Fascisti, nazisti, comunisti, maomettisti e zingari

Fascisti, nazisti, comunisti, maomettisti e zingari

Messaggioda Berto » ven feb 23, 2018 10:32 am

Fascisti e antifascisti, nazisti, comunisti, maomettisti e zingari, la loro disumanità e inciviltà
viewtopic.php?f=205&t=2731
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 3975893749



Se consideriamo i comunisti con il loro statalismo nazionalista, il loro imperialismo internazionalista, il loro idealismo utupistico, il loro autoritarisno e totalitarismo e la loro violenza, potremmo dire che i veri fascio-nazisti sono loro e che sono sempre stati presenti e mai spariti fin dall'inizio della Repubblica italiana e che il loro antifascismo è solo apparente, una specie di copertura ingannevole per nascondere quello loro proprio che è ben peggiore dell'altro che usano come caproespiatorio.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Fascisti, nazisti, comunisti, maomettisti e zingari

Messaggioda Berto » ven feb 23, 2018 10:44 am

Fascisti, nazisti, comunisti, maomettisti e zingaristi sono tutti violenti, ademocratici, totalitaristi, assolutisti, teocratici o idolatrici, dittatoriali, ferocemente discriminanti (per razza o etnia, per religione o ceto sociale) e predatori sino all'omicidio, ideologisti e utopisti, nazionalisti o internazionalisti e mondialisti.


Immagine
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1) Gli antifascisti militanti di sinistra ossia i comunisti e i paracomunisti sono peggiori dei fascisti sia per violenza e totalitarismo che per mancanza di rispetto della democrazia e dei diritti umani universali a cominciare da quelli dei loro concittadini nativi e indigeni.
Il razzismo dei comunisti è un sociorazzismo rivolto prima verso alcune categorie sociali della propria gente o comunità o popolo e poi a quelle di tutto il mondo.
Questi comunisti si possono chiamare anche fascisti o nazifascisti rossi o di sinistra.

Comunisti, internazicomunisti e dintorni
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 176&t=1711

Centri sociali internazirazzisti rossi
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... f=25&t=653



2) Tra tutti costoro, i peggiori e più disumani sono i maomettisti, i seguaci di Maometto o islamici o mussulmani.

Nazismo maomettano = Islam = dhimmitudine = apartheid = razzismo = sterminio
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 188&t=2526



3) Anche gli zingari sono delle mostruosità disumane.

Giornata europea delle vittime del nazismo mafioso zigano
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 150&t=2610



4) A costoro vanno aggiunti anche i cristiani che li sostengono, li coprono, li difendono e che si fanno loro complici.

5) La maggior parte di costoro sono anche antisemiti/antiebrei e antisraeliani.

Idiozie e odio contro Israele e gli ebrei
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 197&t=2662



6)Tutti costoro dovrebbero essere banditi a cominciare dalle loro ideologie e fedi politico religiose portatrici di morte a cominciare dal nazismo maomettano. I maomettani o nazisti maomettani sono antitutto, anti ogni diversamente religioso e pensante, anti democratici e anti libertà, sono la peggiore, disumana inciviltà della storia, perseguono la sottomissione dell'intera umanità al loro idolo dell'orrore e del terrore:

Bandire l'Islam prima che distrugga l'Europa e il Mondo
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 188&t=2374

Si applichi la Legge Mancino al nazismo maomettano e ai suoi seguaci
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 188&t=2673




I peggiori sono quelli che si servono degli ultimi o dei presunti ultimi per derubare e opprimere tutti gli altri, tra cui la loro stessa gente.
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 141&t=2706

I falsi buoni che fanno del male - I falsi salvatori del mondo
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 141&t=2574

Utopie demenziali e criminali - falsi salvatori del mondo e dell'umanità
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 141&t=2593

La disumanità odiosa dei comunisti e di certi cristiani
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 205&t=2728
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Re: Fascisti, nazisti, comunisti, maomettisti e zingari

Messaggioda Berto » ven feb 23, 2018 10:47 am

Friedrich Von Hayek e il socialismo
di Alessio Cotroneo

https://www.facebook.com/individualista ... 2403422843

Friedrich Von Hayek, nel suo celeberrimo saggio La via della schiavitù evidenzia l’importantissima connessione tra gli intellettuali socialisti e quelli nazisti, profilando una manciata di importanti sostenitori marxisti tedeschi le cui convinzioni filosofiche si sarebbero radicalizzate durante la prima guerra mondiale.

Mentre le loro carriere accademiche erano incentrate sulla diffusione della filosofia socialista, molti in seguito giunsero alla conclusione che niente a parte il nazismo avrebbe aiutato a realizzare il necessario cambiamento rivoluzionario che ciascuno di loro desiderava, ovvero l’unione di tutte le forze anti-liberali nel socialismo.

Contrariamente al pensiero comune, Hayek sottolinea che il nazismo non è semplicemente nato in un pub della Baviera senza alcuna correlazione con la cultura tedesca, oltre al fatto che non abbia infettato come una malattia le pie anime dei tedeschi sotto il Kaiser. Le radici a cui fa riferimento crescevano negli ambiti accademici, riformulandosi nella tipica filosofia sintetizzabile nei seguenti precetti: la superiorità del popolo germanico (si può ben notare come fosse radicata da più di due secoli leggendo persino gli illuministi tedeschi pre-unitari), la rinuncia dell’Individuo e la distruzione della sua figura in favore della collettività (Hegel docet), la guerra ultima.

Il dodicesimo capitolo del saggio, intitolato “Le radici socialiste del nazismo“, inizia così:

«È un errore comune considerare il nazionalsocialismo come una semplice rivolta contro la ragione, un movimento irrazionale privo di background intellettuale. Se così fosse, il movimento sarebbe molto meno pericoloso di quello che è. Ma nulla potrebbe essere più lontano dalla verità o più fuorviante.»

Poche righe più avanti, disquisendo sui leader intellettuali del socialismo che in seguito aiutarono a gettare le basi intellettuali per l’ascesa del Terzo Reich, Hayek afferma:

«Non si può negare che gli uomini che hanno prodotto le nuove dottrine fossero potenti scrittori che hanno lasciato l’impronta delle loro idee sull’intero pensiero europeo. Il loro sistema è stato sviluppato con una spietata coerenza. Una volta accettate le premesse da cui inizia, non c’è via di fuga dalla sua logica.»

Continua poi:

«Dal 1914 in poi nacque dalle fila del socialismo marxista un insegnante dopo l’altro che guidò, non i conservatori e i reazionari, ma il lavoratore laborioso e la gioventù idealista nella piega nazionalsocialista. Fu solo in seguito che l’ondata di socialismo nazionalista raggiunse un’importanza maggiore e crebbe rapidamente nella dottrina hitleriana.»

Ora, l’analisi passa ai leader del pensiero socialista. Il primo della lista è Werner Sombart (1863-1941), marxista devotissimo che in seguito abbracciò calorosamente il nazionalsocialismo e la dittatura:

«Sombart aveva iniziato come socialista marxista e, nel 1909, poteva affermare con orgoglio di aver dedicato la maggior parte della sua vita alla lotta per le idee di Karl Marx. Aveva fatto tutto il possibile per diffondere idee socialiste e risentimento anti-capitalista di varie sfumature in tutta la Germania; e se il pensiero tedesco era così intriso di elementi marxiani in un modo da non essere comparabile a nessun altro paese fino alla rivoluzione russa, questo era in gran parte dovuto a Sombart.»

Quest’uomo era anche un forte sostenitore della guerra e del ruolo del soldato alla prussiana per ogni tedesco maschio e adulto. Aveva la forsennata convinzione che una guerra tra la società capitalista inglese di “venditori ambulanti” e la società guerriera tedesca di “eroi” fosse inevitabile e vitale per il progresso del mondo.

Successivamente Hayek si dedica al professor Johann Plenge (1874-1963), citando qualche brano di quest’ultimo:

«È giunto il momento di riconoscere il fatto che il socialismo deve essere una politica di potere, perché deve essere un’organizzazione. Il socialismo deve conquistare il potere: non deve mai distruggere ciecamente il potere. E la questione più importante e cruciale per il socialismo nel tempo della guerra dei popoli è necessariamente questa: quale popolo è preminentemente chiamato al potere, perché è il leader esemplare nell’organizzazione dei popoli?»

Anche questo, un altro fanatico pazzo. Eppure, fuori da queste righe, rispecchiava alla perfezione il pensiero socialista.

Hayek cita anche Oswald Spengler (1880-1936), il quale incanala il socialismo direttamente nel nazismo, come possiamo vedere da questo suo paragrafo:

«La questione decisiva non solo per la Germania, ma per il mondo, che deve essere risolta dalla Germania per il mondo è: nel futuro sarà il commercio a governare lo stato, o lo stato a governare il commercio? Di fronte a questa domanda il prussianesimo e il socialismo hanno la stessa risposta. Prussianesimo e socialismo combattono l’Inghilterra che sta nel mezzo.»

Direttamente nel nucleo socialista, e come specificato da questi pensatori tedeschi, il liberalismo era (ed è ancora oggi) l’arcinemico della pianificazione e dell’organizzazione. E a meno che non venisse adottato il nazionalsocialismo a tutti gli effetti, il concetto di individuo non sarebbe stato sufficientemente distrutto nella mente di tutte le persone da permettere il dominio autoritario.

Questo odio e timore nei confronti dell’individuo è la visione del mondo abbracciata da questi pensatori e continua con coloro che affermano di essere socialisti oggi. A meno che il concetto di individualismo non venga completamente sradicato dalla mente di ogni persona, lo Stato come Spirito Assoluto non può venire alla luce.

Ecco perché l’individualismo è estremamente importante: per evitare un nuovo dittatorialismo autoritario, dal quale saremmo destinati a non uscire più. È l’individuo, più di ogni altra arma, insieme alla visione filosofica che difende i suoi diritti, che presenta il più grande ostacolo al totalitarismo.
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Re: Fascisti, nazisti, comunisti, maomettisti e zingari

Messaggioda Berto » ven feb 23, 2018 10:48 am

La violenza criminale dei comunisti e dintorni "antifascisti"



Militante di Forza Nuova legato mani e piedi e pestato in strada a Palermo
22/02/2018

http://www.lasicilia.it/news/cronaca/14 ... lermo.html

PALERMO - Grave aggressione a Palermo a probabile sfondo politico. Almeno sei persone hanno accerchiato il responsabile provinciale di Forza Nuova, Massimo Ursino, legandolo mani e piedi con nastro adesivo da imballaggio e pestandolo a sangue. E’ accaduto nella trafficata e centrale via Dante, intorno alle 19, coi negozi aperti e gente lungo il marciapiede. Gli aggressori erano vestiti di nero e avevano i volti coperti da sciarpe; tra loro, secondo i testimoni, c'era una ragazza che riprendeva il pestaggio con un telefonino. Portato al pronto soccorso dell’ospedale Civico dai sanitari del 118, Ursino aveva il volto pieno di lividi e una ferita sanguinante alla testa. Il dirigente di Forza Nuova è titolare di un laboratorio di tatuaggi nella vicina via Marconi.

