudizio assurdo, immotivato, illogico, razzista ma la logica conseguenza dell'esperienza storica e odierna e di quanto detto e fatto da Maometto e prescritto nel Corano che è il testo fondante del nazismo mussulmano.
L'islamofobia quindi non è una malsana fobia irrazionale ma è una paura dell'Islam, una sana, naturale e più che motivata e giustificata paura e avversione per l'orrore ed il terrore islamico o maomettano o mussulmano.

Se questo forte e istintivo sentimento naturale non ha modo di esprimersi verbalmente, criticamente, culturalmente e politicamente, in modo da incidere e mutare la realta rendendola meno maligna e più benefica, esso nelle persone più emoticamente esposte e ideologicamente predisposte e meno "forti/resistenti, equilibrate, pazienti" può prendere la via o degenerare nella violenza e nel terrorismo.



L’attacco terrorista di Christchurch (NZ): origini, dinamiche e implicazioni. Come il folle obiettivo di sopprimere ogni dibattito sull’Islam vada a favorire la violenza a 360 gradi con un meccanismo di reazione a catena.
[Kafir Soul]
https://www.facebook.com/watch/?v=385011068996713

Ieri un terrorista che si descrive come razzista nazionalista eco fascista, di semi-destra, semi-sisnistra, semi-socialista ha aperto il fuoco in due moschee in Nuova Zelanda ...
la necessità della discussione e del confronto critico onde evitare lo scontro violento e la degenerazione terrorista.
Esaminato il caso emblematico di Anders Breivik nella 1500 pagine da lui scritte per spiegarsi:
sperimentata già nel 2000 la violenza dei mussulmani, l'impossibilità di critica costruttiva all'islam con demonizazzione della critica come razzismo, l'inutilità di partecipazione politica resa tale dalla persecuzione politica e sociale, dalla ridicolizzazione e dalla stigmatizzazione con tutti i media schierati contro ... a questo punto ricorri alla violenza.
Confronto con il caso di Brenton Tarrant della Nuova Zelanda attraverso pagine da lui scritte per spiegarsi.


Islamofobia, il nuovo psicoreato
Islamicamentando
18 Agosto 2016 - 5 Febbraio 2018

https://www.islamicamentando.org/islamo ... oMBWCUW_SQ

Nell’incubo futuristico di George Orwell, 1984, i cittadini erano sorvegliati da una polizia segreta per ‘PSICOREATI‘ commessi contro lo stato totalitario. Questi psicoreati sono semplici atteggiamenti e idee che le autorità giudicano come politicamente scorrette.

Orwell scrisse 1984 durante l’apice della Guerra Fredda e la sua visione rifletteva una visione fin troppo reale della vita. La polizia di stato sovietica aveva diffuso i suoi tentacoli sopra centinaia di migliaia di cittadini prigionieri. Decine di milioni di coloro le cui idee non si conformavano nelle prescrizioni dello stato totalitario venivano mandati nei campi di lavoro forzati o fucilati per aver commesso psicoreati. La loro colpa era di essere “anti-Soviet”: parlare contro il socialismo, o delle sue regole, o non riuscire a ripetere a pappagallo i punti di vista e le opinioni approvate dal regime.

Durante la Guerra Fredda, l’America portò una coalizione di democrazie per opporsi al Comunismo perché i fondatori degli Stati Uniti d’America usarono il principio espressione come pietra miliare della loro Repubblica. Il primo e vero articolo della Carta dei Diritti d’America non permetteva la soppressione della parola di un individuo da parte del potere dello stato. Il 1° emendamento della Costituzione degli Stati Uniti d’America garantisce ai cittadini la libertà e il diritto di dissentire dall’ortodossia, per criticare i potenti, e per dire la verità come essi sanno senza paura di ritorsioni. Questa libertà è la base assoluta e indispensabile di ogni libertà che quegli Americani godono. Perché senza il diritto di dissentire dalle opinioni dello stato, qualsiasi altra libertà verrebbe negata. Senza questo diritto, ogni dissenso verso la polizia e le norme dello stato sarebbero degli psicoreati.

Oggi gli Stati occidentali adottano metodi molto simili a quelli sopra descritti. ‘ISLAMOFOBIA‘ è il nome usato per definire lo psicoreato dei giorni nostri. Il proposito del suffisso nel termine “Islamofobia” è quello di suggerire che qualsiasi timore associato all’Islam è irrazionale, quantunque i timori nei confronti dell’Islam siano fondati su ragioni valide, come ad esempio il fatto che il suo profeta Maometto, la dottrina e quindi molti degli odierni imam incitino a lottare (jihad) con ogni mezzo per l’instaurazione della Sharia (la legge islamica).

Islamofobia è dunque un termine coniato con l’intento di identificare come razzista chi si limita a criticare la religione islamica, in modo da rendere illegali quelle che invece sono le legittime opinioni negative su questa religione. Tutti noi sappiamo che non può esistere il razzismo nei confronti di una religione perché la religione non é una razza. Se davvero criticare una religione significasse essere razzisti dovremmo considerare razzisti anche tutti coloro che si contrappongono alla religione cristiana. Dovremmo arrivare a considerare Lutero un “cattofobico” e quindi un razzista. Ovviamente tutto questo non ha nulla a che fare con il razzismo: chiunque critichi una religione o ideologia non può essere considerato razzista, giacché un “complesso di credenze” non é una razza ma é semplicemente un “sistema di idee” che deve poter esser criticato se ritenuto sbagliato o persino pericoloso, come nel caso dell’Islam, del nazismo etc.

Razzista é semmai ritenere sbagliato ciò che dice il nostro interlocutore solo perché egli ha il colore della pelle diverso dalla nostra. Si può invece dissentire dalle sue opinioni se a nostro avviso esse sono sbagliate. Ci pare la cosa più sensata e comune di questo mondo, dunque perché dunque per il cristianesimo viene applicata ormai da molti secoli e tutt’oggi nessuno si sognerebbe di mettere in discussione la libertà di criticarlo, mentre invece con l’Islam tutto ciò non dovrebbe valere?

L’Islam (e non il kebabbaro sotto casa nostra) é un “sistema di idee” che é pericoloso. La pericolosità di questa religione non é mai diminuita durante i secoli della sua storia, dalla sua nascita sino ad oggi, quindi non c’è niente di paranoico nell’averne timore ma tutt’altro: paranoico é credere che averne timore sia una un errore da configurare come reato.


Alberto Pento
Non solo un “sistema di idee” può essere pericoloso come quelli nazista, comunista e maomettista ma anche chi lo fa proprio, chi lo adotta può essere pericoloso.
Maometto l'inventore del "sistema di idee maomettano o Islam" ne è la dimostrazione, egli è stato un uomo pericoloso: razziatore, ladro, rapinatore, sequestratore, assassino, criminale, razzista, persecutore di ogni diversamente religioso e pensante.

Re: Suprematismo e identitarismo

MessaggioInviato: dom mar 17, 2019 7:23 pm
da Berto
Lo stragista di maomettani in Nuova Zelanda non era un vero e proprio nazista nostalgico di Hitler era un suprematista bianco non propriamente ariano e hitleriano


CE CON DE TARRANT
Dragor Alphan
16 marzo 2019

https://www.facebook.com/dragor.alphan. ... 5060471444

Brenton Tarrant, l'assassin nazi qui a tué 49 musulmans à Christchurch, en Nouvelle Zélande, est avant tout un con. Les musulmans sont les meilleurs alliés des nazis. Comme eux ils sont racistes, xénophobes, abhorrent la démocratie, aiment la dictature, pratiquent le nettoyage ethnique, s'opposent à l'immigration, font recours à la violence, rejettent la laïcité, vomissent le multiculturalisme, discriminent les femmes, méprisent la culture, persécutent les homosexuels, massacrent les Juifs. Pendant la guerre ils ont combattu à côté d'Hitler. La croix gammée est un de leurs symboles à côté du croissant. Leurs livres préférés après le Coran sont Mein Kampf et Les Protocoles des Sages de Sions. Ce con de Tarrant a tué ses âmes jumelles.

Quel coglione di tarrant

Brenton Tarrant, l'assassino nazista che ha ucciso 49 MUSULMANI A Christchurch, in Nuova Zelanda, è prima di tutto un coglione. I musulmani sono i migliori alleati dei nazisti. Come loro sono razzisti, xenofobi, abominio la democrazia, amano la dittatura, praticano la pulizia etnica, si oppongono all'immigrazione, fanno ricorso alla violenza, respingono la laicità, vomitano il multiculturalismo, discriminano le donne, disprezzano la cultura, perseguitano Gli omosessuali, massacrano gli ebrei. Durante la guerra hanno combattuto accanto a Hitler. La svastica è uno dei loro simboli accanto al croissant. I loro libri preferiti dopo il Corano sono mein Kampf e i protocolli dei saggi di sions. Quel coglione di tarrant ha ucciso le sue anime gemelle.


L’attacco terrorista di Christchurch (NZ): origini, dinamiche e implicazioni. Come il folle obiettivo di sopprimere ogni dibattito sull’Islam vada a favorire la violenza a 360 gradi con un meccanismo di reazione a catena.
[Kafir Soul]

https://www.facebook.com/watch/?v=385011068996713

Ieri un terrorista che si descrive come razzista nazionalista eco fascista, di semi-destra, semi-sisnistra, semi-socialista ha aperto il fuoco in due moschee in Nuova Zelanda ...
la necessità della discussione e del confronto critico onde evitare lo scontro violento e la degenerazione terrorista.
Esaminato il caso emblematico di Anders Breivik nella 1500 pagine da lui scritte per spiegarsi:
sperimentata già nel 2000 la violenza dei mussulmani, l'impossibilità di critica costruttiva all'islam con demonizazzione della critica come razzismo, l'inutilità di partecipazione politica resa tale dalla persecuzione politica e sociale, dalla ridicolizzazione e dalla stigmatizzazione con tutti i media schierati contro ... a questo punto ricorri alla violenza.
Confronto con il caso di Brenton Tarrant della Nuova Zelanda attraverso pagine da lui scritte per spiegarsi.


Alberto Pento
Io penso che il filo islamismo o filo nazi-maomettismo dei social-fascisti e dei social-nazisti fosse dovuto più alla necessità dei nazi tedeschi di averli come alleati e ai fascisti italiani di giustificare il loro imperialismo africano e la loro dominazione, comunque però sempre in condizioni di subordinazione e non certo al contrario che ad una fascinazione religiosa e culturale. Una certa affinità strutturale vi era tra l'assolutismo dogmatismo totalitarimo antisemitismo e razzismo dei nazi fascisti e quello dei maomettisti ma non certo da porli sullo stesso piano sì da farli sentire uguali e fratelli con la stessa dignità umana.

Re: Suprematismo e identitarismo

MessaggioInviato: dom mar 17, 2019 10:26 pm
da Berto
Questo è il vero terrorismo, del suprematismo razzista nazi maomettano


Nigeria. Oltre 600 cristiani massacrati in soli otto mesi nello Stato di Plateau
LeoneGrotti

https://www.tempi.it/nigeria-oltre-600- ... di-plateau

Da marzo a ottobre sono state distrutte 30 chiese, rase al suolo 4.436 case, mentre 38 mila cristiani vivono in 10 campi per sfollati. Vescovo anglicano di Jos: «Viviamo nel terrore. I musulmani ci uccidono»

Almeno 646 cristiani sono stati massacrati solo tra marzo e ottobre nel 2018, e solo nello Stato di Plateau, in Nigeria. È il dato più eclatante del rapporto che il reverendo Dacholom Datri, presidente della Chiesa di Cristo in Nigeria (Cocin), ha consegnato al presidente del paese Muhammadu Buhari, durante un incontro avvenuto il 6 novembre nella capitale Abuja.

«La narrativa che va per la maggiore è quella di uno scontro tra agricoltori e allevatori», ha spiegato Datri parlando delle cause dell’alto numero di vittime, come riportato da Morning Star News. «Ma questa è solo una scusa inventata per nascondere la verità e continuare a perpetrare il male». La verità, continua il pastore, è che i musulmani Fulani che stanno massacrando i cristiani non sono «assalitori sconosciuti» o semplici allevatori ma membri di milizie armati di tutto punto: fucili sofisticati, kalashnikov, lanciarazzi, che usano per «attaccare e uccidere i cristiani».

