Fascisti, nazisti, comunisti, maomettisti e zingari

Re: Fascisti, nazisti, comunisti, maomettisti e zingari

Messaggioda Berto » lun lug 12, 2021 8:30 pm

A Cuba proteste di massa in almeno 25 città "Abbasso la dittatura"
12 LUG 2021

https://www.imolaoggi.it/2021/07/12/cub ... -25-citta/

Scontri, centinaia di arresti e almeno un agente ferito: è il bilancio delle nuove violenze di ieri a Cuba, dove migliaia di dimostranti sono scesi in strada nella più grande protesta di massa mai vista sull’isola negli ultimi 30 anni: nel mirino c’e’ sempre il presidente della repubblica Miguel Díaz-Canel, la dittatura comunista ed una situazione economica che continua a peggiorare, stretta nella morsa delle sanzioni americane.

Il Miami Herald cita il sito web Inventario, che monitora la situazione nel Paese, secondo cui ieri le proteste hanno interessato almeno 25 città. Un video ripreso all’una di notte e pubblicato su Facebook, riporta sempre il giornale, mostra centinaia di dimostranti a Palma Soriano (est) che chiedono libertà al grido di “Abbasso la dittatura” e “Abbasso Díaz-Canel”. La gente in strada chiedeva inoltre medicine, vaccini anti Covid e “la fine della fame”. Nel filmato si vede poi un gruppo di persone che spinge un’auto della polizia gridando “la dittatura è appena arrivata” riferendosi alle forze dell’ordine.

Cuba, proteste di massa

Il Guardian pubblica oggi un’immagine con tre auto della polizia rovesciate e spiega che le proteste di massa sono iniziate in mattinata a San Antonio de los Baños (ovest), oltre che a Palma Soriano, e grazie ai social hanno rapidamente coinvolto L’Avana, dove in miglia hanno sfilato lungo le strade del centro gridando slogan come “patria e vita” e “libertà”.

Gli agenti – in divisa e in borghese, riporta il quotidiano britannico – hanno risposto con manganelli e spray al peperoncino, arrestando centinaia di dimostranti che sono stati caricati nei furgoni e portati via. Almeno un poliziotto è stato colpito alla testa da una pietra ed è stato trasportato in ospedale.
La Reuters scrive sul suo sito web, citando testimoni oculari, che nelle strade della capitale sono state viste Jeep delle forze speciali equipaggiate con mitragliatrici. (ANSA)




Cuba si ribella alla dittatura: è davvero l'inizio della fine del Castrismo?
Atlantico Quotidiano
Enzo Reale Da Barcellona
13 luglio 2021

https://www.atlanticoquotidiano.it/quot ... castrismo/

È cominciato tutto intorno all’una del pomeriggio di domenica nella località di San Antonio de los Baños, a una trentina di chilometri da L’Avana. Un folto gruppo di persone è sceso in strada gridando consegne anti-governative: “Libertà! Abbasso la dittatura! Non abbiamo più paura!”. Le immagini della protesta si sono diffuse rapidamente in rete, nonostante la censura e le interruzioni del servizio, in una chiamata spontanea alla ribellione civile contro il regime comunista che da 62 anni costringe una popolazione di 11 milioni di abitanti all’isolamento, alla miseria e alla repressione. Un evento inusuale, in ogni caso, laddove tradizionalmente dominano paura e rassegnazione.

Le manifestazioni si sono poi estese come i tasselli di un domino su tutto il territorio dell’isola: centri minori intorno alla capitale, Alquízar, Güira de Melena, San José de las Lajas, Bauta, ma anche capoluoghi di provincia quali Camagüey, Matanzas, Pinar del Río, Ciego de Ávila e Santiago de Cuba. E poi, a migliaia, sul Malecón de L’Avana, teatro dell’ultima grande manifestazione che si ricordi, nel lontano 1994. Allora furono le restrizioni del “periodo speciale”, seguito alla dissoluzione dell’Unione Sovietica, a provocare un’esplosione di malcontento popolare prontamente ricondotto dalle forze di sicurezza e dall’intervento di Fidel Castro in persona, che scese tra la folla ottenendone l’acquiescenza.

Originate dalla disperata situazione sanitaria in piena epidemia da Covid-19 e dall’acuirsi della crisi alimentare in un’economia già terribilmente provata da sei decenni di socialismo reale, le rivendicazioni odierne assumono però un chiaro significato politico e un preoccupante – per il regime – carattere anti-totalitario: “Cuba non è vostra”, urlavano nel pomeriggio di domenica centinaia di persone davanti alla sede del Partito Comunista Cubano (PCC). Difficile per chi comanda continuare a sostenere che gli oppositori sono soltanto mercenari pagati dalla CIA, gusanos dell’imperialismo.

Se nel 1994 fu una combinazione di carisma personale e di minacce a placare la rivolta, nel 2021 il líder máximo assume le sembianze sbiadite di un tipico funzionario di partito cooptato dalla dinastia Castro a incarnare il volto ufficiale della dittatura: il sessantunenne Miguel Díaz-Canel Bermudez, il cui arrivo a San Antonio de lo Baños, mentre le autorità spegnevano telefoni e Internet, è riuscito soltanto ad esacerbare gli animi. In una dichiarazione inaudita perfino per gli standard criminali del regime, Díaz-Canel ha prima rivendicato il monopolio della piazza per i “rivoluzionari” (termine che nella lingua di legno dello stalinismo caraibico indica i fedelissimi del partito unico), per poi avvertire di essere “disposto a tutto” per fermare i “mercenari e i contro-rivoluzionari” (altro must della retorica ufficiale), invitando infine “i rivoluzionari e i comunisti ad affrontare i manifestanti nelle strade”. Un richiamo esplicito alla violenza contro la popolazione civile, le cui conseguenze pratiche si misureranno nei prossimi giorni. Per il momento la polizia ha ripreso il controllo nella notte senza lampioni de L’Avana, piagata da settimane di black-out elettrici, mentre scattano le retate nelle case dei manifestanti. Testimoni oculari parlano di almeno una decina di morti negli scontri e di un numero imprecisato di detenuti e desaparecidos.

“L’onda si vedeva arrivare, – ha scritto su Twitter la blogger dissidente Yoani Sánchez – bisognava solo ascoltare attentamente per sentire il rumore di fondo che cresceva, e ieri ci siamo tolti la museruola”. Sì, perché quel grido di “libertà” è penetrato forte e chiaro nei palazzi di un potere abituato a disporre a piacimento delle risorse naturali e umane dell’isola. Díaz-Canel, nervosissimo nel suo primo intervento, ha parlato nuovamente ieri mattina alla televisione di Stato, capovolgendo a favore del regime il senso degli avvenimenti del giorno prima: “È stata una giornata storica per la Rivoluzione”, la precarietà della situazione “si deve al blocco economico dell’imperialismo yankee” (a chi se no?), in un classico esempio di doublespeak orwelliano, tipico dei sistemi politici totalitari con l’acqua alla gola, costretti a mistificare la realtà per garantirsi la sopravvivenza. Nemmeno un accenno di autocritica, nessuna correzione di rotta.

Ma fino a quando? È questa la domanda che circola insistentemente non solo tra i cubani ma anche negli Stati del continente americano di cui Cuba è sponsor politico, cliente economico o avversario esistenziale. Vista la centralità del regime de L’Avana nella diffusione dell’ideologia comunista in America Latina, non è difficile ipotizzare che le ripercussioni di un crollo del sistema castrista sarebbero rilevanti in tutta la regione. Venezuela, Nicaragua, Bolivia, il Perù recentemente caduto in mano al populismo izquierdista di Castillo, la stessa Argentina seppur in maniera più sfumata, il Messico di Obrador, ma anche i movimenti sovversivi che stanno minacciando la democrazia cilena e quella colombiana, perderebbero un referente essenziale nella sedicente “lotta anti-imperialista”, espressione sotto cui si nasconde la persistente campagna pseudo-rivoluzionaria contro la democrazia liberale e lo stato di diritto.

Negli ultimi vent’anni l’economia cubana si è sostenuta sulle forniture petrolifere provenienti da Caracas in cambio dell’addestramento degli apparati di sicurezza venezuelani e dell’appoggio politico al regime chavista. Il crollo del settore energetico sotto Maduro e le restrizioni imposte dall’amministrazione Trump all’invio di denaro degli emigrati cubani verso la madrepatria hanno contribuito al collasso definitivo di un sistema economico strutturalmente disfunzionale. Contemporaneamente l’epidemia ha colpito frontalmente l’isola proprio nel momento in cui si riapriva timidamente al turismo internazionale, mettendo in luce le carenze oggettive di un sistema sanitario che la propaganda ha sempre venduto come il fiore all’occhiello della nazione. I cubani oggi hanno due vaccini a disposizione ma non le siringhe per somministrarli. L’incompetenza di Díaz-Canel e dell’attuale dirigenza ha fatto il resto: la riforma monetaria, intesa a limitare la circolazione del dollaro, ha ottenuto l’effetto inverso di debilitare il peso cubano; il rifiuto di aiuti umanitari per far fronte all’emergenza sanitaria (“propaganda del nemico”) ha condannato il Paese al contagio massivo; il raccolto della canna da zucchero, una delle poche risorse economiche nazionali, è ai minimi storici per “carenze organizzative e direttive”, come ha denunciato recentemente lo stesso presidente dell’azienda statale Azcuba. La storia contemporanea insegna che, normalmente, dalla fame alla rivolta anti-regime il passo è breve.

In diverse località teatro della protesta la polizia si è rifiutata di intervenire per reprimere le manifestazioni. Al suo posto sono arrivate le unità d’élite dell’esercito cubano, conosciute anche come berretti neri (boinas negras), da sempre note per le azioni violente nei confronti della popolazione civile. Nei mesi scorsi ha preso corpo un movimento artistico di natura politica, Movimiento San Isidro, formato da artisti e intellettuali che hanno denunciato apertamente la persecuzione della dissidenza. Anche in questo caso la risposta del governo è stata punitiva, attraverso le famigerate “azioni di rifiuto” (cittadini al servizio della dittatura incaricati di disperdere le manifestazioni) e una serie di condanne a pene di carcere. Dal movimento è nata la canzone Patria y vida, in opposizione allo slogan rivoluzionario Patria o muerte, che la popolazione ha adottato come un inno anti-totalitario nonostante la campagna di discredito e di boicottaggio da parte degli organi statali.

La protesta per il momento non ha un leader e la società civile cubana, stremata da sessant’anni di persecuzione, non è oggi in grado di esprimere un’alternativa chiara all’attuale sistema di potere. La via dell’emigrazione è preclusa non solo dalla naturale ritrosia della dittatura a permettere gli espatri ma anche da una delle ultime misure dell’amministrazione Obama che, nell’ambito della sua malintesa azione di appeasement nei confronti del Partito Comunista Cubano, sospese la cosiddetta politica dei piedi asciutti, piedi bagnati (pies secos, pies mojados), in base alla quale tutti i cubani che entrassero, legalmente o no, in territorio americano potevano accedere al permesso di residenza e a un lavoro retribuito. Una valvola di sfogo oggi inesistente che, paradossalmente, scarica tutta la pressione sociale sullo stesso regime che l’aveva così insistentemente avversata nel corso degli anni. Biden non vuole ripetere gli errori di Obama, anche per un chiaro interesse elettorale nella Florida dell’esilio, fa appello ai “diritti fondamentali e universali” del popolo cubano in una dichiarazione tardiva e un po’ troppo istituzionale per sembrare del tutto sincera, ma per il momento si guarda bene dal ripristinare il flusso di denaro tra Usa e Cuba bloccato da Trump.

Díaz-Canel è da domenica un leader dimezzato, sia dalla protesta popolare che comunque è destinata a spegnersi e a riaccendersi a intermittenza, sia dalla possibilità che, per salvare il sistema comunista, le forze armate del Paese decidano di sostituirlo con una personalità che goda della loro fiducia in un momento estremamente delicato come l’attuale. Una soluzione alla polacca (1981) che eviti la caduta del Muro de L’Avana e, con essa, l’implosione di una delle ultime ridotte di socialismo reale del pianeta. Dopo decenni di sussurri tra le mura domestiche e di pubblica adesione alle direttive del potere, i cubani sono passati all’azione: “Non abbiamo più paura”. E il bubbone infetto del castrismo ha cominciato a sgonfiarsi.



"Il re è nudo", rivolta contro il comunismo a Cuba
Stefano Magni
13 luglio 2021

https://lanuovabq.it/it/il-re-e-nudo-ri ... 8.facebook

Cuba si ribella contro il regime comunista, per la prima volta in modo così massiccio da sessant’anni a questa parte. Non è una rivolta armata, ma una serie di manifestazioni pacifiche organizzate in tutte le città dell’isola caraibica. Il loro impatto è ancor più profondo per un regime a partito unico, al potere da 62 anni.

Cuba, manifestazioni e repressione poliziesca

Cuba si ribella contro il regime comunista, per la prima volta in modo così massiccio da sessant’anni a questa parte. Non è una rivolta armata, ma una serie di manifestazioni pacifiche organizzate in tutte le città dell’isola caraibica. Il loro impatto è ancor più profondo per un regime a partito unico, al potere ininterrottamente da 62 anni, ormai incapace di rinnovarsi.

Migliaia di persone hanno scelto di scendere in piazza, sfidando apertamente e a volto scoperto l’inevitabile repressione poliziesca. La protesta è incominciata a San Antonio de los Baños, domenica, nella regione occidentale di Cuba. Poi è dilagata come un incendio estivo in tutto il resto del Paese, coinvolgendo fino a 40 città contemporaneamente, compresa l’Avana, la capitale. I manifestanti scandivano slogan contro il regime, “Libertà” e “Patria e vita”. In alcuni casi sventolavano anche le bandiere degli Usa, in spregio a un Partito che addita gli “yankee” come i colpevoli di tutti i mali del Paese.

Lunedì si sono tenute manifestazioni di solidarietà, organizzate dalle comunità cubane sparse in varie città del mondo. A Miami, soprattutto, la folla di manifestanti era immensa. Più piccola, ma presente, anche la comunità cubana a Roma che ha tenuto, ieri, una spontanea manifestazione di fronte all'ambasciata cubana.

La repressione, a Cuba, non si è fatta attendere. Lunedì, il presidente Miguel Diaz Canel, succeduto a Raul Castro nel 2018 alla guida del Paese e nel 2020 anche del Partito Comunista, ha chiamato a raccolta i suoi sostenitori, con un discorso molto bellicoso in cui attribuisce tutte le colpe agli Usa e incita a “riconquistare le strade”. «L’ordine di combattere è stato dato, scendete in strada, rivoluzionari!». Diaz Canel riconosce alcuni motivi legittimi della protesta, come i blackout che si sono verificati nelle ultime settimane e hanno peggiorato ulteriormente una situazione economica già critica. «La crisi energetica sembra aver prodotto alcune reazioni – ha detto il presidente, dando però la colpa della mancanza di carburante alle sanzioni imposte dall’amministrazione Trump. Poi ha accusato la “mafia cubano-americana” di Miami per l’organizzazione della protesta.

«Il capitalismo non tonerà mai in quest’isola e prima che questi mercenari pagati dall’Impero tornino in piazza, dovranno ucciderci tutti», ha dichiarato all’agenzia Afp Candido Abrines, uno dei leader della contro-manifestazione, scendendo in piazza con i militanti comunisti. I volontari del Partito, armati di bastone, le cosiddette “brigate di reazione rapida”, assieme ad agenti in borghese, agenti del controspionaggio e polizia anti-sommossa, presidiano le strade dell’Avana e delle altre città in sommossa. La polizia ha anche iniziato ad arrestare i leader delle manifestazioni, un’ottantina solo il primo giorno, fra cui José Daniel Ferrer, l’artista visuale Luis Manuel Otero e il poeta Amaury Pacheco.

Ma cosa ha spinto i cubani a sfidare l'apparato repressivo, a volto scoperto e protestando in piazza senza paura? Per Juan Almeida, figlio di uno dei leader rivoluzionari di Cuba, ora dissidente e residente a Miami, la ribellione attuale non è paragonabile a quella del 1994, seguita alla prima grave crisi economica. Allora i cubani chiedevano di poter fuggire liberamente dalla fame, adesso invece, «Nessuno grida di voler lasciare Cuba. Stanno chiedendo a Diaz Canel di dimettersi».

