Migrare e invadere la casa, il paese altrui non è un diritto

Migrare e invadere la casa, il paese altrui non è un diritto

Messaggioda Berto » dom dic 02, 2018 8:56 am

Migrare e invadere la casa e il paese altrui non è un diritto ma un crimine, ed è un dovere impedirlo
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 205&t=2813
https://www.facebook.com/permalink.php? ... 7003387674


La clandestinità o emigrazione/immigrazione clandestina, con l'inganno, la frode (anche abusando delle norme sul soccorso in mare), con la violenza, senza autorizzazione, violando le leggi a tutela dei territori, dei paesi degli stati, il promuoverla, il favorirla e il giustificarla è un grave delitto contro la convivenza civile tra stati, popoli e persone e un crimine contro l'umanità, che viola i diritti umani e civili degli abitanti e dei cittadini di un paese o di uno stato.


L'invasione clandestina è un grave crimine contro l'umanità e non un diritto umano e civile da promuovere, assecondare, favorire, rispettare e difendere, per cui chi muore di freddo, di stenti o annegato durante le scalate e le traversate illegali di montagne, deserti, fiumi e mari, nel compimento di questo grave crimine, muore esclusivamente per responsabilità e colpa sua e dei suoi complici diretti (come lo sono gli scafisti o i passeur) e indiretti (come lo sono coloro che propagandano e fanno passare questo crimine come se fosse un diritto umano e civile) e non certo per colpa di altri o nostra che siamo le vittime, come sostengono taluni demenziali e irresponsabili tra cui il Papa Bergoglio e i politicanti della sinistra europea con il loro megafono e contorno mediatico.
Noi uomini di buona volontà, cristiani e non cristiani, bianchi ed europei non abbiamo proprio nulla di cui rimproverarci per queste morti, anche se riguardano donne e bambini.
Non si tratta di "disumana indifferenza" si tratta solo di buona umanità, di buona logica naturale e di legittima difesa, per cui a piangere deve essere il carnefice criminale, chi è causa del suo mal e non altri, certamente non le vittime destinatarie del male del criminale carnefice sofferente o morto.





Favorire l'immigrazione e l'emigrazione clandestina è un crimine universale
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 194&t=2754
https://www.facebook.com/permalink.php? ... 7003387674




MIGRAZIONI O IMMIGRAZIONI?
Giovanni Bernardini
20 maggio 2021

https://www.facebook.com/groups/3168285 ... 2766335515

I sapientoni lo ripetono in continuazione: “le migrazioni sono una costante della storia, non le si può fermare”.
Mi chiedo, quale mondo immaginano questi signori?
Pensano a masse enormi di persone che possono muoversi senza incontrare difficoltà, né sottostare a formalità alcuna da una parte all’altra del mondo? Come un italiano può trasferirsi dalla Liguria al Lazio così ci si dovrebbe poter trasferire dall’Australia all’Italia?
Pensano ad una Italia che ha oggi 60 milioni di abitanti, ma potrebbe averne 70 fra 5 anni e 50 fra 10 perché meta d’arrivo e punto di partenza di trasferimenti incontrollati di popoli?
Se è questo che pensano abbiano il coraggio di fare la proposta conseguente: chiedano la abolizione degli stati nazionali e la formazione di un unico stato mondiale, con parlamento e governo mondiali. Solo in una simile situazione i loro deliri migrazionisti potrebbero avere un minimo di credibilità.
Le migrazioni sono un grande fenomeno storico, ma non hanno dato vita ad un universale meticciato, come cianciano i teorici del migrazionismo senza limiti, vincoli e controlli.
Le grandi migrazioni hanno avuto quasi sempre effetti tragici sui popoli che le hanno subite, ed hanno dato vita a nuovi stati. In seguito alle migrazioni non è sorto un mondo senza confini, sono sorti confini nuovi.
Ed i processi migratori sono stati assoggettati a condizioni, regole e controlli. Oggi si emigra legalmente, non si migra illegalmente.
La scelta è semplice: vogliamo processi di emigrazione ed immigrazione controllati e legali o migrazioni incontrollate di interi popoli da un continente all’altro?
Dalla risposta a questa domanda dipende il futuro della civiltà europea, meglio, dell’intera civiltà occidentale.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Migrare e invadere la casa, il paese altrui non è un diritto

Messaggioda Berto » dom dic 02, 2018 8:57 am

I confini del tuo paese sono sacri come la porta della tua casa.


I confini del tuo paese sono sacri come la porta della tua casa e la siepe o la recinzione o il muro della tua proprietà.
Chi li viola ed entra senza il tuo permesso è un criminale che attenta alla tua vita e ai tuoi beni e viola uno dei più importanti e fondamentali valori e dei diritti umani, naturali, civili e politici universali.
https://www.facebook.com/permalink.php? ... 7003387674

I confini del tuo paese sono sacri come la porta della tua casa e la siepe o la recinzione o il muro della tua proprietà.
Chi li viola ed entra senza il tuo permesso è un criminale che attenta alla tua vita e ai tuoi beni e viola uno dei più importanti e fondamentali valori e dei diritti umani, naturali, civili e politici universali.
Opporti all'invasione e difenderti magari sparando se occorre, è un tuo diritto ma sopratutto un tuo dovere verso la tua famiglia, i tuoi figli e nipoti, la tua gente.



L'umanità criminale o disumana dell'invasione che viola i tuoi e nostri diritti umani:
questi invasori criminali ti derubano, ti estorgono, ti rapinano, sequestrano il tuo territorio e la tua casa, il tuo spazio vitale, i tuoi beni, il tuo lavoro, le tut risorse pubbliche, il tuo welfare, i figli e i nipoti, la speranza, il futuro, il rispetto di te stesso, la democrazia, la sovranità politica, la tua cultura e le tue tradizioni, i diritti umani e la vita, difenditi, non lasciarli entrare.
Ti portano la morte in casa, malattie, nazismo maomettano, criminalità di ogni genere, dallo spaccio di droga alla mafia, la miseria, la guerra civile.
Difendersi da queste invasioni criminali anche con la forza è umanissima e giustissima legittima difesa un sacrosanto dovere e diritto umano naturale, universale e civile.


Chi promuove, giustifica e sostiene l'invasione clandestina o "regolare ma contro la tua volontà" e la violazione delle frontiere, dei confini dei paesi del mondo, del tuo paese e della tua casa è un criminale, tra i peggiori criminali della terra e di tutti i tempi.



I paesi civili e di buona umanità difendono i loro confini, come ogni buon uomo fa con la propria casa e la sua proprietà
viewtopic.php?f=196&t=2800
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 3458729814


La mia terra non è la tua terra. Chiudere i porti e presidiare ogni metro di costa
viewtopic.php?f=194&t=2784
La terra è di tutti ma ognuno ha la sua terra e la deve difendere. Chiudere i porti e presidiare ogni metro di costa e di confine.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Migrare e invadere la casa, il paese altrui non è un diritto

Messaggioda Berto » dom dic 02, 2018 9:00 am

Questi sono invasori criminali

Voler entrare in un paese altrui è come voler entrare in casa altrui senza l'assenzo dei propietari del paese della casa e ciò è un atto violento e criminale.




Trump arma i soldati al confine: "Se serve, sparate ai migranti"
Gianni Carotenuto - Ven, 02/11/2018

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/tru ... Xu5e0axRKI

Il presidente Usa pronto a tutto per arginare il fiume di migranti ammassati al confine con il Messico. E non esclude che i militari americani possano "sparare a quelli che tirano pietre e sassi. Spero di no, ma sono sempre soldati"

"I sassi vanno considerati come armi. Non c'è molta differenza. Quindi i nostri soldati potranno sparare ai migranti che li lanceranno contro di loro".

Donald Trump annuncia il suo pugno di ferro contro i migranti ammassati al confine tra Usa e Messico e disposti a tutto per entrare in territorio americano. Ma il presidente Usa non ci sta. Dopo avere minacciato di togliere lo ius soli e negato la concessione dell'asilo politico al fiume di persone provenienti dall'Honduras, ora fa appello alle armi.

15 mila unità. Sono i soldati che Donald Trump è pronto a inviare al confine tra Usa e Messico, dove alcune migliaia di migranti premono per entrare in territorio americano. Ma a detta del presidente, la "carovana" di persone partite dall'America centrale non riuscirà a entrare illegalmente negli Stati Uniti. A costo di premere il grilletto. "Spero di no, ma sono soldati e nessuno deve tirare rocce contro di loro", ha spiegato il tycoon aggiungendo che "Non c'è molta differenza con un sasso lanciato in faccia". Un'altra dichiarazione di guerra ai migranti honduregni, da sommare alla già annunciata decisione di negare loro l'asilo

Trump ha promesso che i migranti in arrivo illecitamente in Usa saranno detenuti in "tendopoli" enormi sul confine con il Messico che secondo lui sono in costruzione. "Li terremo lì. Non li faremo entrare nel nostro Paese". E in un post su Twitter ha aggiunto: "L'immigrazione illegale influisce negativamente sulla vita di tutti gli americani. L'immigrazione illegale offende i lavoratori americani, è un fardello per chi paga le tasse, minaccia l'ordine pubblico e pesa su scuole, ospedali e comunità".



I migranti della "carovana", tramite un'ong, fanno causa a Trump
Gerry Freda - Sab, 03/11/2018

http://www.ilgiornale.it/news/motori/i- ... 96488.html

I migranti della “carovana” che sta attraversando in questi giorni il Messico con l’obiettivo di raggiungere gli Usa hanno ufficialmente fatto causa al presidente Trump.
Il procedimento giudiziario è stato promosso dall’associazione pro-migranti Nexus Services e ha subito riscosso il plauso dell’opposizione democratica
Un’ong pro-migranti ha infatti presentato presso la Corte distrettuale di Washington, a nome dei componenti della “carovana”, una “class action” contro il tycoon e altri esponenti dell’amministrazione federale.

Il procedimento giudiziario è stato promosso dall’associazione Nexus Services, la quale, proclamatasi “rappresentante delle istanze degli immigrati centroamericani”, ha accusato il presidente degli Stati Uniti di avere adottato, nelle ultime settimane, “decisioni incostituzionali”. Secondo l’ong, la “linea dura” varata da Trump circa la “carovana” di migranti in arrivo negli Usa dall’America centrale costituirebbe infatti un “palese abuso di potere”. In particolare, gli avvocati incaricati da Nexus Services di portare avanti la “class action” affermano che la decisione del presidente di inviare l’esercito al confine con il Messico per incarcerare "per un tempo indefinito” i componenti della “carovana” che entreranno illegalmente nel territorio federale sarebbe una “scioccante” violazione della Costituzione e della giurisprudenza della Corte suprema.

Il Quinto emendamento vieta infatti alle autorità governative di applicare agli individui presenti sul territorio nazionale detenzioni prolungate senza una previa decisione della magistratura, mentre la sentenza Flores v. Reno, emessa dalla Corte suprema nel 1997, fissa a 72 ore il tempo oltre il quale un sospettato in attesa di processo non può più essere legittimamente trattenuto dalle forze dell’ordine. Ad avviso degli esponenti dell’ong, le condotte illecite imputate a Trump sarebbero state commesse, nelle scorse settimane, anche da altri esponenti dell’esecutivo. La “class action” in nome dei diritti dei migranti centroamericani è stata quindi presentata anche contro Jeff Sessions, Segretario alla Giustizia, e Ronald Vitiello, capo della polizia di frontiera.

L’opposizione democratica ha subito reagito con entusiasmo all’iniziativa di Nexus Services. Kamala Harris, senatrice liberal californiana, ha definito il procedimento avviato dal team legale dell’ong come un’“importante reazione della società americana alle disastrose politiche in ambito migratorio sviluppate da Trump e animate dal suprematismo bianco nonché dalla volontà di racimolare qualche voto in più in vista delle elezioni di metà mandato.” Per il momento, la Casa Bianca non ha rilasciato commenti ufficiali sulla causa intentata contro Trump dall’associazione pro-migranti.


C'è una cosa che non capirò mai. Partono a piedi facendosi 2000 Km.

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 1220784361

Hanno una determinazione incredibile nel PRETENDERE che debba essere un altro stato a farsi carico dei loro problemi.
Sono disposti a calpestare ogni regola e legge pur di affermare le loro volontà.
Se ne fottono altamente di sapere se la dove HANNO DECISO di andare, siano d'accordo o meno sul lasciarli venire, e pur di prevalere, sono disposti ad affrontare un esercito che LEGITTIMAMENTE difenderà i propri confini.
Ora, io capisco che la zecca media comunista, è una zecca universale e globalista, che ama un mondo senza confini, e raglia dalla mattina alla sera i suoi "siamo tutti sotto allo stesso cielo", ovviamente fino a quando però il confine violato non è la siepe della loro villetta radical chic tenuta a puntino dal giardiniere marocchino assunto in nero, o il cielo non è quello del loro salotto di classe arredato con gusto dall'architetto siriano.
Ma mi chiedo, chi da il diritto ad un esercito di soggetti spesso di dubbissima provenienza, di presentarsi ad una frontiera straniera armati di una incredibile spocchia ed una inaccettabile arroganza nel pretendere di entrare illegalmente, quando la stessa spocchia ed arroganza non l'hanno mai messa in pratica nemmeno per sbaglio a casa loro, per affrontare ed eventualmente deporre dal potere quelli che rappresentano le cause dei loro problemi?
Ma invece di promettere e portare la guerra ai confini di Trump, perchè non la fanno ai governanti che hanno a casa loro?
Faccio male a pensare che dietro a queste invasioni di presunti disperati, ci siano in realtà delle regie occulte ben organizzate, che vogliono solo portare caos, disordine, degrado e criminalità, in quei paesi governati da quelli che ancora non si piegano ai progetti di ingegnaria sociale dei comunisti 2,0 alla Soros?
E guarda caso, al confine USA ci stanno andando in massa adesso, a 4 giorni dalle elezioni di medio termine...così poi se qualcuno decide che è un suo "diritto" entrare negli Stati Uniti in ciabatte menando colpi di machete sui poliziotti americani, e gli spiegano a colpi di M16 che l'iter è differente, poi potremo sentire i "giornalistoni" italiani dire che il cattivo è Trump!
Ed ovviamente, anche Salvini....
Per la "seconda proprietà fasciotransitiva della scorreggia ideologica comunista"!



Carovana migranti, i civili delle ronde in Texas rispondono alla chiamata alle armi di Trump. "Esercito Usa preoccupato"
4 novembre 2018

https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/1 ... to/4742063

Non solo soldati, ma anche centinaia di civili armati stanno puntando verso il confine meridionale degli Stati Uniti, dove è atteso l’arrivo della carovana di migranti, partita il 13 ottobre dall’Honduras e arrivata attualmente in Messico. Obiettivo: rispondere alla chiamata alle armi di Donald Trump, che ha già predisposto l’invio di 7mila militari negli Stati al confine, cioè Texas, Arizona e California, entro la fine del weekend. “Abbiamo dimostrato il nostro valore in passato, lo faremo di nuovo”, dice Shannon McGauley, cacciatore di taglie dell’area di Dallas e presidente dei Texas Minutemen, un’organizzazione nata nel 2004 proprio per controllare l’immigrazione irregolare. I ‘vigilantes autonomi‘ si preparano ad arrivare nella zona del Rio Grande con un centinaio di persone. A mobilitarli i continui messaggi del presidente con riferimenti all”’invasione” di “criminali” e di “mediorientali sconosciuti”. “Osserveremo e riferiremo. Offriremo aiuto in ogni modo possibile”, commentano alcuni.

I Minutemen, tuttavia, rappresentano solo una porzione ridotta di un panorama di “militias” molto ampio e variegato. “Non posso dare numeri precisi – dice McGauley – ma il mio telefono non smette di squillare da una settimana. Ci sono altre organizzazioni, mariti e mogli. Gente che arriva dall’Oregon, dall’Indiana. Abbiamo anche persone che vengono dal Canada“. L’equipaggiamento sarà composto non solo di armi, ma anche di strumenti hi-tech e droni. Una mobilitazione indipendente che rischia di complicare le operazioni dei soldati, dei poliziotti e degli agenti della Border Patrol. Secondo documenti militari, ottenuti dalla rivista Newsweek, l’esercito americano sarebbe preoccupato per l’arrivo di “membri delle milizie irregolari che si schiereranno al confine per un presunto sostegno alle attività ufficiali”. Per questo ai membri della Guardia Nazionale è stato dato l’ordine di sorvegliare le attrezzature per il rischio che qualche ‘vigilantes autonomo’ possa rubarle. La stima è che nei prossimi giorni si presentino 200 civili.

Secondo le ultime informazioni, alcuni migranti in marcia sarebbero arrivati a Città del Messico, dove è stato allestito un accampamento, nella Città sportiva. Si tratta solo di una parte dei 7mila che già lo scorso 19 ottobre avevano valicato la frontiera. La carovana però mano a mano si è assottigliata ed è oggi impossibile determinare quante siano le persone che realmente la compongono. Un secondo gruppo, formato da 1000-1500 persone provenienti da Honduras, Guatemala e El Salvador, è entrato il 29 ottobre in Messico e attualmente è in Chiapas. Una terza carovana più piccola, di appena 500 persone, ha varcato la frontiera messicana ed ha subito chiesto asilo alle autorità locali, prima di decidere se proseguire il viaggio verso gli Usa o meno. Infine un quarto “corteo” di circa 2mila salvadoregni, venerdì ha attraversato il fiume Suchiate (che traccia il confine fra Messico e Guatemala) dirigendosi a Tapachula, nella regione del Chiapas.


