Israele non ha rubato e occupato alcuna terra altrui

Re: Israele non ha rubato e occupato alcuna terra altrui

Messaggioda Berto » mar giu 23, 2020 9:42 pm

100 deputati M5s firmano contro annessione Cisgiordania
22-06-2020

https://www.shalom.it/blog/news-in-ital ... ia-b892471

“Lo abbiamo detto e ribadito più volte: il piano di annessioni di parte della Cisgiordania e della Valle del Giordano che il governo Netanyahu vuole portare avanti è un attacco alle prospettive fondate sulla soluzione a due Stati ed a una volontà di trovare finalmente pace a lungo termine, in queste terre già da troppo tempo martoriate. Per questo lo scorso 12 giugno la nostra Yana Ehm ha depositato una risoluzione parlamentare - che è stata sottoscritta alla fine da 100 deputati del MoVimento e da un esponente di Leu - sperando che venga firmata e sostenuta anche dai colleghi degli altri partiti, in primis Partito Democratico e Italia Viva. L'auspicio è che la maggioranza parlamentare si muova compatta su un tema così delicato ed importante". Lo dichiarano in una nota congiunta i deputati e le deputate del MoVimento 5 Stelle in commissione Esteri. "Tanto ne ha discusso l'opinione pubblica e tanto si è mosso in queste settimane, dopo che molti leader di Stato, l'Unione Europea, alcuni Paesi del Golfo e le stesse Nazioni Unite hanno espresso contrarietà a un piano che potrà solo destabilizzare quell'area. Il Belgio ha approvato una risoluzione simile, che prevede addirittura contro misure se l'annessione avvenisse davvero", aggiungono i deputati. "Intanto ringraziamo il presidente Conte che ha inviato una lettera al presidente israelianoBenjamin Netanyahu chiedendogli di mantenere la formula, per noi risolutiva del conflitto, del '2 popoli 2 Stati'. La volontà di Israele di annettere i territori della Cisgiordania va assolutamente scongiurata, per il bene di entrambi: Israele e Palestina. E non abbiamo molto tempo", conclude la nota. (Ant/Adnkronos)
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Re: Israele non ha rubato e occupato alcuna terra altrui

Messaggioda Berto » mar giu 30, 2020 9:15 pm

“Mi auguro che troveremo un compromesso di pace nonostante i vostri sforzi, certo non grazie ad essi”
Nel suo discorso di commiato, l’ambasciatrice israeliana a Ginevra abbandona il linguaggio diplomatico e accusa il Consiglio Onu per i diritti umani di praticare una forma di ”antisemitismo istituzionalizzato”
Di Ariel Kahana
(Da: Israel HaYom, 21.6.20)

https://www.israele.net/mi-auguro-che-t ... ie-ad-essi

Aviva Raz Shechter, ambasciatrice israeliana presso la sede di Ginevra delle Nazioni Unite, nel suo discorso di commiato per fine incarico ha pronunciato domenica un’energica reprimenda davanti al Consiglio Onu per i diritti umani.

In un intervento caratterizzato da inconsueta franchezza, Shechter ha accusato il Consiglio di prendere di mira Israele in modo ingiusto e fazioso e di promuovere una forma di “antisemitismo istituzionalizzato” mediante il famigerato punto 7 del suo ordine del giorno.

Il punto 7 è l’unico punto permanente nell’ordine del giorno del Consiglio Onu per i diritti umani relativo a un singolo paese: esso prende di mira Israele e solo Israele. In pratica, il punto 7 obbliga il Consiglio Onu per i diritti umani a discutere presunte violazioni israeliane in ogni sua riunione, predisponendo una piattaforma per colpire sistematicamente lo stato ebraico come non accade con nessun altro paese al mondo. Nel suo discorso di fronte al Consiglio Onu per i diritti umani, Aviva Raz Shechter ha definito il punto 7 “nient’altro che un meccanismo di discriminazione sistematica contro Israele e gli israeliani, profondamente radicato nella cultura di questo Consiglio e di alcuni dei suoi stati membri”.

Accusando il Consiglio Onu per i diritti umani di promuovere e fomentare l’intransigenza palestinese verso qualsiasi piano di pace, passato o futuro, Aviva Raz Shechter ha voluto ricordare un importante fatto storico e la realtà che ne consegue: “Oggi, nel momento in cui sto terminando il mio mandato in questo Consiglio – ha detto l’ambasciatrice d’Israele – permettetemi di ricordare che nel novembre 1947 proprio le Nazioni Unite raccomandarono la creazione di due stati: quella risoluzione delle Nazioni Unite venne accettata dalla parte ebraica e respinta dalla parte araba. Lo sforzo arabo di negare e distruggere lo stato ebraico iniziò immediatamente, e per alcuni non è mai cessato. Il fatto, come si è visto più e più volte nel Consiglio per i diritti umani e in tutto il sistema delle Nazioni Unite, è che la dirigenza palestinese e i suoi rappresentanti preferiscono fare le vittime che cercare la pace, preferiscono le acrobazie propagandistiche rispetto alla verità, preferiscono distribuire colpe a tutti anziché assumersi la responsabilità per ciò che è avvenuto e per ciò che potrebbe avvenire”.

Shechter ha concluso il suo intervento con un messaggio di speranza e una frecciata finale. “Mi auguro e prego – ha detto – che potremo trovare un compromesso sostenibile e che potremo così godere in futuro di giorni migliori, al nostro interno e in tutta la nostra regione, nonostante i vostri sforzi, certo non grazie ad essi”.



"I CONTINUI NO DEI PALESTINESI A ISRAELE NON RISOLVERANNO IL PROBLEMA"

Il mondo deve dire ai palestinesi che il loro continuo rifiuto di qualsiasi soluzione realistica del conflitto con Israele non farà avanzare i loro interessi. Lo ha detto mercoledì scorso l’ambasciatore d’Israele all’Onu Danny Danon - דני דנון durante una riunione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Danon ha seccamente respinto l’idea secondo cui le mosse di Israele avrebbero posto fine ai negoziati di pace e ha ribadito che sono i palestinesi quelli che hanno ripetutamente respinto i colloqui. “La realtà è che Israele vuole pace e sicurezza – ha detto Danon – Purtroppo i palestinesi hanno più e più volte optato per il rifiuto di qualsiasi soluzione realistica”.

La riunione del Consiglio di Sicurezza, a cui hanno partecipato anche rappresentanti della Lega Araba e dell’Autorità Palestinese, si è concentrata sull’eventualità che Israele applichi la sua sovranità a porzioni della Cisgiordania, in accordo con quanto previsto dal piano di pace dell’amministrazione degli Stati Uniti (che prevede anche la creazione di uno stato palestinese, a determinate condizioni). Danon ha definito il piano una “significativa opportunità per la regione” che Israele perseguirà “in modo responsabile e in piena cooperazione con gli Stati Uniti, preservando gli accordi di pace [con Giordania ed Egitto] e gli interessi strategici di Israele”.

“Ci aspettiamo che la comunità internazionale chiarisca ai palestinesi che il loro rifiuto di impegnarsi non promuoverà in alcun modo i loro interessi” ha aggiunto Danon, che ha poi accusato la comunità internazionale di sostenere la “falsa narrativa” propagandata dai palestinesi che mira a cancellare ogni legame storico tra il popolo ebraico e la Terra d’Israele e a dipingere gli ebrei come invasori colonialisti. Ciò che ostacola la pace, ha concluso Danon, non è la discussione su quando e dove estendere la legge israeliana: “Ciò che ostacola la pace è il rifiuto dei palestinesi e l’incoraggiamento che ottengono da alcuni soggetti nella comunità internazionale: è ora che la comunità internazionale scelga il realismo anziché il rifiuto”.


