La proprietà non è un furto, rubare non è un bene ma un male

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Messaggioda Berto » mar feb 28, 2017 9:26 am

6) Anche la prodigalità con i beni pubblici dei cittadini verso i non cittadini, da parte di burocrati, giudici e politici amministratori e governanti è un furto, una malversazione delle risorse pubbliche, un tradimento dei diritti di cittadinanza, un delitto gravissimo verso la propria comunità, che denota irresponsabilità demenziale o criminale.
Anche l'estensione indiscriminata della cittadinanza e dei relativi diritti, in quanto beni pubblici, è un crimine, gravissimo, specialmente se non decisa/stabilita dai cittadini, un vero attentato alla comunità dei cittadini, ai loro bene fondamentali.

7) Anche molti dei presunti buoni, che si dicono solidali con il mondo intero, che vorrebbero accogliere a braccia aperte tutti i bisognosi e i finti bisognosi della terra, che si occupano per professione o per politica o per ideologia o per fede religiosa dei diritti e del benessere dell'umanità, in particolare di quello dei poveri, dei maltrattati, dei perseguitati e degli ultimi di tutto il mondo, anche costoro sono dei ladri che rubano il più delle volte ai poveri e agli ultimi dei loro paesi per darlo/regalarlo/prodigarlo a i primi, trattendendosi però una quota economica e politica rilevante come intermediazione.
Costoro sono i ladri peggiori, rubano e malversano le risorse e i beni pubblici e privati e i diritti veri dei loro concittadini in nome di una cittadinanza e di una fratellanza mondiale che non esistono e in tal modo violano i diritti umani della loro gente e la solidarietà con la loro comunità nazionale e statale.
Costoro sono i ladri più disumani e schifosi che possano esserci al mondo perché tradiscono la loro famiglia, la loro gente, la loro comunità nativa e autoctona, la loro città, il loro paese, la loro costituzione.





Accoglienza o ospitalità imposta o forzata è un crimine contro l'umanità
viewtopic.php?f=196&t=2420

I cristiani europei che violano la solidarietà verso i popoli europei sono criminali
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 0015617332

Le bugie dei radicali, del Papa e di altri sui migranti regolari e sugli immigrati clandestini
viewtopic.php?f=194&t=2460

Ospitalità, non sempre è sacra - accoglienza come crimine e tortura
viewtopic.php?f=141&t=1911

Rifugiati, asilanti, clandestini, migranti, diritti umani, obblighi internazionali e realismo
viewtopic.php?f=194&t=1811

Povertà, poartà/povartà e mexeria venete, tałiane e ouropee
viewtopic.php?f=161&t=2444
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Messaggioda Berto » mar feb 28, 2017 9:32 am

Muri, termini e confini, segni sacri di D-o e barricate
viewtopic.php?f=141&t=1919

Gli uomini hanno confini come le piante e gli animali, come tutte le creture di Dio. I confini fanno parte della vita e sono necessari alla vita, come i muri, senza dei quali non vi sarebbero le case, gli ospedali e le chiese, i moli per le barche, gli argini dei fiumi e dei mari, le dighe per immagazzinare acqua e produrre corrente.
I confini e i muri sono come la pelle e le ossa, psarte integrante della vita, dell'esistenza, dell'essere.
Chi nega i confini e i muri nega la vita e offende Dio, il creatore.
Non esiste il popolo di Dio, Dio non è un re, un condottiero, un imperatore, Dio non è un capo popolo; soltanto gli idoli e gli imperatori hanno i loro popoli.
Non esiste l'amore senza oggetto dell'amore e non si può amare tutto e tutti perché si finisce per non niemnte e nessuno: un padre e una madre non possono trascurare e abbandonare i loro figli naturali per dedicarsi ai figli degli altri, sarebbe un non senso, un peccato contro la natura e le leggi divine, un crimine contro l'umanità, una demenza da curare come grave malattia che distrugge la vita.
Questi cattolici fanatici sono come i fanatici mussulmani.


Qualcuno racconta che i confini, le frontiere, magari protette da recinzioni, da muri o mura e da poliziotti o soldati armati, non servono a nulla e che danneggiano l'economia e la società ... allora io mi chiedo, ma se ciò fosse vero perché la Svizzerra che è un piccolo paese europeo ben delimitato da confini, barriere, recinzioni, muri, dogane, soldati e poliziotti perché è il paese più prospero e dove la gente europea è più felice?

Il riferimento all'impero romano e alle migrazioni dei cosidetti barbari è del tutto errato e fuorviante: primo perché già l'impero romano era una costruzione violenta fondata sull'invasione militare; secondo perché i "barbari" arrivarono quando l'impero romano si stava disfacendo per le sue stesse contraddizioni accumulatesi nei secoli e sfociate in crisi economiche irreversibili con rivolte e guerre civili, dovute all'enormità della tassazione statale e parastatale del leviatano imperiale ed è stato grazie ai "barbari germani mai colonizzati dai romani" che l'Europa ha potuto trovare una nuova strada e risorgere dalle sue ceneri rimaste dal rogo della romanità.

Anche gli argini dei fiumi e le dighe dei mari sono muri. Come le fondamenta del pilastri dei ponti sono muri senza dei quali non vi sarebbero nemmeno i ponti. Anche le case, le chiese, gli ospedali, i terrazzamenti dei monti, sono costruzioni fatte di muri senza dei quali non esisterebbe nemmeno l'umanità. Sono i muri e le barriere che hanno permesso all'umanità di progredire e di evolvere. La pelle stessa dei nostri corpi e la membrana delle cellule sono muri, mura, confini, delimitazioni senza le quali non vi sarebbe la varietà infinità degli organismi, delle creature e delle forme, senza i muri non vi sarebbe l'universo e nemmeno la Creazione che inizia al muro di Planck.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Messaggioda Berto » mar feb 28, 2017 9:41 am

I diritti umani universali a migrare e a non migrare dal proprio paese natale esistono al pari del diritto universale alla non accoglienza.

Il diritto internazionale ad essere accolti per i rifugianti asilanti esiste assieme al diritto alla non accoglienza, qualora non esistessero le condizioni necessarie, basilari per l'accoglienza stessa:

condizioni demografiche, economiche, politiche, culturali che lo consentano.


Migrare e non migrare, accogliere e non accogliere, diritti e doveri
viewtopic.php?f=194&t=2498
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 4378115973

Non esiste il dovere assoluto ad accogliere e il diritto assoluto ad essere accolti.
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Messaggioda Berto » mer mar 15, 2017 8:43 pm

Sul lavoro (averlo è un miracolo e solo il lavoro produce pane e ricchezza, non vi sono né miracoli né provvidenze divine)

Papa Francesco: 'Il lavoro non è un dono gentilmente concesso a pochi raccomandati: è un diritto per tutti!'
Il lavoro, a differenza della pigrizia, è una «vocazione» e che la Chiesa ha un ruolo nell’incoraggiare e sostenere quanti, perdendo il lavoro, hanno perso anche la loro dignità

http://www.sanfrancescopatronoditalia.i ... MmJmaLaujI

«Il lavoro non è un dono gentilmente concesso a pochi raccomandati: è un diritto per tutti!».
Lo ha detto il Papa nell’udienza al progetto «Policoro», della Conferenza episcopale italiana, creato venti anni fa da don Mario Operti per i giovani disoccupati del sud. Sottolineando che il lavoro, a differenza della pigrizia, è una «vocazione» e che la Chiesa ha un ruolo nell’incoraggiare e sostenere quanti, perdendo il lavoro, hanno perso anche la loro dignità, Jorge Mario Bergoglio ha ricordato il drammatico dato della disoccupazione giovanile in Italia, dove i ragazzi sotto i 25 anni sono senza lavoro al 40%, e denunciando che in simili condizioni un giovane rischia di ammalarsi, cadere nelle dipendenze o suicidarsi.

