Fascisti, nazisti, comunisti, maomettisti e zingari

Re: Fascisti, nazisti, comunisti, maomettisti e zingari

Messaggioda Berto » mer set 02, 2020 7:18 am

Razzismo dei neri contro i bianchi
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 7477876384


Africa razzista, il continente nero è tra i più razzisti della terra
Razzismo africano:
interetnico e tribale, dei neri contro i bianchi, dei maomettani contro i cristiani, gli ebrei e gli animisti
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 196&t=2750


Io non mi inginocchio di fronte al male e alla manipolazione del bene
viewtopic.php?f=196&t=2918
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 2853240946


Il senso di colpa
viewtopic.php?f=196&t=2914

Il senso di colpa lo provo solo quando sento di aver fatto del male, quando sento di aver violato le buone leggi universali della vita causando del male che mi si ritorce contro o che potrebbe ritorcermisi contro.
Se non ho coscienza di aver fatto del male non provo alcun senso di colpa.
E non vi è alcuna colpa nell'essere bianchi, occidentali, cristiani, atei, aidoli, laici, sani, forti, belli e ricchi, non vi è alcun male nello stare bene e lo stare bene non si fonda sul male degli altri, come la ricchezza non si fonda sulla povertà altrui e la forza non si fonda sulla debolezza altrui.
Il proprio star bene, la propria forza e la propria ricchezza benefica anche gli altri d'intorno.


Se l'Africa è nera l'Europa è bianca.
viewtopic.php?f=92&t=2922
L'Africa agli africani, certo e l'Europa agli europei.


Io sono un uomo bianco, orgogliosamente bianco e vivo nella terra della mia gente bianca che è l'Europa.
Se l'Africa è nera l'Europa è bianca.
Se gli africani neri hanno diritto all'Africa nera ciò vale anche per gli europei bianchi che hanno diritto all'Europa bianca.
Non solo bianca ma religiosa e non religiosa, atea, aidola, agnostica, giudaico cristiana, illuminata e laica.
L'Europa non è nera e nemmeno maomettana.
Lo spirito divino e umano non è soggetto alle manipolazioni delle ideologie e delle utopie politiche e religiose.

https://www.facebook.com/photo.php?fbid ... =3&theater

Non vi è nulla di male ad essere bianchi, europei, occidentali, cristiani, ebrei e non religiosi.
Anzi è un di più per l'umanità che vi siano anche i bianchi, perché la ricchezza della diversità è un bene della vita, della terra, della creazione e dell'universo.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Fascisti, nazisti, comunisti, maomettisti e zingari

Messaggioda Berto » dom set 13, 2020 6:27 am

Salvini aggredito in Toscana a Pontassieve: ragazza 20enne del Congo gli strappa camicia e rosario. Il leader della Lega: «Si vergogni, mi ha detto ti maledico»
9 settembre 2020

https://www.ilmessaggero.it/politica/sa ... 52270.html

Matteo Salvini è stato aggredito a Pontassieve, in Toscana, durante la campagna elettorale per le elezioni regionali 2020. Il leader della Lega è stato strattonato da una giovane che gli ha strappato la camicia e anche la catenina che aveva al collo. «Tutto bene tranquilli, nessun problema fisico. La camicia strappata la posso ricomprare, il Rosario strappato con violenza dal collo che mi aveva donato un Parroco purtroppo no», chiarisce poi Salvini. «Sto bene, ho incontrato una persona che avendo idee che valgono poco ha usato le mani, addirittura mi ha detto “ti maledico”.
Immediato l'intervento delle forze dell'ordine che hanno identificato la giovane in una ventenne originaria del Congo. Accertamenti sono in corso sulla ragazza da parte della questura che parla di una persona «in evidente stato di alterazione psico-fisica». La giovane, da quanto spiegato, era tra il pubblico che si era radunato per l'arrivo del leader della Lega. «Ognuno può avere idee politiche, calcistiche, religiose diverse, ma la violenza no: la camicia me la ricompro, ma strappare dal collo un rosario che mi ha regalato un parroco è una cosa che non sta né in cielo né in terra, e quella persona si dovrebbe vergognare». Lo ha detto Salvini stesso. «La cosa bella che mi porto via da Pontassieve - ha aggiunto - non è quella poveretta là, ma è una signora che mi ha detto “Matteo, io non la penso come te, ma ti chiedo scusa a nome di quella deficiente, se vuoi ti offro un caffè».

Solidarietà. «Il Paese ha bisogno di una campagna elettorale serena, basata su un confronto leale e rispettoso di tutte le posizioni politiche, lontana dalle estremizzazioni dei toni e dei comportamenti. Per questo, ogni forma di violenza e di intolleranza, anche solo verbale, deve essere condannata ed isolata per garantire a tutti i protagonisti delle competizioni elettorali la piena libertà di manifestare il proprio pensiero». È quanto ha dichiarato il ministro dell'Interno, Luciana Lamorgese, esprimendo la sua solidarietà a Salvini.
«Esprimo la mia vicinanza democratica al senatore Salvini per l'episodio di aggressione che ha dovuto subire a Pontassieve. L'esercizio della libertà nel nostro Paese è stato conquistato con la lotta di Liberazione e la Resistenza a cui hanno partecipato migliaia di quelli che Salvini definisce 'rossì, addirittura qualificandoli come fascisti. Non condivido pressoché nessuna delle idee di Salvini ma sono davvero pronto a battermi perché possa esprimerle». Lo dichiara in una nota Enrico Rossi, presidente della Regione Toscana.

«La vittoria della Lega in Toscana? Sarà un voto dei toscani per i toscani, che vogliono il cambiamento», ha aggiunto Salvini. Mattarella bis? «Le elezioni sono tra un anno e mezzo, il problema è il lavoro. Quello che accadrà lo vedremo, se fossi in Conte sarei nella sede dell'Inps a preoccuparmi della sorte di tanti italiani».


Prima aggredisce, poi silenzio. "Non voglio parlare di Salvini"
Francesca Galici - Gio, 10/09/2020

https://www.ilgiornale.it/news/politica ... 1599745303

La donna che ieri ha aggredito Matteo Salvini è stata raggiunta telefonicamente ma non ha voluto rilasciare nessun commento significante in merito a quanto accaduto

"Io ti maledico", è al grido di queste parole che ieri Matteo Salvini è stato aggredito da una donna durante gli incontri elettorali che il leader della Lega sta svolgendo in Toscana.

Salvini si trovava a Pontassieve, cittadina alle porte di Firenze che già nei giorni scorsi era salita alla ribalta per le azioni di alcuni contestatori contro il capo politico del maggiore partito di opposizione. In origine sono state le minacce contro il ristoratore che si era reso disponibile di ospitare (dietro pagamento del corrispettivo) il pranzo di Matteo Salvini a Pontassieve. Per non perdere il lavoro, l'uomo era stato costretto a disdire l'appuntamento. Poi c'è stato il messaggio Facebook, condiviso dal sindaco della cittadina, in cui il leader della Lega veniva definito "ospite non gradito" senza troppi giri di parole. Infine, al culmine di questa escalation, ecco l'aggressione fisica al leader della Lega.

Autrice del gesto violento contro Matteo Salvini è una donna di 30 anni, di origine congolese e regolare nel nostro Paese, che lavora in forze al servizio civile locale nel Comune di Pontassieve. viene dipinta come una giovane donna ben integrata nel tessuto sociale cittadino, che gli inquirenti nei primi momenti successivi all'aggressione hanno riconosciuto "in evidente stato di alterazione psico-fisica". Sono passate 24 ore da quel gesto che sta facendo discutere il Paese ma anche riflettere, perché sintomatico del clima d'odio che soffoca il Paese. L'agenzia Adnkronos ha cercato la donna per avere un suo commento ma lei si è chiusa nel silenzio, rilasciando solo poche dichiarazioni. "Non dico niente dell'aggressione, sto facendo altro e non voglio parlare. Non sono obbligata e non me la sento di dire niente", ha esordito lei al telefono, ripondendo alla giornalista che l'ha contattata. Alla sua interlocutrice che le chiede se si è pentita del gesto, lei risponde con un laconico "mi dispiace..." prima di mettere giù.