Per l’Autorità Palestinese, gli ebrei sono “conquistatori stranieri da sconfiggere”
Un video musicale della tv di Abu Mazen ripropone le menzogne tipiche della fittizia storiografia della propaganda palestinese
(Da: Jerusalem Post, israele.net, 15-22.6.20)

https://www.israele.net/per-lautorita-p ... configgere

In un video musicale che dal 2012 è stato trasmesso centinaia di volte sulla tv ufficiale dell’Autorità Palestinese (l’ultima volta lo scorso 6 giugno) e sulla tv di Fatah Awdah, si vede una donna palestinese costretta a fuggire da tutta una serie di aggressive figure maschili che rappresentano varie forme di dominio straniero, fino alla salvezza finale.

La donna, che rappresenta una immaginaria ed eterna “Palestina araba e islamica” – come chiarisce l’immagine iniziale della Cupola delle Roccia – corre per mettersi in salvo prima da un centurione romano, poi da un cavaliere crociato, quindi da un ufficiale del Mandato britannico e infine da un ebreo sionista che le getta addosso con disprezzo una sigaretta accesa. Alla fine del video (che curiosamente glissa su 400 anni di dominio islamico turco-ottomano), la donna viene tratta in salvo da una figura maschile a cavallo che – spiega Palestinian Media Watch in un comunicato-stampa – intende rappresentare l’imminente salvatore musulmano che libererà la Palestina dal dominio straniero, compreso quello ebraico-israeliano.

Il video rappresenta un ennesimo esempio della riscrittura e del travisamento della storia che caratterizza l’indottrinamento palestinese. E’ appena il caso di ricordare che, quando l’Impero romano sottometteva il regno ebraico in Terra di Israele e schiacciava le successive rivolte ebraiche (scrivendo sulle sue monete “Judaea capta”), non c’era nel paese nessun arabo musulmano. Ed è appena il caso di ricordare che l’islam non esisteva nemmeno ai tempi dell’Impero romano, e che furono gli invasori arabi del VII secolo e.v. a portare la loro nuova fede in questa regione.

Soprattutto, il video è l’ennesima dimostrazione della visione palestinese del popolo ebraico come di un soggetto estraneo alla regione al pari degli invasori romani o britannici che un tempo l’hanno governata, ignorando e cancellando completamente la storia plurisecolare e il patrimonio ebraici in terra d’Israele.

Questo travisamento della storia è perfettamente coerente con un’altra tipica menzogna della propaganda palestinese (non solo anti-ebraica, ma anche anti-cristiana): quella che descrive Gesù di Nazareth come un palestinese (arabo-musulmano).

Va anche ricordato il continuo riferimento, nella propaganda palestinese come in questo video, al trionfo delle forze del Saladino sui crociati, che portò al crollo del Regno cristiano. Un riferimento che viene esplicitamente usato, nell’indottrinamento anti-israeliano, per sostenere che anche l’impresa sionista, paragonata a quella dei crociati, è destinata prima o poi a soccombere e scomparire grazie all’ostinazione e all’intransigenza degli arabi-musulmani. Si noti che il Saladino, sultano d’Egitto Siria e Hijaz, non usò la sua vittoria per creare un’entità indipendente araba-palestinese, che non è mai esistita né allora né dopo.
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Re: Israele non ha rubato e occupato alcuna terra altrui

Messaggioda Berto » mar giu 30, 2020 9:16 pm

Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 30/06/2020, a pag. 25, con il titolo "La Cisgiordania e l'illusione dell occupazione illuminata", la risposta di Corrado Augias a un lettore.
Informazione Corretta

http://www.informazionecorretta.com/mai ... 0&id=78709

Corrado Augias si dice d'accordo con il lettore, che demonizza Israele scrivendo di coloni, occupazione, inadempienza di risoluzioni internazionali che sono in realtà - ma questo viene omesso - armi nella lotta di delegittimazione dello Stato ebraico da parte araba. Augias, come se non bastasse, aggiunge anche del suo citando dal saggio di Ahron Bregman "La vittoria maledetta", non un libro di storia ma un pamphlet politico tutto contro Israele dal titolo fino all'ultimo capoverso.

Nel 1967 - anche questo viene "dimenticato" da Augias - Israele correva reale pericolo esistenziale, quando gli eserciti arabi (a partire da quello egiziano, che disponeva di numerosi effettivi e di armi di fabbricazione sovietica) fecero atti ostili equivalenti a una dichiarazione di guerra. Israele rispose in modo fulmineo e vinse. Fu questa vittoria non "maledetta", ma una tappa indispensabile sia verso la sicurezza di Israele, sia verso un accordo di pace con l'Egitto, tra tutti i Paesi arabi vicini il più potente e temibile.

Ecco lettera e risposta:

Caro dottor Augias, lo Stato d'Israele sta per compiere un 'operazione in conflitto, con due risoluzioni Onu e il diritto internazionale. Le risoluzioni gli imponevano di ritirarsi dai territori palestinesi occupati nel '67; il diritto internazionale vieta di annettere un territorio occupato militarmente. Il governo israeliano sta per annettere gran parte del territorio della Cisgiordania, dove si sono insediati quasi 700 mila coloni. Nel silenzio della comunità mondiale, a cominciare dall'Ue. L'altro tema riguarda una diversa linea politica che alcuni lettori credono di vedere nel giornale dopo l'avvento del dottor Molinari In un'intervista a Rai3 questi ha affermato che la distinzione destra-sinistra apparterrebbe al secolo scorso mentre ora il confronto è tra innovazione e conservazione. Non crede che sia un grave scostamento dalla linea del giornale dalla sua fondazione? La cultura politica di Repubblica come lei stesso ha scritto, nasce dal liberal-socialismo dei fratelli Rosselli, da Gobetti, sfiora Gramsci. Che fine ha fatto?

Salvatore Tassinari, Firenze


Sul primo punto sono d'accordo con il signor Tassinari: il governo Netanyahu recentemente riconfermato — anche se in alternanza coni Blu e Bianco (colori della bandiera d'Israele) di Benny Gantz e Yair Lapid — ha impresso una linea aggressiva alla politica israeliana rafforzatasi dopo l'appoggio ricevuto dal presidente americano Trump.
Vedremo cosa succederà quando il ruolo di primo ministro passerà dal primo al secondo. Non credo che ci saranno grandi novità, la situazione nei territori della Cisgiordania è così compromessa e intricata che pensare di tracciarvi una linea di confine, in obbedienza al principio "due popoli due Stati", sia ormai quasi impossibile. Così crede anche il grande scrittore israeliano Abraham Yehoshua che non molto tempo fa ha definito quel progetto ormai irrealizzabile. Un recente saggio di Ahron Bregman spiega bene in che modo questo perverso meccanismo s'è attuato. L'idea iniziale era che quelle terre sarebbero state tenute fino a quando gli arabi non avessero riconosciuto il diritto d'Israele a esistere in pace. La si definì una "occupazione illuminata". In realtà un'occupazione di quel tipo non esiste; scrive Bregman: "I rapporti tra occupante e occupato sono sempre basati su paura e violenza". Per molti amici di Israele e fervidi sionisti, compreso chi scrive, la vittoria del '67 è stata un momento di autentica gioia. La foto dei parà israeliani guidati da Moshe Dayan che arrivano al Muro del Pianto rappresentò l'apice del coinvolgimento emotivo. Alla prova dei fatti, si è dovuta cambiare opinione. Non a caso Bregman titola il suo saggio La vittoria maledetta. Un giudizio che condivido. Come ha detto David Grossman: «Una società ubriaca di potere diventa aggressiva, all'esterno ma anche all'interno». Non è rimasto molto per la seconda questione della lettera. Non credo che la linea enunciata da Molinari tradisca la linea del giornale se si integra la contrapposizione "innovazione/ conservazione" con l'altra sulla quale Repubblica è molto attenta: "Uguaglianza/diseguaglianza". Su queste due coppie di opposti si misura oggi la capacità d'una sinistra liberal-socialista di leggere il mondo.
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Re: Israele non ha rubato e occupato alcuna terra altrui