Nel pomeriggio Forza Nuova aveva diffuso un comunicato per rispondere al Forum antirazzista di Palermo (una ventina di sigle, tra le quali l’Anpi) che aveva inviato una lettera a questore, prefetto e sindaco chiedendo di non autorizzare il comizio del leader di Forza Nuova, Roberto Fiore, previsto sabato prossimo nel capoluogo siciliano.

«Al di là del presunto "pericolo fascista", questa campagna elettorale - si legge nel comunicato di Forza nuova, precedente all’aggressione di stasera - è evidentemente contrassegnata dalla intimidazione costante, esercitata in forme diverse da sinistre istituzionali e centri sociali nei confronti di chi non la pensa come loro. A Palermo ieri sera, sotto casa di uno dei candidati di Forza Nuova alle politiche, ha stazionato per ore un gruppo di dieci persone armate. Non vogliamo un ritorno al clima degli anni '70/'80, ma non è nostro costume tirarci indietro se è questo che si vuole: l’importante è che si rispettino proporzioni numeriche onorevoli».

Ursino sarebbe stato infatti accerchiato da una mezza dozzina di persone e del gruppo farebbe parte chi ha documentato il pestaggio con le immagini video di un telefonino, che secondo alcune testimonianze sarebbe una ragazza. Il dirigente di Forza Nuova, titolare di un laboratorio di tatuaggi nella vicina via Marconi, è stato legato con del nastro da imballaggio e poi picchiato a sangue. La vittima dell’aggressione ha contusioni al volto e una ferita alla testa; i sanitari del 118 lo hanno trasportato al Pronto Soccorso del Civico. Ursino in passato sarebbe stato vittima di altre aggressioni e danneggiamenti al suo negozio.

In serata una rivendicazione dell'agguato a Ursino è stata inviata agli organi di stampa: «Chi afferma che esista una "minaccia fascista", - è scritto nella rivendicazione anonima - a Palermo come in tutta la Sicilia, dovrà ricredersi. Sul territorio palermitano esiste chi ripudia il fascismo e non ha timore di lottare per bloccarlo e schiacciarlo, a partire da questi protagonisti del forzanovismo, guerrieri a parole, violenti nelle immagini che evocano forse, ma incapaci di proteggere la propria incolumità e di conquistare qualsiasi forma di potere politico. Palermo è antifascista, nelle pratiche e nella quotidianità di chi la vive. A Palermo non c'è spazio per il fascismo».


La violenza dei centri asociali anarco comunisti
viewtopic.php?f=25&t=653




Cara Boldrini, ora fai chiudere i centri sociali
Giannino della Frattina - Lun, 19/02/2018

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 95766.html

Vuole sciogliere "i movimenti neofascisti" per solleticare la pancia dei compagni. Ma tace sugli antagonisti che pestano le persone

Ma come si fa a essere «anti», senza prima riuscire a essere qualcosa? Ad avere una qualche idea positiva da raccontare, mentre si chiede con odio di chiudere la bocca a qualcuno, violentando così la regola somma della democrazia e della Costituzione che si può definire antifascista solo nella preoccupazione dei padri fondatori di impedire il ritorno di un fascismo storico già sepolto da una Guerra mondiale e non certo nella pretesa di impedire a qualcuno di pensare allo stesso modo di Guglielmo Marconi, Luigi Pirandello, Filippo Tommaso Marinetti, Giovanni Gentile, Giuseppe Berto, Gabriele D'Annunzio, Antonio Sant'Elia, Giuseppe Terragni, Primo Carnera e mille altri.

E allora si capisce quanto vuoto morale e soprattutto intellettuale ci sia nella richiesta fatta ieri dalla presidente della Camera Laura Boldrini che violentando ancora una volta l'austerità che la terza carica dello Stato richiederebbe, ha nuovamente fatto bieca campagna elettorale solleticando la pancia dei compagni con la richiesta di sciogliere «i movimenti neofascisti». A partire, probabilmente, da quella CasaPound che è stato l'unico partito costretto a raccogliere le migliaia di firme necessarie a presentarsi alle elezioni. Il sigillo del popolo sulla richiesta di far parte a pieno titolo della vita democratica del Paese. Diritto sacro e inviolabile che la Boldrini vorrebbe togliere, continuando invece ad accarezzare i delinquenti dei centri sociali che hanno spaccato la spalla a un carabiniere colpevole solo di aver fatto il suo dovere e aggredito Giorgia Meloni, probabilmente l'unica donna che la Boldrini non chiede di proteggere. Perché la Boldrini non pretende la chiusura dei centri sociali da dove partono le squadracce che picchiano le persone? O l'abolizione di quei gruppuscoli che si ispirano al comunismo, un'ideologia che ha sulla coscienza 100 milioni di morti e che ancor oggi riempie le galere di dissidenti e omosessuali torturati? Quelli vanno bene, a quelli la presidenta dalla penna rossa non chiede conto di nulla. Più facile la scontata retorica antifascista di una sinistra che fa finta di non vedere che per la prima volta nella storia repubblicana nessuno ha il coraggio di inserire proprio la parola «sinistra» nel simbolo elettorale. Troppa la paura di essere schifati dagli elettori. Meglio cercare di distrarsi con gli «aiuto, al lupo» (fascista). Perché se può essere vero che la Costituzione è nata (anche) dall'antifascismo e non dall'anticomunismo, dobbiamo ricordare che se abbiamo vissuto decenni di benessere (materiale e umano) e la possibilità di pensare e parlare, lo si deve a chi proprio a quei comunisti ha impedito di portarci a Mosca. Se lo ricordi bene la presidenta Boldrini. E magari faccia un salto alla Fondazione Prada che ha appena inaugurato «Post Zang Tumb Tuuum. Art Life Politics: Italia 19181943», una bellissima mostra a cura di Germano Celant che parla dell'arte e della cultura (e quindi della politica) di anni che sarà ben difficile cancellare. Con buona pace della Boldrini.


FASCISMO ED ANTIFASCISMO.
secondo giovanni:
martedì 13 febbraio 2018

https://giovanniciri.blogspot.it/2018/0 ... l?spref=fb

Si parla sempre più spesso di “antifascismo”. Il termine viene quasi sempre usato a sproposito. Gli “antifascisti” accusano di “fascismo” più o meno tutti coloro che non condividono le loro posizioni, soprattutto, ma non solo, in tema di immigrazione. Coloro che hanno sempre in bocca la parola “fascismo” e la appiccicano più o meno a mezzo mondo, (è fascista Salvini, è “fascista Trump, addirittura sono “fascisti” i militanti dell'Isis, ottimo espediente per condannarli senza tirare in ballo l'islam), coloro, dicevo, che giocano di continuo con la parola “fascismo” non fanno in realtà proprio nulla di nuovo. Usano gli stessi strumenti polemici a suo tempo usati da Stalin contro la socialdemocrazia prima e le democrazie occidentali dopo.

Quando si parla di “antifascismo” è necessario porsi una domanda: cosa si designa con precisione con tale termine? Per essere chiari, è possibile che col termine “antifascismo” si designi in positivo una dottrina politica? Ci si riferisca ad una visione del mondo o ad un insieme minimamente coerente di idee e valori, ad un programma finalizzato alla loro realizzazione ed alla tutela di determinati interessi?

Termini come “comunista”, “liberale”, “nazista” hanno un significato abbastanza chiaro. Si dice “liberale” e si pensa alla divisione dei poteri, alla democrazia parlamentare ed alla economia di mercato. Si dice “comunista" e si pensa alla economia centralmente pianificata ed alla dittatura del proletariato. Si dice “nazista” e si pensa allo spazio vitale, all'antisemitismo ed alla shoah. Ma a cosa si pensa quando si dice “antifascista”? E' antifascista chi si oppone al fascismo, ovviamente, ma dietro a questa opposizione sta forse una univoca filosofia politica? No, ovviamente. È antifascista un liberale come un comunista. Era antifascista Churchill come lo era Stalin. Può essere antifascista un anarchico come un democristiano, un rivoluzionario come un conservatore. Considerazioni simili possono farsi col termine “anticomunista”. È anticomunista un liberale come un socialdemocratico. Erano anticomunisti Turati e Mussolini, De Gaulle e Adolf Hitler. Un “ANTI” in realtà non designa nulla in positivo, se non la mera opposizione a qualcosa. E' importante e può essere estremamente positivo opporsi a qualcosa (al fascismo ad esempio, ma quello VERO). Ma il semplice fatto della opposizione non dice nulla sulle idee, i valori, i programmi della forza politica che la pratica. La particella “anti” in politica è molto simile a ciò che è in logica il negativo “non”. Non si dice nulla di un ente dicendo che è un “non uomo”. Un “non uomo” può essere un cane o un monte, un abete o un carro armato pesante, esattamente come un “anti - fascista” in politica può essere uno stalinista o un anarchico individualista.

Gli “anti” non possono quindi rimandare a nulla in positivo, indicano solo una opposizione, una negazione. Non c'è in questo nulla di strano. Ciò che un ente è non deriva da ciò che non è; al contrario, ciò che un ente non è deriva da ciò che è. Tizio è un uomo, quindi non è un cane, un abete eccetera. Allo stesso modo: Tizio è un democratico liberale, quindi è anti fascista, anti comunista, si oppone agli anarchici, è diverso dai socialisti e dai socialdemocratici eccetera. Si parte dalla definizione in positivo di una certa dottrina politica per stabilire di cosa questa sia “anti”. Non vale il contrario.

Eppure con l'antifascismo è successo qualcosa di diverso. Con la politica dei fronti popolari inaugurata nel 1934 – 35, e poi con la grande alleanza antifascista fra URSS, USA e Gran Bretagna si è dato, da parte sovietica, un senso in positivo all'antifascismo, e questo escamotage teorico è stato tacitamente accettato dalle potenze occidentali fino allo scoppio della guerra fredda.

L'alleanza fra URSS, USA e Gran Bretagna è stata una necessità imposta dalla storia. C'era l'esigenza assolutamente prioritaria di battere la Germania nazista, ed il patto fra l'URSS di Stalin e le due democrazie anglofone ne è stata la conseguenza. Ma l'URSS non era un semplice stato fra gli altri, era la patria del socialismo e la guida di un grande movimento internazionale. Le sue scelte politiche dovevano avere una giustificazione ideologica. La politica dell'URSS in quanto stato doveva esser parte della strategia rivoluzionaria mondiale del movimento comunista. E questo, si badi, non era una semplice aggiunta, qualcosa di inessenziale che seguisse le scelte diplomatiche e militari di Stalin. Era una componente essenziale della sua politica, la conseguenza diretta del fatto che l'URSS era uno stato, ma si proclamava nel contempo “guida della rivoluzione”.