Fortunatamente non ci sono state conseguenze per Matteo Salvini, la cui camicia è stata ridotta in brandelli e i cui rosari sono stati strappati dal collo. Proprio quest'ultimo gesto ha colpito nel profondo il leader della Lega, che ha dichiarato di aver avuto come l'impressione che la donna, nel suo atto aggressivo, mirasse proprio a quelli. Si tratta di un episodio isolato, stigmatizzato da tutte le parti politiche, che hanno mostrato solidarietà a Matteo Salvini. Tutti, eccetto Giuseppe Conte, che si è chiuso nel suo silenzio e non ha ancora rilasciato nessuna dichiarazione sui gravissimi fatti di Pontassieve.




Gabriele Muccino: "Nessuna solidarietà a Salvini, incita odio contro i più deboli". La replica: "Come uomo puoi migliorare"
Andrea Cionci
10 settembre 2020

https://www.liberoquotidiano.it/news/pe ... orare.html

Altro botta e risposta per Matteo Salvini. Dopo quello con Sabrina Ferilli è il turno di Gabriele Muccino. Il regista, sotto al cinguettio di solidarietà di Nicola Zingaretti dopo l'aggressione ai danni del leader della Lega a Pontassieve, si è prodotto in una discreta porcheria. "Solidarietà?!!!! A chi incita odio e violenza verso i più deboli?! No, grazie. Nessuna solidarietà. Non esageriamo adesso. Non siamo tutti buoni e uguali. Ci sono delle differenze di comportamento che hanno delle conseguenze. Anche comprensibili". Il buonista si contraddice da solo. Non è infatti la sinistra che predica l'uguaglianza? A quanto pare, almeno per Muccino, non è così.
Non devo parlare con voi. Pentita per l'aggressione a Salvini? La sconcertante risposta della signora raggiunta al telefono
"Non devo parlare con voi". Pentita per l'aggressione a Salvini? La sconcertante risposta della signora raggiunta al telefono

A rispondergli ci pensa il diretto interessato, il leader della Lega: "Secondo il signor Muccino è 'comprensibile' che qualcuno metta le mani addosso a Salvini, e io non merito 'nessuna solidarietà' per l’aggressione subita ieri in Toscana a Pontassieve - risponde al vetriolo -. Sarà anche un bravo regista, non lo discuto, ma come Uomo può migliorare". Nulla da aggiungere.




La "profezia" di Mentana sull'aggressione a Salvini: "Perché questo episodio peserà"
Giorgia Baroncini - Gio, 10/09/2020

https://www.ilgiornale.it/news/politica ... 1599734033


Secondo il direttore Enrico Mentana, l'aggressione a Pontassieve "rischia di essere, a parti invertite, un episodio chiave come la scena del citofono a Bologna"

Urla, strattoni, una camicia strappata e la collanina con il rosario rotta. L'aggressione al leader della Lega a Pontassieve è durata pochi istanti, ma ha spaventato tutti i presenti. "Sto bene", ha rassicurato poi Matteo Salvini spiegando che la donna si era avvicinata a lui urlando "'ti maledico', ha usato le mani e le minacce".

"Non provo rabbia per la signora, provo tristezza", ha poi concluso aggiungendo che "a questa rabbia rispondo col sorriso e col lavoro, evviva l'Italia delle donne e degli uomini che credono nella libertà, nella serenità e nel lavoro. Avanti, senza paura e a testa alta".

A scagliarsi contro il leader della Lega è stata una giovane 30enne originaria del Congo, immigrata regolare in Italia. La donna, scavalcando la folla che si era radunata per accogliere Salvini, si è avvicinata al leghista urlando più volte "Io ti maledico". Poi gli ha strappato camicia e rosario (Guarda il video). Subito bloccata dalle forze dell'ordine, la 30enne è stata denunciata.

"Nessun graffio, nessun pugno, non mi piango addosso – ha spiegato Salvini -. Non uso questo fatto per la campagna elettorale, quello della Toscana è un voto per i territori. La Toscana non è violenza, è bellezza e rispetto". Il leader della Lega si trovava a Pontassieve per partecipare a un’iniziativa politica in vista delle elezioni regionali in Toscana. Poi l'aggressione. Se Salvini ha dichiarato di non "usare il fatto per la campagna elettorale", quanto accaduto nel comune toscano potrebbe comunque influire sui risultati delle urne. A pensarlo è Enrico Mentana. Sul suo profilo Instagram, il direttore del TgLa7 ha commentato l'aggressione subita da Matteo Salvini spiegando che "rischia di essere, a parti invertite, un episodio chiave come la scena del citofono a Bologna".

Il riferimento è all'episodio accaduto a inizio anno al Pilastro di Bologna. Pochi giorni prima delle elezioni in Emilia Romagna, Salvini aveva trascorso una giornata nel quartiere che spesso finisce al centro delle cronache per episodi di spaccio. Accompagnato da alcuni residenti, il segretario della Lega aveva citofonato ad una famiglia tunisina che avrebbe avuto legami con lo spaccio di droga. "Scusi, lei spaccia?", aveva chiesto scatenando numerose polemiche. Secondo molti analisti, questo episodio ha avuto un ruolo nella sconfitta della candidata di centrodestra, Lucia Borgonzoni. Ora invece le cose potrebbero andare nel verso opposto. L'aggressione a Pontassieve, per il direttore Mentana, potrebbe avere un peso importante nelle elezioni in Toscana. Questa volta però a favore del centrodestra e della sua candidata Susanna Ceccardi. Come riporta Libero, Mentana ha precisato agli utenti di parlare di stesso effetto soltanto in termini politici, senza voler mettere sullo stesso livello i due episodi.
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Re: Fascisti, nazisti, comunisti, maomettisti e zingari

Messaggioda Berto » sab ott 31, 2020 3:58 am

(La presunta superiorità morale della sinistra)