«Solo dopo gli attacchi», si legge nel rapporto, «gli allevatori Fulani fanno pascolare il loro bestiame sui campi. La modalità degli attacchi non lascia dubbi, come testimoniato dalle vittime: l’esercito è complice e molti soldati vengono assoldati come mercenari dalle milizie Fulani. Il governo deve intervenire in questo ambito e proteggere le vite e le proprietà dei nigeriani».


30 CHIESE DISTRUTTE

Il 65 per cento della popolazione dello Stato di Plateau appartiene alla Cocin. Oltre ai 646 cristiani uccisi in otto mesi, nelle aree di Barkin Ladi, Riyom, Bassa e Bokkos sono state distrutte 30 chiese, rase al suolo 4.436 case, mentre 38 mila cristiani sono stati costretti ad andare a vivere in 10 campi per sfollati. Per tutti questi crimini, neanche una persona è stata denunciata o processata.

Il presidente Buhari, che è un musulmano Fulani, ha insistito che è necessario puntare sull’educazione per convincere «le nuove generazioni a convivere». Mentre leader cristiani e musulmani devono «lavorare duramente insieme per portare la pace. Non tutti i musulmani sono contro i cristiani e viceversa. Anche la polizia deve fare il suo dovere».

Nei fatti, le forze di sicurezza nigeriane non difendono la popolazione. L’attacco più sanguinoso risale a giugno quando «più di 300 persone sono state massacrate a sangue freddo per tre giorni in Barkin Ladi e Riyom. Da allora, abbiamo avuto attacchi e vittime quasi ogni giorno», si legge ancora nel rapporto.


«VIVIAMO NEL TERRORE»

Secondo il National Christian Elders Forum, «il cristianesimo in Nigeria è vicino all’estinzione. Realisticamente parlando, possiamo dire che i cristiani rischiano di sparire nei prossimi 25 anni, da qui al 2048. Potremmo essere noi l’ultima generazione di cristiani del paese se non cambieranno le cose. Centinaia di persone vengono uccise ogni giorno, mentre la sharia cresce sempre di più». Molti vescovi cattolici hanno parlato negli ultimi mesi di un tentativo di «islamizzare la Middle Belt nigeriana».

A ottobre 17 cristiani sono stati uccisi da musulmani Fulani a Jos. Dopo aver sparato sulla casa con i kalashnikov, hanno trascinato fuori donne e bambini, assassinandoli. «Viviamo nel terrore», testimonia ad Aed monsignor Ben Kwashi, arcivescovo anglicano di Jos. «Non è giusto parlare di conflitto tra cristiani e musulmani. Sono loro che ci attaccano e ci uccidono».


Egitto, nuovo attacco contro i cristiani: uccisi sette copti
Renato Zuccheri - Ven, 02/11/2018

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/egi ... 96202.html

In Egitto continua a scorrere il sangue dei cristiani. Dopo un anno dai sanguinosi attentati sul Delta del Nilo e a Minya, un nuovo attacco contro un pullman di pellegrini diretti al monastero di San Samuele

Un nuovo attentato terroristico insanguina l'Egitto. E ancora una volta, sono i cristiani copti a essere presi di mira.

Il bilancio provvisorio è di sette morti e 14 feriti. I terroristi hanno colpito un pullman che trasportavo dei fedeli copti diretti al monastero di San Samuele il Confessore, nel governatorato di Minya, 250 chilometri a sud del Cairo.

Un funzionario della sicurezza egiziana ha confermato ai media locali che l'assalto ha causato "morti e feriti". Ed è arrivata la prima rinvedicazione da parte dello Stato islamico .

Quello che è certo, è che l'Egitto viene di nuovo bagnato dal sangue dei copti. Un anno fa, a maggio, furono uccise più di 30 persone in un assalto simile, sempre contro un autobus di fedeli in pellegrinaggio. IAnche in quell'occasione, l'attentato fu rivendicato dal sedicente Stato islamico. L'area è stata colpita più volte dai terroristi islamici perché una delle zone dell'Egitto più densamente popolata da cristiani, tanto che nell'area di Minya circa il 50 per cento della popolazione è di fede cristiana e copta. Lungo il corso del Nilo, nell'Egitto centrale, ci sono inoltre diversi monasteri millenari proprio a ricordare le antiche vestigia del cristianesimo copto in terra egiziana.

Come ricorda La Stampa, sempre nel 2017, ma ad aprile, "gli islamisti hanno fatto strage di fedeli durante la Domenica delle palme in una chiesa di Tanta, nel Delta del Nilo, un’altra regione con una forte componente cristiana". In quell'occasione, il presidente Abdel Fatah al-Sisi assicurò di mettere in campo tutte le forze necessarie per sradicare il terrorismo e difendere i copti. Il presidente egiziano ha scritto sul suo account Twitter: "Auguro pronta guarigione ai feriti e confermo la nostra determinazione a proseguire i nostri sforzi per combattere il terrorismo. Questo incidente - aggiunge - non intaccherà la volontà del nostro Paese nel proseguire la battaglia per la sopravvivenza e la costruzione".

Ma il sangue continua a scorrere e non sembra destinato a interrompersi nel breve termine. E l'Egitto, un tempo terra di incontro fra islam e cristianesimo, si ritrova colpito dal terrorismo di matrice islamica.


Kenya, strage al campus: uccisi 142 studenti cristiani. Già diffuse nuove minacce
Roberto Bongiorni
2015-04-03

https://www.ilsole24ore.com/art/comment ... d=ABgiswJD

«Quando gli assalitori sono arrivati nel dormitorio hanno iniziato a chiedere se eravamo cristiani o musulmani. Ai primi sparavano sul posto», ha spiegato, ancora visibilmente scosso, Collins Wetangula, membro di un’associazione studentesca. «Mentre scappavamo abbiamo visto alcuni corpi decapitati. È stato orribile. Hanno ucciso molte persone», ha poi precisato la studentessa Winnie Njeri.

Il racconto dei giovani kenyoti scampati al massacro nel campus universitario di Garissa, località del Kenya orientale, a 150 chilometri dalla frontiera somala, restituisce solo in parte la carneficina portata a termine da un commando di Shabaab, gli estremisti somali affiliati ad al-Qaeda capaci di competere, quanto a efferatezza dei loro crimini , ai jihadisti dell’Isis.

Shabaab che minacciano nuovo attacchi:«Non ci sarà alcun luogo sicuro per voi, finché il Kenya manterrà le truppe in Somalia», ha detto un portavoce dei jihadisti, Sheikh Ali Mohamud Rage a radio Andalus, legata al gruppo.

Fino a ieri sera, quando il blitz delle forze speciali era ancora in corso, non era chiara la dinamica dei fatti. Restava solo una certezza: il bilancio del gravissimo attentato era ancora provvisorio. Anche perché, fino a tarda sera, mancavano all’appello quasi 300 studenti degli 880 che si trovavano nel campus. Le vittime accertate venerdì dal ministero degli Interni sono 148, di cui 142 studenti cristiani, tre poliziotti e tre militari. Ma altre fonti, come i missionari salesiani in Kenya, hanno stimato un bilancio più grave di quello ufficiale: «Si parla di circa 200 morti, oltre che di una settantina di feriti e di 300 allievi di cui non si hanno più notizie», hanno dichiarato i religiosi, dicendosi «sotto shock».

Sembra che all’alba alcuni miliziani armati siano penetrati nel campus da una vicina moschea. Prima hanno ucciso due guardie. Una volta entrati negli alloggi degli studenti, dopo una frettolosa selezione tra musulmani e cristiani, avrebbero liberato i primi sparando invece a raffica contro i secondi e cercando di stanare, anche con granate, chi si era nascosto. Secondo le autorità, quattro terroristi sono stati uccisi.

Il Kenya precipita così ancora nell’incubo dell’estremismo islamico. Quello degli Shabaab, una sigla che genera terrore tra la popolazione e che ha messo in ginocchio uno dei settori più importanti dell’economia kenyota: il turismo. Non sono certo noti come l’Isis, al -Qaeda o Boko Haram. Eppure, con i loro attentati, così frequenti e brutali, gli Shabaab hanno sempre occupato una posizione di primo piano all’interno del network jihadista mondiale. Probabilmente oscurata negli ultimi tempi dall’offensiva dell’Isis in Sira e Libia, dalle carneficine compiute dagli estremisti di Boko Haram nel Nord Est della Nigeria, o dalle guerre in Corso in Yemen, Iraq, Siria e Libia.

La loro creazione risale ormai a dieci anni fa. Era il gennaio del 2005, quando gli Shabaab (in arabo significa la “gioventù”) devastarono il cimitero italiano di Mogadiscio, simbolo cristiano, costruendovi sopra una rudimentale moschea in lamiera. Da quel momento cominciò a circolare il loro nome. E quando, nel 2007, l’Etiopia ritirò il suo esercito dalla Somalia, inviato nel 2006 per sconfiggere il regime delle ben più moderate Corti islamiche, gli estremisti somali sferrarono un’offensiva inarrestabile contro il Governo di transizione somalo, riconosciuto dalla Comunità internazionale e difeso solo dall’Amisom (il vulnerabile contingente dell’Unione africana).

In due anni arrivarono a controllare la Somalia centro meridionale, compresi quasi tutti i quartieri di Mogadiscio, un territorio esteso più dell’Italia in cui potevano disporre di aeroporti e porti. Nel loro regno del terrore cominciarono a instaurare una visione rigidissima della Sharia, anomala per un Paese come la Somalia, musulmano ma storicamente estraneo all’estremismo. Lapidazioni contro le adultere, amputazioni per i ladri, separazione dei sessi. E per i giovani niente tv, musica, sport.

Da allora, i dissidi tra le diverse anime del movimento, e soprattutto l’efficace offensiva del Kenya nel sud del Paese, nel 2012, hanno ridimensionato un’organizzazione che comunque ha sempre fatto degli jihadisti stranieri la spina dorsale della sua leadership.

In verità la loro rete organizzativa non è stata né smantellata del tutto, né ridotta a piccole cellule sparse di miliziani, come avevano ingenuamente annunciato alcuni nuovi politici al potere a Mogadiscio, euforici dopo che il leader degli al-Shabaab, Moktar Ali Zubeyr, noto come Ahmed Godane, venne ucciso lo scorso settembre in un raid americano. Oggi lo scenario è cambiato. A favore degli Shabaab. Il vicino Yemen, dilaniato da una guerra civile e sprofondato nel caos, ha agevolato la controffensiva degli estremisti somali.

Che non sono più un’organizzazione nazionalistica. Piuttosto un gruppo jihadista internazionale che preferisce - per ora - concentrare la sua azione sul Corno d’Africa e colpire chi minaccia direttamente i suoi interessi territoriali: vale a dire il Governo di Mogadiscio, l’Etiopia,il Kenya e l’Uganda. In un conflitto asimmetrico contro eserciti regolari, più potenti e addestrati, gli estremisti somali da tempo hanno cambiato stretegia, puntando sulla guerriglia. La lista dei loro attentati è così lunga che si possono riportare solo alcuni dei più recenti. In Kenya tutti ricordano quel tragico pomeriggio di sabato, 21 settembre 2013, quando un commando di Shabaab irruppe nel centro commerciale n Westgate di Nairobi, uccidendo 67 persone, tra cui 13 stranieri.

I somali ricordano altrettanto bene - anche perché risale a meno di due mesi fa - l’attacco contro il Central Hotel di Mogadiscio, l’albergo che ospita molti rappresentanti del governo e del parlamento somalo, dove un commando aveva ucciso oltre 20 persone tra cui alcuni deputati. In Kenya sono stati presi di mira soprattutto i cristiani. Come nella strage compiuta lo scorso novembre, quando i miliziani somali fermarono vicino al confine con la Somalia un autobus diretto a Nairobi che trasportava 60 persone, dando poi il via alla loro spietata e ormai collaudata selezione: le persone che ritenevano musulmane venivano risparmiate. I non musulmani falciati con raffiche sul posto.

Circa sei mesi prima, il 16 giugno 2014, il Kenya era stato scosso da un altro brutale attentato. In quell’occasione, i miliziani somali avevano aperto il fuoco contro la gente accorsa in massa per vedere una partita dei mondiali di calcio in due alberghi della città costiera di Mpekotoni. Quasi 50 persone, quasi tutti civili inermi, persero la vita.

Ridimensionare la minaccia degli Shabaab somali al solo Corno d’Africa,o poco più a sud, potrebbe essere,nel medio termine, un calcolo miope. Anche per l’Europa.



