Il Global compact è una demenzialità globale razzista come veri e mostruosi razzisti sono coloro che lo sostengono, eccone un elenco:La lobby internazionale della sinistra chic che vuole farci invadere dagli immigratiFausto Biloslavo - Ven, 30/11/2018
http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... TnkkAV9chY Da Guterres (Onu) pasdaran dell'accoglienza alla Mogherini a Bruxelles. Chi c'è dietro il Global Compact delle Nazioni Unite
Chi ha preparato e fortemente voluto il controverso Ordinamento globale dell'Onu che spalanca le porte non solo ai rifugiati, ma a tutti? Una potente cricca di sinistrorsi nei gangli non solo delle Nazioni Unite, spesso ispirati da Papa Bergoglio e amici delle Ong talebane dell'accoglienza.
L'inviata speciale delle Nazioni Unite per il Global compact è la canadese Louise Arbour, che nelle ultime ore si è scagliata contro i paesi, come l'Italia, che hanno deciso di soprassedere alla firma del documento trappola dell'Onu. A fine anni novanta ricopriva il ruolo di procuratore capo del Tribunale internazionale de L'Aja per i crimini di guerra nell'ex Jugoslavia. Proprio lei ha spalleggiato americani e inglesi nella dubbia strage di Racak, utilizzata come grilletto per giustificare la guerra «umanitaria» della Nato contro i serbi per il Kosovo.
Dopo l'11 settembre ha chiesto la chiusura della prigione di Guantanamo ed è stata indicata come possibile leader dei Liberal in Canada, eterna forza di governo targata centro sinistra.
Nel ruolo di rappresentante speciale dell'Onu ha difeso a spada tratta il Global compact sostenendo tesi molto vicine a quelle del discusso filantropo George Soros. «Non c'è dubbio che l'Occidente avrà bisogno di importare risorse umane (i migranti nda) a tutti i livelli» ha sostenuto la damina di ferro dell'Onu. «L'idea che i cosiddetti migranti economici, in contrapposizione ai rifugiati, entrino nei paesi occidentali per rubare posti di lavoro o abusare del sistema di assistenza sociale, è smentito dai fatti» sostiene Arbour.
Dietro l'agguerrita canadese c'è il segretario generale dell'Onu, il portoghese Antonio Guterres, pasdaran dell'accoglienza. L'ex premier socialista ha ricoperto per dieci anni la carica di Alto commissario dell'agenzia dell'Onu per i rifugiati. Proprio il neo segretario generale aveva puntato ad allargare il campo della protezione dell'Unhcr parlando genericamente di «gente in movimento».Difensore ad oltranza delle Ong, taxi del mare dei migranti provenienti dalla Libia, ha ammesso più volte di essere ispirato da Papa Francesco. Non è un caso che dall'inizio del suo mandato al Palazzo di Vetro si siano moltiplicati gli attacchi all'Italia sul tema migranti. Ne sa qualcosa l'ex ministro dell'Interino Marco Minniti, che per primo ha tamponato l'«invasione» dalla Libia. Poi l'Alto commissario per i diritti umani, Michelle Bachelet, amica del regime cubano, voleva mandare gli ispettori dell'Onu in Italia per il pericolo razzismo con Matteo Salvini al governo.
L'alleata di Guterres in Europa sull'Ordinamento globale dei migranti è la stellina dimenticata del centrosinistra italiano, Federica Mogherini. Ieri, in qualità di Alto rappresentante per la politica estera dell'Unione Europea ha attaccato i paesi membri, a cominciare dall'Italia, che non vogliono firmare il bidone. «Se vogliamo governare la migrazione per renderla ordinata, umana e sostenibile - ha spiegato Mogherini - allora il Global Compact è lo strumento più forte che abbiamo per difendere i nostri interessi nazionali».
Gino QuareloNon si tratta solo della sinistra chic e dei suoi nazi comunisti ma anche dei nazi maomettani che si sono impadroniti l'ONU.La Kyenge vuole il Global compact "O aumenta il razzismo in Ue"Federico Garau - Gio, 29/11/2018
http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 7wdFRVBM60 L’ex ministro del Pd cita il sondaggio “Essere neri nell’Ue” come prova fondamentale per documentare l’incremento di episodi razzisti nel vecchio continente e invita tutti i paesi ad aderire al Global Compact
Con l’avvicinarsi del Global Compact, e vista la minaccia da parte di alcuni paesi di non prendere parte all’evento che equiparerebbe i diritti dei clandestini a quelli dei richiedenti asilo, torna a parlare Cecile Kyenge.
“Sarò a Marrackech con la delegazione del Parlamento. Il Global compact fornisce un risvolto globale al tema della globalizzazione. Troppi gli Stati membri che hanno deciso di sabotare la conferenza inter-governativa. A questi Paesi, soprattutto il mio, l'Italia, dico: andateci. Orban, Salvini e tutti i leader dei paesi che hanno deciso di fare questo passo: venite con noi a Marrackech. Opporsi al patto globale, significa non solo opporsi a soluzioni per una migrazione più sicura e regolare, ma opporsi alla dignità e ai diritti umani dei migranti. Non restate al di fuori fuori dalla storia. Le migrazioni non si fermeranno.”, riferisce come riportato da “Ansa”.