Ecco come Trump smaschera l'ipocrisia dem sugli immigrati

Roberto Vivaldelli
Dic 16, 2018

http://www.occhidellaguerra.it/trump-sm ... -immigrati

Sull’immigrazione di massa democratici e liberal sono spesso e volentieri ipocriti. All’opposizione accusano gli avversari di essere “disumani” nel contrastare il fenomeno per solleticare i sentimenti umanitari del loro elettorato: poi, al potere, dove prevale la realpolitk, attuano anch’essi politiche stringenti non dissimili da quelle prima criticavano. In Italia, per esempio, ci ricordiamo benissimo quando il governo Prodi ordinò un blocco navale nel 1997 per fermare l’immigrazione proveniente dai Balcani. Negli Stati Uniti il discorso non è tanto diverso se parliamo del famoso Muro con il Messico.

Media e democratici hanno criticato ferocemente il presidente Donald Trump sull’argomento, dimenticandosi però di ricordare che la costruzione delle barriere lungo la frontiera tra Messico e Stati Uniti risale al 1994, sotto la presidenza di Bill Clinton, articolata in tre diverse operazioni messe in atto nei tre stati americani che condividono i 3140 km di frontiera con il Messico: Gatekeeper in California, Hold-the-Line in Texas e Safeguard in Arizona.

A rinfrescare la memoria ai critici ci ha pensato lo stesso presidente Trump – che quel muro lo vuole ostinatamente completare – realizzando un breve videoclip, pubblicato su twitter, nel quale riporta vecchie dichiarazioni dei dem in tema di immigrazione e mettendo così a nudo tutte le ipocrisie e le contraddizioni del Partito democratico sull’argomento.


Il video di Trump sull’immigrazione umilia i democratici

Le dichiarazioni degli avversari di Trump riportate nel video non lasciano spazio a dubbi. “I democratici sono degli ipocriti totali. Tutti insieme hanno sostenuto i muri” incalza Donald Trump, parlando dal Rose Garden della Casa Bianca. Nel videoclip compaiono Hillary Clinton, Barack Obama e Chuck Schumer mentre sparano a zero contro l’immigrazione di massa. “L’immigrazione illegale è sbagliata. Chiaro e semplice” osserva Schumer. “Semplicemente non possiamo permettere alle persone di riservarsi negli Stati Uniti senza essere individuate, senza documenti e senza controllo” afferma l’ex presidente Barack Obama mentre Hillary Clinton si vanta di aver votato a favore del finanziamento di “una barriera che impedisce agli immigrati clandestini di entrare negli Stati Uniti”.

“Loro – afferma Donald Trump – non vogliono costruire il muro perché sono io a proporlo. Farò tutto ciò che è necessario per avere la sicurezza alle frontiere”. Qualcosa al di fuori dal comune il presidente degli Stati Uniti in realtà lo ha già fatto. Come vi abbiamo raccontato su Gli Occhi della Guerra un paio di settimane fa, il segretario alla sicurezza nazionale Kirstien Nielsen ha chiesto lo spiegamento di agenti della polizia da diversi altri dipartimenti in quella molti considerano una mossa senza precedenti per tutelare i confini. Il personale aggiuntivo richiesto da Nielsen, infatti, avrà il compito di assistere gli agenti della dogana nel pattugliare la frontiera ed eventualmente respingere le “carovane provenienti dall’America centrale”. E ora è il momento di blindare i confini una volta per tutte.


Trump minaccia lo shutdown per il muro con il Messico

Come riporta IlSole24ore, pochi giorni fa il presidente Donald Trump ha minacciato lo shutdown, ossia il blocco delle attività amministrative del governo, se non otterrà nella prossima legge di spesa i fondi per il muro col Messico e per la sicurezza al confine meridionale. Una minaccia fatta durante una accesa discussione alla Casa Bianca con i leader democratici alla Camera e al Senato, Nancy Pelosi e Chuck Schumer, davanti ai reporter.

Pelosi e Schumer hanno dichiarato di volere un accordo con il presidente, che però non accetta compromessi al ribasso. E proprio da quello scontro a muso duro nello studio Ovale nasce l’iniziativa del videoclip che smaschera le bugie dei dem in materia di immigrazione.
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Migrare e invadere la casa, il paese altrui non è un diritto

Messaggioda Berto » dom dic 02, 2018 9:02 am

Migranti, la testa della carovana è al confine con gli Usa: 400 a Tijuana
Migranti, primo gruppo della carovana dall'Hondouras arrivato al confine con gli Usa
14 novembre 2018

https://www.ilmessaggero.it/mondo/migra ... 07109.html

Sono arrivati al confine tra Stati Uniti e Messico in 400: prima un'ottantina appartenenti alla comunità Lgbtq, in fuga da discriminazioni e violenze, poi il resto. È la testa della carovana di migranti partita dall'Honduras e da settimane in marcia verso il sogno americano. Un'avanguardia di disperati che ha fatto oltre 4.300 chilometri fino a Tijuana, al confine con la California, non distante da San Diego. Sono riusciti a staccare il grosso del gruppo, ancora a migliaia di chilometri di distanza, perché hanno potuto raggiungere la frontiera sud degli Usa usando nell'ultimo tratto treni o autobus.

Come nel caso delle decine di gay, lesbiche e transgender che hanno beneficiato del supporto anche finanziario di diverse associazioni Lgbtq americane e messicane. «Eravamo discriminati anche all'interno della stessa carovana», raccontano alcuni di loro pronti a chiedere asilo negli Usa. Non sanno quanto tempo ci vorrà, ma una cosa hanno ben chiara: nessuno tenterà di entrare illegalmente, per non rischiare di incappare nel decreto con cui Trump ha vietato il diritto di fare domanda di ingresso negli Usa a chi tenta di superare il confine clandestinamente. Alla frontiera sudovest nelle ultime ore sono comunque state rafforzate le difese con reticolati, filo spinato e nuove barriere. Le immagini mostrano alcuni dei migranti che sfidano i militari salendo su alcune di queste. La situazione però appare al momento calma e priva di tensioni.

Sono oltre 7.000 i soldati schierati dal Pentagono tra California, Arizona e Texas a sostegno degli agenti federali che vigilano sulle frontiere. E al confine col Messico sono arrivati anche il segretario alla Difesa James Mattis e il ministro per la Sicurezza interna Kristjen Nielsen, per visitare le truppe in attesa di quella che, nelle parole usate di recente da Trump, dovrebbe essere «un'invasione». Una «emergenza nazionale» per affrontare la quale il presidente americano, durante la campagna elettorale per le midterm, ha detto di essere pronto a inviare fino a 15.000 soldati, più che in Afghanistan. Un'operazione che potrebbe arrivare a costare fino a 220 milioni di dollari. In tutto i migranti partiti da vari Paesi del Centro America, riunitisi in carovana e in marcia verso gli Usa sono circa 5 mila. Ma la stragrande maggioranza è ancora lontanissima dal raggiungere l'obiettivo, a migliaia di chilometri dal confine Usa. Circa 1.200 persone provenienti dall'Honduras sono ferme a Città del Messico, dove sono state ospitate a spese del governo messicano in uno stadio.

Una seconda carovana di 2.000 migranti partita da El Salvador è diretta verso Puebla, nel sud del Messico. Ci sono poi altri 1.800 salvadoregni sparpagliati tra gli stati messicani di Oxaca, Veracruz, Jalisco e Sinaloa, questi ultimi raggruppati nella città di Culiacan e i più vicini alla frontiera statunitense, che dista circa 1.600 chilometri. Intanto c'è chi fa notare come passate le elezioni di metà mandato Trump non abbia più parlato o twittato sulla carovana di migranti, una questione che ha messo al centro della sua campagna elettorale. Forse anche per questo gli ultimi dati mostrano come la popolazione ispanica sia stata determinante per il successo dei democratici.



Usa: i primi gruppi di migranti della carovana sono arrivati al confine
15 novembre 2018

http://www.rainews.it/dl/rainews/media/ ... 3b663.html

I primi tre, quattrocento migranti della carovana dall'Honduras sono arrivati al confine fra Messico e Stati Uniti. Ad aspettarli filo spinato e i soldati inviati da Donald Trump. Da New York, la corrispondente Giovanna Botteri

Alcune centinaia di migranti sono arrivati al confine con gli Usa dal Messico. Sono i primi migranti delle carovane partite dall'America centrale per fuggire dalla violenze dalla povertà.

Ad accoglierli l'imponente presenza militare dispiegata dal presidente Donald Trump. Alcuni sono stati ospitati nei centri di accoglienza allestiti lungo il confine nella parte messicana, soprattutto nella città di Tijuana, alla frontiera tra il Messico e la California. Alcuni hanno tentato di scavalcare la barriera di metallo e in otto, secondo l'Afp, sono stati prontamente arrestati dai militari americani. "Non siamo criminali" urlavano alcuni. Se passano la frontiera illegalmente, in base alle nuove norme, non potranno più richiedere asilo agli Usa e saranno automaticamente deportati. Il grosso delle carovane, secondo le autorità messicane, si trova ancora a circa 1.800 chilometri dal confine Usa.

Proprio ieri il capo del Pentagono Mattis ha visitato il confine con il Messico in Texas, dove si trova la maggioranze degli oltre 5.000 soldati inviati da Trump.




Arrivano a Tijuana i primi migranti della Carovana. Trump blinda il confine
Claudia Fanti
14.11.2018

https://ilmanifesto.it/arrivano-a-tijua ... il-confine

Ad un mese dalla partenza dall'Honduras. Mentre la marcia si avvicina alla frontiera con gli Stati Uniti, la Casa Bianca schiera migliaia di soldati e sospende il diritto d’asilo per novanta giorni

Il sogno americano è lì, a un passo, davanti a loro. Eppure ancora tremendamente lontano. A un mese dalla partenza della prima carovana da San Pedro Sula, i primi 400 migranti sono arrivati martedì a Tijuana, al confine con gli Usa, dove aspetteranno gli oltre 5000 che arriveranno nei prossimi giorni, per poi cercare di entrare tutti insieme negli Usa dal posto di frontiera che collega la città a San Diego, in California. In più di 25 sono persino saliti in cima alla barriera di metallo che separa i due Paesi, gridando verso gli agenti schierati dall’altra parte, sotto gli occhi della polizia municipale messicana.

PER ARRIVARE FIN QUI hanno affrontato la fatica, il caldo asfissiante, il freddo via via più intenso, la fame, le infezioni gastrointestinali, le malattie respiratorie, oltre a pericoli di ogni tipo. E, prima ancora, hanno sofferto la miseria e la violenza nei rispettivi paesi, di cui è in gran parte responsabile proprio la potenza alle cui porte stanno disperatamente bussando. A separarli dal loro sogno, si trovano centinaia e centinaia di soldati dispiegati lungo la frontiera: al momento 4800 (1100 in California, altrettanti in Arizona e 2600 in Texas), ma ne arriveranno, si dice, almeno altri 7000. E per sbarrare loro il passo il presidente Trump ha firmato l’ordine esecutivo che sospende per 90 giorni il diritto d’asilo per chiunque faccia ingresso illegalmente negli Stati Uniti attraverso il confine sud, con l’unica eccezione dei minori non accompagnati. Cosicché, fino al prossimo 9 febbraio, l’unica via a loro disposizione sarà quella di presentarsi a uno dei 48 varchi legali per l’entrata nel paese, già ingolfati.

DI UNA TRAGICA FARSA ha parlato non a caso il linguista, filosofo e politologo Noam Chomsky: «madri, bambini, poveri, miserabili – ha dichiarato a Democracy Now -, fuggono dal terrore e dalla repressione di cui siamo noi i responsabili e per tutta risposta mandiamo loro contro migliaia di soldati». Cercando con ciò di far credere al paese che «siamo alle soglie di un’invasione», con tanto di terroristi del Medio Oriente mescolati a centroamericani ugualmente violenti.

LA «PERICOLOSA MINACCIA», costituita tra l’altro da 1726 bambini e da 24 donne incinte, si trova, nel frattempo, a meno di metà strada, a circa 2000 chilometri di distanza, avendo i migranti scelto il percorso più lungo – più del doppio rispetto a quello per McAllen, in Texas – ma meno insicuro.

Dopo averne percorsi già più di 2000 in 30 giorni di estenuante cammino – per lo più a piedi e in alcuni tratti in autostop -, la prima carovana è infatti ripartita da Guadalajara in direzione di Sinaloa, potendo contare su decine di pullman messi a disposizione dalle autorità locali. Dietro, segue un numero ormai imprecisato di altre carovane, frammentate in gruppi più piccoli e quindi più esposti a violenze e pericoli. Come pare sia successo il 3 novembre scorso a Veracruz, dove, stando alla testimonianza di due persone che sarebbero riuscite a scappare, un gruppo di 100 migranti, tra cui 65 bambini e 7 donne, sarebbero stati sequestrati e venduti a un gruppo del crimine organizzato. Un caso su cui è stata aperta un’indagine da parte della Procura generale di Puebla.

E mentre le diverse carovane proseguono il loro estenuante viaggio verso nord, sono circa 1200 i migranti honduregni che hanno deciso di chiedere asilo in Messico, mossi dalla speranza che, con l’avvento alla presidenza, il primo dicembre prossimo, di Andrés Manuel López Obrador, le cose possano andare meglio anche per loro.






Messico. Il sogno americano al capolinea: la carovana dei migranti si ferma a Tijuana
Elena Molinari, New York sabato 17 novembre 2018

https://www.avvenire.it/mondo/pagine/la ... in-messico

Per «fermare l'orda» il Pentagono ha già schierato 5.700 soldati, più di quelli presenti in Iraq. Eterne le procedure per l'asilo. L'aiuto degli scalabriniani: il 65% sono donne e bambini

«Nessuno entrerà, non permetteremo a nessuno di entrare». Finora Donald Trump è riuscito a mantenere la promessa fatta alla vigilia delle elezioni politiche di metà mandato di fronte all’imminente «invasione», come l’ha chiamata, di immigrati centroamericani.

Ma la pressione dei profughi al confine meridionale Usa cresce di ora in ora e potrebbe portare a scontri con i militari americani schierati alla frontiera o con la polizia messicana.

L’avanguardia della carovana partita dall’Honduras a metà ottobre ha infatti raggiunto la frontiera fra Messico e California. Sono oltre duemila e presto diventeranno almeno tre volte tanti. E, stando alle testimonianze dei volontari che li seguono e dei centri di accoglienza, spesso cattolici, che li aiutano, tutte le oltre 10mila persone (17mila secondo alcune stime) in movimento verso gli Stati Uniti sono determinate a raggiungere il loro obiettivo.

La loro disperazione appare più forte delle politiche di dissuasione del capo della Casa Bianca. «Non tornerò indietro, non posso tornare indietro, non ho nemmeno pensato a che cosa farò se non mi lasciano entrare», spiega Alejandro Martinez, ospitato alla Casa del migrante dei padri scalabriniani di Tijuana. Il giovane, che ha camminato dieci ore al giorno per centinaia di chilometri, prima di ottenere un passaggio su un camion per gli ultimi trecento chilometri. È disposto a tutto, dice «pur di non tornare nell’inferno da cui vengo».

«Il 65% sono donne e bambini», ha raccontato al Sir José Carlos Yee Quintero, coordinatore dei programmi della casa, diretta da padre Patrick Murphy. A Tijuana sono presenti già 2.500 migranti che stanno aspettando una risposta alla loro domanda d’asilo negli Stati Uniti. A questi se ne sono aggiunti 1.600 negli ultimi giorni. Molti rischiano di cadere vittime dei feroci cartelli del crimine organizzato che controllano le frontiere. Le nuove regole introdotte per decreto da Trump impongono infatti a chi vuole chiedere asilo negli Stati Uniti di presentarsi a un posto di frontiera ufficiale, senza tentare di entrare di nascosto negli Stati Uniti, pena la perdita di ogni diritto presso le autorità americane. Quindi di attendere fuori dagli Stati Uniti il verdetto dell’agenzia per l’immigrazione, che può impiegare mesi per arrivare.

Questo impone necessariamente una lunga permanenza in Messico, dove le amministrazioni locali e parte della popolazione cominciano a mostrare segni di insofferenza. «Tijuana è in una situazione difficile», ha detto Juan Manuel Gastelum, sindaco della città che si trova a 27 chilometri da San Diego in California. Le autorità federali messicane sono più concilianti. «Siamo molto preoccupati per eventuali incidenti al confine», ha detto il ministro dell’Interno, Alfonso Navarrete, dicendosi pronto ad offrire 10mila posti di lavoro a tempo determinato agli immigranti per evitare un assalto al confine, sorvegliato da migliaia di soldati statunitensi.

Dei 15mila soldati promessi da Trump per «fermare l’orda», come ha detto, ne sono stati dispiegati 5.700, ben più della presenza Usa in Iraq. La maggior parte sono schierati nel sud del Texas. Circa 1.500 sono in Arizona e 1.300 in California. Le immagini televisive li hanno mostrati impegnati a sistemare filo spinato, barriere e transenne lungo la frontiera. I militari, ha precisato Donald Trump, resteranno sul posto «per tutto il tempo necessario». La forte militarizzazione della zona non ha impedito a una ventina di giovani centroamericano di scalare la barriera metallica che funge da divisorio fra i due Paesi. La maggior parte sono stati arrestati ma non si sono registrati scontri.