Natale insanguinato per i cristiani in Pakistan
Cristina Uguccioni
2017/12/18

https://www.lastampa.it/2017/12/18/vati ... agina.html

La festa della nascita di Gesù è segnata dal dolore. Il Natale per i cristiani in Pakistan ha il sapore della Croce. E solo uno sguardo di fede evita la disperazione e aiuta a riconoscere la mano della Provvidenza divina sulla propria storia. Un attacco kamikaze, rivendicato dallo Stato Islamico, ha colpito la chiesa cristiana metodista Bethel Memorial a Quetta, nella provincia del Beluchistan, causando 13 morti e 56 feriti. Quattro attentatori hanno fatto irruzione in chiesa, gremita di oltre 400 fedeli riuniti per la liturgia domenicale, muniti di giubbotti esplosivi ed armati fino ai denti. Uno si è fatto esplodere, un altro è stato colpito e ucciso dagli agenti di sicurezza, altri due sono riusciti a fuggire.

L'arcivescovo Joseph Arshad, appena nominato alla guida della comunità di Islamabad nota che «tali stragi sono in aumento in Pakistan. Preghiamo il nostro Signore Gesù Cristo perchè possa donarci forza, saggezza, tolleranza e pace. Possa Dio dare forza alle famiglie delle vittime la forza per sopportare la perdita dei loro cari». L'attacco arriva mentre i cattolici vivono l'Anno dell'Eucarestia che, dice Arshad, «aiuta ogni battezzato ad affrontare difficili sfide e a vivere la fede con spirito eucaristico, cioè del dono incondizionato di sè, fino al sacrificio della vita».

«È un attacco che colpisce al cuore la comunità cristiana che si appresta a celebrare il Natale. È un attacco che vuole distruggere la convivenza e il lavoro di tanti che, a tutti i livelli si impegnano ogni giorno a costruire una nazione migliore. La condanna è ferma e unanime, da pare di tutti coloro che, in ogni comunità religiosa, promuovono la pace, l'armonia sociale e la pacifica convivenza. Il terrorismo continua a colpire ma confidiamo nelle forze sane del paese: le istituzioni governative, la società civile, i leader religiosi di buona volontà», dice a Vatican Insider il domenicano James Channan, direttore del “Dominican Peace Center” a Lahore, impegnato a promuovere il dialogo interreligioso. «Ricorderemo le vittime nel nostro incontro interreligioso prenatalizio, il 21 dicembre al nostro Peace Center. Anche il governo usualmente organizza incontri per celebrare il Natale e porgere gli auguri ai leader cristiani. Quest’anno tutte le celebrazioni saranno macchiate da questa violenza gratuita e distruttiva: è urgente proteggere le minoranze per tutelare il pluralismo nel Paese », rileva Channan.

E pensare che solo pochi giorni fa il ministro cattolico per i Diritti umani e le minoranze, il Punjab, Khalil Tahir Sandhu, aveva sollecitato le istituzioni di polizia, in tutto il Paese, a «garantire la protezione di tutte le chiese durante la messa di Natale e di fine anno», per «tutelare i fedeli in modo che la comunità cristiana possa festeggiare felicemente questo evento centrale per la fede». Il ministro lo aveva fatto, perché restano tuttora scolpiti nella memoria dei fedeli pakistani (circa 4 milioni in una popolazione di quasi 200 milioni) i precedenti più dolorosi: l'attacco compiuto da due kamikaze in una chiesa anglicana di Peshawar a settembre nel 2013 (oltre cento i morti); e l'attentato suicida contestuale a due chiese di Lahore, una cattolica e una anglicana, a marzo del 2015. Senza dimenticare la “strage di Pasqua”, quando nel 2016 una bomba esplose in un parco frequentato dai cristiani che festeggiavano pacificamente la risurrezione di Cristo, dopo la messa domenicale.

«Il terrorismo si accanisce durante le festività religiose con l'idea di fare strage di innocenti. È terribile e disumano», nota a Vatican Insider Shafaat Rasol, noto predicatore musulmano sufi, animatore e guida del comprensorio islamico del Markiz Bilal, a Lahore, che include una moschea, una madrasa, un centro culturale. «È un atto esecrabile – rimarca – che viola la vita umana e profana il nome di Dio. Siamo profondamente vicini ai nostri fratelli cristiani oggi, in questo momento di dolore. Ci uniremo nella solidarietà e nella preghiera. Questi avvenimenti ci danno ancora più forza e volontà di lavorare per il dialogo interreligioso, per costruire nella società una mentalità e una cultura di pace, a partire dai giovani. Ci sentiamo tanto più chiamati a promuovere valori di profondo rispetto della fede altrui, della dignità di ogni uomo, dell’accoglienza dell'altro. Il cammino della pace e della convivenza è irto di ostacoli e ci sono forze che lo avversano; ma proprio per questo dobbiamo restare e resistere uniti, musulmani e cristiani, accanto a tutti gli uomini di buona volontà».

Il Natale è una festa molto sentita dai cristiani pakistani. In tutte le grandi città e laddove sono presenti insediamenti a maggioranza cristiana (le cosiddette “colonie”), le comunità dei fedeli decorano e illuminano le chiese, le case e le strade. Nelle chiese cristiane - cinque le confessioni principali presenti in Pakistan - si organizzano novene di preghiera, rappresentazioni della Natività, concerti dei tradizionali carols natalizi, incontri interconfessionali. Senza dimenticare i gesti caritativi che i cristiani promuovono in modo speciale, come l'assistenza a orfani e vedove di ogni religione.

Tra l'altro, per una curiosa coincidenza, in Pakistan il 25 dicembre è un giorno festivo: non tanto per la festività cristiana (quelle cristiane non sono feste civili) ma perchè è il giorno di nascita di Muhammed Ali Jinnah, il fondatore del Pakistan.

In queste occasioni però, si rafforzano anche i servizi di vigilanza, proprio per timore di attacchi terroristici. A partire dal 2001, il governo ha imposto alle chiese in Pakistan di munirsi, a proprie spese, di cinte murarie, telecamere di sorveglianza, ingressi controllati da posti di blocco, servizio di vigilanza e sicurezza interni. Nelle festività speciali, come Natale e Pasqua, la polizia dispone anche propri agenti per rafforzare la sicurezza. E le recenti notizie di una campagna di propaganda e reclutamento lanciata dallo Stato Islamico a Lahore, con volantini per le strade, non fanno che confermare l'allarme in special modo tra le minoranze religiose



Indonesia, bombe in tre chiese cristiane. Il Papa: basta odio e violenza
Cristina Uguccioni
2018/05/13

https://www.lastampa.it/2018/05/13/vati ... agina.html

I fedeli stavano entrando lentamente e prendendo posto per la messa della domenica quando, intorno alle 7.30 di questa mattina (1.30 ora italiana), nella chiesa di St. Mary Immaculate a Surabaya, la seconda città più grande dell’Indonesia, è esplosa una bomba. Tre i morti, tra cui un poliziotto. Neanche dieci minuti dopo ed un boato si è sentito a pochi chilometri nell’edificio della Chiesa cristiana d'Indonesia (Gki) di Diponegoro. Due le vittime. In una manciata di secondi un altro ordigno è scoppiato nella chiesa pentecostale di Jalan Arjuna. Un morto.

Tre attentati in tre chiese diverse, quasi in contemporanea. Una decina le vittime, tra quelli che sono deceduti sul colpo e i morti in ospedale. Oltre 40 i feriti. L’Indonesia si sveglia così nel terrore in questa domenica mattina bagnata di sangue che registra forse uno dei più gravi attacchi mai avvenuti in questo paese del Sud-est asiatico abitato da 255 milioni di persone, la maggior parte dei quali musulmani.

Al cordoglio generale si è aggiunto quello di Papa Francesco che, al termine del Regina Coeli di oggi in piazza San Pietro, si è detto «particolarmente vicino al caro popolo dell’Indonesia, in modo speciale alle comunità cristiane della città di Surabaya duramente colpite dal grave attacco contro luoghi di culto. Elevo la mia preghiera per le vittime e i loro congiunti». «Insieme invochiamo il Dio della pace affinché faccia cessare queste violente azioni, e nel cuore di tutti trovino spazio non sentimenti di odio e violenza, ma di riconciliazione e di fraternità», ha concluso Bergoglio chiedendo ai fedeli presenti di restare per qualche minuto in silenzio.

I media locali parlano in tutti e tre i casi di attentati kamikaze; gli autori sono una famiglia di sei persone appartenente ad una cellula terroristica islamica: madre e padre, due bambine di 9 e 12 anni e due ragazzini di 16 e 18 anni, come ha riferito il capo della polizia nazionale, Tito Karnavian. La donna e le due figlie indossavano il niqab e avevano cinture esplosive legate in vita quando sono entrate nella chiesa Diponegoro per farsi esplodere. Il padre era alla guida di un’auto imbottita di esplosivo, con cui è entrato nella chiesa pentecostale centrale di Suranaya; mentre i figli erano a bordo di due moto, portando con sé esplosivi che hanno fatto detonare nella chiesa di santa Maria. «Tutti sono stati attentati suicidi, ma le bombe che hanno fatto scoppiare erano diverse», ha dichiarato Karnavian.

«Dieci persone sono morte e 40 sono in ospedale. È in corso l’identificazione delle vittime», ha detto invece il portavoce della polizia di East Java, Frans Barung Mangera, ai giornalisti, aggiungendo che due poliziotti sono stati feriti. Dai tre morti annunciati inizialmente il bilancio delle vittime ufficiali ha continuato a salire nelle ore successive e potrebbe crescere ancora considerando tutti quelli i feriti in modo grave in queste ore ricoverati in ospedale.

La popolazione, sia l’esigua porzione cristiana (il 10% della popolazione) che la maggioranza islamica che si prepara a vivere da domani il Ramadan, è sconvolta. Le immagini circolate nelle tv e sul web sono terrificanti: gente a terra, chiazze di sangue, veicoli inghiottiti dalle fiamme. Il presidente indonesiano, Joko Widodo, ha condannato senza mezzi termini la strage affermando: «Dobbiamo unirci contro il terrorismo. Lo Stato non tollererà questi atti di codardia».

Lo stato di allerta, intanto, è ai massimi livelli. La paura è che altre chiese possano essere attaccate oggi o nei prossimi giorni. Già il maxi attentato di oggi comprendeva un quarto obiettivo: la cattedrale del Sacro Cuore di Gesù; sembra che la polizia abbia arrestato uno degli attentatori prima che compiesse la strage, come riferito dal vicesindaco di Surabaya, Wisnu Sakti Buana.

Per le forze dell’ordine tutti gli attacchi erano coordinati e sono da collegare alla recente rivolta - soffocata nel sangue - avvenuta tra il 9 e il 10 maggio in un carcere di massima sicurezza vicino la capitale Jakarta: i detenuti avevano organizzato una sommossa durata 36 ore in cui alcuni prigionieri legati all’islamismo radicale hanno ucciso cinque agenti di un corpo antiterroristico e anche un detenuto. L’Isis ha rivendicato la rivolta in quell’occasione tramite il sito Amaq News.

Nessuno invece ha rivendicato i tre attacchi di questa mattina. È facile tuttavia immaginare che si tratti dei gruppi terroristi islamisti che negli ultimi mesi hanno aumentato la frequenza delle violenze contro le minoranze. Quelle cattoliche (7 milioni, il 3% degli indonesiani), come pure quelle protestanti (17 milioni), buddiste, indù. In particolare i servizi segreti indonesiani inseguono la pista del Jamaah Ansharut Daulah (JAD), gruppo terroristico indonesiano che si ispira allo Stato Islamico e che riunisce una dozzina di sottogruppi di militanti estremisti.

Un simile terrore in Indonesia si era vissuto alla vigilia di Natale del 2000, quando attacchi dinamitardi contro undici chiese sparse per il paese avevano ucciso 13 persone e ferite altre 100. Anche il 22 luglio 2001, nella parrocchia di St. Anna a Duren Sawit (East Jakarta) una bomba aveva causato cinque morti e una decina di feriti.

Dalla Indonesian Communion of Churches (PGI), organismo che riunisce i leader cristiani del paese, giunge intanto un messaggio a firma del segretario generale, Gomar Gultom: «Non dobbiamo avere paura quando affrontiamo minacce terroristiche. Dobbiamo lasciare che sia il governo a gestirle totalmente», si legge. Gultom invita inoltre a fare attenzione all’emergere di sostenitori del terrorismo che riscuotono consensi come predicatori: «Il programma di deradicalizzazione avviato dall’Agenzia nazionale contro il terrorismo sarà invano - ha avvertito - se la comunità darà invece il palcoscenico ai leader religiosi che diffondono il radicalismo e la violenza attraverso i loro sermoni».