L’ex ministro Pd tenta in ogni modo di portare acqua al suo mulino, e per farlo utilizza i dati del sondaggio “Essere neri nell’Ue”, così da dimostrare l’aumento del razzismo in Europa. Il rapporto, tracciato da un’agenzia europea dei diritti, prende in esame quelle che sarebbero le discriminazioni subite quotidianamente dai neri nel vecchio continente. Il sondaggio parla di un 30% di individui vittime di forme di discriminazione, tra insulti per il colore della pelle e violenze. Non fa invece riferimento al fatto che quotidianamente in Europa entra un numero sempre maggiore di clandestini, agevolati da organizzazioni no profit e Ong che di certo non agiscono se non per interessi economici, oramai mascherati in malo modo. Non fa neppure menzione del fatto che ci sia una netta crescita del numero dei crimini di cui si macchiano questi nuovi entrati, né al fatto che abbiano incrementato le fila dei detenuti nelle carceri del vecchio continente. Nessun accenno neppure a chi ha promosso o finanziato il sopra menzionato sondaggio od a quanto possa esser costato.
”Dobbiamo riconoscere che l’Europa sta cambiando il proprio volto. L’Europa deve trovare nuova linfa vitale dal pluralismo e dal multiculturalismo che caratterizza la società per opporsi al razzismo crescente. I crimini dettati dall’odio razziale sono l’espressione più meschina della discriminazione perché abusano apertamente della dignità umana su base etnica.”, insiste Kyenge, come riportato da “Il Secolo d’Italia”.
Probabilmente l’interpretazione errata del problema nasce da un ampliamento eccessivo del valore semantico della parola “razzismo”. Questa viene estesa anche ad abbracciare l’atteggiamento di quegli Stati che tentano di porre rimedio ad un’indiscriminata invasione divenuta ormai impossibile da controllare e regolamentare. Ed ecco che, creando delle leggi che possano tutelare e salvaguardare i cittadini autoctoni, questi paesi vengono immediatamente bollati come “razzisti”.
Alberto PentoQuesto personaggio orrendo è tra i più razzisti che vi siano al mondo, non ha alcun rispetto per i nostri diritti umani di bianchi, occidentali, nativi o indigeni europei e italiani; è una mostruosità.Stati membri delle Nazioni Unite: La migrazione è un diritto umanoJudith Bergman
18 novembre 2018
https://it.gatestoneinstitute.org/13320 ... 4.facebook Un nuovo accordo delle Nazioni Unite, che quasi tutti i membri dell'organizzazione prevedono di firmare a dicembre, diffonde l'idea radicale che l'emigrazione – per qualunque motivo – debba essere incoraggiata, autorizzata e tutelata.
Nella foto: Migranti si dirigono in un campo di transito, nel villaggio di Dobova, in Slovenia, il 26 ottobre 2015. (Foto di Jeff J Mitchell/Getty Images)
Le Nazioni Unite, in un accordo non vincolante che quasi tutti gli Stati membri dell'organizzazione firmeranno durante una cerimonia ufficiale che si terrà in Marocco all'inizio di dicembre, stanno facendo della migrazione un diritto dell'uomo.
Il testo definitivo dell'accordo, il Global Compact (Patto globale) per una migrazione sicura, ordinata e regolare, sebbene non sia formalmente vincolante, "colloca fermamente la migrazione nell'agenda mondiale. Questo documento sarà un punto di riferimento per gli anni a venire e indurrà un cambiamento reale sul terreno...", secondo Jürg Lauber, rappresentante della Svizzera presso le Nazioni Unite, che ha diretto i lavori con il suo omologo del Messico.
Un paradosso immediato di questa dichiarazione, ovviamente, è che sono pochi i paesi che hanno requisiti di accesso restrittivi come quelli esistenti in Svizzera. Se si desidera rimanere più di tre mesi in questo paese, non solo occorre richiedere un "permesso di soggiorno", ma "nel tentativo di limitare l'immigrazione dai paesi non membri dell'Unione europea/e dell'EFTA (l'Associazione europea di libero scambio, N.d.T.), le autorità svizzere impongono rigorose limitazioni annuali sul numero dei permessi di soggiorno e di lavoro concessi agli stranieri".
Questi permessi di soggiorno difficili da ottenere sono anche diventati una fonte di reddito, in quanto i "ricchi stranieri 'comprano' il diritto di risiedere in Svizzera".
L'accordo delle Nazioni Unite, al contrario, osserva che:
"I rifugiati e i migranti hanno diritto a vedersi riconosciuti gli stessi diritti universali dell'uomo e le stesse libertà fondamentali, che devono essere rispettati, tutelati e garantiti in ogni momento". (Preambolo, sezione 4)
È evidente che questo accordo non riguarda i rifugiati in fuga dalle persecuzioni né i loro diritti alla protezione in virtù del diritto internazionale. Piuttosto, l'accordo diffonde l'idea radicale che la migrazione – per qualunque motivo – debba essere incoraggiata, autorizzata e tutelata. Quasi tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite, ad eccezione di Stati Uniti, Austria, Australia, Croazia, Ungheria e forse anche Polonia e Repubblica ceca, dovrebbero firmarlo.
L'ONU nega che la migrazione sia stata trasformata in un diritto umano. "Chiedersi se questo sia un modo spiacevole per iniziare a promuovere un 'diritto umano alla migrazione' non è corretto. La questione non è contemplata nel testo; non c'è alcun progetto sinistro di questo tipo", ha affermato di recente Louise Arbour, rappresentante speciale delle Nazioni Unite per le migrazioni internazionali.
