Leggi razziali: le peggiori sono quelle nazi maomettane

Re: Leggi razziali: le peggiori sono quelle nazi maomettane

Messaggioda Berto » lun nov 05, 2018 10:58 pm

Il caso di Asia Bibi, una donna e madre cristiana discrimianta, perseguitata e imprigionata in Pakistan
Le demenziali leggi razziali del nazismo maomettano e coranico

Asia Bibi la cristiana pachistana assolta ma non ancora liberata dopo 10 anni di prigione
viewtopic.php?f=196&t=2807
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 6954466874
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Re: Leggi razziali: le peggiori sono quelle nazi maomettane

Messaggioda Berto » mer nov 14, 2018 9:50 pm

“Gli ebrei sono animali immondi” Il mondo arabo e l’antisemitismo
Paolo Mieli
13 novembre 2018

http://www.italiaisraeletoday.it/gli-eb ... 6K3qTj2F6Y

Sotto l’occupazione tedesca della Tunisia (novembre 1942-maggio 1943) alcune case di ebrei furono saccheggiate e alcune donne ebree furono stuprate da musulmani. «In generale gli autori di queste violenze furono incoraggiati dai tedeschi», ha scritto Norman Stillman anche se, «temendo disordini di maggiore ampiezza, il comandante tedesco intervenne per mettere fine a quegli incidenti». Quegli «incidenti», in ogni caso, furono ricondotti — in tema di responsabilità — all’occupazione nazista. Ma lo stesso Stillman notò, non senza sorpresa che «i saccheggi di case ebraiche ad opera degli arabi furono più gravi dopo che i tedeschi si ritirarono dalla città». Proprio così: le violenze antiebraiche in Tunisia nel corso della Seconda guerra mondiale sono cresciute dopo il ritiro dei nazisti.

E quando arrivarono gli Alleati, Philip Jordan, corrispondente di guerra britannico, scrisse che «tutti gli ebrei della città avevano subito saccheggi dagli arabi e che erano state rubate persino porte e finestre». Anche, se non soprattutto, dopo che i soldati con la svastica se n’erano andati. Come mai? E perché subito dopo il mondo arabo si è svuotato dei suoi ebrei nel corso di appena una generazione (1945-1970)? Tra l’altro quasi senza espulsioni palesi, eccetto l’Egitto…

Perché questo strappo così rapido da una terra sulla quale gli ebrei vivevano da oltre duemila anni? Georges Bensoussan ha scritto un libro, Gli ebrei del mondo arabo. L’argomento proibito, che sta per uscire da Giuntina, nel quale analizza le vessazioni a cui sono stati sottoposti gli israeliti in quell’area geografica da molto prima che esplodesse il conflitto tra Israele e i palestinesi.

Gli ebrei sono stati costretti ad abbandonare quelle terre in una misura davvero rimarchevole: se ne dovettero andare novecentomila persone nel secondo dopoguerra, nell’arco di poco più di due decenni. Un esodo che, secondo Bensoussan, «mise fine ad una civiltà bimillenaria, anteriore all’Islam e all’arrivo dei conquistatori arabi».

Come è potuto accadere? «Più del sionismo e della nascita dello Stato di Israele», risponde l’autore, «sono stati l’emancipazione degli ebrei attraverso l’istruzione scolastica e l’incontro con l’Occidente dei Lumi a provocarne la scomparsa in quei Paesi, quindi il loro riscatto, un evento inconcepibile per l’immaginario di un mondo in cui la sottomissione dell’ebreo aveva finito per costituire una pietra angolare». Generalmente, scrive Bensoussan, «ci dicono che le società ebraiche d’Oriente sarebbero declinate con il conflitto arabo-israeliano e che l’antigiudaismo arabo sarebbe una ricaduta del conflitto palestinese». Ma «questa tesi è smentita da moltissimi testimoni occidentali riguardo agli anni 1890-1940, siano essi amministratori coloniali, militari, medici, giornalisti o viaggiatori». Tutti raccontano «della virulenza di un sentimento antiebraico, ad ogni evidenza variabile a seconda delle regioni e dei periodi, senza connessione alcuna con la questione palestinese».

Bensoussan è uno storico francese ebreo nato nel 1952 in Marocco. Timido, ha sempre scelto di starsene in disparte. Non ha mai amato il palcoscenico letterario. Fino al 2015 non godeva, anzi, di grande notorietà, nonostante avesse scritto diversi libri, avesse ricevuto importanti premi, fosse stato nominato direttore editoriale del Mémorial de la Shoah.

Che cosa è allora che lo ha portato alla ribalta nel 2015 quando aveva 63 anni? Nel corso di una trasmissione radiofonica su France2, Répliques, gli sfuggirono (o forse le pronunciò intenzionalmente) le seguenti parole: «Il sociologo algerino Smaïn Laacher, con grande coraggio, ha detto che nelle famiglie arabe in Francia — è risaputo ma nessuno vuole dirlo — l’antisemitismo arriva con il latte materno».

Era la citazione di un ragionamento altrui, anche se ad ogni evidenza Bensoussan lo condivideva nel merito. Comunque sarebbe passata inosservata se non fosse sceso in campo il «Movimento contro il razzismo e per l’amicizia tra i popoli», accusando lo storico d’aver fatto sue «parole antiarabe e razziste» per di più «in un servizio pubblico».

Il Movimento chiese alla radio nonché ai responsabili del Mémorial di prendere le distanze da Bensoussan, e lo trascinò per ben due volte in giudizio. Radio e Mémorial lo misero in quarantena assai prima della sentenza definitiva e pochi solidarizzarono con Bensoussan: tra questi meritano di essere ricordati Pierre Nora, Alain Finkielkraut e, dall’Algeria, Boualem Sansal. Dopodiché la sua vita fu praticamente distrutta. Infine nel 2018 è arrivata la definitiva assoluzione, ma ormai sarebbe stato difficile per lui recuperare una qualche serenità.

Ma, con ostinazione, Bensoussan ha continuato a studiare le condizioni in cui gli ebrei vivevano nel mondo arabo quando lo Stato di Israele non era ancora neanche all’orizzonte. Mettendo in evidenza anche i (pochi) caratteri positivi di quella coabitazione con il mondo musulmano.