Anche la più numerosa organizzazione musulmana, il Nahdlatul Ulama (NU), ha stigmatizzato gli attacchi, chiedendo al governo «un’azione decisa» per garantire la sicurezza della popolazione: «Ogni ostilità che manipola la religione non è sostenuta dall’islam».


Quei 16 mila cristiani uccisi di cui l'occidente non vuole sentir parlare
di Giulio Meotti
2018/03/21

https://www.ilfoglio.it/esteri/2018/03/ ... isi-185269

Roma. 3.850 cristiani della Nigeria sono stati assassinati dai jihadisti di Boko Haram e dai pastori islamici Fulani negli ultimi tre anni. Solo nei mesi di dicembre 2017 e gennaio 2018 sono stati registrati oltre 350 cristiani uccisi nel paese più ricco di petrolio di tutta l’Africa. In due giorni, cinquanta cristiani sono stati uccisi dalle orde islamiste negli stati di Kogi e Plateau. Due giorni prima c’era stato un funerale di massa per i cristiani assassinati in una sola giornata di attacchi. Il vescovo Joseph Bagobiri, della diocesi di Kafanchan, morto poche settimane fa, aveva fornito la contabilità degli attacchi islamici solo nella sua area: “53 villaggi bruciati, 808 persone uccise, 1.422 case e 16 chiese distrutte”. Si chiama pulizia etnica. A fine febbraio, almeno dodici cristiani erano stati uccisi nel nord della Nigeria come rappresaglia per i tentativi dei fedeli di salvare alcune ragazze dalle conversioni islamiche forzate.

Diviso fra un nord musulmano e un sud cristiano che controlla la maggior parte delle risorse petrolifere, il gigante africano deve affrontare da dieci anni attentati e rapimenti drammatici perpetrati dal movimento islamico Boko Haram. Su un conflitto che ha origini economiche e tribali si è innestato il tumore del fondamentalismo islamico di cui fanno le spese i cristiani. Lo scrittore algerino Boualem Sansal nel suo recente libro “In nome di Allah” (Neri Pozza) parla di una “ guerra totale” che “abbiamo visto all’opera in Somalia, in Afghanistan, in Algeria, nel Mali settentrionale e nelle province musulmane della Nigeria dominate dal gruppo jihadista Boko Haram”. E lo scrittore nigeriano premio Nobel per la Letteratura, Wole Soyinka, paragona la situazione del suo paese a quella “degli algerini che combatterono con i fondamentalisti assassini per dieci anni”. Impiegano armi da fuoco, bombe a mano, kamikaze, machete, gridando “Allah Akbar” (Dio è grande) quando attaccano di sorpresa un gruppo di contadini e fedeli cristiani.

L’opinione pubblica occidentale, sempre poco recettiva sulla persecuzione dei cristiani, di questi nigeriani non vuole sentir parlare. Ma come ha detto il vescovo cattolico di Nomadi, Hyacinth Egbebo, “se la Nigeria cade in mani islamiste, tutta l’Africa sarà a rischio”. E poi toccherà all’Europa. Secondo Philip Jenkins, uno dei massimi esperti di cristianesimo, è in Nigeria che verrà deciso l’equilibrio tra l’islam e il cristianesimo in Africa. Il “destino religioso della Nigeria potrebbe essere un fattore politico di immensa importanza nel nuovo secolo”, ha scritto Jenkins.

Questo è il motivo per cui gli islamisti massacrano i cristiani. Si vuole spostare la linea di faglia religiosa e demografica. Lo scorso febbraio, mentre il presidente degli Stati Uniti Donald Trump era a colloquio con il suo omologo nigeriano, Muhammadu Buhari, emergeva un rapporto che parla di 16 mila cristiani assassinati in Nigeria dal giugno 2015.

Un rapporto della Società internazionale per le libertà civili e lo stato di diritto ha rivelato: “Si stima che 16 mila morti siano specificamente composti da 2.050 vittime di violenza diretta da parte dello stato, 7.950 vittime della custodia della polizia o uccisioni di prigionia, 2.050 vittime dell’insurrezione di Boko Haram e 3.750 vittime delle uccisioni di mandriani Fulani”.

I musulmani estremisti non solo macellano i cristiani; distruggono anche i loro luoghi di culto. Cinquecento chiese sono state rase al suolo nello stato nigeriano di Benue, uno dei più martoriati nella guerra fratricida lanciata dai fondamentalisti islamici. E almeno duemila chiese cristiane sono state rase al suolo da Boko Haram nella sua campagna per cacciare tutti i cristiani dalla Nigeria settentrionale.



Strage del Bataclan a Parigi
https://it.wikipedia.org/wiki/Attentati ... embre_2015

Gli attentati di Parigi del 13 novembre 2015 sono stati una serie di attacchi terroristici di matrice islamica sferrati da un commando armato collegato all'autoproclamato Stato Islamico, comunemente noto come ISIS, che li ha successivamente rivendicati; gli attacchi armati si sono concentrati nel I, X e XI arrondissement di Parigi e allo Stade de France, a Saint-Denis, nella regione dell'Île-de-France.
Gli attentati sono stati compiuti da almeno dieci persone fra uomini e donne, responsabili di tre esplosioni nei pressi dello stadio e di sei sparatorie in diversi luoghi pubblici della capitale francese, tra cui la più sanguinosa è avvenuta presso il teatro Bataclan, dove sono rimaste uccise 90 persone. Si è trattato della più cruenta aggressione in territorio francese dalla seconda guerra mondiale e del secondo più grave atto terroristico nei confini dell'Unione europea dopo gli attentati dell'11 marzo 2004 a Madrid.
Mentre gli attacchi erano ancora in corso, in un discorso televisivo il presidente francese François Hollande ha dichiarato lo stato di emergenza in tutta la Francia e annunciato la chiusura temporanea delle frontiere.[4


E centinaia di altre stragi


FATTI
Niram Ferretti
15 marzo 2019
https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

"L'unico estremismo che merita attenzione in Italia è quello islamico. Le frange di estrema destra ed estrema sinistra sono fatte di fanatici e li condanniamo moralmente. Ma se c'è un estremismo per cui firmo la metà degli atti come ministro dell'Interno è quello di matrice islamica".
Così ha detto Matteo Salvini intervenendo alla prefettura di Napoli. E diciamo che difficilmente gli si può dare torto. Le maggiori stragi e i maggiori massacri perpetrati in Occidente negli ultimi decenni sono tutti di matrice islamica, per non parlare di quelli che avvengono in Medioriente.
Madrid, Barcellona, Londra, Bruxelles, Parigi, Berlino, Nizza, Manchester, e ovviamente New York l'11 settembre del 2001, San Bernardino e Orlando, Florida dove il 12 giugno del 2016 Omar Mateen uccise 49 persone nel più grande massacro compiuto da un solo uomo nella storia degli Stati Uniti.
La strage avvenuta in Nuova Zelanda che segue quella compiuta da Alexandre Bissonette a Quebec City il 29 gennaio del 2017 è la seconda nella storia occidentale che ha come obbiettivo esclusivo cittadini di fede islamica.
Va tenuto presente in modo estremamente chiaro per non confondere le acque e tenere ben presente i fatti.
Condanna senza appello nei confronti di chi ha commesso i massacri di Quebec City e di Christchurch, ma se dobbiamo fare i confronti, e vanno fatti, tra gli estremismi, non è nemmeno una partita.

Re: Suprematismo e identitarismo

MessaggioInviato: dom mar 17, 2019 10:37 pm
da Berto
“Ci hanno dichiarato la guerra. E alla guerra bisogna combattere”
17 marzo 2019
Ornella Mariani
https://www.facebook.com/permalink.php? ... 1271611780

Sono due gli argomenti che tengono banco in queste ore: le attività di “Venerdì per il futuro”, che ha visto sfilare nelle piazze italiane migliaia di Giovani galvanizzati da Greta Thunberg ed esigenti il cambiamento climatico e la prevenzione del riscaldamento globale; il sanguinario attentato che ha prodotto quarantanove vittime islamiche a Christchurch e ha stimolato le reazioni logorroiche di Bergoglio e di Mattarella, invece muti a fronte del massacro di seicentoquarantasei Cristiani attuato in Nigeria nei mesi scorsi.

Sul primo immagino che, come me, tutti abbiano constatato la ignoranza abissale e la vacuità indecorosa di una Generazione prestata ad interessi lobbystici internazionali: non Uno, del gran numero di Intervistati, è stato capace di spiegare le ragioni della protesta alla base di una giornata di astensione scolastica; non Uno si è rivelato in grado di rappresentare le circostanze che lo avevano portato in piazza; non Uno è andato oltre i “cioè” inconclusi e distanti dalla stucchevole presunzione di competenza esibita dalla Thunberg.
Fin dall’agosto del 2018, costei ha sollevato l’attenzione internazionale con la pretesa che il Governo svedese si allineasse all’Accordo di Parigi attraverso la riduzione delle emissioni di carbonio, ogni giorno esibendo fuori dal Riksdag e durante l’orario scolastico il cartello Skolstrejk för klimatet.
In realtà, il preteso rispetto del contenuto di quel protocollo e lo slogan Fridays For Future sono del tutto sconosciuti a quegli Studenti dalla imbarazzante vacuità ed ignoranza, ma hanno arricchito la Famiglia della Adolescente, nota col diminutivo internazionale di Gretina.

In realtà, privi di qualsiasi cognizione dell’argomento, oscillando fra una volgarità ed una approssimazione del linguaggio, i Giovani continuano a prestarsi agli interessi di quella Società dei Consumi contro la quale manifestano.
Questa quindicenne priva di spontaneità non sa nulla di crisi climatica: affetta dalla Sindrome di Asperger, non può essere interessata agli effetti del riscaldamento globale, stante, nella specificità della sua sintomatologia, la incapacità di provare qualsivoglia forma di empatia e, più ancora, stante la scientificamente provata inclinazione alla sviluppo di atteggiamenti ossessivi.

Gretina è solo l’esito di una accurata ed abile strategia di marketing, come assume Andreas Henriksson, stimato Giornalista d’inchiesta svedese.
A suo avviso, l’iniziativa della Thunberg è stata cruciale: al lancio di Scenes from the Heart, un libro scritto da Malena Ernman, madre dell’inquietante Genio; agli interessi del Pubblicitario Ingmar Rentzhog che, conosciuta la fanciulla il 20 agosto del 1018, ne ha sfruttato l’immagine per lanciare la sua start up We Do not Have Time, nel cui board l’ha nominata per effetto della pressione mediatica, lanciando una campagna di crowdfunding per 30 milioni di corone svedesi; alla visibilità di Bo Thorén, membro del consiglio di amministrazione di Fossilfritt Dalsland ed esponente del movimento ambientalista internazionale Extinction Rebellion.

In definitiva, il Climate Strike è una ignobile farsa, come può dedursi dalle argomentazioni esposte in materia climatica con rigorosa chiarezza dal Professore Franco Battaglia, in sprezzo anche delle diverse posizioni di Bergoglio.

In sostanza: imbroglio, impostura, mistificazione ed interessi, alla base del fenomeno Gretina, sono comuni al secondo tema: la strage che ha insanguinato la Nuova Zelanda nelle scorse ore.
E mentre, con sempre maggiore insistenza, circola in Francia voce che l’attentato dello scorso dicembre a Strasburgo abbia avuto la regia di Macron, deciso a distrarre l’opinione pubblica francese dalle tensioni sociali dei Gilet Jaunes, il gesto di Brenton Tarrant ci obbliga a riflettere sugli stravolgimenti prodotti da un cinismo istituzionale sempre più abietto.

La partita di un conflitto ormai latente si gioca sul tavolo delle elezioni europee; denuncia ampie zone d’ombra; invita a riconsiderare l’uso provocatorio e capzioso di etichette contro Quanti siano in grado di ragionare sulla reale portata degli eventi: Sovranisti, Suprematisti, Populisti, segnati dalle stimmate di un Razzismo politico, religioso, sociale, etnico ed economico.