LA SUPERIORITÀ MORALE DELLA SINISTRA
Marcello Veneziani

C' è un punto cruciale su cui la sinistra ha costruito la sua pretesa superiorità morale, etica e sociale rispetto alla destra. Parlo di ogni sinistra, comunista o liberal, socialdemocratica, cristiana o radical, compreso quel residuo di sinistra in via di liquidazione che boccheggia nel presente. E parlo di ogni destra, liberale o conservatrice, reazionaria o popolare, tradizionale e perfino fascista. Quel punto basilare è il prendersi cura dell'umanità, il famoso I care , la fratellanza o la generosità verso i più deboli, i poveri e gli oppressi. In una parola la solidarietà.
Quell'asse regge la pretesa di ogni sinistra a ergersi su un trespolo di superiorità, una cattedra morale o giudiziaria, e da lì giudicare il mondo, gli altri e gli avversari. Il sottinteso è che la sinistra sia mossa da un ideale, un valore - la fratellanza, la filantropia, l'amore per l'altro, la solidarietà, trasposizione sociale della carità - e la destra invece sia mossa sempre e solo da un interesse, se liberale, o da un istinto, se radicale.
La prima è per definizione altruista, aperta, la seconda egoista o al più familista, comunque cinica, chiusa.
A questa «utopia necessaria» e benefica, Stefano Rodotà ha dedicato un libro, Solidarietà (Laterza, pagg. 141 euro 14) elogiato dalle «anime belle» della sinistra. Troneggia una tesi che già affiorava ne Le due fonti della morale e della religione di Bergson: la vera solidarietà sta nell'amare il lontano, lo sconosciuto, lo straniero.
In realtà c'è un altro modo di concepire il legame sociale, solidale e comunitario che non è indicato da Rodotà. È il legame affettivo che parte dal più caro e si fonda sulla prossimità.
L'amore stesso è fondato sulla predilezione: la persona amata non è intercambiabile con un'altra, non si può amare dello stesso amore chi è caro e famigliare e chi è remoto e ignoto. Non si potrà mai chiedere a una persona di amare di più chi non conosce o è straniero rispetto a sua madre o suo figlio. Non si potrà mai pretendere che si senta più fratello dello sconosciuto rispetto a suo fratello: non si può capovolgere una legge di natura, biologica e affettiva, carnale e spirituale. Su quella legge naturale ha retto ogni consorzio umano e si traduce in legame d'amore e famigliare, legame civico, sociale e nazionale.
Posso essere aperto all'umanità e ben disposto verso ogni uomo, ma a partire da chi mi è più vicino, da chi appartiene alla mia vita, con cui condivido il pane (compagno, cum-panis ), la provenienza e la storia. Perché dovrei giudicare egoistica questa preferenza, o cinica la morale che ne consegue? Amare chi ti è caro e vicino non è chiudersi al mondo in una forma deplorevole di egoismo, ma è la prima e più autentica apertura agli altri nella vita reale. Su quei legami reggono le prime fondamentali comunità, le famiglie, quell'energia anima l'amore tra due persone, quella fonte dà coesione alle patrie e le altre forme di comunità, inclusa la confraternita, fino alla colleganza di lavoro.
L'errore o la mistificazione che si compie al riguardo per sancire la superiorità morale dei solidali cosmici, è paragonare un valore universale a una degenerazione del principio opposto: non si confronta l'amore verso lo straniero con l'amore a partire da chi ti è più caro, ma la fratellanza all'egoismo, l'amore per l'umanità al cinismo. Sarebbe facile a questo punto compiere la simmetrica operazione e paragonare l'amore per chi ti è vicino al disprezzo, l'odio o l'indifferenza verso il prossimo dietro l'alibi e l'impostura della filantropia universale. Due spiriti acuti e profondi come Leopardi e Dostoevskij criticarono il cosmopolitismo filantropico sottolineando che l'amore per l'umanità o per lo straniero di solito si sposa all'insofferenza o all'indifferenza verso chi ti è concretamente vicino, familiare o compatriota. Ovvero nel nome di un amore astratto, utopico e solo mentale, si nega e si rinnega l'amore reale, quotidiano per le persone a noi più prossime. Nell'amore per l'umanità si spezzano i legami reali e si opta per un individualismo planetario: il single sradicato che abbraccia il mondo intero.
L'utopia che muove la fratellanza universale è il principio egualitario, ossia la convinzione che tutti gli uomini siano uguali non solo in ordine ai diritti e ai doveri ma anche sul piano degli affetti. Anzi, in questa prospettiva merita più attenzione e più cura chi ci è più estraneo. Non solo si respinge il principio del merito secondo cui ognuno riceve secondo le sue capacità e le sue opere, e si sostituisce col principio del bisogno secondo cui ognuno riceve in base alle sue necessità; ma si sostituisce la priorità su cui si fonda l'amore (la persona amata, la famiglia, gli amici, i compatrioti o i consociati) con la priorità assegnata agli stranieri. Da qui il passaggio dal legame comunitario che unisce le società al principio di accoglienza che apre al suo esterno. In questo caso la coesione sociale sarebbe fondata sull'adesione allo stesso principio: ci unisce l'idea di accogliere lo straniero e formare con lui una società aperta e universale.
Questa disputa ideologica è tutt'altro che riservata ai circoli intellettuali perché è piuttosto la traduzione culturale di un tema cruciale di massa nella nostra epoca. Si fronteggiano nella vita di ogni giorno due visioni del mondo: quella di chi affronta l'universale a partire dal particolare e quella di chi affronta il particolare a partire dall'universale. Il primo può dirsi principio d'identità fondato sulla realtà, il secondo è un principio di alterità fondato sull'utopia, come dicono gli stessi assertori, Rodotà incluso. La solidarietà può esprimersi in realtà in due modi: quello di chi privilegia lo straniero e si fonda sul principio di accoglienza, e quello di chi parte da chi è più vicino e fonda il principio di comunità. È la sfida del nostro tempo: comunità o universalismo, anche se taluni pensano nella loro utopia che si possa fondare una comunità su basi universalistiche, una specie di comunità sconfinata che coincide con l'umanità, secondo il vecchio progetto cosmopolitico illuminista. In realtà l'unico sciagurato tentativo di tradurre nel reale questa utopia egualitaria e universalista è stato il comunismo e sappiamo gli esiti catastrofici. Ora il tentativo è ridurre questa utopia politica a prescrizione morale, preservando i diritti individuali. Così l'accoglienza solidale diventa la base del moralismo radical, ultima spiaggia della sinistra egualitaria. L'utopia del mondo migliore dichiara guerra al mondo reale, alla vita e alla natura, sacrificando l'uomo concreto all'umanità. E ribattezza questa guerra contro la realtà come solidarietà all'umanità...
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Re: Fascisti, nazisti, comunisti, maomettisti e zingari

Messaggioda Berto » sab ott 31, 2020 3:59 am

Nella Germania di Hitler vi era una modalità di socialismo che si distingueva dal sistema russo soltanto perché le terminologie ed etichette proprie di un sistema economico libero erano ancora utilizzate.

Istituto Liberale
24 ottobre 2020

https://www.facebook.com/istitutolibera ... 6366688772

Nella Germania di Hitler vi era una modalità di socialismo che si distingueva dal sistema russo soltanto perché le terminologie ed etichette proprie di un sistema economico libero erano ancora utilizzate.
Vi erano ancora “imprese private”, almeno così erano chiamate. Ma il proprietario non era più un imprenditore, bensì un “gestore di negozio” (Betriebsführer).
L’intera Germania era organizzata secondo una gerarchia di führers: vi era l’Altissimo Führer, ovviamente Hitler, e vi erano altri führers minori, che occupavano le diverse funzioni gerarchiche dall’alto verso il basso.
In questo sistema, il capo di un’impresa era il Betriebsführer, e i dipendenti dell’azienda venivano nominati con una parola che, nel Medioevo, indicava gli uomini della scorta dei signori feudali: la Gefolgschaft.
Tutte queste persone dovevano obbedire agli ordini dati loro da un’istituzione dal nome incredibilmente lungo: Reichsführerwirtschaftsministerium, alla guida della quale vi era un noto signore molto grasso di nome Göring, ricoperto di gioielli e medaglie.
Questa istituzione dal lungo nome impartiva ordini a tutte le imprese: cosa dovevano produrre, in quale quantità, dove dovevano prendere le materie prime e a quale prezzo acquistarle, a chi vendere i beni e a quale prezzo.
Gli operai ricevevano l’ordine di lavorare in una determinata fabbrica, e ricevevano i salari previamente stabiliti dal governo. L’intero sistema economico era regolato in tutti i minimi dettagli dal governo.
Il Betriebsführer non aveva il diritto di appropriarsi del profitto; egli riceveva una sorta di salario, e se, ad esempio, avesse avuto bisogno di più soldi avrebbe dovuto dire: “Sono molto malato, ho bisogno di un urgentissimo intervento chirurgico e l’operazione costa cinquecento marchi”.
Dopodiché avrebbe dovuto chiedere al führer del distretto (il Gauführer o Gauleiter) se era autorizzato a prelevare una somma più elevata rispetto al suo stipendio standard. I prezzi non erano più prezzi, i salari non erano più salari: essi erano termini quantitativi in un sistema socialista.
Ora vi dirò com’è crollato il sistema. Un giorno, dopo anni di combattimenti , gli eserciti stranieri sono arrivati in Germania. Essi hanno provato a mantenere questo sistema economico sotto il controllo del governo, ma per riuscirci sarebbe stata necessaria una brutalità equivalente a quella di Hitler e, in assenza di questa, il tentativo è fallito.


https://istitutoliberale.it/e-book-grat ... von-mises/
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Re: Fascisti, nazisti, comunisti, maomettisti e zingari

Messaggioda Berto » ven dic 11, 2020 8:13 am

Mi spiace per te Barbero ma la radice del fascismo, del nazismo e del comunismo è la stessa, il socialismo, di cui tutte e tre sono varianti e tutte e tre sono varianti totalitarie che volevano un mondo migliore per la loro gente anche a costo di usare la violenza dentro e fuori. E tutte e tre erano antisemite come lo era Marx il padre del socialismo, antisemita pur essendo di origine ebrea.