Le proteste sono state organizzate in più città grazie all’uso dei social network. Le prime timide riforme di apertura a Internet, divenuta relativamente libera solo nell’ultimo decennio e la diffusione degli smart phone, iniziata solo nel 2018, sono fattori importanti per spiegare la novità di queste manifestazioni. Per questo, come prima mossa repressiva, il governo ha cercato di chiudere Internet. Il segnale va e viene ad intermittenza, da tutta la giornata di ieri. Come dimostra l’esperienza di tutte le insurrezioni contemporanee, dalla primavera araba in avanti, tuttavia, i governi non sono mai riusciti a porre Internet completamente sotto controllo, né a negarne l’accesso a tutti.

Sulle cause della protesta, a parte le accuse del regime alle sanzioni di Trump e agli Usa in generale, ci sarebbe vasta scelta. Sono molteplici le origini endogene. In primo luogo, una crisi economica che ha portato alla contrazione dell’11% del Pil in un Paese già povero. Il crollo della produttività è dovuto soprattutto all’anno e mezzo di pandemia, che ha ridotto quasi a zero il turismo e ridotto drasticamente le rimesse degli emigranti, due fonti di reddito su cui le famiglie cubane fanno gran conto. Negli ultimi anni, a prescindere dal Covid, è venuta meno anche parte della solidarietà del Venezuela. Anche il regime populista guidato da Maduro è in piena depressione economica e ha ridotto drasticamente le esportazioni di petrolio a prezzo politico.

L’ultima goccia che deve aver fatto traboccare il vaso è un’impennata di contagi di Covid, tenuta nascosta dalla stampa locale il più possibile. “Il re è nudo” deve aver pensato gran parte della popolazione, dopo aver subito un anno e mezzo di propaganda di regime su quanto Cuba fosse generosa ad aiutare le nazioni europee colpite dalla pandemia (prima di tutte l’Italia), con i suoi medici e volontari e ultimamente anche con il “vaccino cubano”, venduto come il più efficiente del mondo. Eppure, alla prima seria ondata di Covid-19, gli ospedali cubani, nel “servizio sanitario migliore del mondo”, hanno iniziato a collassare. Sotto l’hashtag #SOSCuba, cittadini cubani, sui social media, hanno chiesto aiuto all’estero. Vogliono che il governo permetta donazioni straniere (finora vietate) e un gruppo d’opposizione ha anche avanzato la proposta di un corridoio umanitario. Il governo ha respinto queste richieste al mittente, affermando seccato che “Cuba non è zona di guerra”.

Ma non ci si deve limitare alle cause di breve e brevissimo periodo. «Il Covid è solo la ciliegina sulla torta – come ha sottolineato il senatore americano Marco Rubio, di origine cubana – perché qui abbiam a che fare con un regime socialista che dice al suo popolo “voi non avete libertà. Non siete indipendenti. Non potete parlare liberamente, ma avete un ottimo sistema sanitario”. Ma non ce l’hanno».


Senza utili idioti occidentali il comunismo a Cuba sarebbe già crollato
Giulio Meotti
13 luglio 2021

https://meotti.substack.com/p/senza-uti ... dentali-il

Fidel Castro con Giangiacomo Feltrinelli, Gabriel Garcia Marquez, José Saramago, Jean-Paul Sartre e Simone de Beauvoir

Migliaia di cubani stanno marciando contro il regime comunista all'Avana e in altre città in manifestazioni senza precedenti nell'isola caraibica. Alcuni osservatori affermano addirittura che sono le più massicce proteste dal 1959, quando il regime castrista prese il potere.

Lo scrittore, saggista e dissidente cubano Jacobo Machover, che vive in esilio a Parigi, in una intervista a Le Point racconta: “La libertà è la fine del comunismo, la fine della dittatura, la libertà di espressione, la libertà artistica, la libertà di stampa e la libertà dei costumi. I leader cubani sono del tutto incapaci di nutrire o curare la loro popolazione, ma, per reprimerla, sanno come fare. Sono stati ben addestrati dai servizi degli ex paesi comunisti”. Machover si sofferma sulla crudeltà di Raúl Castro: “È sempre stato spaventoso, sin dalla rivoluzione del 1959, quando ha sparato a 72 persone in una notte. Era dietro tutti i movimenti repressivi, le esecuzioni e l'imprigionamento dei manifestanti”. Migliaia le esecuzioni, non sapremo mai quante.
Lo scrittore cubano Jacobo Machover

Ho contatto Jacobo Machover (di cui in Italia sono stati tradotti Cuba. Totalitarismo tropicale e Il romanzo di Che Guevara, dove ne ha fatto a pezzi il culto mostrandolo per quello che era, un grande assassino) per una intervista per la newsletter.

Parliamo subito del bilancio del comunismo a Cuba. “L'eredità comunista, personificata dai fratelli Fidel e Raúl Castro, è quella di una tirannia che ha lasciato il paese in un pantano totale per più di sei decenni: non c'è la minima libertà democratica, il paese è ridotto a un'immensa povertà, per non citare la miseria, e circa un quarto della sua popolazione è in esilio... E tutto questo nonostante la sua propaganda di successo, in cui credono solo gli ignoranti, sull'eccellenza dell'educazione, che è puro indottrinamento, e della sanità, attraverso missioni mediche, che mostrano i ritratti del Comandante in Capo quando arrivano in un luogo, per esempio in Lombardia o Martinica, come se il defunto Fidel Castro potesse compiere miracoli. Risultato: un caos economico, sociale e sanitario all'interno dell'isola. Qualcosa che i turisti, ciechi per definizione, non avrebbero mai voluto vedere”.

Chi sostiene il regime? Quanto è forte la resistenza? “Pochi attualmente sostengono il regime. Sarà difficile effettuare massicce (e obbligatorie) manifestazioni di sostegno, come in passato. Vi sono però, soprattutto nelle fasce più anziane della popolazione, abituate ai disagi e alla repressione permanente. I giovani, dal canto loro, non ce la fanno più: sono troppi anni, troppi disagi, troppi slogan. Non c'è futuro per loro. È la gioventù, in sostanza, quella che scende in piazza, al ritmo di alcuni rapper, dall'interno dell'isola e dall'esilio, che ha composto una canzone, ‘Patria y vida’, contro il micidiale slogan rivoluzionario di ‘Patria o morte’, e dopo le mostre artistiche di giovani creatori anticonformisti. L'opposizione, che non ha diritti, è tuttavia divisa e non ha potuto acquisire forza sufficiente per diventare un'alternativa politica”.

Machover, conclude, sul vero sostegno al regime. Quella che in una intervista a Libération ha definito “una operazione di cosmesi”.

“Sono stati gli intellettuali occidentali che hanno permesso al regime di Castro di mantenersi così a lungo al potere. Jean-Paul Sartre, Simone de Beauvoir, Gabriel García Márquez, Giangiacomo Feltrinelli, Gianni Minà e molti altri, così come artisti contemporanei come Gérard Depardieu, Oliver Stone, Sean Penn e molti altri, sono stati favolosi propagandisti per Castro e Che Guevara, presentati come ‘umanisti’ quando in realtà erano volgari assassini” mi spiega Machover. “Un popolo ha difficoltà a liberarsi se l'opinione pubblica mondiale sostiene i suoi oppressori. I cubani, disperatamente soli, lo stanno facendo, però. Ma conserveranno nella memoria l'amaro sentimento di tradimento da parte delle autoproclamatesi ‘coscienze del mondo’”.

Per dirla con Carla Fracci, “Castro è un dittatore, lo so, ma io non dimentico che nei paesi socialisti il balletto gode di grande considerazione”. Il Gulag dei tropici ha davvero stile.




A Cuba oggi
https://www.facebook.com/mayde.pai/vide ... 0986842941

La fame dei cubani
https://www.facebook.com/watch/?ref=sav ... 9603868308

La polizia a Cuba
https://www.facebook.com/watch/?ref=sav ... 4098684151



Usa: negato ingresso a cubani e haitiani intercettati in mare
14 luglio 2021

https://www.tgcom24.mediaset.it/mondo/u ... 102k.shtml

Il ministro degli Interni Alejandro Mayorkas ha fatto sapere che gli Stati Uniti non lasceranno entrare i cubani e gli haitiani che fuggiranno via mare dai loro Paesi. Mayorkas ha invitato cubani e haitiani a non avventurarsi in mare, soprattutto in questo periodo di uragani che rende il mare più pericoloso.


Alejandro Nicholas Mayorkas (L'Avana, 24 novembre 1959) è un politico e funzionario statunitense di origine cubana e genitori ebrei, vice segretario del Dipartimento per la sicurezza interna degli Stati Uniti dal 2013 al 2016.
Dal 2 febbraio 2021 ricopre la carica di Segretario della Sicurezza Interna nell'amministrazione Biden.
https://it.wikipedia.org/wiki/Alejandro_Mayorkas



Dragor Alphandar

A Cuba il comunismo muore come ovunque: nella miseria e nel sangue.





"Io amo l'odio" (Che Guevara)
" L’odio è per i poveri stronzi" (Marco Pannella)

— “L’odio come fattore di lotta. L’odio intransigente contro il nemico, che permette all’uomo di superare i suoi limiti naturali e lo trasforma in una efficace, violenta, selettiva e fredda macchina per uccidere. I nostri soldati devono essere così: un popolo senza odio non può distruggere un nemico brutale. Bisogna portare la guerra fin dove il nemico la porta: nelle sue case, nei suoi luoghi di divertimento. Renderla totale”. (Che Guevara)

— “Amo l’odio, bisogna creare l’odio e l’intolleranza tra gli uomini, perché questo rende gli uomini freddi e selettivi e li trasforma in perfette macchine per uccidere”. (Che Guevara)

— “La via pacifica è da scordare e la violenza è inevitabile. Per la realizzazione di regimi socialisti dovranno scorrere fiumi di sangue nel segno della liberazione, anche a costo di vittime atomiche”. (Che Guevara)
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Fascisti, nazisti, comunisti, maomettisti e zingari

Messaggioda Berto » ven ago 13, 2021 9:42 pm

È morto il comunista antiamericano, antisraeliano e filo nazi maomettano Gino Strada, non provo alcun dispiacere per la sua morte e mai ho avuto alcuna simpatia per questo individuo.


È passato ad “altra” vita. E va bene così. Non piango conoscendo troppe cose su di lui; ma leggete ciò che ha pubblicato il mio amico Marco Urago su di lui e pensate che lo ha conosciuto personalmente per aver fatto parte (credo per almeno 3 anni) della sua equipe.
Emanuel Segre Amar
13 agosto 2021

https://www.facebook.com/emanuel.segrea ... 3447079741

E va bene, visto che siete in tanti curiosi per ll mio post su g.s., vi accontento. correva l'anno.....in cui mi sbattevo in Afghanistan cercando con amici e collaboratori di costruire un futuro per quel Paese. cercavamo di costruire due ospedali.la logica della Cooperazione è sempre stata quella di costruire posti e formare il personale sì da non dare del pesce ma imnsegnare a pescare.li c'erano due ospedali di emergency a laskar g. e kabul. ottimo lavoro in entrambi i posti ma con nessun personale afghano nelle posizioni funzionali, solo francesi,italiani, danesi...... dall'italia, e sottolineo dall'Italia, GS sparava a zero sul presidente afgano: ladro, terrorista, narcotrafficante....... e dall e dall e dall che un giorno gli afgani gli fanno un biscotto. vengono trovate armi nell'ospedale e arrestati medici e infermieri italiani.parte un duro e dico duro confronto con americani tra la ns ambasciata i ns servizi e quelli americani afgani...... e quando dico dura dico davvero dura ero a kabul, sentivo urla,e ...... vari. nel frattempo il ns. ...dall'italia...e sottolineo dall'Italia...continuava a sparare a zero con dichiarazioni di fuoco mettendo in imbarazzo la ns. delegazione che necessitava di silenzio per lavorare sotto traccia..... lui , il solito pieno di sè, integralista,aggiungerei antisemita....picchiava duro.viene rintracciato e gli si chiede silenzio stampa.....ma de che comincia a picchiare duro anche contro i ns servizi, pagati conniventi..... su militari e diplomatici meglio tacere...torno ad herat...mi convoca il governatore e mi dice.....dr. urago lo sa che voci mi dicono che ci potrebbe essere droga nei vs ospedali?...lo guardo, sorrido....e gli faccio ...come all'ospedale di laskar gar?.... lui sorride e mi dice. so di che pasta lei è fatto non si preoccupi continui a lavorare tranquillo, ma s potesse dire a quello...di stare un po' zitto.... lo comunico a chi di competenza. passa qualche settimana e liberano finalmente i ns concittadini. l'ambasciata chiede al ns. se vogliono tornare con aereo di stato...ok va bene si organizza il transfer in gran silenzio.d'un tratto arriva il niet dall'italia e se ne vanno via terra per i cazzi loro. figura di m... galattica con gli afgani..e gli americani.dichiarazioni al veleno dall'italia....salvati gli italiani grazie al ns coraggio si sono tutti messi paura... siamo forti e non abbiamo bisogno di nessuno.....pezzo di merda...... e tutti quelli che si sono spaccati il culo...in silenzio con grande professionalità?....ma vaffanculo ..sommessamente...oggi è una giornata particolare