Non sfugge l’indifferenza alla contraddizione:
l’attentato in danno degli Islamici è espressione di Razzismo.
Gli attentati verso i Cristiani in genere e gli Occidentali in particolare, NO.
Brenton Tarrant è un Attentatore e un Suprematista.
Il Mohamed di turno, responsabile di centinaia di vittime, NO.
Il Paladino della propria radice identitaria è Populista.
Il Dispensatore di morte in nome di Allah è un Depresso.
Si stigmatizza l’uccisione di un bambino di tre anni, ma si tace sulla brutalità e sugli orrori consumati all’interno del Bataclan.
Così Recep Tayyp Erdogan per il quale la strage della Nuova Zelanda è “esempio di un crescente razzismo e islamofobia”.
Così Jean-Claude Juncker, indignato da chi vuole “ annientare le nostre società e il nostro stile di vita”.
Ovvero quell’Europa che Egli ancora presiede.

E i dubbi: il video del massacro nella moschea, tempestivamente sparito, è stato manipolato e da chi e perché o quale spiegazione è plausibile con la mancanza di urla a fronte del rumore secco degli spari di Tarrant?
Pesano su di noi: l’ambigua apologia dell’Islam; la decristianizzazione dell’Occidente e il rischio sempre più concreto della definitiva oppressione dell’Etica e della Cultura.
Occorre prendere atto che Noi tutti non abbiamo più tempo.


Clima e politica energetica US
viewtopic.php?f=162&t=2639

Re: Suprematismo e identitarismo

MessaggioInviato: dom mar 17, 2019 11:45 pm
da Berto
Attacco Nuova Zelanda, l'ossessione del terrorista: la "sostituzione etnica", parola d'ordine delle destre sovraniste dell'Ue
di Marco Pasciuti
15 Marzo 2019

https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/0 ... ue/5039350

“I tassi di natalità“. “I tassi di natalità”. “I tassi di natalità”. Ripetuto tre volte all’inizio del manifesto di 74 pagine intitolato “La grande sostituzione“, pubblicato sul web prima della strage. È questo il grande problema che Brenton Tarrant si proponeva di sottolineare con l’eccidio compiuto nelle due moschee di Christchurch, in Nuova Zelanda: il progetto di sostituzione etnica che sarebbe in corso in Europa ai danni della popolazione bianca e cristiana da parte dei migranti che arrivano dal Medio Oriente e dall’Africa. Che è una delle principali argomentazioni utilizzate dai movimenti e dai governi sovranisti dell’Unione europea per giustificare la chiusura delle frontiere e le politiche praticate per arginare i flussi migratori.

“Se c’è una cosa che io vorrei ricordaste dopo aver letto queste pagine – esordisce Tarrant, rivolgendosi ai lettori nell’introduzione del documento, preceduta da una poesia in cui il drammaturgo gallese Dylan Thomas invita alla “Rabbia, rabbia contro la morte della luce” – è che i tassi di natalità devono cambiare”. “Ogni giorno diventiamo sempre meno, invecchiamo, ci indeboliamo. Dobbiamo tornare su livelli riproduttivi ottimali, altrimenti ci ucciderà”. “Per mantenere in vita la popolazione, la gente deve mantenere il tasso di natalità a livelli riproduttivi ottimali. Nel mondo occidentale è equivalente a 2.06 nascite per ogni donna”, scrive Tarrant citando una pagina di Wikipedia. Invece in tutto il mondo “la gente bianca non riesce a riprodursi, non riesce a mettere su famiglia, non riesce a mettere al mondo bambini”.

Ma, è il cuore del ragionamento, nonostante questo “la popolazione nel mondo occidentale sta aumentando, e rapidamente. Com’è possibile?”. Tutto ciò è causato da “immigrazione di massa e degli alti tassi di natalità degli immigrati. Stiamo sperimentando una invasione mai vista prima nella Storia. Milioni di persone passano attraverso i nostri confini, legalmente. Invitati dagli Stati e dalle corporation a rimpiazzare la gente Bianca che non riesce a riprodursi e non è riuscita a produrre la forza lavoro a basso costo, la massa di consumatori e di contribuenti di cui gli Stati e le corporation hanno bisogno”. Tutto ciò, conclude il terrorista, “è sostituzione etnica, sostituzione culturale, sostituzione razziale”.

Argomenti e parole d’ordine utilizzate dai sovranisti del continente e anche da quelli di casa nostra. Il concetto di “sostituzione etnica” è abitualmente utilizzato dai leader europei che fanno del contrasto ai flussi migratori il punto di forza della propria offerta politica come il premier ungherese Viktor Orban, dai movimenti dell’estrema destra italiana come CasaPound e Forza Nuova, ma anche dai rappresentati della politica parlamentare come Giorgia Meloni (“In Italia c’è un disegno di sostituzione etnica – dichiarava in una delle molte occasioni in cui ha utilizzato questa espressione la leader di Fratelli d’Italia intervistata da SkyTg24 il 10 febbraio 2018 – di questo in campagna elettorale non si riesce a parlare e si preferisce parlare di fascismo”) e dal vicepremier e ministro dell’Interno della Lega, Matteo Salvini.




Nuova Zelanda, l'Isis prepara la vendetta: "La risposta è in arrivo"
Renato Zuccheri - Dom, 17/03/2019

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/nuo ... 64242.html

Sul canale Telegram dello Stato islamico appare un kalashniokov avvolto in una bandiera nera con una scritta: "Vi sconfiggeremo presto, nessuno si salverà. La risposta è in arrivo"

L'Isis permette vendetta dopo le stragi nelle moschee di Christchurch.

Sui canali Telegram dello Stato islamico, è apparsa a foto di un kalashnikov nero con delle scritte in bianco. Proprio come risposta fisica al fucile con cui Brenton Tarrant ha compiuto la sua orrenda strage. Sul kalashnikov una frase inquietante: "Vi sconfiggeremo presto, nessuno si salverà. La risposta è in arrivo". Il fucile è poi stato avvolto nella bandiera nera del Califfato.

In questi giorni, l'allerta sulla possibile vendetta dell'Isis è stata innalzata. Anche perché oltre allo Stato islamico, sono apparse degli incitamenti alla vendetta anche da parte di Al Qaeda. Ed è alto il rischio che si frappongano due tipi di terrorismo: quello islamico e quello di fanatici che vogliono emulare Brenton Tarrant. Proprio per questo motivo, anche in Italia è stato innalzato il livello di guardia da parta dell'antiterrorismo.

Come per il video del terrorista che ha colpito le moschee in Nuova Zelanda, anche in questo caso l'Isis ha usato i social network, mettendo così di nuovo sotto osservazione il ruolo dei social media nella proliferazione della violenza. La premier neozelandese, Jacinda Ardern, ha voluto sottolineare che spetta ai giganti dei social media eliminare i video degli attentati e contenuti che incitano all'odio. E quei filmati del massacro, trasmessi in diretta Facebook dal killer ma rilanciati poi su YouTube, Twitter e Telegram, possono aver influito sulla mente di altre cellule terroriste dormienti.

Facebook ha già comunicato di aver rimosso in 24 ore "un milione e mezzo di filmati, e di aver impedito che ne venissero caricati altri 1,2 milioni". E intanto in Nuova Zelanda è stato chiuso temporaneamente l'aeroporto di Dunedin a causa di un "pacco sospetto".



L’Isis minaccia vendetta dopo la strage nelle moschee
17 marzo 2019

https://www.cdt.ch/mondo/cronaca/l-isis ... e-EG998732

I numeri della prima strage in diretta social della storia del terrorismo fanno paura. Non solo quelli delle vittime, 50 morti e più di trenta feriti, anche quelli dei fan della morte in streaming, mentre dall’Isis e dall’intera galassia jihadista arriva la promessa della vendetta contro i «crociati». Dopo il massacro 2.0, anche il fuoco incrociato - per ora solo di post - del terrorismo islamico arriva via internet. In un messaggio del 15 marzo condiviso su Telegram gruppi affiliati ad Al Qaida parlano del massacro in Nuova Zelanda come di «guerra dei crociati» contro i musulmani e promettono di rispondere con il «linguaggio del sangue».

Sul canale Telegram filo Isis Al-Asyaf Al Baghdadi, l’appello è «a versare il sangue dei crociati», mentre altri siti citati dal Site incitano ad attaccare «le chiese» in segno di reciprocità. Rahel, altro canale Telegram vicino al Califfato, posta una foto che mostra un fucile, una bandiera nera dell’Isis e una cintura suicida con vari messaggi scritti sopra secondo lo stesso schema usato dal killer Brenton Tarrant che aveva inciso sulle proprie armi i nomi degli ‘eroi’ simbolo delle guerre contro i musulmani, da Poitiers a Lepanto: il re franco Carlo Martello, il doge Sebastiano Venier, l’ammiraglio veneziano Marco Antonio Bragadin scuoiato vivo dai musulmani. Tutti nomi scritti con il pennarello bianco sui due mitra imbracciati dall’uomo per la sua carneficina. «La vendetta arriverà presto», promettono ora i jihadisti, «avete aperto i cancelli dell’inferno sulla vostra isola».

A due giorni dall’attacco alle moschee di Christchurch che il suprematista Brenton Tarrant ha trasmesso grazie alla video camera ‘go pro’ montata sul casco, Facebook ha annunciato, attraverso la sua responsabile per la Nuova Zelanda Mia Garlick, che «nelle prime 24 ore, abbiamo rimosso 1,5 milioni di video dell’attacco in tutto il mondo, di cui oltre 1,2 milioni sono stati bloccati mentre venivano caricati».

Ma agli interventi, realizzati grazie a un mix di automatismi tecnologici e azioni umane, sono sfuggiti 300 mila video: un tasso di fallimento pari al 20 per cento del totale. Non solo. Secondo il blog statunitense TechCrunch, molti video sono stati postati su Facebook fino a 12 ore dopo l’attacco e non è ancora chiaro quante visualizzazioni, condivisioni e like ci siano stati in questa infinita moltiplicazione del terrore online i cui rischi non sono solo virtuali.

Intanto, in attesa di comparire di nuovo in tribunale il 5 aprile, è lo stesso killer a rischiare la pelle. Brenton Tarrant è nel mirino delle gang criminali locali, che minacciano ritorsioni contro di lui. «Anche noi abbiamo amici in prigione...», ha minacciosamente sussurrato al New Zealand Herald uno dei membri di una banda che ha offerto sostegno alle famiglie delle vittime. «Siccome sono venuti in Nuova Zelanda, adesso sono dei nostri. Sono la nostra gente», hanno spiegato, aggiungendo che quello che Tarrant ha fatto «è stato disgustoso, sbagliato in ogni modo possibile». E in tutto il Paese si moltiplica la raccolta fondi per aiutare chi è rimasto a piangere i propri morti, la maggior parte sempre attraverso la rete. Le donazioni online hanno superato i 6 milioni di dollari.



???

Musulmani sotto attacco in tutta Europa. E 2 italiani su 3 non li accetterebbero in famiglia
Dario Prestigiacomo 15 marzo 2019

http://europa.today.it/attualita/islam- ... lenze.html

La tragedia che ha colpito due moschee in Nuova Zelanda ha riacceso i riflettori sull’odio che circonda le comunità dei migranti di religione musulmana. Un odio che in Europa è esploso soprattutto con la crisi migratoria e gli attacchi terroristici. E che purtroppo continua a crescere. Secondo i dati più recenti raccolti dall’Osce, in tutta l’Ue si sono registrati oltre 30mila attacchi contro musulmani, sia sotto forma di insulti e molestie psicologiche, sia sotto forma di violenze fisiche.

I Paesi più colpiti, almeno per ampiezza del fenomeno, sono la Germania e il Regno Unito. Nel primo, la polizia ha denunciato 71 attacchi contro moschee e ben 908 atti criminali contro musulmani. Nel Regno Unito, le autorità hanno registrato nel 2017 poco più di 1.200 “incidenti”, con un aumento del 26% rispetto all’anno precedente. In Italia, i dati ufficiali parlano in generale di reati d’odio: 1048 in tutto il 2017, quelli comunicati dalle forze dell’ordine e riportati dall’Ocse. Il network Islamophobia Europe, ha raccolto 17 episodi specifici contro musulmani, come il pestaggio di due uomini da parte di giovani estremisti di destra a Roma.

