Il sano nazionalismo è un valore/diritto umano fondamentale

Il sano nazionalismo è un valore/diritto umano fondamentale

Messaggioda Berto » ven mar 08, 2019 9:09 pm

Gli estremisti di Forza Nuova scendono in piazza contro Israele: Ponte Milvio blindato
Forza Nuova in piazza a Roma contro Israele
Venerdì 8 Marzo 2019
Jacopo Belviso

https://www.ilmessaggero.it/roma/news/f ... 48606.html

Dopo aver ospitato migliaia di laziali in occasione del derby capitolino giocato sabato 2 marzo, domani - intorno alle ore 18 - Ponte Milvio torna ad essere blindata per la manifestazione nazionale organizzata da Forza Nuova in sostegno del popolo palestinese e contro lo Stato d’Israele. “Forza Nuova sarà in corteo per la libertà del popolo palestinese, in perfetta coerenza con la nostra opposizione totale al globalismo e alla dittatura di Washington e Bruxelles. Lottare per la pace in Palestina, stare al fianco della Siria che resiste e chiedere una politica estera mediterranea, significa difendere la libertà di quei popoli e la nostra dalla sostituzione etnica. Sabato ci vediamo in piazza per la Palestina, per tutti i popoli oppressi dai globalisti e per la nostra Italia”, scrivono nel comunicato pubblicato sulla pagina Facebook del movimento neofascista. L’iniziativa era stata annunciata sui social già diverse settimane fa ed era stata accolta da numerosi commenti provocatori: «Questa azione fa onore a forza Nuova», scrive Leizar G., militante forzanovista. «Israele è uno stato terrorista che applica l'apartheid», risponde un altro seguace. Non mancano però simpatizzanti critici nei confronti della protesta: «Vi siete bevuti il cervello? Ma questi sono anni che compiono attentati, io sto con Israele e vi ho votati!», scrive Maurizio R., irritato per la presa di posizione del movimento estremista. «Concordo, ma mai con i mussulmani. Che destra è una destra che li appoggia?», scrive Massimiliano M., tra i commenti più apprezzati.

La locandina del corteo, che in realtà è un presidio, è stata condivisa anche sui canali Instagram del partito, dove diversi militanti hanno risposto alla convocazione con commenti antisemiti e razzisti. «La Palestina va liberata perché occupata da islamici e giudei», commenta Maurizio_muscas. «Cacciamo gli ebrei dalla Palestina, cacciamo i giudei dall’Europa», risponde Mario_88.
La manifestazione statica è stata autorizzata dalla Questura e secondo i promotori vedrà la partecipazione di circa 200 manifestanti. In piazza, accanto alla bandiere nere di FN, sfilerà anche Jawad Yassine, responsabile dell’ufficio stampa dell’Autorità Nazionale Palestinese (Anp) con sede a Roma dalla fine del 1979 fino al 2010. Finito il presidio, i partecipanti si sposteranno in via Cassia 1134, dove - a partire dalle ore 20.30 - si svolgerà il concerto in memoria di Massimo Morsello, fondatore del partito estremista assieme a Roberto Fiore.


Alberto Pento
Questi fascio nazisti antisemiti e filo nazi maomettani sono demenziali. Il loro antisemitismo è la loro rovina come lo è stato per Hiltler e la Germania nazista.
Io sono un veneto ex cristiano divenuto aidolo e vorrei l'indipendenza dallo stato italiano, sto e starò sempre dalla parte degli ebrei e di Israele che sono un popolo, una cultura, una religione e un paese tra i più umani e civili della terra.
Non potrò mai stare dalle parte dei fascio romano italici che mi ricordano gli assassini dell'ebreo Cristo (i romani invasori di Israele come gli arabo nazi-maomettani) e come Roma sia a tutt'oggi la città più parassita, indebitata, fallimentare, corrotta e incivile dell'Occidente.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Messaggioda Berto » lun mar 18, 2019 10:09 am

???

Berlino contro l’antisemitismo. Ecco il piano per lo “sviluppo della prevenzione”
di Daniel Mosseri
2019/03/17

https://www.ilfoglio.it/societa/2019/03 ... one-243280

Berlino. L’iniziativa è partita da due deputate berlinesi, la socialdemocratica Susanne Kitschun e la cristiano-democratica Cornelia Seibeld. L’idea è piaciuta a tutta la Abgeordnetenhaus, l’assemblea dei deputati della capitale, che con voto unanime ha incaricato il Senat (la giunta) di dare forma e sostanza al progetto. È nato così, sotto la guida del senatore alla Giustizia Dirk Behrendt, il Piano statale per l’ulteriore sviluppo della prevenzione dell’antisemitismo. “Ulteriore” perché le autorità berlinesi ci tengono a fare sapere al mondo che questa non è la prima delle loro azioni per combattere l’odio antiebraico. Basti ricordare che lo scorso settembre lo stesso Land-capitale ha designato il procuratore generale Claudia Vanoni quale commissario contro l’antisemitismo presso la procura di Berlino. Gesti e decisioni che la giunta rosso-rosso-verde del borgomastro Michael Müller non ha preso per vantare patenti di democraticità e progressismo ma per combattere la Judenhass: gli atti di ostilità antiebraica in Germania sono in netta crescita.

Rispondendo a un’interrogazione parlamentare, a metà febbraio il governo federale ha affermato che i reati a sfondo antisemita sono stati 1.646 nel 2018 in Germania contro i 1.504 del 2017. Poi ci sono gli atti di ostilità antiebraica: fra quelli denunciati alle autorità e quelli non riportati, la Recherche- und Infor ma tion sstelle An ti semitismus Berlin (Rias) ne ha contati 527 solo a Berlino nella prima metà del 2018. È qua che interviene il “piano ulteriore”, come ha spiegato Behrendt: “Il programma definisce obiettivi e misure per la prevenzione dell’antisemitismo nei settori ‘Istruzione e gioventù’, ‘Giustizia e sicurezza interna’, ‘Vita ebraica nella cultura urbana di Berlino’, ‘Scienza e ricerca’ e ‘Antidiscriminazione, protezione e prevenzione delle vittime’”. Tutti quei settori, cioè, di competenza statale e non federale dove la Judenhass si è manifestata.

Un approccio che piace molto a Sigmount Könisberg, commissario all’antisemitismo della comunità ebraica della capitale. “Mi piace soprattutto il cambio di paradigma: non si condanna ex post, ma si mette in piedi un piano d’azione là dove si educano le nuove generazioni”, dice al Foglio. Secondo i piani del ministro Behrendt, tutti gli studenti berlinesi avranno l’opportunità di informarsi sugli sviluppi storici e sull’attualità dell’antisemitismo anche nei luoghi di apprendimento extrascolastico. “D’altronde a scuola non si può solo imparare l’abc o a fare i calcoli: bisogna trasmettere anche i valori”, riprende Könisberg.

La sua osservazione non è per nulla scontata se si considera che nella Germania responsabile dello sterminio di sei milioni di ebrei “quattro studenti su dieci non sanno nulla di Auschwitz”, come denunciato al Tagesspiegiel da Sawsan Chebli la sottosegretaria di stato della giunta berlinese. Chebli, figlia di due profughi palestinesi accolti in Germania, ha anche ribadito che a Berlino l’antisemitismo non può essere di casa e che sta anche ai musulmani combattere per questa causa. Oltre all’approccio pragmatico, Köngisberg apprezza molto lo spirito trasversale con cui è nata l’iniziativa, votata da tutti i partiti democratici dell’Abgeordnetenhaus “e da AfD”.

E immagina già che il piano berlinese possa fare da apripista per un’azione analoga sul piano federale: “Non è la Bibbia, e non potrà fare miracoli contro l’antisemitismo. Ma potremo applicarlo e cambiarlo se e dove necessario”, conclude, confermando il suo appoggio. Entusiasta si dice anche Yehuda Teichtal, rabbino della comunità ebraica berlinese e leader della locale comunità Chabad. “Plaudo al Senato e al borgomastro Michael Müller, col quale mi sono incontrato due volte negli ultimi mesi”, dice al Foglio. Per Teichtal “essere il primo Land a sviluppare un piano del genere fa onore a Berlino”. Le buone intenzioni da sole però non bastano e il rabbino chiede la decisa applicazione del piano d’azione a cominciare dalla tolleranza zero contro ogni atto di antisemitismo. “Solo così si potrà garantire la vita ebraica: dobbiamo poter avere piena fiducia nel governo e nelle istituzioni”.



Pento Alberto
E contro l'antisionismo, gli ebrei di Israele e Israele?
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Il sano nazionalismo è un valore/diritto umano fondamentale

Messaggioda Berto » ven mag 17, 2019 9:16 pm

???

Il Papa bacchetta i sovranisti: "Le Nazioni sono fatte dai migranti"
Sergio Rame - Gio, 02/05/2019

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 87814.html

Bergoglio contro le spinte nazionaliste: "Il migrante non è una minaccia". E lamenta: "Crescono le correnti aggressive contro gli stranieri"

"Tutte le nazioni sono frutto dell'integrazione di ondate successive di persone o di gruppi di migranti e tendono a essere immagini della diversità dell'umanità pur essendo unite da valori, risorse culturali comuni e sani costumi".

Papa Francesco è tornato a ribadire il proprio no al "nazionalismo conflittuale" che "alza muri". Durante l'udienza ai partecipanti l'Assemblea Plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, che si terrà fino a domani alla Casina Pio IV in Vaticano, ha duramente bacchettato quei partiti e movimenti che si fanno portavoce di istanze sovraniste e ha chiesto maggiore accoglienza per gli immigrati che partono alla volta dell'Occidente. "Uno Stato che suscitasse i sentimenti nazionalistici del proprio popolo contro altre nazioni o gruppi di persone verrebbe meno alla propria missione - ha tuonato - sappiamo dalla storia dove conducono simili deviazioni. Penso all'Europa del secolo scorso".

Il tema dell'assemblea plenaria è "Nation, State, Nation-State" e papa Francesco ha ancora messo al centro l'emergenza immigrazione criticando apertamente la posizione dei partiti di destra che, una volta al governo, hanno deciso di chiudere i confini agli ingressi illegali. Per il Santo Padre è "compito dell'autorità pubblica proteggere i migranti e regolare con la virtù della prudenza i flussi migratori, come pure promuovere l'accoglienza in modo che le popolazioni locali siano formate e incoraggiate a partecipare consapevolmente al processo integrativo dei migranti che vengono accolti". "Il modo in cui una nazione accoglie i migranti rivela la sua visione della dignità umana e del suo rapporto con l'umanità. Ogni persona umana è membro dell'umanità e ha la stessa dignità. Quando una persona o una famiglia è costretta a lasciare la propria terra va accolta con umanità", ha spiegato nell'udienza alla plenaria ribadendo che gli obblighi verso i migranti vengono declinati su quattro verbi: accogliere, proteggere, promuovere e integrare. "Il migrante - ha, quindi, aggiunto - non è una minaccia alla cultura, ai costumi e ai valori della nazione che accoglie. Anche lui ha un dovere, quello di integrarsi nella nazione che lo riceve".