In un quadro per il resto agghiacciante. All’inizio del XVI secolo il frate francescano Francesco Suriano descriveva con queste parole la vita degli israeliti in Palestina: «Questi cani, gli ebrei, sono calpestati, picchiati e tormentati come meritano. Vivono in questo Paese in una condizione di sottomissione che le parole non possono descrivere. È una cosa istruttiva vedere che a Gerusalemme Dio li punisce più che in ogni altra parte del mondo. Ho visto questo luogo per lungo tempo. Essi sono anche uno contro l’altro e si odiano, mentre i musulmani li trattano come cani… Il più grande obbrobrio per un individuo è di essere trattato da ebreo».

E ancora: «Ovunque — scrive nel 1790 l’inglese William Lemprière a proposito degli ebrei di Marrakech — sono trattati come esseri di una classe inferiore alla nostra. In nessuna parte del mondo li si opprime come in Berberia… Malgrado tutti i servigi che gli ebrei rendono ai mori, essi sono trattati con più durezza di quanto farebbero con i loro animali». La stessa immagine che usa l’abate francese Léon Godard nel 1857, di ritorno da un viaggio: «Gli ebrei in Marocco sono considerati tra gli animali immondi… La tolleranza dei prìncipi musulmani consiste nel lasciare vivere gli ebrei come si lascia vivere un gregge di animali utili». «Se un musulmano li colpisce», prosegue Godard, agli ebrei «è proibito, pena la morte, di difendersi eccetto che con la fuga o con la destrezza».

A ridosso della Seconda guerra mondiale, il Marocco fu relativamente al riparo dalle esplosioni di violenza antiebraica. Molto relativamente. Nel Maghreb, qualcuno sostiene, la popolazione musulmana non avrebbe gioito per le misure antiebraiche promulgate da Vichy. Avrebbero perfino manifestato solidarietà nei confronti dei perseguitati.

Ma secondo Bensoussan (e con lui, adesso, la maggioranza degli storici) «la popolazione musulmana tutt’al più rimase indifferente». In Tunisia (finché fu una colonia) le autorità francesi fingevano di non vedere le persecuzioni antiebraiche per evitare di affrontare la maggioranza araba.

Lo stesso accadde in Marocco dopo i pogrom di Oujda e Jérada (giugno 1948): le stesse autorità francesi raccomandarono a quelle locali «di usare indulgenza» (nei confronti dei responsabili degli atti antiebraici) al fine di «evitare ogni esplosione di violenza da parte araba». E nel secondo dopoguerra dopo la nascita dello Stato di Israele (1948)? Ad eccezione dell’Egitto, sostiene lo storico, non ci sono state praticamente espulsioni di ebrei dal mondo arabo. E la Tunisia è stato il Paese più tollerante.

Qui la Costituzione del 1956 assicurava che gli ebrei erano cittadini come gli altri e potevano «esercitare qualsiasi professione». Tuttavia «dovevano sempre aspettare più degli altri le necessarie autorizzazioni amministrative» e, per così dire, «elargire più bustarelle». Anche sotto la guida del presidente Bourghiba, gli ebrei furono a poco a poco estromessi dai posti più importanti («eccetto che al Ministero dell’Economia dove non c’erano musulmani competenti per rimpiazzarli»). Nel 1960 gli ebrei rappresentavano ancora il 14% della popolazione di Tunisi, ma nel Consiglio comunale della capitale ce n’erano solo due su sessanta membri (il 3%). Poi venne la «guerra dei Sei giorni» (1967) e per gli israeliti furono dolori. Scriveva — in una lettera del 7 giugno 1967 a Georges Canguilhem — Michel Foucault che all’epoca insegnava all’università di Tunisi: «Qui lunedì scorso c’è stata una giornata (una mezza giornata) di pogrom.

È stato molto più grave di quanto abbia detto “Le Monde”, una cinquantina buona di incendi. Centocinquanta o duecento negozi — ovviamente i più miserevoli — saccheggiati, lo spettacolo della sinagoga sventrata, i tappeti trascinati per strada, calpestati e bruciati, gente che correva per le strade si è rifugiata in un edificio al quale la folla voleva dar fuoco.

E poi il silenzio, le saracinesche abbassate, nessuno o quasi nel quartiere, i bambini che giocavano con le suppellettili rotte… Quanto successo appariva manifestamente organizzato… Se poi a questo si aggiunge che gli studenti, per “essere di sinistra” hanno dato mano (e un po’ di più) a tutto questo, si è abbastanza tristi. E ci si domanda per quale strana astuzia (o stupidità) della storia il marxismo ha potuto dare occasione (e vocabolario) a tutto ciò».

Al Cairo, nel 1927, dall’oggi al domani, la legge egiziana chiude agli ebrei l’accesso agli impieghi pubblici. Qui nel 1950 (ben diciassette anni prima di quel che si sarebbe venuto a creare dopo la guerra dei Sei giorni), Sayyd Qutb, successore di Hassan el-Banna a capo dei Fratelli musulmani, pubblicò un manifesto, La nostra battaglia contro gli ebrei, che conteneva parole inquietanti. «Gli ebrei», si poteva leggere in questo testo, «hanno ricominciato a fare il male… Allah inviò loro Hitler per dominarli; poi la nascita di Israele ha fatto provare agli arabi, i proprietari della terra, il sapore della tristezza e della sofferenza». In Siria dopo il 1945 imperversa una violenza antiebraica che spinge la maggior parte dei 15 mila ebrei del Paese ad andarsene; tutte persone che sono poi scomparse da ogni «memoria ufficiale».

Nei confronti degli ebrei rimasti si ebbero attentati come la bomba che colpì un’istituzione ebraica a Damasco nel 1948,e le altre che nel corso dell’estate di quello stesso anno, uccisero decine di israeliti. Analoghe violenze si ebbero in Yemen. In Libia rimasero solo cinquemila ebrei su trentacinquemila e questa minoranza «fu progressivamente spinta a partire, strangolata socialmente e assoggettata a un clima di paura».

A Tripoli nel 1961 la legge stabilì che a ogni ebreo che intrattenesse «rapporti ufficiali o professionali» con Israele (vale a dire, per la maggior parte dei casi, con i loro connazionali trasferitisi nello Stato ebraico) sarebbero stati confiscati i beni.

Ma perché di tutto questo si comincia a parlare in modo esplicito soltanto adesso? La storia degli ebrei del mondo arabo, risponde Bensoussan «è stata a lungo confiscata». Il più delle volte è stata scritta da degli ebrei di corte ed è per questo che solo recentemente si è emancipata dalla visione irenica di un tempo.