«Vent’anni fa nasceva il Progetto Policoro, frutto del Convegno ecclesiale di Palermo», ha ricordato Bergoglio. «Il progetto veniva alla luce con una volontà precisa: quella di individuare risposte all’interrogativo esistenziale di tanti giovani che rischiano di passare dalla disoccupazione del lavoro alla disoccupazione della vita. Nel suo tentativo di coniugare il Vangelo con la concretezza della vita, questo progetto rappresentò da subito una grande iniziativa di promozione giovanile, una vera occasione di sviluppo locale a dimensione nazionale. Le sue idee-forza ne hanno segnato il successo: la formazione dei giovani, il lancio di cooperative, la creazione di figure di mediazione come gli “animatori di comunità” e una lunga serie di gesti concreti, segno visibile dell’impegno di questi venti anni di presenza attiva».

«Ogni lavoratore – ha detto Francesco – ha il diritto di vederla tutelata, e in particolare i giovani devono poter coltivare la fiducia che i loro sforzi, il loro entusiasmo, l’investimento delle loro energie e delle loro risorse non saranno inutili. Quanti giovani oggi sono vittime della disoccupazione! E quando non c’è lavoro, rischia la dignità, perché la mancanza di lavoro non solo non ti permette di portare il pane a casa, ma non ti fa sentire degno di guadagnarti la vita. Oggi sono vittime di questo. Quanti di loro hanno ormai smesso di cercare lavoro, rassegnati a continui rifiuti o all’indifferenza di una società che premia i soliti privilegiati, benché siano corrotti, e impedisce a chi merita di affermarsi. Il premio sembra andare a quelli che sono sicuri in se stessi benché questa sicurezza sia stata sviluppata nella corruzione», ha proseguito Bergoglio tra gli applausi. «Il lavoro non è un dono gentilmente concesso a pochi raccomandati: è un diritto per tutti!».

«Il mio invito è quello di continuare a promuovere iniziative di coinvolgimento giovanile in forma comunitaria e partecipata». Spesso, ha denunciato Bergoglio, «dietro a un progetto di lavoro c’è tanta solitudine: a volte i nostri giovani si trovano a dover affrontare mille difficoltà e senza alcun aiuto. Le stesse famiglie, che pure li sostengono – spesso anche economicamente – non possono fare tanto, e molti sono costretti a rinunciare, scoraggiati». E «cosa c’entra la Chiesa con la mia situazione? La risposta è stata la testimonianza e qui voi potete dare la vostra testimonianza, quel corpo a corpo con chi ha bisogno di coraggio, di sostegno. Qui potete fare la vostra parte: sostenere le nuove energie spese per il lavoro; promuovere uno stile di creatività che ponga menti e braccia attorno a uno stesso tavolo; pensare insieme, progettare insieme, ricevere e dare aiuto: sono queste le forme più efficaci per esprimere la solidarietà come dono. E qui c’entra la Chiesa, che è madre di tutti, accomuna tutti».

Francesco ha incoraggiato il progetto Policoro a continuare nell’impegno di «sviluppare progetti a misura d’uomo: progetti rispettosi della dignità di chi li realizza e di chi ne beneficia; progetti che sappiano dare il giusto valore allo sforzo profuso, ma anche al meritato riposo; progetti concreti per esigenze concrete. Così i giovani riscoprono la “vocazione” al lavoro: Vocazione al lavoro, è uno dei tratti della dignità umana, non c’è – ha sottolineato il Papa – la vocazione alla pigrizia, al lavoro sì. Il senso alto di un impegno che va anche oltre il suo risultato economico, per diventare edificazione del mondo, della società, della vita. Spesso l’idea del lavoro come “realizzazione” della persona è stata confusa con un certo modello di ricchezza e di benessere che spinge a ritmi disumani. Non sia così per voi: è meglio educare le giovani generazioni a cercare la giusta misura. Alla scuola del Vangelo si impara ciò che è veramente necessario, perché la nostra vita non ci sfugga dalle mani inseguendo gli idoli di un falso benessere», ha detto ancora il Papa sottolineando che «è anche una responsabilità di evangelizzazione, attraverso il valore santificante del lavoro: non – ha proseguito tra gli applausi – di un lavoro qualunque, non del lavoro che sfrutta, che schiaccia, che umilia, che mortifica, ma del lavoro che rende l’uomo veramente libero, secondo la sua nobile dignità».

Il Papa argentino ha concluso l’udienza con una riflessione a braccio: «Il vostro lavoro io l’ho molto a cuore, soffro quando vedo tanta gioventù senza lavoro, disoccupata, pensate che qui in Italia da 25 anni in giù quasi il 40 per cento è senza lavoro, cosa fa un giovane senza lavoro? Si ammala, deve andare dallo psichiatra, cada nelle dipendenze, si suicida… le statistiche dei suicidi giovanili non sono pubblicate! Ma si escamotaggia così (vivono di espedienti, ndt), o cerca qualcosa che gli dia un’ideale e fa il guerrigliero: ma pensate, questi giovani sono la nostra carne, sono la carne di Cristo, e per questo il nostro lavoro deve andare avanti per accompagnarli e soffrire in noi quella sofferenza nascosta, silenziosa che li angoscia tanto nel cuore».

Infine un’Ave Maria: «La Madonna guardava san Giuseppe come insegnava a lavorare Gesù, preghiamo perché ci insegni ad aiutare a trovare lavoro e lavorare a tanti giovani». L’udienza, introdotta dal cardinale presidente della Cei Angelo Bagnasco, è proseguita con le testimonianza di alcuni giovani del progetto Policoro, che hanno denunciato tra l’altro le false promesse elettorali, il provincialismo e la presenza della criminalità organizzata. Presenti il cardinale emerito di Palermo Paolo Romeo e il segretario generale della Cei Nunzio Galantino. Tra i presenti un gruppo di detenuti della Casa di Reclusione di Sant`Angelo dei Lombardi (Avellino). La Stampa


L'udienza. Papa Francesco: «Il lavoro è dignità, toglierlo è peccato grave»
Il Pontefice ha chiesto «una soluzione» per i dipendenti Sky. La catechesi di Quaresima sulla carità: «Non sia ipocrita, fatta per mettersi in mostra»
mercoledì 15 marzo 2017

https://www.avvenire.it/papa/pagine/udi ... -quaresima

«Il lavoro ci dà dignità. Chi per manovre economiche, per fare negoziati non del tutto chiari chiude fabbriche, chiude imprese e toglie il lavoro agli uomini fa un peccato gravissimo». Sono le parole che Papa Francesco ha rivolto ai pellegrini riuniti oggi in piazza San Pietro per l'udienza generale. Salutando i gruppi italiani, alla fine dell'incontro, il Papa ha rivolto «un pensiero speciale» ai lavoratori di Sky Italia il cui progetto di ristrutturazione prevede la chiusura della sede di Roma, oltre duecento licenziamenti, e oltre trecento spostamenti di lavoratori da Roma a Milano. «Auspico - ha detto papa Francesco - che la loro situazione lavorativa possa trovare una rapida soluzione, nel rispetto dei diritti di tutti, specialmente delle famiglie».
«I responsabili dei popoli, i dirigenti, hanno l'obbligo di fare di tutto perché ogni uomo e ogni donna possa lavorare e così avere la fronte alta, guardare in faccia gli altri, con dignità», ha aggiunto il Papa.

