Israele non ha rubato e occupato alcuna terra altrui

Re: Israele non ha rubato e occupato alcuna terra altrui

Messaggioda Berto » mer gen 29, 2020 7:58 pm

QUESTO È L'ACCORDO DEL SECOLO
Analisi dal punto di vista religioso, profetico ed escatologico...
Luciano Valli

Dopo una lunga attesa, c'è finalmente la parte politica del piano di pace, il cosiddetto "accordo del secolo". Cosa dice e, cosa più importante, cosa significa profeticamente il piano? Ancora più importante: come si adatta i piani alla profezie bibliche?


Due stati
È e rimane una soluzione a due stati. Non sarà una grande divisione di due tratti di terra, ma lo Stato palestinese sarà frammentato in diverse aree della Terra Promessa. C'è chiarezza sui confini di Israele e dello Stato palestinese.

Gerusalemme
C'è confusione sul fatto che Gerusalemme sia la capitale indivisa di Israele e allo stesso tempo leggiamo che la capitale dello Stato palestinese sarà Gerusalemme est. Come funziona esattamente? Si può leggere nel piano che i confini di Gerusalemme di oggi, con una barriera di sicurezza sul lato est, continueranno ad esistere. A est di questa barriera di sicurezza, i quartieri arabi sono ora e continueranno ad esistere. Questi quartieri, Kafr Aqab, Shuafat e Abu Dis, formeranno insieme Gerusalemme Est e fungeranno da capitale dello Stato palestinese.

Il Monte del Tempio
Il nostro interesse era principalmente incentrato sullo status del Monte del Tempio. Se dovesse cadere sotto il dominio israeliano, la possibilità di costruire il Terzo Tempio sarebbe molto maggiore.
Nel piano c'è quanto segue: Israele continuerà a proteggere i luoghi santi di Gerusalemme. I luoghi santi di Gerusalemme devono rimanere aperti e disponibili per adoratori pacifici e turisti di tutte le fedi. Alle persone di ogni fede dovrebbe essere permesso di pregare sul Monte del Tempio in modo pienamente rispettoso della propria religione, tenendo conto dei tempi delle preghiere di ogni religione, nonché di altri fattori religiosi. Lo status quo sul Monte del Tempio è preservato. Il ruolo speciale e storico del re di Giordania per quanto riguarda i santuari islamici di Gerusalemme sarà preservato.
Purtroppo non è il testo desiderato, ma in realtà tutto rimane uguale. E il terzo tempio? Sembra che un fattore esterno, o Dio stesso, interverrà e causerà la costruzione del Terzo Tempio. Questo piano non fornisce alcun punto di partenza.

Stato palestinese
Il piano prevede uno Stato palestinese che vive pacificamente al fianco di Israele. Ciò significa che Hamas e la Jihad palestinese devono consegnare le loro armi. D'altra parte, gli investimenti saranno effettuati nello Stato palestinese con l'aiuto di denaro, in particolare da parte degli Stati arabi come l'Arabia Saudita, l'Oman e gli Emirati Arabi Uniti. Un totale di 50 miliardi di dollari è riservato per questo. Questo denaro è necessario per costruire un tunnel tra la Striscia di Gaza e la Cisgiordania. Inoltre, questo denaro viene utilizzato per altri collegamenti di trasporto, un luogo di villeggiatura sulla costa settentrionale del Mar Morto e la lotta contro la povertà e la disoccupazione. Il piano mira a offrire al popolo palestinese la speranza e un futuro.

Accordo del secolo?
Per tutte le parti coinvolte, questa è un'opportunità che si presenta una volta in tanto tempo. Il piano è ben congegnato, offre opportunità di pace e sicurezza nella regione, ma ignora naturalmente i principi biblici. Il piano può contare su molto supporto da parte degli stati arabi. Ciò può aiutare lo Stato palestinese a concordare o negoziare anche questo piano.

Profetico?
Dal punto di vista biblico, la Terra Promessa rimane divisa e il testo di Gioele 3: 1-2 rimane ancora in vigore: 'radunerò tutte le nazioni delle nazioni e le porterò giù nella valle di Giosafat. Lì condurrò un processo con loro, a causa del mio popolo e della mia proprietà Israele, che hanno sparso tra i gentili. Hanno diviso il mio paese ”. Dio giudicherà coloro che hanno diviso la sua terra.
Laddove si dice che Gerusalemme è la capitale indivisa di Israele, in realtà non è così. Chiaramente ci sarà una Gerusalemme est come capitale dello stato palestinese. Anche Dio è chiaro su questo: Gerusalemme è la bocca dei suoi occhi (Zaccaria 2: 8). Ma l'Eterno ruggirà anche come un leone di Sion; da Gerusalemme farà suonare la sua voce, così che il cielo e la terra tremeranno. Ma il Signore è un rifugio per il suo popolo e una fortezza per gli israeliti. Allora saprai che io sono il Signore tuo Dio, che dimora in Sion, la mia montagna santa. Gerusalemme sarà un santuario e sconosciuti'

Il vero accordo del secolo?
Per Israele esiste un solo vero accordo: la venuta del Messia. Sfortunatamente, sarà prima l'anticristo, che governerà per sette anni, ma poi la gloriosa venuta di Gesù Cristo a Gerusalemme! Restituirà la terra alla sua gloria e dominerà per mille anni da Gerusalemme. Laddove il presidente Trump sta ancora suonando il piano di pace, aspettarci è la vera tromba di Dio. Quindi il rapimento sarà, quindi potranno iniziare i sette anni di tribolazione, quindi arriverà la vera ripresa. Queste parole prenderanno vita:
Perché da giovane sposa una giovane donna,
così i tuoi figli ti sposeranno;
come uno sposo gioisce per la sua sposa,
così il tuo Dio si rallegrerà di te.
Isaia 62:15
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Re: Israele non ha rubato e occupato alcuna terra altrui

Messaggioda Berto » gio gen 30, 2020 7:45 am

A quegli ebrei d'Israele che sono contro il progetto di pace di Trump e di Netanyahu

https://www.facebook.com/emanuel.segrea ... 4002231024

Daniel Haviv
Il sondaggio di oggi di Reshet Bet: 61% di Israeliani contro la proposta di Trump e 10% a favore.
Fra Bibi e Gantz: 48% per Gantz e 37% per Bibi.

Gino Quarelo
Lei Daniel Haviv pensa che gli ebrei dopo aver patito e subito di tutto lungo le migliaia di anni della diaspora, fino allo sterminio del 900 chiamato Shoà, cosa mai vista prima sulla faccia della terra, ebrei della disapora che nell'800 dopo tanto dolore hanno ideato e dato vita al sionismo per ritornare nella loro terra di Sion, aggiungendosi agli ebrei rimastivi nei secoli come dhimmi degli invasori nazi maomettani, lei forse pensa che lo abbiano fatto e abbiano lottato con le unghie e con i denti per ricostruire lo stato di Israele nato dopo la Shoà e la II guerra mondiale, trasformando con immenso amore un'area semiabbandonata e semidesertica in un giardino paradisiaco e nel luogo più sicuro per loro dotandolo di uno dei migliori eserciti della terra e di tutti i tempi per potersi difendere dalle aggressioni provenienti da ogni dove, lei pensa che abbiano fatto tutto questo per consegnarsi come dhmmi e consegnare il loro paese ai nazi maomettani che li vorrebbero cacciare, ridurre ìn dhimmitudine o sterminare distruggendo Israele, ma forse lei pensa che gli ebrei di Israele abbiano perso la ragione e la memoria e siano divenuti tutti degli irresponsabili, degli insensati e dei dementi?
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Re: Israele non ha rubato e occupato alcuna terra altrui

Messaggioda Berto » ven gen 31, 2020 12:07 pm

"LA PALESTINA L'HANNO CONQUISTATA I MUSULMANI E L'HANNO CONSACRATA ALL'ISLAM, PER QUESTO MOTIVO È TERRA ISLAMICA" (?) -
Ale Tzu
29 gennaio 2020

https://www.facebook.com/alessio.tramat ... 4135041187


Riflettendo a voce alta sull'ambizioso Piano di Pace... il Deal of the Century

A mio avviso è impossibile che i "palestinesi" accettino il piano di pace. Gli era stato regalato un loro stato nel territorio assegnato a Israele (Palestina ebraica), dal mandato britannico del 1922, e l'hanno rifiutato preferendo dichiarare guerra a Israele insieme a diversi paesi della Lega Araba. Il loro rifiuto è un rifiuto contro gli odiati ebrei per cultura religiosa e non per questioni prettamente territoriali. Non accettano, in quanto musulmani, la presenza ebraica in ex territori conquistati dai musulmani e "consacrati fino al giorno del giudizio all'Islam" (dal Corano).

L'unica soluzione di pace, e lo dicono e lo scrivono nei loro statuti, sarebbe cancellare Israele e creare una sola Palestina in tutto il territorio che il mandato del 1922 assegnava ad Israele.

L'unica soluzione che potrebbe portare alla pace non è proporre un piano ai "palestinesi" ma è proporlo a livello internazionale, all'Onu, alle istituzioni e all'opinione pubblica. Finché anche il Mondo sarà diviso sulla questione israelo-palestinese, non si arriverà mai ad una soluzione pacifica per sbrogliare questa ingarbugliata matassa.

Serve un piano condiviso su 1) verità storiche territoriali, 2) verità storiche di chi sia veramente il "popolo palestinese, 3) verità sul piano di spartizione del Mandato britannico del 1922, 4) verità sul regalo fatto agli arabi con la risoluzione 181/1947 e il loro tassativo rifiuto, 5) verità sul fatto che col rifiuto arabo della 181/"47, secondo il diritto internazionale, rimane in vigore il Mandato britannico del 1922 per suddividere la Palestina mandatario tra arabi a est del Giordano (77% del territorio), e ebrei a ovest fino al Mediterraneo (23% del territorio), 6) far comprendere che la 181/1947 era solo un ulteriore regalo agli arabi per far cessare le loro violenze contro gli ebrei e arrivare ad un compromesso e alla pace ma che, come noto, rifiutarono.

Solo dopo aver messo d'accordo istituzioni e opinione pubblica internazionale si può proporre un Piano di Pace ai "palestinesi" e fare pressioni perché venga accettato.

Art.11 dello Statuto di Hamas:

"Il Movimento di Resistenza Islamico crede che la terra di Palestina sia un sacro deposito (waqf), terra islamica affidata alle generazioni dell’islam fino al giorno della resurrezione. ... Questa è la regola nella legge islamica (shari’a), e la stessa regola si applica a ogni terra che i musulmani abbiano conquistato con la forza, perché al tempo della conquista i musulmani la hanno consacrata per tutte le generazioni dell’islam fino al giorno del giudizio."

Per questi motivi, religiosi, hanno sempre rifiutato, e continueranno a rifiutare, qualsiasi soluzione per la pace. Serve un intervento condiviso internazionalmente. Ambizioso? Impossibile? Più realista di quanto lo sia il pensare che i "palestinesi" accettino una convivenza pacifica con gli esseri viventi che loro considerano, secondo il Corano, gli animali più infimi e il "male assoluto" da estirpare.

O tutto o niente e jihad: “L’Ultimo Giorno non verrà finché tutti i musulmani non combatteranno contro gli ebrei, e i musulmani non li uccideranno..." (dal Corano).

"LA pace arriverà quando gli arabi ameranno più i loro figli di quanto odino noi". (Golda Meir)

(Mio umile e personale pensiero).



Gino Quarelo
I motivi religiosi dei nazi mamettani sono come i motivi razziali dei nazi hitleriani, crimini contro l'umanità e come tali vanno trattati, banditi e combattuti fini all'ultima goccia di sangue.
E nell'attesa che si faccia e accada tutto ciò (che l'UNO, che la comunità e l'opinione pubblica internazionale, ...), è bene che intanto vi sia questo piano di Trump e che Isarele si consolidi e che gli ebrei si difendano con ogni mezzo per continuare a esistere come persone, come popolo ecome stato.