Alla alleanza fra stati si è quindi accompagnata la elaborazione della teoria secondo cui l'antifascismo non sarebbe un semplice “anti”, risultante di un accordo imposto dalle tragiche necessità della guerra. No, l'antifascismo designerebbe una dottrina in positivo. Suo contenuto sarebbe l'aspirazione ad una democrazia di tipo “nuovo”, non ancora socialista ma non più capitalista; un nuovo tipo di formazione politica e sociale, la "democrazia progressiva", che, pur caratterizzata dalla presenza del mercato e della proprietà privata dei mezzi di produzione, consentirebbe alla classe operaia ed alle “forze progressiste” di portare su un piano più alto la loro lotta. L'antifascismo insomma come tappa intermedia, conquista parziale che fa avanzare il “fronte di classe” e prepara nuove vittorie per le forze del progresso, in attesa della resa dei conti finale con la borghesia. Resa dei conti che, essa sola, permetterà la sconfitta definitiva del fascismo. Perché, è chiaro, al fondo di tutta la concezione sta l'idea che il fascismo ed il nazismo siano figli legittimi del capitalismo. La “democrazia progressiva” porta ad un livello più alto la lotta del proletariato per il comunismo. La vittoria definitiva sulla borghesia, quando verrà, segnerà, insieme, la fine senza appello del capitalismo e del nazifascismo.
Antifascismo come dottrina della “democrazia progressiva” quindi, basata a livello internazionale sulla grande alleanza fra URSS, USA e Gran Bretagna e a livello interno sulla unità di tutte le forze antifasciste, laiche e cattoliche. I comunisti ed i socialisti a quel tempo loro alleati interpreteranno in questo senso la stessa costituzione repubblicana. La Costituzione, se coerentemente applicata, fonderebbe la “democrazia progressiva”, sarebbe la base su cui edificare uno stato di tipo nuovo, non ancora socialista ma non più borghese.

Si tratta, come è fin troppo facile vedere, di concezioni largamente ideologiche. La teoria della “democrazia progressiva” non rappresenta in realtà una elaborazione teorica originale. E' piuttosto il tentativo di fare di necessità virtù. L'Italia e la Francia, i paesi dell'Europa occidentale dove è più forte il movimento comunista, sono fuori dalla sfera di influenza sovietica, PCI ed il PCF devono adeguarsi. Non se la sentono di tentare il colpaccio, sanno che Stalin non ha intenzione di rischiare, al momento, uno scontro con Truman ed hanno sotto gli occhi la per loro fallimentare esperienza greca ad invitarli alla prudenza. E mettono da parte la carta rivoluzionaria. Optano per la “democrazia progressiva”. E si autoproclamano i difensori più coerenti della costituzione.

Ma quando l'alleanza antifascista internazionale si rompe i fatti dimostrano che la costituzione repubblicana, per quanto largamente influenzata dalle concezioni dei comunisti, può benissimo fare da supporto non alla “democrazia progressiva” ma ad una normale democrazia parlamentare. I comunisti denunceranno come “incostituzionale” la loro cacciata dal governo, ma si tratterà solo di propaganda che dimostra il loro desiderio di assoluta egemonia.
D'altro canto, nei paesi “liberati” dall'armata rossa i comunisti imporranno in breve tempo a tutti la loro dittatura. I partiti liberali, cattolici, socialdemocratici saranno messi fuori legge, i loro leader incarcerati, a volte fucilati. Inizia per i loro sventurati popoli un duro inverno che durerà sino al 1989. In ogni caso in quelle esperienza l'antifascismo non partorirà alcuna “democrazia progressiva”.

Del resto, fin dal momento del suo sorgere, prima che si formasse a livello di stati la grande alleanza antifascista, l'antifascismo ed il concetto di “democrazia progressiva” avevano mostrato tutte le loro contraddizioni. La politica antifascista dei fronti popolari era stata preceduta dalla sventurata tattica del “socialfascismo” che avrebbe molto agevolato la scalata di Hitler al potere. Per l'internazionale comunista a guida staliniana tutte le forze anti o semplicemente non comuniste erano “fasciste”. I socialdemocratici erano definiti “socialfascisti”, il nazismo tedesco considerato meno pericoloso della democrazia “borghese” e della socialdemocrazia. I comunisti proseguirono questa politica folle almeno sino al 1934, quando Stalin, convintosi della pericolosità del tiranno nazista, operò una brusca svolta, firmò addirittura con la Francia un patto politico militare e diede il via alla politica antifascista dei “fronti popolari”. Con questa i comunisti smettevano di equiparare la socialdemocrazia al fascismo ed ammettevano che la democrazia “borghese” era degna di essere difesa. Miravano a costituire vaste alleanze con forze socialdemocratiche e democratico borghesi sul terreno della difesa della democrazia. Questa politica però aveva un prezzo, sia per i socialdemocratici che per i sostenitori della democrazia “borghese”: bisognava evitare, per quanto possibile, ogni critica nei confronti dell'URSS di Stalin. L'URSS era alla testa di un vasto fronte democratico antifascista, “quindi” era pienamente legittimata dal punto di vista democratico, anzi, era enormemente più libera di paesi come la Francia e la Gran Bretagna in cui esisteva ancora lo “sfruttamento capitalistico”. Proprio nel momento in cui Stalin stava per scatenare mostruose “purghe” ed in cui centinaia di migliaia di cittadini sovietici erano ridotti di fatto, nei gulag, in una condizione di schiavitù, l'URSS doveva essere universalmente accettata quale avanguardia dello schieramento democratico. E, paradosso dei paradossi, mentre Stalin, in nome dell'antifascismo, diventava il paladino della “democrazia” i suoi oppositori comunisti diventavano “fascisti”. Trotzkij, Bucharin, Zinovie'v, Kamenev, Radek... tutti fascisti, tutti, a parte il primo, rei “confessi” di essere “spie al soldo di Hitler”. La legittimazione democratica di Stalin coincideva con la lugubre parata dei processi di Mosca.

Né le contraddizioni si fermano qui. Le vicende dell'antifascismo e della democrazia progressiva sono sempre collegate alla politica staliniana, in tutte le sue svolte e controsvolte. Nel 1939 Stalin cerca di mantenersi fuori dalla guerra incombente e non trova nulla di meglio da fare che allearsi con Hitler. Il famoso “patto di non aggressione” fra Germania e URSS è un patto di alleanza a tutti gli effetti. Prevede la spartizione della Polonia fra sovietici e tedeschi, la assegnazione all'URSS degli stati baltici ed un programma di mutuo aiuto fra la Germania di Hitler e l'URSS di Stalin. Questa fornirà dal settembre del 1939 al giugno del 1941 alla Germania grandi quantità di materie prime di cui questa ha bisogno per il proseguimento del conflitto.

Naturalmente i partiti comunisti seguono fedelmente la loro guida. L'antifascismo è abbandonato, la guerra in corso diventa “guerra interimperialista” come lo era stata la guerra del '14. In Francia chi sostiene la difesa della patria dalla aggressione hitleriana è bollato come “socialpatriota”.
Solo nel Giugno 1941 la situazione muta di nuovo. La aggressione nazista costringe l'URSS a tornare alla strategia antifascista. Il mostruoso contributo di sangue, conseguenza anche degli errori pacchiani e della incredibile imperizia di Stalin, che questo paese darà alla sconfitta di Hitler lo accrediteranno di fronte a vaste masse di popolo come “guida” dell'antifascismo. Un riconoscimento sicuramente immeritato.

Quelle cui telegraficamente ricordate sono solo alcune vicende dell'antifascismo. Altre se ne potrebbero aggiungere, ad esempio le lotte intestine alla resistenza fra i partigiani comunisti e gli altri o la sistematica eliminazione, da parte degli staliniani, di ogni dissidenza interna nel corso della guerra civile spagnola. Non è però il caso di dilungarsi troppo. Quello che emerge in maniera incontrovertibile è che
l'antifascismo non è mai stato un movimento politico unitario caratterizzato da programmi, valori, interessi, visioni del mondo comuni fra le sue varie componenti. L'antifascismo è stato l'incontro di forze radicalmente diverse unite solo dalla impellente necessità di battere il nazismo. Malgrado questo fine comune, è stato caratterizzato da lotte intestine risolte molto spesso a suon di plotoni di esecuzione e in quanto tale non è sopravvissuto al crollo del nazifascismo.
Col crollo del nazifascismo l'antifascismo come fenomeno unitario è finito, ma non è morto l'antifascismo in generale: ha solo cambiato natura. Prima era stato il terreno di incontro fra forze diverse e la base teorica su cui i comunisti avevano elaborato il concetto di “democrazia progressiva”. Dopo il 1945 è diventato il centro della propaganda comunista. Scomparso il fascismo vero è rimasto l'antifascismo. Staccato dalla situazione reale questo è diventato una ricetta valida per tutti gli usi. Gli appelli alla lotta antifascista si cono moltiplicati in maniera esponenziale proprio nel momento in cui il fascismo ha cessato di esistere.
E, paradossalmente, mai il fascismo è stato tanto esteso quanto dopo la sua sconfitta. I “fascisti” si sono moltiplicati all'infinito proprio nel momento in cui il nazifascismo come esperienza storica reale era oggetto di una sacrosanta ed universale esecrazione.

La propaganda comunista aveva da sempre esteso in maniera scorretta il concetto di “fascismo”. A parte gli orrori del “socialfascismo”, basta ricordare la tendenza ad assimilare al fascismo ogni tipo di regime dittatoriale di destra per rendersene conto. Il fascismo è qualcosa di diverso da una “normale” dittatura di destra. Dei militari golpisti
non sono, in quanto tali, fascisti. Il fascismo e, in misura enormemente maggiore, il nazismo sono dittature totalitarie di destra risultanti da movimenti di massa “rivoluzionari” o, se si preferisce, eversivi e che mirano ad un consenso di massa attivo e generalizzato. Non è il caso di approfondire qui il discorso ma bastano queste scheletriche considerazioni per marcare la differenza fra fascismo e dittature classiche di destra o regimi conservatori di tipo autoritario.
Questa tendenza ad ampliare oltre misura il significato del termine “fascismo” diventa però parossistica dopo il 1945. Con lo scoppio della guerra fredda i comunisti appiccicano un po' a tutti l'etichetta di “fascista”. Prima erano fasciste l'Italia e la Germania, dopo il 1945 diventano fascisti gli Stai uniti, la Gran Bretagna (unico paese che ha combattuto Hitler dal 1939 al 1945), l'Italia la Francia, la Germania federale, insomma, tutti coloro che si oppongono alla Russia di Stalin. E in Italia diventano “fascisti” fior di antifascisti come Alcide De Gasperi o Giuseppe Saragat. Qualcuno afferma che per i comunisti se il fascismo non ci fosse bisognerebbe inventarlo. Non ha torto.

La situazione cambia ancora nel 1989, con il crollo del comunismo.

Quel crollo lascia orfani i nostalgici dell'assoluto. D'improvviso si ritrovano senza un paese, o almeno una esperienza storica concreta, cui poter fare riferimento. Ma non abbandonano la tendenza al “totalmente altro”. Prima questa si realizzava in una ideologia totalizzante, un assoluto onnicomprensivo mirante alla integrale trasfigurazione del mondo e dell'uomo. Dopo il 1989 questo è sostituito da tanti assoluti. Una miriade di assoluti in formato ridotto, una pletora di ideologie riguardanti ognuna un settore limitato del reale, ma propugnate e difese con lo stesso settarismo con cui prima veniva propugnata e difesa la grande, e sanguinosa, utopia comunista. Ambiente, rapporti fra i sessi, accoglienza sono i nuovi campi di battaglia ed in ognuno i nostalgici dell'assoluto, non troppo numerosi ma incredibilmente settari ed agguerriti, bollano i loro nemici (hanno sempre e solo nemici questi personaggi) come esseri spregevoli, nemici del genere umano, in una parola... “fascisti”.