È MORTO GINO STRADA: il katanghese con la chiave inglese.
Gigi Moncalvo


https://www.facebook.com/permalink.php? ... 7099575708

Il pacifista, la colomba, l'uomo che ama il bene e fa del bene, il missionario laico che va in soccorso degli oppressi, colui che predica col ramoscello d'ulivo in bocca, è lo stesso che faceva da "luogotenente", insieme al futuro odontoiatra Leghissa, a Luca Cafiero il famigerato capo del servizio d'ordine del famigerato Movimento Studentesco del l'Università Statale di Milano, quello dei terribili e mai dimenticati "katanghesi".
Sì, è proprio lui: il "pacifista" Gino Strada, colui che oggi dà dei "delinquenti politici" agli esponenti della casa della Libertà e dei DS che non vogliono soggiacere ai suoi diktat di aspirante leader politico che sogna un seggio in Parlamento. Per l'esattezza Strada, insieme a Leghissa, era il capo del servizio d'ordine di Medicina e Scienze e il suo gruppo o squadra aveva questo inequivocabile nome: "Lenin".
Rispetto ai capi degli altri servizi d'ordine, ad esempio Mario Martucci per la Bocconi e il suo gruppo "Stalin", o Franco Origoni per la squadra di Architettura, o Roberto Tuminelli, l'erede delle famose scuole private per il recupero anni, alla guida del gruppo "Dimitroff", il bulgaro segretario della Terza Internazionale accusato da Hitler di aver incendiato il Reichstag, il gruppo guidato da Strada si distingueva per la più cieca obbedienza e fedeltà a quel fior di democratico e di amante dei diritti civili che rispondeva al nome di Luca Cafiero, capo supremo di tutti i Servizi d'Ordine e poi divenuto deputato del PCI, candidato a Napoli, dove superò addirittura in fatto di preferenze l'on. Giorgio Napolitano.
Ora Cafiero è ritornato a fare il docente universitario alla facoltà di Filosofia della Statale. Al comando generale e assoluto di Cafiero c'erano i gruppi "Stalin", "Dimitroff" e tanti altri, ciascuno dei quali aveva uno o più, sotto-capi, ma era il "Lenin" di Gino Strada che si distingueva per la prontezza e la capacità di intervento laddove ce ne fosse stato bisogno.
In sostanza, ancora ben lontano dallo scoprire il suo attuale animo pacifista, Gino Strada era uno degli uomini di punta di quel Movimento dichiaratamente marxista-leninista-stalinista-maoista che aveva i suoi uomini guida in Mario Capanna, Salvatore "Turi" Toscano e Luca Cafiero. I milanesi, e non solo loro, ricordano benissimo quegli anni, e soprattutto quei sabati di violenza, di scontri, di disordini. Ma ora nessuno dice loro che ad accendere quelle scintille c'era anche l'odierno "predicatore" Gino Strada.
Solo che allora non aveva dimestichezza con le colombe bianche, le bandiere multicolori, il rispetto altrui, il ramoscello d'ulivo.
Ma era molto di più avvezzo ai seguenti segni identificativi: l'eskimo, il casco da combattimento, e l'obbligo di portare con sé, 24 ore su 24, le "caramelle": cioè due sassi nelle tasche e soprattutto "la penna", cioè la famosa Hazet 36 cromata, una chiave inglese d'acciaio lunga quasi mezzo metro nascosta sotto l'eskimo o nelle tasche del loden.
Alla "penna", si usava tale termine durante le telefonate per evitare problemi con le intercettazioni, si era arrivati partendo dalla "stagetta" (i manici di piccone che avevano il difetto di spezzarsi al contatto col cranio da colpire), dalle mazze con avvitato un bullone sulla sommità per fare più male, e dai tondini di ferro usati per armare il cemento, ma anch'essi non adatti poiché si piegavano.
I katanghesi e il loro servizio d'ordine, Gino Strada in testa, erano arrivati a questa scelta finale in fatto di armamentario, su esplicita indicazione del loro collegio di difesa che allineava nomi oggi famosissimi come quello di Gaetano Pecorella, Marco Janni, Gigi Mariani, insieme ad altre decine di futuri principi del foro, mentre sul fronte dei "Magistrati Democratici" spiccava la figura di Edmondo Bruti Liberati.
Il "collegio di difesa" aveva dato istruzioni ben precise in caso di arresti e processi: "Negare sempre l'evidenza", anche in caso di fotografie o filmati inequivocabili, definire come "strumento di lavoro" la scoperta eventuale della chiave inglese. Sarebbe stato difficile giustificare come tale un manico da piccone o un tondino di ferro, facilmente considerabili e catalogabili come "arma impropria", mentre diventata più facile con la chiave inglese.
"Dite che stavate andando a riparare il bagno della nonna o che vi serviva per sistemare l'auto di vostro padre", poteva essere una delle indicazioni difensive consigliate in caso di bisogno.
"Pacifici ma mai pacifisti" era uno degli slogan ideati da Mario Capanna, ed è strano dunque che oggi Gino Strada si definisca proprio "pacifista". Comunque, a parte la canzoncina ritmata con cui si caricavano prima degli scontri (kata-kata-katanga), essi pronunciavano ad alta voce ben altri slogan di quelli di oggi e perseguivano ben altri obiettivi.
E i loro avversari non erano solo i Tommaso Staiti sul fronte della destra, ma anche i "compagni" di Avanguardia Operaia (molti dei quali oggi sono esponenti dei Verdi), Lotta Continua (dei Sofri, Mario Deaglio, Gad Lerner, apprezzato radiocronista dai microfoni di Radio Popolare incaricato di dare le istruzioni in diretta sulle vie da evitare e sulle strade di fuga in cui fuggire) e Lotta Comunista (memorabile e indimenticabile uno scontro di inaudita violenza) e perfino coi primi gruppi di Comunione & Liberazione.
Anche quelli di sinistra erano i "nemici" di Strada al pari di Tom Staiti e dei suoi. Non c'è bisogno di scomodare la memoria del prefetto Mazza e del suo famoso rapporto, la cui rispondenza alla verità venne riconosciuta solo molti anni dopo, per affermare che il servizio d'ordine del Movimento Studentesco era uno dei corpi più militarizzati, una autentica banda armata che incuteva terrore e seminava odio in quegli anni.
Si trattava di una autentica falange macedone di 300-500 persone, (Strada e Leghissa ne guidavano una cinquantina), che non arretravano di un millimetro nemmeno di fronte agli scudi della polizia in assetto da combattimento. Semmai, purtroppo avveniva talvolta il contrario. Unico aspetto positivo è che, a differenza di Lotta Continua, l'MS non ha prodotto successivi passaggi al terrorismo. Anche se bisognerebbe riaprire le pagine del delitto Franceschi alla Bocconi e sarebbe ora che la coscienza di qualcuno che conosce la verità finalmente si aprisse.
Che si trattasse di un corpo militarizzato, in tutti i sensi, strumenti di violenza compresi, è fuor di dubbio. Così come è indubitabile la autentica ed elevata ferocia che caratterizzava quei gruppi che attaccavano deliberatamente la polizia come quando si trattò di arrivare alla Bocconi per conquistare il diritto dei lavoratori
ad avere le aule per i loro corsi serali.
E non possono certo essere le attuali conversioni dei Sergio Cusani, degli Alessandro Dalai, dei Gino Strada, degli Ugo Volli (considerato, senza ritengno alcuno, "l'erede di Umberto Eco") o degli Ugo Vallardi (al vertice del gruppo Rizzoli-Corriere della Sera) a far dimenticare quegli anni, quelle violenze, e quelle "squadre di
propaganda" di cui faceva parte anche un certo Sergio Cofferati, in qualità di studente-lavoratore della Pirelli.
Qualcuno, quando incrocia il dottor Gino Strada in qualche talk-show televisivo, vuole provare a ricordargli se ha qualche ricordo di quei giorni, di quegli scontri, di quelle spranghe, di quei ragazzi (poliziotti o studenti) rimasti sul selciato? Che bello sarebbe poterglielo chiedere al dottor Gino Strada se rinnega il suo passato e come si concilia col suo presente.
E poi, soprattutto: quale titolo ha costui per poter definire "delinquenti politici" gli altri?



E TALI RIMASERO
Niram Ferretti
13 agosto 2021

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

Santo laico, lui che non credeva in Dio, ma che senz'altro, e chi lo nega? fece del bene dedicandosi a vittime selezionate, (non si può, ovviamente aiutare tutti), Gino Strada, antiamerikano al cubo che vantava una amicizia con Noam Chomsky, se ne è andato.
Odiava la guerra, ma soprattutto, ancora selettivamente, odiava alcuni "guerrafondai" in particolare, gli USA.
Nel 2003, intervistato sull'Unità da Piero Sansonetti, il fondatore di Emergency dichiarava senza alcun problema che in quel momento, i più pericolosi paesi al mondo erano tre: Corea del Nord, Siria, Iraq? no, "Stati Uniti, Israele, Russia". Ah ecco, ci sembrava, soprattutto i primi due.
"Noi di Emergency mettiamo sullo stesso piano il terrorismo di frange palestinesi e quello del governo israeliano". Plurale majestatis? Forse.
L'importante è sapere come la pensava. Non risulta abbia cambiato idea con il passare del tempo.
Certo, si possono salvare delle vite, e mettere sullo stesso piano Israele e il terrorismo jihadista, o reputare George W. Bush peggio di Saddam Hussein, ma la prima cosa non emenda dalle storture della mente e dalle aberrazioni ideologiche.
Figliato dall'estremismo di sinistra, l'ex katanghista Gino Strada, all'epoca della lotta studentesca a capo del gruppo "Lenin", non si è mai tolto l'eskimo nemmeno quando indossava il camice verde da chirurgo.

Pasquale Mammoliti
Fratelli e sorelle, Ginetto usava la medicina e il suo presunto "umanitarismo" per fini politici. In vecchiaia aveva imparato a riconoscere qualche "grigio", dopo aver vissuto per decenni vedendo solo "bianco o nero". Ma e' fondamentalmente rimasto un "pacifista selettivo", la specie peggiore e piu' pericolosa. Il Signore lo giudichera'. Preghiamo


Daniele Coppin
In realtà l'antisemita è la figlia. Gino Strada, qualche anno fa denunciò il fatto che gli aiuti economici dati ai Palestinesi fossero soldi mal spesi. Ciò detto, ho sempre trovato sbagliato la sua difesa del "macellaio di Karthoum" e il fatto che si accordasse con i talebani per fare i suoi ospedali.

Genserico Vandalorum
Daniele Coppin chi sarebbe il macellaio di Karthum?

Daniele Coppin
Omar Al Bashir


Niram Ferretti
Daniele Coppin, Strada non denunciò nulla, si limitò a dire che l'Autorità Palestinese è una realtà corrotta, cosa che sanno anche i sassi, ma questo non fa certo di lui un amico di Israele, che Strada, in ossequio alla sua ortodossia di estrema sinistra, considerava uno stato guerrafondaio che non poteva essere in alcun modo preferito al terrorismo palestinese. Era un ideologo prestato alla medicina e lo è rimasto fino alla fine.



Alberto Pento
Non riesco a provare alcun dispiacere e alcuna simpatia per costui. Sarò anche senza cuore ma non certo ipocrita.
Gran parte della violenza e del male che vi è al mondo è causata da gente dello stesso schieramento ideologico politico di Gino Strada che demenzialmente si credono i salvatori del mondo.

Andrea Contini
Fascistelli

Alberto Pento
Chi è più fascistello di un arrogante e demenziale internazicomunista antisemita/antisraeliano, antiamericano, filo nazi maomettano, filo cubano, filo cinese, filo Corea del Nord, ... filo suprematismo razzista nero, ferocemente contrario al libero esercizio dei diritti umani naturali e universali, civili e politici dei nativi e indigeni europei specialmente se bianchi e cristiani, pro invasione dei clandestini, e la lista potrebbe continuare, ... ? Un individuo così è meglio perderlo che trovarlo.




Gino Strada, chi è la figlia Cecilia (e perché non era accanto a lui nelle ultime ore)
13 agosto 2021

https://www.ilmessaggero.it/persone/cec ... 36858.html

Toccante annuncio di Cecilia Strada, la figlia del fondatore di Emergency, su Twitter. «Amici, il mio papà Gino Strada non c'è più. Io vi abbraccio ma non posso rispondere ai vostri tanti messaggi (grazie), perché sono qui: dove abbiamo appena fatto un soccorso e salvato vite. È quello che mi hanno insegnato lui e la mia mamma».

Gino Strada morto mentre il "suo" Afghanistan esplode. «Qui curiamo tutti, civili e talebani»

Amici, il mio papà #GinoStrada non c'è più. Io vi abbraccio ma non posso rispondere ai vostri tanti messaggi (grazie), perché sono qui: dove abbiamo appena fatto un soccorso e salvato vite.

È quello che mi hanno insegnato lui e la mia mamma.

Abbracci forti a tutte e tutti. https://t.co/956bU9qZE8
— Cecilia Strada (@cecilia_strada) August 13, 2021

Gino Strada è morto a 73 anni. Ecco il suo augurio per il 25 aprile 2020
Una sola missione: salvare vite

La figlia di Strada non ha potuto essere accanto al padre mentre moriva proprio per questo: perché stava salvando vite. La donna è infatti nell'equipaggio di ResQ People - della ong "ResQ - People saving people", il cui presidente onorario è l'ex pm del pool di Mani Pulite Gherardo Colombo, che ha soccorso circa 85 persone in zona sar libica che si trovavano su una piccola barca di legno.

Luciano Scalettari, presidente di ResQ, ha ricordato Strada, «una grande figura nell'ambito dell'aiuto umanitario e ha fatto cambiare molte cose grazie ad Emergency e tutto quello che ha fatto. Ha sempre sostenuto concretamente che non c'è essere umano preferito ad un altro, e l'ha dimostrato con i fatti; è stato un grande pacifista, ha sempre curato i feriti e condannato le guerre. Noi di ResQ abbiamo l'onore di avere tra di noi la figlia Cecilia Strada, che in questo momento non può essere al suo fianco perché si trova in mezzo al mare a salvare le persone come suo padre e sua madre hanno sempre fatto».

Il premio per la pace

Ex presidente di Emergency, classe 1979, Cecilia è figlia di Gino Strada e di Teresa Sarti. Tre anni fa ha ricevuto il Premio Nazionale Cultura della Pace «per le molteplici attività svolte, per la sua opera sociale all’interno di un'associazione, così come per il lavoro di informazione, controinformazione e testimonianza riguardo ai teatri di guerra e alle possibili soluzioni da adottare. Tutto ciò ha permesso e permette a molti di conoscere realtà complesse, di aprire orizzonti diversi e di creare spazi di impegno decisivi per il progresso della società.».



Gino Strada, l'ultimo articolo prima della scomparsa: "Così ho visto morire Kabul"
13 agosto 2021

https://www.tgcom24.mediaset.it/cronaca ... 102k.shtml

Il contributo sulla guerra in Afghanistan firmato del fondatore di Emergency era stato pubblicato da La Stampa proprio questa mattina

La rapida avanzata dei talebani, sottolinea Strada, "non dovrebbe sorprendere nessuno che abbia una discreta conoscenza dell'Afghanistan o almeno buona memoria. Mi sembra che manchino - meglio: che siano sempre mancate - entrambe".

"Totale illegalità internazionale" dell'operazione Usa - Il fondatore di Emergency ribadisce la "totale illegalità internazionale" dell'operazione statunitense in terra afghana, poiché è il Consiglio di Sicurezza Onu l'unico organismo internazionale "che ha il diritto di ricorrere all'uso della forza". La decisione "di attaccare militarmente e di occupare l’Afghanistan era stata presa nell’autunno del 2000 già dall’Amministrazione Clinton, come si leggeva all’epoca sui giornali pakistani e come suggerisce la tempistica dell’intervento".

Da "guerra al terrorismo" a "guerra contro i talebani" - Per Gino Strada, all'indomani dell'11 settembre l'Afghanistan veniva attaccato "ufficialmente perché forniva ospitalità e supporto alla 'guerra santa' anti-Usa di Osama bin Laden. Così la 'guerra al terrorismo' diventò di fatto la guerra per l'eliminazione del regime talebano al potere dal settembre 1996, dopo che per almeno due anni gli Stati Uniti avevano 'trattato' per trovare un accordo con i talebani stessi".

L'Italia e la tragedia umana della guerra - Nel suo excursus, il medico milanese non manca di sottolineare anche il coinvolgimento dell'Italia, che il 7 novembre 2001 approva una risoluzione a favore della guerra. "Chi allora si opponeva alla partecipazione dell’Italia alla missione militare, contraria alla Costituzione oltre che a qualunque logica, veniva accusato pubblicamente di essere un traditore dell'Occidente, un amico dei terroristi, un'anima bella nel migliore dei casi". I costi umani apparvero subito terrificanti: l'intervento della coalizione internazionale che ne conseguì "si tradusse, nei primi tre mesi del 2001, solo a Kabul e dintorni, in un numero vittime civili superiore agli attentati di New York".

Un "Paese distrutto" - Gino Strada ricorda poi di aver vissuto in Afghanistan complessivamente sette anni e di aver fatto esperienza diretta della tragedia della guerra: oltre alle 241mila vittime e ai 5 milioni di sfollati, tra interni e richiedenti asilo, "l'Afghanistan oggi è un Paese che sta per precipitare di nuovo in una guerra civile, i talebani sono più forti di prima, le truppe internazionali sono state sconfitte e la loro presenza e autorevolezza nell’area è ancora più debole che nel 2001. E soprattutto è un Paese distrutto, da cui chi può cerca di scappare anche se sa che dovrà patire l’inferno per arrivare in Europa".



Migranti, Gino Strada adesso insulta "Un governo di fascisti e coglioni"
Luca Romano
21 gennaio 2019

https://www.ilgiornale.it/news/cronache ... 32041.html

Gino Strada torna ad attaccare il governo. Il fondatore di Emergency commenta l'emergenza immigrazione delle ultime ore con un anufragio nel Mediterraneo e il salvataggio da parte della Libia di 100 migranti su un barcone in avaria: "Gli esseri umani non sono sacchi di patate, che vengono dirottati, tu ne prendi 10, io 15. Ma dico siamo impazziti? Questo è un mondo di barbari. Qui stiamo tornando con le stesse logiche di tempi che speravamo non dovessero più ripresentarsi. Questa idea di un europa che si chiude con muri è un'idea che ha un nome molto chiaro: l'idea della fortezza europa è un'idea hitleriana", ha affermato ai microfoni di Radio Capital a "Circo Massimo".