A lungo il racconto ufficiale illustrava un universo sereno di un “mondo che abbiamo perduto”, una visione storica unita a un pensiero consolatore, «tanto grande era il dolore di mettere a nudo una vita da dominato». Più si scendeva in basso nella scala sociale e «più la memoria ebraica diventava dolorosa», mentre coloro che coltivavano una memoria felice, «il più sovente provenivano da ambienti agiati, dove i contatti con il popolino musulmano erano generalmente limitati al personale di servizio». Accade così, conclude lo studioso, che «scrivere la storia degli ebrei dell’Oriente arabo mette a nudo i rapporti di servitù mascherati da racconti folcloristici». Una complicazione che ha fin qui impedito di raccontare la vera storia degli ebrei nel mondo arabo.
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Re: Leggi razziali: le peggiori sono quelle nazi maomettane

Messaggioda Berto » dom nov 18, 2018 10:01 pm

Cristiani condannati a morte in applicazione della legge islamica della sharia
Majid Rafizadeh
11 novembre 2018

https://it.gatestoneinstitute.org/13290 ... cVYiU4W7gA

Si sente spesso dire ai predicatori e ai leader islamici sciiti che l'Islam ha riconosciuto "la gente del Libro", espressione che si riferisce ai cristiani e agli ebrei. Questa affermazione suona come se l'Islam accordasse a cristiani ed ebrei lo stesso livello di status e il medesimo rispetto riservato ai musulmani.

Tale tesi è stata di recente confermata dal presidente della Repubblica islamica dell'Iran, Hassan Rohani, il quale ha dichiarato che "i cristiani hanno gli stessi diritti degli altri". Ribadendo questo concetto sarebbe facile pensare che i cristiani siano relativamente sicuri in Iran. Ma è davvero così?

Nei discorsi e sulla carta, queste parole danno probabilmente l'impressione che i cristiani non siano i benvenuti in Iran, ma che abbiano uguali diritti e godano della stessa protezione della legge. Ma le esperienze quotidiane dei cristiani in Iran raccontano una storia molto diversa.

La violenza e le persecuzioni contro i cristiani sono considerevolmente aumentate, in applicazione della sharia imperante nell'Iran. Un caso recente documenta le esperienze traumatiche del pastore evangelico Victor Bet-Tamraz e di sua moglie Shamiram Issavi, cristiani assiri, nonché di Amin Afshar Naderi e di Hadi Asgari, ex musulmani che si sono convertiti al Cristianesimo. Ognuno di loro è stato condannato dal Tribunale rivoluzionario di Teheran cumulativamente a 45 anni di carcere. Nonostante le dichiarazioni dell'Iran che essi sono uguali di fronte alla protezione della legge e godono di pari diritti, potrebbero non vedere mai più la libertà.

Che terribile crimine devono aver commesso per meritarsi una condanna così dura? Forse non sono stati condannati per il semplice fatto di essere cristiani? Dopotutto, il presidente iraniano aveva detto che i cristiani godono di uguali diritti. Le accuse ambigue che sono state loro mosse includevano termini vaghi, come l'aver condotto "attività di culto illegali" e il fatto di costituire una minaccia alla "sicurezza nazionale".

Perché in Iran ci sarebbe tutta questa ostilità nei confronti dei cristiani che si è tradotta nel tipo di persecuzione a cui sono state sottoposte queste quattro persone? Anche se i cristiani sono una piccolissima parte della popolazione, sono sempre stati considerati, ai sensi della sharia, una minaccia alla "sicurezza nazionale". La popolazione totale iraniana conta circa 80milioni di abitanti, tra i 117mila e i 3milioni dei quali sono cristiani, secondo varie stime.

La comunità internazionale ha di recente preso atto dell'abuso di potere esercitato contro i cristiani in Iran. L'ultimo rapporto di Amnesty International sottolinea che "i cristiani in Iran sono bersaglio di molestie, arresti e detenzioni arbitrarie, processi iniqui e reclusione per accuse relative alla sicurezza nazionale unicamente a causa della loro fede". Eppure, le atrocità contro di loro continuano.

È opportuno rilevare che, prima della rivoluzione islamica, per ottenere sostegno e potere, i leader musulmani fondamentalisti avevano promesso ai cristiani in Iran che avrebbero goduto degli stessi diritti dei cittadini islamici. Avevano inoltre assicurato ai cristiani che sarebbero stati in grado di professare liberamente la loro religione. Di conseguenza, molti cristiani, confidando nel fatto che avrebbero goduto della libertà che era stata loro promessa, appoggiarono i leader musulmani. Al contrario, dopo la rivoluzione islamica, chiunque non credeva negli ideali islamisti e rivoluzionari della teocrazia della sharia divenne il nemico. Anche di recente, il presidente iraniano ha dichiarato:

"La nostra rivoluzione è stata vittoriosa quando eravamo tutti insieme (...) Tutte le razze iraniane, tutte le religioni iraniane, musulmani sciiti e sunniti, cristiani, ebrei e zoroastriani – chiunque crede nella Costituzione, questo è il nostro criterio. È un rivoluzionario e va rispettato".

Purtroppo, i cristiani in Iran non vengono affatto rispettati.

In risposta agli ultimi abusi contro i cristiani, Amnesty International ha lanciato un appello per una "azione urgente". L'organizzazione ha chiesto al regime iraniano di "annullare le condanne di Victor Bet-Tamraz, Shamiram Isavi, Amin Afshar-Naderi e Hadi Asgari, in quanto presi di mira unicamente per l'esercizio pacifico dei loro diritti alla libertà di religione e credo, espressione e associazione, attraverso la loro fede cristiana". Tuttavia, in Iran, ci sono molti più casi di persecuzione dei cristiani oltre a questi quattro.

Molti altri cristiani sono stati arrestati per accuse infondate come "fare propaganda contro la Repubblica islamica a favore del Cristianesimo". L'organizzazione "Articolo 18", che promuove la libertà religiosa e sostiene i cristiani perseguitati che vivono sotto la sharia, il 9 agosto 2018, ha scritto su Twitter:

Una coppia #cristiana ha riferito che un tribunale in Boushehr ha appena condannato loro e altri 10 cristiani iraniani a un anno di prigione ciascuno per "propaganda contro la Repubblica islamica in favore del cristianesimo". Questo gruppo di convertiti cristiani è stato arrestato il 7 aprile 2015.