La tragedia del “socialfascismo” si trasforma nella farsa dei nostri giorni. Nel 1932, alla vigilia della presa del potere di Hitler, erano “socialfascisti” i socialdemocratici, nel 2018 sono “negazionisti”, quindi, sotto sotto, “fascisti”, coloro che non credono troppo all'effetto serra. Sono “fascisti” coloro che rifiutano la immigrazione fuori controllo o che non credono che l'Islam sia una religione di pace. Per i no global sono fascisti sia i sostenitori della globalizzazione che coloro che si oppongono alla UE. Per le frange più estremiste dei “liberal” americani sono “fascisti” Trump e i suoi sostenitori. In Italia è, ovviamente, “fascista” Salvini. Berlusconi sembra salvo da tale infamante accusa, ma quando era più giovane e pericoloso molti intellettuali lo avevano paragonato ad Hitler. Paradosso dei paradossi è “fascista” lo stato di Israele, fondato dagli scampati ai forni crematori nazisti. La stella di Davide, marchio di riconoscimento per i destinati al macello, viene equiparata alla svastica. I palestinesi invece, che nel secondo conflitto mondiale avevano appoggiato le forze dell'asse, sono i nuovi “antifascisti”. Il mondo rovesciato.

I termini “fascista” ed “antifascista” perdono in questo modo qualsiasi significato concreto. Designano tutto ed il contrario di tutto, a seconda dei momenti. Fanno da puntello a questa esplosione di “antifascismo” piccoli gruppi davvero fascisti privi però di reale peso politico. Sono gruppetti che su molte cose, ad esempio su Israele, hanno posizioni molto simili a quelle dell'estrema sinistra, ma non conta. La loro esistenza viene presa a pretesto per chiedere che partiti importanti come la lega o fratelli d'Italia vengano messi fuori legge (domani potrebbe toccare a Renzi...). Tutto questo mentre gli “antifascisti” inneggiano alle foibe, e trasformano spesso e volentieri le città in campi di battaglia.

Non è il caso di dilungarsi ulteriormente. Sopravvissuto al crollo del fascismo prima e del comunismo dopo l'antifascismo è oggi solo un fantasma. Un fantasma polemico che con i suoi precedenti storici ha poco o nulla a che vedere. Certo, eventuali insorgenze fasciste vanno combattute, ma pensare siano un pericolo reale è solo un contorcimento polemico senza fondamento. Paradossalmente è proprio il cosiddetto “antifascismo” a dare a piccoli gruppi di nostalgici la possibilità di acquistare un peso ed una visibilità che sono loro preclusi dal processo storico reale. Il moltiplicarsi senza fine dei “fascismi” fasulli finisce in questo modo per dar spazio ai, per fortuna largamente minoritari, fascismi reali. Anche questo non è, a veder bene le cose, un fenomeno nuovo. Si tratta, sotto sotto, della riproposizione, in forme nuove della demenziale politica del “social fascismo”. Solo, quella fu una tragedia, questa una farsa. Una farsa che può però diventare molto pericolosa. E trasformarsi a sua volta in tragedia.




Torino, guerriglia alla manifestazione anti-Casapound

https://notizie.virgilio.it/top-news/co ... nti-125970

Gruppi di manifestanti hanno divelto le recinzioni di un cantiere stradale vicino alla stazione di Porta Susa e lanciato pietre

Scene di guerriglia urbana questa sera a Torino per l’arrivo del candidato premier di Casapound. Un corteo antifascista ha tentato a più riprese di raggiungere l’albergo nel centro storico in cui Simone Di Stefano era presente per un appuntamento elettorale, e ha incontrato l’opposizione della polizia. Nei tafferugli sono rimasti feriti sei agenti del reparto mobile, colpiti da bottiglie e bombe carta: per uno di loro si è reso necessario un intervento chirurgico. Due giovanissimi manifestanti sono stati bloccati e uno è stato trattenuto in stato di fermo.

Il corteo ha raccolto più di duecento fra attivisti dei centri sociali, sindacalisti di base, anarchici, No Tav dalla Valle di Susa, studenti delle scuole superiori, militanti di Potere al Popolo, e si è mosso dalla stazione ferroviaria di Porta Nuova verso l’hotel. “A Torino come a Palermo”, con un chiaro riferimento all’aggressione nei confronti di un esponente di Forza Nuova, è stato uno degli slogan che si sono levati dal gruppo. Mentre Casapound organizzava (“nonostante chi ci odia”) una diretta Facebook del comizio di Di Stefano, i dimostranti hanno accennato un primo tentativo di sfondamento in corso Vittorio Emanuele e sono stati respinti con gli idranti.

Poi hanno aggirato il blocco per una via laterale, portandosi di fronte all’albergo, e quindi si sono portati di nuovo in corso Vittorio. Al fitto lancio di petardi e bottiglie gli agenti hanno risposto con idranti e lacrimogeni. Il corteo si è poi diretto verso la stazione ferroviaria di Porta Susa, dove alcuni hanno anche divelto le recinzioni di un cantiere per raccogliere pietre da scagliare contro le forze dell’ordine. Ancora idranti, ancora lacrimogeni e, infine, un inseguimento che si è protratto fino in piazza Statuto. I manifestanti comunque hanno cantato vittoria per essere riusciti a “cingere d’assedio” Casapound.

Sugli scontri è intervenuto Matteo Salvini. “A Torino – ha detto – questi ragazzi fanno quello che fanno perché stasera quando tornano a casa nessuno gli fa nulla: se vai dalla mamma e dal papà e gli fai pagare i danni vedrai che la prossima volta restano a casa a studiare”. “Alle idee – ha aggiunto il leader della Lega – si risponde con idee, mai con violenza. Nell’Italia che ho in testa io la polizia si occupa degli spacciatori non dei figli di papà”. “Dicevano di voler stanare i fascisti – è il commento del sindacato di polizia Sap – ma hanno devastato Torino e hanno ferito dei poliziotti lanciando pietre e bottiglie. Questi non sono antifascisti ma pazzi criminali”.


Torino, bombe antagoniste con i chiodi: agente trafitto alla gamba
Giuseppe De Lorenzo - Ven, 23/02/2018

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 97638.html

Scontri e feriti al comizio di CasaPound a Torino. Gli antifascisti alzano il tiro: un agente colpito da una scheggia di legno alla gamba

Forse è da considerare un salto di qualità. Preoccupante. Perché dagli scontri avvenuti ieri tra centri sociali, antagonisti e polizia a Torino emerge un particolare non indifferente.

I militanti antifascisti che volevano "stanare" il comizio di Simone Di Stefano, candidato premier di CasaPound, infatti, non si sono limitati a pestare da terra un carabiniere o a bastonare un poliziotto. Ma hanno lanciato contro gli agenti bombe carta piene di chiodi e pezzi di coccio. Ordigni pensati appositamente per aumentarne la pericolosità. E forse anche per uccidere.

Non è un caso dunque se un uomo in divisa è rimasto ferito dopo essere stato colpito in pieno dall'esplosione di uno di questi ordigni artigianali: un pezzo di legno schizzato via da un petardo gli si è conficcato nella gamba (guarda qui le foto choc). Si vede il foro provocato dalla scheggia e il sangue uscire copioso dalla coscia sinistra. L'agente è stato operato. "Sono bombe create per mutilare - ci confessa sotto anonimato un tutore dell'ordine - è un atto terroristico in piena regola".

Per diverse ore la polizia ha dovuto correre dietro ai circa 400 manifestanti scesi in piazza dietro lo striscione "resisteremo a oltranza". La "caccia" ai fascisti di CasaPound era stata ampiamente annunciata e le forze dell'ordine avevano realizzato alcuni blitz preventivi. Evidentemente non sono bastati. Attivisti del centro sociale Askatasuna e di "Potere al Popolo" si sono riversati in strada nella speranza di raggiungere l'hotel NH dove era in corso il comizio di Di Stefano.

Dopo vari tentativi di sfondamento, l'uso di idranti da parte delle forze dell'ordine, tafferugli, cariche e manganellate la situazione si è pian pian placata, permettendo a CasaPound di rivendicare che "di quegli imbecilli lì fuori non ce ne frega assolutamente nulla". Alla fine il bollettino di guerra riporta sei agenti feriti dal lancio di bottiglie, bombe incendiarie e pietre di grosse dimensioni. E allora si capisce perché per i servizi segreti anarchici e antagonisti siano più pericolosi dei jihadisti.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Fascisti, nazisti, comunisti, maomettisti e zingari

Messaggioda Berto » ven feb 23, 2018 10:50 am

Vettore Patrizio Giusto! Incominciamo a mettere in galera i no global, i disubbidienti, le tute bianche, i centri sociali e tutti quelli che vanno in piazza a parlare di democrazia con i caschi, le mazze, le bottiglie molotof, le bombe carta e la faccia mascherata. Una volta le squadre fasciste si riconoscevano da questo. Ora è forse cambiato qualcosa?

https://www.facebook.com/32522817092072 ... 5320794661


Si chieda il certificato di anticomunismo e antimaomettismo e non solo di antifascismo e di antinazismo


VICENZA - Arriva Il certificato antifascista per avere spazi pubblici
20 febbraio 2018