A questo punto arriva l'affondo: "Quando alla fine si è governati da una banda dove una metà sono fascisti e l'altra metà sono coglioni non c'è una grande prospettiva per il paese". Ma Strada ha un bersaglio preferito: Matteo Salvini. L'attacco al ministro degli Interni è durissimo: "Mi stupisce la completa disumanità di questo signore. È un atteggiamento che non è soltanto non solidale o indifferente, ma è gretto, ignorante. È un atteggiamento criminale, questi sono dei criminali, dobbiamo svegliarci ci stanno ammazzando la gente sotto i nostri occhi e li sta ammazzando un governo che, purtroppo, molti italiani hanno anche assecondato e votato. È il nuovo fascistello, che indossa tutte le divise possibili eccetto quella dei carcerati, non ha preso il 90 per cento dei voti". Infine lancia un appello: "I cittadini devono organizzare una resistenza di fronte a questa nuova barbarie, a questo nuovo fascismo misto a incompetenza e a bullismo che sta dilagando".



Il "pacifismo" di Gino Strada
Hitler come Bush e Israele peggio di Irak o Corea del nord: ecco il finto pacifismo di Gino Strada
10.01.2003
Testata:Informazione Corretta
Autore: Giorgia Greco

https://www.informazionecorretta.com/ma ... 20&id=8506

L'Unità del 9 gennaio pubblica un’intervista a Gino Strada di Piero Sansonetti.
Il capo di Emergency risponde alle domande del giornalista sulla pace e sul significato di pacifismo, esprimendo concetti, probabilmente, condivisi da molti nel mondo occidentale.

Contrariamente a quanto Strada afferma, nessuno auspica la guerra per il solo gusto di farla, nessuna madre americana o europea vorrebbe vedere suo figlio partire per il fronte ma troppo spesso la guerra rimane l’unico mezzo per fermare dittatori sanguinari e Saddam Hussein – Gino Strada dovrebbe saperlo – lo è.

Quello che lascia sgomenti nelle affermazioni del capo di Emergency è l’attacco durissimo rivolto all’America e immediatamente dopo ad Israele.

Riportiamo gli stralci dell’intervista nei quali il suo pensiero si esprime compiutamente.
Lei non fa nessuna distinzione tra uso della forza e terrorismo?

Il terrorismo è la forma moderna della guerra. E’ stato terrorismo l’uso dei gas in Russia, che ha ucciso gente inerme in un teatro
Ma anche tutti i terroristi "veri"
Lo è stato l’uso del napalm, le bombe a Tel Aviv dei palestinesi e le rappresaglie israeliane.
Le bombe dei palestinesi avevano lo scopo di sterminare, facendo a brandelli, il numero più alto possibile di civili israeliani, le risposte israeliane non ci sarebbero nemmeno senza le bombe.

E’ troppo facile oltre che spregevole mettere sempre sullo stesso piano vittime e carnefici!
Dunque se Saddam è come Hitler prima si interviene per fermarlo e meglio è. Saddam Hussein è come Hitler?

Guarda, se si facesse un referendum mondiale, e si chiedesse ai sei miliardi di cittadini che popolano il mondo in chi vedono il pericolo di un nuovo Hitler, so con certezza chi vincerebbe il referendum: lo vincerebbe Gorge Bush. Del resto chi è che oggi più di chiunque altro al mondo mette a rischio la sicurezza internazionale?

Se qualche lettore di I.C. pensa a Saddam Hussein , dittatore sanguinario che ha sterminato migliaia di curdi, che opprime con un regime crudele il suo popolo, che ha nei giorni scorsi acclamato l’operato dei kamikaze palestinesi di Tel Aviv, che elargisce somme ingentissime alle famiglie dei terroristi, ebbene si sbaglia di grosso perché il signor Strada ha la risposta "certa".
Quel guerrafondaio, petroliere, figlio di petroliere guerrafondaio, che è George Bush.

I paesi più pericolosi per il mondo, in questo momento sono tre.
Corea del Nord, Siria, Iraq? NO!
Al primo posto gli Stati Uniti
Come sempre si guadagnano la medaglia d’oro
Al secondo Israele
Si deve accontentare della medaglia d’argento, ma poteva andargli peggio!
Al terzo la Russia.

Strada, perché il pacifismo è filopalestinese? Non sarebbe giusto mettere sullo stesso piano il terrorismo palestinese e le rappresaglie di Sharon?

Noi di Emergency mettiamo sullo stesso piano il terrorismo di frange palestinesi e quello del governo israeliano.
Israele è l’unico stato democratico del Medio Oriente circondato da regimi dittatoriali, l’unico stato nel quale anche gli arabi e tutte le minoranze possono esprimere le proprie opinioni, l’unico stato dove vige un sistema giudiziario con tribunali e avvocati, l’unico stato dove la democrazia non è solo una parola in bocca a dittatori ma viene realmente agita.

Per il signor Strada invece Israele è uno stato "pericoloso", "guerrafondaio" e "terrorista":
Gino Strada ha finalmente detto come la pensa. Ed è a uomo così che viene concesso il credito di cui gode.





"Quello che stiamo vivendo a Gaza è terrificante": le voci di medici e bambini
Le ong presenti nella Striscia, da Medici Senza Frontiere a Save The Children, affidano alla rete le parole di medici, operatori e bambini: un vero e proprio diario quotidiano. L'appello di Emergency.
Daniele Nalbone 20 Maggio 2021

https://www.micromega.net/gaza-racconto-guerra/

“Ho vissuto le offensive israeliane del 2008 e del 2014, ma l’operazione militare che stiamo vivendo oggi è molto più dura e più terrificante di qualsiasi altra avvenuta in precedenza”. Inizia così il racconto di Aymen al-Djaroucha, coordinatore di Medici Senza Frontiere a Gaza. Un racconto affidato al sito di Msf e postato sui social che punta a spiegare cosa sta accadendo nell’inferno della Striscia. Nessuna analisi geopolitica, ma un semplice “diario” volto ad accendere i riflettori sulla situazione e a mostrare gli effetti del conflitto in corso. Di fatto, le ong stanno riuscendo dove i giornalisti non possono arrivare, sopperendo a un vuoto informativo dovuto all’assenza di cronisti internazionali nei luoghi del bombardamento.

“I bombardamenti sono costanti, notte e giorno, non si fermano mai. Tutto è preso di mira: strade, case, palazzi. Gaza è lunga solo 40 chilometri, e ovunque cadano le bombe, l’esplosione si sente sempre” racconta. “Il condominio di Gaza City in cui vivevo con mia moglie, mia madre e i miei figli è stato danneggiato da un attacco aereo venerdì scorso. Il custode dell’edificio ha ricevuto una chiamata dagli israeliani che gli dicevano che tutti i residenti dell’edificio dovevano evacuare il palazzo perché sarebbe stato colpito. Sappiamo che questa chiamata arriva a pochi minuti o a un’ora prima dell’arrivo delle bombe. Siamo scesi dall’ottavo piano lungo le scale in meno di un minuto. Ho cercato di portare tutti in un posto sicuro il più lontano possibile”.

Il racconto del bombardamento

“Ricordo che mia moglie mi ha detto di non voler vedere il posto dove era cresciuta, un posto pieno di suoi ricordi, andare distrutto. Subito dopo ho sentito l’esplosione e ho visto la polvere, era tutto in fiamme. L’edificio è danneggiato, molti appartamenti sono stati distrutti e non so cosa sia rimasto del nostro. Non so nemmeno se potremo tornare a vivere lì. Da quel giorno la mia famiglia vive con mia suocera e io dormo in ufficio. Lavoro quasi tutto il tempo. Sembra un incubo a occhi aperti”.

Molte famiglie che abitano nella parte est di Gaza sono scappate verso quella occidentale perché temono un’invasione di Israele via terra. Stanno cercando rifugio vicino ad Al-Shifa, l’ospedale più grande di Gaza, e nelle scuole gestite dall’UNRWA. Ma anche quella zona, come mostrato dalla foto qui sotto, non è stata risparmiata dai bombardamenti.
16 maggio 2021, Gaza City nei pressi dell’ospedale Al-Shifa. Foto Mohammed Talatene / dpa

Danneggiata anche la clinica di Medici Senza Frontiere

Tra il 15 e il 16 maggio i bombardamenti hanno interessato la zona dove sorgono gli uffici e la clinica della ong: “Ricordo le urla degli uomini e delle donne nel cuore della notte, è stato terrificante” racconta Aymen al-Djaroucha. I feriti hanno fratture e lesioni causate da schegge di bombe e proiettili. “I bisogni sono molti, soprattutto in chirurgia e terapia intensiva. I pazienti sono donne, uomini, bambini: nessuno viene risparmiato. È il destino degli abitanti di Gaza. In pochi anni abbiamo vissuto diverse guerre e non sappiamo quando finirà, quando finalmente potremo vivere una vita normale”.

“La situazione è orribile da una settimana, il numero di vittime civili aumenta ogni giorno. Quando ho visto i danni nell’area e alla nostra clinica la mattina dopo l’attacco, sono rimasto senza parole. Ogni cosa è stata colpita: case, strade, alberi. Nella clinica, dove vediamo oltre mille bambini all’anno con ustioni e ferite da trauma, mancava un muro e i detriti erano ovunque. La clinica ora è chiusa non solo per i danni subiti, ma anche perché la strada per accedervi è stata totalmente distrutta e la zona è ancora pericolosa” racconta Mohammed Abu Mughaiseeb, vicecoordinatore medico di Medici Senza Frontiere a Gaza.

“La situazione è critica” denuncia Ely Sok, capomissione della ong nei Territori palestinesi: “I feriti aumentano e personale e forniture non possono entrare. In 24 ore si esaurirà la disponibilità di sacche di sangue e non si potranno più effettuare trasfusioni. Abbiamo urgente bisogno di predisporre un accesso sicuro per lo staff e per le forniture mediche”. Nel mirino, ovviamente, il blocco imposto da Israele con la chiusura dei confini della Striscia.

Le voci dei bambini di Gaza

Ed è proprio contro il blocco della Striscia che si scaglia un’altra ong, Save The Children, “a Gaza i servizi elettrici sono stati gravemente danneggiati dalle bombe e i servizi salvavita non ci sono più. I rifornimenti di carburante verso la striscia di Gaza sono bloccati perché Israele ha chiuso i confini che ne permetterebbero l’entrata. La situazione è drammatica perché molti dei servizi erano già sull’orlo del baratro a causa del COVID-19 e con scorte mediche limitate per via del blocco in vigore. Chiediamo quindi che il blocco su Gaza venga revocato urgentemente perché le vite dei bambini sono in serio pericolo. Il governo di Israele e tutte le parti devono consentire agli operatori umanitari di raggiungere i minori con aiuti salvavita e l’ingresso senza ostacoli di rifornimenti essenziali e carburante”.

Ma è ai bambini che Save The Children ha consegnato il racconto di Gaza sotto le bombe: “Ogni volta che c’è un attacco aereo ci spaventiamo, ogni volta che proviamo a scappare quando arriviamo alla porta c’è un altro attacco”.

“La situazione è terrificante. I bambini stanno morendo, siamo bombardati da ogni parte” denuncia Yasmine, una bambina di 11 anni.

L’appello di Emergency: “Cessate il fuoco”

“Cambiano i pretesti della guerra, ma non cambia mai la sostanza: i bombardamenti aerei sulla Striscia di Gaza, i razzi sparati su Israele si traducono in paura, vite perse, persone ferite” denuncia Emergency con una nota pubblicata sui social il 18 maggio. “Il conflitto israelo-palestinese è ormai la storia angosciante di un circolo vizioso di violenza e negazione di diritti: l’embargo e la segregazione in cui vivono da anni i palestinesi e la militarizzazione estrema di Israele si autoalimentano a vicenda senza fine. È un circolo che produce morti, sfollati, feriti, persone che non vedono futuro fuori dalla violenza. La popolazione civile è sempre la prima vittima: inerme, inascoltata, impotente, a volte strumentalizzata. Vediamo accadere lo stesso in altre parti del mondo: neanche questa crisi sanitaria mondiale è riuscita a fermare la violenza delle armi e invertire la rotta”. Per questo Emergency “si unisce agli appelli internazionali per il cessate il fuoco e l’avvio di un processo di pace per il rispetto dei diritti umani e della vita dei civili”.

Aggiornamento ore 15 del 20 maggio: negato ancora l’ingresso a un team MSF

È stato di nuovo impedito l’ingresso nella Striscia di Gaza ad un team di Medici Senza Frontiere, nonostante i crescenti bisogni umanitari causati dal conflitto. Intanto gli ospedali sono carenti di molti materiali per curare i feriti, a cominciare dalle sacche di sangue.

“Sono trascorsi ormai più di dieci giorni dall’inizio dei bombardamenti israeliani sulla Striscia e stanno aumentando i bisogni umanitari, con oltre 1.400 feriti e decine di migliaia di sfollati” denuncia Ely Sok, capomissione di MSF nei Territori palestinesi. “Il sistema sanitario, che già deve fronteggiare numerose carenze anche quando non ci sono bombardamenti, non dispone dei materiali fondamentali per curare i feriti, a cominciare dalle sacche di sangue. Non sappiamo ancora quando l’équipe di MSF sarà in grado di entrare a Gaza per unirsi ai nostri colleghi già sul posto. Chiediamo che siano riaperti immediatamente i valichi di frontiera e che sia garantita una circolazione sicura di personale e forniture umanitarie per scongiurare una catastrofe ancora più grave”.


Alberto Pento

Trattasi di un arrogante e demenziale internazicomunista antisemita/antisraeliano, antiamericano, filo nazi maomettano, filo cubano, filo cinese, filo Corea del Nord, ... filo suprematismo razzista nero, ferocemente contrario al libero esercizio dei diritti umani naturali e universali, civili e politici dei nativi e indigeni europei specialmente se bianchi e cristiani, pro invasione dei clandestini, e la lista potrebbe continuare, ... ? Un individuo così è meglio perderlo che trovarlo.

La coscienza della realtà e il senso del bene e del male di questo individuo fa acqua da tutte le parti. Questi presuntuosi, arroganti, demenziali e fallimentari salvatori del mondo (con l'ossessione dei deboli e degli ultimi e l'avversione per tutti gli altri) fanno più male che bene, il loro giudizio è pieno di pregiudizi e di irresponsabilità oltre che essere dei vergognosi calunniatori
.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Fascisti, nazisti, comunisti, maomettisti e zingari

Messaggioda Berto » mar ott 05, 2021 6:43 am

IL VOLTO, GLI OCCHI
Niram Ferretti
14 luglio 2021

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

Non bisogna essere lombrosiani si dice, malgrado la fisiognomica abbia spesso molto da dire sull'interiorità di una persona, e basta guadare molti capolavori ritrattistici della pittura occidentale, da Tiziano a Tintoretto, da Rembandt a Velazquez a Lucien Freud per riconoscere la precisione di quanto Schopenhauer scrive nel capitolo ventinovesimo dei Parerga e Paralipomena:
"Ogni volto umano è un geroglifico, che, per la verità, si lascia decifrare, e l'alfabeto del quale ognuno porta in sè già pronto. Anzi, il viso di un essere umano, di regola, dice cose più interessanti di quelle che dice la sua bocca: poiché il viso è il compendio di tutto ciò che la bocca possa mai dire".
Del volto, nel volto, lo sguardo ha una eloquenza formidabile e si è sempre detto che esso fosse lo specchio dell'anima (e di nuovo basta guardare i sommi esempi che ci hanno lasciato i maestri sopracitati).
Il bene che Gino Strada ha fatto, salvando, dicono, molte vite seppure con parzialità ideologica, nulla toglie alla cupezza torva di uno sguardo che sembrava originato dalla rabbia, da una furia repressa a stento.
Non era lo sguardo di un uomo di pace.

Alberto Pento
Non era lo sguardo non solo di un uomo di pace ma nemmeno di un uomo buono e giusto.
È lo sguardo di un suprematista internazi comunista pieno di odio e di discriminazione ideologica e sociale che richiama per analogia l'odio e la discriminazione razziale del suprematismo razziale o razzismo.