Messaggioda Berto » gio lug 02, 2020 1:27 am

PALESTINESI E TERRORISMO: UN APPELLO CHE DOVREBBERO LEGGERE IN TANTI ( ANPI Roma E Associazione Nazionale Partigiani d'Italia - ANPI SU TUTTI)
28 giugno 2020

https://www.facebook.com/ProgettoDreyfu ... 1829708158

«ll 98% dei residenti in Cisgiordania attende con impazienza la caduta dell’Autorità Palestinese. Tutti desiderano sbarazzarsi del regime corrotto gestito dal dittatore Mahmoud Abbas (Abu Mazen) e dalle organizzazioni terroristiche che hanno distrutto il nostro presente e minacciano di distruggere il futuro dei nostri figli. Non vogliamo uno stato palestinese che ci procuri morte e distruzione. Non vogliamo un paese i cui leader rubano i nostri soldi e trasferiscono i fondi sui conti bancari delle società intestate ai loro figli. L’idea di due stati per due popoli è un’idea nata morta perché non si costruiscono paesi con la corruzione e il terrorismo. La corruzione e il terrorismo distruggono i paesi, e distruggono ogni speranza per il tipo di futuro che dovrebbero avere in sorte i nostri figli e i loro figli.

Inoltre, noi in Cisgiordania proclamiamo la nostra completa separazione dalla striscia di Gaza e dichiariamo che Gaza è un territorio ribelle e che il destino dei suoi residenti è controllato da una mafia terroristica. I leader popolari e la futura amministrazione locale in Cisgiordania non avranno nulla a che fare con Gaza e non collegheremo il destino della nostra gente con una banda di terroristi pagati e gestiti da Qatar, Turchia e Iran.

La grande maggioranza della nostra gente in Cisgiordania è unita e determinata nel chiamare i membri corrotti dell’Autorità Palestinese a rispondere delle loro attività criminali. Non permetteremo ai criminali di continuare a detenere il potere su di noi. Non permetteremo a questo 2% di monopolizzare la volontà del 98%. L’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (Olp), l’Autorità Palestinese e le organizzazioni terroristiche non sono rappresentative del nostro popolo. Non sono i nostri portavoce. Sono una accolita di falliti “mercanti di morte” e il nostro popolo desidera salvarsi da loro per incamminarsi sulla via della pace, della sicurezza, della stabilità e della convivenza.

Vogliamo vivere con gli israeliani nelle stesse città e negli stessi quartieri. Vogliamo lavorare con gli israeliani nelle stesse fabbriche e negli stessi campi. Vogliamo che i nostri figli studino con gli israeliani nelle stesse scuole e università. Ci rifiutiamo di mandare i nostri figli a combattere i figli degli israeliani, ci rifiutiamo di continuare a farli uccidere a vicenda e a distruggersi l’un l’altro il futuro.

Sicurezza e stabilità sono il terreno fertile per la coesistenza e la pace. La pace non sarà raggiunta con il terrorismo e le uccisioni. La pace non sarà raggiunta da leader corrotti. La pace si sviluppa attraverso le interazioni tra le persone, il loro desiderio di crescita, sviluppo, progresso.

Il nostro popolo palestinese in Cisgiordania pubblica questa dichiarazione nella speranza di aprire un nuovo corso e di proteggere il nostro futuro da leader corrotti e terroristi. Possa il mondo ascoltarci e aiutarci a garantire un futuro libero da uccisioni e spargimenti di sangue.

Firmato: Mohammad Arif Masad, Organizzazione dei lavoratori palestinesi,
Burqin, Jenin, Cisgiordania e Haifa, 28 giugno 2020.»
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Messaggioda Berto » gio lug 02, 2020 1:28 am

Oggi primo luglio 2020, la Giudea e la Samaria, terre ebraiche da migliaia di anni, ritornano alla piena sovranità degli ebrei e di Israele il loro paese e Stato
https://www.facebook.com/photo.php?fbid ... =3&theater

QUE SERA SERA
Niram Ferretti
1 luglio 2020
https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

Il primo luglio, cioè oggi, avrebbe dovuto essere la data fatidica dell'annuncio dell'estensione di sovranità israeliana su una parte dei territori della Cisgiordania (Giudea e Samaria), quelli che la propaganda ben oleata definisce "territori palestinesi occupati", (ovviamente, non sono palestinesi e non sono occupati). Quella che viene definita sempre dalla solerte macchina della disinformatia, "annessione", come quando la Germania si annesse la Polonia.
Avrebbe dovuto, ma non sarà. Mentre si allarga il coro dei dissensi e le Cancellerie, soprattutto europee, alzano la voce contro una decisione che sarebbe illegale per il diritto internazionale (assolutamente falso, non esiste alcun testo giuridicamente vincolante che assegna agli arabi i territori cisgiordani), nulla si muove.
Cosa è accaduto? Niente di particolare se non che il ruggito da leone Netanyahu in campagna elettorale sembra assomigliare sempre più allo squittiio di un topolino.
Le voci si rincorrono. Si procederà con una porzione di territorio, una porzioncina, altro che 30%, poi, forse, con un'altra porzione, si vedrà.
Vedremo...
Da Washington non è arrivato semaforo verde, e Donald Trump è, al momento, afono sull'argomento. In attesa di sentire la sua voce, possiamo dire con una ragionevole certezza che ci sono un po' di impacci, e che quella che sembrava essere, a seguito delle dichiarazioni tonitruanti del premier israeliano, una autostrada da percorrere a velocità sostenuta, risulta essere invece un percorso sul quale è collocato bene in vista il cartello con scritto, LAVORI IN CORSO.
Quando terimineranno (se termineranno o verranno bruscamente interrotti, nessuno lo sa dire).


Alfredo Totila
Forse aspettano la rielezione di Trump per poter avere poi tutto il tempo necessario al consolidamento dell'evento epocale con i possibili interventi politico-militari.


Israele, slitta l'annessione degli insediamenti della Cisgiordania
La delegazione americana torna negli Stati Uniti. Il ministro degli Esteri Ashkenazi: "Il piano di Trump è la cosa giusta da fare". A Gaza è stata indetta una "giornata della collera" mentre l'Autorità palestinese gioca la carta diplomatica
di SHARON NIZZA
01 luglio 2020

https://www.repubblica.it/esteri/2020/0 ... 260630011/


Gerusalemme – L'ora X è arrivata. Il primo luglio è la data indicata nell'accordo Netanyahu-Gantz per portare al voto dell'esecutivo o del Parlamento una proposta che permetta di estendere la legge israeliana in alcune aree, ancora non definite, della Cisgiordania.