Ale Tzu Gino Quarelo il piano per la pace di Trump è molto importante ed è stato studiato in maniera molto astuta. Qui una analisi di F. Londei e L. Udler:

https://www.facebook.com/1522682748/pos ... 0/?app=fbl

Ciò che intendo nel post è che parallelamente bisognerebbe lavorare tutti insieme, filo-palestinesi e filo-israeliani, per il bene di tutti, "palestinesi" e israeliani, se si vuole veramente arrivare ad un compromesso e ad una semi-pace. Israele fin dal regalo della 181/47 ha dimostrato di voler vivere in pace e più volte ha concesso terre in cambio di pace (vedi Gaza lasciata nel 2005 ma a nulla è servito, anzi!). Terre in cambio di pace con Egitto e Giordania ha funzionato, con i "palestinesi" mai e mai funzionerà.

Finché anche l'opinione pubblica internazionale sarà divisa in schieramenti, e ci si farà guerra, quei territori e quelle popolazioni non avranno mai pace.

L'opinione pubblica internazionale è fondamentale per le decisioni e risoluzioni "eque" in sede Onu e sono sicuro che con la pace tra le due tifoserie, filo-pall e filo-Israel, ci sarebbe un cambiamento di rotta soprattutto per quanto riguarda i continui attacchi dei "palestinesi" con missili e attentati contro i civili israeliani (pena pesanti sanzioni che i leader abusivi non saranno felici di ricevere), che è il primo passo, poi dal punto di vista della presa di coscienza del "popolo palestinese" che è arrivata l'ora di crescere e fare una vita normale senza infinita e inutile guerra (già parte dei "palestinesi" ha capito che per aspirare ad una vita normale bisogna in primis liberarsi dei guerrafondai leader abusivi come Abu Mazen, dieci anni che governa senza essere stato eletto, e dei terroristi di Hamas che si sono insediati a Gaza con un colpo di stato nel 2007).

Non dico che poi si scambieranno i fluidi come due amanti innamorati, ma sono sicuro che se le tifoserie la smetessero di farsi la guerra ci sarebbe un enorme cambiamento di rotta e a guadagnarci sarebbero tutti.


Gino Quarelo
Leggendola gentile Ale Tzu mi sembra che lei si culli in quella che per me è solo un'illusione e che non abbia ben chiaro cosa sia stato e cosa sia ancora l'Islam a cominciare da Maometto che per primo ha sterminato gli ebrei, che cosa prescriva il Corano e cosa sia il loro idolo tribale Allah.

Per quanto mi riguarda Maometto era peggiore di Hitler, il Corano è assolutamente peggiore del Mein Kampf e il nazismo maomettano è mille volte peggio del nazismo hitleriano.

Per me esistono solo due possibilità:
1) che Israele cessi di esistere e che gli ebrei si facciano dhimmi
2) che il Mondo, Israele e i suoi ebrei bandiscano il nazismo Maomettano, Maometto e il Corano, lo combattano e lo sconfiggano costringendo i nazi maomettani ad abbandonare la loro mostruosa ideologia politico religiosa pena la loro completa distruzione.

Vie intermedie non ne vedo, la soluzione della integrazione e della convivenza nel reciproco riconoscimento e rispetto, intrapresa dall'Europa demosinistra e dal Papa cristiano cattolico romano porta esclusivamente alla dhimmitudine.
Mi dica lei quale potrebbe essere la sua ipotesi alternativa.



Ale Tzu Gino
Quarelo conosco bene la realtà e non mi cullo in illusioni. Cerco solo di parlare nel linguaggio più politicamente corretto possibile per arrivare ad un pubblico più vasto e provare a farlo ragionare diversamente. Se lei, se tu, ogni tanto mi leggi sai che non mi risparmio su Islam e adepti. Come non mi sono risparmiato con questo post dove ho menzionato anche il Corano

Ale Tzu
Gino Quarelo all'Onu non sono tutti membri di paesi islamici, e meno male, e in sede Onu si prendono tantissime decisioni contro paesi che violano diritto internazionale e diritti umani. Purtroppo ancora oggi la maggior parte delle risoluzioni Onu "contro" sono contro Israele e non contro chi non rispetta neanche i più elementari Diritti Umani come la stragrande maggioranza dei paesi islamici come Iran o "Paleatina".
Se all'Onu i paesi non-islamici prendessero in considerazione la mia "illusoria" tesi, forse si inizierebbe a condannare i veri violatori dei diritti umani, e non sempre e solo Israele. Si condannerebbero i continui attacchi con missili da Gaza anziché Israele perché si difende per esempio.
Opinione pubblica, sedi istituzionali internazionali e Onu sono alla radice della questione israelo-palestinese. Forse i "palestinesi" in quanto fondamentalisti islamici non cambieranno mai, ma condanne internazionali, meno finanziamenti e sanzioni possono fare la differenza.

Marco Milone
Ale Tzu, sai come la penso sui palestinesi e sull'islam. Quindi, spero di essere al di sopra di ogni sospetto.
Giusto per riequilibrare un po' il ragionamento, ci sarebbe da dire che le colonie israeliane in Cisgiordania sono in gran parte inaccettabili. E non parlo solo per i palestinesi. Cioè, io penso che Israele debba ritirare gran parte di quegli insediamenti.
Come viene detto da Lion Udler, i 50.miliardi offerti ai palestinesi sarebbero un risarcimento per quei territori. Più correttamente, andrebbe definita come "indennità di esproprio". Ma qui solleverebbero molte questioni come la congruità della cifra, il ritardo rispetto all'esproprio, il metodo di espropriazione e tanto altro ancora. Forse, Israele potrebbe tendere la mano, ritirando almeno gli insediamenti strategicamente meno importanti. Anche se mi rendo conto che l'area più "ortodossa" di Israele ha meccanismi di pensiero non dissimile da certi musulmani. E alla fine penso che il punto sia proprio questo.


Ale Tzu
Marco Milone concordo col tenore della tua argomentazione ma non esistono "colonie" israeliane in Cisgiordania. La definizione di "colonia" non coincide con il diritto internazionale di Israele di "insediarsi" in quei territori. Non occupa illegalmente territori di nessun altro stato sovrano quindi non esiste nessuna colonia israeliana in Cisgiordania.


Marco Milone
Ale Tzu Cioè, tu dici che dato che quei territori non sono parte integrante di uno stato, possono essere occupati da quello che arriva prima o da quello più forte (nel caso, Israele). Francamente, mi pare solo un cavillo tecnico/semantico. Da quei territorio sono state cacciate via persone che ci vivevano da secoli. Esattamente come gli ebrei vivevano da secoli (millenni!) in Israele.
Insomma. questo genere di irrigidimento non porta a nulla.

Ale Tzu
Secondo il diritto internazionale, avendo gli arabi rifiutato il regalo della 181/47, ha valore il Mandato Britannico del 1922 come da immagine di questo post.



Marco Milone
Il problema, da quelle parti, lo hanno creato proprio gli inglesi e gli egiziani.


Ale Tzu
Marco Milone non sono occupati illegalmente ma sono parte della spartizione territoriale del mandato britannico del 1922 che dice a chiare lettere che nella parte a est del Giordano dovrà sorgere la Palestina araba e si chiamerà Trans-Giordania, mentre a ovest del Giordano fino al Mediterraneo dovrà sorgere la Palestina ebraica chiamata Israele.
La Palestina come nazione non è mai esistita ma era solo il nome di "territori".


Marco Milone
Ale Tzu Lo so benissimo che la Palestina in quanto nazione non è mai esistita ufficialmente! Ma di fatto quelli erano territori dove vivevano i palestinesi. E non può certo essere un Paese terzo a decidere cosa "cosa è di chi".
Il problema palestinese per certi aspetti non è dissimile da quello arabo/musulmano, dove l'Inghilterra ha suddiviso i territori creando degli Stati dal nulla. Ecco il motivo per cui ho scritto che "da quelle parti, lo hanno creato proprio gli inglesi".
È come se uno occupasse casa tua per un periodo di tempo lunghissimo e poi, prima di andarsene, decide come deve essere divisa. Insomma, richiamare certe norme mi pare un po' specioso.
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Re: Israele non ha rubato e occupato alcuna terra altrui

Messaggioda Berto » ven gen 31, 2020 12:08 pm

Palestina, il solito bla bla
Gianni Pardo
Giovedì, 30 gennaio 2020

http://www.affaritaliani.it/politica/pa ... 6ZkKrixRrI

L’Ansa(1) riferisce che Donald Trump, insieme con Benyamin Netanyahu, ha presentato l’ennesimo piano per la pace in Palestina, con la creazione di due Stati indipendenti, con Gerusalemme capitale di Israele e Gerusalemme Est capitale della Palestina. I rifugiati palestinesi non avranno diritto al ritorno in Israele e, secondo il Primo Ministro israeliano, gli Stati Uniti riconosceranno le colonie israeliane nei Territori come parte di Israele.
Il Presidente sostiene che si tratta del più serio e soprattutto del più particolareggiato piano di pace elaborato per quell’infelice regione. Basti dire che consta di ottanta pagine e che, per aiutarne la realizzazione, gli Stati Uniti conterebbero di offrire ai palestinesi cinquanta miliardi di dollari. E tuttavia, con tutto il rispetto, il grande Donald sta parlando di niente.
Come sempre, il piano è stato rigettato – a scatola chiusa – da quasi tutti gli arabi. E che non siano tutti è già una novità. Ecco comunque una rassegna delle loro reazioni. Abu Mazen, il presidente palestinese: "Gerusalemme non è in vendita, e i nostri diritti non si barattano". Il portavoce di Hamas Sami Abu Zuhri: Il Piano di Trump "è aggressivo e provocherà molta ira". Secondo Hezbollah, la formazione paramilitare libanese, il piano Trump è "un tentativo di eliminare i diritti del popolo palestinese". Il ministro degli esteri giordano Ayman Safadi ha messo in guardia dalle "conseguenze pericolose di qualsiasi misura unilaterale possa essere adottata da Israele”. Infine per l’Iran, il piano di Trump è "destinato al fallimento". E questa è l’unica cosa ragionevole che sia stata detta.
La Palestina non potrà mai essere uno Stato indipendente, se per indipendente intendiamo a sovranità illimitata. Ciò perché la sua sovranità metterebbe in pericolo l’esistenza stessa di Israele. Le costanti intenzioni aggressive degli arabi nei confronti di Israele sono dimostrate dal fatto che i conflitti armati fra arabi ed israeliani – nel 1948. nel 1967, nel 1973 – si sono avuti per iniziativa araba. E che in mille dichiarazioni pubbliche molti governi arabi hanno proclamato la necessità di distruggere l’ “Entità Sionista” e, al passaggio, si uccidere tutti gli ebrei. Iniziativa che non sarebbe nemmeno una novità.
Dunque Israele potrà consentire la più totale autonomia della Palestina, di cui in fondo le importa ben poco, ma mai in campo militare: perché questa le porterebbe molti eserciti nemici sotto le mura. Ciò mette una croce sulla parola indipendenza.
In secondo luogo tutta la questione è sommersa dalla retorica. Si parla di negoziati, di due Stati, di due parti, di due capitali, dimenticando che stiamo parlando di un vincitore – il quale, secondo la storia, ha tutti i diritti – e di uno sconfitto, il quale, se la resa è stata senza condizioni, non ha nessun diritto che non gli sia regalato dal vincitore. Dunque questo negoziato è sostanzialmente apparente. Se Israele parla di pace è perché vorrebbe togliersi il fastidio di una Palestina ostile, ma un fastidio non è un problema simile alla possibilità di un’aggressione da parte di un Paese confinante.
Fra l’altro, mentre la Siria e la Giordania sono scottate dalle precedenti sconfitte e sono gelose della loro indipendenza, cosa che non le induce ad invitare eserciti stranieri sul loro territorio, per attaccare Israele, la Palestina è sempre stata massimalista, fanatica, e un po’ incosciente. Nel senso che è capace, pur di creare guai ad Israele, di crearsene di ben più grandi essa stessa.
A proposito di guerra, va fra l’altro notato che Israele avrebbe avuto il diritto di annettersi tutta la Palestina occupata a conclusione della guerra del 1967. Se non l’ha fatto è stato perché governare quel territorio e quella popolazione sarebbe stato un enorme problema. È facile dimostrarlo. Prima del 1967 su Gaza esercitava la sua sovranità l’Egitto, e ad essa l’Egitto ha volontariamente rinunciato, per non avere a che fare con quella piccola e turbolenta polveriera. Il resto dei Territori apparteneva alla Giordania, ma anch’essa, dopo la guerra del 1967, si è affrettata a rinunciare a quella sovranità. Infatti mai ha rivendicato quella regione. I palestinesi sono orfani di padre e di madre e nessuno vuole adottarli.
Ciononostante da sempre, anche perché sobillati dagli altri Paesi arabi (da sempre interessati a nutrire la leggenda del “nemico esterno”) i palestinesi sono sempre stati intrattabili. Hanno parlato dei loro “diritto legittimi” (legittimi? E in base a quale legge?), non essendo disposti a rinunciare a niente; hanno preteso di negoziare con Israele da pari a pari, come se avessero chissà che cosa da offrire o da minacciare, e così hanno fatto fallire tutte le proposte di pace ricevute. Che cosa ci abbiano guadagnato, lo sa Allah.
Dunque era ed è del tutto prevedibile che il piano Trump fallirà, come hanno fallito tutti i precedenti. E del resto, ad Israele sta certamente bene così. Quanto ai palestinesi – rifiutando il piano di pace – sembrano contenti dello statu quo: e allora avanti così.
Interessante il fatto che nel piano si specifichi che non è previsto nessun ritorno in Palestina dei profughi palestinesi. Per decenni questa è stata una formale e irrinunciabile richiesta dei palestinesi, ovviamente sperando sempre che non fosse accolta. Infatti quei rifugiati (da oltre cinquant’anni) sono ormai in tale numero che, se tornassero, destabilizzerebbero economicamente i Territori Occupati in modo irreparabile. Ora non se ne parla neppure, se non per escludere l’ipotesi.
In passato, l’unica arma che i palestinesi hanno saputo trovare contro gli israeliani è stato il terrorismo. E per questa continua minaccia che a lungo Israele ha cercato la pace con loro, ma alla fine, a forza di tirare la corda, i palestinesi l’hanno spezzata: Israele ha adottato efficaci contromisure, in particolare realizzando una barriera fisica fra sé e i Territori, cosicché il problema si è sgonfiato, e i giornali non ne parlano più.
Un motivo di vaga preoccupazione, riguardo al futuro, è la possibilità che la pressione demografica e la fame di terra possano un giorno indurre Gerusalemme ad annettersi porzioni limitate dei Territori. Né le si potrebbe rimproverare qualcosa: gli arabi volevano uccidere tutti gli ebrei, e questi si limiterebbero a qualche chilometro quadrato di territorio. E comunque Israele sopravvive perché è abbastanza forte per difendersi e, finché sarà la più forte, avrà ragione anche quando avrà torto.
Per i palestinesi, da sempre, vale l’antico detto per cui Giove rende pazzi coloro che vuol perdere.
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Re: Israele non ha rubato e occupato alcuna terra altrui