Il Pentagono, che ha accettato con riluttanza di inviare personale negli Stati meridionali a svolgere compiti più di ordine pubblico che di sicurezza nazionale, ha dato ordine ai soldati di agire con la massima prudenza nei confronti degli immigrati, per evitare possibili ricadute legali. E i vertici del ministero della Difesa statunitense hanno già chiarito che non aumenteranno ulteriormente la presenza di truppe al confine.

I membri di una seconda carovana di honduregni continuano intanto ad arrivare a Città del Messico, dove circa 1.200 persone hanno ottenuto rifugio in uno stadio nella parte orientale della capitale. Altri duemila emigranti, per lo più provenienti da El Salvador, hanno lasciato lo Stato messicano orientale di Veracruz, diretti a Puebla. Molti di loro stanno fuggendo dalla violenza dell’Honduras, un Paese che nel 2017 ha registrato un tasso di omicidi di 43,6 uccisioni ogni 100mila persone, uno dei tassi più alti del mondo.



Alberto Pento
Il sogno americano non è assoluto ed è storicamente relativo e limitato;
il sogno americano trova i suoi limiti nella storia, nella realtà e nel diritto dei cittadini americani di non far entrare chi non ha alcun diritto di entrare e che entrando porterebbe soltanto del male.




Proteste a Tijuana contro l'"invasione" della carovana di migranti

http://www.rainews.it/dl/rainews/media/ ... 5f533.html
A Tijuana, bassa California in Messico al confine con gli Stati Uniti, stanno arrivando migliaia di migranti, dopo aver attraversato con ogni mezzo l'intero Centro America con un viaggio durato più di un mese. Lungo la frontiera, Trump ha schierato i soldati. E molti migranti non si sentono bene accolti anche a Tijuana, dove centinaia di persone messicane hanno manifestato contro il loro arrivo. L'inviata Laura Tangherlini.



Usa, i militari lungo il confine messicano potranno usare la forza
Federico Garau - Gio, 22/11/2018

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/usa ... tHm2IK82bA

Trump ottiene l’autorizzazione da parte del Pentagono ad aggirare la Legge “Posse comitatus act” del 1878, che impedisce all’esercito di partecipare ad azioni di polizia entro i confini nazionali. Secondo l’intelligence esisterebbero concreti pericoli per gli agenti federali impegnati alla frontiera

Donald Trump dà il via libera all’uso della forza per i militari Usa stanziati nei pressi del confine col Messico.

I soldati avranno dunque l’autorizzazione di far fuoco, ed anche di uccidere, se necessario, per proteggere gli agenti federali incaricati di salvaguardare le frontiere.

In accordo con la Legge “Posse comitatus act” del 1878, che vieta all’esercito di partecipare ad azioni di polizia entro i confini nazionali, fino ad oggi il Pentagono aveva respinto richieste del genere. Anche in questo caso, comunque, si è tentato di non contrastare esplicitamente il contenuto della Legge, cercando piuttosto una motivazione valida per renderla più flessibile e non dare l’idea di agire in modo totalmente illegale.

John F. Kelly, capo di gabinetto alla Casa Bianca, ha diramato un comunicato dove segnala l’esistenza di prove concrete, raccolte dall’intelligence, in cui si fa riferimento al pericolo reale di incidenti e disordini da parte delle migliaia di clandestini diretti verso gli Usa. La minaccia incombente sull’incolumità degli agenti federali ha pertanto permesso a Trump di aggirare il “Posse comitatus act”.

Ingenti le spese previste dal Pentagono per il finanziamento delle operazioni di controllo della frontiera. In tutto saranno impiegati 5900 militari lungo i confini meridionali, per un costo di oltre 72 milioni di dollari, come ha riferito il colonnello Rob Manning, portavoce dell’esercito. Questi salgono complessivamente a 210 se si considerano anche i fondi impiegati per le 2100 unità della Guardia nazionale schierate in campo dallo scorso aprile.

Proseguono le operazioni di controllo da parte dei federali, col prezioso contributo dell’Istituto nazionale delle migrazioni (Inm). Sono stati tratti in arresto 300 migranti centroamericani, che erano riusciti a penetrare entro i confini messicani guadando il Rio Suchiate dal territorio del Guatemala. La fonte è il quotidiano “La Jornada”. Citando fonti governative, il sito rivela che i clandestini formavano il quarto gruppo, entrato nel territorio messicano a metà ottobre. La carovana è stata fermata a Metapa de Dominguez, con l’intenzione di raggiungere Tapachula e successivamente la frontiera Usa.

Dopo un confronto dai toni decisamente accesi coi migranti, provenienti per lo più da El Salvador, i poliziotti messicani li hanno scortati fino alla stazione migratoria “Siglo 21” di Tapachula. Riferendosi alle medesime fonti governative dello stato di Chiapas, il sito riferisce dell’esistenza di una quinta carovana, composta da circa 200 persone e pronta a guadare, anche il questo caso, il Rio Suchiate.


Carovana migranti, ok del Messico al piano di Trump
24 novembre 2018

https://www.tgcom24.mediaset.it/mondo/c ... 802a.shtml

Gli Stati Uniti hanno ottenuto l'appoggio del governo messicano al piano per i migranti richiedenti asilo negli Usa. Chi presenta la sua richiesta attenderà in Messico l'esito dell'esame dei tribunali americani, secondo quanto riferisce il Washington Post. Il piano, chiamato "Remain in Mexico", è di fatto una nuova barriera da superare per i disperati che stanno cercando di raggiungere gli Usa e segna un avvicinamento tra i due Paesi.


Monito di Trump al Messico: 'Rimpatriare i migranti'
26 novembre 2018

http://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2 ... 3a1db.html

Donald Trump lancia un monito al Messico: rispedisca a casa i migranti al confine con gli Usa. "Dovrebbero rimpatriare nei loro Paesi quei migranti che sventolano le bandiere - scrive su Twitter - molti dei quali sono spietati criminali. Lo facciano con gli aerei, con i bus o come vogliono, ma quelle persone non entreranno mai negli Stati Uniti".
Intanto, almeno 42 migranti sono stati arrestati sul lato americano del confine in seguito alle tensioni delle ultime ore.
'Chiuderemo il confine" con il Messico "in modo permanente, se necessario", ha detto il presidente in precedenza invitando il Congresso a elargire i fondi per la realizzazione del muro. Molti dei migranti sono "criminali", attacca il presidente degli Stati Uniti, e "non entreranno negli Usa".


Carovana migranti, Trump: "Se necessario chiudiamo confine in modo permanente. Ora il Messico li rimpatri, sono criminali"
26 novembre 2018

https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/1 ... li/4793776

“Chiuderemo il confine” con il Messico “in modo permanente, se necessario”. Il giorno dopo l’assalto tentato da gruppi di migranti della carovana proveniente dal centro America al confine vicino Tijuana per entrare negli Stati Uniti, Donald Trump torna a puntare il dito contro Città del Messico e invita il Congresso a elargire i fondi per la realizzazione del muro. Le autorità messicane “dovrebbero rimpatriare nei loro Paesi quei migranti che sventolano le bandiere – ha scritto il presidente degli Stati Uniti su Twitter – molti dei quali sono spietati criminali. Lo facciano con gli aerei, con i bus o come vogliono, ma quelle persone non entreranno mai negli Stati Uniti”.

Domenica gli agenti Usa di frontiera hanno arrestato 42 migranti, ha riferito alla Cnn il capo dei Border Patrol Agents Rodney Scott, secondo il quale numerose persone sono riuscite ad attraversare il confine senza essere arrestate. Lunedì l’autorità americana per le dogane e la protezione dei confini (CBP) ha disposto la riapertura del valico di confine di San Ysidro, al confine con il Messico, dopo la chiusura decisa domenica in seguito all’assalto. In una serie di tweet la CBP di San Diego ha annunciato che il valico è riaperto alle auto in direzione nord e sud e al passaggio pedonale.

Le autorità messicane hanno reso noto che verranno rimpatriati i circa 500 migranti, appartenenti alla cosiddetta carovana, che hanno tentato di prendere d’assalto il confine. Il gruppo è stato arrestato dopo aver cercato di attraversare il confine “illegalmente” e in “modo violento” domenica, ha detto il ministero dell’interno del Messico in una dichiarazione, spiegando che quelli identificati come partecipanti a questi “eventi violenti” saranno rimpatriati immediatamente.

La sequenza video mostra decine di persone – tra cui donne e bambini – che corrono verso la recinzione che separa i due paesi vicino alla città di Tijuana. Gli ufficiali di frontiera degli Stati Uniti hanno usato i gas lacrimogeni per respingerli. “Nonostante la complessità del problema – ha inoltre reso noto il ministero dell’Interno messicano – e coerentemente con la politica interna di rispetto dei diritti umani e della non criminalizzazione del fenomeno migratorio, il Messico non dispiegherà forze militari al confine”. Sul lato americano del confine, riportano i media statunitensi, i migranti arrestati sono almeno 42.



I paesi civili e di buona umanità difendono i loro confini, come ogni buon uomo fa con la propria casa e la sua proprietà
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https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 3458729814
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Migrare e invadere la casa, il paese altrui non è un diritto

Messaggioda Berto » dom dic 02, 2018 9:08 am

La Slovenia arma le frontiere: migranti respinti con le pistole
Bartolo Dall'Orto - Mar, 06/11/2018

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 97795.html

I poliziotti sloveni al confine con la Croazia bloccano i migranti e li riportano indietro. E scoppia la polemica

La Slovenia non vuol sentir parlare di aprire i suoi confini ai migranti.

E così, lungo il filo spinato che divide il Paese dalla Croazia, sono gli agenti di polizia a rispedire indietro chi prova a varcare le frontiere. Notizia che ha acceso un nuovo faro sulla gestione dei flussi migratori in Europa, dove tutti gli Stati sembrano agire secondo le proprie convenienze.

Basti pensare alla Francia. Macron, come più volte spiegato su queste pagine, ha chiuso i confini con l'Italia sospendendo Schengen e senza molti complimenti riporta indietro gli immigrati che provano a varcare la frontiera. Le accuse di Salvini, i dossier delle Ong che operano a Ventimiglia e il caso dello sconfinamento a Claviere sono solo alcuni degli atti di uno scontro a viso aperto tra Roma e Parigi. Ma la questione investe anche altri Stati. L'Austria, per esempio, vive lo stesso problema. E la Germania vorrebbe rimandare nel Belpaese i migranti cosiddetti "dublinanti", ovvero quelli arrivati a Berlino dopo essere sbarcati (e identificati) in Italia.

Lo scontro tra Paesi si ripete anche al confine tra Slovenia e Croazia. A far esplodere la polemica è stato il quotidiano Dnevnik di Lubiana che ha portato alla luce una circolare interna della polizia che invita gli agenti a respingere i migranti in Croazia. Senza tante scuse. "Una troupe della Tv di Stato - scrive infatti La Stampa - ha filmato una pattuglia di agenti che bloccava a pistole spianate un gruppo di immigrati tra cui c' erano anche dei bambini". Dal governo sono arrivate spiegazioni ("è la prassi"), ma lo scontro politico continua. Tanto che alcuni mettono in dubbio la legittimità di un accordo tra Lubiana e Zagabria secondo cui gli immigrati bloccati al confine, anche in territorio sloveno, debbano essere restituiti alla Croazia. E qui essere sottoposti a tutte le procedure per la richiesta di asilo. Il motivo? Nell'accordo si legge che i poliziotti al confine "fermano le persone che sono entrate illegalmente in Slovenia e procedono alla loro identificazione. Lo svolgimento di tutte le altre procedure (quindi anche la richiesta di asilo, ndr) è a carico degli organismi del Paese dove i rifugiati sono stati bloccati".

Intanto però i controlli alle frontiere continuano. Tanto che le pattuglie miste di agenti di Lubiana e Zagabria nel 2018 hanno messo a punto ben 635 missioni (metà in Croazia e metà in Slovenia). Non sono poche, anche se non è chiaro quanti siano stati i migranti fermati e riportati indietro.
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Re: Migrare e invadere la casa, il paese altrui non è un dir

Messaggioda Berto » dom dic 02, 2018 9:08 am

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Migrare e invadere la casa, il paese altrui non è un diritto

Messaggioda Berto » dom dic 02, 2018 9:09 am

Chi promuove, giustifica e sostiene l'invasione clandestina o "regolare ma contro la tua volontà" e la violazione delle frontiere, dei confini dei paesi del mondo, del tuo paese e della tua casa è un criminale, tra i peggiori criminali della terra e di tutti i tempi.
Costoro sono l'inciviltà disumana per eccellenza, violano i tuoi diritti umani e promuovono la tua morte e quella della tua gente.




L'Onu ora "cancella" i confini Ma così rischiamo più migranti
Roberto Vivaldelli
11 novembre 2018

http://www.occhidellaguerra.it/lonu-ora ... migrazione

Si terrà a Marrakesh, in Marocco, il 10 e l’11 dicembre, la conferenza intergovernativa per l’adozione del patto globale sulla migrazione sicura convocata sotto l’egida dell’Assemblea Generale dell’Onu e in conformità con la “Dichiarazione di New York per i migranti” del 2016, il cui programma sembra mal conciliarsi con la politica attuata dal Ministro dell’Interno Matteo Salvini. Non è un caso, infatti, se l’Austria e Polonia sono le ultime nazioni ad aver annunciato il ritiro dal patto, seguendo le orme di Ungheria e Stati Uniti.

Gli obiettivi del Patto globale sulla migrazione sicura, infatti, portato avanti da Svizzera e Messico, sembrano un concentrato di politicamente corretto e idealismo mirato a limitare la sovranità degli stati dinanzi al fenomeno migratorio, impendendo a questi ultimi di affrontare un fenomeno così complesso con una buona dose di realpolitk e pragmatismo che ogni statista dovrebbe preservare. Preoccupazione concrete, benché nella dichiarazione venga ribadito il “diritto sovrano” di ogni stato di attuare la politica migratoria che ritiene più opportuna.


Cosa dice il patto globale sui migranti dell’Onu

A testimonianza della carica ideologica di cui è intriso il documento, ben celata da inevitabili tecnicismi e politichese, il patto globale sui migranti spinge al sostegno del multiculturalismo e obbliga gli stati che vi aderiscono a “sostenere le attività multiculturali attraverso sport, musica, arte, festival culinari, volontariato e altre attività sociali eventi che faciliteranno la comprensione e l’apprezzamento reciproco delle culture migranti e di quelle di destinazione comunità”.

Al fine di “gestire i nostri confini nazionali in modo coordinato, promuovendo la cooperazione bilaterale e regionale, garantire la sicurezza di Stati, comunità e migranti e facilitare movimenti transfrontalieri sicuri e regolari di persone prevenendo la migrazione irregolare”, il patto globale sui migranti impegna gli Stati, inoltre, a “rivedere le leggi e i regolamenti pertinenti per determinare se le sanzioni sono appropriate per affrontare l’ingresso irregolare o soggiorno e, in tal caso, garantire che siano proporzionate, eque, non discriminatorie e pienamente coerenti con il giusto processo e altri obblighi previsti dal diritto internazionale”.

Favorire l’accesso al mondo del lavoro ai migranti

Per facilitare l’integrazione dei migranti, inoltre, il patto si prefigge di favorire “l’accesso dei lavoratori migranti nell’economia locale” supportando l’accesso di questi ultimi ad avere “un lavoro dignitoso e all’occupazione per la quale sono più qualificati, in conformità con le richieste nazionali di mercato del lavoro”.

Nella lista dei 23 obiettivi che si prefigge il patto globale, come spiega Il Giornale.it, ci sono poi la protezione dei diritti dei rifugiati e dei migranti, indipendentemente dallo status, la lotta a xenofobia, lo sfruttamento e il traffico di essere umani. Il patto impegna i firmatari a lavorare per porre fine alla pratica della detenzione di bambini allo scopo di determinare il loro status migratorio; limitare al massimo le detenzioni dei migranti per stabilire le loro condizioni, migliorare l’erogazione dell’assistenza umanitaria e di sviluppo ai Paesi più colpiti e dare maggiore riconoscimento all’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim).


Le parole di Kurz e degli altri leader “scettici”

Il cancelliere Sebastian Kurz ha confermato che l’Austria non firmerà il patto: “Consideriamo alcuni punti del patto migratorio in modo molto critico, come ad esempio la commistione tra la ricerca di protezione e la migrazione di manodopera”. “Sono un pericolo per la nostra sovranità nazionale” ha aggiunto il cancelliere tedesco. “Alcuni dei contenuti sono diametralmente opposti alla nostra posizione”, ha aggiunto il vice-cancelliere Strache sottolineando che la “migrazione non è e non può essere un diritto umano“.

Già lo scorso anno, il presidente Usa Donald Trump aveva abbandonato il tavolo. L’allora rappresenta Usa alle Nazioni Unite Nikky Haley sottolineò che le politiche migratorie dovevano essere decise esclusivamente dagli americani: “La dichiarazione contiene disposizioni che non sono in linea con le politiche americane. Per questo il presidente Trump ha deciso che gli Stati Uniti metteranno fine alla loro partecipazione al processo” disse Nikky Haley.