Nei giorni scorsi Netanyahu aveva sminuito il ruolo di Blu e Bianco – il partito di Gantz – nella partita dell'annessione. E invece si può dedurre che il freno alla mossa sia proprio frutto delle consultazioni che gli alleati di governo hanno avuto con gli americani nelle ultime settimane.

A Blu e Bianco, proprio in vista dell'attesa data, hanno interrotto un lungo silenzio stampa: questa mattina il ministro degli Esteri Gabi Ashkenazi in un'intervista ha affermato che "il Piano di Trump, nella sua interezza, è la cosa giusta da fare. È un percorso lungo che va portato avanti attraverso il dialogo con i nostri vicini, senza minare la stabilità regionale e gli accordi esistenti". E ha dato seguito alle dichiarazioni di Gantz di ieri per cui "l'1 luglio non è una data sacra, ora il Paese deve pensare alla crisi economica".

O all'apertura dei cieli, con l'Unione Europea che per adesso non ha inserito Israele nella lista dei "Paesi verdi" – un punto dolente perché la politica dell'aumento dei test adottata dal nuovo ministro della Sanità Yuli Edelstein sta rischiando di penalizzare il Paese a livello internazionale (è vero che il numero dei contagi si aggira ogni giorno intorno ai 400 a fronte di un raddoppiato numero di test, ma gli intubati sono stabili da due mesi, sempre intorno ai 25).

L'ultimo riferimento di Netanyahu alla spinosa questione risale a un brevissimo passaggio della conferenza stampa di ieri al termine dell'incontro con ben due inviati speciali di Trump, Brian Hook, inviato per l'Iran e Avi Berkowitz, per i negoziati internazionali: "Con Brian Hook ho discusso della nostra costante attività contro la minaccia iraniana. Con Avi Berkowitz della questione della sovranità, su cui stiamo attualmente lavorando e su cui continueremo a lavorare nei prossimi giorni".

Quindi il tutto è rimandato a un vago "i prossimi giorni". La delegazione americana è tornata negli Stati Uniti senza risultati: nessuna comunione di intenti tra Nentanyahu e Gantz, con il primo che vorrebbe sfruttare l'occasione storica fornita da una Casa Bianca amichevole e portare avanti anche solo una ridotta annessione unilaterale, e il secondo che invece spinge per includere qualsiasi azione nel più ampio contesto di trattative, come previsto dal "Piano del secolo" di Trump.

Il Presidente stesso non ha ancora deciso quanto una mossa sullo scacchiere mediorientale potrebbero giovargli o danneggiarlo, nel momento in cui i sondaggi lo danno sotto Biden di ben 12-14 punti.

Nonostante sia oramai chiaro che oggi non accadrà nulla, a Gaza è stata convocata comunque una giornata della collera e l'esercito è in allerta. Anche a Ramallah potrebbero svolgersi dei raduni, ma l'Autorità nazionale palestinese è concentrata soprattutto sulla partita della diplomazia, incassando preventivi appoggi internazionali, ai quali si aggiunge stamane anche quello del premier Boris Johnson, che in un editoriale pubblicato sul quotidiano israeliano Yediot Ahronot ha affermato la sua opposizione a qualsiasi annessione.

Inoltre, nelle scorse settimane l'Anp ha presentato, sollecitata da alcuni stati europei, una controproposta al Quartetto per il medioriente. La proposta non è innovativa, ripresenta gli stessi principi già annunciati dall'Olp nel lontano 1988 e mai mutati.

Netanyahu domenica invece aveva invitato "i palestinesi a sedersi e negoziare in buona fede un compromesso storico che possa portare la pace. Israele è pronto a negoziare". E ha aggiunto che il piano "Pace per prosperità" presentato dal Presidente Trump a gennaio "mette fine all'illusione dei due stati, parlando invece di una realistica soluzione a due stati”. Un gioco di parole che non nasconde che il divario tra i due potenziali interlocutori è ancora tutto da colmare, ma che ribadisce il principio dei due stati, da delineare intorno al tavolo delle trattative. Rimane solo da capire chi riuscità a far sedere i due a quel tavolo.


Massimo Ankor
È una scelta politica, a prescindere che sia giusta o sbagliata, fortemente impopolare e che metterebbe a rischio ulteriore Israele.
I propal e chi odia Israele non vede l’ora di trovare un pretesto per dare fiato alla retorica anti sionista.
Temo che i tempi non siano ancora maturi e sia necessaria una decisione netta della controparte che al momento non ha nessuna maturità al dialogo per trovare un accordo.


Alfredo Totila
Forse aspettano la rielezione di Trump per poter avere poi tutto il tempo necessario al consolidamento dell'evento epocale con i possibili interventi politico-militari.


Stefano Cattaneo
Esatto: Non ci si può muovere avventatamente andando contro tutti.
Un gravissimo errore è già stato fatto quando si è accettato il termine palestinesi. Non è il caso di farne altri.


Niram Ferretti
In realtà Massimo la scelta non metterebbe assolutamente a rischio Israele. A rischio di cosa? Quando venne dichiarata Gerusalemme capitale si sarebbero dovute aprire le porte dell'inferno. Il problema non è questo, il problema è che a Washington le idee non sono ancora chiare. Israele non può cedere ai ricatti della UE, alle minacce di ritorsioni. Ha pieno diritto di estendere la propria sovranità su dei territori sui quali, dal punto di vista guridico può vantare rivendicazioni legali fortissime. Gli errori, in questo caso, non c'entrano nulla.


Massimo Ankor
Niram quello che scrivi è corretto e lo controfirmo ma il problema è che la così definita “annessione” (anche se sappiamo che non è propriamente un’annessione) è la classica profezia che si autoadempie come si definisce in sociologia. In pratica viene …Altro...

Alfredo Totila
Le cose si sono fatte più complicate anche per il covid19 in caso di guerra o di forti e duraturi attacchi in Israele. Poi vi sono le tensioni internazionali aggravate dalla crisi da pandemia e le difficoltà interne agli USA per Trump. Non è certo il momento migliore che nessuno poteva prevedere quando era stata programmata la cosa.
Con la pandemia in corso è impensabile programmare iniziative che possono comportare la mobilitazione massiccia dell'esercito, della marina e dell'aviazione.


Niram Ferretti
Massimo è dal 1967 che ogni pretesto è buono per attaccare Israele. Cosa bisogna fare, non offrire pretesti? Netanyahu non si muove finchè Trump non gli da semaforo verde e ad oggi, cosa abbia in mente Trump sulla questione non è ancora chiaro.
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Re: Israele non ha rubato e occupato alcuna terra altrui

Messaggioda Berto » gio lug 02, 2020 7:09 am

La falsità antigiudaica del clero cattolico romano

MONDO La crisi Medio Oriente, Parolin incontra ambasciatori Usa e Israele: "No ad azioni unilaterali" Tweet
Il segretario di Stato Parolin (Ansa) 01 luglio 2020

https://www.rainews.it/dl/rainews/artic ... refresh_ce

Il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato Vaticano, ha incontrato gli ambasciatori degli Stati Uniti d'America e dello Stato di Israele "per esprimere la preoccupazione della Santa Sede circa possibili azioni unilaterali che potrebbero mettere ulteriormente a rischio la ricerca della pace fra Israeliani e Palestinesi e la delicata situazione in Medio Oriente". L'incontro, informa il Vaticano, è avvenuto ieri. "Come già dichiarato il 20 novembre 2019 e il 20 maggio scorso - sottolinea la nota del Vaticano - la Santa Sede ribadisce che lo Stato d'Israele e lo Stato di Palestina hanno il diritto di esistere e di vivere in pace e sicurezza, dentro confini riconosciuti internazionalmente". La Santa Sede fa "perciò appello alle Parti affinché si adoperino a riaprire il cammino del negoziato diretto, sulla base delle rilevanti Risoluzioni delle Nazioni Unite, facilitato da misure che servano a ristabilire la fiducia reciproca e abbiano 'il coraggio per dire sì all'incontro e no allo scontro; sì al dialogo e no alla violenza; sì al negoziato e no alle ostilità; sì al rispetto dei patti e no alle provocazioni; sì alla sincerità e no alla doppiezza'".