Durante l'incontro alla Casina Pio IV in Vaticano, papa Francesco ha attaccato frontalmente quegli Stati che "attuano le loro relazioni in uno spirito più di contrapposizione che di cooperazione". Anche in questo caso quello che il Pontefice ha in mente è proprio la gestione degli sbarchi e degli arrivi. Secondo Bergoglio, le frontiere degli Stati "non sempre coincidono con demarcazioni di popolazioni omogenee" e "molte tensioni provengono da un'eccessiva rivendicazione di sovranità da parte degli Stati, spesso proprio in ambiti dove essi non sono più in grado di agire efficacemente per tutelare il bene comune". Da qui la sua "preoccupazione" per il riemergere, "un po' dovunque nel mondo", di "correnti aggressive verso gli stranieri, specie gli immigrati, come pure quel crescente nazionalismo che tralascia il bene comune". Il rischio, a detta di Bergoglio, è "compromettere forme già consolidate di cooperazione internazionale".

In vista delle elezioni europee del prossimo 26 maggio, il Santo Padre auspica che il Vecchio Continente non perda "la consapevolezza dei benefici apportati da questo cammino di avvicinamento e concordia tra i popoli intrapreso nel secondo dopoguerra". "Lo Stato nazionale non può essere considerato come un assoluto, come un'isola rispetto al contesto circostante", ha sottolineato il Pontefice. "Nell'attuale situazione di globalizzazione non solo dell'economia ma anche degli scambi tecnologici e culturali, lo Stato nazionale - ha continuato - non è più in grado di procurare da solo il bene comune alle sue popolazioni. Il bene comune è diventato mondiale e le nazioni devono associarsi per il proprio beneficio. Quando un bene comune sopranazionale è chiaramente identificato, occorre un'apposita autorità legalmente e concordemente costituita capace di agevolare la sua attuazione". E le sfide che vorrebbe mettere sul campo spaziano dal cambiamento climatico alle "nuove schiavitù". "Un visione cooperativa fra le Nazioni - ha infine concluso - può muovere la storia rilanciando il multilateralismo, opposto sia alle nuove spinte nazionalistiche, sia a una politica egemonica".



Papa: “No a nazionalismo che alza muri e diventa razzismo”
02 maggio 2019

https://tg24.sky.it/mondo/2019/05/02/pa ... _link_null

Il pontefice: “La Chiesa ha sempre esortato all'amore del proprio popolo, della patria, ma ammonito le persone quando questo attaccamento verte in esclusione e odio altrui”

Si può amare la propria patria senza arrivare al razzismo e senza favorire politiche per il respingimento dei migranti. E’ il pensiero espresso dal Papa alla Pontificia Accademia delle Scienze sociali, sul tema “Nation, State, Nation-State”. “La Chiesa ha sempre esortato all'amore del proprio popolo, della patria, al rispetto del tesoro delle varie espressioni culturali, degli usi e costumi e dei giusti modi di vivere radicati nei popoli”, ma ha precisato Bergoglio "la Chiesa ha ammonito le persone, i popoli e i governi riguardo alle deviazioni di questo attaccamento quando verte in esclusione e odio altrui, quando diventa nazionalismo conflittuale che alza muri, anzi addirittura razzismo o antisemitismo”. Il Pontefice ha aggiunto: "È compito dell'autorità pubblica proteggere i migranti e regolare con la virtù della prudenza i flussi migratori, come pure promuovere l'accoglienza in modo che le popolazioni locali siano formate e incoraggiate a partecipare consapevolmente al processo integrativo dei migranti che vengono accolti".

"La storia insegna dove conducono simili deviazioni"

Secondo il Papa "uno Stato che suscitasse i sentimenti nazionalistici del proprio popolo contro altre nazioni o gruppi di persone verrebbe meno alla propria missione. Sappiamo dalla storia dove conducono simili deviazioni. Penso all'Europa del secolo scorso". Il pontefice ha aggiunto: “Va constatato che le frontiere degli Stati non sempre coincidono con demarcazioni di popolazioni omogenee e che molte tensioni provengono da un'eccessiva rivendicazione di sovranità da parte degli Stati, spesso proprio in ambiti dove essi non sono più in grado di agire efficacemente per tutelare il bene comune”.

"Migrante non è minaccia, ma si integri in vita nazione"

Il Papa si è soffermato anche sulle migrazioni: "Il modo in cui una Nazione accoglie i migranti rivela la sua visione della dignità umana e del suo rapporto con l'umanità. Ogni persona umana è membro dell'umanità e ha la stessa dignità. Quando una persona o una famiglia è costretta a lasciare la propria terra va accolta con umanità. Ho detto più volte - ha proseguito - che i nostri obblighi verso i migranti si articolano attorno a quattro verbi: accogliere, proteggere, promuovere e integrare". Secondo Francesco, "il migrante non è una minaccia alla cultura, ai costumi e ai valori della nazione che accoglie. Anche lui ha un dovere, quello di integrarsi nella nazione che lo riceve".

"Europa non perda consapevolezza dei benefici dell'Ue"

Bergoglio ha anche affrontato anche il tema dell'Unione europea: "È da auspicare che non si perda in Europa la consapevolezza dei benefici apportati da questo cammino di avvicinamento e concordia tra i popoli intrapreso nel secondo dopoguerra. Mentre, secondo il principio di sussidiarietà, alle singole nazioni dev'essere riconosciuta la facoltà di operare per quanto esse possono raggiungere, d'altra parte, gruppi di nazioni vicine - come è già il caso - possono rafforzare la propria cooperazione attribuendo l'esercizio di alcune funzioni e servizi ad istituzioni intergovernative che gestiscano i loro interessi comuni".

"Confronto su nucleare inquietante, rischio nuovo olocausto"

Il Pontefice ha anche espresso preoccupazione sul nucleare: "Purtroppo, oggi la stagione del disarmo multilaterale appare sorpassata e non smuove più la coscienza politica delle nazioni che possiedono armi atomiche". Per il Papa "sembra aprirsi una nuova stagione di confronto nucleare inquietante, perché cancella i progressi del recente passato e moltiplica il rischio di guerre, anche per il possibile malfunzionamento di tecnologie molto progredite ma soggette sempre all'imponderabile naturale e umano. Se, adesso, non solo sulla terra ma anche nello spazio verranno collocate armi nucleari offensive e difensive - ha concluso Francesco -, la cosiddetta nuova frontiera tecnologica avrà innalzato e non abbassato il pericolo di un olocausto nucleare"


Popolo e nazioni, realtà naturali e perciò osteggiate
Samuele Cecotti
3 maggio 2019

http://lanuovabq.it/it/popolo-e-nazioni ... osteggiate

Sovranismo contro globalismo, populismo cobtro radicalismo: categorie che stanno ridisegnando le coordinate di Destra e Sinistra. Ma su entrambe la Dottrina sociale della Chiesa ha qualcosa da dire. Partendo da Cicerone: perché il popolo è ciò che è sottoposto a leggi e bene comune. E perché il concetto di nazione non deve dipendere dal nazionalismo, nè quello di sovranità da giuspositivismo sovranista.

La sessione pomeridiana della II giornata della Dottrina sociale

Pubblichiamo l'intervento integrale di don Samuele Cecotti pronunciato a Milano il 6 aprile scorso nel corso della II Giornata della Dottrina Sociale organizzata e promossa da Nuova BQ e Osservatorio Van Thuan.

Da qualche tempo il dibattito politico europeo (e non solo) è animato dalla contrapposizione tra sovranismo e globalismo, populismo e liberal-radicalismo con sovranismo e populismo spesso associati, così come globalismo e liberal-radicalismo. Categorie che sembrano aver sostituito quelle di destra e sinistra che datavano all’Assemblea nazionale della Francia rivoluzionaria ed erano poi state rinverdite nel quadro dell’hegelismo otto-novecentesco e dei suoi figli più o meno legittimi.

A dire il vero destra e sinistra più che scomparse paiono ridefinirsi con la sinistra sempre più coincidente con il fronte globalista (in UE declinato anche come europeismo) liberal-radicale e la destra (almeno quella in ascesa, spesso altra e alternativa alle forze storiche europee di centro-destra) sempre più coincidente con ciò che si dice populismo/sovranismo. Se tale dinamica si confermerà nel tempo sarà forse naturale la ridefinizione del quadro politico e lo “slittamento a sinistra” di quelle forze del vecchio centro-destra “ortodosse” rispetto all’ideologia liberal-radicale globalista.

Innanzi a questo nuovo scenario politico-ideologico la Dottrina sociale della Chiesa che giudizio può offrire? Anche stando alla sola Europa, certamente è necessario distinguere caso da caso consapevoli che il populismo del polacco Kaczynski non è identico a quello dell’ungherese Orban, tanto meno a quello della Le Pen - in Francia va attentamente considerato anche il movimento dei Gilets jaunes e le 25 proposizioni che costituiscono la sua charte officielle - o di Kurz (e del leader FPÖ Strache) in Austria, della AfD in Germania, di Vox in Spagna, di FdI e Lega in Italia. Tuttavia si può tracciare un quadro generale e dunque offrirne una considerazione complessiva.

Se si considerano le forze partitiche che incarnano in Europa questo nuovo fenomeno del populismo/sovranismo e gli attori politico-culturali che lo rappresentano sulla scena pubblica, non si possono non rilevare molteplici elementi di ambiguità e di sostanziale continuità con l’errore filosofico-politico moderno. A solo titolo d’esempio il riferirsi al principio moderno di sovranità e ad una concezione giuspositivista della legge, magari per “resistere” alle ingerenze dell’UE o delle Agenzie Internazionali, oppure per rivendicare la prevalenza della legge dello Stato su principi giuridici (che, in realtà, sono opzioni ideologiche) affermati da organismi comunitari e/o internazionali.

La volontà di resistere all’imposizione dell’agenda ideologica di cui l’UE e le varie Agenzie ONU si fanno sistematici strumenti non è in se stessa biasimevole, tutt’altro. Ma una resistenza impostata sul principio di sovranità e sul paradigma giuspositivista si rivela, non solo destinata al fallimento, ma tutta interna a quella stessa ratio moderna (in senso filosofico) che, nel suo coerente sviluppo, ha generato proprio quel globalismo che si intenderebbe arrestare e quella agenda ideologica liberal-radicale che si dice di voler combattere.

È però forse opportuno non dare per scontato che dietro un linguaggio strutturalmente ipotecato dalla modernità filosofico-politica si dia un pensiero altrettanto ipotecato così come la stessa eventualità d’una ipoteca relativa non solo il lessico ma pure il pensiero necessita di essere analizzata attentamente prima di concludere circa l’appartenenza di populismo/sovranismo al campo ideologico della modernità politica. Si dovrà cioè considerare l’ipotesi che l’utilizzo di un certo lessico e persino l’adozione di certe categorie e certi concetti sia più il risultato del tentativo maldestro di concettualizzare e dire pubblicamente una resistenza entro l’unico orizzonte concettuale noto (quello moderno) piuttosto che la appartenenza convinta a quell’orizzonte ideologico-concettuale. Si potrebbe cioè pensare che la resistenza sovranista/populista si esprima in categorie della modernità per ignoranza di alternativa.