Poco prima, esordendo nella catechesi quaresimale il Papa ha detto: «Siamo chiamati all’amore, alla carità, questa è la nostra vocazione più alta e ad essa è legata al gioia della speranza di arrivare a incontrare il grande amore che è il Signore». «L’apostolo Paolo nella lettera ai romani ci mette in guardia dal rischio che la nostra carità sia ipocrita, che il nostro amore sia ipocrita. Quando avviene questa ipocrisia? Quando possiamo essere sicuri che il nostro amore sia sincero, la nostra carità sia autentica, che non sia «far finta»? - ha argomentato il Pontefice -. L’ipocrisia può infilarsi ovunque anche nel nostro modo di amare. Questo si verifica quando il nostro è un amore mosso da interessi personali. Quando i servizi caritativi in cui sembra che ci prodighiamo sono compiuti per mettere in mostra noi stessi o per sentirci appagati. O quando miriamo a cose che abbiano visibilità per fare sfoggio della nostra intelligenza e abilità. Questa è un’idea falsa e ingannevole: se amiamo è perché siamo buoni, come se la carità fosse un prodotto dell’uomo, del nostro cuore. È invece un dono di Dio, una grazia. E Dio ce lo da volentieri se noi lo chiediamo. La carità è una grazia non consiste nel far trasparire quello che noi siamo ma quello che il Signore ci dona e che noi liberamente accogliamo».

«La Parola - ha proseguito Francesco - ci invita a riconoscere che siamo peccatori, che il nostro modo di amare è segnato dal peccato, ma insieme si fa portatore di un annuncio nuovo, un annuncio di speranza». Il Signore apre davanti a noi la possibilità, ha aggiunto il Papa, di «diventare strumenti della carità di Dio. E ciò accade quando ci lasciamo guarire il cuore dal Signore risorto. Lui ci permette di sperimentare le meraviglie del suo amore. Tutto quello che possiamo fare per i fratelli non è altro che la risposta a quello che Dio ci dona».

«L’apostolo Paolo non vuole rimproverarci quanto piuttosto incoraggiarci e ravvivare in noi la speranza - ha concluso il Papa -, Tutti facciamo l’esperienza di non vivere appieno l’amore, ma anche questa è una grazia. Perché ci fa comprendere che da noi stessi non siamo capaci di amare pienamente, abbiamo bisogno che il Signore rinnovi il nostro cuore attraverso l’esperienza della sua infinita misericordia. Allora sì che torneremo ad apprezzare le piccole cose di ogni giorno, e torneremo ad amare Dio e saremo contenti di farci vicini a chi è povero, di piegarci ai piedi dei fratelli come il buon samaritano. Quello indicato da Paolo è il segreto per essere ‘lieti nella speranza’ – uso le parole dell’apostolo -. L’amore di Dio non viene meno nemmeno nei momenti più avversi.

Il Papa ha salutato la folla con un augurio ai giovani: «La Quaresima sia per voi un momento di grazie e di rinnovamento spirituale».



Il Papa: "Chi toglie il lavoro fa un peccato gravissimo"
All'udienza generale del Papa anche un gruppo di fedeli cinesi (lapresse)
Francesco ha rivolto "un pensiero speciale" "ai lavoratori di 'Sky Italia', e ha auspicato "che la loro situazione lavorativa possa trovare una rapida soluzione, nel rispetto dei diritti di tutti, specialmente delle famiglie"
15 marzo 2017

http://www.repubblica.it/vaticano/2017/ ... -160595306


CITTA' DEL VATICANO - Chi toglie il lavoro all'uomo "fa un peccato gravissimo". Non usa mezzi termini papa Francesco, nel corso dell'udienza generale in piazza San Pietro, nel denunciare l'atteggiamento di chi "per manovre economiche" o in nome di "negoziati" poco chiari toglie lavoro e dignità alle persone. "Fare di tutto - esorta il Pontefice a fine udienza parlando a braccio - perché ogni uomo e ogni donna possa lavorare e così guardare in faccia gli altri con dignità". Quindi la denuncia: "Chi per manovre economiche, per fare negoziati non del tutto chiari chiude fabbriche, chiude imprendimenti lavorativi e toglie il lavoro agli uomini, fa un peccato gravissimo".

Il Papa ha anche rivolto "un pensiero speciale" "ai lavoratori di 'Sky Italia', e ha auspicato "che la loro situazione lavorativa possa trovare una rapida soluzione, nel rispetto dei diritti di tutti, specialmente delle famiglie". Sky Italia ha un progetto di ristrutturazione che prevede, in particolare, la chiusura della sede di Roma con il canale di 'all news', oltre duecento licenziamenti e più di trecento spostamenti di lavoratori da Roma a Milano.

Il Papa, in udienza generale, ha messo in guardia dal "rischio che la nostra carità sia ipocrita, che il nostro amore sia ipocrita. Ci dobbiamo chiedere allora: quando avviene questo, questa ipocrisia? E come possiamo essere sicuri che il nostro amore sia sincero, che la nostra carità sia autentica? Di non far finta - ha aggiunto - di fare carità o che il nostro amore non sia una telenovela, no, amore sincero, forte".

"L'ipocrisia - ha messo in guardia Bergoglio - può insinuarsi ovunque, anche nel nostro modo di amare. Questo si verifica quando il nostro è un amore interessato, mosso da interessi personali; quanti amori interessati ci sono! Quando i servizi caritativi in cui sembra che ci prodighiamo sono compiuti per mettere in mostra noi stessi o per sentirci appagati; o ancora quando miriamo a cose che abbiano 'visibilità' per fare sfoggio della nostra intelligenza o delle nostre capacità. Dietro a tutto questo c'è un'idea falsa, ingannevole, vale a dire che, se amiamo, è perché noi siamo buoni; come se la carità fosse una creazione dell'uomo, un prodotto del nostro cuore. La carità, invece, è anzitutto una grazia, è un regalo: potere amare è un dono di Dio e dobbiamo chiederlo, lui lo dà volentieri se noi lo chiediamo".

Anche un gruppo di pellegrini cinesi in piazza San Pietro tra i circa 12 mila arrivati da ogni parte del mondo per l'udienza generale di papa Francesco.

Prima di percorrere l'ultimo tratto a piedi sul sagrato, il Papa è sceso dalla papamobile scoperta e ha salutato un gruppo di fedeli cinesi, con le bandierine rosse, visibilmente commossi. Alcuni si sono inginocchiati per baciargli i piedi. Mentre le guardie svizzere e i gendarmi erano visibilmente in imbarazzo. Francesco ha ricambiato con carezze e abbracci. Alcuni fedeli hanno portato a braccio una statua della Madonna di Fatima.