Non ci sono ancora informazioni sulla loro versione.

E l'oppressione non finisce qui. Un'altra coppia che si è convertita al Cristianesimo dall'Islam è stata di recente accusata di "orientamento verso la terra del Cristianesimo", secondo [l'agenzia di informazione cristiana] Mohabat News. Anche se ai cristiani è stato detto che hanno diritto a professare la loro religione, vengono arrestati e torturati proprio perché la praticano.

Il pastore protestante Youcef Nadarkhani è stato condannato a morte nel 2010 per "apostasia", perché si era convertito al Cristianesimo dall'Islam. Dopo una significativa pressione esercitata da parte delle organizzazioni che si battono per la difesa dei diritti giuridici e umani, un ulteriore processo ha portato al proscioglimento dall'accusa di apostasia che ha determinato la condanna a morte. Il nuovo processo si è concluso con un verdetto di colpevolezza relativo all'accusa di "evangelizzare i musulmani", e il pastore è stato per questo condannato a tre anni di prigione, che però aveva già scontato [visto che era in carcere dall'ottobre del 2009, N.d.T.], pertanto, Nadarkhani è stato rilasciato.

Nel 2016, il religioso è stato "accusato di 'agire contro la sicurezza nazionale' oltre che di sionismo ed evangelizzazione". Il 6 luglio 2017, il pastore è stato condannato a 10 anni di reclusione e ad altri due di esilio a Nikshahr (nel sud dell'Iran). Gli è stato consentito di appellarsi ed era stato rilasciato su cauzione quando la polizia, il 22 luglio 2018, ha fatto irruzione nella sua abitazione e lo ha portato nel carcere di Evin. Gli sono stati rubati dieci anni di vita solo perché ha professato la sua fede religiosa.

L'American Center for Law & Justice (ACLJ) di Washington, D.C., ha lanciato una petizione per il rilascio di Nadarkhani. A partire dal 2 ottobre, più di 112mila persone hanno firmato questa petizione. L'ACLJ ha puntualizzato che "le azioni dell'Iran violano la sua stessa Costituzione che garantisce la libertà religiosa e molteplici trattati internazionali sui diritti umani". Tuttavia, rimane in carcere.

Questo può sembrare poco chiaro e contraddittorio per qualcuno; ciò che è importante notare è che nei paesi dove vige la legge islamica della sharia, la costituzione è subordinata alle leggi islamiste del posto.

Quando l'Islam radicale ottiene il potere, ogni articolo della costituzione è condizionato al rispetto della sharia e i diritti promessi nella costituzione diventano quindi nulli. I cristiani iraniani, i quali credevano che appoggiando la rivoluzione islamica avrebbero ottenuto protezioni e pari diritti, ora vivono costantemente nella paura. Solo una maggiore pressione da parte della comunità internazionale può provocare un cambiamento in Iran che potrebbe offrire a queste persone innocenti una certa protezione dagli atti brutali che devono affrontare.

Non basta sperare che un giorno, in Iran, i cristiani saranno in grado di professare la loro fede religiosa senza paura di essere perseguitati o uccisi; la comunità globale deve agire per assicurare che il regime iraniano si attenga alla propria Costituzione e offra pari diritti e protezione della legge ai propri cittadini cristiani.

Majid Rafizadeh si è laureato a Harvard ed è membro del consiglio consultivo della Harvard International Review, una pubblicazione ufficiale della Harvard University.
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Re: Leggi razziali: le peggiori sono quelle nazi maomettane

Messaggioda Berto » dom nov 18, 2018 10:02 pm

FINALMENTE DOMANI ESCE UN LIBRO MOLTO INTERESSANTE (CHE VI RACCOMANDO) CHE RIBALTA DIVERSI LUOGHI COMUNI SULL'ISLAM NEL SUO RAPPORTO CON L'EBRAISMO E SUL CONCETTO DI TOLLERANZA APPLICATO NEGLI ULTIMI 1500 ANNI.

https://www.facebook.com/myriamecoluna/ ... 4014448863

QUI SOTTO LA PRIMA RECENSIONE USCITA, SUL SETTIMANALE TEMPI

«La storia ebraica è purtroppo spesso compresa e presentata come un fatto occidentale, contribuendo così a inquadrare l’ebraismo in una sfera religiosa e culturale unicamente europea o nordamericana. Si tratta di un grave errore, spesso veicolato dagli stessi ebrei. L’ebraismo invece è stato ed è, in misura almeno pari se non maggiore ancora, anche un fenomeno “orientale”, peraltro antecedente di numerosi secoli l’avvento dell’Islām in Arabia e Persia, Egitto e Libia, Maghrib e Mashriq». È questa osservazione il primo punto di partenza che ha spinto Vittorio Robiati Bendaud, allievo prediletto del rabbino Giuseppe Laras, a scrivere La stella e la mezzaluna. Breve storia degli ebrei nei domini dell’Islam, dal 5 settembre in libreria (Edizione Guerini e associati, prefazione di Antonia Arslan).

Tuttavia esiste anche un secondo stimolo per l’autore ed è questo di carattere più intimo e personale. È lo stesso Bendaud a raccontarlo nella premessa al volume: «Qualche anno fa si presentò al Tribunale Rabbinico presieduto dal rabbino Laras z.l. una famiglia straniera, abbastanza numerosa e assai particolare». Fu in quell’occasione che Laras e Bendaud vennero a conoscenza della vicenda di «una giovane, emigrata da un paese islamico, ove la sua famiglia aveva dimorato per secoli. Circa quattro generazioni prima, nella decade iniziale del XX secolo, l’intera comunità ebraica di una cittadina di quel paese musulmano fu convertita a forza all’Islām; chi vi si oppose fu ucciso». La ragazza aveva documenti islamici, ma, nel nascondimento e per più di un secolo, fra parenti e amici lei e i suoi avi avevano continuato ad appellarsi con nomi e cognomi ebraici. «Mi ricordo che Rav Laras chinò il capo e tacque, visibilmente scosso. Ci fu silenzio. Quando rialzò la testa, chiese con dolcezza eppur con serissima intensità alla giovane donna: “Lei è ebrea, signorina, come ben sa. Come tutta la sua famiglia del resto. Che cosa dunque chiedete a questo Tribunale?”. La risposta fu: “Fare ritorno a casa”».