Il compito della Dottrina sociale della Chiesa innanzi a questo nuovo fenomeno dato dalla resistenza sovranista/populista potrebbe essere proprio quello di confutare ancor più rigorosamente la modernità politica (principio di sovranità, giuspositivismo, libertà liberale, etc.) che sembra accomunare sovranisti/populisti e globalisti/europeisti offrendo, al contempo, una alternativa concettuale per rifiutare il globalismo, l’ideologia liberal-radicale, etc. e poter così dire le istanze resistenziali entro categorie classico-cristiane, le uniche realmente alternative alla modernità filosofico-politica perché le uniche vere!

È allora fondamentale andar oltre il dibattito pubblico e la retorica partitica dei protagonisti del sovranismo/populismo per cogliere quelle istanze popolari, più o meno spontanee, che costituiscono la vera resistenza tanto all’ideologia liberal-radicale quanto a europeismo/globalismo e che sono alla base del consenso elettorale tributato alle forze populiste/sovraniste.

Le masse popolari che votano contro il progetto dell’UE e contro l’agenda globalista non lo fanno certo avendo in mente il concetto politico-filosofico di sovranità e neppure il paradigma giuspositivista anche quando la loro resistenza è rappresentata da leaders politici che a quei concetti fanno riferimento.

Anzi si può scorgere nella resistenza popolare al globalismo (generatrice del fenomeno politico del populismo/sovranismo) il riemergere carsico del Reale socio-politico negato e/o adulterato dalla modernità ideologica: il populus come realtà etico-giuridica, l’idea di natio che nulla ha a che vedere con il nazionalismo ideologico figlio della Rivoluzione francese e del romanticismo ottocentesco, l’idea di patria con il compreso vincolo morale tra le generazioni nella tradizione.

Sarà allora compito preziosissimo quello di ridire la realtà di ciò che è popolo, nazione, patria così da offrire ai resistenti (siano essi elettori o eletti, semplici cittadini o leaders politici) un lessico e un orizzonte concettuale adeguato alla loro causa resistenziale.

Se il popolo detto sovrano nelle Costituzioni occidentali contemporanee altro non è che una somma aritmetica di individui tra loro identici (il principio di “uno vale uno”) perché numericamente e non qualitativamente considerati, non così prima del razionalismo politico illuminista fattosi ordinamento costituzionale con la Rivoluzione francese.

La considerazione astratta e numerica dell’uomo porta a considerare non la realtà storica concreta della persona umana come “figlio di …”, “marito di …”, “padre di …” che, ad esempio, è capofamiglia di quella certa casa, è artigiano in quella certa arte, è membro di quella comunità locale, appartiene a quella certa etnia e parla quella certa lingua, etc. L’uomo è ridotto ad una unità aritmetica: è UN cittadino, nel senso che è un “UNO” come cittadino. E come “UNO” uguale a ogni altro “UNO”.

Il popolo, che poi si dice sovrano, non sarà allora che la somma di tutti gli “UNO” a formare un insieme aritmetico computabile quantitativamente e neutro qualitativamente. A delimitare il confine di un popolo così inteso, stando coerentemente alle premesse, non sarà nulla di reale ma di meramente convenzionale/fattuale.

Date le premesse razionalistiche, la delimitazione dei popoli sovrani entro confini geografici nazionali otto-novecentesca non regge se non come tappa d’un processo il cui esito ultimo tendenziale non può che essere la Repubblica Universale (di cui il globalismo è l’ideologia apologetica) di un popolo unico coincidente con la somma di tutti quegli “UNO” che sono gli uomini-cittadini del mondo. Una costruzione come l’UE ne sarà una tappa intermedia (continentale) così come gli Stati moderni lo sono stati precedentemente.

La risposta al globalismo/europeismo, di tutta evidenza, non può essere dunque la riaffermazione dello Stato moderno, prodotto artificiale uscito della Rivoluzione, (qui tutta l’ingenuità di certa leadership sovranista), sarebbe come voler curare una metastasi cancerosa con una fase precedente della stessa neoplasia.

Bisogna piuttosto recuperare il significato vero di popolo, la sua essenza. Tornare alla realtà dell’ordine socio-politico così come colto dalla classicità e dalla cristianità.

Scrive il pagano Cicerone «Populus autem non omnis hominum coetus quoquo modo congregatus, sed coetus multitudinis iuris consensu et utilitatis communione sociatus. Eius autem prima causa coeundi est non tam inbecillitas quam naturalis quaedam hominum quasi congregatio»[1] (De re publica I, 25, 39) (trad: Il popolo non è ogni aggregato di gente riunito in un qualche modo, ma un insieme di persone associato per consenso della legge e per una comunità di vantaggi. La prima causa del suo aggregarsi è non tanto la debolezza quanto una certa qual disposizione naturale degli uomini all'aggregazione). Questa definizione di popolo diviene “cristiana” e così attraversa i secoli, citata da sant’Agostino (il popolo è «coetus juris consensu et utilitatis communione sociatus» De civ. Dei, II, 21), nell’Alto Medioevo sant’Isidoro di Siviglia nelle sue Etimologie la ribadisce: «Populus est humanae multitudinis, juris consensu et concordi comunione sociatus». E così pure san Tommaso d’Aquino: «populus est coetus multitudinis iuris consensu et utilitatis communione sociatus» (S.th. I-II, 105, 2).

Questa definizione ci consegna tre verità: 1) I popoli sono realtà naturale (forma d’aggregazione naturale tra gli uomini), nel senso che gli uomini per natura sono sociali; 2) si dà popolo solo dove gli uomini sono uniti in società secondo diritto; 3) si dà popolo solo dove gli uomini sono uniti in vista d’una comune utilità, in ultima analisi, del bene comune.

Il diritto senza il quale non si dà popolo, con ogni evidenza, fa riferimento a quell’ordine obbiettivo di giustizia che precede e fonda ogni diritto positivo. Solo nella conformità al diritto naturale la socialità umana è vincolo che genera e mantiene in vita un popolo. Consentire al diritto (naturale prima che positivo) implica il conoscerlo e il riconoscerlo come normativo e ciò è compito della ragione. L’uomo, con la sua ragione naturale, è in grado di conoscere la legge inscritta dal Creatore, di conoscere cioè quell’ordine obbiettivo di giustizia per il quale si può discernere il bene dal male. Ma l’uomo è animale sociale anche nel conoscere, è animale culturale ovvero conosce sempre a partire da un già conosciuto trasmessogli da chi lo ha preceduto e ricevuto con l’istruzione (familiare in primis). La conoscenza della legge naturale si fa così cultura lungo le generazioni, si specifica e si declina nel particolare di ciascuna comunità umana, si fa tradizione. Ecco allora che si dà popolo solo in presenza di una comune tradizione tale per cui la moltitudine degli uomini in società possa avere ed abbia un reale consenso sul diritto.

Il termine che classicamente meglio esprime questa dimensione di comunione intergenerazionale[2] nella tradizione di una collettività umana è quello di natio indicante un gruppo umano legato da vincoli di comune origine, con lingua, usi, costumi e istituti giuridici comuni[3].

Le nationes, classicamente intese, non coincidono con gli Stati, ci possono essere entità statuali che al proprio interno comprendono più nationes così come una stessa natio può essere presente in più Stati. L’esempio del Sacro Romano Impero, la cui eredità giunse sino al ‘900 con l’impero asburgico, è illuminante circa una statualità europea multinazionale.

La natio non coincide con la comunità politica ma non è ad essa estranea o indifferente, piuttosto è realtà sociale che concorre (con la famiglia) a definire l’identità di ciascuna persona e della res publica.

È nella natio, intesa come comunione intergenerazionale di una collettività umana nel vincolo d’una comune tradizione, che la cultura si forma e cresce, che l’ordine naturale di giustizia è sempre meglio conosciuto e vissuto, che ciascuno riceve la propria identità nativa.

La natio, come la famiglia, è realtà che precede l’individuo, che ciascuno di noi non sceglie ma in cui nasce e si ritrova ad esistere. Si appartiene ad una natio per nascita in un legame naturale e non elettivo che è l’estensione lungo i secoli e tra molti del legame familiare. Sotto questo aspetto un altro concetto capitale è quello di patria, intesa come terra (ma anche cultura, tradizione, comunità) dei padri. La patria è la terra dei propri avi, è il luogo (fisico o morale-culturale) dove si vive l’identità ricevuta a partire dalla famiglia e che ci lega ad una storia, in una catena intergenerazionale. Verso la patria, la morale cattolica ha sempre riconosciuto dei doveri analoghi a quelli dovuti verso i genitori, la patria è una estensione della paternità.

La natio è realtà storico-naturale che offre alla persona umana una lingua, una cultura, un diritto! L’autorità politica, per la Dottrina sociale della Chiesa, deve porsi innanzi alla/e natio/nationes a lei soggetta/e con attitudine di servizio. L’autorità politica deve cioè servire la/e natio/nationes custodendone la tradizione, favorendone lo sviluppo organico secondo la propria identità storica, cogliendo nella tradizione della natio l’originale contributo di quella collettività alla giustizia e al bene comune.

L’autorità deve esercitarsi, rispetto alla vita organica della natio, con l’unico criterio della verità/giustizia discernendo quanto è conforme all’ordine naturale da quanto non lo è, quanto è vero e buono da quanto non lo è. Questo è e deve essere l’unico criterio, dentro e conformemente al quale lo sviluppo armonico e organico della/e tradizione/i della/e natio/nationes deve essere custodito e promosso.

La distanza da quanto avvenuto e avviene negli Stati moderni, nell’UE e nella prospettiva globalista è di ogni evidenza. Si può riconoscere, almeno in analogia, lo stesso intento dietro le politiche di disgregazione della famiglia e dietro quelle di dissoluzione delle identità nazionali. Dissolvere l’identità storica di una natio, relativizzare il legame con la patria (ovvero con i padri, gli antenati e la loro eredità) presuppone la stessa idea di uomo e di popolo che giustifica l’azione disgregatrice a danno della famiglia: è l’idea illuminista astratta dell’uomo e del popolo come somma numerica di individui.

Dietro all’ideologia europeista/globalista e all’ideologia liberal-radicale sta una stessa opzione di fondo che si traduce poi in ciò che l’arcivescovo Giampaolo Crepaldi ha chiamato “male comune”. Il progetto ideologico in opera almeno dal 1789 passa tanto attraverso l’agenda liberal-radicale dei “nuovi diritti” quanto attraverso il globalismo dissolutore delle nationes perché teso alla costruzione di una “nuova umanità” di individui senza radici, liberati da ogni vincolo naturale/tradizionale, da ogni vincolo relazionale che non sia liberamente costituito e liberamente annullabile.

Tutto ciò che ci precede e che si dà a noi come dato reale indipendente dalla nostra volontà (la famiglia in cui siamo generati, la natio/patria in cui nasciamo, la natura umana cui apparteniamo e che ci fa quello che siamo) è oggetto di odio e di azione dissolutoria da parte di quella modernità che ha fatto della libertà luciferina la propria opzione fondamentale.

È battaglia tra due visioni inconciliabili dell’uomo e del mondo, quella classico-cristiana (ordine obbiettivo delle cose, diritto naturale, identità storiche dei popoli come bene, nationes/patrie come luoghi dell’umano, famiglia) e quella moderna (assenza o inconoscibilità della Realtà, diritto come convenzione e arbitrio formale, libertà con il solo criterio della libertà, uomo come individuo apolide e senza radici, dissoluzione di ogni legame stabile familiare/sociale).