Messaggioda Berto » ven gen 31, 2020 12:09 pm

Le mie riserve in merito al piano di pace di Trump
31 gennaio 2020

http://www.linformale.eu/le-mie-riserve ... lYW-Ir8EHA


Così come il primo ministro Benjamin Netanyahu, tutti i miei amici sono entusiasti del piano di Donald Trump per risolvere il conflitto israelo-palestinese. Concordo sul fatto che, contrariamente alle precedenti iniziative del presidente, questa è apprezzabile per svariati motivi. Ad esempio, a differenza delle soluzioni proposte da Carter, da Reagan e da George W. Bush, quella di Trump tiene in seria considerazione la sicurezza israeliana. Ma soprattutto evidenzia un sostegno statunitense a Israele che è senza precedenti e splendido in termini di vicinanza emotiva.

Detto questo, io non sono entusiasta del piano per due motivi principali. Innanzitutto, a che serve? Israele fa meglio quando agisce in nome dei propri interessi, senza seguire i consigli degli Stati Uniti. Dal 1948, tutti i leader israeliani si sono saggiamente opposti ai piani imposti dall’esterno, chiedendo implicitamente: “Chi ti ha conferito l’incarico di risolvere i nostri problemi?” Questa volta, però, i due massimi leader politici del Paese si sono precipitati a Washington per autorizzare un simile piano. Prevedo che questi stessi leader o i loro successori rimpiangeranno di aver ceduto tale autorità agli americani.

In secondo luogo, temo che, come ogni precedente e fallito schema finalizzato a risolvere il conflitto israelo-palestinese, l’iniziativa di Trump si basi sulla volontà di offrire speranza ai palestinesi. Il che suona bene, ma è profondamente controproducente.

Per comprenderne il motivo, occorre prendere in considerazione gli accordi di Oslo del 1993, il piano più importante fino ad ora, che si fondava sull’idea di premiare i palestinesi per il buon comportamento. Prometteva autonomia e accennava all’indipendenza. Aspirava a un nebuloso “Nuovo Medio Oriente” in cui la cooperazione economica funga da base per riconciliare popoli storicamente ostili. Ha tentato di raggiungere questo obiettivo attraverso sforzi banali come un Programma per la casa e l’edilizia, un Piano per lo sviluppo di piccole e medie imprese, un Piano per le risorse umane e un Programma di sviluppo delle infrastrutture (acqua, elettricità, trasporti e comunicazioni). Ventisette anni dopo, tutte le parti concordano sul totale fallimento di Oslo.

Il piano di Trump fa inoltre affidamento su un mix di sovranità e progressi economici, nonché pone delle ambizioni ancora più grandi. Dimentica l’autonomia e contempla la piena indipendenza dello “Stato di Palestina”, un termine menzionato sorprendentemente ben 1.397 volte nel documento di 180 pagine. Di certo, chiunque si preoccupi della sicurezza di Israele rabbrividisce al pensiero di questa imminente prospettiva.

Come suggeriscono il titolo del piano Peace to Prosperity (“Pace per la Prosperità”) e il suo sottotitolo (“Una visione per migliorare la vita del popolo palestinese e di quello israeliano”), la proposta statunitense ha delle sfacciate aspirazioni economiche. Osservando che gli abitanti di Gaza “risentono degli elevati livelli di disoccupazione, soffrono per la povertà diffusa, per le gravi carenze di acqua potabile e di elettricità, e di altri problemi che minacciano di scatenare una crisi umanitaria su larga scala”, il piano promette di accompagnarli in “un futuro prospero” fornendo loro 50 miliardi di dollari di investimenti nei prossimi dieci anni.

Peace to Prosperity stima che le sue prescrizioni potrebbero far “raddoppiare in dieci anni il PIL palestinese, creare oltre un milione di nuovi posti di lavoro, ridurre il tasso di disoccupazione al di sotto del 10 per cento e dimezzare il tasso di povertà della popolazione”. In questo spirito, il vocabolo elettricità compare 116 volte nel documento e il termine prosperità ben 303 volte.

Il piano economico è ben circostanziato. Ad esempio, invoca la creazione di un’“Area turistica sul Mar Morto” chiedendo che Israele consenta alla Palestina di realizzarla a nord del Mar Morto e costruisca una strada che possa permettere ai palestinesi provenienti dallo “Stato di Palestina di raggiungere quest’area turistica, fatte salve le considerazioni di sicurezza israeliane”. Inoltre, il piano prevede che in due anni vengano raccolti e spesi 25 milioni di dollari per fornire “un forte sostegno tecnico al settore pubblico palestinese onde sviluppare un nuovo regime e un nuovo quadro commerciale”.

Ecco il mio responso. C’è una sola persona che possa credere davvero che una di queste chimere sarà attuata?

Invece di tentare ancora una volta di convincere i palestinesi ad accettare il loro vicino israeliano facendo loro credere che avranno una vita migliore, i palestinesi hanno bisogno di sentire la verità nuda e cruda:

Il loro rifiuto secolare degli ebrei, del giudaismo, del sionismo e di Israele è l’unico e il solo problema che impedisce di trovare una soluzione. Questo negazionismo deve finire, immediatamente e definitivamente.
Non otterranno nessuna area turistica, nessun nuovo regime commerciale, nessun ingente aiuto finanziario, tanto meno sovranità e prosperità finché loro non accetteranno inequivocabilmente lo Stato ebraico di Israele e finché non lo faranno per un lungo periodo.

Le mie riserve in merito alla proposta di Trump riguardano la reiterazione e il rafforzamento del vecchio approccio fallito di promettere benefici ai palestinesi. No, i palestinesi hanno bisogno di sentire la grande verità che non accadrà nulla fino a quando non rinunceranno al loro ripugnante negazionismo. Piuttosto che offrire speranza, il piano dovrebbe dipingere un quadro di sfiducia. In caso contrario, esso finirà per essere irrilevante come ogni precedente iniziativa presidenziale.

http://www.danielpipes.org/19225/reserv ... peace-plan

Traduzione di Angelita La Spada
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Re: Israele non ha rubato e occupato alcuna terra altrui

Messaggioda Berto » dom feb 02, 2020 8:34 am

La paura della Pace
Maurizio Molinari
1 febbraio 2020

http://www.italiaisraeletoday.it/la-pau ... cYInVKr_q8

Agli accordi israelo-palestinesi di Oslo del 1993 ogni presidente degli Stati Uniti ha avuto un differente approccio al negoziato il Medio Oriente. Bill Clinton tentò di trasformarli in pace definitiva puntando sulla formula «pace in cambio di territori» ma si scontrò a Camp David nel 2000 con il rifiuto di Yasser Arafat di riconoscere al premier israeliano Ehud Barak, anche solo sul piano storico, il legame fra gli ebrei e il Monte del Tempio a Gerusalemme. George W. Bush, con la Conferenza di Annapolis del 2007, rinnovò l’approccio ma questa volta a rifiutare lo scambio offerto dall’israeliano Ehud Olmert – che avrebbe consegnato ai palestinesi Cisgiordania, Gaza e Gerusalemme Est con condizioni migliori di quelle di Barak – fu Abu Mazen, successore di Arafat, contrario a porre la propria firma sulla completa fine del conflitto «contro il nemico sionista».

Barack Obama era invece convinto che per far accettare la pace definitiva ai palestinesi l’America dovesse prima indebolire la posizione negoziale di Israele – su Gerusalemme, confini e insediamenti – e così fece, con una raffica di decisioni diplomatiche, ma anche in questo caso l’esito fu negativo per l’ostilità di Abu Mazen a rifiutare nel 2013 la richiesta del Segretario di Stato John Kerry di rinunciare al «diritto al ritorno» dentro i confini di Israele di 5,1 milioni di profughi palestinesi.

Sono tali precedenti a spiegare perché Trump ha optato per un approccio radicalmente diverso dai predecessori, ovvero ha deciso di porre Abu Mazen di fronte alla necessità di rinunciare ai tabù ideologici del nazionalismo arabo-palestinese, riconoscendo dei dati di fatto: il legame fra popolo ebraico e Gerusalemme esiste da 3000 anni; i luoghi santi di Gerusalemme non sono mai stati così aperti e accessibili a tutti come dall’indomani del 1967 quando gli israeliani ne presero il controllo; i territori di Cisgiordania, Gaza e Golan furono presi da Israele al termine di un conflitto difensivo; la risoluzione 242 dell’Onu non obbliga Israele a tornare ai confini pre-1967; i confini fra Israele e nuovo Stato arabo-palestinese non possono mettere in pericolo la sicurezza dello Stato ebraico.

Trump è convinto che se la pace ancora non è stata firmata è per la mancanza di realismo da parte dei leader palestinesi – Arafat prima ed Abu Mazen dopo – nel prendere atto della situazione sul terreno.

Un rifiuto che si origina nell’idea che «ogni terra appartenuta all’Islam in ultima istanza tornerà sotto il controllo dei musulmani» come affermò perfino Anwar Sadat dopo aver firmato la storica pace Egitto-Israele del 1979.

In ultima istanza, il maggior intento del piano di Trump è dunque di liberare il campo da ogni possibile dubbio sul fatto che Israele non sparirà dal Medio Oriente perché ciò che più ha spinto i leader palestinesi a rifiutare gli accordi di pace di Camp David ed Annapolis è stato il timore di assumersi la responsabilità di una pace definitiva, conclusiva, senza appello.