Angela Sadun
Veramente se ci riduciamo a fare considerazioni di questo genere per trovare ulteriori impressioni negative su quest'uomo direi che stiamo proprio a grattare il fondo del barile! Chiaro che non fosse un santo cristiano con quelle belle facce paciose da martire contento... era un combattente cazzuto tormentato sicuramente con una grande energia che covava per esplodere e si è sublimata nel buttarsi a testa bassa a realizzare un'idea di valore universale: costruire ospedali per fare del bene. A chi? Ma a chi pareva a lui, ovvio!! È chi non avrebbe fatto altrettanto? Non si curano solo gli amici! E delle facce da santarellini... beh, parliamone

Niram Ferretti
Angela Sadun gentilissima, no, non era un santo nè uno zadik, era un chirurgo molto mediatico, molto politicizzato, con un granitico odio per l'Occidente e le sue ragioni, buone o cattive che siano state, nel fare guerre. Per lui, bastava che si trattasse degli Stati Uniti, e la condanna era già a priori. Nel 2003 disse che gli Usa erano lo Stato più pericoloso al mondo e il secondo in lista era Israele. Considerava la risposta di Israele al jihadismo palestinese terrorismo (non a caso era amico di Chomsky). Quando ci furono gli orrendi fatti del Bataclan disse che la colpa era della Francia. Mai una parola di condanna per l'estemismo islamico, mai una parola di condanna per i regimi comunisti. Per lui gli "amici" non sono sicuramente quelli con i quali lei andrebbe in vacanza. Quale "valore universale" signora? Mi aiuti a comprendere, un valore che escluda Israele e gli Stati Uniti?

Angela Sadun
Niram Ferretti ma neanche noi, occidentali israeliani o americani siamo SEMPRE dalla parte della ragione... dai un po' di modestia, anzi un po' di umiltà non ci farebbe male. Era quello che era, convinto di esserlo e certamente non era disposto a smentirsi per farsi amare o per far contento qualcuno... vogliamo mettere un po' sulla bilancia quello che ha fatto con quello che ha detto e vedere qual è il piatto che pende? E comunque giudichiamolo pure per le sue idee e condanniamolo se proprio vogliamo, ma non certo per la sua faccia!! Non sia mai qualcuno potrebbe dire che ha la faccia da ebreo........ Shalom

Niram Ferretti
Angela Sadun non c'entra essere dalla parte della ragione sempre, nessuno lo è. Strada era un estremista di sinistra e lo è rimasto tutta la sua vita. Ha fatto il medico, bene. I medici sottoscrivono il giuramento di Ippocrate, devono essere al servizio di tutti i bisognosi, ma Strada aveva una paticolare attenzione per chi considerava vittima dell'Occidente. Il piatto pende molto male dalla parte delle sue idee. Non lo condanno per la sua faccia, non condanno nessuno, mi limito a specificare chi era. Shalom.

Angela Sadun
Niram Ferretti mi scusi... ma è lei che ha intitolato l'articolo "il volto, gli occhi" e ha citato Lombroso.... eh

Niram Ferretti
Angela Sadun sì, perchè il volto di Strada era il volto di un uomo molto poco incline alla pace e alla tolleranza, anche se c'è chi vede nel suo sguardo "dolore e indignazione". Io vedo uno che da giovane girava con una chiave inglese in tasca per spaccare il cranio ai "fascisti", uno che non ha mai condannato il terrorismo islamico, nè ha mai detto una parola contro le dittature comuniste, poi sì, ha fatto degli ospedali e ha curato dei bisognosi. Faceva il medico, non il fioraio.

Bernardo Belgrado
Niram Ferretti quella della chiave inglese è una leggenda metropolitana, una diffamazione sulla quale mai nessuno ha trovato uno straccio di prova.
https://www.bufale.net/chiamano-gino-strada-chiave.../
Chiamano Gino Strada 'chiave inglese' e lo associano al 'caso Sergio Ramelli': zero fonti ad oggi
BUFALE.NET
Chiamano Gino Strada 'chiave inglese' e lo associano al 'caso Sergio Ramelli': zero fonti ad oggi
Chiamano Gino Strada 'chiave inglese' e lo associano al 'caso Sergio Ramelli': zero fonti ad oggi

Angela Sadun
Niram Ferretti premesso che io la leggo sempre e adoro quello che scrive, stavolta ha fatto uno sdrucciolone e adesso sta tentando di arrampicarsi sullo specchio scivoloso della dialettica... io per prima ho scritto che il carattere che quel volto indiscutibilmente esprime è combattivo e rivoluzionario, non di un pacifista tranquillo ma di qualcuno che ha fatto della pace la sua "guerra". Questa storia della chiave inglese sta diventando quasi una barzelletta, a quanti anni fa risale...?? Boh diciamo almeno 40, per quanto ancora vogliamo fargliela pagare? (Tra l'altro, domando... quante teste di fascisti ci ha spaccato??) Per gli ultimi 40 anni ha girato col bisturi in tasca del giubbotto... o no? E rimetteva insieme crani spaccati da altri. Con buona pace dell'espressione perennemente incazzata che aveva dipinta in faccia. Non fiori ma suture...

Niram Ferretti
Bernardo Belgrado mai scritto che Strada abbia avuto a che fare con l'omicidio Ramelli mentre è noto che durante gli anni della Statale fosse a capo di un gruppo chiamato amorevolmente "Lenin". Sulla chiave inglese non mi pronuncio, può essere che sia una leggenda metropolitana l'articolo che tu posti non lo dimostra, ma anche se in tasca, al posto della chiave inglese avesse tenuto un santino non cambia nulla sulle sue posizioni politiche e le sue dichiarazioni.

Bernardo Belgrado
Niram Ferretti vabbè. Lasciamo perdere. Chiudiamola qua. Leggi cosa hai detto. Hai detto che girava con una chiave inglese in tasca per spaccare il cranio ai fascisti. E il mio link parla proprio di come sia nata questa leggenda.

Niram Ferretti
Angela Sadun io non mi arrampico da nessuna parte. Lei nel volto di Strada può leggere ciò che crede, come io posso leggere ciò che credo io. La chiave inglese? Non è determinante. Determinanti sono, a mio giudizio altri fattori. Sì, suturava, faceva il chirurgo, e allora? Considerava Israele uno Stato criminale e giustificava il terrorismo islamico. A lei questo sta bene, ne prendo atto, a me meno.

Niram Ferretti
Bernardo Belgrado mi dispiace ma il tuo link non dimostra nulla. Leggilo con me: "Non contenti, i detrattori di Gino Strada stanno alimentando un altro messaggio su WhatsApp, che in realtà risale al 2018. Anche questo si ricollega in parte a quanto vi abbiamo riportato venerdì, in riferimento all’utilizzo della cosiddetta “Hazet 36“. Stiamo parlando di una chiave inglese che è diventata famosa per essere stata utilizzata in occasione dell’omicidio di Sergio Ramelli a Milano. Ancora oggi, senza prove, c’è chi imputa l’uccisione del militante del Fronte della Gioventù a Gino Strada". Dove leggi la dimostrazione che Strada da giovane non avesse con sè questo strumento? Forse mi sfugge qualcosa. Quanto a Ramelli, mai scritto che Strada abbia avuto a che fare con la sua morte.

Bernardo Belgrado
Niram Ferretti ti sfugge che un morto non deve dimostrare di essere innocente. L'innocenza nei sistemi giuridici moderni è vera fino a prova contraria. È chi gli attribuisce condotte violente negli anni di piombo che deve dimostrare che le accuse siano vere. Non io che devo dimostrare che siano false. Ci mancherebbe altro. Un domani io andassi in giro ad attribuirti condotte criminose da te non compiute, pensi forse che starebbe a te dimostrare di non averle commesse? Non è così. Sarei io processato per diffamazione.
Quindi, per favore, su questo tema chiudiamola qua perché non hai ragione.
Tu lo hai in profonda antipatia perché uomo esplicitamente schierato a sinistra. Tutto qua. Nessuna chiave inglese nel suo passato né condotte violente. Niente di niente. Solo parole. Parole contro un uomo che non può difendersi.
Mi piaci di più quando richiami le nostre coscienze ammonendoci giustamente dal troppo facile e manicheo (quindi erroneo) innamoramento acritico per la causa araba o palestinese. Lì sì che sei un luminoso intellettuale, perché ogni volta fai capire che le semplificazioni e i manicheismi non fotografano la realtà dell'occidente e di Israele.
Non cadere quindi nello stesso errore al contrario.
Non condannare Strada solo perché comunista.

Niram Ferretti
Bernardo Belgrado lasciamo la chiave inglese da parte. Ho solo scritto che il link che hai postato non dimostra nulla. Io non ero in Statale all'epoca e non so se Strada portasse con sè una chiave inglese, l'ho scritto, ma potrebbe essere falso, però da questo link che tu hai postato non sono in grado di saperlo. Diciamo che sono anni che se ne parla, ma diciamo che non la portava, va bene? Ciò non leva nulla o aggiunge nulla alle sue posizioni di estrema sinistra che sì, non sono sulla mia lunghezza d'onda, come non lo sono quelle di estrema destra. Tu mi dici, "non condannare Strada perchè comunista", (a parte che io non condanno ma esprimo solo una mia critica), ma, scusami un attimo, secondo te non dovrei criticarlo per le posizioni politiche che esprimeva? non capisco davvero...e perchè non dovrei farlo?

Bernardo Belgrado
Niram Ferretti nessuno ti proibisce di farlo. Non io. Intendevo una cosa diversa. Ma il dibattito fra me e te rischia di annoiare i frequentatori della tua bacheca. Per cui, se a te va bene, possiamo chiudere la discussione. Essa non mi appassiona né mi diverte averti come nemico. Se rileggi le mie parole avrai le risposte alle tue domande. Non ho censurato la tua critica, ma le tue attribuzioni ad un uomo defunto che non può difendersi di un temperamento violento. Che non ti piacciano gli estremisti di sinistra non è un segreto e non è da me esecrato. Del resto io non sono certamente un estremista di sinistra.
Ho criticato severamente solo i tuoi tre post consecutivi su un uomo morto e su una sua caratteristica del tutto marginale nella sua attività, che è stata quella di salvare vite umane, cioè la caratteristica di essere in contrasto di contenuti politici con USA e Israele. Tale caratteristica non lo ha fatto diventare ai miei occhi un demone. Ai tuoi sì. E siamo in libertà di opinione. Tu liberissimo sulla tua bacheca. Io, finché la tua cortese ospitalità me lo consente, libero di criticarti.

Niram Ferretti
Bernardo Belgrado a parte che se non ti annoi tu e non mi annoio io, e si annoiano altri a leggerci, diciamo che il problema è solo loro. No, Gino Strada non era un demone, mai pensato. Tu ritieni che nell'attività di Gino Strada quella delle posizioni politiche e di una esplicita avversione all'Alleanza atlantica, nel suo rapporto privilegiato con gli Stati Uniti, fosse una "cosa marginale", io penso invece che non lo fosse affatto visto che in tutte le occasioni pubbliche in cui era presente Strada non perdeva mai l'occasione per evidenziarla. Ci sono tanti altri medici che offrono la loro abilità nei teatri di guerra e in quelli più lontani senza fare politica, i più non si conoscono. Sì, Emergency fa attività di soccorso ma è una organizzazione politicamente orientata e negarlo fa solo ridere. Strada dava del "fascista" a chiunque fosse su posizioni opposte alle sue, forse non avrà mai colpito nessuno con una chiave inglese, ma lo faceva eccome con una chiave inglese metaforica. Preferisco altri medici, molto meno politicizzati, molto meno avversi all'Occidente.

Angela Sadun
Niram Ferretti se difendo un medico chirurgo da un giudizio che mi è parso superficiale e che non tiene in alcun conto quanto di positivo questo chirurgo ha fatto, sentendosi coinvolto nei conflitti che infestano il mondo piuttosto che nei siliconi che infestano le labbra a canotto delle soubrette, non significa affatto che io giustifichi il suo "amore" per il terrorismo islamico! Mi vien da replicare che anche gli israeliani in un certo momento hanno piazzato ospedali da campo al confine con la Siria per aiutare chi ne aveva bisogno... avranno controllato i documenti di tutti prima di decidere chi soccorrere? Nelle zone di guerra per chi doveva lavorare Amnesty International... per l'esercito americano? O per quei disgraziati senza arte ne parte ne un posto dove andare?? Gli saranno passati per le mani anche guerriglieri, questo è certo, e quindi??

Niram Ferretti
Angela Sadun potremmo andare avanti giorni e credo che entrambi abbiamo cose più stimolanti a cui dedicarci. Gli ospedali da campo israeliani per soccorrere i feriti in Siria non c'entrano nulla. In Israele se un terrorista palestinese viene ferito, ovviamente gli si presta soccorso. Gino Strada era un estremista di sinistra che ha sempre politicizzato la sua attività. Ci sono migliaia di medici non mediatici che offrono in silenzio e senza buttarla in politica la loro abilità nei teatri di guerra e in luoghi disagiati. Sono anonimi e non salgono sui podi per attaccare Israele o gli Stati Uniti. Per me Strada era un uomo orribilmente fazioso, che poi abbia prestato il suo impegno per i guerriglieri islamici non mi scandalizza particolarmente, era una sua scelta, ma non facciamola passare solo per umanitaria perchè aveva anche una evidente coloritura politica. Lo avesse fatto in silenzio e senza concionare contro i "crimini" occidentali, senza mai usare lo stesso metro per quelli islamici, avrebbe sicuramente reso un servizio migliore alla causa di Ippocrate, che non dovrebbe avere nulla di politico.

Amanda Maresca
Bernardo Belgrado che avesse un temperamento violento nessuno può negarlo. Basta ascoltarlo parlare e confrontarsi con chi non la pensava come lui.



Matteo Galzigna
Beh, non era un mite e non aveva lo sguardo di un teletubbie, ma resta un essere umano il cui principale impegno nella vita è stato fondare ospedali e curare/far curare altri esseri umani che ne avevano estremo bisogno. Spesso in scenari di guerra. Essere indifferenti alla sostanza morale di un tale corpus di azioni, facendole passare in secondo piano rispetto a presunte o reali coordinAte “narrative” (le uniche che accomunano Strada e il 99% degli scriventi su di lui) mi risulta una specie di “feticismo”, di matrice ideologica.
Poi rispetto allo sguardo: forse alla vista del millesimo corpo smembrato (parlo in linea teorica, grazie al cielo) può succedere qualcosa dentro che arriva anche fuori, anche se magari c’è chi è meno permeabile…

Niram Ferretti
Matteo Galzigna qui occorre però fare alcuni ragionamenti. Se si parte dal presupposto che un medico che si spende per chi soffre (diciamo, senza togliere nulla all'impegno soggettivo e alla sua entità, che è ciò che un medico dovrebbe fare), è già in pole position rispetto a tutti gli altri esseri umani e dunque anche se ha opinioni politiche estremistiche, la cosa va passata in secondo o terzo piano, bene, questo dato medico, che sia Strada o un altro non sarà mai criticabile. Io non ho mai scritto che Strada non sia stato un bravo chirurgo o non abbia messo in piedi iniziative meritevoli, le mie critiche si sono concentrate sulle sue opinioni politiche, sulla violenza e aggressività con cui le ha sempre declinate, sull'idea tribale che aveva del contrasto tra idee, per cui se eri d'accordo con lui eri un illuminato, se non lo eri, eri un fascista. Strada non ha mai disgiunto il suo impegno umanitario dalle sue posizioni ideologiche. Avrebbe potuto farlo se avesse voluto, ma non era la sua indole. Quindi, quando si parla di lui, non si parla di un puro animato da filantropia incondizionata, ma di uno che si è dato da fare sicuramente per alleviare sofferenze, ma, nel contempo anche sparando a zero solo e unicamente contro l'Occidente, l'Alleanza atlantica, gli Stati Uniti, Israele. Tutto questo, non si può dire, ora che è morto, che fosse secondario, perchè lui stesso non ha mai voluto che apparisse tale.