Alberto Pento
Non una parola contro gli stati che tolgono il lavoro, la famiglia, i figli, la salute, la giustizia, ... soffocando di imposte e tasse e burocrazia le imprese, il lavoro, i lavoratori per mantenere caste di parassiti, di ladri, di farabutti, di privilegiati corrotti, ... malversando le risorse pubbliche e i beni dei cittadini a favore di non aventi alcun diritto che oltretutto ci mancano anche di rispetto, ci insultano, ci minacciano e ci maltrattano.
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Messaggioda Berto » lun mar 20, 2017 8:21 pm

È morto Novak, il teologo del capitalismo
Si è spento il filosofo fautore dell'alleanza tra cattolici e repubblicani nell'era Reagan. Vicino a Wojtyla, ha sollevato dubbi su alcune pagine del magistero sociale di Benedetto XVI e di Francesco. Il ricordo di Buttiglione
2017/02/18
don giampaolo centofanti

http://www.lastampa.it/2017/02/18/vatic ... agina.html

Si è spento all'età di 83 anni a Washington il filosofo Michael Novak, grande fautore della «santa alleanza» tra il capitalismo d'impronta americana e la fede cristiana nell'era Reagan. Dal 1978 fino al 2010 è stato una delle menti del think tank conservatore American Enterprise Institute.
Con il suo libro Lo spirito del capitalismo democratico e il cristianesimo (1982), Novak era arrivato alla conclusione che il sistema americano fosse il frutto della fusione fra un sistema politico (quello democratico), un sistema economico (quello liberale) e un sistema culturale (quello cristiano), inscindibili tra loro. Per anni ha proposto il suo «capitalismo democratico» come il sistema politico ed economico più compatibile con il cristianesimo e soprattutto con il cattolicesimo. Al mondo cattolico Novak si è sempre presentato come un avversario della Teologia della liberazione, considerata di stampo chiaramente marxista, cercando di convincere i cattolici ad accettare in tutto e per tutto il «capitalismo di mercato». Una teoria, quella del «capitalismo di mercato», che Novak ha ritenuto di poter sempre individuare all’interno dei testi papali, soprattutto nelle encicliche, sorvolando però sulle condanne - altrettanto papali - per quei meccanismi del debito e della monopolizzazione con i quali diversi Paesi in via di sviluppo devono convivere.

Novak, che aveva un passato liberal e si è poi avvicinato alle posizioni più conservatrici, ha raccontato nei suoi scritti il processo che ha portato lui e la sua think tank ad accostarsi e a cercare di influire su Giovanni Paolo II. Il filosofo appena scomparso ricordava di aver avuto modo di studiare i primi scritti di Karol Wojtyla, il quale, «dal 1940 al 1978, quando si trasferì in Vaticano, era rimasto del tutto ignaro di economia capitalistica e di sistemi di governo democratici e repubblicani. Per arrivare ad afferrare i concetti sottesi a quella forma di economia politica, il Papa polacco dovette ascoltare molto e imparare a esprimersi con un linguaggio completamente diverso». Così è Novak a «spiegare» a Wojtyla che il capitalismo è tra i mondi possibili quello più accettabile e che meglio si sposa con il cristianesimo.

Secondo Novak Giovanni Paolo II «seppe riconoscere questo grande cambiamento sociale» avvenuto negli Usa, nell’enciclica Centesimus annus (1991), in particolare nel paragrafo 42 là dove il Papa «definisce brevemente il suo capitalismo ideale, come sistema economico che scaturisce dalla creatività, sotto l’egida della legalità, e “il cui centro è etico e religioso”». Negli anni successivi - sempre a detta di Novak - Wojtyla ha affrontato il concetto del «capitale umano», elaborando «passo dopo passo, la sua visione dell’economia che meglio si adatta alla persona umana – lungi dalla perfezione (in questa valle di lacrime), ma migliore di qualunque alternativa, comunista o tradizionale - e la suggerisce come “il modello che bisogna proporre ai Paesi del Terzo Mondo, che cercano la via del vero progresso economico e civile”». Dunque secondo il filosofo americano, propugnatore della santa alleanza tra cattolicesimo e capitalismo, la Chiesa con il pontificato di Giovanni Paolo II avrebbe compiuto un percorso di avvicinamento.

Ma dopo il momento di maggiore vicinanza, quello della Centesimus annus, le strade di queste think tank americane e del magistero sociale della Chiesa si sono nuovamente allontanate. Lo dimostra il fatto che proprio Novak nel 2009 si espresse in modo critico nei confronti dell'enciclica Caritas in veritate di Benedetto XVI, parlando di «omissioni», «insinuazioni discutibili» ed «errori involontari». Spiegando che «il lavoro di redazione (dell’enciclica) risulta alquanto scadente». Secondo il filosofo Papa Ratzinger non aveva fatto suo l'ottimismo per la crescita mondiale e per il miglioramento delle condizioni di vita provocato dal capitalismo. Insomma, un testo troppo reticente, che non avrebbe riconosciuto con la dovuta enfasi e con il necessario spazio, l'importanza del capitalismo per la promozione dei poveri.

Ancor più dura la reazione di Michael Novak nei confronti di Evangelii gaudium, l'esortazione programmatica di Papa Francesco che contiene i passaggi su quel tipo di «economia che uccide». Il filosofo la derubricava a semplice «omelia», affermando che Papa Bergoglio poteva aver ragione, a patto che si confinino le sue parole all'Argentina o al massimo all'America Latina. Insomma, Francesco parla in un certo modo dell'«idolatria del denaro», dello strapotere dei mercati finanziari e della povertà semplicemente perché è nato in Sudamerica: non capisce il capitalismo americano ed Europeo. Un modo per ridurre la portata del magistero sociale del Papa e ogni sua critica alle sorti progressive dell'attuale capitalismo, un'attività portata avanti ancora oggi da think tank come l'Acton Institute e da varie fondazioni. L'economia e la finanza - dicono i seguaci di questa scuola - sono strumenti neutri e perciò intoccabili e irreformabili. Quello che conta e che fa la differenza, è il cuore dell'uomo che usa questi strumenti. Una tesi che porta a ridimensionare moltissime pagine del magistero sociale della Chiesa, dimenticando che esistono «strutture di peccato», come quelle denunciate nel 1987 da Giovanni Paolo II nella Sollicitudo rei socialis.

«Ha amato la Chiesa e ha amato l’America - ha scritto in un articolo commemorativo il filosofo Rocco Buttiglione su L'Osservatore Romano - Era convinto che questi due amori fossero perfettamente compatibili l’uno con l’altro e anzi che la Chiesa avesse bisogno dell’America e che l’America avesse bisogno della Chiesa».

«L’America di Michael Novak - ha osservato Buttiglione - era il paese del libero mercato, in cui ognuno con i suoi sforzi era in grado di guadagnarsi da vivere e, magari, anche di fondare un impero industriale. Era un paese in cui lo Stato faceva poche cose, ma bene, e una grande massa di bisogni sociali trovavano risposta attraverso la libera iniziativa delle associazioni e delle comunità, e in modo particolare delle Chiese. Era convinto che la libera iniziativa fosse il motore dell’economia e della società, diffidava dello Stato e, naturalmente, era contrario al socialismo. Credeva nella solidarietà ma era contrario ad affidarne la realizzazione allo Stato. È stato uno dei protagonisti intellettuali della rivoluzione reaganiana che ha ridato forza all’economia americana e al primato degli Stati Uniti nel mondo. Era orgoglioso di essere amico di Ronald Reagan e di Margaret Thatcher. È stato forse (insieme con Richard John Neuhaus) il primo cattolico vissuto e sentito come una guida intellettuale non solo dei cattolici ma di tutto il popolo americano».
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Messaggioda Berto » lun set 04, 2017 7:32 am

Per questi giudici entrare in casa degli altri senza permesso e stabilirvisi non è più un delitto e nemmeno rubare o appropriarsi della roba altrui.