L'ONU non ha alcun interesse ad ammettere che l'accordo promuove la migrazione, in quanto diritto umano; fino a qualche tempo fa, c'era ben poco da discutere a riguardo. Un maggiore dibattito avrebbe potuto compromettere l'intero progetto. Il testo dell'accordo, come documentato qui di seguito, lascia tuttavia pochi dubbi sul fatto che con la firma dell'accordo, la migrazione diventerà effettivamente un diritto dell'uomo.
L'accordo consta di 23 obiettivi che impegnano i firmatari. L'obiettivo numero tre, ad esempio, consiste nel promuovere e facilitare la migrazione attraverso una serie di misure. Gli Stati firmatari si impegnano a:
"Lanciare e pubblicizzare un sito web nazionale accessibile a tutti per rendere disponibili le informazioni sulle opzioni di una migrazione regolare, come le leggi e le politiche in materia di immigrazione proprie di ciascun paese, i requisiti in materia di visti, le formalità di candidatura, le imposte vigenti e i tassi di cambio, i requisiti per ottenere i permessi di lavoro, i requisiti in materia di qualifiche professionali, le valutazioni delle credenziali e le equipollenze, le opportunità di formazione e di studio, i costi e le condizioni di vita, per aiutare i migranti nel loro processo decisionale".
Gli Stati, in altre parole, non dovrebbero soltanto aprire le loro frontiere ai migranti di tutto il mondo, ma dovrebbero anche aiutarli a scegliere i loro paesi di destinazione fornendo loro informazioni esaustive su ogni paese in cui un migrante desidera stabilirsi.
Anche il livello di servizio previsto per facilitare una maggiore migrazione è elevato. I paesi sono invitati a:
"Creare punti di informazione aperti e accessibili lungo le principali rotte migratorie per fornire ai migranti sostegno e consulenza di genere e ai minori, offrire opportunità di comunicare con i rappresentanti consolari dei paesi d'origine e rendere disponibili rilevanti informazioni, anche sui diritti umani e sulle libertà fondamentali, protezione e assistenza adeguate, opzioni e informazioni sui canali di migrazione regolare e sulle possibilità di ritorno nei paesi d'origine, in una lingua che l'interessato comprenda".
Una volta che i migranti giungono alla destinazione scelta, i paesi firmatari si impegnano a:
"Fornire ai migranti appena arrivati informazioni mirate, attente alle questioni di genere e alle esigenze dei minori, esaustive e accessibili, nonché consulenza giuridica sui loro diritti e obblighi, incluso il rispetto delle leggi locali e nazionali, su come ottenere il rilascio di permessi di lavoro e di soggiorno, sulle modalità di aggiustamento di status, di registrazione presso le autorità, di accesso alla giustizia per denunciare le violazioni dei diritti e di accesso ai servizi di base".
I migranti sono chiaramente i cittadini di un nuovo mondo, in cui tutti i paesi devono prestare assistenza a chiunque abbia scelto di viaggiare e di vivere lì per qualsiasi motivo. Le frontiere possono esistere in teoria, ma le Nazioni Unite – dove sono rappresentati quasi tutti i paesi del mondo – stanno lavorando sodo per farle sparire nella pratica.
I migranti, secondo l'accordo, devono anche essere "autorizzati a realizzare la piena integrazione e la coesione sociale" nei loro nuovi paesi (obiettivo 16). Ciò significa, fra le altre cose, che i paesi devono:
"Promuovere il rispetto reciproco delle culture, delle tradizioni e dei costumi delle comunità di destinazione e dei migranti con lo scambio e l'attuazione delle migliori pratiche sulle politiche, i programmi e le attività in materia di integrazione, inclusi i modi per promuovere l'accettazione della diversità e agevolare la coesione e l'integrazione sociale".
Tutte le culture sono uguali e devono essere rispettate allo stesso modo. Presumibilmente, questo significa che, ad esempio, le mutilazioni genitali femminili (MGF), pratica a cui vengono sottoposte quasi tutte le donne somale, sono una tradizione che deve essere "rispettata" a Londra e Parigi come lo è a Mogadiscio.
L'accordo specifica poi il lavoro che gli Stati devono avviare per accogliere i migranti. Dovrebbero essere messi a punto "gli obiettivi di politica nazionale relativi all'integrazione dei migranti nelle società d'accoglienza, come l'integrazione nel mercato del lavoro, il ricongiungimento familiare, l'istruzione, la non discriminazione e la salute". Inoltre, il paese ospite dovrebbe facilitare "l'accesso a un'occupazione dignitosa e a un impiego per il quale sono più qualificati, conformemente all'offerta e al fabbisogno del mercato del lavoro locale e nazionale".
In altre parole, i migranti appena arrivati, ad esempio in Europa, dovrebbero godere degli stessi diritti – o quasi – all'istruzione, al mercato del lavoro e all'assistenza sanitaria, riconosciuti agli europei che hanno lavorato sodo e pagato le tasse per mezzo secolo per ottenere l'accesso a quelle stesse cose. Ovviamente, tutto questo sarà finanziato con il denaro dei contribuenti europei.
Ovviamente, gli autori dell'accordo non si aspettano che il Global Compact sarà preso particolarmente bene dalle popolazioni. Un accordo per facilitare una migrazione di massa da tutto il pianeta, diretta soprattutto verso i paesi occidentali (non si può parlate di alcuna migrazione nella direzione opposta), potrebbe rivelarsi un po' eccessivo per gli occidentali. Il Patto globale quindi indica con chiarezza che nessun disaccordo sarà tollerato e che gli Stati firmatari lavoreranno per contrastare "narrazioni fuorvianti che generano percezioni negative dei migranti".