La conferenza di Hails Italia riconosce la Giudea-Samaria come parte di Israele
Di David Sidman
26 aprile 2020

Benedirò quelli che ti benediranno Genesi 12: 3 (The Israel Bible ™)

Il primo ministro italiano Giuseppe Conte tiene una conferenza stampa dopo il vertice del Consiglio europeo di Bruxelles, in Belgio, il 29 giugno 2018. (cortesia: Shutterstock)

Il primo ministro italiano Giuseppe Conte ha scritto una lettera alla coalizione europea per Israele in occasione dell'anniversario della conferenza di Sanremo, conclusasi domenica 100 anni fa secondo quanto riferito da Israel Hayom .

Nel suo messaggio, Conte ha toccato il significato principale della conferenza, che ha coinvolto le maggiori potenze mondiali nell'accettare il principio di una casa per la nazione ebraica nella Terra di Israele - compresi Giudea e Samaria.

Conte scrisse che la conferenza sigillò effettivamente la Dichiarazione Balfour del 1917 come parte del detto del diritto internazionale. "Uno dei semi dell'olivo che doveva diventare il simbolo del moderno Stato di Israele è stato piantato a Sanremo", afferma.

"A Sanremo , agli ebrei fu promessa una casa nazionale in Palestina e l'esplicito diritto di" stabilirsi "in tutto il territorio che includeva naturalmente la Giudea e la Samaria", spiega il professor Eugene Kontorovich del Forum di Kohelet.
Il problema è iniziato dopo che la Giordania e l'Egitto hanno occupato illegalmente gran parte di questi territori, che è stato in gran parte trascurato dalle potenze mondiali. "Gran parte della comunità internazionale ha fatto finta che le sue precedenti garanzie non esistessero", ha aggiunto Kontorovich.
Lodare questo storico evento sembra contravvenire alla politica di lunga data dell'UE di riconoscere la presenza ebraica in Giudea e Samaria come "illegale ai sensi del diritto internazionale". T egli UE dice che non riconosce la sovranità israeliana sulla Giudea e Samaria e che, pertanto, qualsiasi annessione della regione sarebbe una violazione del diritto internazionale.
Ma Conte non era solo nella sua lode. Anche David Friedman, ambasciatore israeliano del presidente Trump, ha segnato lo storico incontro
“Ricordando oggi il 100 ° anniversario della Risoluzione di Sanremo, in base al quale le potenze mondiali hanno riconosciuto l'antica connessione del popolo ebraico con la Terra di Israele e il diritto del popolo ebraico a una casa nazionale su quella terra è stato dato la forza del diritto internazionale “.
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Re: Israele non ha rubato e occupato alcuna terra altrui

Messaggioda Berto » gio lug 02, 2020 7:10 pm

Israele e il suo riluttante apparato di sicurezza
Daniel Pipes
2 Luglio 2020

http://www.linformale.eu/israele-e-il-s ... sicurezza/

Per la versione integrale di quest’analisi si veda Perché gli israeliani evitano la vittoria, L’Informale, 19 ottobre 2018.
http://it.danielpipes.org/18563/perche- ... a-vittoria

Noi che sosteniamo la Vittoria di Israele abbiamo osservato con sgomento il governo del Qatar minacciare Israele che gli chiedeva di porre fine alle sue donazioni finanziarie a Gaza, insinuando che Hamas riprenderà a lanciare i suoi aquiloni incendiari.

Dove sono, ci chiediamo, quelle straordinarie forze armate che hanno sconfitto tre Stati in sei giorni, hanno compiuto il raid di Entebbe e hanno razziato l’archivio nucleare iraniano?

Sembra che l’apparato di sicurezza israeliano abbia un Doppelgänger, una controparte sconosciuta, difensiva e riluttante, emersa dopo gli Accordi di Oslo del 1993 per far fronte ai palestinesi di Gaza e della Cisgiordania, che ha avuto bisogno di 50 giorni per porre fine a un’operazione militare minore nel 2014 e non riesce a bloccare il lancio di palloni incendiari da Gaza. L’IDF a cui siamo stati abituati cerca la vittoria, ma quello impegnato con i palestinesi vuole solo la quiete.

Come si spiega questa riluttanza? Ecco sei fattori che possono essere esplicativi al riguardo.

I governi israeliani fondati su coalizioni con molti partner tendono, come afferma Jonathan Spyer, “A evitare di concentrarsi su questioni strategiche a lungo termine, preferendo far fronte alle minacce immediate”. Perché farsi carico di un problema come quello di Gaza quando si può rimandarne la soluzione?

Allo stesso modo, i servizi di sicurezza israeliani sono orgogliosi di occuparsi del presente, e non del nebbioso futuro, come esplicato dall’ordine apocrifo di un ufficiale alle sue truppe: “Proteggete questa zona sino alla fine del vostro turno”.

Leah Rabin, moglie di Yitzhak Rabin, una volta spiegò così la mentalità del marito: “Era molto pragmatico, odiava occuparsi di una cosa che sarebbe accaduta nel futuro. Pensava solo a quello che sarebbe successo nel presente, in un futuro molto prossimo”. In modo analogo, Einat Wilf spiega che l’IDF incoraggia i finanziamenti del Qatar a Gaza perché pensa che questo compri la quiete: “Farà tutto il possibile per garantire che i finanziamenti continuino a essere erogati a Gaza, anche se ciò significa che la quiete viene acquistata al prezzo di una guerra che andrà avanti per decenni”.

Così come la polizia ritiene che i criminali siano degli incorreggibili piantagrane, allo stesso modo i responsabili dei servizi di sicurezza israeliani vedono i palestinesi come nemici e rifiutano l’idea che questi avversari possano imparare una lezione: i leoni possono modificare le iene? Gli schemi di sicurezza si oppongono a un approccio deciso perché vogliono evitare problemi. Questa visione può farli sembrare di sinistra, ma non lo sono: un’esperienza lunga e amara, e non un idealismo nebbioso, spiega la loro riluttanza.

I servizi di sicurezza israeliani non vogliono nuovamente governare direttamente sulla Cisgiordania o su Gaza e temendo un crollo dell’Autorità Palestinese (AP) o di Hamas, li trattano con deferenza. Considerano l’AP sotto la guida di Mahmoud Abbas, nonostante tutte le sue carenze, un utile partner per la sicurezza. Sì, è vero, l’Autorità palestinese incita all’uccisione degli israeliani e delegittima lo Stato di Israele, ma meglio sopportare tali aggressioni che punire Abbas, indurre la sua caduta e rivivere l’incubo di camminare per le strade di Nablus. Pertanto, Abbas la passa liscia.