???

Violazione di domicilio, Cassazione: "Homeless che si ripara dal freddo in abitazione privata non commette reato"
di F. Q. | 7 settembre 2017

http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/09 ... to/3843128

Un homeless che per ripararsi dal freddo si introduce in un’abitazione privata non commette reato. Lo ha deciso la Cassazione con un verdetto che dimostra vicinanza agli “ultimi“. La Suprema corte ha infatti annullato una condanna a tre mesi e dieci giorni di reclusione emessa dalla dalla Corte di Appello di Brescia a un “soggetto senza fissa dimora”. Si tratta di uno straniero proveniente dall’est Europa – Ion T. di 36 anni – condannato in secondo grado nel giugno 2015 dopo essere finito sotto processo, e non era la prima volta, per essersi introdotto nell’abitazione di Luca G., a Desenzano del Garda, in provincia di Brescia, la sera del 24 novembre 2014 per ripararsi “dai rigori dell’inverno”.

Nel ricorso agli ermellini, la difesa dell’homeless ha chiesto che fossero tenute in considerazione “le particolari condizioni di emarginazione in cui era maturato il reato” e “l’esigenza di Ion T., soggetto senza fissa dimora, di reperimento di un alloggio notturno“. Secondo i giudici della Cassazione, “le particolari condizioni dell’imputato, quali le particolari circostanze di miseria e di emarginazione, e la considerazione dei motivi a delinquere attinenti al reperimento di un alloggio notturno, escludenti una spiccata capacità a delinquere ed una maggiore gravità soggettiva, giustificano ampiamente, ad avviso del collegio, la valutazione di particolare tenuità del fatto”, con “conseguente annullamento senza rinvio, della sentenza impugnata”.

Applicando la legge che ha “depenalizzato” i reati di scarso allarme sociale – come appunto la violazione di domicilio – la Suprema Corte ha quindi annullato la condanna dell’homeless. Molto più severa, invece, la posizione della procura generale della Cassazione, che aveva chiesto di dichiarare “inammissibile” il ricorso di Ion T. E invece gli ermellini hanno deciso in modo opposto: chi è in condizioni di emarginazione o miseria non può dormire all’addiaccio.



Gino Quarelo
Eh sì! Con la stessa logica demenziale chi è senza casa e ne occupa una non commette reato poiché ogni uomo ha il diritto ad avere una casa; allo stesso modo che se uno non ha soldi e ha fame può entrare in un negozio e prendersi quello che vuole e mangiarselo, oppure sedersi in un ristorante e pranzare senza dover pagare.



Manipolazione dei diritti umani da parte delle caste parassitarie

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... iudici.jpg

La proprietà non è un furto e un male ma un bene prezioso e rubare non è un bene ma un male
viewtopic.php?f=141&t=2495


Manipołasion criminal dei vałori e dei diriti omàni ogniversałi
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Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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La proprietà non è un furto, rubare non è un bene male

Messaggioda Berto » dom nov 05, 2017 11:10 am

La legittima difesa non solo è pienamente umana ma è anche pienamente cristiana
viewtopic.php?f=141&t=2540


Padova, sparò al ladro che gli stava rubando l'auto: il pm chiede 5 anni

http://www.ilmessaggero.it/primopiano/c ... 43976.html

Condanna a cinque anni e due mesi di reclusione per tentato omicidio: è questa la richiesta fatta dal pm Emma Ferrero per Walter Onichini, macellaio di Legnaro che sparò a un ladro albanese, ferendolo. In caso di condanna il risarcimento chiesto dall'albanese ferito è di 324mila euro. «Onichini ha sparato perché temeva che i ladri avessero rapito il figlioletto», ha spiegato l'avvocato dell'indagato, Ernesto De Toni.

Nel luglio 2013 Onichini sparò e ferì alcuni malviventi che stavano cerando di rubargli l'auto sotto casa. Elson Ndrecam, albanese di 24 anni, rimase ferito, venne caricato da Onichini in auto e lasciato in un campo. La vittima si costituì in seguito come parte civile nel processo.


Gino Quarelo
Ha fatto bene a sparare! I beni materiali o cose vanno considerati come parte integrante della persona e difendere la persona dalla violenza dei ladri che la stanno derubando, anche adoperando una violenza reattiva è un pieno diritto umano e va considerato come piena legittima difesa. L'attacco o aggressione furtiva ai beni di proprietà va considerato come violenza fisica e morale alla persona.
Se non vi fosse questo diritto di usare la violenza per difendere i propri beni dall'aggressione furtiva o ladresca, chiunque potrebbe entrare nella casa di un altro e stabilirvisi e nessuno potrebbe cacciarlo, allo stesso modo chiunque potrebbe impossessarsi dei beni altrui senza che nessuno possa impedirglielo.
Qualsiasi forma di resistenza fisica che impegni una persona per impedire al ladro di appropriarsi dei beni altrui trasforma la violenza alle cose in violenza alla persona, il furto in rapina e legittima la difesa violenta;
anche rincorrere un ladro che abbia con sè la refurtiva, per recuperarla legittima l'uso della violenza; come pure l'arresto del ladro la legittima anche se non più in possesso della refurtiva ...
Il ladro va sempre ritenuto come armato in quanto il suo corpo stesso va considerato come un'arma: il corpo può uccidere e ferire con pugni, schiaffi, calci, spintoni, stringimenti, schiacciamenti e altro.
Il ladro che scappa dopo aver tentato di rubare pur senza essersi impossessato di un bene, laddove e qualora abbia violato il domicilio, la proprietà, danneggiato le cose, minacciando o spaventando le persone merita l'arresto e il danneggiato o vittima ha tutto il diritto di arrestarlo e il ladro che resista all'arresto scappando può essere bloccato anche usando la violenza che può arrivare sino all'uccisione del ladro.






???

Occupare una casa altrui: quando non è reato

https://www.laleggepertutti.it/159211_o ... on-e-reato

Occupazione abusiva di immobile: assoluzione se inevitabile e necessaria; come tutelarsi per sfrattare un abusivo.

Se, approfittando di una tua momentanea assenza, una persona entra in casa tua, si barrica e non vuole più uscire, l’occupazione abusiva dell’immobile è punita con il codice penale. Ma non sempre. Ci sono dei casi in cui il responsabile non solo la fa franca e viene assolto, ma diventa peraltro assai lungo e difficoltoso mandarlo via. Possibile? Sì, se l’abusivo si trova in condizioni di necessità e di pericolo. A dirlo è una recente sentenza del Tribunale di Genova [1]. Ma procediamo con ordine e vediamo quando occupare una casa altrui non è reato.