Perché questo obiettivo diventi realtà, gli Stati firmatari si impegnano innanzitutto a:
"Promuovere un'informazione indipendente, obiettiva e di qualità nei media e su Internet, ma anche sensibilizzare e informare i professionisti dei media in materia di migrazione e sulla terminologia appropriata da utilizzare, mettendo a punto norme etiche da osservare nell'ambito della comunicazione mediatica e della pubblicità, e interrompendo l'assegnazione di fondi pubblici o di aiuti materiali ai media che promuovono sistematicamente l'intolleranza, la xenofobia, il razzismo e altre forme di discriminazione nei confronti dei migranti, nel pieno rispetto della libertà dei media". (Obiettivo 17)
E qui sembra sentire parlare Orwell sotto steroidi. Quasi tutti i paesi membri dell'ONU firmeranno un accordo secondo il quale i media che sono contrari alle politiche di governo non potranno beneficiare dei finanziamenti pubblici? Oltre a ciò l'accordo afferma, in modo bizzarro, che questo obiettivo è stato fissato "nel pieno rispetto della libertà dei media", poco importa che sia credibile o meno.
In secondo luogo, gli Stati firmatari si impegnano a:
"...eliminare ogni forma di discriminazione, condannare e contrastare espressioni, atti e manifestazioni di razzismo, discriminazione razziale, violenza, xenofobia e relativa intolleranza nei confronti di tutti i migranti conformemente alla legislazione internazionale in materia di diritti umani". (Obiettivo 17)
Opportunamente, l'accordo non offre definizioni di ciò che in questo contesto costituisce "razzismo" o "xenophobia". Ad esempio, che cosa si intende per "relativa intolleranza"? Criticare le politiche migratorie delle Nazioni Unite, ad esempio, è "intolleranza"?
In principio, tutti i paesi membri dell'ONU, meno gli Stati Uniti, avevano approvato il testo definitivo dell'accordo e sembravano disposti a firmarlo a dicembre. Di recente, tuttavia, più Stati hanno annunciato che non aderiranno al Global Compact.
A luglio, l'Ungheria si è tirata fuori dall'accordo. Il ministro degli Esteri ungherese Peter Szijjarto ha definito il testo "interamente contrario agli interessi di sicurezza dell'Ungheria". E ha aggiunto:
"Questo patto rappresenta una minaccia per il mondo perché potrebbe indurre milioni di persone a migrare. Parte dal principio che la migrazione è un fenomeno positivo e inevitabile. Noi consideriamo la migrazione come un processo negativo che può comportare gravissime conseguenze in termini di sicurezza".
A luglio, anche l'Australia ha annunciato il suo ritiro dall'accordo, almeno nella sua forma attuale. Secondo il ministro dell'Interno Peter Dutton:
"Non firmeremo un accordo che sacrifica ogni cosa nella nostra politica di protezione delle frontiere. (...) Non rinunceremo alla nostra sovranità – non permetterò a organismi non eletti di imporre la loro decisione al popolo australiano".
A novembre, anche la Polonia e la Repubblica ceca hanno annunciato che erano molto propense a tirarsi fuori dall'accordo e il presidente croato Kolinda Grabar-Kitarovic ha dichiarato che non avrebbe firmato il Global Compact. E il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki ha affermato: "I nostri principi sovrani in materia di sicurezza delle frontiere e di controllo dei flussi migratori sono per noi una priorità assoluta".
Anche questo mese l'Austria si è detta contraria alla firma dell'accordo. "Valutiamo molto criticamente alcuni punti del patto del patto migratorio, come ad esempio la commistione fra la ricerca di protezione e la migrazione di manodopera", ha dichiarato il cancelliere austriaco Sebastian Kurz.
L'Unione europea ha immediatamente biasimato la decisione dell'Austria. "Ci rammarichiamo per la decisione presa dal governo austriaco. Continuiamo a credere che la migrazione sia una sfida globale che può essere risolta solo attraverso soluzioni globali e responsabilità mondiali condivise", ha dichiarato un portavoce della Commissione europea.
Per inciso, questa è la stessa Unione europea che dovrebbe "frenare" i flussi migratori. Se si vuole "porre un freno" alla migrazione perché firmare accordi che la facilitano e la rendono una realtà in crescita esponenziale trasformandola in un diritto umano?
Judith Bergman è avvocato, editorialista e analista politica. È Distinguished Senior Fellow presso il Gatestone Institute.
L'ONU è in mano ai nazi comunisti e ai nazi maomettani ed è divenuta una organizzazione mostruosa anti occidentale, anti nativi europei, anti bianchi, anticristiana.
L'ONU è la più organizzazione criminale che promuove la violazione dei diritti umani degli ebrei, dei cristiani, dei bianchi, dei nativi europei e dei non mussulmani.
Migrare non è un diritto Il blog di Andrea Indini
30nov 18
http://blog.ilgiornale.it/indini/2018/1 ... 6thX_KwxsoHo sempre inteso la frontiera come il confine ultimo dello Stato. Si può entrare e uscire. Ma, proprio come le mura di casa, si erge (invisibile) a proteggere chi sta dentro. Sono nato quando c’erano ancora i controlli all’uscita di Ventimiglia, prima di raggiungere l’assolata Costa Azzurra. Da allora il mondo ha fatto a tempo ad aprirsi e poi a richiudersi. La “libera circolazione” ha dato la parvenza di un’Europa aperta e inclusiva. Ma è stata appunto un’illusione. Che si è inesorabilmente schiantata prima contro gli agghiaccianti attentati alle Torri Gemelle e alle principali capitali europee e poi contro l’inarrestabile avanzata di immigrati dall’Africa e da Oriente. Allora si è capito che quei confini andavano difesi.