Una combinazione di debolezza militare palestinese e di intenso controllo internazionale ha indotto l’apparato di sicurezza israeliano a vedere i palestinesi più come criminali che come soldati; di conseguenza l’IDF da forza militare si è trasformato in una forza di polizia, con tanto di mentalità difensiva che considera la stabilità un obiettivo in sé. I generali non entrano in battaglia con l’obiettivo di salvare la vita dei loro soldati, ma i capi della polizia vogliono che lo scontro con i criminali non infranga la legge e non leda nessuno. I generali puntano alla vittoria, i capi della polizia cercano la quiete.

Infine, un esagerato senso morale interferisce con un’azione efficace. Nel 2018, il capo di Stato maggiore dell’IDF, Gadi Eizenkot, ha giustificato la passività nei confronti degli incendiari adducendo come sbalorditiva ragione che “Lanciare bombe su persone che fanno volare palloncini e aquiloni” andava contro la sua “posizione operativa e morale”.

È questo riluttante establishment di sicurezza, e non una Sinistra indebolita, a ostacolare principalmente la risoluzione della questione palestinese: ancora una volta sono prevalse le sue vedute di appeasement. Per fortuna, l’apparato di sicurezza ha dissidenti e questi parlano apertamente, soprattutto dopo aver lasciato il servizio attivo.

Gershon Hacohen esorta i leader politici a non lasciare che la leadership militare prenda decisioni al posto loro; Yossi Kuperwasser chiede una Vittoria di Israele; Uzi Dayan vuole che l’esercito fornisca ai leader del Paese i mezzi per ottenere la vittoria. Anche il trio degli ex capi di Stato maggiore che hanno formato il Partito Blu e Bianco richiede un’azione decisa.

La risoluzione del problema palestinese richiede la fine delle divisioni nell’apparato della difesa israeliano e il ritorno a una forza unitaria dedita a vincere, a convincere i palestinesi che il conflitto è finito, che hanno perso e che dovrebbero abbandonare i loro obiettivi di guerra.
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Re: Israele non ha rubato e occupato alcuna terra altrui

Messaggioda Berto » gio lug 02, 2020 10:22 pm

???


Perché Israele non ha invaso la Cisgiordania
2 luglio 2020

https://www.ilpost.it/2020/07/02/israel ... giordania/

Per settimane il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu aveva promesso che a partire dal primo luglio avrebbe ordinato una parziale annessione della Cisgiordania, un territorio che la comunità internazionale attribuisce al futuro stato palestinese ma che Israele occupa da più di mezzo secolo. Il primo luglio, però, non è successo niente: nemmeno una operazione simbolica o un annuncio di qualche tipo.

Ufficialmente Netanyahu ha detto che continuerà a occuparsi del piano di annessione «nei prossimi giorni», ma secondo osservatori ed analisti ci sono motivi per credere che lo stallo potrebbe durare settimane, oppure che l’annessione venga momentaneamente accantonata.

Il piano di annessione era contenuto nel contratto di governo concordato fra i due principali partiti che sostengono la coalizione: il Likud di Netanyahu, che in base all’accordo rimarrà primo ministro fino alla fine del 2021, e il partito centrista Blu e Bianco, guidato dall’ex capo dell’esercito Benny Gantz. Il piano del governo non è mai stato diffuso ma dalle informazioni raccolte dai giornalisti assomiglia moltissimo al compromesso proposto qualche mese fa dall’amministrazione statunitense di Donald Trump, totalmente sbilanciato a favore degli israeliani.

La proposta di Trump accoglieva molte richieste che la destra religiosa e nazionalista israeliana, convinta che la Cisgiordania spetti al popolo ebraico, avanzava da tempo. Nel modello immaginato dall’amministrazione statunitense Israele annetterebbe al proprio territorio tutte le colonie costruite illegalmente nella cosiddetta Area C, cioè le zone della Cisgiordania che gli accordi di Oslo assegnavano a un futuro stato palestinese, ma la cui gestione civile e militare è rimasta nelle mani di Israele. Assieme alle colonie verrebbe annessa al territorio israeliano anche la Valle del Giordano, un’ampia zona fertile già controllata militarmente dall’esercito israeliano che Netanyahu aveva promesso di annettere già un anno fa.

A prima vista, le condizioni di questo periodo sembravano perfette per Netanyahu: il mondo è distratto da una pandemia, gli Stati Uniti sono guidati da Trump – il principale alleato politico internazionale di Netanyahu – e la leadership palestinese non è mai stata così fragile. In realtà, nelle ultime settimane sono subentrati diversi ostacoli che alla fine hanno evidentemente costretto Netanyahu a rinviare i piani di annessione, almeno per ora.

Il primo problema è che Netanyahu ha dato per scontato che l’amministrazione Trump lo avrebbe sostenuto senza chiedere nulla in cambio. In realtà sembra che i funzionari statunitensi abbiano posto come condizioni per il proprio appoggio il completo accordo politico all’interno del governo israeliano – «i funzionari vogliono evitare che Gantz possa accusare Trump di aver messo in pericolo le vite degli israeliani durante la campagna per la rielezione», scrive il New York Times – e una forma di compensazione ai palestinesi, su cui non è stato trovato alcun accordo.

Netanyahu aveva anche creduto che il contratto di governo avrebbe vincolato Gantz a sostenere qualsiasi piano di annessione: in realtà l’accordo prevedeva che qualsiasi piano venisse avviato non prima di luglio, e negli ultimi giorni Gantz ha usato questa formula per rinviare la questione, spiegando che «tutto quello che non riguarda la battaglia contro il coronavirus dovrà aspettare». Gantz non ha improvvisamente cambiato idea: più probabilmente ha dato un’occhiata ai sondaggi, secondo cui più di due terzi degli israeliani sono contrari a un piano di annessione unilaterale.

Per giorni diversi commentatori e analisti hanno ribadito che l’annessione unilaterale delle colonie in Cisgiordania avrebbe conseguenze enormi soprattutto sul piano della sicurezza, sia quella interna sia quella esterna.

L’annessione sarebbe seguita quasi certamente da grandi rivolte popolari nelle città arabe della Cisgiordania e nella Striscia di Gaza. Gershon Baskin, un noto attivista pacifista israelo-statunitense, ha scritto sul Jerusalem Post che le dimensioni delle proteste saranno paragonabili alla Seconda Intifada, la seconda rivolta popolare palestinese che fra il 2000 e il 2005 causò la morte di migliaia di persone fra attacchi terroristici da parte dei palestinesi e violentissime ritorsioni dell’esercito israeliano.

Qualche settimana fa tre ex militari israeliani avevano scritto un articolo sulla rivista Foreign Policy per argomentare che l’annessione sarebbe inoltre un mezzo disastro per le relazioni faticosamente costruite da Israele con i paesi limitrofi a maggioranza araba, Egitto e Giordania. Entrambi sarebbero costretti a prendere posizione contro l’annessione e a sospendere la collaborazione con le agenzie di intelligence israeliane, che in questi anni ha permesso a Israele di creare una specie di cintura di sicurezza attorno al proprio territorio.

I principali leader politici mondiali da tempo hanno messo in chiaro che non difenderanno Israele in caso di un’annessione unilaterale. Ieri l’ha ribadito anche il primo ministro britannico Boris Johnson, che in un articolo di opinione scritto in ebraico su uno dei quotidiani più letti nel paese, Yedioth Ahronoth, ha anticipato che il Regno Unito non riconoscerà alcuna modifica dei confini attuali.