http://www.tviweb.it/vicenza-arriva-cer ... i-pubblici

“Dichiara di riconoscersi nei principi fondamentali della Costituzione Italiana e dello Statuto comunale e ripudia il fascismo la cui riorganizzazione è vietata, sotto qualsiasi forma, dall’ordinamento giuridico”. Queste poche righe, promosse dal sindaco Achille Variati, saranno inserite nella proposta di deliberazione del nuovo regolamento per l’applicazione del canone occupazione spazi e aree pubbliche che la giunta di Vicenza presenterà al consiglio comunale. Dovranno infatti essere sottoscritte da tutti coloro che chiederanno al Comune uno spazio pubblico, ad esclusione dei plateatici dei pubblici esercizi e delle attività cantieristiche.
“La dichiarazione – commenta il sindaco – non dice nulla di nuovo rispetto a quanto è già presente nella Costituzione Italiana e nello Statuto del nostro Comune e dovrebbe appartenere al pensiero di tutti, indipendentemente dai programmi politici. Ma francamente non è così. Da più parti emerge preoccupazione per il diffondersi di movimenti che si ispirano al fascismo che tanto male ha fatto nella nostra storia. Per questo, sulla scia di quanto hanno già fatto altre città italiane, mi sembra opportuno che Vicenza, medaglia d’oro per la Resistenza oltre che per il Risorgimento, ribadisca quanto dovrebbe già essere nel DNA di tutti”.
Sull’argomento, nelle scorse settimane, anche i consiglieri comunali Giacomo Possamai e Sandro Pupillo avevano presentato una mozione. E’ poi intervenuto anche l’assessore alla semplificazione e innovazione Filippo Zanetti che che ha spiegato quali sono le altre novità che verranno introdotte nel regolamento: “La giunta ha proposto oggi le linee di indirizzo per la modifica del vigente regolamento della Cosap risalente al 2013, quindi di recente approvazione, perché in questi ultimi anni la città è cambiata e sono emerse nuove necessità a cui l’amministrazione vuole andare incontro con l’obiettivo di semplificare, sia dal punto di vista operativo che amministrativo, la gestione del tributo. Le linee di indirizzo, formulate dopo aver coinvolto anche le associazioni di categoria, verranno ora trasformate in delibera dagli uffici per cui sarà necessario un nuovo passaggio in giunta e poi in consiglio. Le nuove proposte non toccheranno le tariffe che rimarranno invariate mentre viene garantita l’elasticità dell’applicazione della Cosap e la semplificazione del calcolo delle tariffe”. Nel regolamento verrà introdotto un articolo relativo all’occupazione del suolo per l’installazione di stazioni radio base per la telefonia mobile (antenne) che prima erano soggette al rilascio di concessione e che con il nuovo regime non vedranno modificate le tariffe. Non sarà più necessario pagare per le occupazioni soprassuolo che riguardano balconi, bow-window, pensiline, cornicioni o tende solari.
Nel caso di eventi organizzati dal Comune e sponsorizzati da privati l’occupazione sarà gratuita se la sponsorizzazione sarà superiore alle spese da sostenere complessivamente.
Si potrà richiedere un deposito cauzionale come garanzia dell’integrità dei luoghi in centro storico e viale Dalmazia.
Se verranno effettuati lavori edilizi commissionati dal Comune che richiedono occupazione di suolo pubblico, sarà applicato un canone pari al 25% della somma prevista.
Inoltre la tariffa verrà calcolata in modo differente, semplificando l’attuale metodo in vigore: ad una quota base verranno moltiplicati dei coefficienti in base al tipo di attività e della modalità di occupazione. Il pagamento sarà calcolato sull’intera giornata (e non verrà più applicata al tariffa oraria). L’occupazione verrà calcolata sulla base di fasce di permanenza: da 1 a 15 giorni, da 16 a 30 giorni, oltre i 30 giorni.
Viene rivista anche la procedura sanzionatoria: in caso di recidive l’attività potrà essere sospesa per al massimo 3 giorni.
Le tariffe della Cosap e i coefficienti moltiplicatori dovranno essere definiti dalla giunta entro l’approvazione del bilancio di previsione, altrimenti verranno confermate le tariffe vigenti.
Il canone potrà essere compensato da prestazioni di pubblico interesse o utilità o con sponsorizzazioni di eventi organizzati dal Comune. In casi di particolare interesse pubblico potrà essere applicata l’esenzione del canone.
Varizioni potranno essere previste in alcune zone della città o in particolari periodi dell’anno.


Vicenza ai Vicentini replica a Variati su spazi pubblici
21/01/2018

http://www.vicenzapiu.com/leggi/variati ... occiodromo

L' associazione Vicenza ai Vicentini , che sostiene Francesco Rucco per la candidatura a sindaco di Vicenza, dichiara quanto segue riguardo l'ultima trovata del Sindaco Achille Variati in materia di richiesta di spazi pubblici: "Riteniamo che quella di Variati sia una trovata ridicola ed incostituzionale: ridicola perché ci risulta che la guerra sia finita da una settantina d'anni e che il reato di ricostituzione del disciolto partito fascista, a differenza del reato di opinione di qualsiasi natura, sia già disciplinato nella nostra Costituzione. Null'altro vi è affermato."

"Incostituzionale - prosegue la dichiarazione - poiché come da art.17 comma 3, solamente le autorità possono vietare adunate per motivi di sicurezza/ordine pubblico. Non vediamo perché ora alcuni amministratori, come il nostro prode Achille, si debbano sostituire alle Questure solamente per erigere marchette di natura elettorale verso gli antagonisti di estrema sinistra. Proprio loro, i "pacifisti rossi", che in questi giorni salgono alla ribalta delle cronache nazionali fregiandosi di rappresentare la più bieca violenza nei confronti delle forze dell'ordine e degli oppositori politici."

Ed ancora: "Ci dispiace ma non digeriamo questa ipocrisia per un pugno di voti. Con l'antifascismo non si scherza: in nome dell'antifascismo si è ammazzato ieri e si elimina l'avversario politico oggi.
Per questo siamo intenzionati a chiedere presto uno spazio pubblico per protestare contro qualsiasi limitazione alla libertà di espressione e per chiedere il rispetto dell'art. 21 della costituzione."
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Re: Fascisti, nazisti, comunisti, maomettisti e zingari

Messaggioda Berto » ven feb 23, 2018 10:53 am

Massimo Cacciari, la violenza fuori controllo in campagna elettorale: "La colpa è dei politici incapaci"
22 Febbraio 2018

http://www.liberoquotidiano.it/news/pol ... s.facebook

Con l'avvicinarsi del 4 marzo aumentano i casi di violenza tra "fascisti" e antifascisti, da Piacenza a Palermo passando per Perugia, in un'escalation che sta avvelenando ancor di più la campagna elettorale, la più "bieca che si ricordi - dice Massimo Cacciari su Quotidiano nazionale - Piena di promesse vuote, intrisa di demagogia. Era evidente che il clima verbale si sarebbe alzato, e questi sono i frutti".

Nella surreale ricerca ai "mandanti morali" dei pestaggi tra estremisti, Cacciari taglia corto e individua la vera responsabilità: "Colpa di questi politici che hanno perso i contatti col Paese. Anzi con il sapere e il raziocinio". Di certo non c'è nulla di ideologico in questi scontri: "Basta con questa storia del fascismo e dell'antifascimo, non se ne può più - dice Cacciari - È un dibattito di una inconcludenza totale, fondato sul nulla. Pensiamo piuttosto al fatto che i nostri ragazzi escono da scuola senza sapere bene chi era Hitler e Mussolini".


Gino Quarelo
Cacciari, e Stalin, e Mao e Maometto?
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Re: Fascisti, nazisti, comunisti, maomettisti e zingari

Messaggioda Berto » ven feb 23, 2018 10:54 am

Ecco esempi di antifascisti comunisti peggiori dei fascisti


Potere al Popolo, il voto utile per un'alternativa al sistema e ai fascismi
Fabio Marcelli
21 febbraio 2018
Giurista internazionale

https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/0 ... mi/4164592

L’Italia è in preda a una crisi profonda, non solo di natura economica, ma anche e soprattutto culturale e morale. Stiamo sprofondando in un abisso e riemergono i nostri peggiori incubi: fascismo, con omaggi di politici di varia estrazione alle virtù di Benito Mussolini; razzismo, con migranti e rifugiati fatti bersagli delle peggiori frustrazioni e sfogatoio per malesseri che hanno ben altra origine, che però disonestamente molti non ammettono; mafia, che grazie alla finanziarizzazione è oggi forte come non mai e riannoda significative alleanze con vari settori politici; individualismo e menefreghismo, che si manifestano mediante evasioni fiscali e contributive e abusivismi vari che vedono in prima fila imprenditori vari.

La situazione sociale è pessima e va peggiorando: povertà diffusa e crescente; disoccupazione giovanile; fuga dei giovani e dei cervelli; degrado crescente di scuola, università e ricerca.
La classe politica ha raggiunto livelli senza precedenti di squallore culturale ed umano. Renzi, compiuta la sua missione storica di restituire lo scettro a Berlusconi, si appresta a un’imbarazzante competizione senza pietà con Minniti ed altri per stabilire chi dei sopravvissuti politicanti dem sarà ammesso a saltare sulla zattera del Caimano, mentre il buon Gentiloni si candida a successore di Prodi come candidato dell’alternanza o a erede di Monti come espressione di un governo bipartisan completamente succube della Germania (e degli Stati Uniti). La destra si rafforza attingendo spregiudicatamente agli incubi nazionali di cui sopra, approfittando di un’opinione pubblica fiaccata da lunghi anni di berlusconismo, centrosinistra e renzismo. I Cinquestelle deludono e la svolta a destra di Di Maio ha comportato, come prevedibile, l’afflusso nelle liste pentastellate di più di un personaggio poco raccomandabile, oltre a stemperare brutalmente i connotati di un programma che presentava qualche aspetto positivo. Liberi ed Uguali, lista guidata da persona di grande dignità come Pietro Grasso, e con elementi interessanti nel suo programma, risente però purtroppo a sua volta delle logiche perverse della politica politicante, oltre ad accogliere tra le sue fila non pochi di coloro che furono responsabili a suo tempo di scelte sciagurate su vari piani, D’Alema in testa.

Situazione apparentemente disperata, come si vede.

Siamo un popolo di smemorati. Il ricordo della Resistenza è ormai sbiadito. La tutela dell’onore antifascista è lasciata ai giovani, non certo pochi, che hanno manifestato di recente a Macerata il 10 febbraio contro la tentata strage razzista compiuta da Traini, unico attentato terrorista avvenuto in Italia negli ultimi anni,e contro i tentativi dei fascisti di manifestare a Bologna, Napoli e altrove. Dall’altra parte un ministro degli Interni che sembra la caricatura di Tambroni. Forza Nuova e CasaPound, raggruppamenti che dovrebbero essere sciolti a norma di Costituzione e di leggi dello Stato, godono da molte parti dei favori delle forze dell’ordine quasi che fascismo e nazismo fossero idee come le altre, una posizione da ultimo smentita dalla magistratura.

A una crisi radicale va data una risposta radicale e non ci si può certo illudere di arginare il fascismo, il razzismo, gli egoismi dei poteri forti continuando ad alimentare coloro le cui colpe ed omissioni sono alla base di tali fenomeni. Sono in molte e molti a capirlo e crescono ogni giorno di più. Nonostante l’evidente boicottaggio dei media si sta manifestando un crescente consenso nei confronti di “Potere al popolo”, che secondo i sondaggi supera il 3% ed è certamente destinato a raggiungere un ottimo risultato: l’unica lista che si propone di rifondare dal basso la democrazia italiana in crisi dando spazio e voce alle vittime della crisi economica, senza distinzione di origine, etnia, religione, genere ed altro. Va riattivato un canale di partecipazione diretta tra società e istituzioni ed esistono già molte proposte utili a invertire la nostra attuale disastrosa rotta levando di mezzo la classe politica degli incompetenti e dei corrotti e costruendo un polo di effettiva alternativa aggregando le forze migliori esistenti anche in altri schieramenti. Per tutti questi motivi l’unico voto utile il 4 marzo è quello al “Potere al popolo”. Una storia nuova, per tornare a fare la storia. Una storia che non si fermerà certo il 4 marzo, perché l’Italia ha bisogno di un’alternativa di sistema. Una lista che raccoglie crescenti consensi anche secondo i sondaggi ufficiali, destando preoccupazioni diffuse fra lorsignori e scatenando reazioni violente da parte dei neofascisti come il gravissimo accoltellamento di stanotte a Perugia.