La resistenza al globalismo-liberal-radicalismo è dunque non solo lecita ma doverosa. Tuttavia non sempre le forze che conducono tale resistenza lo fanno per le ragioni vere, con chiarezza di analisi e con i giusti argomenti. Nel campo sovranista/populista molta è l’ambiguità e molta la confusione.

La Dottrina sociale della Chiesa può e deve essere quella luce intellettuale che rende manifesto l’errore della modernità politica mentre mostra la possibilità d’una polis “come Dio comanda” e così facendo offre alla resistenza le vere ragioni per resistere e il positivo per cui impegnarsi.


[1] «P o p o l o non è ogni unione d’uomini aggregati casualmente, ma l’unione d’una moltitudine legata in società nel consentire al diritto e nella comunanza d’utilità. La sua prima causa d’unirsi è non tanto la debolezza, quanto lo è una forma d’aggregazione direi naturale tra gli uomini».
[2] Per il valore essenziale del vincolo intergenerazionale nell’esser uomo cfr. C. Caffarra, discorso Il rapporto inter-generazionale, Vidiciatico 25 giugno 2011, in http://www.gliscritti.it/blog/entry/921
[3] Per leggere in unità i concetti di populus e di natio è forse utile ricordare la definizione che dà sant’Agostino di popolo «populus est coetus multitudinis rationalis, rerum quas diligit concordi communione sociatus» (De civ. Dei, XIX, 24) dove alla razionalità dei componenti è unito un comune giudizio di dilezione circa il bene e il male, il desiderabile e l’indesiderabile, il bello e il brutto, giudizio comune possibile solo in presenza di una comune cultura/tradizione.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Messaggioda Berto » ven mag 17, 2019 9:18 pm

PAROLE CHIARE MA MAGGIORE CHIAREZZA DALL'AfD
Niram Ferretti
17 maggio 2019

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

Il Bundestag approva una risoluzione che denuncia il movimento BDS con parole inequivocabili per quello che è, una organizzazione antisemita. Ecco la dichiarazione ufficiale che è passata con una larga maggioranza:

"I temi della retorica e i metodi del BDS sono antisemiti. I richiami della campagna che chiede di boicottare gli artisti israeliani, insieme ad adesivi su beni israeliani che sono intesi per dissuadere la gente dal comprarli, ricordano la fase più terribile della storia tedesca. Gli adesivi, 'Non comprate', posti su i prodotti israeliani evocano inevitabilmente associazioni con lo slogan nazista, 'Non comprate dagli ebrei!' e simili scritte sulle facciate dei palazzi e sulle vetrine dei negozi"

Bene. Tuttavia è interessante notare che la mozione respinta dell'AfD chiedeva una misura ancora più drastica: rendere fuorilegge il movimento BDS.

E a proposito sempre dell'AfD,va aggiunto come questo partito presentato dalla sinistra come un covo di nostalgici del Terzo Reich, relativamente a Israele abbia una posizione improntata alla più risoluta salvaguardia dello Stato ebraico e di denuncia netta nei confronti dell'ipocrisia dell'Unione Europea.

L'AfD, infatti denuncia la distinzione posta dall'Unione Europea tra Israele in quanto tale e gli insediamenti, distinzione che ha legittimato la decisione di bollare i prodotti provenienti dalla Cisgiordania. Coerentemente, l'AfD trae la logica conclusione che il regime di 'bollamento' istituito dalla UE abbia creato "un riconoscimento economico de facto' di uno Stato palestinese indipendente, "senza che esso sia legittimo in alcuna forma".

La mozione di condanna del BDS da parte del Bundestag è stata dunque contestata dal portavoce per la politica estera del partito, Petr Bystron in quanto essa porrebbe un veto al finanziamento da parte del governo degli eventi e dei progetti collegati al BDS, ma non colpirebbe i gruppi BDS in quanto tali.

Beatrix Von Storch, del direttivo dell'AfD, e cofondatrice del gruppo "Amici della Giudea e della Samaria" al parlamento europeo, ha dichiarato che continuerà a "combattere contro l'uso improprio del denaro dei contribuenti tedeschi per finanziare ONG anti-israeliane".
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Messaggioda Berto » lun set 02, 2019 9:49 pm

ELEZIONI IN GERMANIA: DILAGA IL PARTITO DI ESTREMA DESTRA, L’INQUIETUDINE DELLA COMUNITÀ EBRAICA
2 settembre 2019

https://www.facebook.com/ProgettoDreyfu ... 5672001447

Nuovo boom della formazione di estrema destra Alternative fur Deutschland (Afd) in Germania. Il partito ha messo a segno un nuovo grande risultato alle elezioni regionali in Sassonia e Brandeburgo. Nel primo Land è riuscito a collezionare il 27,5% delle preferenze, a Brandeburgo quasi il 23 per cento. Un risultato sorprendente rispetto al 9,7% della precedente consultazione di cinque anni fa ma coerente con l'andamento dei consensi e delle previsioni della vigilia.

Sul risultato elettorale Comunità Ebraica ha invece espresso la propria inquietudine. "I risultati nelle elezioni in Sassonia e in Brandeburgo fanno paura. È scioccante che un partito come l'Afd di destra radicale, antidemocratica e antisemita, abbia risultati del genere" ha dichiarato Charlotte Knobloch, presidente della comunità ebraica di Monaco, ex presidente del Consiglio centrale ebraico tedesco ed ex vicepresidente del Congresso ebraico europeo.


Alberto Pento
E come si fa a sostenere che Alternative fur Deutschland (Afd) è antidemocratica e antisemita?
Perché demonizzare il prossimo in questo modo, con calunnie?
Se al suo interno vi è qualche antisemita non è detto che lo siano in tanti o tutti; poi di antisemiti se ne trovano in gran quantità e a maggioranza nelle estreme sinistre e anche nelle sinistre moderate mascherato da antisraelismo e filo nazismo maomettano palestinese.
Se le comunità ebraiche difendono i diritti naturali e universali umani, civili e politici dei cittadini di ogni paese non hanno nulla da temere anzi, difendendo quelli difendono anche i propri come cittadini di quel paese!
Il problema sorge solo quando si mettono contro i diritti dei cittadini del paese in cui anch'essi vivono.
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Messaggioda Berto » gio lug 09, 2020 2:16 pm

La scrittrice tedesca attacca: "I populisti? Sono pericolosi"
Roberto Vivaldelli - Mar, 03/09/2019

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... JudEqW9nIw

Per la scrittrice franco-tedesca Géraldine Schwarz, autrice de "I senza Memoria", bisogna impedire che i "populisti" di destra vadano al potere

Gli elettori dell'AfD in Germania? Votano così perché non sono abituati al multiculturalismo e perché i tedeschi dell'est più "curiosi" e aperti sono partiti per l'ovest.

Mica è colpa dei partiti tradizionali - o della sinistra, che continua a perdere voti e non rappresenta più le classi popolari - se i cittadini della Sassonia e del Brandeburgo hanno votato in massa Alternative für Deutschland. Intervistata da La Stampa, la scrittrice franco-tedesca Géraldine Schwarz, autrice de I senza Memoria (Einaudi), con cui ha vinto il premio del Libro Europeo 2018, commenta così i risultati delle elezioni in Sassonia e Brandeburgo che hanno sancito l'avanzata dell'AfD a secondo partito in entrambi i länder.

Tanto per cominciare, la scrittrice sottolinea che parliamo di regioni "per niente abituate al multiculturalismo etnico, culturale e religioso, gli unici stranieri che c'erano nella Ddr erano asiatici o africani dei Paesi comunisti "fratelli" venuti per lavorare a basso costo" secondo il culto immigrazionista che vede nel multiculturalismo un destino ineluttabile e necessario: pertanto, se ai tedeschi della Germania orientale, che già si sentono dei cittadini di serie b rispetto ai tedeschi dell'ovest, non sono affatto piaciute le "frontiere aperte" della Cancelliera Angela Merkel del 2015, non è colpa di una scelta politica suicida di allora, che crea tensioni sociali soprattutto nelle classi meno abbienti, ma di quegli stessi cittadini che non sono abbastanza accoglienti, aperti e multiculturali secondo i canoni del politicamente corretto.

E anche se i cittadini di Sassonia e Brandeburgo hanno voluto premiare l'AfD, l'unica cosa importante è tenerli fuori e lontani da tutte le posizioni di potere. Il motivo è semplice: "È difficile che un partito così riesca a dare delle risposte su temi cruciali come l'Europa, la globalizzazione, il clima, la politica fiscale, le disuguaglianze. Sono partiti che vogliono il monopolio della rappresentazione del popolo, non tollerano la differenza di opinioni, sono inadatti a lavorare in una coalizione. Non mi prenderei il rischio di vederli al governo pur di mostrare la loro fragilità, perché sono capaci di mentire, di cambiare le cifre, e i loro errori potrebbero essere scoperti quando è troppo tardi". Per Géraldine Schwarz, quindi, un partito che si presente legittimamente alle elezioni nel Paese più ricco e potente d'Europa - la Germania - e viene votato in maniera altrettanto legittima conseguendo peraltro un ottimo risultato, deve arbitrariamente rimanere fuori dai giochi: bella democrazia! Non sarà forse perché, semplicemente, l'AfD ha un programma politico che alla giornalista franco-tedesca non piace?

Infatti, per la scrittrice il problema non sono solo i "populisti" di destra, ma anche i loro elettori. Parlando dello spopolamento dei länder orientali, soprattutto da parte dei più giovani, Schwarz sottolinea che si tratta di una questione cruciale e che la Germania dell'Ovest è piena di tedeschi dell' Est, "e bisogna riconoscere che quelli che sono più aperti, più curiosi, che hanno una visione del mondo più occidentale, sono partiti". Nella Germania orientale, dunque, "è rimasta una generazione più anziana, più demoralizzata, che sconta tra l'altro una rottura generazionale con i suoi figli che è molto dolorosa". I giovani tolleranti e progressisti, quelli che partecipano alle proteste per il clima con Greta Thunberg sono emigrati; gli altri, invece, magari con qualche anno in più, quelli che nutrono odio e risentimento verso il prossimo, sono rimasti nella Germania dell'est e ora votano in massa l'AfD. Non fa una piega.

La scrittrice spiega dunque che i partiti popolari, in particolare i Verdi, devono captare il voto degli astensionisti, cosa che peraltro è riuscita a fare proprio l'AfD in Sassonia e in Brandeburgo. Nella prima, il 40% degli elettori di AfD cinque anni fa non ha votato e oltre 80.000 persone che avevano votato l’ultima volta per la Cdu, ora hanno scelto i sovranisti di destra. Anche nel Brandeburgo, l’AfD è riuscita a penetrare negli “astensionisti”, conquistando più di 100.000 voti fra di essi. I "sovranisti" tanto disprezzati dalla Schwarz sono diventati quel partito popolare capace di rivolgersi a quelle fasce della popolazione completamente dimenticate dalla globalizzazione e deluse da - da molti anni - dai partiti tradizionali. In questo, hanno completamente sostituito quella sinistra che, a partire dalla fine della Guerra Fredda, ha preferito portare avanti le istanze delle élite cosmopolite e farsi paladina delle minoranze (etniche, sessuali, ecc.) in nome del politicamente corretto.