La settimana scorsa, il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki ha annunciato che quasi sicuramente il suo Paese non firmerà il patto: “È assai probabile che la Polonia, sull’esempio dell’Austria, della Repubblica Ceca o degli Stati Uniti, non farà parte del patto globale sulle migrazioni: le nostre regole, i nostri princìpi sovrani concernenti la protezione delle frontiere e il controllo delle migrazioni sono per noi una priorità assoluta”.

E anche la Germania ci pensa

Le perplessità non riguardano soltanto i Paesi di Visegrad. Negli ultimi giorni sono cresciute le riserve all’interno della Christian Democratic Union (Cdu) di Angela Merkel sulla firma da parte della Germania. Marian Wendt, deputata della Cdu e membro del comitato per gli affari interni del Bundestag, ha raccontato a Dw di essere molto preoccupata circa il fatto che il patto globale promosso dalle Nazioni Unite “non distingua tra migranti economici e richiedenti asilo” e di come fosse infastidita dal fatto che il ministero degli esteri tedesco non abbia comunicato ai parlamentari la questione in maniera esaustiva.

“Noi come Cdu abbiamo sperperato il nostro credito con la gente sul tema dell’immigrazione – ha detto -. La fiducia della popolazione nei nostri confronti è debole. Ecco perché dobbiamo fare tutto per assicurarci di non creare l’impressione che sia un negoziato a porte chiuse”. E anche l’irrequieto ministro Jens Spahn ha manifestato grosse riserve: “Ciò che è importante è che la Germania mantenga il suo potere sovrano per controllare, guidare e limitare la migrazione”, ha detto Spahn domenica al Welt am Sonntag. Anche l’AfD tedesca, attraverso la sua leader Alice Weidel, chiede che la Germania non firmi: “Anche la Germania non aderisca, il Global Compact apre la strada a milioni di migranti africani e legalizza l’immigrazione irregolare”.

Naturalmente non è tutto da buttare, ma paiono troppi gli elementi di criticità che fanno pensare che il patto sui migranti sia in contrasto con il perseguimento dell’interesse nazionale dell’Italia.
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Migrare e invadere la casa, il paese altrui non è un diritto

Messaggioda Berto » dom dic 02, 2018 9:11 am

PERCHÉ SALVINI SULL’EMIGRAZIONE HA CONVINTO GLI ITALIANI E I CATTOLICI CHE PREFERISCONO LUI A BERGOGLIO
11 novembre 2018
Antonio Socci

https://www.antoniosocci.com/perche-sal ... -bergoglio

È accaduto qualcosa di eccezionale sotto i nostri occhi e non ce ne siamo resi conto. Per anni, fino a poco tempo fa, sono sbarcati sulle nostre coste a centinaia migliaia.

Un assalto massiccio e incontrollato che – prima di tutto – decretava la fine dello Stato italiano per la sua incapacità di proteggere i propri confini. Erano immigrati irregolari.

E tutti – ministri, giornalisti, intellettuali, papa e organismi internazionali – ci ripetevano: non ci si può far niente, bisogna subire, accoglierli e ospitarli a spese degli italiani (circa 5 miliardi all’anno) perché è un fenomeno epocale, inevitabile, sarebbe come pretendere di fermare il vento con le mani.

Sono bastate poche settimane di “cura Salvini” e tutto si è fermato: da 164 mila del 2016 (e 119 mila del 2017) siamo ai 22 mila del 2018 (sullo stesso periodo). Il famoso “fenomeno epocale”, che nessuno al mondo poteva bloccare, è finito.

C’è voluto semplicemente un ministro dell’Interno che dicesse: “ora basta”. Con la fine degli sbarchi non si sente più parlare neanche delle stragi in mare. Forse perché fermando le partenze anche i naufragi sono scongiurati? E perché allora nessuno degli umanitari e delle magliette rosse lo riconosce?

I fatti parlano chiaro per la gente comune che oggi si rende conto quanto per anni ci hanno raccontato un sacco di panzane, facendo entrare in sei anni circa 600 mila persone senza far nulla per proteggere i confini, per proteggere noi e i migranti stessi.

Ecco come si spiega il clamoroso sondaggio Demos uscito ieri su “Repubblica”. È stato chiesto agli italiani cosa è meglio fare con le navi di migranti che puntano sulle coste italiane.

Nel gennaio 2017 il 49 per cento rispondeva “accoglienza” e oggi è sceso al 40 per cento. Invece l’anno scorso il 44 per cento degli italiani chiedeva respingimenti e ora è il 52 per cento a chiederlo.

Gli italiani sono diventati xenofobi? Nient’affatto. Sono semplicemente persone di buon senso che hanno capito come si mette fine al caos, facendo il bene degli italiani, dei migranti e dei loro paesi d’origine.

Oltretutto “Repubblica” lamenta che “la richiesta di tenere lontani gli stranieri dai nostri porti e dal nostro Paese risuona particolarmente forte fra gli operai (il 62%), ma soprattutto fra i disoccupati (oltre il 70%)”, come pure “fra i lavoratori autonomi” che sono anch’essi “fra i più esposti alla crisi”.

Mentre gli illuminati, benestanti e progressisti che leggono “Repubblica”, sono di sinistra e abitano nei quartieri bene, vorrebbero spalancare le frontiere a migliaia di migranti (da rifilare poi alle periferie dove lorsignori non mettono piede).

La politica salviniana di questi mesi ha cambiato le opinioni degli italiani. Perché ora è chiaro che si poteva fare prima e per almeno cinque anni non lo si è fatto, lasciando il paese alla mercé di un’emigrazione incontrollata con tutte le gravi conseguenze che ha comportato (non solo per i costi, ma anche per l’ordine pubblico).

Salvini, forte di questo successo, si può permettere perfino di dar lezioni alla sinistra sulle questioni umanitarie.

L’altroieri infatti, con un tweet, esultava per i “44 rifugiati arrivati sani e salvi in Italia grazie a un corridoio umanitario. Chi scappa dalla guerra è il benvenuto, il problema sono quelli che la guerra ce l’hanno portata. Secondo voi a sinistra, dopo tanti anni di insulti a me e alla Lega, lo capiranno? Sono pessimista!”.

Anche sul tema della cittadinanza gli italiani mostrano di essere in gran parte d’accordo con la Lega. Ricordiamo che – sebbene l’Italia sia il Paese europeo che negli ultimi anni ha concesso il maggior numero di “sì” alle richieste di cittadinanza – la Sinistra e la chiesa bergogliana insistono con l’idea dello Ius soli per allargare le maglie a dismisura.

Un altro importante sondaggio di questi giorni ci mostra invece l’idea degli italiani rispetto alla “cittadinanza facile” e “regalata”.

Lo ha realizzato il centro di ricerca americano Pew Research con uno studio complesso: “Be Christian in Western Europe”. Quanti sono gli italiani (ripartiti per convinzioni religiose) secondo cui “è molto importante avere background italiano per essere davvero italiano”?

Affermano che è molto importante l’81 per cento dei cristiani praticanti, il 71 per cento dei cristiani non praticanti e il 71 per cento di coloro che si dichiarano non religiosi.

In questo caso si evidenzia anzitutto la diffidenza degli italiani sulla possibilità di assimilazione e integrazione dei migranti musulmani.

Da questo sondaggio emerge che sono soprattutto i cristiani praticanti ad essere meno disposti all’accoglienza verso i migranti musulmani (il 63 per cento dei praticanti italiani ritiene l’Islam in antitesi ai valori occidentali, mentre è il 51 fra i non praticanti e il 29 per cento fra i non religiosi).

La convinzione che sia “molto importante avere background italiano per essere davvero italiano”, largamente maggioritaria, come abbiamo visto, colloca gli italiani al secondo posto europeo, subito dopo i portoghesi, in questa sensibilità identitaria (poi viene l’Irlanda).

Ma in tutti i paesi d’Europa sono i cristiani praticanti coloro che hanno maggiormente questa convinzione “patriottica”. È un dato che mostra anche lo scollamento radicale fra i credenti e le posizioni di papa Bergoglio. Il popolo cattolico è in sintonia con l’insegnamento di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI sulle radici cristiane dei nostri Paesi e della nostra civiltà.

Sconfitta, in queste rilevazioni, è proprio l’ideologia incarnata da Bergoglio e dalla sinistra. Bergoglio in questi anni ha tuonato di continuo contro coloro che costruiscono muri. Secondo lui dovremmo abbattere le frontiere e offrirci allo sbarco massiccio di migranti per avere un futuro radioso.

Ma un grande studioso, David Frye, docente di Storia medievale alla Eastern Connecticut State University, nel libro “Walls” (Simon and Schuster) ha dimostrato l’esatto opposto, ovvero l’importanza dei “muri”. Non il Muro di Berlino che era una prigione per il proprio popolo. Ma i muri di difesa dall’esterno.

“Nessuna invenzione della storia” scrive Frye “ha avuto un ruolo più importante nel creare e plasmare la civiltà” dei muri. Infatti “senza muri, non ci sarebbe mai stato un Ovidio e lo stesso può essere detto per gli studiosi cinesi, i matematici babilonesi o i filosofi greci”.

Del resto – aggiunge Frye – “l’impatto dei muri non era limitato alle prime fasi della civiltà. La costruzione del muro si è protratta per gran parte della storia, culminando spettacolarmente durante un periodo di mille anni in cui tre grandi imperi eressero barriere che fecero le divisioni geopolitiche del Vecchio mondo. Il crollo di quelle mura avrebbe influenzato il mondo profondamente quasi quanto la loro creazione (…). Civiltà e muri sembrano essere andati di pari passo”.

Lo dimostra oggi il caso di Israele: protette dai muri sicurezza e civiltà prosperano. Abbattere i muri è la loro fine.


Salvini convince gli elettori grillini. Due su tre dicono no ai migranti
09 Novembre 2018
https://rep.repubblica.it/pwa/generale/ ... -211232403
Il sondaggio Demos. Oltre la metà degli italiani condivide i respingimenti delle navi. In un anno l’atteggiamento si è ribaltato, soprattutto tra i ceti più esposti alla crisi. Ma ci sono anche motivi di ordine politico



Patto Onu per le migrazioni, anche la Svizzera dice no. E l'Italia?
23 novembre 2018

https://www.qelsi.it/2018/patto-onu-per ... 9mhQvyx_EY

Si allunga la lista dei Paesi che dicono no al cosiddetto Global Compact for Migration. Ed è notizia di oggi che neanche la Svizzera firmerà il patto delle Nazioni Unite sulla migrazione. Lo ha deciso il Consiglio federale, spiegando in una nota che intende attendere il dibattito parlamentare su questo dossier, che si terrà nel corso dell’imminente sessione invernale delle Camere federali.

La Svizzera non parteciperà quindi alla conferenza internazionale che si terrà a Marrakech il 10 e 11 dicembre durante la quale il patto dovrà essere formalmente approvato, sottolinea un comunicato del Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE).

A livello globale, gli Stati Uniti si erano già dissociati dai piani Onu per le migrazioni. Nel frattempo hanno fatto altrettanto l’Ungheria, l’Austria, l’Australia e la Repubblica Ceca. Anche la Polonia potrebbe allungare la lista dei refrattari. Si attende in merito la decisione del governo italiano.



L'Australia stoppa l'Onu sul piano per i migranti
Emanuele Canepa - Gio, 22/11/2018

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/mig ... SCnrf_Nqj8

L'Australia non solo non firmerà il trattato promosso dall'Onu sui fenomeni migratori, ma taglierà persino la quota annuale di immigrati nel paese, riducendola di almeno 30mila unità

Ad annunciare la mancata sottoscrizione del trattato Onu sui fenomeni migratori è stato lo stesso primo ministro conservatore australiano, Scott Morrison, in una serie di esternazioni che hanno riportato la questione migranti al centro della scena politica australiana, uniformandosi di fatto alla linea tenuta da Stati Uniti ed Israele.

"Non pensiamo che un'eventuale firma a questo accordo possa migliorare la nostra capacità di controllare le frontiere e di gestire il nostro programma di immigrazione" - riferisce il Premier in un comunicato istituzionale redatto con il ministro degli Affari Interni Peter Dutton e degli Esteri Marise Payne sulla questione migranti.

Più duro è stato invece il commento affidato al quotidiano The Australian durante un'intervista: "Non intendo sottoscrivere un trattato che ritengo sia contrario all'interesse nazionale e che potrebbe essere utilizzato contro l'Australia da chi critica la nostra politica sul controllo dei confini".

Il timore di Morrison nei confronti dei migranti riesede, del resto, nella preoccupazione che nutre il popolo australiano in merito al ritmo di crescita della popolazione che, specialmente nelle grandi città, è fortemente alimentato dall'afflusso di nuovi immigrati.

"La crescita della popolazione ha svolto un ruolo importante nel successo della nostra economia. Ma ora gli australiani nelle grandi città sono preoccupati per questo fenomeno. A Sydney e a Melbourne le strade sono sempre più congestionate, gli autobus e i treni sono pieni, le scuole non accettano più nuovi alunni" - ha infatti affermato parlando della riduzione della quota annuale di immigrati che il governo autraliano prevede di introdurre nel breve periodo.





Israele non firmerà il patto per la migrazione
21 novembre 2018
Amanda Gross

http://www.italiaisraeletoday.it/israel ... fbONswr9QE

“Ho incaricato il Ministero degli Esteri di annunciare che Israele non parteciperà alla riunione di Marrakech e non firmerà il patto per la migrazione”. Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha annunciato che Israele non aderirà al patto globale per le migrazioni delle Nazioni Unite, che dovrebbe essere firmato il mese prossimo a Marrakech, in Marocco, dalla maggior parte dei governi del mondo. Anche gli Stati Uniti hanno anche respinto il patto.

“Abbiamo il dovere – ha detto Netanyahu – di proteggere i nostri confini dagli infiltrati illegali. Questo è quello che abbiamo fatto, ed è quello che continueremo a fare “. Il patto globale per una migrazione sicura, ordinata e regolare , che non sarà giuridicamente vincolante, è stato finalizzato sotto gli auspici dell’ONU a luglio. Dovrebbe essere formalmente approvato in una riunione dell’11-12 dicembre a Marrakech.

L’antagonismo in Israele verso i migranti si è irrigidito negli ultimi anni con circa 35.000 migranti africani nel paese di fronte all’ostilità dei legislatori e dei residenti in comunità con popolazioni di migranti. Secondo un sondaggio del Pew Research Center del mese scorso, il 57% degli israeliani si oppone all’accettazione di rifugiati in fuga da guerre e conflitti, ben al di sopra di quello dei cittadini di molti altri paesi occidentali.



Il patto sbagliato e pericoloso che legalizza l’immigrazione
Ugo Volli
23 novembre 2018

https://www.progettodreyfus.com/immigra ... 0TSnlPhbMA

Il patto sbagliato e pericoloso che legalizza l’immigrazione. Il prossimo 10 e 11 dicembre a Marrakesh in Marocco i rappresentanti della “comunità internazionale”, cioè in sostanza gli ambasciatori di moltissimi paesi si riuniranno sotto l’egida dell’Onu per firmare un “patto globale per una migrazione sicura, ordinata e regolare”. E’ un documento di 33 pagine, scritto in stretto linguaggio diplomatico, che trovate qui . Sono elencati 23 obiettivi, parecchi dei quali sono perfettamente ragionevoli, come la possibilità di un ritorno in patria sicuro per gli immigrati o la possibilità di conservare e trasferire i loro crediti pensionistici cambiando paese. Altri sono molto meno accettabili, spesso velati in un linguaggio accuratamente criptico. Ma quel che conta è il concetto generale: fare della migrazione un diritto, cui gli stati non dovrebbero potersi opporre .

Il “patto” dichiara di non essere vincolante giuridicamente, ma si sa bene come vanno queste cose: si comincia con alte dichiarazioni di principio e si va verso la coazione di quella che molto impropriamente è chiamata “legge internazionale”. Molto impropriamente perché non esiste un’autorità internazionale riconosciuta né tanto meno democratica, che abbia avuto l’incarico di formularla e farla rispettare. Gli stati nazionali sono i soli soggetti cui i cittadini hanno riconosciuto sovranità, e i soli che possano essere davvero democratici. La tendenza attuale da parte delle élites politiche in Occidente è di spingere gli stati a cedere sovranità ad autorità sovrannazionali non democratiche, in maniera tale da poter imporre una volontà basata sul loro consenso, che piaccia o meno ai popoli.

Il primo difetto di questo patto, non a caso concepito per impulso di Obama e con l’appoggio dell’Unione Europea è nella sua natura ambigua dal punto di vista giuridico, nell’intenzione non dichiarata, anzi esplicitamente negata ma evidente nel testo di sottrarre alle scelte nazionali la gestione dell’immigrazione per farla diventare un oggetto di amministrazione internazionale.