Non è chiaro cosa potrebbe succedere nei prossimi giorni, dato che nessuna decisione sembra imminente. Ieri un funzionario dell’intelligence israeliana ha detto alla radio dell’esercito che il governo non si è ancora incontrato per discutere formalmente dell’annessione, mentre uno dei leader dell’opposizione in Parlamento, Avigdor Lieberman, sostiene che nessuno dei principali capi dell’esercito e dell’intelligence sia stato coinvolto nelle conversazioni degli ultimi giorni.

Netanyahu sa bene che la finestra per avviare l’annessione potrebbe chiudersi a breve: «si rende perfettamente conto che le possibilità che Trump venga rieletto a novembre stanno scemando», ha scritto su Haaretz Anshel Pfeffer, corrispondente dell’Economist da Gerusalemme e biografo non ufficiale di Netanyahu.

Netanyahu è talmente consapevole che Trump potrebbe perdere le elezioni presidenziali che secondo Pfeffer ha sospeso i piani di annessione per non deteriorare i rapporti con l’avversario Democratico di Trump, Joe Biden, che si è esplicitamente opposto all’annessione. «Rinviare l’annessione permetterebbe a Netanyahu di partire col piede giusto con Biden», scrive Pfeffer: «se la distanza nei sondaggi fra i due continuerà ad aumentare, la prospettiva di un’annessione diventerà sempre più remota».
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Re: Israele non ha rubato e occupato alcuna terra altrui

Messaggioda Berto » mar lug 21, 2020 8:26 pm

La sovranità in attesa
Niram Ferretti
3 Luglio 2020

http://www.linformale.eu/la-sovranita-in-attesa/

È passata da due giorni la data fatidica del primo luglio, quando, secondo l’annuncio di Benjamin Netanyahu fatto in campagna elettorale e poi più volte ribadito, Israele avrebbe esteso la propria sovranità sul 30% degli insediamenti ebraici in Cisgiordania (Giudea e Samaria).

Non si sa ancora nulla di preciso se ciò avverrà, e come avverrà, a tappe sembra di capire, piano piano, senza essere troppo perentori. A Washington, l’amministrazione più favorevole a Israele dal 1948, prende tempo.

Dall’affermazione che il Piano per la Pace targato Trump, consentiva a Israele di procedere con il vento in poppa, si è poi passati a una doccia fredda, quando il governo Netanyahu-Ganz non aveva visto ancora la luce. Ora che l’ha vista, si attende ulteriormente. Parrebbe che Jared Kushner, genero del presidente americano, messo a sovranintendere per non si sa quale competenza, il più longevo conflitto del dopoguerra, abbia consigliato di frenare.

Nel mentre, la grancassa della propaganda antiisraeliana non ha perso un attimo e ha diffuso urbi et orbi i suoi vetusti mantra. L’estensione di sovranità definita “annessione”, come se Israele fosse la Germania e la Cisgiordania (una sua porzione) la Polonia, viene presentata come una violazione del diritto internazionale (del tutto falso, non esiste alcun testo che stabilisca che la rivendicazione di Israele sui territori non sia legittima, al contrario, ne esiste proprio uno, mai scalzato, il Mandato Britannico per la Palestina del 1922, che questo diritto lo afferma esplicitamente).

La UE, filoaraba da quando si chiamava ancora CEE e che, già nel 1973, anno della crisi petrolifera e della Guerra del Kippur, chiedeva a Israele, sotto ricatto dei paesi del Golfo, di suicidarsi lasciando i territori catturati dagli aggressori nel 1967, prosegue la sua abituale linea, alza la voce, minaccia conseguenze, si schiera praticamente unanime contro lo Stato ebraico. Nulla di nuovo, insomma.

Tutto questo resta sullo sfondo. In realtà ciò che appare in primo piano è la gestione avventata dell’operazione da parte di Netanyahu, troppo giulivamente ardito nell’annunciare un esito la cui riuscita ha delegato interamente al nulla osta americano, ritagliandosi per sè un ruolo da gregario.

Benjamin Netanyahu è il migliore gestore dell’esistente che Israele abbia mai avuto, scaltrissimo politicamente, ma decisionista al lumicino.

Risulta chiaro a tutti che a Washington non ci sono ancora idee del tutto chiare su come procedere, e soprattutto resta muta la voce più importante, quella di Donald Trump. Ha avuto altri pensieri ultimamente, Israele, a cui ha sicuramente concesso tanto, non è, al momento, al primo posto nell’agenda.

Si rimane dunque nell’attesa, con l’impressione netta che l’estensione di sovranità, se ci sarà, sarà poco dirompente, a meno che non vi siano sorprese dell’ultimo minuto.
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Re: Israele non ha rubato e occupato alcuna terra altrui

Messaggioda Berto » mar lug 21, 2020 8:27 pm

Greenblatt: Il mondo è bloccato negli schemi dei decenni passati. Bercovici: Il piano Trump dice ai palestinesi: venite ora al tavolo delle trattative perché il tempo sta scadendo
Israele.net
1/3 luglio 2020

https://www.israele.net/greenblatt-ex-n ... o-scadendo

Dershowitz: "Un'occupazione militare è perfettamente legittima finché non cessa ogni belligeranza, e non credo che qualcuno possa dire che è finita la belligeranza contro Israele"

La tavola rotonda on-line organizzata dallo Shurat HaDin Israel Law Center

Diversi importanti esperti di Medio Oriente ed ex alti funzionari hanno discusso il piano “Pace per la prosperità” dell’amministrazione Trump e la prospettata decisione israeliana di esercitare la sovranità su porzioni di Giudea e Samaria (Cisgiordania) in una tavola rotonda on-line organizzata dallo Shurat HaDin Israel Law Center.

Fra gli ospiti intervenuti Jason Greenblatt, ex rappresentante speciale degli Stati Uniti per i negoziati internazionali, che innanzitutto ha osservato come nessuno possa presentare un piano per la soluzione del conflitto arabo-israelo-palestinese “che venga accettato da tutti”. Tuttavia, ha continuato Greenblatt, l’obiettivo dell’amministrazione Trump era quello di crearne uno “che fosse realistico, attuabile e di cui entrambe le parti potessero servirsi per avviare un negoziato in buona fede”. Greenblatt ha sottolineato la reazione positiva di alcuni paesi arabi, come gli Emirati Arabi Uniti e il Bahrein i quali, ha detto, dovrebbero essere elogiati per il loro sostegno al piano. Greenblatt ha poi affermato che, mentre alcuni altri paesi hanno avuto un atteggiamento positivo, il resto del mondo sembra “bloccato negli schemi dei decenni passati: pensano che ripetere più e più volte le stesse cose possa portare a un accordo di pace, ma questo non succederà mai”.

Oltre a Greenblatt, hanno partecipato alla tavola rotonda il senatore repubblicano Ted Cruz, l’ex ambasciatore degli Stati Uniti in Israele Dan Shapiro, il professore emerito della Harvard Law School Alan Dershowitz, l’ex ambasciatrice canadese in Israele Vivian Bercovici e la presidente di Shurat HaDin, Nitsana Darshan-Leitner.