Ma questi dati, dicono sempre dal network Islamophobia Europe, rischiano di rilevare solo la punta dell’iceberg. Il fenomeno, secondo quanto emerge dal loro ultimo report, è ben più vasto. Secondo un’indagine dell’Unione europea (EU-Midis), ben il 39% dei musulmani intervistati ha dichiarato di aver subito discriminazioni, mentre il 27% dichiara di aver subito molestie o violenze. Pochissimi di loro, pero’, lo hanno denunciato. E questo anche perché, in non pochi casi, le aggressioni sono avvenute proprio per mano di chi dovrebbe difenderli, ossia la polizia.

Tra le indagini che sottolineano il clima che si respira in Europa intorno alle comunità musulmane, c’è anche quella del Pew Research Center, che ha chiesto a 56mila europei se accetterebbero o meno un musulmano come membro della propria famiglia. In Italia, hanno risposto positivamente solo il 43% degli intervistati, contro il 55% dei tedeschi, il 66% dei francesi e addirittura il 74% degli spagnoli.



Alberto Pento
io non ospiterei mai a casa mia una nazi-maomettano, specialmente se clandestino e antisemita.

Re: Suprematismo e identitarismo

MessaggioInviato: lun mar 18, 2019 4:45 am
da Berto
In Francia predomina il nazismo-maomettano
Giulio Meotti
17 marzo 2018

https://www.facebook.com/giulio.meotti/ ... 5018156978

Come avevo previsto, alcuni schifosi di giornalisti francesi hanno iniziato ad accusare due intellettuali ebrei conservatori, il filosofo Alain Finkielkraut e il giornalista Eric Zemmour, di complicità nella strage in Nuova Zelanda, perché Finki - minacciato di morte soltanto un mese fa - e Zemmour - sotto scorta da cinque anni per le minacce - hanno denunciato il cambiamento in corso in Europa. Se questa è la disonestá intellettuale, tana libera tutti. Si potranno accusare i fanatici dell’immigrazione e del multiculti di complicità nelle stragi islamiste in Europa. Fila, giusto?



Il filosofo ebreo Alain Finkielkraut si preoccupa per il futuro della Francia
Nathan Greppi
28 Agosto 2018

http://www.mosaico-cem.it/attualita-e-n ... to-francia

“Se gli ebrei, in Francia, hanno avuto a lungo un rapporto teso, a volte doloroso, con il loro paese nel corso dei secoli, oggi affrontano una realtà nuova, particolarmente funesta.” Queste le parole del filosofo ebreo francese Alain Finkielkraut, noto nel suo paese per le sue forti prese di posizione contro l’antisemitismo islamico.

“Sono estremamente preoccupato, sia per gli ebrei francesi sia per il futuro della Francia,” ha dichiarato nel corso di un’intervista al Times of Israel. “L’antisemitismo che stiamo vivendo ora in Francia è il peggiore che abbia mai visto in vita mia, e sono convinto che sia destinato a peggiorare.”

Chi è

Nato a Parigi 69 anni fa da genitori ebrei polacchi sopravvissuti alla Shoah, Finkielkraut ha insegnato filosofia all’Ecole Polytechnique di Parigi, e per due anni ha insegnato anche all’Università di Berkeley negli anni ’70. È autore di oltre 30 libri, di cui il primo è stato pubblicato nel 1977. Il suo primo libro con tematiche ebraiche è L’Ebreo Immaginario del 1980 (tradotto in italiano nel 1990), e attualmente ne sta scrivendo uno con una forte impronta autobiografica.

Durante l’intervista ha detto di non essere allarmista, bensì realista, e di dire le cose come stanno alla faccia del politicamente corretto. Nel corso dell’intervista, ha spiegato che secondo lui la Francia è condannata se continuerà ad andare nella direzione presa finora; ciò, secondo lui, è dovuto a delle politiche fallimentari sull’immigrazione che hanno portato a un enorme popolazione musulmana non integratasi nella società francese, tanto da minacciarne la stabilità.

Questi fattori, secondo Finkielkraut, si riflettono molto sugli ebrei francesi, che negli ultimi anni sono stati costretti a lasciare chi il paese chi il proprio quartiere: “A causa della crescente ostilità che gli ebrei stanno affrontando, soprattutto in certe periferie di Parigi, molti sentono il bisogno di lasciare i luoghi dove hanno vissuto per molto tempo […] In anni recenti, decine di migliaia di ebrei si sono spostati, alcuni in Israele, alcuni in quartieri dove si sentono più sicuri. Una situazione simile sarebbe stata inimmaginabile 20 anni fa. È senza precedenti in Francia e, quel che è peggio, è destinata a continuare,” ha detto.

Secondo Finkielkraut, questo “È un terribile fenomeno legato all’immigrazione. E allo stesso modo in cui l’immigrazione aumenta, così aumenta l’antisemitismo. Non solo una grossa parte della sinistra rifiuta di prenderne atto, ma in più ci spiegano che gli immigrati sono i nuovi ebrei ed è importante imparare ad accoglierli come il paese avrebbe dovuto fare con gli ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale.”

Parlando della sua gioventù, ha detto che negli anni ’50 e ’60 gli è capitato raramente di doversi confrontare con l’antisemitismo. “Quando ero giovane, mi aspettavo di incontrare antisemiti ma mi è capitato raramente,” ha detto. “Certo, mi è capitato qualche volta di essere chiamato ‘sporco ebreo’ ma non era niente di che, davvero. Così, sono cresciuto pensando che l’antisemitismo fosse una cosa del passato. Tutto ciò ha iniziato a cambiare circa 15 anni fa. Da allora, c’è stata una rinascita dell’antisemitismo in Francia. Ma non sono i vecchi demoni antiebraici (di estrema destra) a essere ricomparsi.”

La situazione francese

Questa primavera, Finkielkraut fu uno dei 300 firmatari di un appello, pubblicato su Le Parisien in seguito all’uccisione di Mireille Knoll, che denunciavano il nuovo antisemitismo di matrice islamica. Infatti, dal 2006 sono stati 11 gli omicidi commessi in Francia motivati dall’antisemitismo, e quasi tutti gli assassini erano musulmani. In particolare, i firmatari denunciavano quella che secondo loro è una vera e propria “pulizia etnica” nei confronti degli ebrei, che avviene nel silenzio dei media soprattutto nei quartieri multietnici. Alcuni giorni dopo la pubblicazione dell’appello, Finkielkraut disse in un’intervista al quotidiano Libération che non si sentiva più al sicuro a vivere nel quartiere parigino dove è cresciuto con i suoi genitori; infatti, negli ultimi anni gli è capitato più volte in quella zona che la gente gli mostrava il saluto antisemita “quenelle”, ideato dal controverso comico Dieudonne.

Accuse e repliche

Le sue posizioni sull’antisemitismo islamico gli sono valse diverse accuse di razzismo, oltre a numerose minacce: “Ovviamente, sarebbe assurdo insinuare che tutti gli immigrati siano antisemiti. La maggior parte non lo è. Ma la maggior parte degli antisemiti oggi in Francia proviene dall’Algeria, dall’Africa nord-occidentale, dall’Africa Subsahariana e dal Medio Oriente. Questo è il motivo per cui l’antisemitismo non viene molto affrontato.” Ha aggiunto che oggi gli immigrati musulmani nutrono una forte ostilità sia verso gli ebrei che verso la cultura francese, tanto che in certi quartieri degradati i francesi vengono fatti sentire stranieri in casa loro.

Se questa situazione dovesse peggiorare ulteriormente, secondo lui gli ebrei hanno un vantaggio che altri non hanno: possono trasferirsi in Israele. Infatti, egli ha visitato il paese oltre 20 volte, e ne è un fervente sostenitore, pur essendo in disaccordo con il governo di Netanyahu su alcune questioni, in primis come si sta occupando del processo di pace. Inoltre, egli ha denunciato anche il modo in cui Israele viene raffigurata in Francia. “In Francia, Israele è sempre meno compreso, soprattutto a sinistra. Molti non sembrano voler capire un paese che si difende, che si afferma.”

Parlando dell’attuale clima politico e sociale, ha concluso così: “Per ora, non sono preoccupato per la mia sicurezza personale, ma vedremo cosa succede. Molte persone sono sotto scorta della polizia, della quale potrei aver bisogno anch’io un giorno. Per ora ho ricevuto solo attacchi verbali, niente di fisico. Non è facile, ma mi rifiuto di chiudere la bocca.”



Eric Zemmour, lo sconfitto
Giulio Meotti
2018/09/09

https://www.ilfoglio.it/cultura/2018/09 ... tto-212817

Roma. “La storia della Francia scorreva nelle mie vene, riempiva l’aria che respiravo, forgiava i miei sogni; non immaginavo di essere l’ultima generazione a crescere così”. Già dalle prime righe, il nuovo libro di Eric Zemmour, Destin français (in uscita in Francia per Albin Michel), è un tripudio nostalgico. Con il saggio precedente, Le suicide français, Zemmour aveva venduto mezzo milione di copie e stregato il paese. Nelle parole di Nicolas Chamfort, “in Francia si lascia in pace chi ha appiccato l’incendio e si castiga chi ha dato l’allarme”. È un po’ il destino francese di questo giornalista e intellettuale “reazionario”. Il suo nuovo libro, anticipato ieri dal Figaro, è un gigantesco rifiuto della damnatio memoriae. “René Grousset ci ha dato una lezione sull’importanza della crociata di Urbano II, che si oppone alla doxa contemporanea”, scrive Zemmour a proposito di uno dei tabù contemporanei. “Secondo lui, il Papa ha permesso all’Europa di ritardare di quasi quattro secoli l’avanzata dell’islam e prepararsi alla lenta comparsa di un Rinascimento che non sarebbe mai accaduto sotto il giogo islamico”. E cita la frase di Grousset: “La crociata non era altro che l’istinto di conservazione della società occidentale in presenza del pericolo più formidabile che avesse mai avuto”.

Zemmour ricorda al lettore che Urbano II, Pietro l’Eremita, Goffredo di Buglione e san Luigi erano tutti francesi. “Abbiamo dimenticato che, grazie a loro, siamo sfuggiti alla colonizzazione islamica e che l’Europa, radicata nella ragione greca, nella legge romana e nell’umanesimo cristiano, ha potuto elevarsi a un destino inaudito e glorioso”. Poi il monito: “Chi non conquista più è conquistato. Ancora una volta, la Repubblica si trova di fronte all’islam. Ancora una volta, la nazione ritorna ai suoi eterni dèmoni della divisione, dell’odio francese, della guerra civile”.

La Francia non è più un impero, non è più il centro culturale del mondo, non assimila più, non è più “la figlia prediletta della chiesa”. Per questo, molti non capiscono che diavolo vada cercando questo Zemmour. La sensazione è che sia uno sconfitto. Che resti il figlio dei “piedi neri”, i francesi fuggiti dall’Algeria decolonizzata e sbarcati con le valigie sui marciapiedi dell’Esagono. Non solo, un ebreo berbero. “La Francia era la vita; l’Algeria, la nostalgia. La Francia, la grande nazione; l’Algeria, la piccola patria”, riassume Zemmour. Il padre parlava arabo nei café di Le Goutte d’Or, appuntandosi in un taccuino le frasi di Victor Hugo. Poco prima della sua morte disse a Zemmour: “Sono stanco di sentire in televisione ‘gli ebrei di Francia’. Non sono un ebreo di Francia, sono un ebreo francese”. Qui c’è l’eco di future tragedie.

Zemmour nel libro racconta di quando è tornato a Drancy, la banlieue parigina dove è nato. Dal parco dove ha giocato a calcio con i suoi amici al piccolo bar, tutto è rimasto uguale. Sono le persone a essere cambiate. Nel parco, Zemmour incontra ragazze velate. “Ai miei tempi, sarebbe stato impensabile”, scrive. “La Francia era, tramite le coste mediterranee, in intimo contatto con il mondo greco, romano, bizantino; tramite la costa atlantica, con i vichinghi scandinavi; tramite i Pirenei, con l’islam; tramite il Reno, con i barbari”, scrive Zemmour. Una identità che potrebbe essere mantenuta, conclude, solo da una identità e da uno stato molto forti, ma anche passando da una serie di conflitti interni. Ma chi è disposto a pagare questo prezzo, a parte il malpensante “Z”?


Islamizzazione dell'Europa
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Ouropa e Ixlàm (Europa e Islàm)
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Ouropa, migranti, profughi, clandestini e ixlam
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Re: Suprematismo e identitarismo

MessaggioInviato: lun mar 18, 2019 4:45 am
da Berto
???