È un tributo a questa e a milioni di altre storie di dolore il bel libro di Bendaud che con il piglio dello storico, suffragato da una scrittura partecipe e mai asettica, ci conduce a scoprire le vicende del popolo d’Israele, le sue continue peregrinazioni, le persecuzioni subite in territorio musulmano. Senza mai dimenticare, come diverse volte capita nel libro, di segnalare anche quei pochi eppure luminosi esempi in cui una convivenza tra ebrei e musulmani fu possibile.

Il primo è costituito dal fatto che molto dell’antigiudaismo islamico è stato mutuato dall’antigiudaismo cristiano. È constatazione sofferta da fare, ma innegabile, come mostra l’autore. Il secondo spunto è fornito dalle molte pagine in cui Bendaud narra in cosa consisteva la dhimma, il “patto di protezione” contratto tra i non musulmani e l’autorità di governo musulmana. Il lettore più avvertito non potrà non sentire i potenti richiami che la storia indica all’oggi, pensando solo alla situazione di certi cristiani ancora oggi perseguitati in terre islamiche o alla necessità dello Stato israeliano. Il terzo e ultimo spunto che segnaliamo è il robusto rapporto che a inizio Novecento si instaurò fra la Germania (poi nazista) e certe potenze musulmane. «D’altronde il Kaiser Guglielmo, nel suo celebre viaggio nel 1898, dopo i terribili Massacri Hamidiani (1894-1896) perpetrati contro gli armeni e denunciati in Germania per lo più dalla stampa ebraica dell’epoca, si era recato a Damasco a omaggiare la tomba di Saladino, dichiarandosi lui – il re cristiano luterano – “difensore dell’Islām e di tutti i musulmani”»
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Leggi razziali: le peggiori sono quelle nazi maomettane

Messaggioda Berto » ven nov 23, 2018 10:47 pm

Indonesia: cresce l’antisemitismo, ma la sinagoga di Tondano è ancora un’oasi di pace
Ilaria Ester Ramazzotti
1 maggio 2017

http://www.mosaico-cem.it/attualita-e-n ... P2xjrPXVzQ

È l’unica sinagoga in una nazione che conta oltre 255 milioni di persone. Di modeste dimensioni e col suo tipico tetto rosso, il tempio Shaar Hasyamayim a Tondano, sull’isola di Sulawesi in Indonesia, è il punto di riferimento della piccola comunità ebraica locale. Una comunità che ha trovato l’accettazione e la tranquillità nonostante la crescente intolleranza che caratterizza la restante parte del Paese, il quarto più popoloso al mondo e dalla numerosa popolazione musulmana. Ne parla il Times of Israel del 27 aprile scorso.

Qui “possiamo indossare la kippa al centro commerciale o ovunque vogliamo, non è un problema”, ha dichiarato Yobby Hattie Ensel, residente a Manado vicino a Tondano. Ma in tutto l’arcipelago indonesiano, negli ultimi anni, l’intolleranza religiosa è aumentata parallelamente alle ali più conservatrici dell’Islam. E le tensioni in Medio Oriente, in particolare tra Israele e palestinesi, acuiscono le divisioni fra le fedi.

Yakov Baruch, ebreo ortodosso che gestisce la sinagoga di Tondano, è stato di recente minacciato di morte in un centro commerciale di Jakarta mentre camminava insieme alla moglie incinta. “Non vogliamo che tu porti la tua kippa in questo Paese. Se continui a usarla, ti uccideremo”, gli ha detto un gruppo di uomini dopo averlo apostrofato come “pazzo ebreo”. Nel 2013 l’altra sinagoga indonesiana, sorta nella città di Surabaya, è stata demolita. Da anni era diventata il luogo delle proteste anti-israeliane.

La Comunità Ebraica Unita Indonesiana (UIJC) stima che nel Paese ci siano circa 200 ebrei, ritenuti i discendenti di commercianti giunti dall’Europa e dall’Iraq, mentre per Rotem Kowner, professore dell’Università di Haifa in Israele, la popolazione ebraica in Indonesia contava circa 3 mila persone negli anni precedenti la Seconda guerra mondiale.

Oggi gli ebrei indonesiani, a parte quelli praticanti la sinagoga-oasi di Tondano, si sentono costretti a pregate in segreto. Il mese scorso, il rabbino Benjamin Verbrugge, a capo della UIJC, ha celebrato la festa di Purim nascosto in una piccola stanza d’albergo con una manciata di fedeli. Intanto, alcune chiese cristiane e moschee di minoranze musulmane, come gli sciiti e gli Ahmadis considerati eretici da parte di alcuni sunniti, sono state chiuse dopo aver subito pesanti attacchi.
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Re: Leggi razziali: le peggiori sono quelle nazi maomettane

Messaggioda Berto » dom dic 09, 2018 1:03 pm

La Cancellazione islamica della storia ebraica e la complicità dell’ONU
9 dicembre 2018

http://www.linformale.eu/la-cancellazio ... meyQqjCuN4

La storia la si riscrive a piacimento quando si ha l’agio per farlo, cioè i mezzi, la volontà politica. La volontà islamica di cancellare dalla Palestina la storia ebraica è pervasiva e radicata nell’assunto teologico che l’Islam antecede a tutto e che dunque, ciò che storicamente lo precede è solo un anacronismo. Se pure Adamo ed Eva erano musulmani lo erano anche inconsciamente tutti, lo siamo tutti. L’Islam è la protostoria dell’umanità e lo sono anche le sue testimonianze architettoniche, dunque, la Moschea di Al Aqsa fatta costruire nel 715 sotto il califfato degli Omayyadi, per alcuni predicatori infervorati precederebbe addirittura il Tempio di Salomone, mai ubicato in realtà sul Monte del Tempio.

Per il lord of terror, Yasser Araft, forse sì, c’era una volta un tempio degli ebrei, ma da qualche parte nei pressi di Nablus, non certo sulla Spianata delle Moschee. Lo diceva lui che vantava per i “palestinesi”, ovvero gli arabi che invasero il Medioriente dalla penisola arabica nel VII, fantasiose discendenze cananee o gebusee. Eppure la lingua batta dove il dente duole, e la Palestina prima del 135 AD, era conosciuta come Giudea e in ebraico, “ebreo” si dica “Yehud”, così come Giudea è il nome, insieme a Samaria, della cosiddetta Cisgiordania, così chiamata dagli inglesi, o West Bank, così chiamata dai giordani dopo che la occuparono nel 1948 e se la annessero illegalmente nel 1951. Nomi abusivi dati da invasori che non cancellano la storia sottostante, ben più antica, incardinata nella Bibbia.