Il secondo difetto è che, anche se qua e là si dichiarano le differenze, di non distinguere nella maggior parte degli obiettivi fra immigrazione legale e illegale, immigrazione economica e rifugio cercato contro le persecuzioni e le guerre. Mentre l’immigrazione legale deve ovviamente essere difesa e le devono essere riconosciuti dei diritti, quella illegale è tutt’altra cosa, essa va repressa e impedita, se si vuole mantenere l’esistenza degli stati e il legame fra cittadinanza e diritti politici che è l’origine della democrazia. E mentre è giusto riconoscere il diritto d’asilo per rifugiati che sfuggono a persecuzioni politiche o razziali, non è possibile assegnare lo stesso diritto a coloro che cercano di trovare una sistemazione economica migliore. Gli stati hanno naturalmente diritto di incoraggiare l’immigrazione economica se è anche nel loro interesse, come è accaduto negli stati americani fra Ottocento e Novecento, ma non si vede perché dovrebbero essere obbligati a farlo o a non filtrare categorie economiche, competenze o paesi di provenienza. Insomma l’asilo può essere un diritto, l’immigrazione indiscriminata certamente no, perché sconvolge il legame democratico fra popolo e stato e se è massiccia, impoverisce fortemente lo stato che ne è oggetto senza migliorare sensibilmente la condizione di quello di partenza, per una semplice questione di numeri. Per fare solo un esempio, l’Unione Europea ha oggi 500 milioni di abitanti, l’Africa 1,2 miliardi, che si prevede diventino 2,5 nel 2050. Anche se immigrassero in Europa due africani per ogni europeo, distruggendo di conseguenza identità ed economia del nostro continente, l’Africa nel 2050 avrebbe comunque 300 milioni di abitanti più di ora. E il disastro abbraccerebbe entrambi i continenti.

Dunque questo patto è da respingere interamente. E in effetti gli Usa hanno annunciato che non lo firmeranno, e così l’Australia, l’Austria, l’Ungheria, la Repubblica Ceca, la Polonia, la Croazia: i soliti cattivi secondo l’opinione benpensante dei media e della politica europea, cui Netanyahu ha deciso di unire anche Israele. Com’è noto, gli Stati Uniti sono oggetto di un’intensa campagna anarchica che pretende di spalancare le frontiere agli immigranti illegali dall’America Latina e anche nella piccola Israele c’è un problema di immigrazione illegale dall’Africa. Sarà interessante vedere che posizione prenderà l’Italia, che a sua volta ha un problema massiccio di immigrazione illegale. Riuscirà Salvini a portare anche il nostro paese nel fronte del no a Marrakesh?
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Migrare e invadere la casa, il paese altrui non è un diritto

Messaggioda Berto » dom dic 02, 2018 9:12 am

Immigrazione fatta a maglie - Salvini impallinato da Moavero sul 'global compact'?
5Maria Giovanna Maglie per Dagospia

http://m.dagospia.com/immigrazione-fatt ... pbY_HNtZIY

Ma come, tutta l'estate a discutere sulla differenza fra rifugiati e migranti economici, a ristabilire i confini delle nazioni, a organizzare cooperazione e aiuto economico a casa loro, a combattere contro la prepotenza francese e l'ipocrisia tedesca, intanto zitta zitta l'Onu sta preparando il Grande Fratello degli sbarchi, e il governo Conte, per mano del ministro degli Esteri, Moavero, ci casca con tutte le scarpe, il ministro Matteo Salvini non se n'è accorto, visto che per ora tace, e il 10 dicembre della convention con ratifica a Marrakesh si avvicina.

L'ONU vuole gestire a livello mondiale le regole dell'immigrazione? “Vade retro” in Italia per ora lo ha detto soltanto Giorgia Meloni con una interrogazione parlamentare e un bel faccia a faccia di contrapposizione col ministro degli Esteri durante il quale gruppo di Fratelli d'Italia ha tirato fuori cartelli in difesa dei confini nazionali. Fuori dai confini patri però la leader di Fratelli d'Italia non è sola, è in folta compagnia.

Se lo dice perfino Hillary Clinton che bisogna farla finita con gli immigrati… Ai quali, infatti, nella sempiterna ricerca di una ragione altra da sé della sconfitta nel 2016, la signora attribuisce oggi in un'intervista al Guardian, che con santa ingenuità la riproduce, le colpe dell'affermazione del populismo e della Brexit, il trionfo di Trump e il sovranismo europeo, insomma il fatto che lei non è il presidente degli Stati Uniti.

È l'immigrazione, bellezza, e intorno ci gira la politica di tutto il mondo, gira intorno a sbarchi, affari, terrorismo, mito dell'accoglienza, reazioni profonde di chi si sente invaso.

Se ad una ad una, capitanati dal solito Trump, stanno scappando dal progetto di Global Compact delle Nazioni Unite le nazioni che capiscono che è una trappola, che sentono odore di bruciato, non si capisce perché il governo italiano invece taccia e annunci che accetta l'accordo.

La sensazione, la certezza, è che al Ministero degli Esteri si segua una linea politica opposta a quella del ministero degli Interni, e bene ha fatto a lanciare l'allarme Giorgia Meloni in Parlamento.

Andiamo per ordine.

Un numero crescente di nazioni rifiuta di sottoscrivere l'accordo sulla migrazione di massa stipulato dalle Nazioni Unite e un numero crescente di esperti ora è uscito allo scoperto per esprimere preoccupazione sul testo del documento e sulle implicazioni legali che avrebbe per i Paesi membri del patto la firma del documento.

Il presidente Donald Trump è stato il primo già nel dicembre del 2017 nella disapprovazione generale a dire che non se ne parla nemmeno, e partecipando all'Assemblea Generale di settembre, ha ribadito che “ il fenomeno della migrazione non può essere governato da una struttura internazionale che non deve rispondere ai cittadini della nostra nazione. In definitiva l'unica soluzione a lungo termine alla crisi migratoria è quella di aiutare le persone a costruire un futuro migliore in patria, a fare la propria nazione grande di nuovo”.

Al cattivone Trump si sono gradualmente accodati Australia, Israele, Polonia, Ungheria, Svizzera, Repubblica Ceca, Austria; preannunciano distacco Bulgaria, e Croazia, altre seguiranno, ma l'Italia no, in risposta alla interrogazione parlamentare durissima della Meloni, Moavero ha risposto che l'Italia è d'accordo.

Non si tratta di un pronunciamento internazionale che lascia il tempo che trova e non obbliga le nazioni, perché come spiega bene il professore di legge belga, Pierre d’Argent, il pact verra’ usato come precedente dagli avvocati per interpretare il significato delle leggi.

“ Gli avvocati useranno il patto come strumento e punto di riferimento per tentare di argomentare: è una cosa che è già accaduta in giurisdizioni nazionali internazionali per riferirsi a strumenti che non sono legalmente obbliganti, ma sono di ispirazione alle sentenze”. Quella che un altro studioso di legge internazionale il tedesco Matthias definisce “un’area legale grigia”, che “ darebbe l'impressione di una debolezza degli Stati e alzerebbe le aspettative dei potenziali migranti del terzo mondo, avendo insomma impatto sulla quantità di sbarchi se non sulle leggi”. Si capisce cosa vorrebbe significare questo per l'Italia.

Per dirla in soldoni, il Global Compact elimina la distinzione tra gli stranieri che arrivano illegalmente per ragioni politiche e di persecuzione e quelli che ci arrivano per ragioni economiche o per ricongiungersi con nuclei familiari, e di fatto apre un contenzioso sulla legalità e la illegalità; inoltre impedisce di perseguire penalmente quelli che fanno affari con l'emigrazione, obbliga gli stati a fornire servizi indipendentemente dallo Stato di rifugiato, mette in mano a una struttura sovranazionale, sia pur su base volontaria dell'adesione al patto, le sovranità nazionali in tema di immigrazione”.

Dopo l’intemerata di Giorgia Meloni e di Fratelli d'Italia, speriamo che qualcuno avvisi Matteo Salvini che gli stanno tirando un bidone. Fuoco amico.




Global compact, Lega contro il diritto a migrare: "Non faremo entrare tutti"
Claudio Cartaldo - Lun, 26/11/2018

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... WAlYBr-Ulw

La Lega si schiera contro il Global Compact sui migranti. Si sono sfilati già Usa, Austria, Polonia e Ungheria. Saltamartini: "Contrari a ingressi incontrollati"

Nei giorni scorsi diversi esponenti del centrodestra avevano invitato il governo, e in particolare la Lega, a prendere posizione contro il Global Compact sui migranti, l'accordo internazionale sul "diritto a migrare".

Oggi il Carroccio ha raccolto la richiesta: il capogruppo in Commissione Esteri ha presentato una risoluzione per spiegare "perché il nostro Paese, come hanno già fatto anche altri Stati europei, non deve aderire al Global Compact".

"Nessuno può imporci un'immigrazione incontrollata", attacca il capogruppo Paolo Formentini secondo cui l'accordo internazionale nient'altro è che "l'ennesimo tentativo di ingerenza nelle politiche nazionali". Sono già diversi gli Stati che hanno annunciato il desiderio di non aderire all'accordo. Si va dagli Stati Uniti alla Polonia, passando per l'Austria, l'Ungheria e l'Australia. Ora nell'elenco potrebbe aggiungersi pure il Belpaese.

"Ci sembra assurdo dare ad un organismo non eletto che non risponde direttamente ai cittadini una competenza propriamente statuale", aggiunge Formentini. "È anacronistico e socialmente pericoloso - prosegue - limitare la sovranità nazionale nella gestione dei flussi migratori. Allo stesso tempo è falso che il fenomeno della migrazione di massa sia positivo e vantaggioso per tutti. Lo abbiamo visto in questi anni di finta accoglienza voluta dai governi di sinistra cosa è successo in Italia. Occorre quindi una netta distinzione tra rifugiati, per quali le nostre porte sono e saranno aperte e migranti economici e clandestini".

La linea della Lega viene ribadita anche da Barbara Saltamartini. Per la deputata della Lega e Presidente della Commissione attività produttive della Camera il Carroccio non consentirà "ingressi a chiunque, neanche sotto il cappello dell'Onu tramite il Global Compact". "Allo stesso tempo - conclude la deputata del Carroccio - saremo sempre favorevoli ad una regolamentazione seria dei flussi ma non possiamo concedere a tutti il diritto di emigrare, indipendentemente dalla ragione che spinge a farlo. Né siamo e saremo propensi a perdere ulteriormente la nostra sovranità. Come è ben noto, noi siamo per una rete sicura di accoglienza, per coloro che effettivamente ne hanno diritto, ed è per questo che sosteniamo i corridoi umanitari. Allo stesso tempo, però, continueremo ad essere contrari a ingressi incontrollati nel nostro territorio".



Il governo ritira la firma dal patto Onu sull'immigrazione
Di Redazione TPI 28 Nov. 2018

https://www.tpi.it/2018/11/28/global-co ... oc3UrhpQB8

Global Compact, no dell’Italia – L’Italia sospende l’adesione al Global Compact sull’immigrazione, il patto firmato da oltre 190 Paesi il 19 settembre 2016 e ribattezzato “Dichiarazione di New York“. Inoltre l’Italia non parteciperà nemmeno al summit Onu di Marrakech, in Marocco, che tra il 10 e l’11 dicembre adotterà il documento.

Ad annunciare la sospensione dell’adesione dell’Italia è stato il premier Giuseppe Conte in una nota: “Il Global Migration Compact è un documento che pone temi e questioni diffusamente sentiti anche dai cittadini”.

Per questo, si legge, il governo ritiene “opportuno parlamentarizzare il dibattito e rimettere le scelte definitive all’esito di tale discussione, come pure è stato deciso dalla Svizzera”.

A Marrakech, quindi, “il Governo non parteciperà, riservandosi di aderire o meno al documento solo quando il Parlamento si sarà pronunciato”.

Global Compact, il no di Lega e Fratelli d’Italia

Il premier cede quindi alle polemiche della destra, in particolare di Fratelli d’Italia, e soprattutto alle pressioni del ministro dell’Interno Matteo Salvini che ha spiegato la linea del governo.

“Il governo italiano” ha spiegato Salvini “come hanno fatto gli svizzeri che il global compact lo hanno portato avanti fino a ieri e poi hanno detto fermi tutti, non firmerà alcunché e non andrà a Marrakech”.

Di adesione o meno al Global Compact, quindi, si discuterà in Parlamento: “Deve essere l’Aula a discuterne”.
Global Compact, la rabbia delle opposizioni

Immediata la reazione delle opposizioni. In prima fila il capogruppo del Pd alla Camera, Graziano Delrio, che ha attacca la posizione di Salvini: “Non abbiamo come presidente del Consiglio Salvini, vi do una notizia, ma abbiamo un presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che all’Onu ha detto che firmeremo il Global compact e abbiamo un ministro degli esteri che insieme al presidente del Consiglio ha detto pubblicamente alle Nazioni Unite che firmeremo il Global compact”.

“Se il ministro Salvini non sa queste cose, approfondisca la sua competenza, che non è sugli Esteri, e poi non ci venga a fare la predicozza”. Poco dopo, la doccia fredda, con Conte che ha ceduto alle pressioni di Salvini.

Global Compact, l’Onu contro i Paesi che si stanno ritirando

L’inviata speciale delle Nazioni unite per le migrazioni internazionali, Louise Arbour, si è scagliata contro i Paesi che hanno deciso di ritirarsi dal Global Compact per le migrazioni sicure, ordinate e regolari defindendo la decisione un “rimorso del compratore”, visto che l’accordo non vincolante l’avevano inizialmente approvato.
Global Compact | I principi centrali

Principi centrali del Global Compact for Migration sono:

la lotta alla xenofobia
la lotta allo sfruttamento
il contrasto del traffico di esseri umani
il potenziamento dei sistemi di integrazione
assistenza umanitaria
programmi di sviluppo
procedure di frontiera nel rispetto del diritto internazionale, a iniziare dalla Convenzione sui rifugiati del 1951

Global Compact | “Gli apporti positivi dei migranti”

Uno dei principi più invisi alle forze politiche di destra, a partire dagli Usa di Donald Trump, è quello che chiede “il riconoscimento e l’incoraggiamento degli apporti positivi dei migranti e dei rifugiati allo sviluppo sociale”. Il Patto prevede inoltre un maggiore sostegno ai Paesi e alle comunità che ospitano il maggior numero di rifugiati.

Global Compact | I Paesi contrari

Resistenze, però, soprattutto con i vari cambi di colore dei governi, sono arrivate da diversi Paesi che hanno firmato il documento nel 2016. Dagli Stati Uniti di Donald Trump ai cosiddetti Paesi del Gruppo di Visegrád (Polonia, Repubblia Ceca, Slovacchia, Ungheria). A questi si sono aggiunti Austria, Bulgaria, Svizzera e Polonia.



Migranti, Salvini annuncia lo stop al Global Compact Conte: decide il Parlamento
Silvia Morosi
28 novembre 2018

https://www.corriere.it/cronache/18_nov ... DVunfq_ARY

Il vicepremier leghista frena sull’accordo internazionale per «una migrazione sicura, ordinata e regolare. L’Italia non andrà a Marrakesh e non firmerà alcunché»

Migranti, Salvini annuncia lo stop al Global Compact dell’Onu. Conte: «Deciderà il Parlamento»

Un annuncio a sorpresa quello del vicepremier Matteo Salvini alla Camera. Mercoledì mattina in Aula il ministro dell’Interno ha chiarito che il governo italiano non firmerà il «Global compact» sull’immigrazione, sottolineando che sarà il Parlamento a decidere se aderire o meno al trattato (ecco di cosa si tratta). Una decisione confermata, in pochi minuti, anche dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte che, in una nota, ha detto: «Il Global Migration compact è un documento che pone temi e questioni diffusamente sentiti anche dai cittadini. Riteniamo opportuno, pertanto, parlamentarizzare il dibattito e rimettere le scelte definitive all’esito di tale discussione, come pure è stato deciso dalla Svizzera». Salvini ha spiegato, poi, che l’Italia non parteciperà al summit Onu di Marrakesh, in Marocco, che tra il 10 e l’11 dicembre è chiamato ad adottare il documento (della vicenda aveva scritto Sette nem numero in uscita il 7 novembre).

Di cosa si tratta

Il «Global compact for migration» è il patto lanciato dall’Onu , il 19 settembre 2016 a New York, nel corso di un summit straordinario su migranti e rifugiati, allo scopo di garantire a livello internazionale «una migrazione sicura, ordinata e regolare». Supportato con forza da Barack Obama, appoggiato da Paolo Gentiloni che lo scorso luglio ne aveva sottolineato l’importanza, è stato respinto da Trump: il trattato mira all’individuazione di procedure e alla definizione di impegni condivisi da parte della comunità internazionale sull’emergenza immigrazione. Resistenze sono arrivate anche da altri Paesi che hanno firmato il documento nel 2016, come quelli del Gruppo di Visegrád (Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria). A questi si sono aggiunti Austria, Bulgaria, Svizzera e Polonia.