Questo spiega perché la scelta di Trump nel sostenere Israele è così netta. E fa comprendere perché i maggiori Paesi arabi sunniti – Arabia Saudita, Emirati ed Egitto – hanno reagito al piano di Trump con il linguaggio della realpolitik chiedendo ad Abu Mazen di «iniziare a negoziare» ovvero di accettare anzitutto la premessa del piano della Casa Bianca: è ora di ammettere che Israele è parte integrante del Medio Oriente.
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Re: Israele non ha rubato e occupato alcuna terra altrui

Messaggioda Berto » sab feb 08, 2020 8:42 pm

Giudea e Samaria: la storica decisione degli USA
25 Novembre 2019

https://www.ugei.it/giudeaa-e-samaria-l ... srulpcqLvA

HaTikwa (D. Fiorentini) – Arriva con un tempismo eccezionale la storica decisione degli USA di riconoscere gli insediamenti ebraici in Giudea e Samaria, ponendo fine all’ambiguità americana circa la legalità delle cosiddette colonie israeliane.

Una disputa che nasce nel lontano ’67 a seguito della vittoria riportata da Israele nella Guerra dei Sei Giorni e la relativa conquista della Giudea e della Samaria, quando per delegittimare lo Stato ebraico i paesi arabi hanno cominciato una campagna internazionale per rendere Israele agli occhi dell’opinione pubblica come una forza bruta e imperialista.

“E’ infatti dal (quel) momento in cui Israele viene considerato forza occupante all’interno di territori catturati”, scrive il giornalista Niram Ferretti, che sottolinea come questa prospettiva distorta del conflitto abbia radici tanto profonde da convincere la Corte di Giustizia Europa e l’Ufficio dell’Alto Rappresentante degli Affari Esteri.

In questo contesto discriminatorio e ispirato dai movimenti di boicottaggio si colloca la recente decisione dell’Unione Europea di etichettare gli articoli provenienti dalla Giudea e dalla Samaria come “prodotti in territori occupati da Israele“. Un ulteriore tentativo di delegittimazione dello Stato d’Israele, che va ad aggiungersi alle ben otto risoluzioni votate dall’ONU nei scorsi giorni che condannano Israele e non riconoscono i suoi confini.

L’accusa principale è quella di aver permesso, senza averne il diritto, la proliferazione di insediamenti ebraici in Giudea e Samaria. Oltre a trascurare la millenaria presenza di storiche comunità ebraiche come Gerico e Hebron, non sono state tenute in conto numerose accordi e numerose norme del diritto internazionale.

In primis il Mandato Britannico per la Palestina del 1922, che la Gran Bretagna, potenza vincitrice della Prima Guerra Mondiale, ha stipulato alle spese del collassato Impero ottomano, stabilì il diritto degli ebrei di dimorare in tutti i territori a occidente del fiume Giordano. Tale documento venne ratificato all’unanimità dalla Società delle Nazioni, una sorta di progenitore dell’ONU, ricevendo l’approvazione anche della Comunità Internazionale. “Esso non è mai decaduto, non è mai stato abrogato, e dal punto di vista del diritto internazionale è l’architrave su cui poggia tutto il resto. Non a caso, uno dei maggiori giuristi americani del secolo scorso, nonché uno degli architetti della Risoluzione 242, Eugene W. Rostow, lo specificava chiaramente in un suo importante articolo”

“Molti credono che il mandato palestinese ha avuto termine nel 1947 quando il governo britannico si dimise da potentato mandatario. Errato. Un accordo non cessa quando il fiduciario muore, si dimette, sottrae la proprietà affidata o è licenziato. L’autorità responsabile dell’accordo nomina un nuovo fiduciario o in alternativa dispone per l’adempimento dell’accordo… In Palestina il mandato britannico ha cessato di essere operativo relativamente ai territori di Israele e della Giordania quando questi due stati vennero creati e riconosciuti dalla comunità internazionale. Ma le sue normative sono ancora effettive relativamente alla West Bank e alla Striscia di Gaza, le quali non sono ancora state allocate a Israele, alla Giordania o a uno stato indipendente“.

Da notare che questo intervento fu fatto nel 1990, prima ancora degli Accordi di Oslo del 1993-1995, in cui per l’appunto vennero risolte tutte le perplessità riguardo i territori della Giudea e Samaria. I suddetti accordi stabilirono tre zone di pertinenza, la zona A sotto il controllo dell’Autorità Palestinese, la zona B e la Zona C a controllo israeliano. Il piano ed i suoi numerosi dettagli allegati furono approvati e riconosciuti dall’Autorità Palestinese, per cui non solo Israele ha il pieno di diritto di fondare nuovi insediamenti nelle sue aree di pertinenza, ma ha assolutamente fondamento l’accusa di discriminazione e boicottaggio mossa da Israele verso l’Unione Europea.

Grazie all’amministrazione Trump, dopo il riconoscimento di Gerusalemme come capitale dello Stato ebraico, il riconoscimento della sovranità sul Golan e adesso il riconoscimento della legalità degli insediamenti nelle aree C della Giudea e della Samaria, si sta delineando un nuovo scenario geo-politico in cui stanno venendo meno i capisaldi della propaganda araba contro la legittimità di Israele. Inoltre, “assicurando ad Israele garanzie di sicurezza tali da rendere possibili le concessioni necessarie per arrivare ad un accordo di pace permanente capace di rispondere anche alla richiesta dei palestinesi di avere un proprio stato”.
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Re: Israele non ha rubato e occupato alcuna terra altrui

Messaggioda Berto » sab feb 08, 2020 8:44 pm

In Israele non vi è alcuna apartheid



APARTHEID E STERMINIO DEL "POPOLO PALESTINESE"
31 gennaio 2020
https://www.facebook.com/alessio.tramat ... 6159191777

- Il 20% della popolazione israeliana è araba;
- Il 17% della popolazione israeliana è musulmana;
- Più di 300 imam e muezzin sono stipendiati dallo Stato;
- Un milione e 400mila israeliani musulmani parlano l’arabo;
- L'arabo è una delle due lingue ufficiali di Israele;
- 26mila musulmani studiano negli istituti accademici israeliani;
- I musulmani in Israele sono cresciuti di 10 volte rispetto al 1948 (stessa crescita anche nei territori "palestinesi");
-Sono diffuse 6 differenti correnti dell’Islam;
- Le moschee sono cresciute del 500% sempre dal 1948;
- 13 deputati alla Knesset sono arabi;
- 1700 musulmani prestano servizio nell’esercito israeliano. (Da A.M.)

Gli arabi/musulmani in Israele hanno tutti i diritti di un qualsiasi cittadino israeliano e hanno, diversamente dai territori "palestinesi", il diritto al voto! Solo in Israele i musulmani hanno diritti.

E lo chiamano appartheid, sterminio, olocausto... ma chi è il c@gli@ne che ancora crede a queste colossali menzogne?! Sicuramente tanti di questi hanno appena letto questo post

Nel mentre gli ebrei sono stati cacciati quasi completamente dai paesi isl@mici e i cristiani vengono trucidati dai musulm@ni anche mentre scrivo


Scozia, il professore esperto di Medio Oriente agli studenti che boicottano Israele: «Non esiste apartheid in Israele, uno dei Paesi più liberi al mondo» | Mosaico
Ilaria Myr
2 Settembre 2019

https://www.mosaico-cem.it/attualita-e- ... i-al-mondo

Denis MacEoin è un professore di origine nord-irlandese, specializzato in affari del Medio Oriente, autore di diversi libri, insegnante di arabo e studi islamici. Non ebreo, è un vero esperto della sua materia. Risulta quindi molto interessante la lettera che ai primi di agosto ha scritto agli studenti dell’Associazione studentesca dell’università di Edimburgo (Eusa) che hanno votato una mozione per boicottare tutti i prodotti israeliani, spiegando come questi pregiudizi non siano ammissibili da parte di universitari (Il professore si era già espresso nel 2016 contro le posizioni antisraeliane degli studenti.)

Qui la traduzione della lettera.

«Posso dire qualche parola ai membri dell’EUSA? Sono un laureato di Edimburgo (MA 1975) che ha studiato storia persiana, araba e islamica a Buccleuch Place sotto William Montgomery Watt e Laurence Elwell Sutton, due dei grandi esperti britannici del Medio Oriente ai loro tempi. Successivamente ho continuato a fare un dottorato di ricerca a Cambridge e ad insegnare arabo e studi islamici all’università di Newcastle. Naturalmente, sono autore di numerosi libri e centinaia di articoli in questo campo. Dico tutto ciò per dimostrare di essere ben informato nelle questioni mediorientali e che, per tale motivo, sono scioccato e scoraggiato dall’emozione e dal voto dell’EUSA.

Sono scioccato per un semplice motivo: non esiste e non c’è mai stato un sistema di apartheid in Israele. Questa non è la mia opinione, è un fatto che può essere messo alla prova dalla realtà da qualsiasi studente di Edimburgo, se lui o lei decidessero di visitare Israele per vedere da soli. Consentitemi di precisarlo, poiché ho l’impressione che quei membri dell’EUSA che hanno votato per questa mozione siano assolutamente all’oscuro delle questioni riguardanti Israele, e che siano, con ogni probabilità, vittime di propaganda estremamente distorta proveniente dalla lobby anti-Israele atrio.

Essere anti-Israele non è di per sé discutibile. Ma non sto parlando delle normali critiche a Israele. Sto parlando di un odio che non si concede confini alle menzogne e ai miti che si riversano. Pertanto, Israele viene ripetutamente indicato come uno stato “nazista“. In che senso è vero, anche come metafora? Dove sono i campi di concentramento israeliani? le einzatsgruppen? Le SS? Le leggi di Norimberga? La soluzione finale? Nessuna di queste cose e niente di simile a loro alla lontana esiste in Israele, proprio perché gli ebrei, più di chiunque altro sulla terra, comprendono ciò che il nazismo rappresentava.

Si sostiene che ci sia stato un olocausto israeliano a Gaza (o altrove). Dove? Quando? Nessuno storico onesto tratterebbe quell’affermazione con qualsiasi cosa tranne il disprezzo che merita. Ma chiamare gli ebrei nazisti e dire che hanno commesso un olocausto è un modo fondamentale per sovvertire il fatto storico come qualsiasi cosa io possa pensare.

Allo stesso modo l’apartheid. Perché esista l’apartheid, ci dovrebbe essere una situazione che somigliava molto a come erano le cose in Sud Africa sotto il regime dell’apartheid. Sfortunatamente per coloro che ci credono, un fine settimana in qualsiasi parte di Israele sarebbe sufficiente per dimostrare quanto sia ridicola l’affermazione.

L’Università di Edimburgo

Che un corpo di studenti universitari si sia davvero innamorato di questo e lo abbia votato è un triste commento sullo stato dell’educazione moderna. Il focus più ovvio per l’apartheid sarebbe la popolazione araba del 20% del paese. Secondo la legge israeliana, gli israeliani arabi hanno esattamente gli stessi diritti degli ebrei o di chiunque altro; i musulmani hanno gli stessi diritti degli ebrei o dei cristiani; I baha’i, gravemente perseguitati in Iran, prosperano in Israele, dove hanno il loro centro mondiale; I musulmani Ahmadi, gravemente perseguitati in Pakistan e altrove, sono tenuti al sicuro da Israele; i luoghi santi di tutte le religioni sono protetti da una specifica legge israeliana. Gli arabi formano il 20% della popolazione universitaria (un riflesso esatto della loro percentuale nella popolazione generale).

In Iran, ai Bahai (la più grande minoranza religiosa) è vietato studiare in qualsiasi università o dirigere le proprie università: perché i vostri membri non boicottano l’Iran? Gli arabi in Israele possono andare dove vogliono, a differenza dei neri nell’apartheid in Sud Africa. Usano i mezzi pubblici, mangiano nei ristoranti, vanno in piscina, usano le biblioteche, vanno al cinema insieme agli ebrei – qualcosa che nessun nero poteva fare in Sud Africa.