Moni Ovadia per Potere al Popolo: «Si fottano i moderati!»
1 febbraio 2018

http://popoffquotidiano.it/2018/02/09/m ... o-moderati

L’endorsement di Moni Ovadia per la lista della sinistra alternativa al Pd. L’appello degli intellettuali per Potere al Popolo lanciato da Citto Maselli

Il regista Citto Maselli ha lanciato un appello al mondo della cultura, dell’informazione e della conoscenza per il voto alla lista Potere al popolo, in vista delle prossime elezioni politiche del 4 marzo. All’appello hanno già aderito decine di intellettuali, attori, registi, giornalisti, docenti.
Tra i firmatari Moni Ovadia, Francesca Fornario, Paolo Pietrangeli, Paolo Cacciari, Angelo D’Orsi, Peppino Di Lello, Massimo Dapporto, Enzo Di Salvatore, Valerio Evangelisti, Vera Pegna, Christian Raimo, Edoardo Salzano,Vauro, Guido Viale e molte/i altre/i voci del mondo della cultura italiano.
Noi firmatari – si legge nel testo – di questo appello votiamo “Potere al popolo” perché ci siamo battuti e continueremo a batterci contro le politiche neoliberiste portate avanti dai governi di centrodestra e centrosinistra in questi anni; contro la barbarie che oggi ha mille volti».
Di seguito il testo completo dell’appello e tutti i firmatari.

Appello del mondo della cultura, dell’informazione e della conoscenza per il voto a Potere al popolo

Siamo lavoratori della cultura, dell’informazione e della conoscenza. Siamo scrittori, docenti, autori, musicisti, giornalisti, registi, ricercatori, attori, artisti, scenografi, direttori della fotografia, produttori; abbiamo tutti storie personali diverse e diversi percorsi interni alla sinistra. Ma tutti ci siamo ritrovati concordi nello scegliere, oggi, di votare i candidati della lista di “Potere al popolo”.
Noi firmatari di questo appello votiamo “Potere al popolo” perché ci siamo battuti e continueremo a batterci contro le politiche neoliberiste portate avanti dai governi di centrodestra e centrosinistra in questi anni; contro “la barbarie che oggi ha mille volti: il lavoro che sfrutta e umilia, la povertà e l’ineguaglianza, i migranti lasciati annegare in mare, i disastri ambientali, i nuovi fascismi, la violenza sulle donne, la crescente repressione, i diritti negati”. Viviamo il tempo buio di una crisi economica, sociale, ambientale e culturale che apre la strada ad una vera e propria crisi di civiltà il cui emblema è la guerra tra i poveri, il razzismo, la xenofobia.
Noi firmatari di questo appello votiamo “Potere al popolo” perché ci battiamo per la costruzione di una sinistra basata sulla connessione tra diversi soggetti del conflitto e culture critiche, che coinvolga persone, associazioni, partiti, reti e organizzazioni della sinistra sociale, culturale e politica, antiliberista e anticapitalista; una sinistra che in tutti questi anni si è battuta contro le ingiustizie e lo sfruttamento, la demolizione della democrazia, dei diritti sociali e civili, contro la mercificazione della cultura, dei diritti, della vita, per la piena applicazione della Costituzione; una sinistra che non si è mai arresa; una sinistra che non ha rinunciato ad elaborare un pensiero forte, che non ha rinunciato alla sfida per l’egemonia e alla costruzione di un nuovo senso comune alternativo al pensiero unico neoliberista. Pensiero unico che l’intera gamma della comunicazione ha costruito in anni e anni di lavoro determinando una ormai generalizzata sfiducia e “insofferenza” nei confronti della politica e delle istituzioni, che produce rifiuto senza la forza di proposte di cambiamento.
Noi firmatari di questo appello votiamo “Potere al popolo” perché ci riconosciamo nell’alternativa di società che propone: una società fondata sulla dignità e i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori, sull’eliminazione di ogni discriminazione, sull’affermazione dei diritti delle donne, sul principio di eguaglianza sostanziale, sulla riconquista dei diritti sociali e civili, sulla salvaguardia del patrimonio ambientale, culturale ed artistico, sul ripudio della guerra.
Noi firmatari di questo appello votiamo “Potere al popolo” perché vogliamo cambiare lo stato delle cose esistenti.

Citto Maselli (regista, primo firmatario),
Moni Ovadia (autore, regista, attore),
Francesca Fornario (scrittrice),
Paolo Pietrangeli (regista, cantautore),
Fabio Alberti (fondatore di Un ponte per),
Carmine Amoroso (regista),
Gianluigi Antonelli (compositore),
Enzo Apicella (designer, pittore, giornalista),
Piero Arcangeli (etnomusicologo e compositore),
Giorgio Arlorio (sceneggiatore),
Marco Asunis (presidente Ficc, Federazione italiana circoli del cinema),
Manuela Ausilio (direttivo International Gramsci society Italia)
Saverio Aversa, (attivista lgbt e autore teatrale),
Stefano G. Azzarà (filosofo, ricercatore università di Urbino),
Simona Baldanzi (scrittrice),
Tiziana Barillà (giornalista e scrittrice),
Mauro Berardi (produttore cinematografico),
Cesare Bermani (storico),
Luca Bigazzi (direttore della fotografia),
Paola Boffo (ricercatrice),
Susanna Bhome-Kuby (storica),
Cinzia Bomoll (registra e scrittrice),
Marina Boscaino (docente, pubblicista),
Sergio Brenna (urbanista, Politecnico di Milano),
Mario Brunetti (meridionalista),
Pino Bruni (critico cinematografico),
Benedetta Buccellato (attrice, autrice teatrale),
Paolo Cacciari (scrittore),
Francesco Calandra (filmaker),
Enrico Calamai (ex Console italiano a Buenos Aires),
Riccardo Cardellicchio (giornalista, scrittore, storico),
Francesco Caruso (ricercatore, università di Catanzaro),
Carlo Cerciello (regista, direttore Teatro Elicantropo di Napoli)
Salvatore Cingari (Storico delle dottrine politiche – Università per stranieri di Perugia),
Lorenzo Cini (sociologo Scuola normale superiore, Pisa),
Paolo Ciofi (saggista),
Elena Coccia (avvocato),
Gastone Cottino (giurista, docente emerito università di Torino)
Wasim Dahmash (università di Cagliari),
Franco D’Aniello (musicista Modena City Ramblers),
Massimo Dapporto (attore),
Fabio de Nardis (sociologo, università del Salento),
Marco Dentici (scenografo),
Pippo di Marca (regista teatrale),
Enzo di Salvatore (professore di Diritto costituzionale , università di Teramo)
Angelo d’Orsi (storico, università di Torino),
Peppino Di Lello (ex-magistrato),
Valerio Evangelisti (scrittore),
Amedeo Fago (architetto, regista),
Paolo Favilli (storico, università di Genova),
Luigi Fazzi (guida turistica specializzata),
Beppe Gaudino (regista),
Alfonso Giancotti (ricercatore universitario),
Michele Giorgio (giornalista, Il Manifesto)
Giovanni Greco (scrittore, autore teatrale),
Alexander Hobel (storico, università Federico II, Napoli),
Antonio Iuorio (attore),
Maria Jatosti (scrittrice),
Francesca Lacaita (insegnante),
Maria Lenti (poetessa),
Maria Grazia Liguori (sceneggiatrice),
Guido Liguori (docente di Storia del pensiero politico, presidente della International Gramsci Society Italia),
Antonio Loru (docente di filosofia),
Fabiomassimo Lozzi (regista),
Romano Luperini (critico letterario),
Silvia Luzzi (attrice),
Gino Marchitelli (scrittore),
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Lucio Manisco (giornalista),
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Fabio Marcelli (responsabile Questioni internazionali Giuristi democratici),
Eugenio Melandri (direttore di Solidarietà internazionale),
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Magda Mercatali (attrice, volontaria Casa dei diritti sociali),
Maria Grazia Meriggi (storica),
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Giorgio Montanini (comico e attore),
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Federico Odling (musicista),
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Federico Pacifici (attore),
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Riccardo Petrella (economista),
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Sabika Shah Povia (giornalista)
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Re: Fascisti, nazisti, comunisti, maomettisti e zingari

Messaggioda Berto » ven feb 23, 2018 10:57 am

Commenti pubblici da parte di simpatizzanti di 'Potere al Popolo' dopo una recente trasmissione storica di Rai3:

Selvaggi, asiatici, bolscevichi e stupratori
Fabrizio Marchi

http://www.linterferenza.info/editorial ... stupratori

Ieri sera sulla terza rete è andata in onda una puntata di RAI Storia condotta da Paolo Mieli dedicata agli ultimi mesi di vita della Germania nazista.

Il documentario si è soffermato in particolar mondo sulle presunte atrocità che l’Armata Rossa, durante la controffensiva, avrebbe commesso nei confronti della popolazione civile tedesca e in particolare sulle donne.

Secondo il documentario circa 200.000 tedeschi sarebbero stati giustiziati sommariamente perché accusati di essere dei nazisti (anche se non lo erano) e circa due milioni le donne tedesche stuprate dai soldati sovietici, incoraggiati dagli ufficiali, dai vertici del partito, dell’esercito e addirittura da Stalin in persona. Quest’ultimo avrebbe pronunciato una frase (che è stata letta dalla voce fuori campo che commentava) che più o meno diceva:”Che volete che sia se i nostri ragazzi, dopo tanto orrore e violenza subita dal nostro popolo, si divertono un po’ con qualche ragazza tedesca…”.

Non solo. Secondo la versione fornita dal documentario gli ufficiali e i commissari politici si assicuravano che ciascuna di queste donne fosse stuprata da tutti i soldati del reparto e che nessuno restasse escluso dalla “festa” (secondo una sorta di logica socialista, verrebbe da dire…).

Ora, non escludo affatto che ci siano stati da parte dei soldati sovietici degli atti di brutalità e di violenza nei confronti della popolazione civile tedesca (quale esercito non si è mai reso responsabile di atrocità in qualsiasi contesto di guerra?…), ma questo non ha nulla a che vedere con una ricostruzione storica chiaramente e spudoratamente faziosa, naturalmente con precise finalità politiche.

Intanto il macroscopico ingigantimento del fenomeno. Fino a pochi anni fa veniva sostenuto da più fonti che gli stupri commessi dai soldati russi nei confronti di donne tedesche fossero stati circa 100.000; ora invece si parla di 2.000.000 (due milioni). Tendo a diffidare di queste “statistiche” che oscillano fra numeri così incredibilmente diversi fra loro, raccolte da chi e in che modo, non è dato sapere. Ma non è questo il punto, anche se si fosse trattato di un solo caso di violenza sessuale, sarebbe stato comunque gravissimo.