Le posizioni in Italia

Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia definiscono «folle» il documento Onu in quanto «distrugge di fatto i confini e gli Stati nazionali favorendo l’immigrazione incontrollata». Il Pd e Leu, in aula, attaccano il titolare del Viminale affermando che è lui il vero capo dell’esecutivo italiano visto che detta la linea. Il capogruppo dem Graziano Delrio è durissimo: «Il vero presidente del Consiglio è Salvini e ha smentito il ministro degli Esteri e il premier sull’adesione dell’Italia al «Global compact for migration». Moavero e Conte avevano ribadito all’Onu che l’Italia avrebbe firmato l’11 dicembre. Ora Salvini cambia la linea del governo e si rimette al Parlamento. È un cambio di posizione sostanziale che fa ulteriormente perdere credibilità all’Italia, dopo la brutta figura sulla manovra». Laura Boldrini (Leu) ricorda invece che «il Global compact, il cui esito non è vincolante, vuole solo essere un forum per trovare le soluzione e l’Italia si lamenta sempre di essere lasciata sola e quando c’è l’occasione non va all’incontro, smentendo clamorosamente il presidente del Consiglio: è gravissimo».
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Migrare e invadere la casa, il paese altrui non è un diritto

Messaggioda Berto » dom dic 02, 2018 9:15 am

Da rileggere Kant sul diritto di ospitalità
Mauro Porro

Il diritto di ospitalità in Kant
Gennaro Puritano

http://www.atuttascuola.it/siti/puritan ... n_kant.htm
L’ origine etimologica del termine ospitalità è riconducibile alla composizione di due lessemi latini che sono hospes e potis e stanno cioè ad indicare il rapporto in cui lo straniero (originariamente hostis/nemico) viene a trovarsi nei confronti dell'autorità pubblica di un ordinamento giuridico in cui non gode del diritto di cittadinanza.
Il primo concetto che Kant tiene ad enucleare e chiarire nel Terzo articolo definitivo della Pace perpetua (il diritto cosmopolitico dev'essere limitato alle condizioni di una universale ospitalità) è quello di ospitalità (hospitalitat).
Anzitutto, scrive Kant, l'ospitalità viene ad individuare non un principio di relazionalità filantropica bensì un diritto vero e proprio, icasticamente definibile come " il diritto di uno straniero che arriva su un territorio di un altro stato di non essere trattato ostilmente".
Ora per Kant il diritto di ospitalità assume una configurazione decisamente positiva. Esso non va inteso come la facoltà dello straniero ad essere ospitato ed accolto nelle strutture abitative di un determinato Stato e non implica, quindi, ad un obbligo di accoglienza coabitativa da parte dei cittadini del paese ospitante, bensì va ricondotto ad un diritto di visita, al riconoscimento della facoltà cioè di circolare liberamente sul territorio di ogni singolo Stato, " non si tratta di un diritto di ospitalità, cui si può fare appello... ma di un diritto di visita , spettante a tutti gli uomini...[ che] devono da ultimo rassegnarsi a incontrarsi e a coesistere". Questo diritto incontra l' invalicabile limite del rispetto, da parte del suo titolare, di un contegno pratico e pacifico, di una prassi che non si ponga in contrasto con i diritti e le libertà del paese in cui si è recato ([lo straniero] può essere allontanato, se ciò può farsi senza suo danno, ma, fino a che dal canto suo si comporta pacificamente, non si deve agire ostilmente contro di lui. I. Kant, Per la pace perpetua, a cura di G. Sasso, p. 120).Il fondamento di codesto diritto di visita giace per Kant nel diritto naturale ( o di ragione). Il filosofo di Konisberg parte dalla constatazione empirica che gli uomini sono necessariamente indotti dalla limitatezza della superficie terrestre a convivere, coabitare e relazionarsi. Kant stabilisce un limite a questo diritto di ospitalità, o per lo meno vuole definire l'ambito entro cui esso possa esercitarsi, dicendo che non può estendersi oltre le condizioni di una universale ospitalità, vuol dire che colui che è ospite di uno stato straniero non può approfittare di questa sua posizione per disgregare lo stato o per minacciarne l'esistenza. Questa clausola è chiaramente diretta contro l'ingerenza dei cittadini degli stati colonizzatori nei paesi indigeni, per il filosofo è dunque implicito che il diritto cosmopolitico contenga il rifiuto di ogni forma di schiavismo e razzismo. Il dovere dell'ospitalità si lega alla necessità di favorire la reciproca conoscenza e cooperazione, quindi di pacifici rapporti tra il popolo. Il diritto di ospitalità che potremmo meglio qualificare come diritto di visita afferisce dunque per Kant alla sfera del diritto naturale, a quell'orizzonte normativo cioè che individua un'insieme di principi di diritto universalmente validi in qualsiasi contesto e da qualsiasi latitudine, a prescindere dalle condizioni particolari dell'ordinamento positivo.
Come dicevamo, Kant parte dalla considerazione del fatto che gli uomini si trovano nella necessità di abitare collettivamente la superficie terrestre e di fruire di essa in modo da poter realizzare gli "scambi commerciali" indispensabili alla loro sopravvivenza ed alla edificazione di modalità abitative sempre migliori. Nessuno, dunque, possiede per Kant un originario diritto ad impadronirsi della terra. L' inospitalità si contrappone frontalmente dunque al diritto universale, alla realizzazione di quel libero commercio e di quelle libere attività produttive che costituiscono il principio propulsivo della civiltà e dell'economia. Di particolare rilievo appare l'individuazione da parte di Kant dei limiti e delle funzioni che il suddetto diritto di visita si vede affermare. Capovolgendo infatti la configurazione dei rapporti di forza tra soggetto ospitante e soggetto ospitato non facciamo infatti fatica ad intravedere in un'eccessiva estensione del diritto di ospitalità il rischio di una qualche, se pur parziale, legittimazione dell'imperialismo. Il diritto di visita deve avere dunque dei limiti precisi che sono formalmente delineati dalle condizioni necessarie per il libero e pacifico svolgimento di quelle attività economiche che, come abbiamo visto, ne costituiscono il fondamento antropologico-giusfilosofico, il fondamento di un diritto naturale ("Questo diritto di ospitalità, cioè questa facoltà degli stranieri sui territori altrui, non si estende oltre le condizioni che si richiedono per rendere possibile un tentativo di rapporto con gli antichi abitanti" I. Kant, Per la pace perpetua,p.121) emerge qui il valore che Kant attribuisce alla dimensione economica della natura umana. L' uomo, in quanto essere libero e razionale e quindi in quanto ente morale, è capace di darsi un ordinamento relativo alle modalità di abitazione e di coabitazione della terra; regolamentazione questa che presuppone e prevede la strutturazione di una serie di rapporti di carattere tecnico-organizzativo volti ad un progressivo miglioramento e avanzamento della civiltà. Rileva qui ricordare lo stretto rapporto esistente tra l'elaborazione delle modalità di sfruttamento della proprietà comune originaria, della terra, e la creazione di un ordinamento giuridico, cioè delle regole per una pacifica convivenza intersoggettiva.(La parola economia viene dalla composizione di due termini greci: oikos -dimora- e nomìa -regolamentazione- e sta appunto ad indicare nella sua origine etimologica la regolamentazione delle modalità di abitazione del territorio).
Di fondamentale importanza è infatti qui riconoscere il nesso strutturale che intercorre tra la possibilità di attuare ed in qualche modo codificare stabili relazioni commerciali tra individui e paesi diversi, di cui il diritto di ospitalità è precondizione essenziale e ineludibile, e la costituzione di quell'ordinamento cosmopolitico che per Kant rappresenta il punto di arrivo dell'esperienza giuridica dell'uomo, il momento conclusivo del cammino verso la costruzione di regole per la convivenza intersoggettiva autenticamente conformi alla natura libera e razionale dell'uomo ("in questo modo -scrive Kant- parti del mondo lontane possono entrare reciprocamente in pacifici rapporti, e questi diventare col tempo formalmente giuridici ed infine avvicinare sempre più il genere umano ad una costituzione cosmopolitica"p. 121).
Purtroppo Kant non può non constatare a malincuore, che troppo sovente le mire espansionistiche e imperialistiche delle potenze politiche plutocratiche scavalchino i suddetti principi di diritto naturale e si facciano promotori con il pretestuoso alibi di consolidare la propria capacità economico-commerciale di veri e propri interventi di conquista gravemente lesivi dei diritti di popoli e cittadini, in ultima istanza, di quelle forme di relazione che si contraddistinguono per la loro costitutiva contrarietà a qualsiasi principio di reciprocità giuridica: "l'incitamento dei diversi Stati del paese a guerre sempre più estese, carestia, insurrezioni, tradimenti e tutta la rimanente serie dei mali, come la si voglia elencare, che affliggono il genere umano". Per convalidare questa denuncia Kant fa alcuni esempi storicamente avvenuti. Ci sono stati dei tentativi suggeriti dall'esperienza da parte della Cina e del Giappone di ovviare ai pericoli che ospiti ingrati potrebbero ipoteticamente arrecare. Il filosofo di Konisberg distingue il concetto di Zugang tradotto con il termine "accesso" da intendere nel senso di visita nel territorio straniero per intraprendere scambi commerciali, dal concetto di Eingang traducibile invece come "entrata", nel quale è ravvisabile un portato semantico corrispondente alla nozione di <<occupazione>>. Ora se nel caso della visita per motivi economici è possibile ed opportuno affermare l'esistenza di un diritto, nel caso dell'<<ingresso>> cioè dell'instaurazione di una presenza stabile sul territorio altrui di fatto indipendente dalla volontà di accoglienza della popolazione locale è difficilmente configurabile, ad avviso di Kant, la presenza di una spettanza giuridica soggettiva.
Kant giunge ad una tragica considerazione, anzi direi saggia "se si considera la cosa dal punto di vista del giudice morale", cioè che il reddito di tali Stati invasori non è "reale" ma è semplicemente infruttuoso e per di più indirizzato verso scopi chiaramente immorali cioè verso il potenziamento delle strutture belliche (viene quindi a verificarsi una situazione deplorevole direbbe Kant in quanto un siffatto atteggiamento spingerebbe anche i restanti stati ad armarsi e quindi a creare di fatto una condizione di permanente belligeranza). Kant, dunque, disconosce la guerra come esplicazione del rapporto tra individui di stati diversi, promuovendo al suo posto lo spirito commerciale, possibile incentivo all'unione federale e, quindi, alla pace perpetua. Il commercio è per Kant uno di quei nuovi pilastri su cui si deve fondare un ordine internazionale pacifico: il commercio unisce poppoli naturalmente divisi dalle diversità linguistiche, religiose e culturali, quando invece la guerra costituisce ogni motivo di separazione e differenziazione. Il filosofo di Konisberg non risparmia le sue critiche e usa parole forti anche verso "gli Stati che ostentano una grande religiosità: e mentre commettono ingiustizie con la stessa facilità con cui berrebbero un bicchier d'acqua, vogliono passare per esempi rari in fatto di osservanza del diritto". L'auspicio non fantastico di Kant è quello di realizzare un diritto cosmopolitico, auspicio realizzabile perchè la pax kantiana prevede che "la violazione del diritto avvenuta in un punto qualsiasi della terra sia avvertita in tutti i punti".
Causa immediata di questa asserzione è il riconoscimento dell'inestricabile correlazione esistente tra le differenti società politiche, che già nell'età moderna si affacciava con evidente visibilità e che oggi ha ormai giunto proporzioni perspicuamente macroscopiche a cagione dell'incipiente fenomeno della globalizzazione. Sulla scorta del pensiero kantiano non possiamo dunque non riconoscere l'assoluta necessità che tale fenomeno si orienti in modo chiaro e pregiudiziale in corrispondenza della costituzione di quell'ordinamento cosmopolitico nel quale soltanto può giacere un'autentica fondazione giuridica della pace perpetua.("L'idea di un diritto cosmopolitico non è una rappresentazione di menti esaltate , ma una necessaria integrazione del codice non scritto, così del diritto pubblico interno come del diritto internazionale, al fine di fondare un diritto pubblico in generale e quindi di attuare la pace perpetua alla quale solo a questa condizione possiamo lusingarci di approssimarci continuamente")


Il “diritto cosmopolitico” di Kant è alla radice del buonismo suicida pro-immigrazione
di Francesco Lamendola - 04/01/2016
https://www.ariannaeditrice.it/articolo ... colo=52898

Che il buonismo masochista e suicida dell’Unione europea e della cultura dominante davanti al fenomeno, programmato e voluto dall’alto e niente affatto spontaneo come ci viene presentato dai media, della immigrazione/invasione africana ed asiatica entro i Paesi del Vecchio continente, abbia le proprie matrici ideologiche nel giusnaturalismo, fondato sul riconoscimento dei “diritti naturali” dell’individuo, e, più ancora, nel cosmopolitismo illuminista, basato sull’assunto che tutta la terra è proprietà collettiva di tutti gli uomini indistintamente, è cosa troppo nota perché valga la pena di ribadirla ulteriormente. Quel che forse non è ben chiaro a tutti, è quanta parte, in esso, abbia giocato il pensiero di colui che è considerato (a torto) il più grande filosofo del XVIII secolo, nonché il vertice dell’intero movimento illuminista, Immanuel Kant, l’autore della «Critica della ragion pura» e della «Critica della ragion pratica», il demolitore della metafisica e il distruttore della teologia; in breve: l’uomo che riassume la crociata del Logos strumentale e calcolante contro la tradizione e, particolarmente, contro la philosophia perennis, che da oltre due millenni accompagnava e sosteneva la consapevolezza spirituale della civiltà europea.

È stato Kant, nel suo celebre pamphlet intitolato «Per la pace perpetua», a formulare, nella maniera più esplicita, l’idea che l’ospitalità di qualsiasi individuo in qualsiasi Stato è un suo “diritto” imprescrittibile, e ad articolare la sequela concettuale che lo ha portato ad esprimere un tale convincimento, dandogli lo statuto, o, quanto meno, l’apparenza, di una argomentazione filosoficamente rigorosa e inappuntabile; vale la pena, perciò, di seguire i passi di tale ragionamento e di vedere se davvero esso sia così logico e coerente, come il suo autore, ed i suoi molti estimatori, sia di allora che di oggi, mostravano e mostrano di credere.

«Per la pace perpetua» («Zum ewigen Frieden», 1795) non è un trattato di filosofia politica e nemmeno di etica, ma, semplicemente, uno schema giuridico mirante a fissare alcuni punti sui quali gli Stati potrebbero accordarsi per scongiurare il pericolo di guerre. Kant non crede nella bontà naturale dell’uomo; in compenso mostra di ritenere possibile che quest’uomo, che non è buono per natura, possa imbrigliare i suoi istinti bellicosi mediante una serie di formule giuridiche, il che è una contraddizione in termini. Se l’uomo non è capace di vera bontà, come potrà venirgli la pace dalla sua ragione? La Ragione vive forse di vita propria, o cade sulla Terra dalle altezze celesti?

Lo schema fondamentale dell’opera di Kant gli è stato ispirato, come è noto, dalla pace di Basilea, sottoscritta il 5 aprile 1795 fra il rappresentante della Convenzione termidoriana, François de Barthélemy, e l’ambasciatore prussiano Karl August von Hardenberg: vale a dire fra la prima repubblica rivoluzionaria d’Europa e una tipica monarchia assoluta di Ancien Régime. Buona parte delle clausole del trattato erano in realtà segrete; così come segreto era l’articolo finale del pamphlet kantiano, di puro sapore massonico, nel quale si stabiliva che, in caso di gravi controversie internazionali, i governi degli Stati coinvolti avrebbero consultato il parere dei filosofi.

La pace di Basilea nasceva, in realtà, da un cinico compromesso fra due opposti egoismi e non da un sincero desiderio di pace fra le potenze europee, del resto impossibile, stante la incompatibilità manifesta fra un governo nato dalla Rivoluzione francese e fondato sulla Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, e sul trinomio di “libertà, fraternità, uguaglianza”, e le alte monarchie assolute, ancora fondate sugli ordini privilegiati, che non potevano stare a guardare il trionfo della borghesia, né perdonare il processo e la condanna a morte di Luigi XVI, già re per diritto divino.

Il cinismo del compromesso derivava dal fatto che Federico Guglielmo II di Hohenzollern voleva avere le mani libere a Oriente, per schiacciare la grande insurrezione polacca e fare la parte del leone nella terza e definitiva spartizione di quella sventurata nazione (mentre dovrà cedere Varsavia alla Russia e accontentarsi di un condominio con quest’ultima e con l’Austria, vale a dire, in pratica, del terzo posto); mentre la Convenzione termidoriana aveva un disperato bisogno di assestare il proprio potere nella Francia sconvolta dal biennio 1793-94, dominato da Giacobini e sanculotti, e rafforzare il ceto alto e medio borghese come classe di governo.

Non è chiaro se Kant si sia reso conto che si trattava sostanzialmente di una tregua e che la resa dei conti tra la Rivoluzione e le monarchie dell’Ancien Régime (sostenute per ragioni non ideologiche, ma puramente commerciali e finanziarie, dalla monarchia costituzionale inglese) era solo rinviata, in attesa che le due parti recuperassero le forze, o se davvero abbia creduto che essa “dimostrasse” la possibilità che sistemi di governo radicalmente diversi, potessero stabilire rapporti di buon vicinato e accordarsi per evitare lo scoppio di guerre future.

Da parte nostra, saremmo propensi per la seconda ipotesi: il che, se fosse vero, non deporrebbe a favore della lungimiranza e dell’acume del filosofo di Königsberg, alla cui lucidità facevano velo, evidentemente, tutta una serie di pregiudizi illuministi sulla “naturale” ragionevolezza, se non sulla naturale bontà, degli esseri umani. Resta il fatto che l’aggiunta del famoso articolo segreto smentisce tutto l’impianto dell’opera, così ingenuamente fiducioso nell’efficacia di un sistema di regole giuridiche internazionali che varrebbero a ottenere quel che l’autentico desiderio di pace dei governi, e dei rispettivi popoli, di per sé, non pare capaci di realizzare.