Come scriveva il politologo americano Samuel P. Huntington ne La Nuova America. Le sfide della società multiculturale (Garzanti, 2005), le opinioni della maggioranza sui problemi dell'identità nazionale differiscono significativamente da quelle di molte élite. Tali differenze riflettono il contrasto sottostante tra gli elevati livelli di orgoglio nazionale e di impegno psicologico verso il paese da parte della maggioranza dei suoi abitanti, e la progressiva de-nazionalizzazione delle élite, accompagnata da un atteggiamento decisamente favorevole alle identità transnazionali e subnazionali. La Schwarz se ne faccia una ragione: il multiculturalismo non è un destino ineluttabile ma è il linguaggio delle élite.
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Messaggioda Berto » gio lug 09, 2020 2:17 pm

L'AfD è l'unico partito nel Bundestag che non condanna Israele
Nel seguente video il Dr. Anton Friesen parla al Bundestag per l’AfD.
Articolo di Politically Incorrect:
Dibattito sulla soluzione dei due Stati in Medio Oriente
1° luglio 2020

https://www.islamnograzie.com/lafd-e-lu ... a-israele/


Ieri il Bundestag tedesco ha votato una risoluzione sulla decisione di Israele di affermare la piena sovranità su una parte della Giudea e della Samaria, e. la Cisgiordania.
L’AfD(Alternativa fàr Deutschland, Alternativa per la Germania) è stato l’unico partito che non ha votato per condannare la decisione israeliana.


Tutti i partiti, ad eccezione dell’AfD, hanno presentato alcune mozioni alla sessione del Bundestag questo pomeriggio per condannare Israele per la presunta “annessione” della Giudea e della Samaria, la casa del popolo ebraico. L’AfD sarà l’unica parte a respingere tutte queste proposte.

Il primo direttore parlamentare dell’AfD, Bernd Baumann, ha dichiarato nella conferenza stampa di questa mattina: “La posizione dell’AfD è che non diamo consigli a Israele. Data la nostra posizione storica di base, non daremo consigli a Israele”. L’AfD sarà quindi l’unico partito del Bundestag tedesco che non condanna Israele.

L’eurodeputato dell’AfD, Joachim Kuhs, ha già descritto su PI-NEWS perché la sovranità israeliana in Giudea e Samaria non è una ‘”occupazione illegale”. In un recente video di Bruxelles, Kuhs, membro del consiglio di amministrazione dell’AfD e presidente dei “cristiani nell’AfD”, ha dichiarato: “ARD e .DF vogliono che gli spettatori credano che le province israeliane della Giudea e della Samaria siano “territori occupati illegalmente”.
Lo scorso agosto ho potuto visitare la Giudea e la Samaria con una delegazione di “Ebrei nell’AfD” per formare la mia opinione”.

Di seguito sono riportati estratti da un articolo pubblicato da Arutz Sheva sul dibattito sulla Giudea e la Samaria nel Bundestag e sul background storico di esso:

L’UE deve riconoscere la sovranità israeliana in Giudea e Samaria

Israele vuole passare dall’amministrazione militare all’amministrazione civile in Giudea e Samaria. Si prevede che il Bundestag lo condanni. Non sono d’accordo.

“Israele si muove per annettere insediamenti illegali in Cisgiordania” urlano i media mainstream in Germania. L’inquadratura ci dice già qual è l’opinione “giusta” su questo atteso crimine. Altri punti di vista non si sentono in Europa. In qualità di membro del Parlamento europeo, dico che è giunto il momento di porre fine a questa visione unilaterale dei territori contesi, porre fine ai boicottaggi dell’UE nei confronti della Giudea e della Samaria e smettere di finanziare l’apparato terroristico palestinese con gli euro dei contribuenti.

Nei gruppi di riflessione dell’UE e nei media europei, è dato che gli “insediamenti ebraici” in Giudea e Samaria sono “illegali ai sensi del diritto internazionale”, una falsa affermazione basata sulla propaganda unilaterale, che ignora i fatti storici.

Nell’Impero Ottomano, non c’era né Israele né Palestina. La regione era chiamata Siria meridionale, ed era per lo più sterile e povera a causa della cattiva gestione ottomana e delle tasse di proprietà esorbitanti. Gli abitanti erano per lo più pastori nomadi. Nell’anno 1882, circa 141.000 musulmani vivevano sul territorio che divenne Israele, “di cui almeno il 25% erano nuovi arrivati”, come scrisse lo storico Ernst Frankenstein, e c’erano circa 60.000 ebrei.

Con l’inizio del Movimento Sionista nel 1871, gli ebrei cominciarono a trasferirsi nel territorio e ad acquistare legalmente terreni. I coloni portarono prosperità economica nella terra arida, che creò un “effetto pull”, attirando migliaia di arabi dai paesi vicini e gonfiando la popolazione araba a mezzo milione nel 1947. Così, la maggior parte della popolazione araba di Israele è fatta anche da “coloni” con nomi egiziani, siriani e iracheni, come Joan Peters documenta nel suo libro “From Time Immemorabile”.

Con la fine dell’Impero Ottomano dopo la prima guerra mondiale, la Gran Bretagna e la Francia divisero il Medio Oriente. Nella Dichiarazione di Balfour del 2 novembre 1917, il ministro degli Esteri britannico Lord Balfour dichiarò: “La visione del governo di Sua Maestà con favore l’istituzione in Palestina di una casa nazionale per il popolo ebraico”. Questa formulazione fu adottata dalla Conferenza di Sanremo il 18-26 aprile 1920, dove fu decisa la futura forma dell’ex Impero Ottomano. Questa formulazione è stata ratificata dalla Società delle Nazioni il 24 luglio 1922, creando il Mandato della Palestina come “casa nazionale per il popolo ebraico” sul territorio che si estende dal Mediterraneo all’Iraq, coprendo tutto il moderno Israele e Giordania.

Il delegato arabo ai colloqui di pace di Parigi 1920 fu l’emiro Feisal, che accolse con favore i piani per una “casa nazionale per il popolo ebraico”: “Noi arabi, specialmente quelli istruiti tra noi, guardiamo con profonda simpatia al movimento sionista… Auguriamo agli ebrei una cordiale casa di benvenuto”. Feisal è stato fatto re dell’Iraq e “ha accettato di abbandonare ogni pretesa … nella Palestina Occidentale” (Israele moderno), come T.E. Lawrence scrisse a Winston Churchill nel 1921.

Tale è il fondamento dello Stato di Israele nel diritto internazionale. Secondo l’articolo 80 della Carta delle Nazioni Unite, l’ONU è vincolata alle risoluzioni della Società delle Nazioni: “Nulla in questa Carta deve essere interpretato in sé per essere modificato in alcun modo … i termini degli strumenti internazionali esistenti a cui i membri delle Nazioni Unite possono rispettivamente essere partiti.”

Tuttavia, il 29 novembre 1947, le Nazioni Unite approvarono la risoluzione 181, il “Piano di partizione per la Palestina”. Gli ebrei, che erano tecnicamente autorizzati a una “casa nazionale” dal Mediterraneo al confine iracheno, tuttavia concordarono, sistemandosi per molto meno di quanto fossero dovuti dal “diritto internazionale”. Gli arabi della Palestina obbligatoria e gli Stati vicini rifiutarono la risoluzione 181, anche se oggi la citano come giustificazione per chiedere uno stato di Palestina “nei confini del 1947”.

La guerra contro gli ebrei iniziò il giorno dopo la ratifica della risoluzione 181…

Trascrizione video:

00:00 Dottor Anton Friesen.
00:07 Signor Presidente, signore e signori deputati, cari cittadini.
00:11 Beh, signor Ministro degli Esteri, ha trascurato di dire la cosa più importante.
00:14 Vale a dire che all’interno dell’Unione europea, fino ad ora
00:17 non c’è stato assolutamente alcun consenso su una politica nei confronti di Israele.
00:21 Non c’è nè nessuno. semplicemente. Dovremo vedere se la Germania riesce a stabilirne uno
00:26 nel quadro della Presidenza del Consiglio europeo.
00:29 Questa è esattamente la differenza tra Germania e Israele.
00:32 Lo Stato ebraico persegue una politica realistica orientata a livello nazionale. La Germania persegue un
00:38 fondamentalismo della virtù che chiama politica estera.
00:43 Ecco perché l’opinione pubblica e la classe politica in Germania è così anti-israeliana.
00:49 Gli opinion-maker e i politici tedeschi iniziano a sudare copiosamente
00:52 sulla fronte solo al pensiero
00:55 di una politica che rappresenta gli interessi nazionali.
00:59 Come osano? Come può Israele osare fare qualcosa
01:03 che è così ovviamente nell’interesse nazionale di Israele?
01:07 La cosiddetta Cisgiordania, o Giudea e Samaria,
01:12 è costituito da tre aree A, B e C secondo i trattati di Oslo.
01:17 Israele ha ora deciso, in un consenso non partigiano,
01:20 sia da Benjamin Netanyahu che da coloro che lo hanno sostenuto,
01:23 di applicare il diritto civile israeliano all’area C, che è stata amministrata
01:28 dall’amministrazione militare israeliana dopo la guerra dei sei giorni.
01:34 Inizialmente per i palestinesi che vivono in questa zona, questo porta buone notizie.
01:40 Essi sono fatti uguali secondo la legge israeliana e possono anche ottenere la cittadinanza israeliana.
01:46 Questo significa che possono considerarsi fortunati anche nel mondo arabo,
01:50 dal momento che sono alcuni dei pochi arabi che possono godere dei diritti umani e civili.
01:56 Ancora meglio, il piano Trump, così profondamente condannato dalla classe politica in Germania,
02:01 porta finalmente il movimento al conflitto in Medio Oriente dopo anni di stagnazione
02:07 e rafforza le prospettive di uno Stato palestinese senza mettere in pericolo l’esistenza di Israele.
02:13 Secondo il piano Trump, la città deve essere costruita
02:16 su circa il 70 per cento del territorio della Giudea e della Samaria.
02:20 Molti stati arabi non sono stati ad alta voce e pubblicamente contrari a questo piano, come sostenuto da alcuni,
02:27 ma sono stati molto comprensivi. Arabia Saudita, Egitto,
02:31 negli Emirati Arabi Uniti, e anche la Giordania.
02:34 Nessuno ha davvero preso una forte posizione pubblica contro di essa. Gli unici che hanno preso una posizione chiara
02:40 contro di essa sono la leadership palestinese. Ovviamente hanno paura
02:44 di perdere i ricchi profitti da parte dell’UE e della Germania.
02:48 Mi chiedo dove siano le proposte palestinesi per un piano di pace.
02:53 Naturalmente si può opporsi, si può bloccare
02:57 e respingere tutto, ma dove sono le proposte
03:00 dal mondo arabo? Dalla Palestina? Dai palestinesi stessi?
03:03 Ce n’è uno! Israele sta agendo e
03:06 questa finestra di opportunità che il piano di Trump offre.
03:10 Naturalmente potremmo stare da parte e gridare il male, il male, il male!
03:14 Questa sarebbe la politica mondiale a livello dell’asilo.
03:17 Oppure possiamo cercare di accompagnare questo processo con un buon giudizio
03:21 e allo stesso tempo dare nuovi approcci la possibilità di cui hanno bisogno.
03:26 Così come e volentieri nel contesto di un intero
03:29 Conferenza del Medio Oriente per la sicurezza e la cooperazione. Come abbiamo proposto.
03:32 Mille Grazie.
03:42 Così, ora per la fazione CDU/CSU, il collega J’rgen Hardt ha la parola.