Nel 1695, l’orientalista danese Hadrian Reland, nel suo viaggio in Palestina scoprì che nessuno degli insediamenti conosciuti aveva un nome arabo. La maggioranza dei nomi degli insediamenti erano infatti ebraici, greci o latini. Il territorio era praticamente disabitato e le poche città, (Gerusalemme, Safad, Jaffa, Tieberiade e Gaza) erano abitate in maggioranza da ebrei e cristiani. Esisteva una minoranza musulmana, prevalentemente di origine beduina, che abitava nell’interno.

Eppure, il 16 aprile del 2016 l’UNESCO approva in prima battuta una risoluzione sottoposta da un gruppo di stati arabi-musulmani, il Sudan, l’Algeria, il Qatar, l’Egitto, l’Oman e il Marocco, la quale recepisce in toto la volontà palestinese di appropriarsi nominalmente e simbolicamente del Kotel hamaravi )il Muro Occidentale o Muro del Pianto) e il soprastante monte del Tempio, da sempre il sito più sacro per l’ebraismo. È un ulteriore tappa dell’offensiva politico-diplomatica contro Israele cominciata con ritmo serrato dopo la sconfitta araba del ’67, e da allora mai cessata.

La risoluzione viene approvata definitivamente il 13 ottobre 2016. Il giorno successivo, Mahmoud Al-Habbash supremo giudice della sharia nonché consigliere per le questioni religiose di Abu Mazen dichiarerà:

“La risoluzione dell’UNESCO conferma ciò che pensiamo e in cui crediamo, che Gerusalemme e in particolare la Moschea di Al-Aqsa e il Muro di Al-Buraq (il Kotel) e la piazza di Al-Buraq, sono luoghi puramente islamici e palestinesi e nessun altro può avere il diritto di esservi associato. Nessuno ha il diritto. Noi siamo i padroni e noi ne abbiamo il diritto. Solo i musulmani hanno il diritto ad Al-Aqsa, al Al-Buraq e alla piazza di Al-Buraq che sono puramente proprietà waqf islamica…Questo è il nostro messaggio e quello di tutta la comunità internazionale a Israele. Il nostro messaggio è che non rinunceremo al nostro diritto fin tanto che vivremo. E anche se moriremo, le generazioni future ci seguiranno, dai nostri figli ai nostri pronipoti i quali aderiranno a questo diritto”.

Ciò che non è stato possibile prendere con le armi, si prende indirettamente, attraverso la sua appropriazione simbolica. La conquista è nominale, manca di concretezza effettiva, ma ha comunque un peso rilevante poiché recide le profonde e millenarie radici ebraiche con Gerusalemme e il Muro Occidentale per sostituirle con un nuovo innesto rigorosamente musulmano. D’altronde, è caratteristico dei conquistatori modificare, rinominandola, la toponomastica dei luoghi catturati e sottomessi al loro imperio. La storia abbonda di esempi. E per restare a Gerusalemme non è forse l’imperatore Adriano che nel 135 AD rinomina la capitale ebraica Aelia Capitolina, trasformando la regione che per secoli era stata chiamata Giudea, in Palestina?

La decisione dell’UNESCO è solo un ulteriore tassello di quel mosaico di appropriazione-espropriazione (estirpazione) araba-musulmana dell’ebraismo che ha come mira la sua sostituzione-sottomissione all’imperio islamico, e se è pur vero che alcune personalità musulmane gerosolimitane hanno riconosciuto per secoli l’esistenza del Monte del Tempio a sua volta suffragata contro ogni ragionevole dubbio da scoperte archeologiche, oggi non è più così. E non è più così unicamente per una ben precisa agenda politico-ideologica che l’UNESCO, quale emanazione dell’arabizzato ONU, ha prontamente ed ossequiosamente recepito.

Ed è solo di venerdì scorso l’approvazione da parte dell’ONU delle ennesime risoluzioni anti-israeliane approvate dall’Assemblea Generale, secondo cui i legami fra ebraismo e Gerusalemme sono completamente recisi secondo il dettato islamico. La risoluzione principale su Gerusalemme, passata con 148 voti a favore, 11 contrari e 14 astenuti, disconosce qualsiasi sovranità israeliana su Gerusalemme. Un’altra risoluzione approvata con 156 voti favorevoli, 8 contrari e 12 astenuti, fa riferimento al Monte del Tempio con la sua denominazione araba, al-Haram-al Sharif come era già accaduto il il 14 aprile del 2015 nella risoluzione presentata all’UNESCO nella quale il Monte del Tempio veniva rinominato in lingua araba nello stesso identico modo (il nobile santuario). Si marcia insieme, si colpisce insieme.

Occorre ricordare che all’ONU, su 193 stati membri, 22 sono arabi, che assommati ad altri stati islamici porta il totale degli stati musulmani a 57 a cui vanno aggiunti tutti quegli stati che per motivazioni ideologiche o economiche appoggiano i paesi arabi, portando il totale a 122 stati pregiudizialmente avversi a Israele. Una armata decisa e compatta.

In questo scenario non poteva mancare la sudditanza europea. l’Unione Europea, che già nel 2017 votò compattamente a fianco dei paesi musulmani contro la decisione americana di dichiarare Gerusalemme capitale di Israele, ha approvato entrambi i testi, riservandosi una specificazione che suona come una beffa, ovvero che “In futuro, la scelta delle parole usate potrebbe influire sul sostegno collettivo dell’Unione Europea a queste risoluzioni”. Nel frattempo, però, si dà il proprio sostegno.


Gerusalemme capitale storica sacra e santa di Israele, terra degli ebrei da almeno 3 mila anni.
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Canan, Pałestina, Judea, Ixrael
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Re: Leggi razziali: le peggiori sono quelle nazi maomettane

Messaggioda Berto » gio dic 13, 2018 8:49 pm

Trump firma una legge in difesa dei cristiani perseguitati
Giuseppe Aloisi - Gio, 13/12/2018

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/tru ... 16070.html

Donald Trump ha firmato una legge che obbliga gli Stati Uniti a difendere i cristiani perseguitati e a combattere le violenze dei fondamentalisti

Il governo degli Stati Uniti, per stretto volere di Donald Trump, ha voluto sottoscrivere un obbligo legislativo: tutelare i cristiani perseguitati dai fondamentalisti islamici.