A noi, tuttavia, in questa sede, non interessa discutere la «Pace perpetua», schema velleitario quant’altri mai, partorito dall’ubriacatura razionalistica dell’Illuminismo, se non per soffermare l’attenzione su di un particolare aspetto di essa: il diritto cosmopolitico, ossia il diritto di cittadinanza “universale”, per le sue evidenti e significative convergenze, che non possono essere casuali, con la situazione attualmente determinatasi fra gli organi di governo dell’Unione europea, e molti (ma non tutti) i governi delle nazioni che vi aderiscono, e il massiccio e inarrestabile fenomeno della migrazione/invasione proveniente dall’Africa e dall’Asia, che sta provocando ormai una vera e propria sostituzione della popolazione europea con una nuova popolazione mista, tale da mettere in forse la tradizione culturale e la stessa identità etnica del Vecchio Continente.

Così riassumono le idee kantiane sul cosmopolitismo Simonetta Corradini e Stefano Sissa («Capire la realtà sociale. Sociologia, metodologia della ricerca», Bologna, Zanichelli, 2012, pp. 146-147):

«Il filosofo Immanuel Kant (1724-1804), in un opuscolo dal titolo “Per la pace perpetua” (1795) illustrò un progetto per l’attuazione della pace nel mondo attraverso il diritto. Il testo si presenta come un ipotetico trattato internazionale suddiviso in articoli, distinto in articoli PRELIMINARI e DEFINITIVI.

I preliminari definiscono ciò che gli Stati non debbono fare: non concludere trattati di pace con la tacita riserva di pretesti per una guerra futura (se no la sospensione della guerra sarebbe un semplice armistizio), acquistare uno Stato indipendente per eredità, scambio, compera o donazione (lo Stato è una società di uomini non un bene), non tenere eserciti permanenti (costituiscono una minaccia per gli altri Stati, incitano a gareggiare negli armamenti), non contrarre debiti pubblici per fare la guerra, non intromettersi con la forza nella costituzione e nel governo di un altro Stato, non compiere nel corso di una guerra atti di ostilità tali da rendere impossibile la reciproca fiducia in futuro.

L’aspetto più innovativo è costituito dai tre articoli definitivi che rappresentano la pare propositiva del progetto di un ordine internazionale in grado di garantire la pace. Essi riguardano tre distinti piani, quello del diritto costituzionale che regola il rapporto tra lo Stato e i suoi cittadini (art. 1), quello del diritto internazionale che regola i rapporti fra gli Stati (art. 2) e quello del diritto cosmopolitico (art. 3) per il quale tutti i cittadini del pianeta diventano titolari di diritti e di doveri che vanno al di là della loro condizione di sudditi di un determinato Stato. Il diritto cosmopolitico è una nuova branca del diritto. Gli articoli definitivi sono così formulati:

La costituzione civile degli Stati deve essere repubblicana. Secondo Kant, una costituzione repubblicana, nel senso che il popolo è rappresentato, favorisce la pace, perché se sono i cittadini a decidere una guerra, sapendo che il peso graverà su di loro, saranno molti cauti nelle loro decisioni.
Il diritto internazionale deve essere fondato su un federalismo di liberi Stati. L’unico modo di uscire da uno stato di guerra permanente è la costituzione di una lega tra Stati il cui fine è la conservazione della libertà e della sicurezza di uno Stato per sé e nello stesso tempo per gli altri Stati confederati. Kant non ritiene auspicabile la formazione di un unico Stato mondiale perché potrebbe portare a un terribile dispotismo.
Il diritto cosmopolitico deve essere limitato alle condizioni dell’universale ospitalità.

OSPITALITÀ significa il diritto di uno stranero che arriva sul territorio altrui a non essere trattato ostilmente. Non si tratta di un diritto di ospitalità al quale ci si possa appellare, ma di un “DIRITTO DI VISITA” spettante a tutti gli uomini, quello cioè di offrirsi alla socievolezza in virtù del diritto al possesso comune della superficie della Terra”. Il filosofo ricorda come le potenze europee abbiano scambiato il DIRITTO DI VISITA con la conquista delle terre altrui ed esprime una condanna del colonialismo. Egli osserva inoltre che, dati i rapporti che si sono stabiliti tra i popoli della Terra, “la violazione del diritto avvenuta IN UN PUNTO della terra è avvenuta in TUTTI i punti, così l’idea di un diritto cosmopolitico non è una rappresentazione fantastica di menti esaltate, ma una necessaria integrazione di un codice non scritto, così del diritto pubblico interno come del diritto internazionale, al fine di fondare un diritto pubblico in generale e quindi attuare una pace perpetua alla quale solo a questa condizione possiamo lusingarci di approssimarci continuamente”.

Secondo il filosofo, tre tendenze presenti nella società favoriscono questo sviluppo, vale a dire la natura pacifica delle repubbliche, la forza unificante del commercio mondiale e la funzione di controllo da pare della sfera pubblica, cioè della comunità dei cittadini, che, in quanto esseri razionali, sottopongono ad esame e discutono l’operato dei governi.»

Ma vediamo un po’ più da vicino le proposte politico-giuridiche di Kant.

Gli articoli preliminari sono una coroncina di buone intenzioni, che non valgono nemmeno il costo dell’inchiostro con il quale sono stati scritti. Chi, o che cosa, potrebbe impedire che un governo sottoscriva un trattato di pace, con la tacita riserva di riprendere la guerra, non appena le condizioni gli si presenteranno più favorevoli? Chi, o che cosa, potrà impedire a uno Stato di acquisirne un altro mediante eredità, scambio, ecc., cosa che finora era sempre avvenuta, e sulla quale nessuno aveva mai trovato da ridire (come nessuno troverà da ridire sul Trattato di Campoformio del 1797, che divise la millenaria Repubblica di Venezia fra l’Austria e la Francia)? Gli eserciti permanenti: certamente essi sono una minaccia continua alla pace; ma chi potrà impedire agli Stati più forti di imporre il rispetto del loro disarmo, e, quanto a se stessi, ignorarlo bellamente? Non contrarre debiti pubblici per fare la guerra: giusto; ma il debito pubblico può trasformarsi, come oggi vediamo, in un’arma di guerra esso stesso. Maneggiato da banche e istituti finanziari senza scrupoli. Al tempo di Kant il debito finanziava le guerre; ai nostri tempi, sono le guerre (finanziarie) a generare il debito pubblico. Il filosofo tedesco non lo aveva previsto: eppure già da un secolo esatto (nel 1694) era nata la Banca d’Inghilterra, e il fenomeno della mondializzazione della finanza era già visibile al suo tempo. E che vuol dire, poi, che gli eserciti, in guerra, devono astenersi da atti di ostilità tali da rendere impossibile la reciproca fiducia nel futuro? Quali sono questi atti? La pulizia etnica, come quella fatta dai Britannici nell’Acadia, a danno dei Francesi; o la guerra batteriologica, come quella fatta, ancora, dai Britannici, ai danni dei nativi americani (le coperte infettate dal vaiolo, regalate da Lord Amherst ai Pellerossa)? Chi può impedire al più forte di adoperare mezzi di guerra particolarmente crudeli e devastanti, se non la forza? Le guerre si fanno per vincerle: sono – diceva Clausewitz – la prosecuzione della politica con altri mezzi. Voler imporre ai militari dei limiti nei mezzi della guerra, per ragioni politiche, è un’idea che nasce dalle buone intenzioni, ma che è letteralmente priva di senso, in pratica. Si veda quel che accadde nella Prima guerra mondiale con la guerra sottomarina tedesca: i politici, cioè il governo, vedevano benissimo che essa avrebbe portato all’intervento degli Stati Uniti, ma essa sembrava efficace, e i militari non erano disposti a rinunciarvi: e fu il loro punto di vista a prevalere, perché, nelle guerre moderne, la decisione ultima tocca agli “specialisti”, e la politica viene necessariamente scavalcata.

Passando agli articoli definitivi, fin dal primo si fa una scoperta a dir poco sconvolgente: il diritto costituzionale deve essere repubblicano. Che cosa significa, in pratica? Che le monarchie, e specialmente le monarchie assolute, devono sparire dalla faccia della Terra? E come, di grazia? Mediante una guerra perpetua da parte delle Repubbliche? Buono a sapersi: Kant auspica, anzi, esige un totalitarismo repubblicano, di chiara matrice massonica e “illuminata”. E perché, poi? la motivazione addotta da Kant è pateticamente insufficiente: perché, nei governo repubblicani, vige la rappresentanza popolare, e il popolo non vorrà la guerra, se si renderà conto che dovrà pagarne esso per primo le amare conseguenze. Quanto buonismo dolciastro, quanto velleitarismo razionalista: c’è odor di pesce andato a male. Punto primo: nelle monarchie costituzionali e parlamentari, non vi è la rappresentanza popolare? Punto secondo: è proprio vero che il popolo, se informato delle conseguenze, non è propenso alle guerre? Punto terzo: nei governi fondati sulla sovranità popolare, non vi sono cento modi per aggirare l’esercizio effettivo della sovranità, e per manipolare l’opinione pubblica, fino a spingere i cittadini a qualsiasi tipo di politica, anche la più contraria ai loro veri interessi?

Passiamo all’articolo 2: una federazione mondiale di liberi Stati? Certo, va riconosciuto a Kant di aver intuito il pericolo gravissimo insito nella costituzione di un unico super-Stato mondiale. Ma la federazione mondiale, cui egli pensa, è davvero cosa molto diversa? Lo stiamo vedendo oggi, nel nostro piccolo, con l’Unione europea; e, in una certa misura, con le Nazioni Unite (sempre propense ad approvare le azioni di guerra del più forte: nel 1950, in Corea, da parte degli Stati Uniti; nel 1991 in Iraq, di nuovo da parte degli Stati Uniti). E che succede se uno Stato decidesse d’entrare, ma poi anche di uscire, da una siffatta federazione? O se rifiutasse al tutto di aderirvi? Bisognerà obbligarla con la forza, cioè con un’altra guerra: anzi, con una serie incessante di guerre, contro tutti gli Stati recalcitranti? Ma se quegli Stati fossero recalcitranti perché i loro popoli, legittimamente e democraticamente rappresentati, non volessero saperne: bisognerebbe passar sopra le loro libere decisioni? Abbiamo visto cosa è accaduto negli Stati Uniti nel 1861, quando una parte degli Stati aderenti a quella federazione vollero uscirne: sappiamo quale fu la reazione degli altri, cioè dei più forti (quelli del Nord industrializzato): guerra totale. In altre parole: per conseguire la pace perpetua, bisogna inaugurare la guerra permanente? Non sarebbe meno ipocrita lasciare che le guerre si scatenino come sempre è accaduto, senza pretendere di farle in nome del nobilissimo ideale della pace universale? Sia la Prima che la Seconda guerra mondiale sono stare combattute all’ombra di questo ideale; ma esse non hanno affatto scongiurato il pericolo di una terza, e assai più terribile, che potrebbe culminare nell’olocausto nucleare dell’intero pianeta terrestre.

E veniamo al terzo punto. Kant s’immagina di avere inventato chissà quale branca sensazionale del diritto, proclamando che esistono dei diritti umani che precedono, e sono indipendenti, da quelli relativi all’appartenenza a un determinato Stato. E va bene. Poi sembra concentrare tali diritti in un super-diritto, il “diritto di visita”: precisando che non deve equivalere a un diritto di conquista ai danni del Paese ospitante, come accadde nelle Americhe con i conquistadores. Molto bene. Ma non ha specificato se questa “visita” possa diventare anche permanente, ossia “diritto d’insediamento”: parrebbe di sì, visto che egli proclama esplicitamente un diritto comune al possesso di tutta la Terra. E qui cominciano i problemi, che Kant non chiarisce affatto, dopo averli stuzzicati e fomentati. Se si interpreta questo principio strictu sensu, esso è, né più, né meno che la legalizzazione di qualsiasi invasione – oh, purché “pacifica”! - ai danni di qualunque Stato. Non si distingue fra diritto di alcuni e diritto di tutti: fra “visita” da parte di uno, o da parte di milioni. I buonisti che proclamano, oggi, il dovere di spalancare le porte a milioni di migranti/invasori dell’Europa, sono accontentati: han trovato la loro Bibbia e il loro profeta. Se la Terra è di tutti, non serve chiedere visto d’ingresso: chiunque ha il diritto d’entrare, ad ogni costo, in casa altrui. Anzi: non esistono più le case d’altri.

Strano: per garantire il massimo dei diritti a tutti, si consuma l’ingiustizia più plateale: espropriare ciascun popolo del diritto a decidere il proprio futuro e a custodire la propria identità e tradizione…



L’umanità generica, Kant e i rifugiati: un collage e qualche riflessione
andrea inglese

https://www.nazioneindiana.com/2014/09/ ... iflessione

1.
Il profugo è un uomo?
“pròfugo s. m. (f. -a) e agg. [dal lat. profŭgus, der. di profugĕre «cercare scampo», comp. di pro-1 e fugĕre «fuggire»] (pl. m. -ghi). – Persona costretta ad abbandonare la sua terra, il suo paese, la sua patria in seguito a eventi bellici, a persecuzioni politiche o razziali, oppure a cataclismi come eruzioni vulcaniche, terremoti, alluvioni, ecc. (in questi ultimi casi è oggi più com. il termine sfollato).”

Cosa fa sì che il profugo sia un uomo, e non un peso morto, e non una quantità di umanità residua, destinata a cadere – il cui destino fatale è la caduta? Cosa fa sì che un profugo non debba inevitabilmente e più facilmente morire, di chi non è profugo? Perché un profugo non dovrebbe suscitare, quando muore, le lacrime che gli altri esseri umani, morendo ingiustamente, suscitano? È possibile che l’umanità sporga da quell’essere fuggitivo, senza scampo, che è il profugo?

Ama il prossimo tuo come te stesso. Se una qualsiasi forma di etica universalistica ha senso, se gli ideali illuministici hanno senso, se il marxismo ha senso, questo precetto evangelico deve avere senso. Ed esso dice questo: l’uomo che tu vedi, e che sembra non rassomigliarti, che non assomiglia a te stesso oggi, ti ha assomigliato ieri o ti assomiglierà domani. Perché io ami qualcuno come me stesso, debbo poterlo vedere come fosse me stesso. Non c’è universalismo etico senza questa reciprocità di visione, mi sembra. Perché quest’uomo mi assomigli, perché sia riconosciuto come un uomo, e come un uomo quale sono io, ossia importante, in quanto portatore di una serie densa e intrecciata di valori: io sono i miei diritti, le mie proprietà, la mia cittadinanza, la mia bellezza, la mia lingua, la mia cultura, ecc., perché quest’uomo che viene dai barconi, che ha le tasche vuote, gli occhi spenti, la voce rotta dalla fatica, dalla fame e dalla sete, perché quest’uomo che non è lavato e profumato, che spesso galleggia inerte in mezzo alle acque, sia considerato ugualmente uomo come me, lo stesso uomo, io devo vedermi come rifugiato. E non ho bisogno di inventare un sogno o una favola. Posso cominciare con il chiedere ai padri e alle madri di mia madre e di mio padre. Loro questa verità la conoscono, questa nostra identità non più ricordata.

L’umanità oscena del profugo
Il profugo non è un cittadino, non è più un cittadino, non è più riconducibile a un gruppo umano determinato, non porta con sé gli emblemi di un’appartenenza particolare che lo situano “naturalmente” dentro i confini di una certa nazione, al riparo dalle istituzioni di uno Stato. Privo di appartenenze certe, senza istituzioni che lo difendano, senza un luogo “naturale” che gli spetti come membro di una nazione particolare, il profugo non porta con sé che la sua generica umanità, quella sola che ha valenza universale. Non si sa bene dove si debba metterlo, quale nazionalità riconoscergli, che statuto fornirgli di fronte alla legge, ma non si può negargli la sua generica appartenenza all’umanità. Il profugo, anche quando deve interamente la sua condizione di sradicato e di esule al fatto di appartenere a una minoranza etnica o politica o religiosa, è comunque testimone dell’umanità universale. Il profugo non può essere inserito nella rete di diritti dell’individualismo liberale né nel cerchio comunitario della cultura d’origine. Ci presenta semplicemente, oscenamente, la sua umanità. Si muove, dorme, mangia, ragiona, ha un passato, potrebbe avere un futuro, ma gli è negato il presente, non ha un presente reale. Se ancora esiste una qualche forma di universalismo, esso dovrà prendere le mosse dal profugo, da colui che è sul punto di diventare apolide, ossia un essere umano superfluo, ingombrante, ingiustificato, spettrale. Se siamo in grado di riconoscerlo, se siamo in grado di avvicinarci a lui, e di parlargli come faremmo a un cittadino che paga le tasse, che è dotato di diritti e possiede una carta d’identità, allora è ancora possibile una forma di universalismo dell’essere umano in quanto tale.

Il profugo è fuorilegge
Se l’umanità esiste in un senso universale, se l’umanità non è una semplice costruzione mitica, che poggi sull’irriducibile molteplicità e dispersione dei popoli e delle loro nazioni, allora essa deve essere riconoscibile proprio nei profughi, i quali presentano a noi e ai nostri criteri di legittimazione una fisionomia spaventosa ed esorbitante: la povertà radicale. La mancanza non solo di un lavoro e di una casa, ma di un paese, di una terra, di un naturale insediamento dentro una popolazione e una legge.