NUOVA ZELANDA, BANALI CONSIDERAZIONI ETICHE
Haim Fabrizio Cipriani
17 marzo 2019

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 1284156598

“Ricorda ciò che ti ha fatto Amalek mentre uscivi dall’Egitto, quando ti ha freddato sul cammino, gettandosi sulle tue retrovie mentre tu eri stanco e sfinito […] Cancellerai la memoria di Amalek da sotto i cieli, non dimenticare!” [Deut: 25:17-19]

Con questi versi la Torà ricorda l’aggressione ingiustificata che il popolo ebraico subisce da parte della misteriosa popolazione di Amalek immediatamente dopo la sua uscita dall’Egitto. Da sempre la tradizione ebraica vede questo atto come espressione simbolica del male assoluto, della violenza ingiustificata che si abbatte sui più deboli. La Torà ingiunge di sradicare questo cancro senza compromessi e senza esitazioni.
Questo passo biblico è letto solennemente nelle sinagoghe lo Shabbat che precede la festa di Purim, ossia quest’ultimo sabato, perché ricorda una delle prime aggressioni subite dal popolo ebraico nella sua storia. I fatti di Purim costituiscono in un certo senso il seguito di questo, giacché il tema della narrazione è un altro progetto di sterminio elaborato peraltro da un discendente di quella tribù.

Ma non va mai dimenticato che fin da epoche antiche, Amalek non è più considerata una nazione, ma una modalità di comportamento, quella che sceglie la violenza gratuita e tenta di sopprimere esseri umani. Quanto avvenuto in Nuova Zelanda, né più né meno che altri tipi di aggressioni, è un’espressione di quel che la cultura ebraica chiama Amalek, l’assassinio di esseri umani innocenti da parte di esseri umani criminali.

Fin qui, quel che ho detto è banale. E dovrebbe restarlo. Purtroppo però, le cose sono talvolta più complesse di quanto non sembri. Durante questo Shabbat, nella sinagoga in cui prestavo servizio e altrove, ho ascoltato riflessioni che non avrei voluto ascoltare. Riflessioni del tipo “Per quello che è successo in Nuova Zelanda, provo lo stesso cordoglio che provano loro per noi Cristiani ed Ebrei”, “In fondo se la sono cercata …”, “Almeno ora comprenderanno cosa significa essere sotto attacco, non è un male ….”. So bene che riflessioni di questo genere abbondano anche sui social, ma ascoltarle in ambito ebraico, da parte di persone spesso acculturate, e proprio durante lo Shabbat Zachor, quello che ricorda la nascita di questo male assoluto, mi è risultato intollerabile.

Sia detto una volta per tutte. Qualsiasi comportamento che, davanti a fatti di questo genere, manifesti una qualsiasi forma di tolleranza, o di attenuazione della gravità, è di per sé una forma di apologia implicita della violenza, e costituisce un affronto per tutti coloro che hanno subito aggressioni di questo genere nel corso della Storia.

La violenza, ogni violenza, è un atto spregevole e intollerabile, poco importa quale sia la cultura o l’etnia che ne sono oggetto.La violenza, ogni violenza, è un atto spregevole e intollerabile, poco importa quale sia la cultura o l’etnia che ne sono oggetto. Va combattuta, condannata, soppressa con ogni mezzo e mai relativizzata.

La cultura ebraica si costruisce sull’idea di Torà, che poco ha a che vedere con la religione. Significa insegnamento, e in particolare insegnamento della responsabilità dell’essere umano verso il resto del creato, senza eccezioni.

Gli esseri umani sono solo ed esclusivamente esseri umani. Ed è fondamentale non dare mai per scontato che questa sia una nozione acquisita. C’è urgente necessità di Torà, ossia di nutrire una spiritualità che non ci faccia perdere di vista questa realtà, così banale, così fondamentale.

Rabbino Haim Fabrizio Cipriani

http://www.etzhaim.eu/calendario-delle-attivita


Alberto Pento
Caro rabbino e di Maometto il razziatore, l'assassino, il criminale, sterminatore di ogni diversamente religioso e pensante, e del suo idolo del terrore e dell'orrore Allah cosa mi dici?
Caro rabbino sei mai intervenuto allo stesso modo e con le stesse parole quando i nazi maomettani hanno sterminato i cristiani, gli yazidi, gli indù, gli ebrei e ogni altro diversamente religioso e pensante che critica l'Islam, in ogni dove della terra?
E cosa dire che nelle moschee si pianifica e ribadisce ogni giorno il disprezzo, l'odio, la maledizione e la demonizzazione dei non islamici, dei miscredenti e degli infedeli, in particolare dei cristiani e degli ebrei?




Stragi, Occidente ipocrita, Belpietro: «Quando a sparare sono gli islamici...»
sabato 16 marzo
Gabriele Alberti

https://www.secoloditalia.it/2019/03/st ... 8XbpBgqnVE

Signori, «in poche parole se Brenton Terrant , il 28enne australiano che ha ucciso 49 persone, ferendone decine, ha fatto irruzioni in due moschee di Christchurch in Nuova Zelanda, la colpa è di Matteo Salvini e dei suoi discepoli, ossia di tutti quelli che in questi anni, in Italia o all’estero, hanno parlato di immigrazione, di invasione, di criminalità straniera e così via». È uno stralcio polemico dell’editoriale di Maurizio Belpietro su LaVerità, che parte da un assunto di cui non si accorge solo chi non vuol vedere o ascoltare. Dopo la strage in Nuova Zelanda la tesi non tanto paradossale indicata da Belpietro la si poteva trovare con disinvoltura su Repubblica, sul Gr1 Rai, ad Otto e mezzo su La 7 e su molti altri siti e talk show che, certo, senza fare nome e cognome del ministro dell’Interno, veicolavano l’idea che «chiunque dia spazio a tesi che non siano di accoglienza incondizionata, nei confronti degli extracomunitari sta dalla parte dell’assassino. Anzi: fomenta gli assassini -scrive Belpietro- perché ne agita le menti, dando loro copertura ideologica, motivazioni per agire e per sentirsi minacciati. In una parola: complici». Insomma, Nuova Zelanda chiama Roma, per la precisione il Viminale.

Quando a sparare sono gli islamici

Ma non è tanto Salvini il problema che Belpietro ha inteso focalizzare. Il titolo dell’editoriale – “L’Occidente condanna i propri bastardi, ma a parti rovesciate ha sempre balbettato”- vuole cogliere con coraggio una verità, anche questa sotto gli occhi di tutti quelli che con onestà intellettuale vadano a rileggersi le parole caute – a dire poco- con cui «di fronte ad altre stragi, quelle commesse in nome di Allah, spiegavano a più riprese che non si può fare di tutta un’erba un fascio e che è necessario fare distinzioni precise», scrive il direttore de LaVerità . Ecco, a parti invertite, quando a saltare in aria sono i nostri giovani occidentali a Parigi, Londra, Madrid, tra i mercatini di Natale a Strasburgo, o nelle cittadine tedesche, sul lungomare di Nizza, guai a parlare di terrorismo islamico, «associando una pur vaga motivazione religiosa agli omicidi».
«Si rischia di criminalizzare un’intera comunità di fedeli».

Prudenza verbale, due pesi e due misure

Ecco le distinzioni minute e caute che intervengono “a parti invertite”: quelli che oggi intendono dimostrare il teorema che sono Salvini e i suoi seguaci ad “armare la mano” al criminale delle due moschee neozelandesi, sono gli stessi «che invocavano prudenza e scongiuravano colleghi e politici , invitandoli a maneggiare con cura le parole.….al punto che per evitare confusione decisero di rimuoere dai loro articoli perfino l’associazione fra terroristi e islamici, preferendo il neologismo islamista». All’anima delle prudenza. Adesso, con il caso del terrorista australiano, la stessa cura filologica delle parole non conta più un fico secco e appioppare responsabilità “morali” a chi parla di immigrazione e criminalità è un’ equazione usata con disinvolta faziosità. Farlo «è una colpa», scrive Belpietro. «come se non esistessero allarmi e preoccupazioni e le carceri fossero piene di extracomunitari a causa dei discorsi di Salvini e non dei reati che questi detenuti hanno commesso». «Nessuno ha intenzione di minimizzare la strage di Christchurch – conclude – ma tentare di strumentalizzare cinicamente gli assassinii è un’altra cosa».


Lara Rastellino

Nel giorno dopo la strage, le urla, il fragore dei colpi, l’odore acre che mescola sangue e polvere da sparo, il terrore e la minaccia che incombe sono ancora nell’aria e deflagrano inquietantemente nelle zone delle due moschee di Christchurch ieri nel mirino dello spietato attacco suprematista di un commando in azione che sul terreno ha lasciato almeno 49 morti e 48 feriti. Un eccidio ripreso in diretta Facebook con le immagini che rimbalzano da un sito all’altro, da un social all’altro, mandando a loop le sequenze dell’orrore.

Strage alle due moschee in Nuova Zelanda, il killer entra in aula spavaldo e sorridente

Nel giorno dopo la strage nelle moschee della Nuova Zelanda,mentre si indaga ancora sul possibile ruolo di altre due sospetti, Brenton Tarrant, il 28enne australiano autore dell’attacco e arrestato 36 minuti dopo l’allarme lanciato alle forze dell’ordine, incriminato per omicidio plurimo, è apparso spavaldo in tribunale: abiti bianchi come la divisa dei detenuti locali prevede,manette ai polsi e a piedi nudi, l’uomo ha ostentato un sorriso beffardo e ha sogghignato quasi quando i flash dei reporter lo hanno folgorato mentre, affiancato da due agenti di polizia, fa il suo ingresso in aula. Eppure, secondo quanto riferito in queste ore tra gli altri dal New Zealand Herald, neppure i flash dei fotografi hanno indotto il killer ad abbassare lo sguardo; neppure la decisione comunicata in aula secondo cui Tarrant è stato rinviato in custodia cautelare, senza ricorrere all’Alta Corte di Christchurch, al 5 aprile, sembra avere minimamente turbato il killer australiano 28enne, anzi… Tanto che, come riferisce il sito dell‘Ansa rilanciando notizie che arrivano dagli antipodi, «dopo il suo ingresso in tribunale Brenton Tarrant, il 28enne australiano accusato dell’attacco nelle due moschee di Christchurch, ha fatto “ok” con la mano, un gesto utilizzato dai suprematisti bianchi e dai troll razzisti su internet». Intanto dopo le dichiarazioni della premier neozelandese Jacinda Ardern sull’intenzione di rivedere le disposizioni di legge vigenti sulle armi, il procuratore generale David Parker ha sgomberato il campo dagli equivoci e dai falsi scoop, ribadendo che «non è stata presa ancora nessuna decisione in merito al bando delle armi semi-automatiche».

Strage in Nuova Zelanda, 49 morti, 50 feriti: 39 gravi e 11 in terapia intensiva

Il resto sono i colpi di coda di un orrore che gronda sangue e che eleva all’ennesima potenza la portata di terrore e paura, odio e follia omicida: e allora, sempre dal sito dell’Ansa apprendiamo che «sono state identificate due delle 49 vittime dell’attentato: si tratta di Haji Daoud Nabi, un afghano emigrato nel Paese con i suoi due figli nel 1977, e Khaled Mustafa, un rifugiato siriano che invece era arrivato con la famiglia solo qualche mese fa». Non solo: sempre dalle autorità sanitarie di Christchurch si apprende che sette feriti sono stati dimessi dall’ospedale, altri 39 stanno ricevendo le cure necessarie per ferite da armi da fuoco e 11 sono ancora in terapia intensiva. E mentre in ospedale si lotta, sui luoghi della strage fiumi di persone in pellegrinaggio portano fiori, accendono candele, e centinaia di fedeli musulmani lasciano messaggi di dolore e solidarietà contro l’odio e il razzismo.