Se hai letto la nostra guida Se un abusivo occupa casa mentre sono fuori ti sarai fatto un’idea di quali cavilli burocratici e di quali tempi tecnici siano necessari per “sfrattare” chi si impossessa della tua casa mentre non sei presente. Se anche ti dovessi far assalire dalla voglia di mandarlo via a forza, usando le “cattive maniere”, anche tu commetteresti un reato, quello di «esercizio arbitrario delle proprie ragioni». Dunque non c’è altra soluzione: per mandare via di casa un abusivo devi rispettare le procedure previste dalla legge.

Alla luce di ciò, non resta che valersi dei mezzi più forti e dissuasivi per poter liberarsi di chi occupa una casa altrui: la “denuncia penale”. Sporgere la querela da un lato esonera il proprietario dall’iniziativa di portare avanti un processo, con tutti i costi che esso comporta (a farlo sarà infatti la Procura della Repubblica), e dall’altro il rischio dell’intervento della pubblica autorità costituisce un ulteriore stimolo, per l’abusivo, per lasciare l’appartamento.

Leggi anche Occupazione abusiva di case e appartamenti: come difendersi.

Ma, come abbiamo detto in apertura, non sempre occupare una casa altrui è reato. Ci sono dei casi in cui il responsabile viene assolto perché «in stato di necessità». È chiaro che, in questi casi, il proprietario mantiene sempre il suo diritto di rientrare nel possesso dell’immobile, ma per farlo dovrà accontentarsi della sola procedura civile (descritta in Se qualcuno occupa abusivamente la casa), non potendo invece procedere a sporgere denuncia alle autorità. Insomma una difesa smorzata che non consente, certo, una tutela integrale del diritto di proprietà.

Ma vediamo, più nel dettaglio, secondo la sentenza in commento, quando occupare una casa altrui non è reato.

Il codice penale [2] stabilisce che non può essere punito per il reato commesso chi agisce in «stato di necessità», ossia perché costretto dalla necessità di salvare sè od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, nè altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo.

Questa norma si può applicare anche nel caso di occupazione della casa altrui che, di norma, è un reato [3]. In molti tribunali ci hanno provato, anche se la Cassazione è particolarmente rigida nel richiedere la prova dello stato di necessità. Tale causa di giustificazione (così è chiamato lo stato di necessità) non può consistere nella semplice assenza di un domicilio e nell’assenza di un reddito per procurarselo. E ciò perché lo stato di necessità è qualcosa di improvviso, urgente e, come tale, transitorio. Invece l’assenza di un tetto è una situazione potenzialmente prolungabile a lungo e, addirittura, per tutta la vita. Ne conseguirebbe che sarebbe lecito espropriare la proprietà privata per tutti coloro che non hanno disponibilità economica. E così non può evidentemente essere.

Secondo però la sentenza del tribunale di Genova nel concetto di «danno grave alla persona», idoneo a far scattare lo stato di necessità e quindi l’assoluzione del colpevole che ha occupato la casa altrui, rientra anche la situazione di emergenza abitativa. Il diritto all’abitazione – rimarcano i giudici liguri – fa parte dei diritti fondamentali della persona tutelati dalla Costituzione.

Resta comunque da dimostrare l’assoluta necessità dell’occupazione abusiva e l’inevitabilità del pericolo che, in caso contrario, deriverebbe per l’occupante e l’urgenza di porre rimedio al suddetto pericolo. Solo in tal caso, infatti, è giustificabile la compressione del diritto dei terzi proprietari. Si pensi a un senza tetto che, in una situazione di gravissima malattia fisica, entri dentro un edificio per ripararsi da una nevicata fuori dalla norma.

Dunque, la semplice occupazione abusiva dell’immobile continua ad essere reato e il proprietario può difendersi sia con i rimedi civili (causa di occupazione senza titolo ed esecuzione forzata dell’obbligo di sgombero), sia con la querela, dando vita al procedimento penale. Tuttavia, se l’occupazione abusiva è avvenuta per evitare un danno grave alla persona tale condotta può essere scriminata.
note

[1] Trib. Genova, sent. n. 301/17 del 23.01.2017.

[2] Art. 54 cod. pen.

Tribunale di Genova – Sezione I penale – Sentenza 23 gennaio 2017 n. 301

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE DI GENOVA

SEZIONE PRIMA

IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA

Dr.ssa LOREDANA LUCCHINI

in data 23/01/2017 ha pronunciato e pubblicato, mediante lettura del dispositivo, la seguente

SENTENZA

con contestuale motivazione

nei confronti di:

BU.GI., nato (…), residente in Genova, Via (…), elettivamente domiciliata presso il difensore di ufficio dall’Avv. Mo.Ma. del foro di Genova

ASSENTE IMPUTATA

art. 633 – 639 bis c.p., perché invadeva abusivamente l’alloggio pubblico sito in Genova alla Via (…), con la finalità di occuparlo.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI CONTESTUALI DELLA DECISIONE

Con decreto di citazione emesso il 9 giugno 2016 e regolarmente notificato, il PM presso il Tribunale di Genova conveniva in giudizio ex art. 550 c.p.p. dinanzi al medesimo Tribunale in composizione monocratica BU.GI. per ivi rispondere del reato a lui ascritto in rubrica.

All’udienza – filtro del 14 novembre 2016 l’imputato – che ha dichiarato domicilio nel corso del procedimento – non compariva senza addurre alcun legittimo impedimento ed era pertanto dichiarato assente ex art. 420 bis c.p.p.

All’odierna udienza dopo l’ammissione delle prove orali e documentali richieste, era sentito, in qualità di testimoni, l’appartenente alla Polizia Municipale Fr.La. Esaurita la discussione, il PM e il Difensore dell’imputato formulavano le conclusioni come riportate in rubrica.

All’esito è stata data lettura della sentenza con redazione immediata dei motivi ex art. 544 comma 1 c.p.p.

L’odierno imputato è stato tratto a giudizio per rispondere del reato ex artt. 633 – 639 bis c.p. meglio descritto nel capo di imputazione commesso in Genova in epoca anteriore e prossima al 23 gennaio 2015.

Dall’esame del teste escusso risulta che l’appartamento meglio indicato nel DCG era stato occupato senza averne titolo dall’odierno imputato compiutamente identificato mediante carta di identità da personale della Polizia Municipale che aveva fatto accesso in loco in data 23 gennaio 2015 su segnalazione dell’ufficio che gestisce gli alloggi di edilizia pubblica, che avevano bussato, che l’imputato odierno aveva aperto loro la porta, che l’alloggio era completamente arredato e in buone condizioni, che tale alloggio risultava all’ufficio sopra indicato essere libero e “non assegnato” ad alcuno, che l’imputato non aveva esibito alcun documento che legittimasse la sua presenza all’interno dell’alloggio. DIRITTO

L’imputato è stato compiutamente identificato per cui è certa la sua identità ex art. 66 c.p.p.

Sulla base di quanto precede e in assenza di ogni giustificazione in merito da parte dell’imputato che ha scelto di non presenziare al processo risulta pacificamente provato il fatto in contestazione pienamente sussistente in tutte le sue componenti soggettive e oggettive. Ed invero egli ha occupato con coscienza a volontà un alloggio di proprietà dell’ARTE sito in Genova via (…) senza averne alcun titolo abilitativo fatto che integra il reato di cui agli artt. 633 – 639 bis c.p.