Non esiste il diritto a emigrare. È una baggianata inventata dalla sinistra per meri fini propagandistici. Le Nazioni Unite non hanno fatto altro che avallare questa scempiaggine inventandosi il “Global Migration Compact”, un documento che ha come obiettivo primario l’abbattimento delle barriere per aiutare chi vuole a emigrare e a raggiungere, in sicurezza, qualunque Paese desideri. La risoluzione consta di 23 articoli che sono un vero e proprio guazzabuglio di direttive in salsa terzomondista e che non guarda in faccia ai disastri creati dai progressisti dopo cinque anni di politiche improntate sull’apertura e sull’accoglienza. Non solo. Si ripropone anche di andare a caccia di razzisti e xenofobi per poi poterli mettere al bando e “sensibilizzare e istruire i professionisti dei media a una terminologia e informazione etica”.
Nonostante lo sfacelo a cui tutti noi abbiano assistito negli ultimi anni, nei prossimi giorni l’Onu chiederà ai governi di apporre una firma sotto il documento del “Global Compact”. Si ritroveranno il 10-11 dicembre a Marrakech per mettere in piedi questa pagliacciata. Fortunatamente, dopo che il premier Giuseppe Conte si era detto favorevole a questa risoluzione, Matteo Salvini ha puntato i piedi e obbligato il governo a una sterzata. Decidere di non firmare è una mossa squisitamente politica che non metterà il Paese al riparo da una futura invasione né risolverà i problemi legati alla gestione degli immigrati già presenti sul nostro territorio. Servirà, tuttavia, a rimarcare plasticamente le distanze da un modo di pensare fallimentare che sta portando lentamente all’implosione del Vecchio Continente. Il “Global Compact” punta, infatti, a “un approccio cooperativo per ottimizzare i benefici complessivi della migrazione, affrontando i rischi e le sfide per gli individui e le comunità nei Paesi di origine, transito e destinazione”. È per tutto questo che il documento fa gola anche all’ala sinistra del Movimento 5 Stelle. Non sono pochi, infatti, i grillini che in queste ore stanno facendo pressioni su Conte per evitare che diserti Marrakech.
Come già il braccio di ferro sul decreto Sicurezza, anche lo scontro sul Global Compact svela il vero animo della fronda vicina al presidente della Camera, Roberto Fico. Difficile dire se, in caso di voto in parlamento, questi non si prenderebbero la briga di strappare votando con il Pd e Leu. Una rottura che porterebbe inevitabilmente alla crisi di governo. Al di là delle beghe di governo, la divisione sul documento delle Nazioni Uniti materializza, ancora, due visioni opposte del mondo. Qualora dovesse passare, il Global Compact farebbe carta straccia della Convenzione di Ginevra che stabilisce che può essere accolto perché in fuga da guerre o carestie e chi invece deve essere respinto. Si arriverebbe addirittura a “ri-arruolare” le Ong perché diventerebbe legale qualsiasi assistenza di natura umanitaria. Una firma in fondo a quel documento sarebbe dunque una sconfitta per tutti perché trasformerebbe le migrazioni in un diritto inalienabile devastando quello che, a mio avviso, deve restare una delle priorità di qualsiasi Stato: la difesa dei confini.
???
Il Global Compact e la «bufala» dell’invasione migratoriaAlberto Magnani
2018-11-29
https://www.ilsole24ore.com/art/mondo/2 ... d=AERUkPpG Il governo italiano ha annunciato mercoledì 28 novembre che non aderirà al Global Compact for migration, nome abbreviato di «Global Compact for Safe, Regular and Orderly Migration»: un documento Onu che stabilisce linee guida e best practice sull’immigrazione, frutto di un processo negoziale durato due anni e avviato con la Dichiarazione di New York su migranti e rifugiati (2016).
Il testo avrebbe dovuto essere approvato ad un summit in programma il 10 e l’11 dicembre a Marrakech, in Marocco, prima del testacoda ufficializzato - con toni diversi -dal premier Giuseppe Conte e il suo vice Matteo Salvini. Conte sostiene che l’argomento deve essere «parlamentarizzato», passando per un dibattito in aula prima dell’adesione formale del Paese. Salvini ha messo in chiaro che il «Governo italiano non firmerà alcunché e non andrà a Marrakech», lasciando la parola definitiva al parlamento. L’attacco più frontale è arrivato da Paolo Formentini, capogruppo della Lega alla Commissione Esteri alla Camera, con una risoluzione che spiega «punto per punto» perché sfilarsi dall’accordo. «Ci sembra assurdo - dice Formentini - dare a un organismo non eletto che non risponde direttamente ai cittadini una competenza propriamente statale».
Perché il Global compact non ruba competenze
Il dettaglio che sfugge alla risoluzione di Formentini è che il Global compact non sottrae alcune «competenze statali» ai paesi aderenti. Il testo propone una cooperazione internazionale incentrata sul raggiungimento di 23 obiettivi, dall’analisi sistematica dei dati sui flussi migratori alla collaborazione dei paesi sui rimpatri, senza intaccare il principio di sovranità nazionale. Un principio messo in chiaro dagli stessi autori del documento: il Global compact, si legge nel testo, non è un trattato internazionale, non è vincolante e «afferma il diritto sovrano degli Stati a determinare la loro politica di migrazione nazionale e la loro prerogativa di governare la migrazione nella propria giurisdizione, in conformità al diritto internazionale».