Questo articolo è stato pubblicato in Europa, Storia, Israele, Azione legale, Medio Oriente, Nazionalismo, Notizie, Politica, Religione, USA dal barone Bodissey.
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Messaggioda Berto » mer feb 03, 2021 3:30 am

POST ANTISEMITA DI UN CONSIGLIERE COMUNALE DELLA LEGA DI BIELLA

Un antisemitismo mal celato quello di Franco Mino , consigliere comunale della Lega di Biella, che nel Giorno della Memoria ha attaccato gli ebrei in maniera confusa e illogica.
Mal celato perché il politico del Carroccio ha fatto leva su argomentazioni che non hanno né capo né coda per attaccare il popolo ebraico.
Questo parte del post di Franco Mino su Facebook: “Ma un popolo che ha subito questo dovrebbe più di altri, ricordarsi ed intervenire su quello che succedeva, specialmente decenni fa e ancora adesso ai popoli africani, uccisi, massacrati, tenuti alla fame della cui fame specialmente i più piccoli morivano. Nulla di questo. Se ne sono sempre fregati”.
Franco Mino non ha spiegato cosa avrebbe dovuto fare nello specifico il popolo ebraico per aiutare i popoli africani, né perché fosse una sua prerogativa. Mino non ha spiegato neanche perché altri popoli o altri nazioni sarebbe stati esenti da tali aiuti.
Ma andiamo avanti, perché i deliri di Mino non sono ancora finiti: “È per questo che sin dal 1967 a chi mi parlava di cosa avevano fatto ai poveri ebrei, rispondevo che non meritavano in quel momento, chi ora era sopravvissuto o attualmente ebreo, la mia attenzione. Penso pure che gli ebrei morti nell’Olocausto, vedendo il menefreghismo dei sopravvissuti e del popolo ebreo verso altri popoli che subivano lo sterminio, ecco che questi morti ebrei si saranno sicuramente tutti rivoltati nella tomba”...

https://www.progettodreyfus.com/antisem ... o-memoria/


Franco Mino
Mi sento molto addolorato che mi si attribuisca una colpa che proprio non mi appartiene, che non fa
parte della mia indole, del mio essere e del mio pensiero. Se qualcuno avesse preso una posizione
negazionista nei confronti dell'Olocausto, io sarei dalla parte di tutte quelle persone che ora mi stanno
erroneamente contestando. Non ho mai negato e non nego i massacri e le ingiustizie che ha dovuto
subire il popolo ebraico.
Chiedo scusa alla comunità Ebraica, ai Biellesi e agli Italiani che hanno inteso che minimizzassi o
negassi lo sterminio di massa avvenuto durante l'Olocausto.
Questo non era assolutamente né il mio pensiero, né il senso del mio scritto. Chi ha letto senza
pregiudizi lo conferma.
Nelle poche ore che si sono susseguite alla pubblicazione del mio scritto ho letto tutte le contestazioni
che esso aveva generato nei confronti del mio pensiero e della mia persona, accuse che io so essere
profondamente ingiuste. Mi è anche apparsa per un attimo nella mente la possibilità di farla finita.
Quest'idea è stata immediatamente spazzata via dalla mia indole di attaccamento sino all'ultimo lumicino
di possibilità di rimanere in vita e grazie anche a quelle poche persone che mi hanno detto di aver inteso
il senso del mio scritto, rispetto ad altre che lo hanno commentato malamente senza aver eliminato i
pregiudizi prima di leggerlo.
Io ho estremo rispetto per i morti dell'Olocausto e proprio per questo rispetto non voglio che siano messi
in ombra da me neanche per un solo attimo.
Viste le tante contestazioni giunte a caldo, determinate da un'erronea comprensione del mio scritto,
nelle ore successive ho deciso di dimettermi da Consigliere Comunale. Dimissioni date anche per
completa condivisione della richiesta ricevuta dalla Lega, con la quale sono stato immediatamente
d'accordo dato che ormai il mio scritto era stato additato come antisemita e mai avrei voluto e vorrei che
la Lega venisse macchiata con tale accusa.
Concordo quindi col fatto che sul momento sia stata necessaria una presa di distanza da parte del
Sindaco, dei Consiglieri e del Commissario della Lega.
In quello che ho scritto la mia critica è indirizzata al governo Israeliano perché secondo me, a causa
delle ingiustizie subite, avrebbero dovuto intervenire con più decisione contro gli stermini di massa delle
diverse etnie del popolo africano avvenuti nei decenni successivi alla Seconda Guerra Mondiale.
A questo punto mi sono permesso di immaginare le povere vittime dell'Olocausto che si sono rigirate
nella tomba nel vedere il poco interesse che il governo Israeliano ha avuto nell'attuare un intervento
decisivo per contrastare gli stermini che subivano i popoli africani. Perché ripudio con tutto me stesso
qualsiasi genocidio e sterminio di massa, in primis quello subito dagli ebrei nell'Olocausto, ma non per
questo voglio ignorare tutti gli altri.
Se questa è una colpa, allora io sono colpevole.
Mi farebbe piacere un incontro con David Coen Sacerdotti, referente Biellese della Comunità Ebraica,
per togliermi il dolore di essere stato mal interpretato sul ricordo e sul rispetto delle vittime
dell'Olocausto. Chiedo di poter andare con lui nella Sinagoga di Biella Piazzo per ricordare tutte le
vittime dll'Olocausto, in modo da tenere vivo il loro suplizio perché mai più succeda un tale sterminio.
Franco MINO


Salvatore Emanuele Passaro
Franco Mino
lei cosa ha detto e fatto contro i latrocini dei leghisti che hanno rubato 49 milioni di euro allo Stato? Lei cosa ha detto e fatto contro Salvini che cantava 'napoletani colerosi'? Lei cosa ha detto e fatto quando Salvini diceva che con la bandiera italiana si puliva il deretano? E cosa dice su Putin che fa arrestare Navalny, appena rientrato in Russia? Voi che siete per la libertà! Liberta di fare gli affaracci vostri! Impari a guardare il letame che è in casa sua e dica: io sto con il popolo ebraico che ha sofferto la Shoah! Lasci perdere la politica del governo di Israele, lei si dichiari antifascista e antirazzista. Ricordo che Bossi sosteneva che la Lega avesse le sue radici nelle lotte dei partigiani. Lei se lo ricorda? Ogni tanto legga qualche saggio di storia prima di parlarne, vedrà che andrà a suo vantaggio.


Domenico Iannuzzi
Sig Franco Mino
ci è ricascato, per la seconda volta, e pure il suo partito le ha intimato di tacere, sapevano che se avesse continuato non avrebbero più potuto metterci una toppa, lei proprio non comprende vero?! Lei è antisemita, tutto qui. Le chiedo, cosa avrebbe dovuto fare il governo Israeliano per i popoli africani? e perché solo quel governo? perché non l'Italia piuttosto che l'Europa, la Russia, gli USA etc.. Perché solo Israele? Poi, perché i defunti della shoah dovrebbero rivoltarsi nella tomba?
Lo dice lei che è dal 67 che è (e resterà) anti israeliano.. Ops.. ANTISEMITA.
Lasci stare le giustifiche, non faccia la terza figuraccia nel rispondete, a volte conviene tacere, si fa più bella figura.


Gino Quarelo
Quanta indignazione verso un povero ignorante leghista socialisticheggiante, per delle affermazioni antisemite nella loro versione moderna propria dell'antisionismo/antisraelismo che quotidianamente sono ribadite in tutto il mondo dai sinistri di ogni dove, oltre che da i loro omologhi altrettanto sinistrati della cosidetta estrema destra sociale, nostalgici dei demenziali il facsista Mussolini e il nazista Hitler contemporanei del comunista Stalin il sinistro per eccellenza e anche da taluni cristiani e atei non solo della Lega, per una demenziale condivisione piuttosto diffusa di questo pregiudizio verso gli ebrei e Israele, gli ricchi ebrei e il ricco Israele.
In proprosito vi ricordo le assurde accuse che decenni fa fecero il social liberale (molto sociale e poco liberale) Pannella e la sua sinistra corte radicale che paragonarono la morte per fame esistente al mondo con la Shoah,
chiamando il caso "sterminio per fame e nuovo olocausto," causato secondo loro dal disordine economico internazionale (capitalista e multinazionale aggiungo io per meglio specificare l'intendimento pannelliano) con la complicità dei governi dei paesi ricchi (guarda caso esclusivamente occidentali aggiungo io a cui si può annoverare anche Israele che proprio povero oggi non sarebbe).
Franco Mino il leghista di Biella non è né più né meno come tutti costoro.
Poi mi fa pena questa canea sinistrata verso la Lega, che cerca di aprofittare di ogni frase, di ogni parola e di ogni virgola, del detto e del non detto per dare contro e demonizzare tutti i leghisti e chi vota convintamente Lega come il sottoscritto, in quanto politicamente il male minore necessario non esistendo alternative.
A leggere quello che scrive il ... Salvatore Emanuele Passaro che cita il mantra dei 49 milioni rubati (che poi non sono stati rubati e che non sono nulla rispetto a quello che si sono pappati gli altri partiti da quando esiste l'Unità statuale italiana specialmente al Sud) e che cita il fantomatico pregiudizio padano verso i meridionali e in particolare i napoletani, ricordo a chi a chi l'avesse scordato tutti i miliardi e non solo milioni, estorti ai cittadini del Veneto, della Lombardia, del Piemonte, della Emilia Romagna, del Friuli e della Liguria per alimentare l'oramai secolare parassitismo criminale dell'assistenzialismo economico e sociale del meridione ricordo l'esportazione, con il soggiorno obbligato, della mafia, della camorra e dell''ndrangheta al nord che in Veneto diede origine alla Mala del Brenta e che costrinse i Veneti nel 1993 a scendere in piazza in quel di Codognè per cacciare la camorrista Anna Mazza ivi mandata in soggiorno obbligato.
Mafia, camorra e corruzione romana arrivate già con la ricostruzione dopo la distruzione della prima guerra mondiale della mia terra veneta, insieme con i funzionari meridionali dei ministeri romani e delle prefetture e con i carri ferroviari del legname per la costruzione di baracche e di ponti.
Ricordo la mafia della Guardia di Finanza, composta principalmente da meridionali, che taglieggiava le imprese del Nord e contro cui è insorta la LIFE a metà degli anni novanta.
Come non ricordare i voti scolastici regalati e i concorsi pubblici truccati per assegnare punteggi, graduatorie e e posti pubblici ai meridionali a danno dell'occupazione delle genti settentrionali nei loro stessi paesi?
Come non ricordare la discriminazione verso i settentrionali e la corruzione sistemica negli uffici pubblici statali comandati da dirigenti meridionali, tribunali, procure, caserme, provveditorati, prefetture.
Come non ricordare tra l'altro, tutti i provvedimenti governativi a sostegno dell'economia industriale parassitaria e fallimentare del sud a danno del nord che aveva prima creato il lavoro per poi vederselo espropriare per portarlo al sud con la defiscalizazione degli oneri sociali e fiscali?
Ricordo che anche le tangenti del MOSE non sarebbero state possibili senza la corruzione propria del sistema italico-romano.
La lista sarebbe inesauribile a sostegno di come certi presunti pregiudizi siano in realtà realmente e storicamente motivati.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Il sano nazionalismo è un valore/diritto umano fondamentale

Messaggioda Berto » mer feb 03, 2021 3:33 am

Israele, prova del nove
Davide Cavaliere
Febbraio 2021

http://www.linformale.eu/israele-prova-del-nove/

Marcello Veneziani è, senza ombra di dubbio, la penna più brillante e acuta della destra italiana. Quanti non intendono allinearsi alla Weltanschauung progressista e umanitaria, possono trovare nei suoi scritti un confortevole e colto rifugio.