Ed invero la norma de quo intende tutelare per l’imprescindibile esigenza di tutelare disordini sociali l’interesse pubblico alla inviolabilità del patrimonio immobiliare e particolarmente il diritto di godimento che spetta al proprietario, al possessore o a chi abbia l’esclusività dell’uso garantita dalla legge contro quelle forme di introduzione nel “fondo altrui” che sostanziano un’intensa aggressione del bene tutelato.

La Cassazione ha precisato che per la sussistenza del reato non sia necessaria che si sia in presenza di un fatto di particolare gravità perché la parola “invasione” non va assunta nel suo significato etimologico che richiama l’idea della violenza fisica o della forza soverchiarne del numero di persone ma sta ad indicare l’accesso o la penetrazione arbitraria nell’immobile altrui compiuto per immettersi nel possesso dello stesso o per trarne un qualunque profitto.

Non può essere applicata ai caso in esame l’esimente di cui all’art. 54 c.p. e che pertanto il fatto ascritto all’imputato sia scriminato per lo stato di necessità.

Si rileva che è particolarmente controversa in dottrina e in giurisprudenza l’applicazione dell’art. 54 c.p. al reato di invasione arbitrari di edifici con riguardo a quelli di edilizia pubblica onero si possa o meno applicare l’art. 54 c.p. nell’ipotesi in cui il soggetto abbia posto in essere il fatto tipico – consistente nell’invasione arbitraria di immobili dell’edilizia pubblica in stato di bisogno economico e abitativo. Si riscontrano in merito diverse posizioni.

A fronte di un indirizzo molto rigoroso della giurisprudenza di legittimità che nega, in linea di principio, che la necessità economica e in specie abitativa possa trovare considerazione nell’ambito della scriminante di cui all’art. 54 c.p. (vedi Cass. 9 aprile 1990, in Riv. Pen. 1991,167; Cass. 3 giungo 1987, in Riv. Pen., 1988, 243) si registrano alcune sentenze più recenti che pur ammettendo in linea di principio che la mancanza di un alloggio dignitoso possa fondare una situazione di “pericolo di danno grave alla persona” richiedono poi un accertamento particolarmente rigoroso dei requisiti “dell’attualità” e “dell’inevitabilità” del pericolo (vedi ex plurimi,r Cass. Pen. Sez. III 2 dicembre 1997, RV 209047).

In particolare la Cassazione con sentenza n. 239447 del 2008 ha precisato che “ai fini della sussistenza dell’esimente dello stato di necessità nel concetto di danno grave alla persona rientrano non solo lesioni della vita e dell’integrità fisica ma anche quelle situazioni che attentano alla sfera di diritti fondamentali della persona riconosciuti e garantiti dall’art. 2 della Costituzione tra le quali rientra il diritto all’abitazione: l’operatività dell’esimente presuppone peraltro gli ulteriori elementi costitutivi dell’assoluta necessità della condotta e dell’inevitabilità del pericolo.

Ne consegue che tale concetto estensivo di danno grave alla persona comporta la necessità di una più attenta e penetrante indagine diretta a circoscrivere la sfera di azione dell’esimente ai soli casi in cui siano indiscutibili gli elementi costitutivi della stessa – necessità e evitabilità – non potendo i diritti dei terzi essere compressi se non in condizioni eccezionali chiaramente comprovate (Cass. Sez. 07/237305).

Applicando i principi sopra illustrati al caso in esame si evidenza che l’istruttoria dibattimentale non è emerso in alcun modo che quando l’imputato si è introdotto nell’immobile de quo egli dovesse salvarsi da un pericolo attuale di un danno grave alla persona né che tale ipotizzato pericolo fosse non altrimenti evitabile.

Non vi sono alla stato degli atti elementi per concedere all’imputato le attenuanti generiche ex art. 62 bis c.p.p.

Tenuto conto della complessiva modestia del fatto pare opportuno comminare la sola pena pecuniaria.

Valutati gli elementi di cui all’art. 133 c.p. ed, in particolare, la ridotta gravità del fatto e la minima capacità a delinquere dell’imputato (incensurato), si stima equa per BU.GI. in ordine al reato ex artt. 633 – 639 bis c.p. a lui ascritto nel DCG la pena di 400,00 Euro di multa.

Essendo stata inflitta una pena pecuniaria di non ingente importo non pare conveniente per l’imputato beneficiare della sospensione condizionale della pena tv art. 163 c.p. Si concede invece il beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziario ex art. 175 c.p.

All’affermazione della responsabilità segue infine la condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Visti gli artt. 533 – 535 c.p.p. dichiara BU.GI. responsabile del reato a lui ascritto in rubrica e lo condanna alla pena di 400,00 Euro di multa oltre ai pagamento delle spese processuali.

Visto l’art. 175 c.p. concede all’imputato il beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziario.

Così deciso in Genova il 23 gennaio 2017. Depositata in Cancelleria il 23 gennaio 2017.
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”Qualcuno OCCUPA la tua casa? L’hai PERSA”. Vergognosa legge sta per essere firmata…
1 novembre 2017
(Fonte: http://www.liberoquotidiano.it)

https://www.fattidalweb.com/2017/11/01/ ... -firmata-2

Case occupate, nel decreto ”sicurezza” i sindaci e prefetti possono rallentare gli sgomberi.

Le organizzazioni che da anni manovrano il mercato illecito delle case occupate possono dormire sonni tranquilli, visto che da parte del governo non sembrano arrivare segnali minacciosi per i loro affari. In attesa della nuova direttiva che firmerà il ministro dell’Interno Marco Minniti, da Confedilizia tornano le denunce pubbliche lanciate sin da quando il Viminale aveva trattato il tema delle case occupate nel decreto “sicurezza nelle città” di qualche mese fa.

Stando alle norme già oggi in vigore, chi occupa una casa rischia al massimo che gli venga resa una nuova abitazione, direttamente dal Comune. Al momento la legge non impone di trovare un’alternativa immediata per gli occupanti, però il governo dà mandato a prefetti e sindaci su tempi e modi in cui i legittimi proprietari degli immobili ne possano rientrare in possesso. E le lungaggini burocratiche, come denuncia da mesi il presidente di Confedilizia al Giornale, Giorgio Spaziani Testa, rendo l’operazione sempre più difficile e onerosa.*

Ad esempio nel caso in cui un giudice ordini lo sgombero di un immobile occupato abusivamente, dovrà essere il prefetto a renderlo esecutivo, valutando innanzitutto che non ci siano “possibili turbative dell’ordine e la sicurezza”, che renderebbe obbligatorio inviare le forze dell’ordine. Basta così minacciare disordini da parte delle organizzazioni criminali che gestiscono il racket degli affitti abusivi, per rallentare tutto. Anche perché il decreto impone ai sindaci di “tutelare i nuclei familiari in situazioni di disagio economico e sociale”. Certo se il prefetto non fa eseguire l’ordine del giudice, il proprietario dell’immobile può fare ricorso, ma può comunque dire addio a ogni causa civile.

Ai sindaci è poi data facoltà di non applicare il decreto Lupi del 2014, quindi via libera per gli occupanti abusivi a stabilire le utenze di energia, acqua, gas e telefonia. Basterà la presenza di minori o “persone meritevoli di tutela”. Nella casa abusiva gli occupanti possono anche stabilire la residenza o vedersi assegnata una nuova casa, potenzialmente la stessa che abitano se quella è nelle disponibilità del Comune come alloggio popolare.