La differenza tra nazismo, fascismo e comunismo spiegate dal grande storico Alessandro Barbero.
Romagna Democratica
agosto 2020

https://www.facebook.com/11330048369770 ... 1137236337
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Re: Fascisti, nazisti, comunisti, maomettisti e zingari

Messaggioda Berto » dom dic 20, 2020 2:39 pm

Sull’antropologia del comunista di Michele Gelardi
Giuseppe Basini
17 dicembre 2020

http://www.opinione.it/editoriali/2020/ ... interesse/

Il libro di Michele Gelardi, a mio parere, è scritto per capire o almeno provare a capire, perché ci sia ancora tanta gente che, pur definendosi – pudicamente – solo di sinistra, continui in realtà a proporre e riproporre miti, atteggiamenti, prospettive ed incubi che furono e sono propri del comunismo. Gelardi cerca di comprendere perché mai, nonostante le chiarissime condanne di una storia tormentata e sanguinosa, il “modo di pensare” comunista sopravviva, dando vita magari a ibridazioni come il capital-comunismo cinese, il radicalismo chic o a certe teologie della liberazione, ma comunque, seppur malamente, sopravviva, partendo da pulsioni che resistono e che si basano su certe caratteristiche che lui cerca di mettere in evidenza. Gelardi ci presenta insomma, in questo libro, una sorta di antropologia del comunista. Ed è interessante seguirlo in questo percorso, non scontato, che fa riflettere. Nell’aderire volentieri alla richiesta di prefazione, ho voluto cercare allora di mettere in luce da dove, a mio avviso, le strade del pensiero liberale si dividano radicalmente da quelle dell’ideologia dei social-comunisti, comunque vogliano chiamarsi o essere chiamati oggi.

Chiunque voglia parlare e scrivere di politica o agire in campo politico, è forzato a prendere posizione, esplicitamente o implicitamente, sul problema dei rapporti tra l’individuo e la collettività e in particolare sulla questione centrale di chi debba essere considerato più importante, sia nel senso etico generale di valore, sia in quello più specifico di priorità nelle scelte. La questione, pur da sempre dibattuta, è di quelle che si ripresentano in continuazione, ricevendo risposte diverse, talvolta perfino opposte, da Paese a Paese, da epoca ad epoca, da autore ad autore. La storia è piena di esempi di singoli che vengono sacrificati agli interessi reali o presunti delle comunità cui appartengono, come pure di comunità sacrificate al volere di un singolo o di pochi e si va dagli esempi più consueti, come nei casi di abitazioni private requisite per permettere il passaggio di un'autostrada o al contrario di centrali elettriche di interesse generale sacrificate ad un particolarismo locale, fino agli esempi estremi di integrale annullamento dell’individuo oppure di intere comunità che si distruggono per seguire la volontà di grandezza di un capo deificato. Il singolo, in senso generale, non può essere superiore alla sua comunità, perché quest’ultima è composta appunto di altri singoli, né può essere preso a regola il caso particolare di un singolo estremamente più dotato degli altri, perché questa, quando si verifichi, è solo una condizione particolare, difficile da determinare, transitoria e che non esclude affatto, nella massa, la presenza di persone sconosciute di eguale levatura. Di contro l’idea di superiorità della collettività (posta a base delle teorie comuniste e nazionalsocialiste) postulata dal prevalere assoluto dell’interesse generale su quello individuale, contraddice se stessa intrinsecamente, perché la prevaricazione subita dal singolo ad opera di ciò che si definisce collettività, essendo applicabile anche a tutti gli altri singoli, lede un interesse perciò stesso generale, perché comune a tutti e quindi contraddice l'assunto ( e questo anche non tenendo conto inoltre che “l’interesse collettivo”, essendo definito tale da singoli, può anche essere solo preteso tale).

Probabilmente le difficoltà nel definire il rapporto uomo-collettività e le vicissitudini storiche che il rapporto tra cittadino e stato ha visto, vengono dall’errata considerazione che egli debba perdere forzatamente qualcosa nel rapporto con la comunità e dal considerare, sempre a torto, che sia “giusto” che perda qualcosa in tale rapporto. Tutto ciò non è affatto vero in linea di principio, ma è soltanto il prodotto di un modo sbagliato di vedere ed inquadrare le cose. Infatti, l’uomo solo (Adamo, o l’astronauta sperdutosi su un pianeta deserto) non è libero, è solamente solo, perché la libertà è definibile e significativa soltanto in relazione agli altri e dunque non è affatto vero che egli debba perdere per principio parte della sua libertà, per il semplice fatto di fare parte di una comunità strutturata. L’uomo, quando perde, in toto o in parte, la sua libertà per costrizione, nel rapporto con la comunità-Stato, non la perde dunque a prescindere dal tipo di rapporto, ma invece solo ed esclusivamente quando il rapporto è sbagliato, ma se questo è vero (e la Storia sembra provarlo) allora nessuna motivazione può giustificare tale perdita di libertà, perché essa non è dunque né necessaria, né utile, ma solo assimilabile ad una ingiustificata pena.

E veniamo ora alla questione centrale per definire il rapporto uomo collettività e cioè dunque a provare a definire proprio il “valore” da attribuire all’uomo e alla collettività, valore che sia di riferimento nel riflettere e nell’agire politicamente. Diciamo allora che il valore da attribuire alla persona è infinito e può essere solo quello. E non solo perché è unicamente per questa via che si riesce a costruire una società rispettosa di tutti e ad evitare che una ragione di Stato, impazzita o criminale, possa trovare in un preteso “interesse superiore” la giustificazione logica per la spoliazione e la coercizione, ma proprio perché è questo, intrinsecamente, il valore dell’uomo. È impossibile non dare un valore infinito a un essere che è capace di sintetizzare in riassunto la storia di tutti i suoi simili, che è capace di immaginarsi il creato, che porta in sé il patrimonio genetico in grado di ricreare da zero (salvo un “complice” di sesso opposto) un’intera umanità e che infine e soprattutto, è capace di pensare per generalizzazioni e “concepire” l’infinito. Ma se alla persona diamo un valore infinito, ecco che naturalmente il rapporto individuo-società diventa un rapporto paritetico, tra uguali, dato che la società ha anch’essa un valore che non può essere minore di infinito, perché è composta di uomini, mentre non può essere superiore, dato che, per qualunque numero finito si moltiplichi un valore infinito, sempre e solo un valore infinito si ottiene. Questa concezione non è nuova, si ritrova in tanti autori, Giuseppe Mazzini per esempio, ma anche nel Cristianesimo (la pecorella smarrita, per ritrovare la quale ha senso anche lasciare tutto il gregge) ma va ripresa, riformulata, riproposta e tenuta sempre presente, se si vuole fare una società a misura d'uomo, che è poi l'unica in cui egli possa essere felice.

Questo non significa, per riprendere l’esempio della casa e dell’autostrada, che non si possa più procedere a nessun esproprio, non significa l’inazione (qualunque principio generale, tra l’altro, ha bisogno di buon senso nella sua applicazione, che la pura logica non basta) significa però che ogni deroga al principio generale dell’inviolabilità del cittadino nella sua persona e nei suoi beni, sarà appunto una necessaria eccezione ad un principio generale e non una prassi normale. E la differenza non è di poco conto se si riflette all’estrema facilità con cui si procede (anche nei Paesi apparentemente liberali) non solo al pregiudizio della sfera privata del cittadino, ma anche della sua stessa persona. Dietro i morti delle Guerre mondiali, della costruzione del comunismo o delle rivoluzioni salvifiche (o, oggi, della segregazione “sanitaria”) vi è sempre il concetto della subordinazione del singolo alla sua collettività. Di fatto è il concetto stesso di subordinazione dell’individuo ad un principio collettivistico, che è inumano e pericoloso e poco importa che tale principio si richiami alla superiorità della comunità in sé o discenda da preesistenti motivazioni, religiose, dinastiche, razziali o altro. E anche quando la collettività è organizzata in forma democratico-rappresentativa, il principio della completa subordinazione non è valido in via generale, perché il cittadino, quando vota, non ritiene affatto di dare così al governo il diritto a disporre dei suoi propri beni o della sua vita stessa. Di nuovo, la regola filosofica di considerare il singolo come un valore infinito in sé è un ideale a cui comunque tendere, anche se può avvenire che vi siano delle scelte contraddittorie da compiere, l’importante è che l’ideale sia comunque sempre tenuto presente come valore da difendere. Ma andiamo per casi generali. Un presidente americano (o russo, o cinese, o nordcoreano) può scatenare una guerra nucleare, per difendere la collettività americana da una minaccia e quale dev’essere allora la gravità di questa minaccia? Questo esempio è estremamente significativo, perché in linea di principio e paradossalmente, può essere visto tanto come il caso estremo dell’individuo comune annientato in un attimo per la subordinazione totale ad una comunità strutturata in Stato, quanto, all’opposto, come il caso parimenti estremo di una intera comunità subordinata ad un uomo o ad un gruppo di uomini. Questo succede quando si perde di vista che il rapporto tra uomo e comunità può essere solo paritetico e si insiste per subordinare l’individuo ad una collettività, che poi, per ironia massima, viene magari rappresentata da un singolo strapotente.