La questione è un’altra e mi viene alla mente una frase del celebre film “Apocalypse now” pronunciata dal protagonista, un agente della CIA incaricato di uccidere un colonnello americano che aveva disertato e che aveva messo in piedi un suo piccolo esercito personale di indigeni nella giungla cambogiana. Mentre legge il capo di accusa nei confronti del colonnello, l’agente resta interdetto. Il colonnello, infatti, durante un’azione di guerra, aveva scoperto delle spie vietkong tra le fila di un reparto di soldati sudvietnamiti (alleati degli americani) e le aveva fatte fucilare sul momento e senza processo. L’agente della CIA commentava basito:”Accusare di omicidio un uomo in questo contesto (la guerra del Vietnam) è come fare la multa per eccesso di velocità alle mille miglia di Indianapolis”. E’ ovvio che si trattava di una forma di ipocrisia, specie per chi scaricava milioni di tonnellate di bombe sui civili e faceva largo uso della tortura e gettava i prigionieri vietkong dagli elicotteri.
Con questo non intendo in alcun modo giustificare gli atti di violenza che sicuramente le truppe sovietiche hanno commesso in Germania né tanto meno strizzare l’occhio allo stalinismo. Ma se si affrontano certi argomenti senza contestualizzarli si fa una lucida operazione di manipolazione e deformazione della realtà nonché di disinformazione. Oltre, a mio parere, ad enfatizzare e ingigantire i fatti accaduti, il documentario ometteva di raccontare ciò che i russi hanno subito durante il conflitto. La guerra dei nazisti contro l’URSS era infatti una guerra di sterminio, come dichiarato dallo stesso Hitler. L’obiettivo era quello di ridurre il popolo russo in schiavitù e ovviamente di sterminare coloro che si fossero opposti. La guerra fu condotta con una ferocia inaudita da parte dei nazisti, appunto perché ideologicamente e psicologicamente armati da una ideologia che considerava i russi come degli esseri inferiori, con quali conseguenze non è difficile immaginare. L’invasione e l’occupazione nazista è costata al popolo russo circa 20 milioni di morti (chi dice 17, chi 25, chi 27…), la gran parte civili, più decine e decine di milioni di feriti, mutilati, fucilazioni di massa, città rase al suolo oppure assediate e ridotte alla fame (durante l’assedio di Leningrado ci sono stati episodi di cannibalismo per la disperazione, cioè gente che si è nutrita di cadaveri), tre milioni di soldati sovietici furono fatti prigionieri e lasciati morire di fame e di stenti nei campi di prigionia, e ovviamente un paese letteralmente devastato.

Difficile non considerare drammaticamente naturale e scontata la reazione, che può sicuramente essere stata fuori controllo in alcuni casi, da parte dell’esercito di un paese e di un popolo che sapeva di essere considerato alla stregua di selvaggi barbari inferiori e conseguentemente trattato.

Omettendo di spiegare tutto ciò, senza fornire un quadro complessivo della situazione in cui anche quelle violenze dei soldati russi sono avvenute, quel documentario ha di fatto e secondo me volutamente voluto offrire una immagine distorta delle cose.

Paolo Mieli, alla fine della trasmissione, non poteva non comunicare (se non altro per decenza…) che l’attuale governo russo (e prima ancora quello sovietico) nega recisamente quelle accuse e sostiene che siano frutto di una certa propaganda occidentale che vorrebbe considerare i russi alla stregua di barbari.

Questa modalità di ricostruzione della storia non è affatto casuale. La storia la scrivono i vincitori e non i vinti, come noto. E ridurre l’esercito di un paese e di un popolo che al prezzo di sofferenze indicibili ha liberato l’Europa dal nazismo ad un branco di stupratori e assassini è funzionale all’operazione storico-ideologica che vuole equiparare nazismo e comunismo, fascismo e antifascismo, e contestualmente cancellare i crimini e i genocidi di massa compiuti dal colonialismo e dall’imperialismo delle potenze occidentali in tutto il mondo nell’arco di secoli. Ed è sempre così che il XX secolo, quello caratterizzato dalle grandi rivoluzioni e dai movimenti di liberazione nazionale e anticolonialisti in tutto il mondo viene derubricato come il secolo del “totalitarismo”, del “male assoluto”.

E non è neanche casuale, ovviamente, dati i tempi che viviamo, che a tal fine si sia insistito tanto sulla vicenda degli stupri di massa e scientemente organizzati di cui si sarebbe resa colpevole l’Armata Rossa. Quale modo migliore oggi, della violenza sessuale, per criminalizzare un popolo e un paese. Selvaggi, asiatici, bolscevichi e (maschi) stupratori. Peggio di così non si potrebbe.



Sergio Martella
23 febbraio 2018 at 15:30

"Paolo Mieli è un sionista risaputo e incallito. Che il sionismo abbia fatto del revisionismo storico la sua bandiera è altrettanto risaputo e assodato.
Questi porci non possono ammettere che la democrazia in europa sia stata il prodotto oggettivo dell'Armata Rossa e non dell'Occidente. Hanno in odio la democrazia, i diritti e la sovranità popolare nata dalla resistenza almeno quanto gli stessi nazisti. Lo dimostra la dittatura in Israele e il razzismo di cui sono strutturalmente malati."

"Vergognose ed infami menzogne propalate da un viscido servo imperiale quale è sempre stato Paolo Mieli.
Pensasse ai "democratici trattamenti" che i suoi amati ebrei israeliani infliggono ogni giorno,da oltre 72 anni,contro il popolo palestinese!"


ARMANDO
23 febbraio 2018 at 19:28

Di volta in volta i barbari sono o gli islamici o i boscevichi e peggio se boscevichi slavi.
Paolo Mieli sarà un po’ più credibile quando ci racconterà, con identica metodologia d’indagine storica, cosa significò per i popol indigeni la “conquista del west”, o la conquista coloniale dell’India da parte dell’Inghilterra, o ancora cosa fecero i cetnici nell’ex Jugoslavia, o ancora la storia vera di Sebrenica e delle bombe umanitarie contro il “macellaio” Milosevic in quelle zone. Sono solo alcuni esempi a cui se ne potrebbero aggiungere numerosissimi altri. Il fatto è che anche l’indagine storica è sempre ideologicamente e politicamente orientata. Non si tratta di far apparire Stalin come un capo di stato votato al bene in senso morale o di disconoscere l’esistenza del Gulag, che qualunque siano stati i motivi della repressione rimarrà come macchia indelebile e su cui riflettere per il suo significato. Ma sant’iddio, un po’ di onestà intellettiale sarebbe necessaria per non cadere davvero nell’anticamera delle barbarie.



Fabrizio Marchi
23 febbraio 2018

Credo, Armando, che a volte sia bene riportare un po’ di fatti, anche perché di tanti la gran parte delle persone non ne sa nulla. Il Belgio di Re Leopoldo II massacrò milioni di persone nel Congo, schiavizzò un intero popolo e si rese protagonista delle peggiori torture e brutalità. Gli schiavi che non riuscivano a raggiungere gli obiettivi previsti venivano mutilati e torturati. Fu una delle più grandi tragedie della storia del colonialismo che interessò praticamente tutti i continenti. Si calcola che circa 100 milioni di africani (e consideriamo che la popolazione del globo ammontava allora a un miliardo di persone) furono deportati nelle Americhe e la metà morì durì durante il trasporto. Contestualmente decine di milioni di indios (il numero non è ancora certo) sudamericani erano stati massacrati. Idem come sopra in Asia dove solo la repressione della rivolta dei Taipjng avvenuta fra il 1850 e il 1860 in Cina (ben prima della rivolta dei Boxers alla cui sanguinosa repressione partecipò anche l’Italia) da parte delle truppe imperiali sostenute dalle armate inglesi e francesi provocò la morte di circa 20 milioni di persone. Stiamo parlando di epoche storiche in cui la tecnologia non era certo sviluppata come quella del XX secolo e la popolazione era sette volte minore di quella attuale. Potrei continuare con gli esempi non so per quanto, fino ovviamente ai giorni nostri. Credo che un “libro nero del colonialismo e dell’imperialismo” non potrebbe contare meno di mezzo miliardo di persone. Ma vado così, alla cieca, molto probabilmente il numero è superiore, non sono in grado di dirlo. E’ interessante, devo dire, sotto questo profilo, l’ultimo libro di Domenico Losurdo, “Il marxismo occidentale, come nacque, come morì, come può rinascere” dove appunto l’autore spiega come il marxismo occidentale, in ultima analisi minoritario rispetto a quello “orientale”, non abbia compreso quest’ultimo e anzi abbia operato una cesura per una sorta di eccesso di “purismo” quando in molti casi non abbia di fatto, volontariamente o involontariamente, aderito al modello capitalista occidentale. Una gran parte del marxismo occidentale, in particolare quello post seconda guerra mondiale, non ha compreso – spiega Losurdo, e secondo me ha ragione – che il movimento comunista mondiale si è di fatto determinato come un grande movimento di liberazione anticolonialista e in molti casi anche nazionale.
In occidente si tende, per ovvie ragioni, a rimuovere l’esperienza coloniale, ma in effetti è stata quella che ha caratterizzato secoli interi di storia di tutto il mondo ed è una di quelle che, sia in termini quantitativi che qualitativi, ha forse causato più stragi e devastazioni rispetto ad altre vicende storiche. Da questa necessaria rimozione deriva la criminalizzazione del comunismo ma anche del nazifascismo che di fatto – spiega Losurdo, e anche in questo caso ha ragione a mio parere – non fu altro, da un certo punto di vista, che la prosecuzione delle politiche colonialiste e imperialiste dell’Occidente liberale e cristiano. La Germania voleva costruire il suo impero coloniale in Europa e in particolare nell’Europa dell’est (anche se non mancò, ovviamente, in precedenza, di partecipare al grande saccheggio mondiale sancito nel Congresso di Berlino del 1885). L’Occidente liberale vuole scaricarsi di dosso il nazismo e i vari fascismi come se questi fossero dei corpi a lui estranei quando in realtà non sono altro che facce della sua stessa medaglia.
Da qui l’ipocrisia della narrazione ideologica dell’occidente che deve ergersi a paladino della libertà e della democrazia in lotta contro i totalitarismi.
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Re: Fascisti, nazisti, comunisti, maomettisti e zingari

Messaggioda Berto » ven feb 23, 2018 10:57 am

I servizi segreti: anarchici ed estremisti rossi più pericolosi dei jihadisti
Giuseppe De Lorenzo Domenico Ferrara - Ven, 23/02/2018

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 97506.html

L'ultimo rapporto dell'intelligence: in un anno oltre 100 tra attentati e scontri rivendicati dall'estremismo rosso

L'allarme sul ritorno del fascismo e sulla violenza dell'estrema destra? Una fake news. O meglio, una pagliuzza rispetto a una trave grossa quanto una casa.

E dal colore rosso. Già, perché la sinistra non fa altro che puntare il dito contro l'onda nera ma non si accorge che il vero pericolo costante e quotidiano in Italia è la galassia che va dagli anarchici ai centri sociali passando per antagonisti e collettivi studenteschi. Lo hanno scritto nero su bianco i Servizi di intelligence nella relazione annuale del 2017 trasmessa al Parlamento.

Una decina di pagine dedicate alla minaccia anarco-insurrezionalista considerata più tangibile di quella jihadista. Nell'anno passato infatti gli ambienti più radicali dell'eversione rossa hanno colpito undici volte in sette città italiane. Come? Pacchi esplosivi, attentati incendiari e danneggiamenti a Genova, Torino, Modena, Olmeneta (Cr) e Firenze. Senza dimenticare il ritorno sulla scena della Federazione anarchica informale con l'ordigno esploso davanti alla stazione dei carabinieri di San Giovanni a Roma lo scorso 7 dicembre.