Matteo Galzigna
Niram Ferretti per quanto mi riguarda le cose si possono dire sempre, se dette con rispetto e soprattutto con raziocinio, con un onesto sforzo di comprensione degli eventi, delle personalità ecc. Anche se possono risultare dissacranti o sconvolgenti. Aggiungerei però al discorso sopra che posizioni e lotte esisteranno probabilmente sempre, salvo l’ipotesi di arrivare -grazie ai mezzi attuali- ad una sorta di governo mondiale, come risultato della vittoria assoluta di una fazione, o come frutto di un’entropia delle possibilità di conflitto determinata da varie combinazioni di concause possibili; ma se ogni biografia avesse una massa critica di “azioni morali” (espressione sbrigativa e approssimativa, per amor di sintesi) paragonabili a quelle di Strada, anche in uno scenario conflittuale gli eventi del mondo procederebbero diversamente. È un fatto per certi versi matematico. Ergo: come non considerarlo (proprio in virtù di questa felice sproporzione tra azioni di lotta e azioni morali, sempre semplificando) un esempio?

Niram Ferretti
Matteo Galzigna non si tratta di spegnere polemos, polemos esisterà sempre. Strada, pur adoperandosi per intervenire sulle sue conseguenze nei corpi sofferenti, ne era dialetticamente un fautore. Ricordo bene, durante la Seconda guerra del Golfo, il suo non volere prendere posizione, nè con gli Usa, nè con Saddam (anche se il suo pregiudizio antiamericano o meglio, antiameriKano, era incistato). Con il passare del tempo si era fatto sempre più critico delle "colpe" occidentali, mai una parola contro il terrorismo islamico che non fosse quella di considerarlo unicamente di origine esogena. Un esempio? Se vogliamo considerare unicamente l'apporto umanitario dato, le ferite ricucite e le vite salvate, ogni medico che si adopera in questo senso, è, ovviamente, un esempio, e Strada non fa eccezione, ma, come ho già scritto, questo era lo specifico della professione da lui scelta non una aggiunta sublime. Le mie profonde riserve riguardano le sue posizioni politiche, non il fatto che si sia speso per aiutare gli altri come la sua professione gli imponeva.

Marco Leati
Matteo Galzigna umano?


Alberto Pento
Quest'uomo internazi comunista a me ha fatto del male molto del male con il sostenere politiche nazionali e internazionali razziste e calunniose anti occidentali, anti bianchi euro americani, antiamericane, antisemite e anti israeliane, pro filo nazi maomettani e pro invasione dell'Italia e dell'Europa.
E non ha fatto del male solo a me.
L'uomo di buona volontà, in ogni paese del mondo, che si guadagna il pane con il sudore della fronte come fornaio o come medico contribuisce al bene suo e della sua comunità e così per estensione dell'intera umanità senza alcuna presunzione arrogante di essere un dittatore salvatore del mondo. Più uomini semplici di buona volontà e meno presuntuosi come Gino Strada di cui io non sento alcun bisogno.



Commenti trovati su vari filoni:

Carlo Tremolada
Riporto questo interessante articolo trovato in rete. Alcune cose le sapevo già, altre no.
Sergio Gargagliano
Gino Strada é giunto alla fine del cammino. A quanti ne piangono la morte, va il mio rispetto, piangono l'uomo capace di fondare Emergency, di creare tanti ospedali da campo, di aver dato asilo agli ultimi, ai disperati, ai malati. Ogni uomo ha la sua Storia, il suo vissuto e quasi mai ciò che si vede è.
L'uomo ha un passato da picchiatore, massacratore comunista, tanto per dare il senso giusto alle parole, e il giusto peso alle azioni; l'uomo ha un nome di battaglia come tutti gli eroi "partigiani", perché è di un partigiano che parliamo, nel senso più letterale del termine: di parte. L'uomo chiamato "chiave inglese" era quello che forte dell'assistenza di altri 9/10 criminali come lui, assaltava il primo Missino o presunto tale, ed a colpi di chiave inglese appunto, lo mandava all'ospedale, a volte in coma, a volte con traumi irreversibili a volte all'obitorio, come nel caso di Sergio Ramelli morto dopo un'agonia di 47 giorni.
Nei suoi ospedali, i militari Italiani feriti, venivano curati, e non sempre, dopo gli altri, per ultimi, in base a discriminazione personale.
Allora io non mi aggiungo al lacrimatoio Nazionale, rifiuto i "coccodrilli" TV, immagino l'incenso che verrà versato nei telegiornali serali, mi sembra già di leggere i commenti dei giornali, mi limito a voler mostrare l'altra faccia dell'uomo, il mio dire non ha pretesa di giudizio, il giudizio ultimo non spetta agli uomini.
Non tutti, anzi, pochi italiani conoscono la vera storia di Gino Strada, l’icona della sinistra che si permette di elargire patenti di razzismo a chiunque non la pensi come lui.
Forse è giusto rivangare la memoria, riproponendovi un ritratto di questo personaggio che qualche anno fa fece il grande giornalista Gigi Moncalvo:
C’è uno strano caso di “silenzio stampa” in questo nostro grande paese: quello riguardante il passato violento del dottor Gino Strada. Il pacifista, la colomba, l’uomo che ama il bene e fa del bene, il missionario laico che va in soccorso degli oppressi, colui che predica col ramoscello d’ulivo in bocca, è lo stesso che faceva da “luogotenente” – insieme al futuro odontoiatra Leghissa – a Luca Cafiero il famigerato capo del servizio d’ordine del famigerato Movimento Studentesco del l’Università Statale di Milano, quello dei terribili e mai dimenticati “katanghesi”. Sì, è proprio lui: il “pacifista” Gino Strada, colui che oggi dà dei “delinquenti politici” agli esponenti della casa della Libertà e dei DS che non vogliono soggiacere ai suoi diktat di aspirante leader politico che sogna un seggio in Parlamento. Per l’esattezza Strada, insieme a Leghissa, era il capo del servizio d’ordine di Medicina e Scienze e il suo gruppo o squadra aveva questo inequivocabile nome: “Lenin”. Rispetto ai capi degli altri servizi d’ordine – ad esempio Mario Martucci per la Bocconi e il suo gruppo “Stalin”, o Franco Origoni per la squadra di Architettura, o Roberto Tuminelli, l’erede delle famose scuole private per il recupero-anni, alla guida del gruppo “Dimitroff”, il bulgaro segretario della Terza Internazionale accusato da Hitler di aver incendiato il Reichstag – il gruppo guidato da Strada si distingueva per la più cieca obbedienza e fedeltà a quel fior di democratico e di amante dei diritti civili che rispondeva al nome di Luca Cafiero, capo supremo di tutti i Servizi d’Ordine e poi divenuto deputato del PCI, candidato a Napoli, dove superò addirittura in fatto di preferenze l’on. Giorgio Napolitano. Ora Cafiero è ritornato a fare il docente universitario alla facoltà di Filosofia della Statale.
Al comando generale e assoluto di Cafiero c’erano i gruppi “Stalin”, “Dimitroff” e tanti altri – ciascuno dei quali aveva uno o più sotto-capi -, ma era il “Lenin” di Gino Strada che si distingueva per la prontezza e la capacità di intervento laddove ce ne fosse stato bisogno.
In sostanza, ancora ben lontano dallo scoprire il suo attuale animo pacifista, Gino Strada era uno degli uomini di punta di quel Movimento dichiaratamente marxista-leninista-stalinista-maoista che aveva i suoi uomini guida in Mario Capanna, Salvatore “Turi” Toscano e Luca Cafiero.
I milanesi, e non solo loro, ricordano benissimo quegli anni, e soprattutto quei sabati di violenza, di scontri, di disordini. Ma ora nessuno dice loro che ad accendere quelle scintille c’era anche l’odierno “predicatore” Gino Strada.
Solo che allora non aveva dimestichezza con le colombe bianche, le bandiere multicolori, il rispetto altrui, il ramoscello d’ulivo.
Ma era molto di più avvezzo ai seguenti segni identificativi: l’eskimo, il casco da combattimento, e l’obbligo di portare con sé, 24 ore su 24, le “caramelle”: cioè due sassi nelle tasche e soprattutto “la penna”, cioè la famosa Hazet 36 cromata, una chiave inglese d’acciaio lunga quasi mezzo metro nascosta sotto l’eskimo o nelle tasche del loden.
Alla “penna” – si usava questo termine durante le telefonate per evitare problemi con le intercettazioni – si era arrivati partendo dalla “stagetta” (i manici di piccone che avevano il difetto di spezzarsi al contatto col cranio da colpire), dalle mazze con avvitato un bullone sulla sommità per fare più male, e dai tondini di ferro usati per armare il cemento, ma anch’essi non adatti poiché si piegavano.
I katanghesi e il loro servizio d’ordine, Gino Strada in testa, erano arrivati a questa scelta finale in fatto di armamentario, su esplicita indicazione del loro collegio di difesa che allineava nomi oggi famosissimi come quello di Gaetano Pecorella, Marco Janni, Gigi Mariani, insieme ad altre decine di futuri principi del foro, mentre sul fronte dei “Magistrati Democratici” spiccava la figura di Edmondo Bruti Liberati.
In Afghanistan, i talebani che rimanevano feriti nei conflitti a fuoco, lui e i suoi complici, li andavano a curare nelle abitazioni, in quanto se fossero andati negli Ospedali, venivano prima curati, poi arrestati ed infine impiccati perché terroristi.
E infatti Gino Strada fu anche indagato per favoreggiamento e sospettato di spionaggio a favore dei Talebani.

Alessandro Bertonelli
Infatti non era “semplicemente” un medico , era un militante comunista che negli anni 70 anche con metodi violenti molto probabilmente sognava i Soviet in Italia e che poi non ha mai rinnegato la sua scelta . Anzi va riconosciuto che è sempre stato coerente e che quindi Israele e USA sono stati i nemici per eccellenza, quindi gli Arafat i Soleimani ( per indicarne due famosi) e chiunque altro combattesse Israele e USA ha sempre avuto il suo plauso. Aveva una chiara visione del mondo per cui, sinceramente mi fanno un pò ridere i salamelecchi che fanno nei suoi confronti anche coloro che lui molto probabilmente avrebbe liquidato come fascisti , imperialisti , sfruttatori , capitalisti. Non penso che nemmeno lui li avrebbe graditi visto che è sempre stato categorico vs gli avversari / nemici.Quindi una cosa è il rispetto della morte, un’altra è rinnegare se stessi per elogiare qualcuno che si è sempre chiaramente schierato su posizioni opposte .




Da terminare:

Alberto Pento
Non era lo sguardo non solo di un uomo di pace ma nemmeno di un uomo buono e giusto.
È lo sguardo di un suprematista internazi comunista pieno di odio e di discriminazione ideologica e sociale che richiama per analogia l'odio e la discriminazione razziale del suprematismo razziale o razzismo.

Gran parte della violenza e del male che vi è al mondo è causata da gente dello stesso schieramento ideologico politico di Gino Strada che demenzialmente e arrogantemente si credono i salvatori del mondo.
Chi è più fascistello di un arrogante e demenziale internazicomunista antisemita/antisraeliano, antiamericano, filo nazi maomettano, filo cubano, filo cinese, filo Corea del Nord, ... filo suprematismo razzista nero, ferocemente contrario al libero esercizio dei diritti umani naturali e universali, civili e politici dei nativi e indigeni europei specialmente se bianchi e cristiani, pro invasione dei clandestini, e la lista potrebbe continuare, ... ? Un individuo così è meglio perderlo che trovarlo.
Per me invece era un uomo invasato e malvagio: antisemita/antisraeliano, antiamericano, anti occidentale, anti libertà di mercato e capitalista, filo nazi maomettano, internazi comunista, pro invasione del mio paese, uno che ha violato i miei diritti umani naturali e universali, civili e politici. Fondamentalmente un uomo cattivo.


Fascisti e antifascisti, nazisti, comunisti, maomettisti e zingari, la loro disumanità e inciviltà
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I falsi buoni che fanno del male - I falsi salvatori del mondo
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Re: Fascisti, nazisti, comunisti, maomettisti e zingari

Messaggioda Berto » mar ott 05, 2021 6:48 am

Per anni, gli intellettuali hanno propagandato la falsa dicotomia secondo cui dobbiamo scegliere fra comunismo o fascismo - una dittatura di sinistra o di destra - nonostante esista la possibilità di una società libera, liberale.
Istituto Liberale
3 ottobre 2021

https://www.facebook.com/giovanni.tarei ... 9230909724

Per anni, gli intellettuali hanno propagandato la falsa dicotomia secondo cui dobbiamo scegliere fra comunismo o fascismo - una dittatura di sinistra o di destra - nonostante esista la possibilità di una società libera, liberale.
La falsa dicotomia fra fascismo e comunismo pone come opposti due varianti dello stesso sistema politico: il collettivismo.
Si elimina completamente la possibilità di considerare la società liberale; cambiando la domanda da "Libertà o dittatura?" in "Quale tipo di dittatura vorresti?"
La dittatura viene presentata come un fatto inevitabile, lasciando solamente la possibilità di scegliere i propri dittatori.
La scelta - secondo i sostenitori di questa dicotomia - è: o una dittatura dei violenti (fascismo) o una dittatura dei poveri (comunismo).
Fascismo e comunismo non sono due opposti, ma due bande rivali che combattono per lo stesso territorio. Entrambi sono varianti dello statalismo, entrambi sono fondati sul principio collettivista secondo cui l'individuo è schiavo senza diritto dello Stato.
Entrambi sono socialisti, in teoria, in pratica, e nelle dichiarazioni esplicite dei loro leader.
Sotto entrambi i sistemi, i poveri sono ridotti in schiavitù e i ricchi sono espropriati a favore di una casta che detiene tutto il potere.
La divisione non dovrebbe essere "ricchi contro poveri" o "destra contro sinistra", ma individuo contro Stato, liberalismo contro totalitarismo, capitalismo contro socialismo.
Joseph Goebbels (ministro della propaganda nazista) diceva: "Essere socialisti significa sottomettere l'io al tu; il socialismo è sacrificare l'individuo alla società".
Secondo questa definizione, i nazisti praticavano ciò che predicavano. Lo praticarono in patria e poi all'estero. Nessuno può affermare che non abbiano sacrificato abbastanza individui.
Con le parole di Ayn Rand: "Fascismo, nazismo, comunismo e socialismo sono semplicemente superficiali variazione dello stesso mostruoso sistema: il collettivismo."
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Re: Fascisti, nazisti, comunisti, maomettisti e zingari

Messaggioda Berto » mar ott 05, 2021 7:58 am

Dubitare del progresso. La lezione di Havel
Michael Antovský
3 ottobre 2021

https://www.ilgiornale.it/news/dubitare ... 79337.html

Nel milione di parole che Václav Havel ha scritto in una vita immensamente produttiva, è difficile trovare la parola «progresso» se non sempre vicina a un punto interrogativo. Questo non perché Havel fosse un conservatore incallito, al contrario. Sicuro per la solida speranza che «le cose hanno sempre un senso, comunque vadano a finire» piuttosto che per la convinzione che qualcosa potrebbe andare bene, ha sempre creduto e lavorato per la possibilità di migliorare il mondo fin da quando, bambino di dieci anni, ha concepito la Fabbrica del Bene, una fabbrica che produceva solo bontà.

Il motivo delle sue riserve sul progresso non era che non avesse familiarità con il concetto, ma piuttosto perché lo conosceva fin troppo bene. Lui e io abbiamo trascorso gran parte della nostra vita vivendo in un sistema politico che ha fatto del progresso il cuore della sua filosofia, ne ha certificato l'esistenza e ne ha imposto le politiche. Havel è cresciuto, e io sono nato, nel sistema più progressista che il mondo abbia mai conosciuto. Ogni giorno ricevevamo una prova del progresso nel volume sempre in aumento di acciaio fabbricato dai nostri eroici lavoratori dell'acciaio per mezzo dei sempre più numerosi milioni di tonnellate di carbone scavate dai nostri eroici minatori, ben nutriti dal mare di latte sempre più vasto prodotto dalle nostre eroiche vacche, nutrite con i raccolti di mais sempre più ricchi coltivati dai nostri eroici contadini. Noi, quelli del Campo della Pace e del Socialismo, siamo stati i primi alle Olimpiadi, i primi a generare elettricità per la rete dalle centrali nucleari e i primi a inviare un cane nello spazio.