Come spiega Matteo Villa, ricercatore Ispi ed esperto di migrazioni, il documento ha poco più di un valore «simbolico» per tracciare una linea comune sulla questione migratoria. «È molto simile ai documenti programmatici dell’Onu - dice Villa - Non dà alcun obbligo, è una sorta di consiglio sul fatto che le migrazioni andrebbero gestite internazionalmente. Ma non è quello che dice anche questo governo?». Il dietrofront dell’Italia e di altri paesi europei, d’altro canto, avrà un impatto minimo sulle sorti del documento. Esponenti del governo spiegano che l’Italia «non firmerà» l’accordo. Anche volendo, però, non sarebbe stato possibile: come spiega la Commissione europea, «non ci sarà alcuna firma: l’adozione del testo avrà luogo per acclamazione o su voto, con la richiesta di una maggioranza di almeno due terzi». La seconda ipotesi è formalmente possibile, ma sfavorita nella prassi. Come testimonia il fatto che i paesi contrari all’intesa preferiscono saltare del tutto la conferenza, piuttosto che tentare la via del voto in Marocco.
La bufala del documento «immigrazionista»
La linea della Lega, comunque, non è un caso unico. Il documento è finito nel mirino delle destre populiste in tutta Europa e di molti paesi centro-orientali (fra i paesi contrari Austria, Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca, Croazia, Slovacchia, Bulgaria), con l’accusa di obbligare gli Stati ad accettare nuove regole e promuovere slogan «immigrazionisti» (espressione che dovrebbe alludere a una ideologia pro-immigrazione). La questione dell’«obbligo» è smentita dal fatto che il documento non ha il valore di un trattato, mentre il «rispetto della sovranità nazionale» viene difeso in maniera esplicita. Il secondo capo di imputazione, «l’esaltazione della migrazione», trova pochi riscontri fra le righe del testo. Fra gli obiettivi evidenziati nel documento Onu si parla, ad esempio, di «prevenire, sradicare e combattere il traffico di esseri umani» (obiettivo 10) o «cooperare per semplificare rimpatri sicuri e dignitosi» (obiettivo 21).
Argomenti cari anche al contratto di governo Lega-Cinque stelle e ai propositi di contrasto del «business dell’immigrazione», anche se la linea fra i due è sempre più divergente: l’argomento sta spaccando a metà la maggioranza, stretta fra l’ostilità della Lega e il pressing di alcuni esponti Cinque stelle, favorevoli al Global compact (e a un atteggiamento più accomodante sull’immigrazione). I dissidi sono interni anche al Movimento. Giuseppe Brescia, deputato Cinque stelle e presidente della Commissione affari costituzionali, ha dichiarato via Twitter che il Global compact va «sottoscritto assolutamente».Il risultato è un diluvio di attacchi alla «deriva anti-italiana» del partito di Di Maio e (soprattutto) Roberto Fico. Tra gli utenti ce n’è uno che scrive: «Se lo firmate, diventeremo tutti leghisti».
Gino QuareloLa verità è che nel trattato proposto, che è sì una "convenzione non direttamente vincolante per gli stati", ma esso si costituisce come uno strumento di propaganda politica e di condizionamento ideologico e mediatico a favore delle migrazioni, dei clandestini e dell'accoglienza; e di contrasto a tutti cololoro che sono contrari all'invasione dei clandestini, all'accoglienza indiscriminata e alla libertà di emigrare e di invadere i paesi altrui.
Se non fosse un accordo pericoloso e insidioso né gli USA né Israele che ben conoscono la subdolanza dell'ONU, avrebbero disertato la conferenza.
Questo Global compact è una grave insidia alle democrazie e ai diritti civili dei cittadini occidentali nativi e indigeni.L'Onu ora "cancella" i confini Ma così rischiamo più migranti Roberto Vivaldelli
11 novembre 2018
http://www.occhidellaguerra.it/lonu-ora ... migrazione Si terrà a Marrakesh, in Marocco, il 10 e l’11 dicembre, la conferenza intergovernativa per l’adozione del patto globale sulla migrazione sicura convocata sotto l’egida dell’Assemblea Generale dell’Onu e in conformità con la “Dichiarazione di New York per i migranti” del 2016, il cui programma sembra mal conciliarsi con la politica attuata dal Ministro dell’Interno Matteo Salvini. Non è un caso, infatti, se l’Austria e Polonia sono le ultime nazioni ad aver annunciato il ritiro dal patto, seguendo le orme di Ungheria e Stati Uniti.
Gli obiettivi del Patto globale sulla migrazione sicura, infatti, portato avanti da Svizzera e Messico, sembrano un concentrato di politicamente corretto e idealismo mirato a limitare la sovranità degli stati dinanzi al fenomeno migratorio, impendendo a questi ultimi di affrontare un fenomeno così complesso con una buona dose di realpolitk e pragmatismo che ogni statista dovrebbe preservare. Preoccupazione concrete, benché nella dichiarazione venga ribadito il “diritto sovrano” di ogni stato di attuare la politica migratoria che ritiene più opportuna.
Cosa dice il patto globale sui migranti dell’Onu
A testimonianza della carica ideologica di cui è intriso il documento, ben celata da inevitabili tecnicismi e politichese, il patto globale sui migranti spinge al sostegno del multiculturalismo e obbliga gli stati che vi aderiscono a “sostenere le attività multiculturali attraverso sport, musica, arte, festival culinari, volontariato e altre attività sociali eventi che faciliteranno la comprensione e l’apprezzamento reciproco delle culture migranti e di quelle di destinazione comunità”.