Gli ospedali israeliani non trattano solo ebrei e arabi, ma trattano anche i palestinesi di Gaza o della Cisgiordania. Negli stessi reparti, nelle stesse sale operatorie.

In Israele, le donne hanno gli stessi diritti degli uomini: non esiste l’apartheid di genere. I gay e le donne non affrontano restrizioni e i gay palestinesi spesso scappano in Israele, sapendo che potrebbero essere uccisi a casa.

Mi sembra strano che i gruppi LGBT chiedano un boicottaggio di Israele e non parlino di paesi come l’Iran, dove uomini gay vengono impiccati o lapidati a morte. Ciò illustra una mentalità incomprensibile.

Studenti intelligenti pensano che sia meglio tacere sui regimi che uccidono i gay, ma è bene condannare l’unico paese del Medio Oriente che salva e protegge i gay. È forse uno scherzo malato?

L’università dovrebbe imparare a usare il cervello, a pensare razionalmente, a esaminare prove, a trarre conclusioni basate su prove solide, a confrontare fonti, a valutare una visione rispetto a una o più altre. Se il meglio che Edimburgo ora può produrre sono studenti che non hanno idea di come fare una di queste cose, allora il futuro è desolante.

Non mi oppongo alle critiche ben documentate di Israele. Mi oppongo quando persone apparentemente intelligenti individuano lo stato ebraico al di sopra di stati orribili nel loro trattamento delle loro popolazioni. Stiamo attraversando il più grande sconvolgimento in Medio Oriente dal 7 ° e 8 ° secolo, ed è chiaro che arabi e iraniani si stanno ribellando contro regimi terrificanti che combattono uccidendo i propri cittadini.

I cittadini israeliani, sia ebrei che arabi, non si ribellano (anche se sono liberi di protestare). Eppure gli studenti di Edimburgo non organizzano manifestazioni e non chiedono boicottaggi contro la Libia, il Bahrain, l’Arabia Saudita, lo Yemen e l’Iran. Preferiscono fare false accuse contro uno dei paesi più liberi del mondo, l’unico paese del Medio Oriente che ha accolto i rifugiati del Darfur, l’unico paese del Medio Oriente che offre rifugio a uomini e donne gay, l’unico paese del Medio Oriente Oriente che protegge i Bahai … Devo andare avanti?

Lo squilibrio è percepibile e non dà credito a chiunque abbia votato per questo boicottaggio. Vi chiedo di mostrare un po’ di buon senso. Ottenete informazioni dall’ambasciata israeliana. Chiedete a degli oratori esperti. Ascoltate tutte le parti. Non prendete una decisione fino a quando non avrete ascoltato equamente entrambe le parti. Avete un dovere verso i vostri studenti, e cioè proteggerli da discussioni unilaterali.

Non sono all’università per essere propagandizzati. E certamente non sono lì per essere ingannati nell’antisemitismo punendo un paese tra tutti i paesi del mondo, che è l’unico stato ebraico. Se ci fosse stato un solo stato ebraico negli anni ’30 (che, purtroppo, non c’era), non pensate che Adolf Hitler avrebbe deciso di boicottarlo?

La vostra generazione ha il dovere di garantire che il razzismo perenne dell’antisemitismo non metta mai radici tra di voi. Oggi, tuttavia, ci sono chiari segni che lo ha fatto e che le radici stanno attecchendo sempre di più. Avete la possibilità di evitare un grande male, semplicemente usando la ragione e il senso del fair play. Per favore, ditemi che questo ha senso. Vi ho dato alcune prove. Sta a voi scoprire di più».




In Israele c’è l’apartheid verso gli arabi?
anno 1914

http://veromedioriente.altervista.org/a ... sraele.htm

Premessa: tratto in parte da qui, qui, qui, qui

Israele è nata come Stato ebraico e democratico, quale Stato-nazione del popolo ebraico.
Stato ebraico significa Stato-nazione del popolo ebraico, che adotta come missione storica la perpetuazione storica e culturale del popolo ebraico. Israele è uno stato ebraico nel senso che è lo Stato della nazione ebraica, la cui cultura maggioritaria è ebraica. Israele è uno Stato democratico nel senso che è uno Stato di diritto che rispetta i diritti umani, e il principio di libera auto-determinazione dell’individuo.

Dire che in Israele vi è apartheid è la cosa più assurda del mondo: Israele è una nazione di sei milioni di abitanti di cui un milione di arabi e gli arabi israeliani votano esattamente come gli ebrei, senza alcuna separazione, hanno partiti e deputati, e naturalmente giudici, professori universitari, sindaci, pieni diritti politici e sociali e il libero accesso a tutte le opportunità offerte da una società aperta e modernissima come quella israeliana (http://www.upjf.org/fr/3643-vous-avez-d ... igano.html ). Non è un caso che siano migliaia ogni anno i palestinesi che soprattutto a Gerusalemme chiedono di abbandonare l'AP e di diventare israeliani.

Israele non è quindi il paese dell’apartheid: più di un milione di arabi israeliani lo testimoniano. In Israele non ci sono mezzi di trasporto, scuole, strutture dove gli arabi non possono entrare. Ci sono deputati arabi al parlamento israeliano, come Hanin Zoabi, che possono democraticamente partecipare alla Freedom flottilla e poi accusare il proprio governo di “pirateria” dagli stessi scranni della Knesset. O personaggi come la dottoressa Suheir Assady, la prima donna musulmana a dirigere un reparto ospedaliero in Israele; oppure come la dottoressa Rania el Hativ, la prima donna araba a diventare chirurgo plastico in Israele.

Un giudice della Corte Suprema d’Israele, un arabo (!) , durante la cerimonia di insediamento si è rifiutato di intonare con i suoi colleghi l’inno nazionale d’Israele. In Italia cosa sarebbe successo se si fosse verificato nella Corte Costituzionale un episodio analogo? Bene, in Israele il primo ministro Netanyahu ha personalmente espresso a questo giudice la sua solidarietà ed ha approvato il suo gesto. Non ci sembra che vi sia bisogno di commenti.

In sostanza, gli arabo-israeliani godono stessi diritti dei cittadini ebrei e sono tutt'ora rappresentati alla Knesset di Israele.

Chissà quanti sono informati in Italia che nel parlamento israeliano, la Knesset, siedono 11 deputati arabi? La domanda è lecita, visto che raramente ne scrivono i nostri giornali. Eppure di motivi ce ne sarebbero, a partire dal solo fatto della loro presenza. Ma non era Israele uno stato di Apartheid? Certo, se ai lettori venisse ricordato questo particolare, forse comincerebbero a chiedersi il motivo di certe etichette. Questo è però un nostro desiderio, temiamo rimarrà tale. E i lettori italiani continueranno a immaginare i palestinesi come una minoranza senza voce, non rappresentata nelle istituzioni israeliane.
Quella stessa nazione dove tutte le indicazioni, dai musei alle strade, sono scritte in lingua ebraica araba e in inglese. Gerusalemme viene tacciata di essere, “la capitale dell’apartheid, del genocidio, della deportazione e dello sterminio di stampo sionista”. Questo anche grazie al contributo dei New Elders of Washington come Jimmy Carter.

È vero che nelle zone di guerra israeliane ci sono delle separazioni tra arabi ed ebrei: durante la seconda intifada vi erano continui scontri tra israeliani e palestinesi, attentati e attacchi ai civili israeliani e anche agli internazionali (due osservatori norvegesi sono stati uccisi in un attentato palestinese nel 2001).

Per questo con lo scoppio della seconda intifada si sono introdotte drastiche soluzioni: separare le strade su cui passano arabi e quelle su cui passano ebrei. Ogni volta che le misure venivano annullate, riprendevano gli attacchi terroristici. Ci sono i checkpoint che rendono difficili gli spostamenti, è vero. Ma sarebbe sufficiente riflettere per quale motivo sono necessari.

Molte però sono le false informazioni che circolano, infatti lo strumento privilegiato dei detrattori di Israele è la propagazione di affermazioni assurde e prive di fondamento, nella speranza che diventino verità convenzionali. Tanto per fare un esempio, il 19 agosto, il Toronto Star ha pubblicato una linea editoriale di Thomas Woodley, presidente del movimento canadese anti-Israele, l’ Organizzazione per la Giustizia e la Pace in Medio Oriente (CJPME), che aveva erroneamente affermato esserci strade per ”soli Ebrei” negli insediamenti in Cisgiordania. Queste affermazioni, palesemente false, hanno l’unico scopo di diffamare Israele con l’accusa di razzismo, e ce ne sono tantissime che circolano.

Non ci sono strade costruite esclusivamente per gli ebrei. Come The Committee for Accuracy in Middle East Reporting in America sottolinea: “I cittadini arabi di Israele e i cittadini israeliani di qualunque religione o etnia, hanno lo stesso diritto a circolare su queste strade come gli ebrei. Gli arabi israeliani usano frequentemente i sotto-passaggi per affari e per visitare i parenti. “Mentre alcune strade sono vietate ai palestinesi in Cisgiordania per motivi di sicurezza, ci sono anche alcune strade, in zone densamente popolate da arabi, in Israele, che sono sconsigliate agli ebrei per ragioni di sicurezza.

Inoltre, l’affermazione che solo gli ebrei sono autorizzati a risiedere negli insediamenti israeliani, il che significa che ai non ebrei è vietato viverci, non ha giustificazione. Non vi è alcuna legge che impedisca agli arabi con cittadinanza israeliana di vivere ovunque vogliano. Lo stesso vale per i residenti palestinesi di Gerusalemme, con le carte d’identità israeliane, che hanno diritto di vivere ovunque a Gerusalemme. (nota: queste false dichiarazioni formulate per screditare Israele, una volta sbugiardate pubblicamente, sono state ritirate dal sito dello Star.)

Anzi i fatti mostrano che Israele è uno stato ipergarantista, soprattutto nei confronti della minoranza araba. Ma vaglielo a dire a quelli che discettano di apartheid e sono “preoccupati per la democrazia israeliana”.

D’altra parte, non si può neppure ignorare il fenomeno della “discriminazione opposta”: le leggi di progettazione e costruzione, che sono osservate quasi completamente nel settore ebraico, sono osservate con enorme lassismo nel settore arabo, in particolare dai beduini nel Negev. Quante migliaia di edifici sono stati costruiti nel Negev, senza permessi su terreni che non appartenevano ai beduini? Come è possibile che non ci siano marciapiedi a Um al-Fahm e la distanza tra gli edifici è più o meno la larghezza di una vettura?


Un altro esempio di discriminazione alla rovescia esiste nel settore del matrimonio: se un ebreo vuole sposare una donna prima di aver completato il processo di divorzio dalla moglie attuale si troverà dietro le sbarre, come è successo al famoso cantante Mati Kaspi.
Ma se un arabo sposa una seconda moglie, terza o quarta, lo Stato paga per i bambini un assegno mensile per ogni moglie senza fare troppe domande.


Un altro caso di discriminazione a favore degli arabi esiste nel settore abitativo: nel settore ebraico circa il 90% risiede in condomini e solo il 10% circa vive in case private.
Nel settore arabo il quadro è il contrario: più del 90% vive in case private, e meno del 10% vive in condomini. Ma la caratteristica che più accomuna il settore arabo in Israele è la società in cui vive. Tutti gli arabi del mondo vivono o sotto dittatura nella loro patria, o sotto altre dittature negli stati della diaspora. Non c’è quasi comunità araba al mondo che viva nella propria terra in uno stato veramente democratico.


I cittadini arabi di Israele sono l’unico gruppo arabo che vive sulla propria terra ( senza contare le terre da cui hanno avuto origine) in un regime democratico che onora i diritti umani e le libertà politiche.
Questa è la ragione per cui gli arabi fuori da Israele invidiano i cittadini arabi di Israele e li chiamano “arab al-Zibda”, o “panna montata araba”.