Resta ancora da dire sul tentativo marxista di fare una fuga in avanti, nel proporre astrattamente che la subordinazione dell’individuo alla collettività riacquisti significato se la collettività considerata è l’intera umanità. Tentativo fuorviante e sbagliato e non perché ci porti nel regno di Utopia (regno degnissimo a cui ognuno dovrebbe invece tendere), ma perché ci porta in un regno impossibile e soprattutto mostruoso, in quanto nessun sollievo (anzi) si avrebbe se si arrivasse allo stato onnipotente mondiale, un colossale Moloch che tutto e tutti divorerebbe, con le sue onnipresenti polizie, le sue totalizzanti regole, la sua mortificante uniformazione, o se invece che dalla guerre tra comunità-nazioni, l’individuo fosse coinvolto dalle guerre civili tra, comunità etniche, religiose, ideologiche o economiche, che diventerebbero le nuove canalizzazioni dell'aggressività, avendo sacrificato inutilmente tradizioni, culture, differenze, che sono invece naturalmente il luogo dove poter vivere sentendosi a casa propria. Avremo meno spoliazioni e vittime, se proclameremo e terremo a mente che la persona vale quanto la collettività e che le generalizzazioni astratte (tipo l’umanità è più importante dell’uomo o il principio generale è più importante dell’individuo) non portano niente di buono. Ma, soprattutto, avremo fatto un salto di qualità, quando avremo finalmente compreso il valore del singolo come essere umano e ne terremo conto in politica, ricordando che solo i diritti “individuali” sono veramente collettivi e cioè di tutti e per tutti, mentre quelli oggi definiti collettivi, sono invece espropriazioni a favore dei pochi che guidano le istituzioni secondo personali convinzioni, certo legittime, ma niente affatto tali da costituire sempre e comunque un quasi santificato bene comune.

Quando avremo capito che la generalizzazione chiamata collettività o addirittura Umanità, se contrapposta alla singola persona, serve solo ai politicanti per trovare soluzioni semplicistiche, come l’esproprio o la guerra, che, mentre quasi mai risolvono i problemi, quasi sempre producono dolori e rovine. Quando avremo compreso e soprattutto imparato a tener davvero conto di questo, molto, moltissimo, avremo fatto. Se l’individualismo, se la Libertà, se la proprietà privata, sono e debbono essere valori generali, allora è nel contratto sociale che debbono essere trascritti, è nelle prospettive per il futuro che devono essere salvaguardati, è nel rapporto con la comunità che debbono essere definiti e, soprattutto, è nella prassi politica che devono essere rispettati, senza che nessuno stato di necessità possa essere preso a pretesto per abolirli. Perché la libertà individuale è come il diritto alla vita, naturale, di tutti e per tutti e preesistente ad ogni codificazione, che può solo riconoscerla e non semplicemente “concederla”.

Ed è questo che il social-comunismo non ha mai compreso, le libertà formali sono la precondizione assolutamente necessaria di ogni possibilità di libertà reale per tutti, quella Libertà che ho provato a definire, aggiornando quella classica allo spirito e soprattutto alle necessità dei tempi, in questo modo: "La Libertà è il diritto naturale a fare ciò che si vuole, fino al confine in cui si arrivi a limitare, veramente ed in misura reciprocamente uguale, quella degli altri, senza che nessuna legge possa porre un limite prima di quel confine”. Al contrario, il social-comunismo, come prima di lui tutti i tentativi totalizzanti, politici o religiosi, ha cercato e cerca di raggiungere l’uniformazione di tutti attraverso la creazione del cosiddetto “uomo nuovo”, indifferenziato ed egualizzato, eterna distopia delle dittature, da raggiungere in ogni modo, ieri con la formazione politica, l’irreggimentazione e i gulag, oggi con il globalismo, i media pervasivi, il giustizialismo, il politically correct. Non ci riuscirà, fallirà. Ma il costo umano sarà di nuovo terribile. Ho conosciuto solo da poco Michele Gelardi, ma sul piano delle idee mi sembra di conoscerlo da sempre. Appartiene a giusto titolo a quel mondo di persone che pretendono la libertà come diritto e non come semplice concessione, che usiamo chiamare liberali.
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Re: Fascisti, nazisti, comunisti, maomettisti e zingari

Messaggioda Berto » dom dic 20, 2020 2:41 pm

IL PENSIERO RAZIONALE E QUELLO IRRAZIONALE
IL PROGRESSO, LA REAZIONE E LA GRANDE TRUFFA
Riccardo Riva
19 dicembre 2020c

https://www.facebook.com/groups/2097364 ... 4552497254


Il pensiero razionale nasce dal principio di non contraddizione, dalla ricerca scientifica che si nutre di dubbi, dall'amore per la libertà, dalla convinzione che, pur nella pari dignità dei singoli soggetti, il progresso è determinato dal valore degli individui, dal libero pensiero e dalla libera ricerca, dalla concorrenza, dall'impegno, dalla competizione, dalla meritocrazia e dalla libera iniziativa.
Da tutto quanto ciò è scaturita la società occidentale liberal-democratica, l'unica che possa oggettivamente definirsi progressista perché grazie ad essa il progresso si è davvero realizzato.

Il pensiero irrazionale si sviluppa invece sulla base di dogmi e di modelli di società di stampo illiberale basate sulle utopie (o meglio sulle distopie). Questo tipo di pensiero progetta società ideali modellate su schemi di gerarchie predefinite (Platone), di onnipotenza dello stato (Hegel), sul mito del buon selvaggio e del contratto sociale (Rousseau), sull'illusione della sostanziale uguaglianza fra ineguali e sulla messa in comunione dei beni (Marx).
Nella realtà i sogni di costoro si sono regolarmente trasformati in incubi e schiavitù, ma il pensiero zoppo, irrazionale e autoritario ha avuto molta presa sulle quelle che il grande liberale Kenneth Minogue definiva menti servili. Il bello è che codesto insieme di reazionari pecorili, che più di tutto temono la libertà, e particolarmente quella delle menti non servili, si definiscono progressisti.
Sino a qualche anno fa, prima che il socialismo reale gli rovinasse addosso, costoro si identificavano nel comunismo.
Oggi che l'illusione del comunismo è tramontata, si camuffano da liberal (senza la vocale finale), continuando a diffondere il loro pernicioso pensiero ammantato di egualitarismo e di buonismo tra le menti gregarie che purtroppo abbondano.
I pericoli più grandi che corre la civiltà occidentale sono oggi rappresentati dall'Occidente che odia se stesso e dal politically correct, la cui avanguardia è costituita dagli intellò dal pensiero radical chic (che forse sarebbe meglio definire radical shit). I peggiori reazionari attualmente in circolazione.
È vero che nel corso della storia l'irrazionalità è quasi sempre riuscita a prevalere sulla razionalità, ma mai come oggi era accaduto che l'egemonia della superstizione politica si sommasse a quella della superstizione religiosa dei preti e degli imam, illudendo le anime belle che il paradiso è possibile sia in cielo che in terra. E convincendo queste medesime anime belle dalla mente fortemente meschina che i principali ostacoli per raggiungere l'Eden siano rappresentati dall'egoismo delle persone capaci e da coloro che si ostinano a pensare su basi razionali.
Nella vecchia Europa la cosiddetta intellighenzia da un secolo e mezzo in qua ha marciato allineata e coperta dietro le insegne del socialismo; negli Stati Uniti invece la sinistra degli intellò ha cercato nuove vie. In primo luogo quelle dell'anticonformismo. Fu così che il bianco diventò brutto e il nero bello, che la cultura divenne imprescindibilmente esotica, alternativa e underground, esaltando le droghe, il comunitarismo hippy e tutte le stronzate che gli son venute dopo, dal black power al femminismo, dall'ecologggismo al veganesimo e all'esotismo, per arrivare sino all'esaltazione dell'LGBT e del suprematismo LM, alle quote rosa e a pois, alla favola del'antropic global warming. La cosa grave è che codesto culturame mmerricano ha contribuito a tenere in vita le cariatidi del veterocomunismo, dando loro nuova linfa, e che si sia verificata anche una saldatura tra l'oscurantismo marxistoide e quello papista bergoglista che, in odio alla liberaldemocrazia, riesce a predicare l'accoglienza finanche nei confronti dell'integralismo islamista.
La cosa un po' ripugnante e un po' comica è che questa orribile mescolanza di dottrine fondate sulla superstizione e sull'idiotismo sociale abbia dato vita a un pensiero politico imbecille che si autoproclama progressista, mentre, al contrario, rappresenta quanto di più reazionario c'è in circolazione.