Al fine di “gestire i nostri confini nazionali in modo coordinato, promuovendo la cooperazione bilaterale e regionale, garantire la sicurezza di Stati, comunità e migranti e facilitare movimenti transfrontalieri sicuri e regolari di persone prevenendo la migrazione irregolare”, il patto globale sui migranti impegna gli Stati, inoltre, a “rivedere le leggi e i regolamenti pertinenti per determinare se le sanzioni sono appropriate per affrontare l’ingresso irregolare o soggiorno e, in tal caso, garantire che siano proporzionate, eque, non discriminatorie e pienamente coerenti con il giusto processo e altri obblighi previsti dal diritto internazionale”.
Favorire l’accesso al mondo del lavoro ai migranti
Per facilitare l’integrazione dei migranti, inoltre, il patto si prefigge di favorire “l’accesso dei lavoratori migranti nell’economia locale” supportando l’accesso di questi ultimi ad avere “un lavoro dignitoso e all’occupazione per la quale sono più qualificati, in conformità con le richieste nazionali di mercato del lavoro”.
Nella lista dei 23 obiettivi che si prefigge il patto globale, come spiega Il Giornale.it, ci sono poi la protezione dei diritti dei rifugiati e dei migranti, indipendentemente dallo status, la lotta a xenofobia, lo sfruttamento e il traffico di essere umani. Il patto impegna i firmatari a lavorare per porre fine alla pratica della detenzione di bambini allo scopo di determinare il loro status migratorio; limitare al massimo le detenzioni dei migranti per stabilire le loro condizioni, migliorare l’erogazione dell’assistenza umanitaria e di sviluppo ai Paesi più colpiti e dare maggiore riconoscimento all’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim).
Le parole di Kurz e degli altri leader “scettici”
Il cancelliere Sebastian Kurz ha confermato che l’Austria non firmerà il patto: “Consideriamo alcuni punti del patto migratorio in modo molto critico, come ad esempio la commistione tra la ricerca di protezione e la migrazione di manodopera”. “Sono un pericolo per la nostra sovranità nazionale” ha aggiunto il cancelliere tedesco. “Alcuni dei contenuti sono diametralmente opposti alla nostra posizione”, ha aggiunto il vice-cancelliere Strache sottolineando che la “migrazione non è e non può essere un diritto umano“.
Già lo scorso anno, il presidente Usa Donald Trump aveva abbandonato il tavolo. L’allora rappresenta Usa alle Nazioni Unite Nikky Haley sottolineò che le politiche migratorie dovevano essere decise esclusivamente dagli americani: “La dichiarazione contiene disposizioni che non sono in linea con le politiche americane. Per questo il presidente Trump ha deciso che gli Stati Uniti metteranno fine alla loro partecipazione al processo” disse Nikky Haley.
La settimana scorsa, il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki ha annunciato che quasi sicuramente il suo Paese non firmerà il patto: “È assai probabile che la Polonia, sull’esempio dell’Austria, della Repubblica Ceca o degli Stati Uniti, non farà parte del patto globale sulle migrazioni: le nostre regole, i nostri princìpi sovrani concernenti la protezione delle frontiere e il controllo delle migrazioni sono per noi una priorità assoluta”.
E anche la Germania ci pensa
Le perplessità non riguardano soltanto i Paesi di Visegrad. Negli ultimi giorni sono cresciute le riserve all’interno della Christian Democratic Union (Cdu) di Angela Merkel sulla firma da parte della Germania. Marian Wendt, deputata della Cdu e membro del comitato per gli affari interni del Bundestag, ha raccontato a Dw di essere molto preoccupata circa il fatto che il patto globale promosso dalle Nazioni Unite “non distingua tra migranti economici e richiedenti asilo” e di come fosse infastidita dal fatto che il ministero degli esteri tedesco non abbia comunicato ai parlamentari la questione in maniera esaustiva.
“Noi come Cdu abbiamo sperperato il nostro credito con la gente sul tema dell’immigrazione – ha detto -. La fiducia della popolazione nei nostri confronti è debole. Ecco perché dobbiamo fare tutto per assicurarci di non creare l’impressione che sia un negoziato a porte chiuse”. E anche l’irrequieto ministro Jens Spahn ha manifestato grosse riserve: “Ciò che è importante è che la Germania mantenga il suo potere sovrano per controllare, guidare e limitare la migrazione”, ha detto Spahn domenica al Welt am Sonntag. Anche l’AfD tedesca, attraverso la sua leader Alice Weidel, chiede che la Germania non firmi: “Anche la Germania non aderisca, il Global Compact apre la strada a milioni di migranti africani e legalizza l’immigrazione irregolare”.
Naturalmente non è tutto da buttare, ma paiono troppi gli elementi di criticità che fanno pensare che il patto sui migranti sia in contrasto con il perseguimento dell’interesse nazionale dell’Italia.