Gli scenari coperti sono, almeno fino a questo momento, quelli della Siria e dell'Iraq. La legge firmata dal tycoon estende l'impegno a una concreta lotta da portare avanti contro chi usa prendere di mira tanto la minoranza cristiana quanto quella degli yazidi.

L'atto, nello specifico, è intitolato "Iraq and Syria Genocide Relief and Accountability Act (HR390)" e definisce "genocidio" quello subito dalle popolazioni citate. Donald Trump, insomma, continua a promulgare leggi in linea con i desiderata dei conservatori, che non disdegnano mai di plaudire al presidente. Va detto, tuttavia, che il provvedimento in questione è stato approvato attraverso un consenso unanime dei due rami parlamentari.

Prima The Donald ha promosso tutta una serie di leggi pro life. Adesso l'attenzione sembra essere stata spostata sulle violenze che chi confessa la fede cristiana è costretto a subire. Commenti positivi sono arrivati pure dal mondo ecclesiastico. La principale novità adottata, come spiegato da Vatican Insider, riguarda le fonti da cui potrà provenire ausilio concreto: "Non ci affideremo più solo alle Nazioni Unite per aiutare i cristiani perseguitati e le minoranze - aveva detto il vicepresidente Mike Pence, annunciando che gli Stati Uniti avrebbero preso misure autonome in materia di aiuti - ". Da un punto di vista giuridico, vale la pena sottolineare l'equiparazione tra i "crimini" e il "genocidio" cui andranno incontro i responsabili dei comportamenti contestati.

Alla cerimonia organizzata per la firma hanno partecipato pure Carl Anderson, che è il vertice dei Cavalieri di Colombo, e l'ambasciatrice degli Stati Uniti in Vaticano. Ma qual è la posizione della Santa Sede? I palazzi vaticani appoggeranno la mossa del tycoon? La Sir ha messo in evidenza come il cardinal Sako, che è divenuto porporato attraverso l'ultimo Concistoro, abbia domandato di non dimenticare le atrocità messe in atto contro i musulmani e le persone appartenenti ad altre confessioni.



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Re: Leggi razziali: le peggiori sono quelle nazi maomettane

Messaggioda Berto » mar gen 01, 2019 9:25 pm

Antisemitismo 2018, i dieci peggiori atti secondo il Centro Simon Wiesenthal
1 gennaio 2019

https://www.progettodreyfus.com/antisemitismo-2018

Il Centro Simon Wiesenthal ha stilato la lista dei dieci peggiori atti di antisemitismo del 2018. L’organizzazione per i diritti umani negli Stati Uniti ha inserito attentati, personaggi politici, società e tutti coloro che hanno mostrato avversione fisica e non verso gli ebrei:

L’attentato compiuto da Robert Bowers contro la sinagoga di “ L’albero della Vita” di Pittsburgh, in cui sono stati uccise 11 persone e ne sono state ferite 6. Attentato che è stato organizzato da un convertito all’Islam e appartenente all’Isis, Damon Joseph;
Louis Farrakhan, “l’estremista afro-americano islamista” per il suo discorso tenuto nello scorso ottobre a Detroit:
“Non sono arrabbiato con te perché sei uno stupido … quindi quando parlano di Farrakhan e mi chiamano un odiatore, tu fai quello che fanno tutti: mi chiami antisemita … Alt, io sono un anti-termiti”;

I campus negli Usa a causa degli “allarmanti attacchi antisemitici” avvenuti all’interno dopo i tragici fatti di Pittsburgh. Svastiche, manifesti e graffiti contro gli ebrei sono stati affitti presso la Duke University, il Teachers College della Columbia University, la Penn State, la Cornell University, i campus della University of California a Berkeley e Davis, e gli atenei Vassar e Marist;
Jeremy Corbyn, leader del partito laburista britannico a causa della sua avversione contro gli ebrei che ne mette a repentaglio la vita nel Regno Unito;
L’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e il lavoro (UNRWA) a causa del suo sostegno ad Hamas, che ne controlla il sindacato degli insegnanti seminando odio e intolleranza, atti a promuovere attentati contro lo Stato d’Israele;
La società statunitense Airbnb che nell’ottobre scorso ha escluso la possibilità di affittare 200 alloggi nelle comunità israeliane nella West Bank;
La Banca tedesca per l’economia sociale per il suo sostegno a la “Jewish Voice for Peace”, sostenitrice della delegittimazione e del boicottaggio di Israele, che nel 2017 ha ospitato il terrorista palestinese Rasmea Odeh, responsabile della morte di due studenti dell’Università ebraica nell’attentato a un supermercato di Gerusalemme del 1969;
Il vescovo Gayle Harris a causa delle sue affermazioni sulle politiche di difesa e sicurezza di Israele, che poi si sono rivelate false (aveva sostenuto di aver visto un soldato israeliano mentre arrestava un bambino arabo di tre anni sul Monte del Tempio di Gerusalemme e mentre uccideva un palestinese di 15 anni colpendolo alla schiena);
Lo svedese Karolinska Institute a causa della sua discriminazione sistematica nei confronti di tre medici ebrei. L’istituto, in cui ogni anno viene annunciato il premio Nobel per la medicina, ha impedito ai tre di aiutare i loro pazienti e ha ostacolato la loro ricerca.
Roger Waters, ex co-fondatore della band britannica Pink Floyd, per il suo sostegno incondizionato al BDS.
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Re: Leggi razziali: le peggiori sono quelle nazi maomettane

Messaggioda Berto » gio mag 02, 2019 3:56 am

Dovranno essere i millennial a guidare la grande guerra contro l’antisemitismo nel mondo
30 aprile 2019
Shmuel Rosenman
(Israel Hayom)

http://www.italiaisraeletoday.it/dovran ... -nel-mondo

Con ogni anno che passa, l’Olocausto sta diventando meno familiare e meno rilevante per i giovani di tutto il mondo. Per alcuni, è una collezione confusa di dettagli terribili, uno dei tanti periodi orribili della storia umana. Per molti altri, è – purtroppo – completamente privo di significato.