C'erano solo alcuni problemi con questa immagine della società del futuro. Prima di tutto, non era del tutto vero. I numeri fantastici, se visti da soli, erano in realtà modesti rispetto a quelli di altri paesi, e spesso anche rispetto a quelli nostri di prima del comunismo. Mentre l'economia pianificata, serenamente ignara di domanda e offerta o di costi e profitti, era stata in linea provvisoria in grado di evitare le vicissitudini dei cicli economici, c'era poco da fare con i capricci del tempo che colpivano la produzione agricola, per cui i felici operai socialisti si raccontavano barzellette sul fatto che i quattro nemici più letali del socialismo erano l'inverno, la primavera, l'estate e l'autunno.

Per compensare questi piccoli difetti nel sistema, peraltro perfetto, fu necessario tenere nascosti alla popolazione i dati degli altri paesi, comunque sicuramente falsi. Per mantenere in diagrammi di crescita lineare nella grafica trionfante, a volte è stato necessario pasticciare un po' con dati precedenti, di sicuro obsoleti. Il futuro era certo; era il passato che continuava a cambiare. Poco importa se alcuni dei nostri campioni di atletica alle Olimpiadi fossero così pieni di steroidi anabolizzanti e altri farmaci per cui sono morti giovanissimi subito dopo i loro trionfi. Poco importa se la tecnologia nucleare, realizzata a tempo di record e a costi minimi, fosse soggetta a rischi e alla fine sia scoppiata insieme agli operatori del reattore n. 4 della centrale di Chernobyl. E non importa che il cane, un bastardo di nome Laika, sia morto praticamente arrostito vivo poche ore dopo il volo dello Sputnik 2, un dettaglio mai comunicato alla popolazione a quel tempo. Era tutto, si potrebbe dire, un modesto prezzo da pagare per il progresso.

Il problema più serio era che, essendo in sé progressista, il sistema non poteva, per definizione, spiegare i propri fallimenti. Quando si sono verificati dei guasti, devono essere stati causati da fattori indipendenti dal sistema progressista, il sistema iniziò a cercare, e trovò, i nemici del progresso, reazionari, sabotatori, rinnegati e dissidenti. Se i disastri continuavano a verificarsi, non era a causa di difetti strutturali, ma piuttosto per la mancanza di vigilanza, che rendeva necessario cercare nemici interni da epurare e punire. Ma il problema più importante era che, anche se il sistema garantiva progressi, non rendeva felici le persone e certamente non le rendeva libere. Senza informazioni e senza contatti con il mondo esterno, sempre con la paura di essere indicata come nemica del progresso, e priva di un tenore di vita dignitoso nonostante i milioni di tonnellate di acciaio prodotte, la gente ha iniziato a mostrare segni di malcontento, dapprima di nascosto e poi in modo sempre più esplicito e aperto, e, nel 1989 alla prima occasione, si liberò dal sistema super-progressista. E Havel, l'arci-reazionario, divenne presidente.


Nel suo discorso, forse il più famoso, alla sessione congiunta del Congresso degli Stati Uniti nel febbraio 1990 Havel ha detto qualcosa che ha lasciato perplessi molti degli illustri rappresentanti e senatori, tanto che in seguito hanno chiesto con molta discrezione cosa intendesse Havel con le parole: «La coscienza precede l'essere, e non viceversa, come sostengono i marxisti». Queste parole erano una diretta confutazione del primato marxista del mondo materiale, il cuore dell'indottrinamento che abbiamo ricevuto a scuola e nei media. E Havel portò questo suo punto fino alla logica conclusione: «Per questo motivo, la salvezza di questo nostro mondo si trova solo nel nostro cuore, nella nostra capacità di uomini e donne di riflettere, nell'affetto e nella nostra responsabilità di uomini e donne. Senza una rivoluzione globale nella sfera della nostra coscienza, nulla cambierà in meglio nella sfera del nostro essere uomini e donne, e la catastrofe verso la quale questo mondo è diretto - ecologica, sociale, demografica o un generale collasso della civiltà -- sarà inevitabile».

Invece di offrire rimedi specifici a queste carenze, magari sostituendo una ricetta tecnocratica con un'altra, ha offerto un senso di stupore, di autoanalisi e di umiltà scaturito dalla consapevolezza della nostra corresponsabilità per il futuro di questo mondo. Nel suo discorso «L'Europa e il mondo», pronunciato al Senato della Repubblica il 4 aprile 2002, ha affrontato direttamente il concetto di progresso come una delle cause di queste carenze: «Per esempio l'idea molto contagiosa, direi quasi aggressiva, di un continuo mutamento, di un progresso perenne, di sviluppo, di espansione, di conquista, di una crescita infinita che rilancia sempre se stessa, nonché l'idea di un mondo perfetto che occorre costruire con le buone, e quando non è possibile, anche con le cattive maniere; sono visioni tipicamente europee».

Non ha condannato il progresso ma, consapevole che non tutte le persone e le nazioni del mondo che si confrontavano con l'idea europea di progresso la condividevano, espresse la sua sfiducia nel progresso come principio guida autodichiarato: «Per questo abbiamo potuto diffondere, senza nessuna riserva, l'idea illuministica dello Stato di diritto e dei diritti umani, ma allo stesso tempo l'ideologia comunista o il razzismo, le tecnologie più sofisticate e le armi più moderne, potendo di volta in volta figurare in veste di crociati e di cristiani, di pionieri di progresso sociale e di colonizzatori, di coloro che creano la ricchezza mondiale globale e di coloro che, con la propria concezione economica del mercato, sospingono intere regioni nella miseria abbandonandole a se stesse, al loro paese ed al loro pianeta».

Havel offrì una soluzione provvisoria, ben sapendo quanto fosse improbabile che fosse universalmente accolta e accettata: «La domanda che pongo è questa: non è forse giunto il tempo per l'Europa politica di riflettere seriamente sulla sua cultura (o civiltà, il Pensiero Europeo), tentando di fermare il moto cieco di autopropulsione che la pervade? Un atteggiamento, affatto impopolare, ma con molte prospettive, non rappresenterebbe un ritorno ad una delle tradizioni intellettuali più interessanti dell'Europa, alla tradizione del dubbio e dell'interrogativo, che iniziò nei tempi più remoti da Socrate?»
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Re: Fascisti, nazisti, comunisti, maomettisti e zingari

Messaggioda Berto » mer dic 22, 2021 3:45 am

Gli irriducibili della lotta di classe: i partiti che evocano l'ideologia comunista
Stefano Iannaccone
28 ottobre 2021

https://www.ilgiornale.it/news/politica ... 1635459218


Rivoluzionari che si rifanno al marxismo-leninismo, giovani comunisti e ferventi anticapitalisti. È lunga e tortuosa la sfilza di sigle che ancora si collega al comunismo, evocando a ogni piè sospinto la lotta di classe. Tutti o quasi si sentono gli eredi del Partito comunista italiano (Pci), eppure nessuno è in grado di eleggere nemmeno un parlamentare.

I partiti con falce e martello, insomma, abbondano in Italia, tenaci sostenitori della rivoluzione del proletariato. Il simbolo più noto è senza dubbio quello di Rifondazione comunista (Prc), che nel fine settimana ha celebrato il proprio congresso, rieleggendo Maurizio Acerbo nel ruolo di segretario. Ma sono ben lontani i tempi di Fausto Bertinotti, quando il Prc era in grado di condizionare la politica nazionale. Ne sa qualcosa Romano Prodi, caduto nel 1998 proprio perché Rifondazione comunista gli voltò le spalle. E non andò tanto diversamente nel 2008, quando l’allora presidente della Camera Bertinotti che, citando Ennio Flaiano, associò il Professore a Vincenzo Cardarelli: “Il più grande poeta morente”. Non una sfiducia, ma una funerea previsione. Sono trascorsi appena tredici anni, e sembra un’eternità per i nostalgici della falce e martello. Allora sulla scena si muovevano addirittura due partiti comunisti in Parlamento, oltre al Prc c’erano pure i Comunisti italiani di
Oliviero Diliberto.


Potere al popolo tra Parlamento ed elezioni

Ancora oggi non c’è solo Rifondazione a promuovere il verbo anticapitalista, seppure il quadro di consenso sia molto differente. Potere al Popolo (Pap), per esempio, conta su un senatore, Matteo Mantero, acquisito lungo la legislatura dopo la fuoriuscita dal Movimento 5 Stelle. La lista di Pap si è presentata alle ultime Politiche in cui ha superato l’1% grazie all’alleanza siglata proprio con il Prc con cui successivamente si è verificata una scissione. Visto il contesto quell'esito elettorale fu festeggiato come un trionfo. Il volto mediatico dell’epoca, Viola Carofalo, è stata nel frattempo rimpiazzata da Marta Collot, presenza costante a DiMartedì su La7. Alle ultime Comunali a Bologna, da candidata sindaca, Collot ha strappato un significativo 2,5%. Tra gli ex leader di Pap, c’è una vecchia conoscenza della sinistra radicale: Giorgio Cremaschi, ex capo dell’ala dura della Fiom negli anni scorsi, almeno fino all’addio alla Cgil maturato nel 2015.

Parlando di volti mediatici, non si può non parlare del Partito comunista, guidato da Marco Rizzo, che si è ritagliato in un minimo di spazio per aver preso, addirittura, lo 0,9% alle Europee del 2019. C’è poi un’altra miriade di “falce e martello”, che di tanto in tanto fanno capolino sulle schede elettorali. Il Partito comunista italiano (che è diverso dal precedente Partito comunista) è tuttora vivo e vegeto, tanto che celebra il centenario dalla nascita (il Pci fu fondato nel 1921). Il segretario in carica è Michele Alboresi. Alle Comunali di Roma è stata presentata la lista, capeggiata da Cristina Cirillo, che ha ottenuto poco più di 3mila preferenze, pari allo 0,3%, stessa percentuale (ma un centinaio di preferenze in meno) dell’altra comunista, Micaela Quintavalle, che però milita nel partito di Rizzo.


Gli irrudicibili del trotzkismo

È tuttora in attività anche il Partito comunista dei lavoratori (Pcl), fondato da Marco Ferrando, trotzkista d’antan, fuoriuscito nel 2006 da Rifondazione, colpevole di aver accettato l’alleanza con il centrosinistra. Il Pcl, alle ultime Politiche si è presentato un rassemblement di soggetti trotzkisti, ribattezzato “Per una Sinistra rivoluzionaria”. Il risultato? Lo 0,1%. L’elenco non è affatto finito. Resiste il Partito marxista leninista italiano, guidato da Giovanni Scuderi. Non è da meno il Partito di alternativa comunista (Pdac) di Francesco Ricci, che secondo quanto riporta il sito ufficiale “edita la rivista teorica Trotskismo oggi”. È una pubblicazione semestrale “che raccoglie lavori di studio e di analisi della storia del movimento operaio”.

Il Partito dei comitati di appoggio alla resistenza, riunito nell’etichetta Carc, alimenta il mito della resistenza al capitalismo, sotto l'egida di Pietro Vangeli, mentre Sinistra classe rivoluzione si è rinnovata, abbandonando il nome di FalceMartello, preso in prestito da una rivista pubblicata fin dal 1986. Il movimento, fino al 2016, era in realtà all’interno di Rifondazione comunista, nonostante le tensioni fossero preesistenti. Finito? Macché il Fronte della gioventù comunista, capeggiato da Lorenzo Lang, ha preso una vita autonomia dopo essere stato la costola del partito di Rizzo. E non si può evitare di menzionare uno degli ultimi trozkisti approdati in Parlamento: l’ex senatore Franco Turigliatto, spina nel fianco della maggioranza che appoggiava il secondo governo Prodi. Oggi è il riferimento di Sinistra anticapitalista. Alfiere della lotta di classe.
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Re: Fascisti, nazisti, comunisti, maomettisti e zingari

Messaggioda Berto » mer dic 22, 2021 3:46 am

La miseria morale e intellettuale dei maestri della sinistra
libertycorner
Guglielmo Piombini
19 dicembre 2021

https://libertycorner.eu/index.php/2021 ... ialnetwork

Il professor Lorenzo Infantino, curando la pubblicazione del pamphlet del 1766 A proposito di Rousseau di David Hume, ha riportato l’attenzione su una disputa tra i due filosofi che all’epoca fece molto discutere in tutta Europa. All’origine di quel contrasto non stavano solo due diverse visioni del mondo, quella liberale e individualista di Hume contro quella egualitaria e collettivista di Rousseau, ma anche due personalità lontanissime tra loro: il pensatore scozzese era di carattere mite, umile e riservato, mentre il pensatore ginevrino era megalomane, paranoico e litigioso.

Hume si era generosamente offerto di ospitare in una propria casa in Inghilterra Rousseau, che nell’Europa continentale era ricercato dalla polizia per i suoi scritti giudicati sovversivi. In più si era anche impegnato presso le autorità per fargli avere una pensione. A seguito però di una burla organizzata da Horace Walpole ai danni di Rousseau (una finta lettera pubblicata sui giornali), quest’ultimo si convinse, a torto, che Hume fosse a capo di una “cricca” di nemici che cospiravano contro di lui. Da qui la rottura irreparabile tra i due, nella quale Hume, controvoglia e solo dopo le insistenze degli amici, si sentì obbligato a rispondere alle sgradevoli accuse pubbliche di Rousseau.


Le credenziali morali dell’intellettuale impegnato
Jean-Jacques Rousseau

Nella vicenda del burrascoso rapporto tra Hume e Rousseau compare una figura che è diventata tipica della contemporaneità, l’intellettuale socialmente impegnato, che nacque proprio in questo periodo, e della quale Rousseau fu probabilmente il prototipo originario. Nel ‘700, con il declino del potere della Chiesa, emerse infatti un nuovo personaggio, l’intellettuale laico, la cui influenza è continuamente cresciuta negli ultimi duecento anni. Fin dall’inizio si proclamò consacrato agli interessi dell’umanità e investito della missione di redimerla con il suo insegnamento.

L’intellettuale progressista non si sente più vincolato da tutto ciò che apparteneva al passato, come le consuetudini, le tradizioni, le credenze religiose: per lui tutta la saggezza accumulata dall’umanità nel corso dei secoli è da gettare via. Nella sua sconfinata presunzione afferma di saper diagnosticare i mali della società e di poterli curare con la sola forza del suo intelletto. Pretende cioè di aver escogitato le formule grazie alle quali è possibile trasformare in meglio le strutture della società e i modi di vivere degli esseri umani.

Ma che credenziali morali hanno gli intellettuali impegnati come Rousseau e i suoi numerosi eredi, che pretendono di dettare le norme di comportamento per l’intera umanità? In realtà, se guardiamo la loro vita, troviamo spesso una costante: quanto più proclamano la loro superiorità morale, la loro dedizione al bene e il loro disinteressato amore per l’umanità, tanto più si comportano in maniera spregevole e indegna con le persone con cui hanno a che fare nella vita di tutti i giorni, con i famigliari, gli amici, i colleghi.

Lo snaturato Jean-Jacques Rousseau

Jean-Jacques Rousseau avversò tutti gli aspetti della civiltà: arte, scienza, industria, commercio, proprietà privata, famiglia. Fu il primo ad autoproclamarsi ripetutamente amico di tutto il genere umano, ma pur amando l’umanità in generale, era portato a litigare con gli esseri umani in particolare e a sfruttare tutti coloro con cui ebbe a che fare, soprattutto i benefattori, come Hume, il mite Diderot e numerose donne che lo mantenevano.

Le biografie lo dipingono come un mostro di vanità, di egoismo, di ingratitudine. Diceva di essere un uomo votato all’amore, ma non mostrò mai nessun affetto per i genitori, il fratello, la convivente e soprattutto i figli. Rousseau infatti, pur ergendosi nelle sue opere a maestro di pedagogia, si comportò verso i propri figli nella maniera più snaturata: ebbe cinque figli con la sua convivente, e tutte le volte decise di abbandonarli in un orfanotrofio. Teniamo conto che, a quei tempi, le condizioni di vita negli orfanotrofi erano terribili: solo cinque/dieci bambini su cento sopravvivevano diventando adulti, finendo quasi tutti per fare i mendicanti o i vagabondi. Rousseau non annotò neppure la data di nascita dei suoi cinque figli e mai si preoccupò della loro sorte.