Peccato, però, che al momento di confrontarsi con l’impasse mediorientale, Veneziani non riesca a far altro che reiterare vecchi pregiudizi che gettano una luce sconfortante sul suo modo di affrontare la questione.

Ha ragione la giornalista Melanie Phillips quando scrive che: “Non è esagerato affermare che la posizione che un individuo assume sul conflitto tra Israele e gli arabi è quasi un orientamento infallibile alla sua visione del mondo” e, purtroppo, quella di Veneziani è profondamente ancorata a residualità neofasciste.

Nei confronti di Israele, l’autore di Bisceglie, si limita a mettere su carta argomenti stantii o, semplicemente, falsi. Nel marzo di due anni fa, in un articolo intitolato “Dove si è cacciata la destra?”, Veneziani scrive:

“A proposito di Israele va notata una curiosità: il nazionalismo e il sovranismo sono deprecati ovunque dall’establishment globale meno che nel paese più nazionalista e sovranista sulla faccia della terra, che è proprio Israele, e ancor più l’Israele di Netanyahu”.

Come è possibile affermare una simile corbelleria? Intanto, non si capisce cosa intenda con “establishment globale”. Se si riferisce alle Nazioni Unite e all’Unione Europea ha commesso un errore grossolano. L’ONU bersaglia, regolarmente, Israele di risoluzioni in suo sfavore e di critiche infondate e pretestuose. Solo lo scorso anno, in piena pandemia, le risoluzioni anti-israeliane sono state diciassette. L’Unione Europea non riconosce la sovranità di Israele sulle Alture del Golan, la Giudea e la Samaria né Gerusalemme come capitale di Israele. Intrattiene rapporti amichevoli con l’Iran khomeinista e non ha mai inserito l’ala politica di Hezbollah tra le organizzazioni terroristiche.

Organizzazioni umanitarie internazionali come Amnesty International hanno nel mirino lo stato ebraico da decenni. La celebre ONG chiede, in maniera martellante, il boicottaggio di Israele. L’occupazione dell’Indonesia a Timor Est o a Papua, quella della Turchia a Cipro, della Russia in Georgia e Crimea, del Marocco nel Sahara occidentale e della Cina in Tibet non suscitano la medesima attenzione delle organizzazioni per i diritti umani.

Israele, dai suddetti, è accusato di razzismo, etnonazionalismo, apartheid, discriminazione religiosa… ma, per Veneziani, il “sovranismo israeliano” sarebbe immune dalle critiche. Viene il sospetto che lo scrittore, quando usa l’espressione “establishment globale”, alluda a una potente e tentacolare “lobby ebraica” che, segretamente, silenzia tutte le offensive politiche al sionismo. Insomma, si mette a suonare l’organetto fascista della “cospirazione ebraica”.

Alla fine si ritorna sempre lì, alla matrice ideologica di Veneziani, che è quella di una destra sociale, neofascista, postfascista, che ha fatto dell’antiamericanismo e dell’avversione a Israele un drappo nero da sventolare in ogni occasione. Non è un caso che simpatizzi con il regime teocratico iraniano. Teheran è un feticcio della destra sociale italiana, poiché condensa alcune passioni cruciali di quel mondo settario: il Sacro istituzionalizzato, il rifiuto della modernità, del liberalismo filiato dalla perfida Albione, la demonizzazione dell’America – o come dicono loro: “Amrika” – e, ça va sans dire, l’antisemitismo alimentato dalle invettive ducesche contro la plutocrazia ebraica.

Sarebbe bello se Marcello Veneziani riponesse in un cassetto il ripetutamente citato libro di Norman Finkelstein sullo “sfruttamento” della Shoah, e prendesse in mano qualche scritto di Bensoussan o Taguieff. Magari, potrebbe rivolgersi a Giano Accame, a lui più congeniale, storico e militante del Movimento Sociale Italiano che sposò posizioni filoisraeliane.

È davvero deludente vedere una raffinata mente giornalistica abbandonarsi a luoghi comuni da sezione missina, soprattutto quando si tratta di temi così cruciali. Una più approfondita documentazione sui temi relativi a Israele gioverebbe sicuramente a Veneziani e forse a rimuovere vecchie e incistate incrostazioni ideologiche.


Commenti:

Massimiliano Mingioni
È un'incrostazione della destra italiana non solo al livello intellettuale (alto) di Veneziani, e per quanti sforzi possano fare i leader. Prendete un qualsiasi post in cui elettori di destra discutano su Gianfranco Fini: nell'elenco delle nefandezze (ne ha commesse) infallibilmente al primo posto ci sarà "Gerusalemme"

Roberta Cuciti
Concordo pienamente, Niram
Su entrambi i punti.
Io stessa ti scrissi tempo fa che ho sempre reputato una buona cartina al tornasole la questione israeliana per valutare la visione del mondo che ha una persona; e su Veneziani, ahimè, penso da anni ciò che hai scritto.
Come lo penso di tanti amici della destra sociale.
Ciò che mi auguro è che, l'intelligente Giorgia Meloni, riesca a fare col suo partito "quel passetto in più".
Sulla questione mediorientale, non ho ancora capito come la pensi, la "ragazza"...è un tema divisivo nella tradizione della destra sociale e mi pare che la Meloni, prudentemente, non abbia ancora espresso posizioni chiare in merito.
Ma con la crescita incredibile del suo partito, bisognerà che ci faccia i conti, a breve.
Ciò che mi fa ben sperare è stato il suo avvicinamento ai conservatori americani, dopo il famoso congresso.
Che sia finalmente il punto di svolta della destra sociale? Con o senza Veneziani?


Edoardo Crateri
Penso che Veneziani sia infinitamente meno antiisraeliano di tutta la sinistra internazionale.

Niram Ferretti
Edoardo Crateri
probabile, ma a me personalmente non interessano le gradazioni di antisionismo, e molte dichiarazioni di Veneziani sono pregiudizialmente avverse a Israele, nonchè false.

Edoardo Crateri
Niram Ferretti
oggi come oggi non volere la distruzione di Israele per me già è qualcosa. Per il resto penso che Veneziani conosca poco Israele e che, non avendo interesse a conoscerla meglio, ne parli in maniera che lascia perplessi. Ricordo un articolo in cui associava la barriera ai vari muri della vergogna ignorandone la pura e semplice funzione di legittima difesa.

Niram Ferretti
Edoardo Crateri
uno che scrive della barriera difensiva israeliana che rappresenta "Il muro più vergognoso degli ultimi decenni fu innalzato im Israele per separare i palestinesi" o è un imbecille, e Veneziani non lo è sicuramente, o è in malafede. Un intellettuale che si occupa di storia delle idee e di politica come lui non può conoscere poco Israele o essere poco interessato a conoscerla, e se così fosse, dovrebbe avere il buongusto di tacere.

Bleve Carmelo
Ormai si usa fascismo su tutto, perché non usarlo anche su Veneziani
Anche perché Veneziani si comporterà sempre da gentiluomo, non risponderà neanche

Niram Ferretti
Bleve Carmelo
nessuno accusa Veneziani di essere fascista, e sicuramente io non uso questo termine per denigrare chi non la pensa come me, ma l'humus culturale da cui proviene Veneziani, senza peraltro che lo abbia mai nascosto è noto. Non proviene dal conservatorismo liberale, purtroppo desolantemente assente in Italia. Le posizioni di Veneziani su Israele anche se sicuramente non improntate a un antisionismo virulento traggono alimento dalla sua appartenenza culturale, su questo c'è poco da fare.

Bleve Carmelo
Io ho notato un sentire negativo alla parola residualita' neofasciste, a parte che io lo seguo da parecchio e non le ho mai notate, però questo ci può stare anzi, ma anche i commenti a seguire me lo hanno confermato
Ora può essere che io abbia preso una cantonata se è così mi dispiace e mi scuso

Bleve Carmelo
Il PD è da sempre contro Israele però nessuno gli ha mai detto che ha residualita'neofasciste


Niram Ferretti
Bleve Carmelo
il PD non può avere residualità neofasciste, può avere residualità comuniste. Io non ho nulla da spartire nè con il comunismo nè con il fascismo.

Bleve Carmelo
Sono morti e sepolti nessuno può avere a che fare con dei morti che hanno lasciato solo sofferenza e distruzione

Sergio Alaimo
già i cinesi son morti e sepolti....

Niram Ferretti
Bleve Carmelo
lei non è molto aggiornato. In Italia c'è un partito che fa esplicito riferimento al comunismo anche se ha percentuali irrilevanti, si chiama Comunisti Italiani, fino a pochi anni fa Rifondazione Comunista era al governo con Prodi, poi, in ambito nero, abbiamo Forza Nuova e Casa Pound. Quindi non so di cosa lei stia parlando.

Bleve Carmelo
Forza Nuova e CasaPound sono due cose diverse, oltretutto CasaPound è un'associazione non un partito

Bleve Carmelo
Forse è lei che sta confondendo, comunque

Sergio Alaimo
Niram Ferretti
inoltre non ho mai letto che il pci nelle sue variazioni di pelle abbia mai fatto autocritica sulla rottura di livorno e l'adesione alla 3 internazionale o comintern la massima critica e' stata al consociativismo nella spartizione del po… Altro...

Niram Ferretti
Bleve Carmelo
io non confondo. Lei parla di cose che non conosce a fondo. Sia gentile, prima di scrivere qui si informi. Casa Pound oggi non è più un partito, ma lo è stata. Dunque, non è un partito allo stato attuale delle cose, ma la sostanza non cambia. "CasaPound Italia (CPI), o semplicemente CasaPound, è un movimento politico di estrema destra e di matrice neofascista[1] e populista.[18][19][20][21] Fu costituito nel giugno 2008 come associazione di promozione sociale[22][23] in continuità con l'occupazione abusiva di uno stabile avvenuta il 26 dicembre 2003 nel rione Esquilino di Roma e la nascita di CasaPound, primo centro sociale di ispirazione fascista[24][25][26]. Ulteriori occupazioni, mobilitazioni e iniziative, originariamente limitate a Roma e successivamente estese su tutto il territorio nazionale, connotarono presto CasaPound come un vero e proprio movimento politico e in seguito come partito fino al 26 giugno 2019, data in cui il presidente Gianluca Iannone decretava momentaneamente conclusa l'esperienza politica di CasaPound come partito, ritornando ad essere un movimento che non si presenta più alle competizioni elettorali.[27]".