Utopie demenziali e criminali - falsi salvatori del mondo e dell'umanità
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 141&t=2593
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Re: Fascisti, nazisti, comunisti, maomettisti e zingari

Messaggioda Berto » mar gen 19, 2021 7:48 am

I nuovi De Sade. Lo scandalo Duhamel scuote la Francia
Luca Volontè
15 gennaio 2021

https://lanuovabq.it/it/i-nuovi-de-sade ... la-francia

Da una settimana, il sordido “affare Duhamel” fa notizia in Francia e provoca un terremoto politico. La denuncia parte dal libro La Famiglia Grande di Camille Kouchner, figlia dell'ex ministro Bernard, che narra le violenze subite dal fratello 14enne dal patrigno Olivier Duhamel, leader socialista e scienziato politico. Un circolo perverso che coinvolge la crème della classe intellettuale di sinistra.

Da una settimana, il sordido “affare Duhamel” fa notizia in Francia, una testimonianza agghiacciante su incesti, pedofilia, complicità e corruzione morale delle élite di sinistra, al potere nel Paese, che si sono protratti dalla fine degli anni ’80 ad inizio secolo. Ennesima dimostrazione della ‘superiorità immorale’ della sinistra. Olivier Duhamel, esponente di punta della cultura socialista e tra i migliori costituzionalisti francesi, è accusato di abusi ed incesto nei confronti del figliastro (allora 14enne) e di altri minori, ‘festini di depravati’ ai quali partecipava buona parte della cremè progressista francese.

Si scuote la Francia: il presidente della Commissione contro incesto e abusi sui minori si dimette; il ministro dell’Educazione denuncia le inaccettabili complicità e omertà sulla vicenda e promette decisioni adeguate; alla Sorbona gli studenti chiedono le dimissioni del preside di Scienze Politiche. Il terremoto è in corso, altri sviluppi, indagini e dimissioni sono molto probabili nei prossimi giorni e settimane. Già lo scorso anno la Francia era stata scossa dal libro-denuncia di Vanessa Springora, sulle esperienze pedofile e omosessuali dello scrittore Gabriel Matzneff, sino ad allora il più illustre uomo di cultura della sinistra dominante e tuttora sotto processo. Il 7 gennaio scorso con il libro di Camille Kouchner La Famiglia Grande, la figlia 45enne dell'ex ministro Bernard Kouchner (già leader del ’68 francese, più volte Ministro degli Esteri e fondatore di Medicine Sans Frontières), denuncia gli atti incestuosi e pedofili del patrigno, il politologo Olivier Duhamel . Duhamel è stato uno dei leader dei Socialisti francesi ed europei e presidente della Fondazione Nazionale di Scienze Politiche sino al 4 gennaio 2021, giorno in cui lo scandalo è scoppiato. Nel libro si rivela che il costituzionalista più importante della Quinta Repubblica si è reso colpevole dello stupro di un minorenne, il figlio di sua moglie, la prima moglie di Bernard Kouchner e fratello gemello di Camille. Di fatto un incesto da parte del patrigno nei confronti del figliastro allora 14enne, più volte abusato e stuprato, come molti altri ragazzini.

La presunzione di innocenza vale per tutti, ma l'interessato non ha cercato di negare i fatti , anzi si è scoperto che questi crimini erano noti e molto diffusi. Lo sapevano tutti quelli della cerchia di potere. La coppia Duhamel era infatti al centro di una sinistra compagnia di intellettuali, politici e giornalisti di alto profilo di sinistra, un circolo della ‘migliore crema della sinistra dominante’ che si ritrovava nella loro bella casa di campagna per infinite serate di ‘letture’, nelle quali la depravazione era l’unica regola. Tutto accadeva nella più assoluta omertà ed immoralità. Nessuna pietà per i giovani adolescenti, oggetti buttati nell’arena per soddisfare le perverse fantasie del gruppo. Questo scandalo ci dimostra che la Francia non ha ancora abolito i privilegi, ha semplicemente cambiato la casta sociale a cui sono attribuiti, ma forse qualcosa sta cambiando. Nessuna sorpresa, non è mai esistita la ‘superiorità morale’ della sinistra, ora se ne scopre il baratro di immoralità. La Famiglia Grande è solo l’ennesima luce che si accende su quel frutto marcio del maggio ’68 e sulle sue conseguenze nefaste di cui ancor oggi soffriamo. Colpisce che di tutte le sofferenze, gli abusi e stupri subiti dai figli, in particolare dal figlio maschio ‘Victor’, il padre naturale Bernard Kouchner, sapeva ma non fece nulla. Preferiva soccorre i sofferenti del mondo, ma non degnava di uno sguardo la sofferenza dei figli. Vergognosa ipocrisia.

Lo scandalo di questi giorni sta scatenando un terremoto. La Socialista Elisabeth Guigou, già Ministro della Giustizia (1997-2000) e dal 10 dicembre 2020 a Capo della Commissione Statale sugli abusi contro i bambini, nonchè amica intima della coppia Duhamel, il 13 gennaio ha annunciato le dimissioni dall’incarico di presiedere Commissione indipendente sull'incesto. Frédéric Mion, Direttore di Sciences Po a Parigi, a conoscenza di tutto l’orribile scandalo almeno da un anno, dopo aver finto di non saper nulla, ora è in grave difficoltà e gli studenti sa giorni ne reclamano le dimissioni. Con chiarezza è intervenuto il Ministro dell’Educazione francese Jean-Michel Blanquer che ha condannato questa “vicenda seria” e si è detto rammaricato della “omertà” che ha coperto i fatti gravissimi del caso Duhamel. Altre teste cadranno e, sperabilmente, si potrà far luce sull’intera vicenda e le complicità criminali del mondo progressista e di ‘potere’ francese. Questi delinquenti e abusatori di bambini non hanno trovato sinora ‘avvocati’ nei mass-media che li difendano, come avvenne invece per Roman Polanski, che nel 2009 potè contare proprio sull'appoggio del ministro degli Esteri Bernard Kouchner, per rallentare il procedimento che lo vedeva accusato di stupro da una vittima che all'epoca dei fatti aveva 13 anni.