Tutte le vittime dell'Islam sanguinario
19 Luglio 2016

https://www.iltempo.it/esteri/2016/07/1 ... _Gp43uxqXU

Migliaia di vite spezzate. Spezzate da chi, dall’11 settembre 2001, ha dichiarato guerra, nel nome di Allah, all’Occidente. Sono 5.012, infatti, gli "infedeli" occidentali spazzati via dalla furia dei seguaci di Maometto. Da New York a Bruxelles, da Parigi a Nizza, da Madrid a Londra, non c’è luogo che non sia stato insanguinato. Gli 85 morti sulla Promenade des Anglais di Nizza sono solo gli ultimi di un drammatico elenco. Il primo luglio scorso un commando uccide 20 persone in un ristorante di Dacca, in Bangladesh. Fra loro 9 italiani, 7 giapponesi e 1 bengalese cittadino americano. Poche settimane prima, a Orlando, negli Stati Uniti, un islamista irrompe in un locale frequentato da omosessuali e ne ammazza 49, mentre a Parigi un islamista ammazza due poliziotti. A Bruxelles, nel marzo scorso, due kamikaze si fanno esplodere all’aeroporto e nella metropolitana provocando 35 morti. Negli stessi giorni in Costa D’Avorio dieci terroristi uccidono 16 innocenti in un hotel. Quattro erano europei. A febbraio a Istanbul, in Turchia, uno jihadista suicida ammazza 8 tedeschi. Morti a cui si allineano, drammaticamente, gli occidentali sgozzati dall’Isis (e più di 12mila vittime cadute per mano degli uomini di Al-Baghdadi nei paesi Arabi). Il 2 dicembre del 2015 lo Stato islamico fa strage in un centro disabili di San Bernardino, in California, e ammazza 14 persone. Il 13 novembre del 2015 è il giorno degli attentati al Bataclan e allo Stade de France: 130 morti. Il 16 luglio dello stesso anno un islamista ammazza 5 militari americani a Chattanooga, in Tennessee. Sono 38, invece, i morti causati, nel giugno del 2015, da un commando dell’Isis sulla spiaggia di Sousse, in Tunisia: 30 britannici, tre irlandesi, un portoghese, due tedeschi, un russo e un belga. Stesso mese, vicino Lione, un seguace dell’Isis decapita il datore di lavoro. Il 18 marzo scocca l’ora del Museo del Bardo: 24 morti, 21 i turisti. Tra il 7 e il 9 gennaio del 2015, infine, i seguaci di Allah eseguono la loro condanna a morte nella redazione di Charlie Hebdo e in un negozio ebraico. Le vittime sono 17. Il 18 novembre del 2014 tocca a 5 ebrei in preghiera in una sinagoga di Gerusalemme, mentre nell’aprile del 2013 la follia dei radicali islamici fa esplodere le loro bombe alla maratona di Boston. I morti sono tre. Poco meno di un anno prima a Tolosa, in Francia, Mohammed Merah ammazza sette persone, e il 5 novembre del 2009 un maggiore dell’esercito americano convertito uccide 13 commilitoni in Texas. Nel 2008 due turiste belghe vengono ammazzate nello Yemen orientale, e nel dicembre del 2007, al confine con il Senegal, sono quattro i turisti francesi massacrati da al Qaeda. Ad aprile del 2006 a Dahab, sul mar Rosso, ancora 23 occidentali uccisi, mentre il 7 luglio del 2005 è il giorno del massacro di Londra, con 52 morti. Negli stessi giorni a Sharm el Sheikh, in Egitto, una serie di attentati provoca 90 morti. Molti gli occidentali. Ed è l’8 ottobre del 2004 quando a Taba, in Egitto, una bomba fa crollare parte dell'Hotel Hilton. Fra le vittime turisti russi e israeliani. Nel settembre del 2004 il terrore islamista arriva a Beslan, in Ossezia: 334 vittime. L’11 marzo dello stesso anno le “bombe di Maometto” fanno strage alla stazione di Atocha, a Madrid: 192 morti. Un mese prima a Djerba, in Tunisia, perdono la vita 10 tedeschi, e lo stesso mese, ancora in Tunisia, un camion-bomba uccide 14 tedeschi e due francesi. Poi tocca a Mombasa, in Kenya, dove un kamikaze ammazza 18 turisti israeliani, e nell’ottobre del 2002 a Bali, in Indonesia. Le vittime sono 202, quasi tutti australiani, americani ed europei. Ed è l’11 settembre del 2001 quando, nell’attacco alle Torri Gemelle di Manhattan, periscono 2.974 innocenti.


Un partito nazi camuffato da religione
Clemente Salvatore
October 15, 2018

https://telegra.ph/Un-partito-politico- ... i8gq-UN3zM

Corano

3:85, Chi vuole una religione diversa dall'Islam, il suo culto non sarà accettato, e nell'altra vita sarà tra i perdenti.

4:24, Vi sono ancora illecite le donne coniugate, fatta eccezione per quelle cadute nelle vostre mani come schiave. Così vi prescrive Allah; a parte queste, vi è lecito procurarvi col vostro danaro, a fine matrimoniale, non fornicatorio, ogni altra donna.

4:100, Chi emigra per la causa di Allah trova sulla terra grande spazio pronto a ospitarlo e abbondanza; chi, uscito dal suo paese per emigrare alla volta di Allah e del suo Messaggero, è colto dalla morte, Allah, che è perdonatore e misericordioso, prende su di sé il compito di ricompensarlo.

9:33, È Lui [Allah] che ha mandato il suo Messaggero con la buona direzione e la vera religione, per farla trionfare, a dispetto degli associatori(*), su ogni altra religione.

24:30, Di’ ai credenti di abbassare lo sguardo e di sorvegliare i loro sensi. Ciò è più corretto da parte loro. E Allah sa ciò che essi fanno.

24:31, E alle credenti di’ di abbassare lo sguardo e di sorvegliare i loro sensi e di non mostrare i loro vezzi, eccetto quelli esterni, e di gettarsi i veli del capo sul seno e di non mostrare i loro vezzi se non ai loro mariti, padri, padri di mariti, figli, figli di mariti, fratelli e figli di fratelli o di sorelle, o alle loro donne, o ai loro maschi, o ai loro familiari uomini che non hanno più desiderio di donne o ai fanciulli che ancora non notano la nudità delle donne. Né agitino le gambe perché si conoscano i loro vezzi nascosti. E riconvertitevi tutti ad Allah, o credenti, se volete prosperare.

48:28, Egli è colui che ha mandato il suo Profeta con la buona direzione e la vera religione, per far trionfare questa sopra ogni religione. E come testimone basta Allah.

61:9, Egli è colui che ha inviato il suo Messaggero con la buona direzione e la vera religione, per farla prevalere su ogni forma di religione, a dispetto dei pagani.


Tratti da IL CORANO, ed. 1967, a cura e traduzione dall'arabo di Martino Mario Moreno



Questi versetti del Corano fanno capire, più di altri, come e quanto l'islam sia più un'ideologia politica che una vera e propria religione. Può essere considerato, per assurdo, il primo partito politico della storia. In quanto ideologia totalitaria, l'islam è molto simile al nazismo: il nazismo è stata un'ideologia razzista verso gli ebrei e nella sua follia ha cercato di annientarli come sappiamo dalla storia; l'islam si pone come unica vera religione, per cui è un'ideologia razzista verso tutti i non musulmani, chiamati infedeli, per cui ambisce a diventare la religione unica mondiale, secondo i dettami del Corano. È un partito il cui programma elettorale si può dire sia scritto tutto nel Corano e negli hadith (l'insieme degli hadith costituisce la Sunna), cioè i racconti di ciò che ha detto e fatto Maometto che può essere considerato il capo politico del partito. Nei versetti 3:85, 9:33, 48:28 e 61:9 si afferma che non è ammesso nessun altro culto all'infuori dell'islam, e quindi che tutti gli altri culti sono da intendere illeciti, falsi e spregevoli. Se fosse una vera religione di pace, le altre religioni non sarebbero trattate come illecite e superate, ma avrebbero pari dignità, ognuna nel suo proprio atto di fede. Mentre invece in ogni parte del mondo, con l'unica eccezione forse della Siria, quando vi è una presenza massiccia di musulmani devoti, gli adepti di altre religioni sono spesso bersaglio di maltrattamenti e atti di violenza, che a volte arrivano fino all'assassinio. I musulmani devoti così, quando vedono di essere una presenza massiccia, diventano attivisti di questo subdolo partito politico. Quando invece vedono di essere in minoranza si comportano come è più conveniente: cioè come persone mansuete, gentili e cordiali, ricorrendo al principio islamico noto con il termine taqiyya(**).

Nel versetto 4:24, attraverso l'obbligo del velo islamico (24:31), con l'autorevolezza di Allah, di cui Maometto è il messaggero, si permette la cattura di donne infedeli per abusarne sessualmente. E nell'islam per donna si intende da 9 anni in su: infatti Aisha, una delle mogli di Maometto e figlia dell'amico Abu Bakr, fu scelta all'età di 6 anni e presa in sposa a 9 anni (vedi hadith Sahih Muslim/Book-8/Hadith-3310). Da questa prospettiva l'obbligo del velo islamico assume una funzione morale autoreferenziale che giustifica lo stupro delle donne vestite all'occidentale, che non rispettando le norme coraniche possono diventare prede sessuali.

Nel versetto 4:100, infine, si incitano i musulmani devoti a emigrare in altre terre e fare proselitismo, in modo che il “partito” islamico acquisisca sempre più consenso fino a diventare un partito di governo, grazie soprattutto all'alta natalità degli islamici, fattore in linea con le norme della sharia, ad es. la poligamia, e grazie alle nostre leggi che con il generoso welfare permette a queste persone di moltiplicarsi a spese della comunità. Da questo contesto deriva naturalmente, con l'aiuto e il favore del pensiero unico politicamente corretto, l'islamizzazione in atto dell'Occidente (vedi Svezia, Belgio, Inghilterra, Francia, etc etc).

(*) Con il termine “associatori” si intende cristiani, in quanto si fa riferimento al Vangelo che associa la figura di Dio a un Profeta/Messaggero, cioè Gesù Cristo: ovvero la Trinità della dottrina cristiana (Padre/Figlio/Spirito Santo).

(**) La taqiyya indica, nella tradizione islamica, la possibilità di nascondere o addirittura rinnegare esteriormente la fede, di dissimulare l'adesione a un gruppo religioso, e di non praticare i riti obbligatori previsti dalla religione islamica per sfuggire a una persecuzione o a un pericolo grave e imminente contro sé stessi a causa della propria fede. Il fine consiste nel non destare sospetti, simulando un atteggiamento accondiscendente e non antagonista, all'interno di una comunità ostile verso il singolo credente o l'intera comunità. Il termine arabo è traducibile in italiano come paura, stare in guardia, circospezione, timore di Dio, santità, ambiguità o dissimulazione, menzogna.

Re: Suprematismo e identitarismo

MessaggioInviato: ven apr 12, 2019 6:59 am
da Berto
Svolta Facebook, al bando il suprematismo e il nazionalismo bianco
Saranno vietati tutti i post dai contenuti legati agli estremisti anche su Instagram. La svolta decisa dopo la strage nelle moschee in Nuova Zelanda
di JAIME D'ALESSANDRO
27 marzo 2019

https://www.repubblica.it/tecnologia/so ... -222647644

Svolta Facebook, al bando il suprematismo e il nazionalismo bianco
ROMA - Mark Zuckerberg comincia a fare sul serio dichiarando guerra al suprematismo bianco che ha animato, fra le altre cose, la strage della Nuova Zelanda compiuta da Brenton Tarrant. D’ora in avanti verranno espulsi da Facebook e Instragram tutti coloro che promuovono ideologie di quel genere.

“Le nostre politiche proibiscono da tempo i post che fomentano l’odio in base a razza, etnia o religione e questo ha sempre incluso anche il suprematismo bianco" si legge nel post pubblicato dal social network. Che poi aggiunge di aver allargato il bando anche al separatismo e nazionalismo bianco. "Inizialmente non abbiamo applicato la stessa logica al nazionalismo e al separatismo bianco perché li pensavamo legati a concetti più ampi di nazionalismo, cose come l'orgoglio americano e il separatismo basco, che sono una parte importante dell'identità dei popoli. Ma negli ultimi tre mesi il confronto con membri della società civile e accademici in tutto il mondo, hanno confermato che il nazionalismo e il separatismo bianco non possono essere considerati fenomeni a parte rispetto alla supremazia bianca e ai gruppi fomentatori di odio".

Come sempre non viene detto chi siano i membri della società civile e gli accademici con i quali Facebook si sta confrontando per mettere a punto le sue politiche. Ad ogni modo il risultato è ora una lotta a 360 gradi nei confronti di queste espressioni razziste. Il social network garantisce che le persone avranno comunque la possibilità di "dimostrare l'orgoglio nel loro retaggio etnico", ma non saranno tollererete l'apologia del suprematismo e separatismo bianco.


Gino Quarelo
E l'apologia del suprematismo nero in Africa e del nazismomaomettano in tutto il mondo?