Nonostante tutto ciò.... sulle due sponde dell’Atlantico gruppi religiosi, intellettuali e sindacati promuovono campagne di boicottaggio ingannevoli e spesso antisemite per demonizzare quello che loro chiamano lo stato ebraico dell’apartheid, spesso paragonandolo al Sud Africa.
La verità è che a differenza dal Sud Africa dell’apartheid Israele è uno stato democratico. La sua minoranza araba è del 20% e gode di tutti i diritti e libertà religiose, politiche ed economiche derivanti dalla cittadinanza, ivi inclusa quella di eleggere deputati di sua scelta al parlamento d’Israele. Gli arabi israeliani e palestinesi possono accedere ai giudizi della Corte Suprema israeliana. A differenza di ciò nessun ebreo ha il diritto di possedere proprietà in Giordania, nessun cristiano od ebreo ha la possibilità di visitare i luoghi santi dell’Islam nell’Arabia Saudita.

Tra l'altro, il 68,3 per cento degli arabi israeliani preferisce vivere in Israele rispetto a qualunque altro stato al mondo (compresa la mitica palestina, dobbiamo credere) e il 58% accetta le caratteristiche ebraiche dello stato (lingua, feste ecc.). Non male, non credete, come risultato della fantomatica apartheid?

Se c’è un paese nel quale la discriminazione di genere è al minimo, quello è Israele, mentre non è il caso né nei territori “governati” dall’OLP, né in quelli di Hamas. Avrebbe potuto ricordare che i cristiani arabi soggetti all’Autorità palestinese e a Gaza stanno fuggendo in massa dai luoghi nei quali sono perseguitati, mentre la comunità cristiana è fiorente in Israele.

Gli arabi israeliani sono cittadini a pieno titolo (a parte l’esenzione dal servizio militare), hanno diversi partiti (compresi quelli islamici) rappresentati alla Knesset , un giudice della Corte Suprema, il proprio sistema scolastico nella loro lingua, seconda lingua nazionale, presente in tutti i segnali, ecc.

Ovviamente, mai nessuno si indigna per il fortissimo razzismo e il vero apartheid messo in atto con ferocia dagli arabi e dai palestinesi nei confronti degli ebrei: questo si che è reale e ben documentato. Ma questa è un'altra storia.

Nota a proposito del tanto pubblicizzato boicottaggio: il grande storico Raul Hilberg ha spiegato che il boicottaggio economico contro gli ebrei nella Germania nazista è stato il primo passo verso la Shoah. Lo stesso grido "raus mit uns" (fuori con noi) ferisce ora lo Stato di Israele; è tornata la minaccia nazista "kauf nicht bei Juden..." (non comprate dagli ebrei).

Gli arabi in Israele possono diventare chiunque, possono assumere cariche importantissime, mentre gli israeliani a Gaza possono solo essere rapiti (o uccisi).

Il muro costruito da Israele è apartheid o discriminazione?

Premessa: tratto da qui e qui

Intanto il muro esiste solo nelle zone più calde del confine tra Israele e i territori, quelle zone da cui erano soliti entrare i terroristi, tutto il resto è rete di protezione. Diciamo che da quando esiste la barriera salva-vita gli attentati sono diminuiti del 99%.

Ricordiamo a chi legge alcuni particolari: dagli accordi di Oslo il terrorismo contro Israele da parte dei palestinesi è aumentato in modo spaventoso per raggiungere l'apice dal 2000 al 2005 quando saltavano in Israele, tra la popolazione civile, autobus, teatri , ristoranti, pizzerie, centri commerciali con 1400 morti tra i civili e più di 6000 feriti diventati poi disabili perché bruciati in tutto il corpo, perché rimasti senza arti, perché diventati malati di nervi.

Diciamo che i palestinesi si muovono tranquillamente nei territori dal momento che Israele, col calo del terrorismo grazie alla barriera, ha tolto quasi tutti i check point. Diciamo che chi va a Gerusalemme con buone intenzioni viene controllato ma non arrestato. Diciamo che Israele non ha fatto ancora nessuna pace con l'ANP, quindi , trattandosi di entità nemica, deve stare all'erta contro attentati di cui Gerusalemme è stata vittima molto spesso.

Oggi nel mondo ci sono 50 barriere difensive. Bill Clinton ha fatto costruire il muro che divide gli Usa dal Messico; la Spagna ha costruito recinzioni per impedire l’ingresso ai marocchini; l’India sta erigendo un muro di separazione dal Kashmir; tra la Corea del Sud e la Corea del Nord c’è il confine più fortificato al mondo; i ricchi sceiccati arabi stanno recingendo il confine con il poverissimo Oman; Cipro è divisa da muri; Belfast è una città recintata da barriere in mattoni, ferro e acciaio, e persino l’ultra-liberale Olanda ha costruito un recinto intorno al Hoek van Holland.
Tuttavia solo le barriere di Israele sono state condannate, solo le barriere di difesa di Israele hanno ricevuto continui attacchi sui media e sono sbattute in prima pagina e solo i checkpoint di Israele interessano alle manifestazioni degli attivisti.
Mentre negli altri paesi le recinzioni impediscono l’ingresso a immigrati clandestini dai paesi limitrofi, solo in Israele le recinzioni e i posti di blocco hanno come giustificazione un motivo veramente umanitario: quello di garantire alla popolazione civile il diritto alla vita. Filo spinato, pattugliamenti stradali, telecamere e sensori elettronici sono utilizzati in Israele per impedire che un ristorante, un centro commerciale o un albergo possano trasformarsi in stragi di corpi umani. Corpi di ebrei.


In nessun altro paese con le stesse misure difensive, vi sono infiltrati con il “sacro” scopo di uccidere esseri umani. Tijuana, il simbolo del muro di separazione tra Stati Uniti e Messico, non è Qalqilya, una città palestinese a 15 chilometri da Tel Aviv, circondata da una barriera di sicurezza, chiamata “Paradise Hotel”, perché la città è stata usata dai terroristi suicidi come il luogo di partenza degli attacchi contro Israele. E’ da Qalqilya, dalle cui colline si possono vedere le torri Azrieli di Tel Aviv , che si capisce come possano essere bombardate dai terroristi.
Le barriere di sicurezza sono il più importante strumento di difesa di Israele contro il terrorismo. A differenza del Checkpoint Charlie di Berlino, che era un monumento di sfida contro gli oppressi, i checkpoint israeliani sono un simbolo di vita. Secondo l’IDF, circa il 30% degli arresti da parte dell’antiterrorismo israeliano ha avuto luogo presso i posti di blocco.


Israele ne ha migliorato le condizioni di vita, ma i terroristi arabi palestinesi ne hanno deliberatamente approfittato. Nel 2004, una donna palestinese ha ucciso quattro israeliani a un posto di blocco a Gaza, fingendo di essere disabile. A causa del suo stato, i soldati avevano proceduto ai controlli di sicurezza senza prima utilizzare un metal detector. Lei ha quindi potuto far esplodere l’ ordigno esplosivo che portava con sè.
Ci sono 63 posti di blocco lungo la barriera, noti come “porte” e “ostacoli”, quali blocchi stradali e passaggi sotto controllo. Per questo i terroristi arabi palestinesi hanno trovato difficoltà a procurarsi armi da quando l’esercito controlla ogni città. Quando rimangono bloccati ai posti di blocco, comunicano con i cellulari. In questo modo i servizi segreti israeliani riescono a intercettare la chiamata e individuare la rete. In passato, l’intelligence israeliana veniva a conoscenza di un attacco mentre questo era già in corso. Con i posti di blocco, l’esercito ferma le manovre dei terroristi dell’Anp. Ecco perché il checkpoint di Kalandia, tra Gerusalemme e Ramallah, assomiglia ad un vero e proprio confine.
Senza posti di controllo, barriere di sicurezza e blocchi stradali, Israele non sarebbe in grado di esistere.

Il sionismo è un movimento razzista?


Premessa: tratto in parte da qui

Il sionismo è il movimento di liberazione nazionale del popolo ebraico, e come tutti i movimenti di liberazione nazionale, è stato storicamente caratterizzato da una grande diversità di opinioni sulle modalità, i tempi e persino il luogo d’attuazione del suo programma, oltre che sulla natura e il carattere della futura società e Stato che aspirava a creare.

Col tempo, la maggioranza dei sionisti sostenne il ritorno del popolo ebraico nell’antica terra d’Israele come la rivendicazione essenziale del movimento, ma fino al 1903 esistevano tra i sionisti anche coloro che sostenevano la necessità di creare uno Stato ebraico ovunque si rendesse disponibile un territorio e tra i luoghi considerati c’erano l’Africa Orientale (la cosiddetta Opzione Uganda), un’area costiera del Sinai nell’odierno Egitto, una provincia argentina e persino un territorio nel Nord-Est dell’Australia.

La terra d’Israele prevalse per il profondo legame storico ed emotivo con il popolo ebraico. Ma in nessun caso il sionismo postulò che l’affermazione del proprio progetto nazionale dovesse avvenire a spese dei diritti degli arabi che vivevano in Palestina, proclamando invece la necessità di trovare una soluzione pacifica e forme di convivenza tra ebrei e arabi.

Fino all’ultimo, la leadership sionista cercò un compromesso con la controparte araba, ma senza successo, e a ogni occasione furono i sionisti, piuttosto che gli arabi, ad accettare le soluzioni di compromesso territoriale e politico ripetutamente proposte dalla comunità internazionale: la spartizione della Palestina in due stati fu proposta dalla Commissione Peel nel 1937 e I dall’Onu nel 1947, ma fu rifiutata dagli arabi (i sionisti accettarono entrambe le proposte), mentre l’idea di uno Stato binazionale fu proposta da due movimenti sionisti negli Anni Trenta e respinta dalla leadership araba.

Il risultato è che il Sionismo ha creato uno Stato basato su tre cardini: laicità, democrazia ed uguaglianza, e quindi per nulla razzista.

Il Sionismo in quanto movimento di liberazione nazionale ebraico ha attuato lo scopo della creazione e dello sviluppo di uno Stato per il popolo ebraico, Israele, con cui si identifica in lingua (ebraico come lingua ufficiale), simboli (bandiera, inno e stemma), tradizione e cultura (festività e memoria storica).
A causa delle demonizzazione di questo termine, "Sionismo" è impropriamente associato a "razzismo", "colonialismo", "dominio straniero". La Risoluzione dell'Assemblea Generale dell'ONU n. 3379 del 10 novembre 1975 equiparava il Sionismo al razzismo ed è stata abrogata dalla risoluzione 4686 del 1991 come si legge qui.
Il Sionismo è ancor oggi considerato una forma di razzismo e colonialismo dalla Lega Araba, come testimonia la Carta Araba dei Diritti Umani, e dal movimento delle ONG, come testimonia la Dichiarazione Finale di Durban 2001.

Indovinate qual è l'unica nazione dove i palestinesi hanno gli stessi diritti dei suoi cittadini?

Israele è una dittatura e non c'è libertà di stampa?

Premessa: tratto da qui

Israele gode da sempre di una grande libertà di espressione, di stampa e di pensiero. La libertà nel mondo politico riflette la libertà del mondo privato e sociale che ha origini nella storia israeliana e nella composizione estremamente complessa del tessuto sociale.

Israele si è formata su basi laico-socialiste, con forti componenti antagoniste di ispirazione liberista e correnti religiose. La società israeliana si è dovuta adattare a ondate di immigrazione che portavano non solo nuovi cittadini, ma differenti usi e costumi, modi di vita e considerazioni filosofiche, imponendo ad ognuno di accettare la diversità, di rispettare l'altro. Vari studi identificano anche nell'ebraismo elementi culturali e politici propri del pluralismo, della democrazia e della giustizia.

Di fatto, nonostante il costante stato di emergenza e l'etos sionista uniformante, la società israeliana si è costituita come una delle più libere e vivaci. Questa grande libertà ha permesso lo sviluppo di svariate associazioni umanitarie che si occupano della tutela dei diritti umani, di avanzare gli interessi della minoranza araba, di limitare i danni collaterali alle azioni militari.