Almeno a parole, esiste stavolta la volontà di far piena luce, su crimini, potere, complicità di una larga parte della ‘classe dirigente’ progressista francese. C’è ancora molto di torbido da svelare, a partire dalla denuncia pubblica fatta nel 2011 e ribadita nel 2014 da Luc Ferry, già Ministro alla Gioventù con Chirac e filosofo di gran fama, che denunciò un suo collega e Ministro della Repubblica francese per atti ripetuti di pedofilia in Marocco. In molti oggi chiedono si indaghi su quel caso. Urge fare pulizia, troppe complicità criminali sulla pelle di centinaia (migliaia?) di bambini sono state taciute dall’omertà della ‘cultura progressista’. Alla stragrande maggioranza di coloro che subirono violenze non è ancora stata data la parola. Bisogna evitare che altre intere generazioni di bimbi e bimbe europee vengano violate con quelle ideologie del gender, figliastre del libertinaggio abusatore del ’68, che già segnano il nuovo standard di ‘superiorità (im)morale’ del secolo XXI.
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Re: Fascisti, nazisti, comunisti, maomettisti e zingari

Messaggioda Berto » lun giu 07, 2021 5:13 pm

L'offensiva di FdI: "Al bando il comunismo per legge"
Luca Sablone
7 Giugno 2021

https://www.ilgiornale.it/news/politica ... 52671.html

Il partito di Giorgia Meloni ha presentato una proposta di legge: "È arrivato il momento di equiparare il regime comunista a quello fascista"

L'offensiva di FdI: "Al bando il comunismo per legge"

Il dibattito politico torna ad animarsi sulla questione relativa al comunismo. L'ultima mossa è arrivata da Fratelli d'Italia, che attraverso Edmondo Cirielli e un numeroso gruppo di colleghi di partito ha presentato una proposta di legge per far sì che venga "messo al bando il comunismo", sulla scia della risoluzione approvata dal Parlamento europeo il 19 settembre 2019. Il partito di Giorgia Meloni ritiene che sia "arrivato il momento di equiparare il regime comunista a quello fascista". È infatti già in vigore una legge sul fascismo e dunque FdI ha sottolineato la necessità di estendere le misure previste anche per i regimi comunisti "e i modelli totalitari sovietici, cubani, venezuelani".

"È morta tanta gente"

La proposta di legge - che si ispira ai principi della Costituzione per preservare i diritti umani - punta a introdurre una serie di disposizioni per il contrasto di gruppi, organizzazioni, movimenti, associazioni e partiti "che perseguono finalità antidemocratiche proprie delle ideologie totalitarie comuniste o di matrice religiosa islamica estremista". Un atto reputato necessario da Fratelli d'Italia, secondo cui nel nostro Paese una politica eccessivamente buonista ha consentito di tollerare azioni, gesti, slogan e simboli che traggono la loro ispirazione dal regime dittatoriale comunista che in passato ha governato nell'Unione Sovietica, nell'Europa dell'est, in Cambogia, in Vietnam, in Cina, in Corea del Nord, a Cuba "e che, oggi, è presente in Venezuela e in numerosi Paesi africani, mietendo milioni di vittime".

Il dito è puntato anche contro quelle politiche migratorie sempre più incontrollate "che alimentano il pericolo di insediamenti nel nostro territorio di persone e di associazioni che si ispirano all'ideologia estremista islamica". Il che potrebbe comportare gravi conseguenze per la sicurezza dell'Italia e degli altri Paesi, "come dimostrano tragicamente molti fatti di cronaca". Anche perché la nostra Nazione in questi anni è stata vittima di tutte le conseguenze "delle azioni poste in essere da individui o da gruppi di individui facinorosi ispirate a ideologie totalitarie".

La folle idea del centrosinistra

Nelle ultime ore ha fatto molto discutere la proposta di legge presentata alla Camera da Partito democratico, Movimento 5 Stelle, Italia Viva e Liberi e uguali, che hanno chiesto di eseguire ogni 25 aprile Bella ciao - dopo l'inno di Mameli - in occasione di tutte le cerimonie ufficiali per i festeggiamenti della Festa della Liberazione. Una mossa che Edmondo Cirielli, esponente di Fratelli d'Italia, giudica del tutto antistorica: "È una canzone di Togliatti che era al servizio dell'Unione sovietica, che ha fatto morire tanta gente".



Assaltarono l'auto di Salvini: condannati 11 antagonisti
Rosa Scognamiglio
7 Luglio 2021

https://www.ilgiornale.it/news/cronache ... 1625682616

Undici estremisti di sinistra sono stati condannati per l'aggressione a Matteo Salvini nel 2014, a Bologna. "Grande soddisfazione", ha commentato il leader della Lega Nord

Assaltarono l'auto di Salvini: condannati 11 antagonisti

Undici dei 16 estremisti di sinistra, responsabili dell'assalto all'auto del leader della Lega Matteo Salvini a Bologna, nel 2014, sono stati condannati fino a un massimo di 18 mesi di reclusione. Gli imputati, accusati a vario titolo di violenza privata, danneggiamento aggravato e lesioni aggravate, dovranno corrispondere in favore di ciascuna delle parti coinvolte un risarcimento da 10mila euro. "Grande soddisfazione per me e per i bolognesi", ha commentato il leader del Carroccio.

Le condanne

Per l'aggressione, avvenuta nel corso di una visita di Matteo Salvini al campo nomadi di via Erbosa, a Bologna, la Procura aveva chiesto la condanna di tutti e 16 gli estremisti a 16 mesi per il reato di danneggiamento, 21 mesi per la violenza privata e due anni per le lesioni. Per cinque di loro, invece, è arrivata l'assoluzione. In totale, quindi, il processo in primo grado si è concluso con 11 condanne e altrettanti risarcimenti da 10mila euro per ciascuna delle parti lese.

Quattro degli 11 imputati sono stati condannati anche per l'aggressione al cronista de Il Resto del Carlino, Enrico Barbetti. Stando a quanto riferisce il sito de La Repubblica, per tre di loro è stata emessa una condanna a sei mesi di reclusione, mentre a una quarta persona è stata comminata una pena di un anno Questa, dunque, la pronuncia del giudice Alessandra Testoni che ha accolto parte delle richieste avanzate dal pm Antonella Scandellar.

I risarcimenti

Circa il dettaglio dei risarcimenti, i cinque attivisti condannati a quattro mesi dovranno pagare, in solido: 10mila euro a Matteo Salvini, altrettanti a Lucia Borgonzoni (all'epoca consigliera comunale leghista a Bologna e ora sottosegretario alla Cultura) e ad Alan Fabbri (attuale sindaco di Ferrara e nel 2014 candidato del centrodestra alla presidenza della Regione).

I due imputati condannati a un anno e sei mesi dovranno invece risarcire, in solido, 10.000 euro alla Lega, e assieme ai cinque condannati a quattro mesi dovranno pagare le spese processuali, per un totale di 7.500 euro (2.500 per ciascuna delle tre parti civili coinvolte.

Il risarcimento a Barbetti dovrà invece essere stabilito in sede civile. Per il momento, i quattro condannati dovranno risarcire il cronista con una provvisionale di 10.000 euro. La stessa somma dovrà essere versata in favore di Editoriale Nazionale (la società editrice de 'Il Resto del Carlino') - in questo caso la condanna al risarcimento è immediatamente esecutiva - e Aser (Associazione stampa Emilia-Romagna).

"Grande soddisfazione"

"Grande soddisfazione per me e per i bolognesi. La violenza non è mai la soluzione. Bologna, sede dell’università più antica d’Europa, non merita di essere infangata da pochi delinquenti. Sarò in città lunedì 19 luglio, con gioia, col candidato sindaco e per raccogliere firme per i referendum sulla giustizia", ha commentato il leader della Lega Matteo Salvini.



"Vorrei vedere il comunismo condannato come il nazismo"
Il libro dell'ultimo sopravvissuto al Gulag. "Lì sono diventato cristiano. Conobbi Solzhenitsyn, che non voleva 'vivere nella menzogna'. Ancora i comunisti lo odiano"
Giulio Meotti
7 luglio 2021

https://meotti.substack.com/p/vorrei-ve ... condannato

Nato a Parigi nel 1934 in una famiglia della nobiltà russa fuggita dal comunismo, Nikita Krivochéine nel 1948 è rientrato in Unione Sovietica con i genitori che pensavano di trovare una Russia pacifica, ma che gli farà conoscere il Gulag prima di poter tornare in Francia nel 1971, grazie all'intervento personale del presidente Pompidou. Krivochéine racconta tutto in un libro toccante, Des miradors à la liberté. Un Français-Russe toujours en résistance, di cui parla alla rivista francese La Nef.

