Il Governo dei giudici
Mauro Anetrini
2019/06/06
http://www.opinione.it/editoriali/2019/ ... dipendenza
Metti che, in Italia, ci siano 8mila magistrati circa. A fronte dei pochi indagati, la maggior parte dei loro colleghi lavora in silenzio, lontano dai clamori e dai giochi di potere.
Quei “pochi”, tuttavia, al netto delle responsabilità individuali (o di gruppo, per dirla chiaramente), hanno creato una rete di controllo intollerabile in un Paese democratico. Hanno fatto esattamente ciò che, nei convegni pubblici, contestano al mondo politico, diventando essi stessi centro di un potere occulto, sottratto ad ogni controllo e, anzi, capace di condizionare o sostituirsi alla politica.
Quando parlavamo di governo dei Giudici, ci riferivamo proprio a questo: ad un sistema e non sporadici episodi. Avanti così non si può andare. Non è possibile che qualcuno possa pensare di controllare il Paese attraverso le nomine dei Procuratori di Roma, Milano e di coloro che, in forza delle regole sulla competenza, vigilano sul loro operato.
Qualche cosa bisognerà pur fare, estendendo l’intervento ben oltre (e addirittura indipendentemente da) la separazione delle carriere. Però, non dobbiamo neppure dimenticare gli “altri”, quelli che lavorano in silenzio, il cui operato rischia di essere delegittimato senza motivo.
Invertiamo la prospettiva: se davvero vogliamo cambiare le cose, pensiamo ai “buoni”, proteggiamo loro (e noi stessi) e scriviamo regole che impediscano loro di cedere alle tentazioni. Equilibrio e moderazione, non vendetta.
Dopo lo scandalo, molti magistrati hanno inteso ribadire la loro incondizionata adesione al principio secondo il quale il Giudice deve essere indipendente, sottolineando la connotazione morale del concetto di indipendenza. Giusto, giustissimo, anzi: sacrosanto.
Ma qui non è in discussione l’indipendenza della magistratura. Qui parliamo di un sistema di potere che ha piegato leggi ed istituzioni ad interessi inconfessabili, facendosi scudo anche o soprattutto con l’indipendenza. Strano, vero? Quelli che dovrebbero essere impermeabili agli altri poteri, scelgono di usarli, intimidirli, condizionarli e di costruirci la carriera e le fortune personali. Ad occhio, direi che l’indipendenza non c’entra affatto. Mercanteggiare cariche in nome dell’indipendenza non mi sembra una bella cosa.
Mettiamola così: facciamo due o tre ritocchini alle leggi vigenti e allarghiamo un po’ lo spettro dei controlli sull’operato extragiudiziario dei magistrati. L’obbligo di rendiconto sulle amicizie e sui regali ricevuti non mina la vostra indipendenza. In compenso, mette tranquilli noi, che (pensate un po’) siamo costretti dalla legge a fidarci di voi.
La riforma della giustizia imposta dai fatti
Arturo Diaconale
2019/06/06
http://www.opinione.it/editoriali/2019/ ... ia-procure
C’è molta schizofrenia in quanti s’indignano per le cene in cui i rappresentanti delle correnti della magistratura s’incontrano per tessere trame (che essendo notturne sono ovviamente oscure) sulle nomine dei capi delle Procure. E contemporaneamente si ergono a difesa dell’indipendenza della magistratura quando Matteo Salvini denuncia il fenomeno di giudici che manifestano pubblicamente il loro sostegno all’accoglienza indiscriminata ed emettono sentenze ispirate rigorosamente alle proprie convinzioni politiche.
L’indipendenza della magistratura dovrebbe valere in entrambi i casi. Non solo in quello in cui i giudici interpretano la legge sulla base delle proprie convinzioni politiche, ma anche in quello in cui si riuniscono in cene aperte anche ad esponenti di un partito per trovare intese sulle nomine dei procuratori. Invece in questo momento le trame sono oscure e fanno scattare sdegno, condanna ed esecrazione mentre la denuncia di un comportamento politico nell’uso della giustizia suscita furibonde levate di scudi in difesa del diritto inalienabile del magistrato a nutrire e manifestare le proprie opinioni politiche.
La spiegazione di tanta bizzarra schizofrenia non è il doppiopesismo morale ma il diverso interesse politico. Dipingere gli artefici delle trame oscure come una banda di toghe degenerate da espellere dalla magistratura è il modo migliore per favorire un ricambio nel Csm che veda la prevalenza di quelle correnti di sinistra estrema su quelle più moderate uscite vincitrici alle ultime elezioni interne alla categoria. Al tempo stesso, difendere le toghe che applicano la legge sulla base delle proprie convinzioni ideologiche è uno dei tanti modi per creare problemi al ministro dell’Interno, Matteo Salvini. A cui non si perdona di aver vinto le elezioni europee e di essere diventato l’avversario principale di quella parte della sinistra che da sempre nasconde dietro il diritto del magistrato-cittadino a manifestare le proprie opinioni la tentazione e la pratica ad usare la giustizia come strumento di battaglia politica.
A fare danni ed a provocare una ennesima ondata di sfiducia dei cittadini nei confronti dell’intero sistema della giustizia, però, sono sia le cene dei congiurati correntizi che le sentenze ispirate alle convinzioni politiche ed ideologiche. E per eliminare questa sfiducia c’è un solo modo: riformare alle radici il sistema che consente la degenerazione delle correnti e l’interpretazione politica della legge!