Nelle ultime settimane, la Conferenza di Claims ha pubblicato dati che indicano che un terzo degli americani crede che solo 2 milioni di ebrei siano stati uccisi durante l’Olocausto, una ben lontana dall’effettiva cifra di 6 milioni di persone massacrate dai nazisti e dai loro collaboratori. Inoltre, oltre il 45% degli intervistati non è stato in grado di nominare nemmeno uno dei 40 ghetti e campi di concentramento dell’Europa orientale istituiti dai nazisti durante la seconda guerra mondiale. Tra i millennial, quel numero aumenta drammaticamente, con un incredibile 66% di giovani americani americani che non hanno alcuna conoscenza di Auschwitz.

Ciò significa che per ogni appassionato studioso di storia che sta portando la fiaccola della memoria dell’Olocausto, ce ne sono due per i quali l’Olocausto non significa nulla.

Mentre ci avviciniamo all’81° anniversario dell’inizio dell’Olocausto, la verità spaventosa è che rimangono solo una manciata di sopravvissuti che sono in grado di condividere la loro testimonianza di prima mano con la generazione successiva. Il che solleva la domanda: cosa faremo in pochi anni quando non ci saranno più sopravvissuti? Come possiamo persino iniziare a spiegare gli orrori dell’Olocausto a coloro che non sono disposti a visitare Auschwitz o addirittura a riconoscerne l’esistenza?

Per oltre otto decenni, abbiamo affermato che la risposta sta nella creazione di una nuova generazione di “ambasciatori” dedicati alla salvaguardia della storia dell’odio al fine di promuovere la tolleranza, l’accettazione e l’inclusione.

Abbiamo spiegato che educando i nostri giovani e infondendoli con il senso di responsabilità di rendere testimonianza a nome dei sopravvissuti, potremmo garantire che la storia non si ripeta, che la verità conquisti l’ignoranza e la paura nel cuore del razzismo e intolleranza.

Ma l’aumento degli atti violenti e pubblici di antisemitismo in tutto il mondo nell’ultimo anno, unitamente ai preoccupanti dati raccolti da membri del Congresso dei Sinistri, chiariscono che dobbiamo fare di più. Non è abbastanza per educare i nostri giovani sul potere distruttivo dell’odio. Piuttosto, dobbiamo autorizzarli a istruirsi a vicenda, a scavare in profondità e aiutare i loro compagni millenari a comprendere e connettersi con le atrocità dell’Olocausto al suo interno.

È per questo motivo che la Marcia internazionale dei sopravvissuti di quest’anno ospiterà la prima Conferenza sulla leadership emergente a Cracovia. In vista della marcia, centinaia di giovani provenienti da tutto il mondo che sono stati colpiti dall’antisemitismo lavoreranno insieme per determinare una nuova strada da percorrere.

Durante la conferenza, 20 rappresentanti giovanili – ebrei e non ebrei – firmeranno una dichiarazione ufficiale per lanciare la campagna, una chiamata di protesta e sfida ai millennial in tutto il mondo per commemorare l’Olocausto e contribuire a porre fine all’antisemitismo.

Questa conferenza rappresenta il primo passo per trasformare i nostri giovani dai passeggeri in un viaggio educativo a quelli in grado di guidare la storia in una nuova direzione. Ma la conferenza è solo l’inizio.

A marzo, quando i media internazionali hanno condiviso le foto del carnevale antisemita che galleggiava dalla città di Aalst, vicino a Bruxelles, con caricature di ebrei con il naso storto che portavano borse piene di soldi, non si poteva fare a meno di ricordare le vignette della propaganda nazista da gli anni ’30. Mentre le tattiche non sono cambiate in 80 anni, il sistema di consegna è avanzato in modo drammatico. Grazie ai social media, è molto più facile trasmettere opinioni odiose come fatti e diffondere velenosi sentimenti antisemiti.

Con pochi clic o passaggi, la tirata ignorante e piena di odio di una persona può viaggiare in tutto il mondo per infettare innumerevoli vittime ignare. In pochi secondi, la retorica antisemita può raggiungere più occhi e orecchie di quanto la macchina della propaganda nazista abbia mai immaginato possibile.

È per questo motivo che utilizzeremo la conferenza come piattaforma di lancio per sfruttare questi stessi strumenti per l’educazione e l’empowerment, combattendo l’anti-semitismo palese diffondendo la verità e sfidando chiunque osi sfidarla.

I leader dei giovani che parteciperanno alla conferenza promuoveranno pesantemente i risultati del loro incontro internazionale con i colleghi di tutto il mondo tramite piattaforme di social media sotto l’hashtag #SayNoToAntisemitism, rendendo chiaro che l’Olocausto non è stato solo un momento nel tempo o uno dei tanti orribili periodi della storia umana ma il risultato diretto dell’antisemitismo che è andato fuori controllo.

Secondo gli ultimi dati il 58% degli intervistati ritiene che un evento simile all’Olocausto possa aver luogo di nuovo. E a giudicare dalle apparentemente infinite manifestazioni pubbliche di antisemitismo impenitente in tutto il mondo, compreso il battito di un’effige di Giuda fatta apparire come una caricatura di un ebreo ortodosso dai bambini della scuola nella città polacca di Pruchnik proprio lo scorso fine settimana, sembra una possibilità non molto lontana. Ecco perché è così cruciale che consentiamo ai nostri millennial recentemente autorizzati di guidare questo capitolo successivo nella guerra contro l’antisemitismo.

Proprio come i coraggiosi giovani leader della Rivolta del Ghetto di Varsavia, i nostri giovani rappresentano le nostre migliori possibilità di combattere un nemico molto più grande. Sono intelligenti, esperti e competenti, con una profonda conoscenza della storia e una profonda comprensione di come influenzare i loro coetanei. Loro navigano nel mondo moderno con facilità e sfruttano tutti gli strumenti a loro disposizione per screditare le menzogne e mettere le cose in chiaro.

Ma, cosa più importante, sono guidati dal desiderio di guarire il mondo, un senso di responsabilità verso l’umanità nel suo insieme e la consapevolezza che sono la nostra ultima linea di difesa contro la paura, l’odio e il pregiudizio. Sfruttando i poteri di coraggio, altruismo, tolleranza e verità, sono particolarmente adatti a guidare e “testimoniano” in modi nuovi e creativi che porteranno l’onore a una pace per un’intera generazione di sopravvissuti all’Olocausto.
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