Bleve Carmelo
L',,80% dell'ultimo programma di CPI era simile a quello del partito comunista di Marco Rizzo, se lei parla perché si è letto ciò che scrivono i giornali, si è preso questo fastidio, se ne prenda un'altro vada ad ascoltare cosa dicono loro, perché questa storia di fascismo, di estrema destra sta cominciando a stancare

Alberto Pento
L'estrema destra è fascista in tutto e per tutto. Come l'estrema sinistra è comunista in tutto e per tutto.
Queste demenziali estremità o estremismi poi sono entrambe antisemite, antisioniste e antisraeliane e come se non bastasse sono filo nazi maomettane.
A me fanno schifo e orrore entrambe.
La misura della civiltà umana di un uomo si valuta con il metro del suo rispetto/amore o disprezzo/odio per gli ebrei e per Israele e il suo grado di democraticità si valuta rispetto al suo apprezzamento o meno della Svizzera e degli USA.



Chi tiene ai diritti dell’uomo e alla libertà deve difendere Israele
Davide Cavaliere
13 luglio 2020

https://www.corriereisraelitico.it/chi- ... e-israele/

Ugo Volli è un semiologo, critico teatrale e accademico italiano. Ha alle spalle oltre duecento pubblicazioni scientifiche e una decina di libri. È stato professore ordinario di semiotica del testo all’Università di Torino e direttore del Centro Interdipartimentale di Ricerca sulla Comunicazione (CIRCe). Ha collaborato con Umberto Eco. Autore delle celebri «Cartoline da Eurabia» per Informazione Corretta. Tra le sue pubblicazioni più recenti ricordiamo: Israele. Diario di un assedio (Proedi editore, 2016) e Il resto è interpretazione. Per una semiotica delle scritture ebraiche (Belforte Salomone, 2019).

Ha accettato di rispondere ad alcune domande per il Corriere Israelitico.

È stato diffuso sui social media il video di un ragazzo che, in uno sfogo, apostrofa come «negra» una donna con cui ha avuto un incidente automobilistico. La vicenda, che fino a non molto tempo fa sarebbe stata derubricata come atto di maleducazione o «bravata», ha visto l’intervento della Digos, di due ministri e la società sportiva per la quale il diciannovenne giocava lo ha espulso. Secondo lei, abbiamo un problema con alcune parole? Corriamo, davvero, il rischio di una manipolazione del linguaggio e, di conseguenza, della realtà?

La linguistica ci insegna che il linguaggio funziona secondo un regime di arbitrarietà. Ciò comporta che non vi è un significato unico e autentico per le parole, né una loro connotazione valoriale fissa, ma il senso è fissato socialmente e muta con il cambiamento sociale. Per esempio la parola «giudeo» che in Italia ha un valore negativo e insultante, corrisponde etimologicamente a «jew», «Juif» e perfino all’ebraico «jehudì», che sono designazioni neutre di ciò che noi chiamiamo «ebreo». «Negro» non è intrinsecamente insultante, è ovviamente legato etimologicamente a «nero», che invece oggi è una dizione accettata. Le interdizioni linguistiche spesso seguono una dinamica dell’eufemismo: si proibisce di usare un termine che designa una realtà censurata (parti del corpo, luoghi e attività «impresentabili» ecc.) o che rappresenta qualcosa in maniera insultante ed esso è sostituito da un’altra parola, perché bisogna pure poter nominare la cosa; ma essa diventa a sua volta insopportabile ed è a sua volta sostituita… senza fine. Così per esempio la serie luogo di prostituzione → «postribolo» → «casino» → «casa chiusa» ecc. «Negro» è insultante perché è stato usato per insultare e per questo è ora interdetto. Ma proibire le parole non elimina i rapporti sociali che esse servono a designare. Il «politically correct» nel linguaggio ancor prima di essere una violenza è una sciocchezza che non può funzionare.

Il movimento Black Lives Matter si è fatto portatore di un vero e proprio affatturamento linguistico: Colombo è diventato un «genocida» e Amedeo IV di Savoia un «colonizzatore». Quali sono le caratteristiche salienti del suddetto movimento? Rappresenta una minaccia alla democrazia?

«Black lives matter» è un movimento antidemocratico e fascistoide fin dal nome. I suoi aderenti hanno spesso sottolineato che intendono questa denominazione nel senso di dire che «solo» e non «anche» le vite dei neri contano, e hanno rifiutato con decisione ogni estensione a «tutte le vite». Di fatto il movimento è portatore di un’ideologia «rivoluzionaria» che nega l’uguaglianza dei diritti e discrimina gli avversari, spesso definiti in maniera razzista e discriminatoria: i «bianchi», gli ebrei, gli uomini, gli eterosessuali. I suoi metodi sono violenti, il suo rispetto per la libertà di chi non la pensa come loro è inesistente. È l’ennesima riedizione del tentativo di eliminare la civiltà liberale che ha fatto grande l’Occidente. Si tratta di un gruppo molto minoritario, che purtroppo è coperto oggi, per viltà o per interesse, da buona parte della sinistra anche democratica.

I militanti antirazzisti, oggi, sono fieri avversari di Israele. Quali sono le origini di questo odio «progressista» verso lo Stato Ebraico?

I veri militanti antirazzisti, a partire da Martin Luther King, sono sempre stati sostenitori di Israele. L’atteggiamento su Israele può essere preso come test per verificare l’autenticità dell’antirazzismo di un movimento. La ragione per cui alcuni movimenti che si pretendono «di liberazione» (riguardo al razzismo, ma anche agli orientamenti sessuali, al genere ecc.) sono anti-Israele si chiama «intersezionalità». Tutte le oppressioni, secondo questa teoria, avrebbero un’unica matrice, cioè il sistema occidentale della libertà politica ed economica. Con altro nome, è quel che già sosteneva Stalin, e poi da noi fu ripreso da Toni Negri: anche se la teoria marxista della lotta di classe non funziona e se gli operai hanno capito che il progresso sociale si ottiene col liberalismo e non col comunismo, quel che conta è unire tutti i nemici dello «stato di cose esistente». Di questo tentativo di coalizione dovrebbero far parte dunque non solo neri, donne, omosessuali e transessuali, ma anche gli islamisti, che pure sono portatori di un’ideologia clericale e reazionaria di oppressione delle donne e di violenta repressione dell’omosessualità, ma sono nemici dell’Occidente. E poiché odiano in maniera razzista gli ebrei e il loro stato, è «intersezionale» per gli «antirazzisti» condividere quest’odio razzista. Questa ragione politica si fonde poi col vecchio odio degli ebrei che da sempre ha un posto importante nei pregiudizi della cultura europea (oltre che islamica).

La civiltà occidentale ha sviluppato il concetto di «diritti dell’uomo» per proteggere gli individui dall’arbitrio del potere, attualmente hanno assunto i tratti di una religione secolare attraverso cui legittimare e giustificare il separatismo islamico nelle città europee, l’infibulazione, l’uso del burka… i «diritti umani» sono una minaccia alla sopravvivenza della civiltà europea?

Intesi secondo il buon senso e il significato originario, i diritti dell’uomo sono la sintesi dei valori occidentali, la parità di fronte alla legge, la libertà politica, l’integrità fisica e il diritto di proprietà. Gli islamisti non li hanno mai accettati, tant’è vero che ne hanno proposto una versione adulterata e musulmanizzata con la dichiarazione del Cairo del 1990. Non esiste nulla nelle dichiarazioni dei diritti dell’uomo (a partire da quella francese approvata nel 1789, fino a quella promulgata dall’Onu nel 1948) che autorizzi l’inferiorità delle donne sancita dall’obbligo del burka in certi stati islamici o addirittura alla loro mutilazione per impedirne la libertà sessuale con l’infibulazione. Nè in essi si può trovare la base per le censure dell’«islamofobia» che oggi è uno degli obiettivi dei movimenti islamisti e delle organizzazioni internazionali da essi influenzate come l’Unesco e altro organismi dell’Onu. Infine non vi è rapporto fra i diritti dell’uomo e la pretesa di un diritto generalizzato all’immigrazione. La cosiddetta «religione dei diritti umani» non è altro che una definizione propagandistica e deformante dell’agenda politica di sinistra, che tradisce le ragioni liberali su cui si è costruita l’idea dei diritti umani. È importante anche indicare che vi è un fondamento religioso, ebraico e poi cristiano dell’idea di una comune dignità degli esseri umani, che la tradizione rabbinica fa derivare dalla comune discendenza da una sola coppia di progenitori, com’è descritta all’inizio della Bibbia: il contrario di ogni possibile razzismo.

In che modo la retorica dei «diritti umani» viene impiegata per delegittimare Israele?

I diritti umani non hanno nulla a che fare con la delegittimazione di Israele (spesso praticata insieme alla sua demonizzazione, sulla base di un doppio standard: sono le tre «D» che Natan Sharansky ha proposto come test per definire la differenza fra un’opposizione legittima e l’antisemitismo). Israele viene spesso accusato di crimini inesistenti e bizzarri, che hanno senso solo per riattivare i vecchi miti antisemiti: per esempio ucciderebbe i bambini, sottrarrebbe ai nemici i loro organi interni, profanerebbe i luoghi sacri ecc. Sono calunnie insensate e senza base, come l’accusa spesso ripetuta di sottoporre i palestinesi alle stesse persecuzione che gli ebrei subirono dai nazisti. Si tratta in questo caso di un trasparente (anche se per lo più incosciente) tentativo di trasferire sulle vittime ebraiche le colpe dell’Europa. Di fatto Israele, anche se naturalmente non è perfetto e può compiere degli errori come tutti gli altri stati del mondo, è il solo paese nella vastissima area geografica fra l’Oceano Atlantico e l’India dove i diritti umani (e quelli politici e sociali) sono rispettati e attivamente promossi; in cui vigono le libertà di espressione, di associazione e di religione; in cui le minoranze etniche, religiose e politiche possono organizzarsi liberamente; in cui la magistratura è indipendente, i militari obbediscono alla politica, i governi sono liberamente scelti dall’elettorato; vi sono pari opportunità per uomini e donne e non sono ammesse discriminazioni sulla base degli orientamenti sessuali. Nonostante il terrorismo ininterrotto e le numerose guerre, i diritti umani, politici e sociali non sono mai stati sospesi in Israele e in buona parte si estendono anche ai non-cittadini, magari esplicitamente nemici come i sudditi dell’Autorità Palestinese. Chiunque provi a usare il criterio dei diritti umani per attaccare Israele, lo fa ignorando i fatti più elementari sulla vita del paese o in malafede. Al contrario, chi tiene ai diritti dell’uomo e alla libertà deve difendere Israele. Come diceva Spadolini, la libertà, anche quella dell’Europa, si difende sotto le mura di Gerusalemme.

Grazie professor Volli.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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