Su Israele la questione è chiara: buona parte della stampa è antigovernativa (Haaretz, Yediot Aharonot ecc.) e nessuno si è mai sognato di impedirne il lavoro; è del tutto indipendente l'apparato giudiziario; la corte suprema non è nominata dalla politica. In pratica diversi ex ministri, premier (Olmert) familiari di premier (il figlio di Sharon), ministri attuali (Lieberman) sono stati indagati e poi rinviati a giudizio o meno per vari abusi veri e supposti, c'è perfino un ex capo dello stato (Katsav) che sta in galera condannato per molestie sessuali. Quando c'è stata la condanna, l'anno scorso, perfino molti nemici di Israele, nemici anche di Berlusconi, per una volta presero la giustizia israeliana a esempio di quel che volevano accadesse da noi...
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Israele non ha rubato e occupato alcuna terra altrui

Messaggioda Berto » sab feb 08, 2020 8:46 pm

Su Repubblica la realtà rovesciata per disinformare contro Israele
Nel pezzo di Vincenzo Nigro
Testata: La Repubblica
07 febbraio 2020
Titolo: «Cresce la tensione tra israeliani e palestinesi 15 feriti e 3 morti»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 07/02/2020, a pag.26, con il titolo "Cresce la tensione tra israeliani e palestinesi 15 feriti e 3 morti", il commento di Vincenzo Nigro.

http://www.informazionecorretta.com/mai ... iezk6RMvJ4

Di completa disinformazione il pezzo di Vincenzo Nigro, nella peggiore tradizione dell'ostilità contro Israele. Fin dal titolo la realtà dei fatti di ieri viene rovesciata: scrivere "Cresce la tensione tra israeliani e palestinesi" permette di ignorare le responsabilità dei terroristi arabi palestinesi che ieri hanno colpito in tre luoghi diversi e, nello stesso tempo, di mettere sullo stesso piano terroristi e vittime israeliane.
Il testo del pezzo di Nigro non è migliore: "C'è molta tensione in queste ore a Gerusalemme e in Cisgiordania: in tre diversi attentati, le forze di polizia e l'esercito israeliano hanno ucciso 2 palestinesi, mentre dodici soldati sono stati investiti in auto da uno degli attentatori". La notizia, nella ricostruzione faziosa di Nigro, diventa l'inevitabile risposta difensiva israeliana, che ha neutralizzato i terroristi, e non gli attacchi da questi ultimi perpetrati.

Ecco l'articolo:
C'è molta tensione in queste ore a Gerusalemme e in Cisgiordania: in tre diversi attentati, le forze di polizia e l'esercito israeliano hanno ucciso 2 palestinesi, mentre dodici soldati sono stati investiti in auto da uno degli attentatori (fra di loro un paio di militari sono in condizioni gravi). Il primo attentato è avvenuto a Gerusalemme, dove un palestinese ha investito con la sua auto un gruppo di soldati appartenenti alla "Brigata Golani" falciandone dodici. Il responsabile dell'attacco, un ragazzo di ventiquattro anni, è stato arrestato in Cisgiordania dopo una caccia all'uomo che è durata tutta la giornata. II secondo attacco è avvenuto in prossimità del Monte del Tempio: un arabo israeliano di Haifa, Shadi Bana (45 anni), ha sparato contro un gruppo di agenti in servizio ferendone uno in modo leggero. Subito dopo è stato ucciso dagli altri poliziotti. Terzo attentato vicino all'insediamento ebraico di Dolev in Cisgiordania dove un ignoto attentatore, poi fuggito, ha sparato contro un soldato ferendolo leggermente. Tutti gli osservatori mettono questi attentati in relazione diretta con il cosiddetto "Piano del secolo" presentato la settimana scorsa dal presidente americano Donald Trump. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ripete che Israele «non verrà sconfitto dal terrorismo». Mentre il presidente palestinese Abu Mazen ha chiesto alle autorità israeliane di porre fine «all'escalation di tensioni create dal piano americano, che non tiene conto dei diritti dei palestinesi».
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Re: Israele non ha rubato e occupato alcuna terra altrui

Messaggioda Berto » sab feb 08, 2020 9:55 pm

I PALESTINESI DI ISRAELE NON VOGLIONO DIVENTARE PALESTINESI DI PALESTINA

https://www.facebook.com/alessio.tramat ... 5317950709


Gli arabi israeliani che vivono in territorio israeliano protestano perché non vogliono vivere sotto l'Autorità Palestinese, ossia nei territori della Palestina prospettato nel Piano di Pace di Trump.

Si, avete capito bene. I palestinesi israeliani si stanno cagando sotto dalla paura di uscire dalla sovranità Israeliana e finire in pasto al regime teocratico islamico s-governato dall'Autorità Palestinese.

Proprio strano che i palestinesi preferiscano vivere sotto un "regime razzista, nazista e di appartheid che li opprime, uccide i loro bambini, gli toglie l'acqua e gli avvelena i pozzi" (tipiche minkiate dal fake dei Protocolli dei Vecchi Savi di Sion), e non in un paradiso islamico, democratico e liberale come la Palestina... ?

Ashraf Jabari è un uomo d’affari arabo-palestinese di Hebron che nel luglio scorso ha partecipato alla conferenza economia in Bahrain. In una intervista televisiva ha dichiarato:

"Oggi, il 90% della popolazione palestinese è certa: l'unica soluzione per noi è vivere sotto il controllo di Israele. Sotto la sovranità di Israele.
A loro non importa se saranno o no cittadini, essi vogliono dimenticare l'intero conflitto e tutti i problemi che ne derivano. Oggi c'è una situazione problematica a Hebron e in tutti i territori, solo coloro che traggono profitto dal conflitto e dal terrorismo (leadership abusive dell'Autorità Palestinese e Hamas ndr), sono contro la pace. Quindi dobbiamo cercare un-altra strada, in modo che i nostri bambini possano avere un futuro migliore e che possiamo vivere insieme senza odio. Dobbiamo dichiarare 'basta violenza, basta guerra. Basta terrorismo!' ..."

Importante sottolineare queste parole di Jabari:

"... solo coloro che traggono profitto dal conflitto e dal terrorismo sono contro la pace".

Jabari fa intendere che non è il popolo a trarre vantaggio dal conflitto ma i loro leader abusivi che li tengono in ostaggio (come dichiarato in altra intervista). Un altro palestinese, Mus-ab Hasan Yūsuf, nato a Ramallah ed ex membro di Hamas, al Consiglio ONU per i Diritti Umani si riferisce cosi ai leader palestinesi:

"... Mi rivolgo all'Autorità Palestinese, che sostiene di essere l'unica legittimata a rappresentare il popolo palestinese; e chiedo: da dove proviene la vostra legittimazione?
Il popolo palestinese non vi ha eletti, e non vi ha conferito alcuna rappresentanza. Vi siete autonominati! Non rendete conto al vostro popolo, e vi macchiate di totale violazione dei diritti umani dei palestinesi. A dirla tutta, i palestinesi e il loro sviluppo umano è l'ultimo dei vostri pensieri.
Sequestrate gli studenti dalle scuole per torturarli e condurli nelle vostre prigioni. Torturate gli oppositori politici. La sofferenza del popolo palestinese è il risultato della vostra autoreferenzialità. Siete voi, il maggior nemico del popolo palestinese!
Se Israele non esistesse, non avreste nessuno da biasimare. Assumetevi la responsabilità del vostro operato: alimentate il conflitto per perpetuare il vostro potere abusivo.
E usate questa platea per ingannare l'opinione pubblica internazionale, per confondere la società palestinese, inducendo a credere che sia Israele il responsabile dei problemi che voi stessi generate".

In una intervista in merito, il parlamentare Yousef Jabareen, palestinese nativo di Umm al-Fahm ed eletto nella Lista Unita Araba che oggi ha alla Knesset ha 13 seggi, dichiara:

Sono arabo, palestinese, e sono anche un cittadino israeliano. Siamo parte della minoranza araba e viviamo nella nostra terra nazionale. Dal piano non abbiamo nulla da guadagnare. Diventeremmo un cantone isolato, un ghetto separato dal resto della Palestina ... La democrazia e la giustizia in Israele sono migliori della democrazia e della giustizia nei Paesi arabi e islamici”.

Se i nostri media fossero onesti e trasparenti ci parlerebbero anche dei palestinesi che vogliono vivere in Israele e hanno una paura fottuta di diventare cittadini di un regime islamico. Non sono "dettagli" ma sono verità importanti e fondamentali per avere qualche possibilità di sbrogliare l'intricata questione israelo-palestinese. Ma i nostri media mainstream, così come tutti i media Occidentali, sono troppo politicizzati, faziosi e ipocriti per parlarne e questi "dettagli" li tengono ben nascosti per poter continuare ad accusare Israele delle più orribili nefandezze e di essere il responsabile dei problemi dei palestinesi che i loro leader abusivi gli infliggono.

Facile fare il "resistente" in Occidente col cul o degli altri in Medio Oriente. Abbiate il coraggio di cambiare!!!





Gli arabi israeliani dicono no alla Palestina
Daniel Pipes
6 Febbraio 2020

http://www.linformale.eu/gli-arabi-isra ... Uw3yME2jps

La visione del piano dell’amministrazione Trump “Peace to Prosperity” (“Pace per la Prosperità”) contiene molte specifiche, alcune delle quali stanno avendo delle ripercussioni in Israele e tra i palestinesi.

Uno di questi punti sorprendenti riguarda un’area conosciuta come “il Triangolo della Galilea” (o solo come “il Triangolo”), una regione di Israele al confine con la Cisgiordania e abitata prevalentemente da 300 mila arabi. Il piano di Trump “contempla la possibilità che, con l’accordo delle parti, i confini di Israele vengano ridisegnati in modo tale che le comunità arabe del Triangolo diventino parte dello Stato di Palestina”.

In altre parole, nessuno sarà sfrattato, ma il confine di Israele verrà spostato in modo da escludere il Triangolo, che verrà trasferito, facendolo diventare parte dell’attuale Autorità Palestinese (AP) e (forse) dello Stato di Palestina di domani.

Spostare la linea di confine non è affatto un nuovo suggerimento, poiché diversi premier israeliani avevano già sollevato la questione, come Ariel Sharon nel 2004; Ehud Olmert, nell’ottobre del 2007, e Benjamin Netanyahu, nel gennaio del 2014. Inoltre, il ministro della Difesa Avigdor Liberman se ne occupò nel settembre 2016.

Per quanto la proposta possa essere interessante, se intesa come un’elegante e semplice soluzione vantaggiosa a dei malumori reciproci – gli israeliani desiderano una minore presenza di arabi nel loro Paese, i palestinesi vogliono vivere in Palestina – di fatto, però, nasconde svariati inconvenienti. In particolare, presenta due problemi.

Innanzitutto, va sottolineato che la maggioranza degli abitanti del Triangolo preferisce far parte di Israele, come dimostrato da numerose prove aneddotiche, dalle dichiarazioni dei leader politici e dalle indagini demoscopiche condotte per quindici anni. Alcuni degli intervistati rilevano che Israele è la loro casa, altri concentrano l’attenzione sulle migliori condizioni di vita offerte da Israele rispetto a quelle più degradate, sotto la dispotica Autorità Palestinese.

Ad esempio, il sindaco islamista della città israeliana di Umm al-Fahm, con una forte presenza di musulmani, nel 2004, ha reagito negativamente alla proposta di Sharon, affermando che “la democrazia e la giustizia in Israele sono migliori della democrazia e della giustizia nei Paesi arabi e islamici”. Ahmed Tibi, un membro della Knesset ferocemente antisionista, ha definito l’ipotesi di sottoporre l’area sotto il controllo dell’AP “un suggerimento pericoloso e antidemocratico”.

Nel febbraio del 2004, un centro di ricerca arabo ha rilevato che gli intervistati arabi preferivano rimanere cittadini israeliani con una proporzione di 10 a 1. Lo stesso dicasi per due sondaggi condotti nel dicembre del 2007, i quali hanno registrato una proporzione di 4,5 a 1. Da un sondaggio del giugno 2008 è emerso che gli arabi israeliani preferivano Israele a “qualsiasi altro Paese al mondo” con una proporzione di 3,5 a 1. Un’indagine demoscopica del giugno 2012 ha confermato una proporzione simile in merito alla stessa questione. E infine, nel gennaio del 2015, un sondaggio ha riscontrato l’orgoglio degli intervistati di essere israeliani, con una ratio di 2 a 1.