Karl Marx, lo sfruttatore
Karl Marx

Personalità di questo tipo sono sorprendentemente comuni tra gli intellettuali rivoluzionari. Anche di Karl Marx erano noti il gusto per la violenza verbale e per la sopraffazione dell’avversario, così come la tendenza a sfruttare quanti gli stavano intorno. Marx litigava furiosamente con tutti coloro ai quali si associava, a meno che non riuscisse a dominarli. In particolare condivideva con Rousseau la tendenza a litigare con amici e benefattori. Si faceva mantenere da Friedrich Engels, chiedeva denaro a tutti e lo sperperava regolarmente in borsa o in altri modi, condannando a una vita precaria i famigliari. Trattava in maniera tirannica la moglie e le figlie.

Nelle sue opere si lamentava dei bassi salari della classe lavoratrice, ma l’unica persona di questa classe con cui entrò in rapporti, la propria instancabile domestica, la sfruttò in maniera indecente. Per tutta la vita non le diede mai neppure un soldo: solo il vitto e l’alloggio. Addirittura la mise incinta e non riconobbe il figlio, con il quale non volle mai avere nulla a che fare. Chiese anzi a Engels di riconoscerlo al suo posto.


Che Guevara, la fredda macchina per uccidere

Anche nelle biografie di tanti altri miti della sinistra troviamo ripetersi, con sorprendente regolarità, le stesse caratteristiche morali e caratteriali di Rousseau e Marx. Uomini ancora oggi esaltati, come Lenin, Mao Zedong, Ernesto Che Guevara, erano assetati di potere e di dominio sugli altri, e il loro linguaggio feroce esprimeva tutto il disprezzo per la vita umana.

Le testimonianze delle persone che gli sono state vicine descrivono Che Guevara come una “macchina di morte”. Provava un grande piacere nell’ammazzare a freddo, e fece fucilare o giustiziò personalmente centinaia di persone senza processo e solo sulla base di sospetti: «Odio, violenza, assassinio, fucilazioni, morte, vendetta, tortura, sono le parole che tratteggiano al meglio Ernesto Che Guevara» (Leonardo Facco, C’era una volta il Che, p. 64). Le sue parole e azioni trasudavano un odio incontenibile. Affermò ad esempio: “La via pacifica è da scordare e la violenza è inevitabile. Per la realizzazione di regimi socialisti dovranno scorrere fiumi di sangue nel segno della liberazione, anche al costo di milioni di vittime atomiche”.


Bertolt Brecht, servile adulatore dei tiranni
Bertolt Brecht

Il drammaturgo tedesco Bertolt Brecht, ancora oggi molto studiato nelle scuole, rappresenta l’esempio tipico dell’intellettuale di sinistra che si mette al servizio di una spietata dittatura in cambio di onori ufficiali e privilegi. Negli anni Trenta giustificò tutti i crimini di Stalin, anche quando le purghe riguardavano i suoi amici. Dopo la seconda guerra mondiale si mise al servizio del regime della Germania Est, avallandone tutte le iniziative internazionali e divenendo il più fidato di tutti gli scrittori reclutati dal partito comunista. In cambio ricevette enormi privilegi. Aveva sempre a disposizione grosse somme di valuta straniera e viaggiava continuamente all’estero, dove lui e la moglie facevano gran parte dei loro acquisti; anche in Germania Orientale aveva accesso ai negozi aperti soltanto ai funzionari di partito e ad altri privilegiati.

Le masse popolari di cui si dichiarava paladino (ma che in privato disprezzava) erano però alla mercé della politica di razionamento del regime, e quasi alla fame. Il 17 giugno 1953 scoppiò a Berlino Est una rivolta operaia contro il regime socialista, che venne soffocata con l’aiuto dei carrarmati sovietici. Brecht colse l’occasione per guadagnarsi ulteriori benemerenze presso il regime accusando pubblicamente i rivoltosi di essere una “marmaglia fascista e guerrafondaia” composta “di giovani diseredati di ogni risma”.

Come Rousseau e Marx, si disinteressò sempre dei suoi figli legittimi e illegittimi. Secondo il consueto cliché dell’intellettuale impegnato, le idee venivano prima della gente, l’Umanità con la maiuscola prima degli uomini e delle donne, delle mogli, dei figli. Citando Lenin, Brecht stesso sosteneva che per essere al servizio della collettività bisognava non avere troppi riguardi per gli individui (Paul Johnson, Gli intellettuali, 1989, p. 240).


Jean-Paul Sartre, il padre spirituale di Pol Pot
Jean-Paul Sartre

Uno dei maître à penser della sinistra più osannati, ma la cui influenza è stata più negativa, fu Jean-Paul Sartre. Durante la seconda guerra mondiale, quando la Francia era occupata dai nazisti, si comportò in maniera opportunistica. Venne chiamato a insegnare filosofia al famoso liceo Condorcet, i cui docenti erano perlopiù in esilio o nella clandestinità o nei campi di concentramento. Non fece niente per la Resistenza. Per gli ebrei deportati non mosse un dito e non scrisse una parola. Era concentrato esclusivamente sulla propria carriera.

Dopo la fine della guerra fiutò l’aria e divenne una celebrità sposando le cause della sinistra radicale e predicando la sua fumosa filosofia esistenzialista. Era legato alla scrittrice Simone de Beauvoir, la quale, a dispetto delle sue idee femministe, si comportò per tutta la vita come la sua schiava sottomessa, accettando che Sartre la tradisse apertamente con le tante donne del suo harem. Negli annali della letteratura, osserva lo storico Paul Johnson, sono pochi i casi di un simile sfruttamento della donna da parte dell’uomo.

Sartre mantenne sempre un imbarazzato silenzio sui campi di concentramento di Stalin. L’intervista di due ore che rilasciò nel luglio del 1954, al ritorno da un viaggio nell’Unione Sovietica, è da annoverare tra le più abiette descrizioni dello Stato sovietico che un intellettuale di fama abbia mai reso al mondo occidentale dopo quella di George Bernard Shaw agli inizi degli anni ’30. Molti anni dopo dichiarò di aver mentito. Negli anni successivi esaltò con parole insensate Fidel Castro (“Il paese emerso dalla rivoluzione cubana è una democrazia diretta”), la Iugoslavia di Tito (“È la realizzazione della mia filosofia”), l’Egitto di Nasser. Particolarmente calorose furono le lodi per la Cina di Mao.

La sua predicazione ebbe conseguenze deleterie. Pur non essendo un uomo d’azione, incitava continuamente gli altri all’azione violenta. Poiché era molto letto tra i giovani, fu il padrino teorico di molti movimenti terroristici degli anni ’60 e ‘70. Infiammando i rivoluzionari africani, diede un contributo alle guerre civili e agli assassini di massa che sconvolsero quel continente dopo la decolonizzazione. Ma ancor più funesta è stata la sua influenza nel Sudest asiatico. Pol Pot e quasi tutti gli altri capi dei khmer rossi che dal 1975 al 1979 assassinarono brutalmente più di un quarto della popolazione cambogiana avevano studiato a Parigi durante gli anni ’50, e lì avevano assorbito la dottrina sartriana della necessità della violenza. Quegli assassini di massa sono dunque i suoi figli ideologici.

Quando Sartre morì, nel 1980, una folla immensa composta soprattutto da giovani gli tributò al funerale gli stessi onori che a suo tempo furono tributati a Rousseau. «A quale grande causa volevano rendere onore?», si chiede perplesso Paul Johnson. «Quale fede, quale illuminante verità sulla natura umana volevano affermare con la loro massiccia partecipazione? Difficile dirlo» (Gli Intellettuali, p. 323).


I veri maestri

È molto difficile trovare un cattivo maestro di pensiero che non sia stato anche un cattivo maestro di vita. John Maynard Keynes, ricorda Murray N. Rothbard nel suo saggio Keynes, The Man, era un individuo “arrogante e sadico, un prepotente intossicato dal potere, un bugiardo deliberato e sistematico, intellettualmente irresponsabile … Un edonista di breve periodo, un nichilista nemico della morale borghese, che odiava e il risparmio e che voleva annientare la classe dei creditori, un imperialista, un antisemita e un fascista”.

Se invece guardiamo ai pensatori che hanno difeso la libertà individuale troviamo quasi sempre uomini dalla tempra molto differente. David Hume era una persona caratterialmente opposta a Rousseau: mite, tranquilla, affabile, di buon senso, che ha dedicato la sua intera vita agli studi. Caratteri simili li possiamo ritrovare in Adam Smith, Immanuel Kant, Frédéric Bastiat.

Emblematica la storia del grande economista liberale francese Jean-Baptiste Say, il quale nel 1799 era stato nominato tra i cento membri del Tribunato, e nel 1803 aveva pubblicato la sua opera principale, il brillante Trattato di economia politica. Napoleone gli offrì 40mila franchi all’anno se riscriveva alcune parti dell’opera in senso più favorevole ai suoi progetti economici interventisti. Say però rifiutò l’offerta per non sacrificare le sue convinzioni, e nel 1804 venne rimosso dalla carica di tribuno. Per guadagnarsi da vivere decise di impegnarsi nell’attività imprenditoriale, aprendo una manifattura cotoniera all’avanguardia che dava lavoro a quasi cinquecento persone.

Anche il filosofo liberale inglese Herbert Spencer ci ha dato una lezione di metodo, di carattere, di operosità. Realizzò una quantità sovrumana di lavoro culturale con una perseveranza e una caparbietà fuori dal comune, e si guadagnò da vivere nel libero mercato della cultura con i suoi articoli e libri di successo, rifiutando posizioni accademiche o cariche che gli venivano offerte.

Più vicino ai giorni nostri possiamo prendere gli esempi di Ludwig von Mises, Friedrich A. von Hayek, Murray N. Rothbard, Henry Hazlitt, Bruno Leoni. Tutte personalità stimate e ammirate da chi gli è stato intorno, che non hanno mai cercato posizioni di potere, che hanno talvolta rinunciato a posizioni professionali di rilievo pur di rimanere coerenti con le proprie idee. Rifiutandosi di aderire alle mode culturali del momento, non hanno ricevuto riconoscimenti adeguati alla loro grandezza intellettuale e integrità personale.
Miseria intellettuale, morale, esistenziale

Giovanni Birindelli ha definito “poco intelligenti” i socialisti, per la loro incapacità di comprendere il concetto di ordine sociale spontaneo (Legge e mercato, 2017, p. 84.). Non si tratta di un insulto gratuito. L’intelligenza, infatti, ha tante facce: esiste l’intelligenza logica, matematica, musicale, emotiva, sociale, ecc.. Molti socialisti possono essere dei brillanti ingegneri, scienziati, scacchisti o artisti, ma sono decisamente ottusi nella comprensione dei fenomeni sociali, e questo spiega il fragoroso e ripetuto fallimento delle loro idee tutte le volte che sono state messe in pratica. L’idea fissa del socialismo, secondo cui l’autorità può migliorare le condizioni della società con i comandi, i divieti e la coercizione, è infatti incredibilmente puerile, e denota una mente impreparata a cogliere la complessità dei fenomeni sociali.

La miseria intellettuale si manifesta innanzitutto con gli errori intellettuali, i deliri ideologici, la completa mancanza di buon senso che caratterizza buona parte della letteratura socialista. Le biografie dei maestri di pensiero della sinistra dimostrano, con poche eccezioni, che tra il pensare male e il comportarsi male c’è meno distanza di quanto si pensi, perché la povertà di pensiero si accompagna spesso alla povertà morale e a quella esistenziale.

La miseria morale di molti intellettuali di sinistra si manifesta con la ferocia verbale, le esortazioni alla violenza, la demonizzazione degli avversari, la mancanza di rispetto per la dignità degli individui. Non è un caso che, negli ultimi 150 anni, tutti coloro che hanno teorizzato o invocato il ricorso allo sterminio di popoli o di gruppi sociali si sono definiti “socialisti”, e non è possibile trovare alcuna eccezione a questa regola.

Alla miseria morale è frequentemente legata la miseria esistenziale, che si esprime con l’egocentrismo patologico, la vanità, il desiderio frenetico di essere sempre sotto le luci della ribalta sposando tutte le mode culturali del momento, il servilismo, l’opportunismo, il parassitismo nei confronti del prossimo, l’incoerenza tra le proclamazioni altisonanti e le azioni grette o malvage.

L’intellettuale rivoluzionario non ha nessun titolo per vantare una qualche superiorità personale e per ergersi a maestro della società. Al contrario, con le sue ideologie farneticanti e il suo pessimo esempio umano, che ha corrotto la mente e il comportamento di milioni di giovani, l’intellettuale rivoluzionario rappresenta senza dubbio la figura più perniciosa dell’epoca contemporanea.

Saggio di Guglielmo Piombini, comparso originariamente su Miglioverde
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Fascisti, nazisti, comunisti, maomettisti e zingari

Messaggioda Berto » mer dic 22, 2021 3:57 am

Nazismo maomettano

Fatemi capire, per favore.
Emanuel Segre Amar
21 dicembre 2021

https://www.facebook.com/emanuel.segrea ... 4173164334

Dunque, se Gaza è una prigione, forse non deve poi essere così difficile uscirne, dal momento che i cristiani nel 2005, quando gli israeliani si sono ritirati, erano 5000, mentre oggi sono solo più 1000.
Ma forse è colpa mia se non capisco?
In 2005, when Israel unilaterally withdrew from the territory, dismantling 21 Israeli settlements and evacuating some 9,000 Jewish residents in the process, there were approximately 5,000 Christians living in the coastal enclave.
Two years later, US-designated terrorist group Hamas violently seized control of the Strip and imposed Islamic law (Sharia), while Hamas-affiliated groups like Swords of Righteousness and the Army of Islam began targeting Christians with kidnappings, murders, forced conversions and attacks on churches and Christian-owned businesses.
Today, just 1,000 Christians remain in Gaza.

Fatemi capire, per favore.
Dunque, se Gaza è una prigione, forse non deve poi essere così difficile uscirne, dal momento che i cristiani nel 2005, quando gli israeliani si sono ritirati, erano 5000, mentre oggi sono solo più 1000.
Ma forse è colpa mia se non capisco?
Nel 2005, quando Israele si ritirò unilateralmente dal territorio, smantellando 21 insediamenti israeliani ed evacuando circa 9.000 residenti ebrei nel processo, c'erano circa 5.000 cristiani che vivevano nell'enclave costiera.
Due anni dopo, il gruppo terroristico designato dagli Stati Uniti Hamas ha preso violentemente il controllo della Striscia e ha imposto la legge islamica (Sharia), mentre gruppi affiliati ad Hamas come Spade della Righteousness e l'Armata dell'Islam hanno iniziato a prendere di mira i cristiani con rapimenti, omicidi, conversioni forzate e attacchi a chiese e imprese cristiane.
Oggi, solo 1.000 cristiani rimangono a Gaza.



Alessandro Karmeli
Chi non ha vissuto in un paese musulmano , non può capire certe dinamiche . Io che provengo da una famiglia iraniana , invece ho analizzato e ho capito . I musulmani hanno un metodo molto semplice quanto efficace per schiacciare numericamente gli altri a parte ammazzarli . Il metodo è semplice e agli ebrei nei loro paesi è sempre accaduto : loro sono maggioranza numerica , potenti e aggressivi . Gli ebrei o i cristiani sono pochi deboli e impauriti . Per schiacciarti ulteriormente , loro quando cercano femmine , bussano alle porte del nemico . Con le buone o con le cattive si prendono le poche femmine ebree o cristiane , se queste non accettano si rischiano ritorsioni pesanti e alla fine la ragazza con o contro la sua volontà cede e viene presa via dalla sua Comunità . Per la cronaca Gheddafi è nato così . In Iran , in Marocco e in tanti paesi arabi succedeva così . E succede ancora oggi in Pakistan che le pochissime ragazze cristiane vengono rapite e sposate dai musulmani . Ma purtroppo non possiamo dire nulla , visto che i vari Fiano e Boldrini frignano subito al razzismo e pensano solo a rompere le balle a Orban
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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