Le minacce di Trump di imporre al Messico i dazi, per contenere la crisi alla Frontiera, incominciano a funzionare! 2019/06/07
https://osservatorerepubblicano.com/201 ... rGJkwmWKo8Oggi 7 giugno, sul Washington Examiner sono usciti 2 articoli interessanti sugli effetti delle minacce di Trump, di imporre dazi commerciali al Messico, per il lassismo in campo migratorio di quest’ultimo.
Il Messico infatti, intende inviare 6.000 truppe della Guardia Nazionale al suo confine meridionale per blindare la frontiera con il Guatemala, in risposta alla minaccia dell’imposizione dei dazi USA sulle sue merci e nell’ambito dei colloqui in corso a Washington tra le due nazioni.
Militari messicani
I dazi voluti dal Presidente Trump sono stati decisi, a causa delle centinaia di migliaia di immigrati che hanno e che stanno tuttora attraversando indisturbati il Messico, diretti verso gli Stati Uniti d’America.
Nonostante l’intento del Messico di procedere a rafforzare la sicurezza delle frontiere, la Casa Bianca ha ancora in programma di applicare, a partire dal 10 giugno, una tariffa del 5% su circa $ 350 miliardi di beni merci provenienti dal Messico. Le tariffe aumenteranno del 5% ogni mese fino al raggiungimento dell’aliquota del 25% a ottobre 2019.
“La nostra posizione non è cambiata, i dazi andranno avanti ed entreranno in vigore lunedì“, ha detto la Segretaria dell’Ufficio Stampa della Casa Bianca, Sarah Sanders.
Press Secretary Sarah Sanders
Marc Short, il capo dello staff del Vicepresidente Mike Pence ha dichiarato, venerdì 7 giugno, quanto segue:
“C’è un procedimento legale che sta procedendo con un piano per implementare i dazi con il Messico lunedì, ma penso che esista la possibilità – se i negoziati andranno bene – che il presidente possa bloccarlo ad un certo punto nel fine settimana “
Funzionari messicani, mercoledì 5 giugno, si sono recati a Washington, DC, per negoziare con la Casa Bianca.
Terminati i colloqui, Trump ha affermato che, sebbene il Messico soddisfi alcune richieste degli Stati Uniti, sono necessari ulteriori progressi per evitare le tariffe.
Il Presidente Trump
“I progressi sono stati fatti, ma non abbastanza: gli arresti effettuati sul confine a maggio sono arrivati a 133.000 perché il Messico e i democratici al Congresso si rifiutano di procedere sulla riforma dell’immigrazione“, ha twittato Trump giovedì 6 giugno.
Venendo ai colloqui, per scongiurare i dazi sulle proprie merci, il Messico avrebbe promesso di onorare le norme internazionali e fare la sua parte per affrontare la crisi dei migranti proveniente dall’America centrale e meridionale.
Indiscrezioni del Washington Post riferiscono che, se Trump annullasse i dazi, il Messico adotterà l’accordo “Safe Third Country” con gli Stati Uniti. “Safe Third Country” prevede che i richiedenti asilo debbano richiedere asilo nella prima nazione sicura dove giungono. In pratica, significherebbe che il Messico dovrebbe occuparsi degli immigrati in arrivo dal Guatemala, dall’Honduras e dal Salvador. Il Messico non scaricherebbe più il peso di queste ondate migratorie sugli USA e quelli che si vedranno rifiutato l’asilo in Messico non potranno beneficiare dell’asilo negli Stati Uniti.
Gli Stati Uniti hanno già un accordo simile con il Canada.
Il Messico deve comportarsi come una nazione e non come una strada di accesso per gli USA dove tutti possono attraversarla indisturbati.
Carovana di migranti diretti verso gli USA
L’invio di truppe alla frontiera con il Guatemala, i colloqui in corso, rappresentano un atto di buona fede e uno sforzo per cercare di trovare la soluzione e potrebbe garantire un posticipo dell’inizio dei dazi di qualche giorno, per trattare. Se avvenisse un accordo, questo rappresenterebbe una grande vittoria per il Presidente.
Aggiornamento:
Il Presidente Donald Trump, poche ore fa, ha twittato che è stato raggiunto un accordo tra gli Stati Uniti e il Messico e di conseguenza i dazi commerciali previsti per lunedì 10 giugno sono state sospesi a tempo indeterminato.
“Sono lieto di informarvi che gli Stati Uniti hanno firmato un accordo col Messico. I dazi che dovevano essere applicati dagli Usa lunedì, sono quindi sospesi a tempo indeterminato. Il Messico, in cambio, ha concordato di adottare misure forti per arginare la marea della migranti attraverso il Messico e verso il nostro confine meridionale. Questo sarà fatto per ridurre grandemente, o eliminare, l’immigrazione illegale proveniente dal Messico e verso gli Stati Uniti. I dettagli dell’accordo saranno rilasciati a breve dal Dipartimento di Stato. Grazie! “
Sulla base di una prima dichiarazione del Dipartimento di Stato, il Messico promette di schierare la sua Guardia Nazionale in tutto il Messico, in particolare alla frontiera, di aumentare le azioni per smantellare le operazioni dei trafficanti di esseri umani e compiere ulteriori passi per coordinarsi con il governo americano per condividere informazioni per “proteggere meglio e rendere più sicuri i nostri comuni confini“.
Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 09/06/2019, a pag.13 con il titolo "
Trump piega il Messico, stop ai dazi, ma militari al confine" il commento di Federico Rampini
Informazione Corretta
http://www.informazionecorretta.com/mai ... XktPvjAhekTrump non ha mai ragione, Rampini non fa eccezione. Mai che gli venga in mente di ricordare che è proprio dal confine con il Messico che entra negli Stato Uniti il 90% della droga. Fermare quel mercato non è un fattore secondario rispetto all'entrata dei migranti clandestini. La previsione dei militari che all'ordine di Trump avrebbero sparato contro i 'pacifici invasori' - così annunciavano i media- si è ancora una volta rivelata una bufala. Se c'è un capo di stato a cui non piace la guerra - anche quando si rendesse necessaria- è proprio Trump. Meglio ignorarlo, vero Rampini?
Dopo tre anni di prese in giro di Trump per i suoi capelli, neanche una riga per la 'permanente' di Rampini?
«I dazi contro il Messico che dovevano entrare in vigore da questo lunedì sono sospesi a tempo indeterminato. In cambio il Messico accetta di prendere misure forti per fermare la marea di migranti verso il nostro confine meridionale». Il tweet di Donald Trump annuncia che la guerra commerciale col vicino del Sud è rientrata. È anche un proclama di vittoria, che viene confermato dalle autorità messicane. Non scatta quell'escalation di dazi che dovevano cominciare dal 5% e arrivare fino al 25%, per "punire" il mancato controllo dei flussi migratori. In cambio il presidente di sinistra Andres Manuel López Obrador (abbreviato in Amlo) fa concessioni sostanziali. Aralo mobilita la sua Guardia Nazionale al confine col Guatemala per bloccare gli ingressi di chi vuole raggiungere gli Stati Uniti. Inoltre accetta di rafforzare un piano chiamato Migrant Protection Protocol: questo consente agli Stati Uniti di ri-trasferire sul territorio messicano una parte dei richiedenti asilo che ne provengono; può significare che decine di migliaia di migranti verranno "parcheggiati" in Messico anziché rimanere nei centri di detenzione Usa.
Trump canta vittoria perché la sua minaccia sembra avere funzionato, anche se i metodi usati gli hanno attirato critiche negli Stati Uniti. Molte aziende americane erano in allarme, poiché parte delle loro produzioni sono delocalizzate a Sud del Rio Grande-Rio Bravo, da quando il Messico è entrato a far parte del mercato unico nordamericano (col Trattato Nafta firmato 25 anni fa da Bill Clinton). L'allarme per il rischio di una guerra commerciale aveva provocato anche una fronda in seno al partito repubblicano, dove diversi parlamentari si opponevano alla ratifica dei dazi annunciati da Trump. Non ce n'è stato bisogno. Tuttavia la minaccia è soltanto sospesa. Il presidente americano infatti ha precisato che i dazi potrebbero scattare in futuro, qualora il Messico non mantenga le promesse. L'accordo annunciato fra Trump e Aralo arriva al termine di quella che la Casa Bianca ha definito una «emergenza al confine». Anche se il flusso di richiedenti asilo e migranti economici fu molto più elevato durante gli otto anni di George W. Bush, è vero che negli ultimi due mesi c'è stata un'impennata nei numeri di attraversamenti al confine (circa centomila al mese). La stragrande maggioranza non sono messicani bensì provengono da Guatemala, Honduras, El Salvador. Il Messico dunque si ritrova in una posizione paragonabile a quella della Turchia in Europa. Ciò che Trump chiede al suo omologo è simile a quanto l'Unione europea ha concordato con Erdogan: bloccare il transito. Se tra Ue e Turchia è stato concordato un pagamento, l'accordo Usa-Messico viene dopo una minaccia di sanzio *** ni. Funzionerà? Non mancano gli scettici, i quali ricordano che in passato la mobilitazione della Guardia Nazionale messicana ebbe effetti limitati sui flussi migratori (anche per la diffusa corruzione). Un altro dubbio riguarda le condizioni dei Paesi di partenza. Ai tempi di Bush la maggioranza dei migranti erano messicani; quell'esodo si è quasi estinto grazie al miglioramento della situazione economica in Messico. In Guatemala, Honduras, El Salvador, non ci sono segnali di uno sviluppo economico analogo a quello messicano. Trump rischia di peggiorare la situazione visto che di recente ha tagliato gli aiuti a quei Paesi. L'accordo con Amlo può servire comunque a Trump per cantare vittoria, almeno momentaneamente. Distoglie l'attenzione dal fatto che si è arenata l'altra misura su cui il presidente Usa aveva giocato la sua immagine: la costruzione (o meglio il prolungamento) del Muro al confine Sud. Su quel fronte è quasi tutto fermo. La Camera dei deputati, controllata da una maggioranza democratica, ha negato alla Casa Bianca i fondi per il Muro. Trump ha aggirato l'ostacolo dichiarando uno stato di emergenza al confine in modo da poter attingere da altre partite del bilancio federale. Ma anche quella manovra è stata bloccata, per adesso, da una serie di ricorsi presso la magistratura (è probabile che la questione arrivi alla Corte suprema).
Nell'immediato il cessato allarme sui dazi sgombra il campo da una preoccupazione economica seria. Il Messico rischiava di essere tassato su 350 miliardi di dollari annui di esportazioni, con conseguenze pesanti sia sulla sua economia sia sulle tante imprese nordamericane (nonché europee, giapponesi, coreane, cinesi) che assemblano prodotti nelle maquiladoras vicine al confine, per poi venderli sul mercato Usa. La prospettiva di un nuovo fronte protezionista — in aggiunta al braccio di ferro con la Cina — si aggiungeva ad altri segnali preoccupanti: venerdì è uscito un dato deludente sulla creazione di posti di lavoro negli Stati Uniti.