Dopo l’annuncio del piano di Trump non è stato effettuato alcun sondaggio, ma Ayman Odeh, leader della Lista Comune ha ribadito con aria di sfida che “nessuno ci priverà della cittadinanza nel Paese dove siamo nati”. I sindaci di tre città menzionate nel piano hanno criticato l’idea di far parte di una futura Palestina e sono inoltre scoppiate una serie di manifestazioni di protesta contro la proposta americana. Le reazioni dei media arabi israeliani sono state, “senza alcuna eccezione”, contrarie all’idea. Le loro opinioni sono inequivocabili e paradossali.

In secondo luogo, se la prospettiva di uno spostamento delle linee di confine diventa reale, gli arabi israeliani potranno esercitare il loro diritto di cittadini israeliani di lasciare l’area del cosiddetto Triangolo e andare a vivere in una regione che non sia destinata a finire sotto il controllo di Mahmoud Abbas e company. Questo è già accaduto a Gerusalemme, dove, per evitare di ritrovarsi in Palestina, gli abitanti arabi si sono trasferiti in gran numero in zone a maggioranza ebraica come la Collina Francese e Pisgat Ze’ev (per inciso, aree considerate dall’AP insediamenti ebraici illegali). L’illustre giornalista Khaled Abu Toameh, che vive in un “insediamento ebraico” si definisce ironicamente un “colono arabo”.

Lo stesso fenomeno “migratorio” ha luogo fuori dal Triangolo. A tal proposito, Jalal Bana scrive che “stiamo assistendo a un interessante fenomeno pressoché inosservato, per cui molti abitanti del Triangolo acquistano beni immobili in città ebraiche. (…) Alcuni di loro vi si sono addirittura trasferiti. (…) Questa tendenza ora potrebbe davvero decollare: le giovani coppie (…) preferiranno acquistare appartamenti in posti come Harish e Netanya e vivere lì”.

Pertanto, se il trasferimento del Triangolo di Galilea dal controllo israeliano a quello palestinese sembra un’elegante e semplice soluzione vantaggiosa, di fatto, è purtroppo impossibile. Il governo israeliano sembra averla respinta.

Ovviamente, tale questione presenta un aspetto paradossale. Quegli stessi arabi israeliani che disprezzano fortemente lo Stato ebraico e glorificano gli assassini di bambini ebrei (nota bene, tali detrattori sono i loro rappresentanti parlamentari dalle visioni estremiste) sperano disperatamente di restare all’interno di Israele piuttosto che ritrovarsi parte della Palestina. Forse il suggerimento di Trump li renderà un po’ più realisti, più sobri e più leali verso il loro Paese.

http://www.danielpipes.org/19239/israel ... -palestine
Traduzione di Angelita La Spada




La vera ragione per cui gli arabi israeliani non vogliono vivere in “Palestina”
Khaled Abu Toameh
8 Febbraio 2020

http://www.linformale.eu/la-vera-ragion ... arabO-NIBo

I quasi due milioni di arabi israeliani sono indignati per il piano di pace per il Medio Oriente presentato dal presidente americano Donald Trump, che propone di includere alcune delle loro comunità in un futuro Stato di Palestina. Dopo la presentazione del piano, migliaia di arabi hanno manifestato nelle strade per dire “no” a una proposta che farebbe di loro dei cittadini palestinesi.

Il piano di Trump, racchiuso in un documento intitolato “Peace to Prosperity” (“Pace per la Prosperità”), contempla scambi di territori che potrebbero annoverare aree abitate o meno. Uno dei punti prevede che la cosiddetta area del Triangolo di Galilea, in Israele, dove risiedono diverse comunità arabe “che in gran parte si identificano come palestinesi, diventi parte dello Stato di Palestina”. Il piano precisa che le comunità arabe “erano originariamente destinate a passare sotto il controllo della Giordania durante i negoziati sulla Linea d’Armistizio del 1949, ma alla fine furono trattenute da Israele per ragioni militari che da allora si sono attenuate”.

Perché i 250 mila arabi israeliani che vivono nell’area del cosiddetto Triangolo sono fortemente contrari all’idea di ritrovarsi parte di uno Stato palestinese?

La ragione principale per cui gli arabi israeliani temono di diventare cittadini palestinesi sta nel fatto che sanno che lo Stato palestinese sarà tutt’altro che democratico. Numerosi cittadini arabi israeliani vedono che i palestinesi che vivono sotto l’Autorità Palestinese (AP), in Cisgiordania, e sotto Hamas, nella Striscia di Gaza, subiscono quotidianamente violazioni dei diritti umani.

In Israele, i cittadini arabi partecipano alle elezioni politiche e hanno i loro rappresentanti nella Knesset. In Cisgiordania e nella Striscia di Gaza, i palestinesi sono stati privati di elezioni libere ed eque dal gennaio del 2006.

L’incessante lotta per il potere tra l’AP e Hamas ha negato ai palestinesi il diritto di voto per eleggere i nuovi membri del loro Parlamento, il Consiglio Legislativo Palestinese (CLP). Inoltre, ai palestinesi è stato negato il diritto di voto per scegliere un nuovo presidente. Questo dal gennaio 2005, quando venne eletto Mahmoud Abbas per un mandato di quattro anni. Lo scorso mese, Abbas è entrato nel 16° anno dello stesso mandato.

Alla luce del conflitto tra Hamas e l’Autorità Palestinese, restano vane le prospettive di indire nuove elezioni presidenziali o legislative.

Mentre i palestinesi non hanno un Parlamento funzionante dal 2007, quando Hamas con un colpo di mano ha preso il controllo della Striscia di Gaza dopo aver rovesciato il regime dell’AP di Abbas, i cittadini arabi israeliani continuano a candidarsi alle elezioni per ottenere seggi alla Knesset. Attualmente nel Parlamento israeliano siedono 14 parlamentari arabi.

Ma a parte la questione delle elezioni, i cittadini arabi israeliani sono soprattutto preoccupati del fatto di dover vivere in uno Stato palestinese che reprime le libertà pubbliche, compresa la libertà di espressione e dei media.

Non passa giorno senza che i cittadini arabi israeliani sentano parlare delle dure condizioni che i palestinesi si trovano a dover affrontare sotto l’AP, in Cisgiordania, e sotto Hamas, nella Striscia di Gaza. I giornalisti palestinesi, gli attivisti per i diritti umani e gli studenti universitari vengono regolarmente presi di mira dall’Autorità Palestinese e da Hamas.

Questo è ciò di cui ora hanno paura i membri delle comunità arabe israeliane.

Un recente report del Comitato delle famiglie dei prigionieri politici, con sede in Cisgiordania, ha rivelato che le forze di sicurezza dell’AP hanno arrestato negli ultimi mesi decine di studenti universitari, a causa delle loro attività politiche. Il rapporto ha documentato almeno 619 violazioni commesse negli ultimi due anni ai danni degli universitari.

Gli studenti arabi con cittadinanza israeliana sono invece liberi di organizzare proteste nei campus senza doversi preoccupare di essere arrestati o convocati per un interrogatorio. La scorsa settimana, ad esempio, gli studenti arabi dell’Università di Tel Aviv hanno manifestato contro il piano di Trump, scandendo slogan del tipo “La Palestina è araba, dal fiume Giordano al mar Mediterraneo”.

Pertanto, gli studenti universitari arabi palestinesi, che non sono cittadini israeliani e che vivono in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza, possono solo invidiare i loro colleghi arabi israeliani per la libertà di cui dispongono. Un altro report pubblicato di recente ha rivelato che molti studenti arrestati dalle forze di sicurezza dell’AP sono stati brutalmente torturati. Secondo il reportage, la maggior parte degli arresti ha avuto luogo presso la An-Najah University, la più grande università palestinese con sede nella città cisgiordana di Nablus.

Non se la passano meglio gli studenti palestinesi che vivono nella Striscia di Gaza sotto Hamas, dove la popolazione è araba e non ha cittadinanza israeliana. Le forze di sicurezza di Hamas fanno regolarmente irruzione nei campus universitari e arrestano studenti e insegnanti a causa delle loro attività politiche. Uno dei campus che è stato spesso preso di mira da Hamas è quello dell’Al-Azhar University a Gaza City. Nel novembre del 2019, le forze di sicurezza di Hamas si sono introdotte nella Palestine University e hanno arrestato numerosi studenti che stavano organizzando una manifestazione politica nel campus.

Mentre in Israele, i cittadini arabi sono liberi di criticare il governo israeliano e i leader politici, i palestinesi della Cisgiordania e della Striscia di Gaza che parlano apertamente contro l’AP o Hamas finiscono spesso dietro le sbarre.

In Cisgiordania, ad esempio, un professore che osa criticare Abbas potrebbe farsi qualche giorno di carcere. Il professor Abdel Sattar Qassem, un aspro critico di Abbas, è stato accusato nel 2016 di aver “oltraggiato” il presidente dell’AP ed è stato tenuto in detenzione per diversi giorni. Anche il giornalista palestinese Majdoleen Hassouneh è stato accusato di aver “offeso” Abbas su Facebook.

Nella Striscia di Gaza, Hamas ha arrestato negli ultimi anni centinaia di suoi oppositori politici. Perfino i comici palestinesi che fanno battute sarcastiche su Hamas diventano un regolare bersaglio del giro di vite sulla libertà di espressione attuato dal movimento. Di recente, le forze di sicurezza di Hamas hanno arrestato il comico Adel Mashoukhi dopo che aveva postato sui social media un video in cui si burlava della crisi elettrica nella Striscia di Gaza.

Non c’è da meravigliarsi, quindi, che i cittadini arabi di Israele siano molto preoccupati per la prospettiva di vivere in uno Stato palestinese controllato dall’AP e da Hamas. Questi arabi israeliani sanno bene che una volta che diventeranno cittadini palestinesi andranno incontro allo stesso destino dei palestinesi che vivono sotto l’Autorità palestinese e Hamas. Alcuni dei leader delle comunità arabe israeliane definiscono l’idea di dover vivere sotto uno Stato palestinese un “incubo”.

Le proteste degli arabi israeliani inviano al mondo il messaggio che la democrazia israeliana per questi cittadini è preferibile a qualsiasi dittatura araba. Un sondaggio condotto nel 2017 dall’Israel Democracy Institute ha mostrato che il 66 per cento degli arabi israeliani considera la situazione generale di Israele “buona” o “molto buona”.

Un altro sondaggio, condotto dal professor Sami Samuha dell’Università di Haifa, ha rivelato che il 68,3 per cento dei cittadini arabi israeliani preferisce vivere in Israele piuttosto che in altri Paesi. Samuha ha dichiarato che i cittadini arabi “sono consapevoli dei vantaggi di vivere nello Stato di Israele, nonché della libertà e della stabilità di cui godono”.

“In Israele, ci sono molti vantaggi e un moderno stile di vita, oltre alla stabilità economica e politica. Non si può paragonare la vita degli arabi [israeliani] con quella degli arabi in Palestina, in Libano e in Egitto. Inoltre, in Israele non c’è alcun rischio di una presa del potere da parte degli islamisti”.

Ciò di cui ora hanno bisogno i cittadini arabi di Israele è eleggere nuovi leader politici che promuovano la coesistenza tra arabi ed ebrei, e non s’impegnino in una retorica anti-israeliana e in azioni contro lo Stato ebraico.

Alcuni dei leader dei cittadini arabi israeliani, in particolare un certo numero di membri della Knesset, hanno agito contro gli interessi del loro elettorato. Sembra quasi che questi presunti leader rappresentino l’AP e Hamas anziché gli arabi israeliani che li hanno votati nella speranza che una volta eletti lavorassero per risolvere i problemi delle loro comunità, a cominciare dalla disoccupazione.

I cittadini arabi di Israele hanno bisogno di essere rappresentati adeguatamente nella Knesset. Hanno bisogno che i rappresentanti da loro eletti costruiscano dei ponti con gli ebrei e non che li distruggano. Questi leader devono comprendere che gli arabi israeliani che manifestano contro il piano di Trump inviano loro un monito: o state al fianco del vostro popolo oppure ve ne andate!

https://www.gatestoneinstitute.org/1551 ... peace-plan

Traduzione di Angelita La Spada
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