I 23 obiettivi del "contestato" Global Compact sull'immigrazionehttp://www.redattoresociale.it/Notiziar ... migrazioneROMA - Dalla lotta al traffico di esseri umani alle vie legali sicure, dalla tutela legale all’eliminazione di ogni forma di discriminazione. Sono 23 gli obiettivi fissati dal Global compact, il progetto promosso dall’Onu per un’immigrazione regolare e sicura. Il documento invita gli Stati a condividere la responsabilità della migrazione globale, collaborando nell’implementazione di strategie comuni. E si basa su alcuni principi base contenuti nella Dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo, nella Convenzione di Ginevra e in tutti gli altri trattati internazionali che normano il diritto internazionale. L’intesa, chiamata anche “Dichiarazione di New York”, è stata firmata all’Assemblea generale dell’Onu nel settembre 2016 da oltre 190 Stati. Anche l’Italia, rappresentata dal governo Renzi ha sottoscritto l’accordo. Ma ora il nuovo esecutivo ha annunciato un passo indietro. Il 10 e 11 dicembre, infatti, i Paesi interessati si ritroveranno in Marocco, a Marrakech, per aderire formalmente all’accordo. Il nostro paese, non parteciperà al summit e la decisione di adesione sarà sottoposta al Parlamento.
I 23 obiettivi del Global Compact. Il documento parte dal principio base che la migrazione ha fatto parte dell’esperienza umana nel corso della storia e che è “fonte di prosperità, innovazione e sviluppo sostenibile nel nostro mondo globalizzato”, per questo l' impatto positivo può essere ottimizzato. “La maggior parte dei migranti - si legge nel documento - che vivono nel mondo oggi viaggiano, vivono e lavorano in un modo sicuro, ordinario e regolare. Ciò nonostante, la migrazione innegabilmente interessa i nostri Paesi, le nostre comunità, i migranti e le loro famiglie in modi differenti e imprevedibili”. Per questo “i cambiamenti e le opportunità della migrazione internazionale ci uniscono piuttosto che dividerci - continua il testo - Questo Global compact definisce le nostre comuni intenzioni, le responsabilità condivise e l’unità di intenti riguardo la migrazione”. I 23 obiettivi, in questo contesto, rappresentano le azioni considerate rilevanti come strumenti per governare il fenomeno e best practice da implementare. Innanzitutto si prevede di raccogliere e utilizzare dati accurati come base per sviluppare politiche basate sull’evidenza empirica. Il secondo obiettivo è quello di ridurre al minimo i fattori strutturali che inducono le persone a lasciare il proprio paese di origine. Si prevede poi di fornire informazioni accurate e tempestive in tutte le fasi della migrazione; di garantire che tutti i migranti abbiano adeguata documentazione legale; di implementare percorsi di migrazione regolare; di assicurare eque condizioni di lavoro e di ridurre i casi vulnerabili. Il documento sottolinea anche la volontà di “salvare vite e di coordinare gli sforzi sul tema dei migranti dispersi”. Tra gli obiettivi c’è anche quello di contrastare il traffico di esseri umani e di gestire le frontiere in maniera coordinata e sicura. Al punto 13 si afferma che la detenzione deve essere considerata una misura ultima, e che si deve lavorare per cercare alternative. Si chiede poi di rendere accessibili i servizi di base ai migranti e di rimuovere tutte le forme di discriminazione e promuovere l’inclusione delle persone. Nel documento si parla anche di reintegrazione attraverso ritorni e riammissioni sicure e di sviluppo dei paesi di origine.
La posizione dell’Italia. Dopo un’iniziale posizione favorevole l’Italia ha fatto un passo indietro, come ha spiegato il presidente del Consiglio Giuseppe Conte: “Per quanto riguarda il Global Compact ho già anticipato a New York che esso è compatibile con la strategia strutturata e multilivello sull’immigrazione che abbiamo elaborato e che ho condiviso con i miei partner europei. E su questo non ho cambiato idea - ha detto Conte -. C’è però un fatto: pur essendo un documento di carattere programmatico non vincolante, ha un rilievo politico, e su esso c’è molta attesa. Nell’approssimarsi della scadenza di Marrakesh c’è molto fermento anche tra i cittadini. Ho convocato allora un vertice con i ministri e abbiamo convenuto che su una prospettiva del genere è giusto creare un passaggio parlamentare dove esprimere tutte le posizioni”. Ad essere contrario all’adesione al trattato è, in particolare il ministro degli Interni, Matteo Salvini. Anche in Europa sono diversi i paesi che hanno deciso di non firmare: in particolare gli Stati dell’Est, il cosiddetto gruppo di Visegrad. La Svizzera, invece, come l’Italia si rimetterà alla decisione del Parlamento. Tra i favorevoli ci sono Francia e Germania.
Astalli: “Una decisione incomprensibile”. Per il Centro Astalli è incomprensibile l'idea che l'Italia sia fuori da Migration Compact soprattutto perché il nostro paese “da tempo e soprattutto per voce dell’attuale Governo, chiede una condivisione internazionale degli sforzi e delle responsabilità per gestire le migrazioni”. La decisione di tirarsi fuori dall’accordo, quindi, “contraddice l’esigenza da parte del nostro Paese di essere coinvolto in un patto che impegna la comunità internazionale in uno sforzo comune per una gestione delle migrazioni ordinata e dentro l’alveo dei diritti umani - continua il Centro Astalli -. Risulta strano poi che per il Decreto Sicurezza si sia scelta la strada della decretazione d’urgenza e la fiducia, annullando il confronto parlamentare e invece in questo caso si faccia il contrario. Il fenomeno complesso della mobilità umana non deve essere strumentalizzato per il consenso politico usando slogan e decisioni a effetto. È prioritaria al contrario la necessità di promuovere processi che possano favorire soluzioni socialmente costruttive e a lungo termine”. Il Centro Astalli auspica e chiede un ripensamento al Governo e ribadisce il proprio impegno al fianco della Santa Sede nel supportare la promozione e la diffusione dell’importanza di un’ amplissima adesione degli Stati di tutto il mondo ai Global Compact. (Eleonora Camilli)