Uno dei principali temi in discussione è stato il continuo rifiuto di negoziare da parte palestinese. I palestinesi, che dal dicembre 2018 hanno continuato a boicottare l’amministrazione Trump, si sono rifiutati anche solo di prendere in considerazione la proposta di Trump. Recentemente il presidente dell’Autorità Palestinese Abu Mazen è giunto a minacciare di interrompere qualsiasi cooperazione con Israele, compreso il coordinamento sulla sicurezza. Tuttavia l’amministrazione Trump ha continuato ad andare avanti con il piano, chiedendo a Greenblatt di concentrarsi sugli obiettivi indicati dal presidente nonostante l’ostinazione palestinese. “Non intendevamo lasciare che ci bloccassero con la solita retorica che hanno sempre usato in passato – ha spiegato Greenblatt – Abbiamo ricordato loro che non eravamo certo la prima amministrazione che loro ignoravano e a cui dicevano no. Abbiamo dichiarato che non eravamo disposti a lasciare che rovinassero potenziali progressi positivi per Israele e per i suoi vicini arabi, così come per i numerosi cittadini israeliani che vivono in Giudea e Samaria”. “Ci sono persone attorno ad Abu Mazen che non potranno mai portare la pace – ha continuato Greenblatt – Ingannano e manipolano e fanno del male al popolo palestinese. Non vedo Abu Mazen allo stesso modo. Nelle giuste circostanze politiche, che oggi non ha, potrebbe convincere qualcuno a produrre qualcosa di buono”. Nel frattempo, tuttavia, le cose si muovono in tutt’altra direzione. “La dirigenza palestinese, per lo meno sotto l’amministrazione Trump, non può più esercitare il veto sulla sorte dei cittadini israeliani. Ora è nel loro interesse tornare al tavolo dei negoziati”.

Manifestanti palestinesi bruciano i ritratti del presidente Usa Donald Trump e del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu in segno di rifiuto del piano di pace americano

Dan Shapiro ha detto che la mossa sulla sovranità potrebbe indebolire ulteriormente l’Autorità Palestinese. “Il piano Trump – ha detto l’ex ambasciatore Usa in Israele sotto l’amministrazione Obama – non offre ai palestinesi uno stato realizzabile. La mia preoccupazione maggiore circa l’annessione unilaterale è che essa col tempo renderà molto meno praticabile l’esistenza di qualsiasi Autorità Palestinese funzionante nella porzione di territorio non annesso”.

Secondo l’ex ambasciatrice canadese in Israele Vivian Bercovici, per entrare nella partita Abu Mazen dovrebbe sentire più pressione da parte degli alleati arabi. “Perché Abu Mazen non si siede al tavolo negoziale? – si è chiesta Berovici – Perché sceglie di non farlo. Se sentisse un po’ di pressione finanziaria e diplomatica dagli Emirati Arabi e dai sauditi, se Hamas sentisse la stessa pressione dal Qatar, allora i palestinesi potrebbero finalmente vedere che è nel loro interesse sedere al tavolo”.

Allo stesso tempo, è in corso un dibattito sulla tempistica del piano di sovranità. Con la pandemia da coronavirus e la reazione negativa della comunità internazionale, alcuni ritengono che questo sia un brutto momento per una tale mossa. Lunedì scorso il primo ministro vicario e ministro della difesa israeliano Benny Gantz, principale partner della coalizione di Netanyahu, ha questionato sulla tabella di marcia affermando che “tutto ciò che non è collegato alla lotta contro il coronavirus può aspettare fino a dopo la pandemia”. Greenblatt ha invece respinto il problema dei tempi, dicendo che Israele dovrebbe andare avanti con il piano: “Penso che sia tempo, e non farlo non avvicinerà la pace: non si può stare nel limbo per sempre”.

Allo stesso modo, Bercovici ha affermato che “l’iniziativa Trump non è meno giusta delle proposte precedenti. In fin dei conti, la proposta dice ai palestinesi: venite adesso al tavolo delle trattative perché il tempo sta scadendo. E se non vi decidete a farlo, noi non obietteremo al fatto che Israele attui una qualche forma di annessione”. Secondo Bercovici, “ciò che la proposta Trump fa in modo diverso da quelle precedenti è che segnala con forza ai palestinesi e alla dirigenza palestinese che devono darsi una mossa. Non si può lasciar andare avanti le cose all’infinito: più di cinquant’anni sono già troppo. Dovete assumervi le vostre la responsabilità”.

manifestante iraniano: “Spazzare via Israele”. Dershowitz: “Non credo che qualcuno possa dire che è finita la belligeranza contro Israele”

Shapiro ha anche affrontato l’obiezione secondo cui la mossa sulla sovranità danneggerebbe il sostegno bipartisan per Israele negli Usa. La scorsa settimana 115 esponenti democratici hanno firmato una lettera a Netanyahu in cui esprimono opposizione alla sovranità. Lunedì, diversi democratici di estrema sinistra hanno diffuso una lettera in cui chiedono agli Stati Uniti di tagliare gli aiuti a Israele per la questione della sovranità. “È ovvio che l’attuale amministrazione stabilisca la sua politica – ha detto Shapiro – ma c’è un intero partito, compresi i migliori amici d’Israele in quel partito, che dice a Israele in spirito di amicizia: noi pensiamo che questa mossa sia negativa. E’ molto difficile per noi difendere qualcosa a cui siamo contrari. E se Israele procede comunque, si fa beffe di quel consenso bipartisan nelle relazioni Usa-Israele che afferma di tenere in gran conto”.

Gran parte delle argomentazioni contro la mossa sulla sovranità ruotano attorno all’idea che essa possa violare il diritto internazionale. Alan Dershowitz respinge questa idea. “Non sono un grande fautore dell’autorità del diritto internazionale, che viene per lo più stabilito nelle loro torri d’avorio da accademici che hanno ben poca esperienza sul campo – ha detto il celebre giurista – Il diritto è un fattore, ma non è il fattore predominante (come in quasi tutti i casi analoghi nel resto del mondo). Le decisioni e il processo di pace in Medio Oriente non saranno decisi in base al fatto che l’occupazione si chiami o meno ‘occupazione’. Che sia legale o illegale è materia per interessanti dibattiti da tenere in aule universitarie, ma ben altri saranno i fattori a decidere le cose sul terreno. Ed è molto chiaro che la Valle del Giordano dovrà rimanere sotto il controllo militare di Israele per un periodo di tempo indefinito,m se si vuole che prevalga la pace. Un’occupazione militare è perfettamente legittima finché non cessa ogni belligeranza – ha concluso Dershowitz – e non credo che qualcuno possa dire che è finita la belligeranza contro Israele in Cisgiordania e a Gaza, per non dire in Iran e altrove”.

Indipendentemente da cosa accadrà nelle prossime settimane o mesi, Greenblatt ha affermato che deve esserci un modo per mettersi alle spalle il conflitto. “Ci deve essere una massiccia campagna educativa sui problemi reali per raggiungere la pace – ha detto – In parte, la strada da percorre è ascoltare, rispettare e cercare di trovare alternative pratiche e realistiche in modo che Israele non debba più essere costantemente in pericolo e i palestinesi possano avere sicurezza, rispetto, vite dignitose e prospere come gli israeliani”.

Bercovici ha esortato il mondo arabo a “mettere i piedi nel piatto e contribuire a cambiare la retorica creando conseguenze concrete. Questo momento offre un’opportunità perfetta per le nazioni arabe di usare la loro influenza per fare qualcosa di costruttivo”. Bercovici ha sottolineato che tanti sgridano Israele col ditino alzato. Invece tutti, ha detto, a partire dai paesi arabi, dovrebbero “puntare il dito molto di più su Abu Mazen, su Hamas, e portare i palestinesi al tavolo delle trattative e aiutarli a capire che non c’è altro da chiedere a Israele. Il mondo deve abituarsi a uno stato ebraico che è forte, fiero, che ha fatto del suo meglio per arrivare a un compromesso e che non si ritirerà a causa delle continue minacce”.
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