“La nostra famiglia era una delle poche della diaspora russa a Parigi che non viveva in povertà. Fino alla Seconda guerra mondiale, la mia infanzia è stata felice. Con i miei genitori abitavamo in un grande appartamento di fronte alla Tour Eiffel. All'epoca vivevamo in una rara comodità, soprattutto per le famiglie degli emigranti russi. Mio padre aveva studiato alla Sorbona, possedeva una Citroën nera, con mia madre viaggiavano molto”. Suo nonno era ministro dell'Agricoltura dello zar Nicola II. Suo padre, Igor Krivochéine, ufficiale dell'esercito “bianco” eroe della resistenza ai bolscevichi che emigrò in Francia, resistette al nazismo e fu deportato a Buchenwald.

Nel giugno 1946, Stalin organizzò una gigantesca campagna di propaganda: fu offerta un'amnistia a tutti gli emigrati “bianchi” in Francia, con la promessa della consegna di un passaporto sovietico e la possibilità di rientrare nella patria perduta. La Pravda uscì con un nuovo slogan: “Per la nostra patria sovietica!”, invece di “Lavoratori di tutti i paesi, unitevi!”.

La nave di Krivochéine, partita da Marsiglia, attraccò nel porto di Odessa. “Aveva a bordo molti russi che volevano tornare. Sul pontile ci aspettavano dei camion guidati da soldati. Siamo stati portati in un accampamento, con torri di guardia, cani, filo spinato e baracche! Mio padre fu arrestato e condannato a dieci anni per ‘collaborazione con la borghesia internazionale’. La mia infanzia felice era finita”.

Krivochéine viene arrestato nel 1957 per aver inviato a Le Monde un articolo contro l'intervento sovietico in Ungheria, in reazione a uno dello scrittore Vercors che lodava l'Urss. Krivochéine fu mandato nei Gulag, dopo aver trascorso lunghi mesi nelle carceri del KGB. Krivochéine racconta dell’incontro nel campo di concentramento con Stanislas Kiskis, sacerdote cattolico lituano: “Era un uomo basso e tarchiato. Il suo viso, la sua testa, che presenza! Si capiva subito che era una persona robusta sotto ogni punto di vista”. Il padre nel campo conobbe Alexander Solzhenitsyn. “Tra loro c'era un'amicizia che è durata tutta la vita. Quando ho lasciato l’Urss, Alexander Issaevich mi ha fatto l'onore di fare di tutto per salutarmi e incoraggiare la mia decisione di emigrare. I resistenti in Urss, con la loro azione, hanno accelerato il crollo del sistema. Sono un esempio perché, secondo Solzhenitsyn e Sakharov, non erano d'accordo a ‘vivere nella menzogna’. Ma i comunisti continuano a odiarli e a diffamarli”. Di Solzhenitsyn diventerà a sua volta interprete.

Krivochéine oggi vorrebbe vedere in Europa la stessa condanna per il comunismo che vige per il nazismo. “Se il nazismo è stato unanimemente respinto, lo stesso non vale per il comunismo, i cui crimini non suscitano la stessa repulsione. Il nazionalsocialismo non ha mai promesso a nessuno una vita felice. Mentre il comunismo è riuscito a farsi accettare come ‘il luminoso futuro di tutta l'umanità’”.

E conclude sulla questione religiosa: “Cinque generazioni di credenti hanno vissuto sotto un regime deicida, i martiri non si possono contare. Il rinnovamento cristiano si è fatto sentire in Russia molto prima del 1991. L'uomo non può vivere a lungo di pane. È apparsa una nuova generazione non geneticamente infettata dall'homo sovieticus”.
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Re: Fascisti, nazisti, comunisti, maomettisti e zingari

Messaggioda Berto » dom lug 11, 2021 8:48 pm

I ragazzi non stanno bene! Due terzi dei Millennials britannici e della Gen Z sostengono il Socialismo
11 luglio 2021

https://osservatorerepubblicano.com/202 ... ocialismo/


Mentre il partito conservatore rimane da più di 11 anni al potere e il partito laburista di sinistra continua a fluttuare alle urne, un nuovo studio ha dimostrato che il socialismo sembra aver guadagnato una forte presa sulle giovani generazioni britanniche.

Una ricerca condotta dall’Istituto degli Affari Economici (IEA) ha scoperto che più di due terzi dei Millenials e della Generazione Z nel Regno Unito preferirebbero vivere sotto un sistema economico socialista piuttosto che nel sistema di libero mercato di cui attualmente godono in Gran Bretagna.

Secondo il rapporto, Left Turn Ahead? Surveying Attitudes of Young People Towards Capitalism and Socialism, il 67% dei giovani britannici ha detto che preferirebbe avere un governo socialista e il 75% è d’accordo con l’affermazione che “il socialismo è una buona idea, ma ha fallito in passato perché è stato fatto male“.

“Il cliché che “il vero socialismo non è mai stato provato” non è solo un luogo comune: è anche l’opinione principale tra i Millennials e gli Zoomers“, ha notato il rapporto.

Gli inglesi più giovani, molti dei quali sono nati dopo la caduta dell’Unione Sovietica, associano il termine ‘socialista‘ a termini positivi come ‘lavoratori’, ‘pubblico’, ‘uguale‘ e ‘giusto‘.

Il rapporto ha notato che pochissimi associano il socialismo al termine ‘fallimento‘, nonostante il secolo precedente di governi socialisti che hanno portato alla devastazione economica, alla fame di massa e al democidio (l’assassinio di persone da parte del loro stesso governo).

I giovani di sinistra inoltre non associano il socialismo con il Venezuela, il più clamoroso fallimento socialista del XXI secolo, che è passato da una delle nazioni più prospere del mondo a una delle più povere in poco più di un decennio di governo socialista.

L’AIE ha anche scoperto che tre quarti degli intervistati credono che il cambiamento climatico sia un problema specificamente capitalista, nonostante il più grande inquinatore del mondo sia la Cina comunista.

Un altro 78% dei giovani britannici ha detto che il capitalismo è da biasimare per la crisi degli alloggi in Gran Bretagna, piuttosto che la migrazione di massa che si è verificata dall’inizio degli anni 2000, mettendo una massiccia pressione sul patrimonio immobiliare esistente.

In linea con la loro visione del mondo statalista, il 72% era a favore della nazionalizzazione di industrie come l’energia, l’acqua e le ferrovie, mentre la stessa percentuale si oppone a qualsiasi coinvolgimento privato nel sistema sanitario socializzato della Gran Bretagna.

L’autore del rapporto e capo dell’economia politica all’AIE, il dottor Kristian Niemietz, ha avvertito che i suoi risultati mostrano che l’ideologia socialista non è qualcosa con cui i giovani semplicemente “cresceranno”, poiché i risultati del sondaggio hanno trovato poche differenze di mentalità tra i Millennials (nati tra gli anni ’80 e la metà degli anni ’90) e la Generazione Z (nata tra la metà degli anni ’90 e l’inizio del 2010).

“Questi risultati dimostrano che il ‘socialismo dei Millennial‘ non è solo un hype dei social media, e non è stato solo una moda passeggera che è finita con le dimissioni di Jeremy Corbyn. Né è semplicemente un replay del radicalismo studentesco degli anni ’60. Questo è un cambiamento a lungo termine negli atteggiamenti, che non se ne andrà via da solo”, ha detto il dottor Niemietz.

Ha continuato: “I sostenitori dell’economia di mercato devono accettare questa sfida e affrontarla, piuttosto che respingerla o fingere che non stia accadendo.”

“Dobbiamo migliorare nel presentare i punti buoni del capitalismo, sviluppando soluzioni politiche basate sul mercato per i problemi che i giovani stanno affrontando, così come spiegare perché il socialismo, per quanto seducente possa essere, è sempre e ovunque un vicolo cieco“.
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