2.
…nessuno avendo in origine maggior diritto di un altro a una porzione determinata della terra
Nel 1795, Kant pubblicò la prima edizione di Per la pace perpetua. Un progetto filosofico.
Riporto qui il “terzo articolo” seguito dal suo commento. In questo commento lessi una frase che non mi ha più abbandonato e che riguarda il “diritto al possesso comune della superficie della terra (…) nessuno avendo in origine maggior diritto di un altro a una porzione determinata della terra”. C’è molta utopia in questa frase, c’è anche molta ragione, e anche molta dinamite. Vorrei ricollocarla nel contesto più ampio del discorso kantiano.

“Terzo articolo definitivo per la pace perpetua:

«Il diritto cosmopolitico dev’essere limitato alle condizioni dell’ospitalità universale».

Qui, come negli articoli precedenti, non si tratta di filantropia ma di diritto, e ospitalità significa quindi il diritto di uno straniero che arriva sul territorio altrui, di non essere trattato ostilmente. Può venirne allontanato, se ciò è possibile senza suo danno, ma fino a che dal canto suo si comporta pacificamente, l’altro non deve agire ostilmente contro di lui. Non si tratta di un diritto di ospitalità, cui lo straniero può fare appello (a ciò si richiederebbe un benevolo accordo particolare, col quale si accoglie per un certo tempo un estraneo in casa come coabitante), ma di un diritto di visita spettante a tutti gli uomini, quello cioè di offrirsi alla socievolezza in virtù del diritto al possesso comune della superficie della terra, sulla quale, essendo sferica gli uomini non possono disperdersi all’infinito, ma devono da ultimo tollerarsi nel vicinato, nessuno avendo in origine maggior diritto di un altro a una porzione determinata della terra. Tratti inabitabili di questa superficie, il mare e i deserti di sabbia, impongono separazioni a questa comunità umana, ma la nave e il cammello (la nave del deserto) rendono possibile che su questi territori di nessuno gli uomini reciprocamente si avvicinino e che il diritto sulla superficie, spettante in comune al genere umano, venga utilizzato per eventuali scambi commerciali. L’inospitalità degli abitanti delle coste (ad esempio dei Barbareschi) che si impadroniscono delle navi nei mari vicini o riducono i naufraghi in schiavitù, l’inospitalità degli abitanti del deserto (ad esempio dei beduini arabi) che si credono in diritto di depredare quelli che si avvicinano alle tribù nomadi è dunque contraria al diritto naturale. Ma questo diritto di ospitalità, cioè questa facoltà degli stranieri sul territorio altrui, non si estende oltre le condizioni che si richiedono per rendere possibile un tentativo di rapporto con gli antichi abitanti. In questo modo parti del mondo lontane possono entrare reciprocamente in pacifici rapporti, e questi diventare col tempo formalmente giuridici ed infine avvicinare sempre più il genere umano ad una costituzione cosmopolitica.

Se si paragona con questo la condotta inospitale degli Stati civili, soprattutto degli Stati commerciali del nostro continente, si rimane inorriditi a vedere l’ingiustizia ch’essi commettono nel visitare terre e popoli stranieri (il che è per essi sinonimo di conquistarli). L’America, i paesi dei negri, le Isole delle spezie, il Capo di buona speranza ecc., all’atto della loro scoperta erano per loro terre di nessuno, non tenendo essi in nessun conto gli indigeni. Nell’India orientale, con il pretesto di stabilire ipotetiche stazioni commerciali, introdussero truppe straniere e ne venne l’oppressione degli indigeni, l’incitamento dei diversi Stati del paese a guerre sempre più estese, carestia, insurrezioni, tradimenti e tutta la rimanente serie dei mali, come li si voglia elencare, che affliggono il genere umano.

La Cina e il Giappone avendo fatto esperienza tali ospiti, hanno perciò saggiamente provveduto, la prima a permettere solo l’accesso, ma non l’ingresso agli stranieri, il secondo a permettere anche l’accesso ad un solo popolo europeo, agli olandesi, che però sono, quasi come prigionieri, esclusi da qualsiasi contatto con gli indigeni. II peggio (o il meglio, se si considera la cosa dal punto di vista di un giudice morale) è che tali Stati non traggono poi nemmeno vantaggio da queste violenze che tutte queste società commerciali sono sull’orlo della rovina, che le Isole dello zucchero sedi della schiavitù più crudele e raffinata, non danno alcun reddito reale ma lo danno solo indirettamente e per di più per uno scopo non molto lodevole poiché servono a fornire marinai per le flotte militari e quindi di bel nuovo a intraprendere guerre in Europa; e questo fanno gli Stati che ostentano una grande religiosità: e mentre commettono ingiustizie con la stessa facilità con cui si beve un bicchiere d’acqua, vogliono farsi passare per nazioni elette in fatto di ortodossa osservanza del diritto.

Siccome ora in fatto di associazione (più o meno stretta o larga che sia) di popoli della terra si è progressivamente pervenuti a tal segno, che la violazione del diritto avvenuta in un punto della terra è avvertita in tutti i punti, così l’idea di un diritto cosmopolitico non è una rappresentazione fantastica di menti esaltate, ma una necessaria integrazione del codice non scritto, così del diritto pubblico interno come del diritto internazionale, al fine di fondare un diritto pubblico in generale e quindi attuare la pace perpetua alla quale solo a questa condizione possiamo lusingarci di approssimarci continuamente.”

3.
I profughi che siamo stati

“Oggi l’immaginario collettivo fa riferimento a uomini e donne che sbarcano sulle coste italiane in fuga da guerre e persecuzioni; ma quasi un secolo fa i profughi erano gli europei.
(…)
Siamo nel 1922 e Federico Nansen, primo presidente dell’Alto Commissario per i Rifugiati della Società delle Nazioni, crea il primo passaporto internazionale che riconosce lo status di apolide principalmente ai profughi della guerra civile in Russia.
(…)
Ventitré anni dopo, nel 1945, con la fine della Seconda guerra mondiale, l’Europa conosce il primo enorme spostamento di masse umane: sono almeno 10 milioni i profughi mossi dal conflitto.”
(da I profughi:schiuma della terra)

“Rifugiati:
La pratica internazionale del primo e del secondo dopoguerra ha coniato due termini, che coprono, con un notevole grado di approssimazione, le varie categorie di profughi che dànno luogo ad un problema internazionale: i rifugiati o profughi (refugees); e le displaced persons (DP). I refugees sono i profughi internazionali in senso proprio e cioè “tutti coloro che si trovino fuori del loro paese” e che, per essere stati perseguitati, o per timore di persecuzioni per ragione di nazionalità, religione, razza o opinioni politiche, non vogliano o non possano far ritorno in patria o valersi all’estero della protezione diplomatica dei rappresentanti del loro paese. Nella categoria sono inclusi anche coloro che non desiderino ritornare nel loro paese per avversione al regime politico in esso esistente. Displaced persons sono invece coloro che non per loro volontà, ma per effetto dell’azione diretta o indiretta delle autorità civili o militari dei paesi belligeranti si siano trovati a guerra finita fuori del loro paese di origine.
(…)
Entrambe le categorie di profughi, fra le quali prima della seconda Guerra mondiale non si faceva una distinzione, hanno formato oggetto di attività internazionale sin dall’altro dopoguerra. I gruppi più importanti di profughi che si contavano subito dopo la prima Guerra mondiale erano i varî milioni di Russi allontanati dal loro paese dalla rivoluzione del 1917, gli Armeni, ed altri gruppi (Greci, Bulgari, Siriani) ai quali si dovevano aggiungere, negli anni successivi, le vittime della persecuzione nazista e fascista: profughi politici d’Italia e di Germania; vittime della persecuzione antisemita condotta dal nazifascismo prima in Germania e poi via via nei paesi occupati prima dello scoppio della seconda Guerra mondiale (Austria e Cecoslovacchia); e i repubblicani spagnoli.
(…)
L’effetto principale determinato dalla seconda Guerra mondiale è stato innanzi tutto lo straordinario aumento numerico dei rifugiati. Da un lato, come conseguenza diretta delle operazioni di guerra, le forze alleate si trovavano fra le braccia milioni e milioni di persone che erano state deportate dai Tedeschi o costrette ad abbandonare il loro paese (displaced persons). Dall’altro, al venir meno dei regimi totalitarî nazi-fascisti – e quindi del problema dei fuorusciti dai rispettivi paesi – faceva riscontro l’affermarsi di regimi nuovi in una buona metà dell’Europa, e quindi una nuova “fonte” di profughi politici. E ciò mentre rimaneva ancora da risolvere, per una buona parte, lo stesso problema di tutti quei profughi ante- e durante-guerra.
(…)
La necessità di porre su nuove basi il problema dei profughi venne riconosciuta dalla maggioranza delle delegazioni alla prima sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Il problema, così come si presentava a guerra ultimata, si riassumeva in un totale impressionante. Nonostante la notevole riduzione del numero di displaced persons rimpatriate dalle forze alleate e dall’UNRRA (circa 7.000.000), si calcolava che all’inizio del 1947 il numero dei profughi sarebbe ammontato a circa 2.000.000 di persone, temporaneamente stabilite in Europa – e specialmente in Germania, in Austria e in Italia – nel Medio Oriente, in Africa nell’Estremo Oriente. Esse erano ripartite grosso modo, come segue: 1) 300.000 rifugiati russi anteguerra (cosiddetti profughi Nansen), in Francia, Cina, ‛Irāq, Siria e nelle zone occidentali della Germania e dell’Austria; 2) 150.000 Tedeschi e Austriaci, per la maggior parte ebrei sfuggiti alle persecuzioni naziste, nel Regno Unito, Francia, Svezia, Svizzera, e Cina; 3) un milione e mezzo di displaced persons dissidenti, cioè persone deportate durante la guerra dalle forze dell’Asse o rifugiatesi all’estero, e contrarie al rimpatrio per ragioni politiche o per timore di nuove persecuzioni: fra i quali circa mezzo milione di Polacchi (in Germania, Austria, Italia e nel Medio Oriente); circa 300.000 fra Lituani, Lettoni, Estoni, Ucraini e Iugoslavi (in Germania, Austria, Svezia e anche in Italia, specialmente gli Iugoslavi); 4) nuovi profughi politici dai paesi dell’Europa orientale, fra i quali Ebrei polacchi (Germania, Austria e Italia), e cittadini Iugoslavi e Albanesi dissidenti (Austria e Italia) calcolati in circa 300.000, ma in continuo aumento a causa dei nuovi esodi.”
(da voce “rifugiati” enciclopedia treccani)

4.
Oggi, non tutti i rifugiati vengono in Italia (2013)
“Veniamo ai rifugiati. Qui il senso comune (e molta politica) sostiene che «ne arrivano troppi, l’Europa non ci aiuta». Vediamo i dati più recenti. Nel 2013 in Italia si sono registrate 27.800 nuove domande di asilo. (1) Un dato nettamente inferiore al numero degli sbarcati (circa 43mila), perché in tanti preferiscono non presentare domanda in Italia e cercare invece di raggiungere la Germania, la Svezia, la Francia o i Paesi Bassi. Difatti l’Italia, pur registrando una sensibile crescita relativa delle domande di asilo (+60 per cento), è soltanto sesta in Europa come paese di accoglienza dei richiedenti. La Germania rimane in testa alla classifica, con 109.600 domande, seguita a distanza dalla Francia con 60.100 e dalla Svezia con 54.300. Entra poi in classifica la Turchia, con 44.800, per effetto soprattutto del tragico conflitto siriano. Ma anche il Regno Unito, lontano dalle zone calde del Medio Oriente, ci precede con 29.200 domande.

Bisogna poi tenere conto del fatto che anche i nuovi paesi membri dell’Unione, di certo meno attrezzati dell’Italia, hanno conosciuto un notevole aumento delle domande di asilo: 18mila in Ungheria (contro le 2mila del 2012), 14mila in Polonia, 7mila in Bulgaria. In definitiva, se vi fosse più solidarietà europea sul dossier rifugiati, difficilmente sarebbe l’Italia a beneficiarne.”
(da L’Italia non è ancora un paese di rifugiati)

5.
Oggi, non tutti i rifugiati vengono in Europa (2014)
“I rifugiati siriani nel mondo hanno superato i tre milioni. Lo ha affermato in una nota l’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati, precisando che, in questa cifra, non sono incluse le centinaia di migliaia di persone in fuga che non è stato possibile registrare come rifugiati.

A questi tre milioni di rifugiati siriani bisogna aggiungere i 6,5 milioni di sfollati che vivono nel Paese. Questa situazione ha fatto sì che “quasi la metà dei siriani siano stati forzati ad abbandonare le loro case e fuggire per sopravvivere”, ha sottolineato il rapporto dell’Unhcr. La stragrande maggioranza della popolazione in fuga ha trovato rifugio nei Paesi vicini, soprattutto in Libano (1,14 milioni), Turchia (815mila) e Giordania (608mila). Altri 215mila sono stati contati in Iraq, mentre il resto è stato registrato in Egitto o in altri Paesi.”
(da ONU: nel mondo tre milioni di profughi siriani)

“Complessivamente, gli afghani, i siriani e i somali – che insieme rappresentano oltre la metà del totale dei rifugiati a livello mondiale – costituiscono le nazionalità maggiormente rappresentate tra le persone di cui l’Unhcr si prende cura.

Intanto paesi come il Pakistan, l’Iran e il Libano hanno ospitato un maggior numero di rifugiati rispetto ad altri Stati. Se si guarda alle diverse regioni, l’Asia e il Pacifico hanno ospitato il maggior numero di rifugiati, complessivamente 3,5 milioni di persone. L’Africa sub-sahariana ha accolto 2,9 milioni di persone, mentre il Medio Oriente e il Nord Africa hanno visto arrivare sui loro territori 2,6 milioni di migranti forzati.”
(da Superati i 50 milioni di profughi nel mondo)

“Nonostante il numero crescente di persone bisognose di protezione in arrivo via mare, è importante sottolineare che l’86% dei rifugiati rimane nei paesi del sud del mondo. Il numero dei rifugiati eritrei è raddoppiato negli ultimi anni a causa del perdurare delle violazioni dei diritti umani nel paese e la maggior parte di loro risiede in Sudan (110mila) ed in Etiopia (84mila), mentre il 20% (65mila) ha trovato protezione in Europa.

Per quanto riguarda la Siria, sono 2.9milioni le persone costrette alla fuga che hanno trovato protezione nei paesi confinanti (Libano 1.1milioni, Giordania 610mila, Turchia 823mila, Iraq 218mila e Egitto 138mila), mentre 123mila si trovano in Europa.”
(da Raggiunti i 100mila arrivi via mare in Italia)

*
[Immagine: Profughi italiani in fuga dopo Caporetto]




Mauro Porro
Ora per Kant il diritto di ospitalità assume una configurazione decisamente positiva. Esso non va inteso come la facoltà dello straniero ad essere ospitato ed accolto nelle strutture abitative di un determinato Stato e non implica, quindi, ad un obbligo di accoglienza coabitativa da parte dei cittadini del paese ospitante, bensì va ricondotto ad un diritto di visita, al riconoscimento della facoltà cioè di circolare liberamente sul territorio di ogni singolo Stato, " non si tratta di un diritto di ospitalità, cui si può fare appello... ma di un diritto di visita , spettante a tutti gli uomini...[ che] devono da ultimo rassegnarsi a incontrarsi e a coesistere". Questo diritto incontra l' invalicabile limite del rispetto, da parte del suo titolare, di un contegno pratico e pacifico, di una prassi che non si ponga in contrasto con i diritti e le libertà del paese in cui si è recato ([lo straniero] può essere allontanato, se ciò può farsi senza suo danno, ma, fino a che dal canto suo si comporta pacificamente, non si deve agire ostilmente contro di lui. I. Kant, Per la pace perpetua, a cura di G. Sasso, p. 120).Il fondamento di codesto diritto di visita giace per Kant nel diritto naturale ( o di ragione). Il filosofo di Konisberg parte dalla constatazione empirica che gli uomini sono necessariamente indotti dalla limitatezza della superficie terrestre a convivere, coabitare e relazionarsi. Kant stabilisce un limite a questo diritto di ospitalità, o per lo meno vuole definire l'ambito entro cui esso possa esercitarsi, dicendo che non può estendersi oltre le condizioni di una universale ospitalità, vuol dire che colui che è ospite di uno stato straniero non può approfittare di questa sua posizione per disgregare lo stato o per minacciarne l'esistenza.

Mauro Porro
si possono leggere in entrambe le direzioni dal mio punto di vista il contegno pratico non in contrasto con i diritti e le libertà del paese ospitante impone l'allontanamento di quei soggetti che vogliono imporre costumi ,credenze e leggi vedi sharia che sono in contrasto con il nostro ordinamento. Da questo punto di vista Kant da dei limiti precisi al cosmopolitismo

Gino Quarelo
Ai tempi di Kant (1724-1804), il mondo era in buona parte ancora dominato dagli imperi europei, gran parte del mondo occidentale era sottopopolato, vi era la necessità di braccia da lavoro un pò dovunque, il nazismo maomettano era arginato nell'impero maomettano che l'Europa riusciva a contenere, le migrazioni di massa lontane da venire e anche l'Africa era sottopopolata.
I problemi legati all'emigrazione-immigrazione, al tempo di Kant erano totalmente altri e quello che al suo tempo poteva essere sensatamente positivo nell'emigrazione non lo è più oggi.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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