L'estremismo antagonista si è infiltrato poi nelle mobilitazioni No Tav e No Tap, ma non solo. Nel dossier c'è spazio anche per le lotte di matrice «marxista-leninista» finalizzate «a tramandare alle nuove generazioni la memoria brigatista, nella prospettiva di contribuire alla formazione di futuri militanti». Dal 2017 a oggi si contano 99 casi di bombe, gazebo assaltati, scontri con la polizia e violenze di altro genere. In pratica un assalto ogni quattro giorni. Con un bilancio di 67 agenti feriti. Ma se si annoverano anche le minacce e le sassaiole dei No Tav, i feriti totali sono oltre cento: un vero e proprio bollettino di guerra.

Nel dossier degli 007 si fa anche una disamina del pericolo jihadista in tutto l'Occidente. Eppure in merito alla situazione italiana vengono scritte solo un paio di pagine. Sul documento si legge: «Nel 2017 non si sono registrate nuove partenze in direzione del teatro siro-iracheno fenomeno in linea con una generale riduzione dell'afflusso di aspiranti jihadisti verso quel quadrante e gli ulteriori casi di foreign fighters a vario titolo collegati con l'Italia nel contempo emersi sono da riferire per lo più a trasferimenti verso il campo di battaglia verificatisi in anni precedenti».

Più inquietante invece l'analisi dell'intelligence sugli anarchici: «È rimasta alta, nel corso dell'anno, anche l'attenzione in direzione della minaccia eversiva e dell'attivismo estremista. I circuiti anarco-insurrezionalisti si sono dimostrati determinati a rilanciare l'area sul piano operativo (...) Inoltre, campagne aggressive contro la repressione, e in solidarietà con militanti detenuti, hanno riproposto sintonie e sinergie tra ambienti anarchici italiani e omologhe realtà straniere, soprattutto greche e spagnole, tutti interessati a ribadire l'estensione del progetto eversivo al di fuori dei rispettivi confini nazionali». E ancora: «Il fronte antagonista resta composito, fluido e privo di un percorso comune. Iniziative di contestazione hanno riguardato soprattutto le politiche europee e i temi sociali, quali il lavoro e l'emergenza abitativa. Convergenze tra settori della sinistra antagonista ed area anarchica hanno concorso ad animare le proteste sul versante delle lotte ambientaliste. Seppure declinato in forme diverse, un comune cavallo di battaglia si è rivelata la lotta alle politiche migratorie e al sistema di accoglienza e gestione dei migranti, tradottasi tanto in azioni dirette in puro stile anarchico quanto in manifestazioni di piazza».

E il «pericolo fascista»? Per i nostri 007 quello che la sinistra chiama «rigurgito» vale appena due paginette.
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Re: Fascisti, nazisti, comunisti, maomettisti e zingari

Messaggioda Berto » ven feb 23, 2018 11:03 am

I comunisti e la loro resistenza antifascista antidemocratica e a favore della dittatura sovietica


Giampaolo Pansa: la storia della resistenza come la conosciamo è quasi del tutto falsa
Aldo Cazzullo per il “Corriere della Sera”

http://www.dagospia.com/rubrica-29/cron ... 167562.htm

Giampaolo Pansa, chi è il «comandante bianco», Aldo Gastaldi, nome di battaglia Bisagno, cui lei dedica il suo nuovo libro?

«Era un eroe. L' unico comandante partigiano non comunista della terza divisione Cichero, la più importante della Liguria. Morto in circostanze misteriose subito dopo la fine della guerra. Sono convinto che sia stato assassinato».

Come lo descriverebbe ai lettori del Corriere?

«Un Gesù Cristo con il fucile. Profondamente cattolico. Mi ha raccontato un testimone che ogni settimana spariva nella notte della Val Trebbia. Prendeva la sua motocicletta, andava da un parroco, picchiava con le dita sul vetro della canonica per farsi riconoscere, si confessava, riceveva la comunione. Talora assisteva alla messa. Poi tornava dai suoi uomini. Quando è morto, a 24 anni, era ancora vergine».

Perché?

«Per lui un buon cattolico non doveva avere rapporti prima del matrimonio. Come disse Amino Pizzorno, nome di battaglia Attilio, capo del Sip, il delicatissimo Servizio informazioni e polizia: "Il nostro commissario politico, Miro, andrebbe da solo nella Genova occupata dai nazisti per scoparsi una ragazza; e il nostro comandante militare ha fatto il voto di castità"».

Miro si chiamava in realtà Anton Ukman.

«Un nome che suona come una fucilata».

Lei nel libro ipotizza che Miro avesse avvertito Bisagno, a mezze parole, del pericolo che correva a causa dei suoi compagni comunisti.

«È possibile che l'abbia fatto davvero. Anche Miro sognava la rivoluzione e la dittatura del proletariato; ma disprezzava i capi comunisti di Genova, li considerava burocrati, mentre lui era un combattente vero, duro».

Perché i comunisti volevano uccidere Bisagno?

«Non era un docile strumento nelle loro mani, come l' avrebbero voluto. E aveva proposto l'abolizione dei commissari politici. Tentarono in ogni modo di farlo fuori. Prima il comando della Sesta divisione ligure cercò di sottrargli la guida della sua divisione. Poi gli ordinarono di lasciare il suo territorio, dove aveva salvato 1.200 uomini dai terribili rastrellamenti dell'"inverno dei mongoli", i caucasici al servizio dei nazisti, e di andare in esilio in un' altra valle. Lui però si presentò all' incontro accompagnato da trenta facce da patibolo, armate di mitragliatori, e i comunisti non la sentirono di insistere. Ma ormai gliel'avevano giurata».

Bisagno tentò di fermare le vendette dopo il 25 aprile.

«A Genova il sangue dei vinti corse a fiumi: oltre 800 morti. Molti non avevano mai toccato un'arma. Si racconta, ma non ci sono conferme, che i fascisti venissero gettati negli altoforni ancora vivi. Bisagno non poteva tollerare questo. "Ci vuole più coraggio a uccidere che a essere uccisi" diceva. Infatti propose di sostituire la polizia partigiana con la polizia militare Usa».

Da qui la sua fama di amico degli americani.

«Bisagno aveva legato con loro. Era stato invitato in America a insegnare la guerriglia.

Un motivo in più per farlo fuori. Sono convinto che dietro il finto incidente stradale in cui morì si nasconda un delitto».

Come andò?

«Bisagno aveva promesso a un gruppo di alpini della Monterosa, che avevano disertato per unirsi a lui, di riportarli a casa, sul Garda. Fu di parola. Partì da Genova il 20 maggio 1945 con un autocarro Fiat 666 e una grossa camionetta Volkswagen. C' erano due suoi partigiani più l' autista; ma forse c' era anche un quarto uomo mai identificato. Bisagno dormì a Riva del Garda. Il giorno dopo, sulla via del ritorno, cominciò a comportarsi in modo strano».

Cosa fece?

«Aprì la borsa con i documenti riservati che portava sempre con sé, e li distribuì. Poi cominciò a regalare banconote: una follia per un ligure sparagnino come lui. Infine salì sul tettuccio del camion: una scelta assurda, pericolosissima. Quando l'autista sterzò per evitare una colonna di prigionieri tedeschi, Bisagno fu sbalzato e schiacciato da un camion. Morì all'ospedale di Desenzano. L'autopsia non fu mai fatta».

Cos'era accaduto, secondo lei?

«Qualcuno sostiene che sia stato avvelenato, che quando cadde stesse già morendo. Io penso che sia stato drogato, in modo da provocare l'incidente. Ma alla radice di tutto c' è un problema più generale».

Quale?

«La storia della Resistenza come la conosciamo è quasi del tutto falsa; e va riscritta da cima a fondo. Gli storici professionali ci hanno mentito. Settantatré anni dopo, è necessario essere schietti: molte pagine del racconto che viene ritenuto veritiero in realtà non lo è. Le guerre civili furono due. Oltre a quella contro i nazifascisti, ci fu la guerra condotta dai comunisti contro chi non la pensava come loro».

Non dobbiamo avere paura della verità. Resto convinto che la Resistenza non appartenga a una fazione, neppure a quella che ne ha sequestrato la memoria nel dopoguerra, ma alla nazione.

«Leggo sempre con interesse quello che lei scrive sulla Resistenza. Ma la penso diversamente. Lei dà una lettura delle nostra guerra civile che a me sembra troppo generosa. Troppo buonista. Come succede in tutte le guerre civili, anche in Italia il conflitto del 1943-1945 è stato feroce e senza riguardi per nessuno. Non sto parlando dei tedeschi e dei fascisti, avversari destinati a soccombere. Parlo della guerra all' interno dello schieramento antifascista, dominato dall'unico partito che si era sempre opposto al regime di Mussolini: il partito comunista».

Molti partigiani non erano comunisti.

«Gli altri partiti non esistevano, a cominciare dai moderati. Stavano nei Comitati di liberazione, ma non contavano nulla. Invece i comandanti partigiani non comunisti contavano e spesso molto. Ma quando iniziavano a opporsi alla supremazia del Pci contavano sempre di meno.

C'erano eccezioni: Mauri in Piemonte, Bisagno in Liguria. Ma è proprio la figura di Bisagno che ci aiuta a comprendere l'asprezza del confronto interno al fronte antifascista. Finché Bisagno si è occupato della guerriglia, non ha mai incontrato ostacoli. Quando ha iniziato a essere troppo forte e a fare politica, per lui sono cominciati i guai».

La Resistenza non fu fatta solo dai partigiani, ma dai civili. Dalle donne, dagli ebrei, dai carabinieri, dai militari che combatterono accanto agli Alleati, dagli internati militari in Germania che preferirono restare nei lager piuttosto che andare a Salò.

«Ma la maggioranza degli italiani voleva solo che passasse la bufera per dedicarsi agli affari propri; e questa è la radice stessa del fascismo. Sa qual è la differenza tra me e lei? Che io ho una visione molto più pessimista dell'Italia. Appena assunto alla Stampa , nell'estate 1961, il vicedirettore Casalegno mi mandò a intervistare Saragat, che mi disse: "Governare gli italiani non è difficile; è inutile". Prima di lui l'aveva già detto Mussolini».

Che effetto le fa oggi l'allarme antifascista?

«Sono fesserie. Oggi il vero dramma è che abbiamo una classe politica incompetente e pericolosa. Per questo stavolta non andrò a votare. Sono preoccupato per chi ha figli. Io il mio l'ho perso tre mesi fa, per un infarto, a 55 anni. Solo l'amore per Adele mi ha impedito di uccidermi».

Lei disse che la Resistenza è la sua patria morale.

«Lo dico ancora. Ma non la Resistenza di chi voleva una dittatura agli ordini di Mosca».

Nel '43 lei aveva solo otto anni. Se ne avesse avuti dieci in più, cos' avrebbe fatto?

«Mia madre Giovanna mi diceva in piemontese: "Giampaolo, tu sei un volontario".

Sarei andato con i partigiani. Ma rispetto chi in buona fede fece un' altra scelta. E non ho bisogno di patenti per scrivere i miei libri revisionisti. Avessi più tempo davanti a me, riscriverei la storia della Resistenza. Tocca ai giovani storici farlo. Cosa aspettano?».


Gino Quarelo
Questi non hanno nulla da insegnare, sono tra i peggiori.
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