La linea del Viminale emersa dopo gli scontri per gli sgomberi in piazza Indipendenza a Roma va in una direzione ancora più morbida verso chi occupa abusivamente. L’idea sarebbe di procedere agli sgomberi solo in presenza di alloggi alternativi. Una svolta che secondo il segretario generale del Sap, Gianni Tonelli: “Sarebbe un errore grave, perché una norma del genere – ha detto al Giorno – legittima tutti ad andare a occupare non solo per garantirsi nell’immediato, ma anche per poi acquisire un diritto. Questa di fatto – dice Tonelli – è istigazione a delinquere. Si garantisce chi non rispetta le leggi della convivenza civile. Qui siamo alla follia”.
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Messaggioda Berto » mer lug 25, 2018 7:33 am

Nuova costituzione di Cuba: no comunismo, sì proprietà privata
Sara Giuliani - Lun, 23/07/2018

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/nuo ... 56827.html

Il Parlamento di Cuba ha approvato la riforma della Costituzione che modifica quella del 1976

Una nuova riforma costituzionale è stata approvata ieri dall’Assemblea nazionale del potere popolare di Cuba.

L’Avana avrà presto una nuova Costituzione che sostituirá quella comunista del lontano 1976. Redatta da una commissione presieduta dall’ex presidente Raúl Castro, la nuova Carta di Cuba sarà composta da un preambolo e da 224 articoli. Il testo verrà sottoposto ad una cosultazione nelle 15 provincie cubane tra il 13 agosto e il 15 novembre. Non è esclusa anche la possibilitá di ricorrere a referedum popolare per l’approvazione definitiva della bozza costituzionale.

La cancellazione della parola “comunismo” e il riconoscimento della proprietá privata sono tra le assolute novitá istituzionali approvate dal Parlamento di Cuba nella nuova Carta costituzionale. Se infatti l’articolo 5 della Costituzionel del 1976 ribadiva l’impegno dello Stato e del partito comunista nella “costruzione del socialismo e nell’avanzamento della societá comunista”, con l’attuale riforma ogni riferimento al comunismo dovrebbe – almeno formalmente – venir meno. Quel che resta alla Carta è la forte vocazione socialista della societá cubana guidata dal presidente Miguel Díaz-Canel.

A livello economico invece il Parlamento cubano si é espresso favorevole all’introduzione del concetto di mercato, con l’apertura dell’isola di Cuba ad investimenti esteri e alla gestione privata di alcuni settori dell’economia. Riformato anche l’articolo 68 relativo ai matrimoni. Nella nuova carta costituzionale cubana qualsiasi distinzione e specificazione di genere viene meno. Cuba apre cosí una via legale ai matrimoni tra persone omosessuli. Secondo la nuova Costituzione inoltre le cariche di presidente, vicepresidente e primo ministro avranno un limite di due mandati quinquennali.
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Messaggioda Berto » dom set 02, 2018 8:58 am

LA PROPRIETÀ PUBBLICA È UN IMBROGLIO, NON ESISTE!
SOLIDARIETÀ di GUGLIELMO PIOMBINI

https://www.movimentolibertario.com/201 ... U.facebook

La vita e l’opera di Milovan Gilas (1911-1995) è strettamente legata alla storia del comunismo nell’ex Jugoslavia. Per molti anni infatti Gilas fu l’incarnazione perfetta del dirigente comunista ortodosso e intransigente. Durante la seconda guerra mondiale divenne il braccio destro di Tito nella resistenza contro i tedeschi, che sfocerà nella conquista del potere al termine del conflitto. Nel 1948 Gilas assunse un ruolo politico di primissimo piano, spingendo Tito a rompere con l’Unione Sovietica di Stalin e a proclamare la via nazionale al comunismo. Nel 1953 divenne vicepremier e poi presidente del Parlamento jugoslavo. A questo punto tutto lasciava pensare che Gilas sarebbe diventato il successore naturale di Tito, ma improvvisamente, tra lo stupore generale, cominciò a criticare il regime, invocando una maggiore libertà d’opinione, denunciando la deriva burocratica e condannando il sistema a partito unico.

Gilas cadde ben presto in disgrazia. Non solo perse ogni carica politica, ma venne arrestato e condannato per deviazionismo. Nel 1957 pubblicò all’estero il suo capolavoro, La nuova classe (edita in Italia dalla casa editrice Il Mulino), che gli costò altri due anni di carcere. Nel 1966 venne scarcerato definitivamente con il permesso di continuare la sua attività di scrittore, ma col divieto di pubblicare in patria le sue opere. Gilas è stato forse l’unico alto dirigente nella storia del comunismo che abbia conquistato ed esercitato il potere, e l’abbia poi volontariamente rifiutato. Sono casi più unici che rari anche nelle nostre “democrazie”.

La proprietà pubblica non esiste

La nuova classe di Milovan Gilas è stato giudicato dal New York Times uno dei cento libri più influenti del ventesimo secolo. L’aspetto rilevante del libro è la descrizione del comunismo come dominio di classe. Applicando una sorta di “teoria liberale della lotta di classe”, Gilas considera il collettivismo statalista come una forma di sfruttamento parassitario della classe politico-burocratica ai danni delle classi produttive.

Tutte le rivoluzioni comuniste, appena giungono al potere, operano una profonda modificazione dei rapporti di proprietà, sopprimendo la proprietà privata a vantaggio di quella collettiva. Il potere della “nuova classe” burocratica si fonda sulla gestione e amministrazione di questa proprietà statale. «L’apparizione improvvisa di una nuova classe – spiega Gilas – è stata celata sotto la fraseologia socialista, e, ciò che è più importante, sotto le nuove forme collettive di possesso di proprietà. La cosiddetta proprietà socialista è un travestimento della proprietà reale da parte della burocrazia politica» (p. 56).

Il problema fondamentale è che il concetto di proprietà pubblica (o socialista) nasconde un imbroglio semantico, dato che “pubblico” e “collettivo” sono concetti astratti, o metafore. Solo gli individui vivono, pensano, agiscono, possiedono e hanno bisogni. Dato che in ultima analisi sono sempre gli individui singoli ad appropriarsi di qualcosa, nella realtà la proprietà pubblica non esiste: tutta la proprietà è sempre e solo privata. Aldilà delle denominazioni formali, proprietario di un bene è colui che decide sui modi di utilizzazione di un bene e che gode dei suoi frutti. I beni in “proprietà pubblica” sono allora, di fatto, in proprietà privata della classe politico-burocratica, che decide come usarli e che si appropria dei benefici della loro amministrazione sotto forma di stipendi, poltrone, prebende.

Nei regimi socialisti il popolo non era “proprietario di tutto” come diceva la propaganda, ma proprietario di niente: i veri proprietari delle ricchezze del paese erano i membri della nomenklatura. Secondo la definizione giuridica romana, ricorda Gilas, la proprietà costituisce l’uso, il godimento e la disponibilità dei beni materiali. Ebbene, la burocrazia politica comunista usa, gode e dispone della proprietà nazionalizzata, e quindi né è la reale proprietaria: «questo è quanto appare all’uomo comune, il quale considera il funzionario comunista molto ricco e come individuo che non ha bisogno di lavorare».

Gilas osserva anche che la proprietà privata ostacola il potere burocratico: «La proprietà privata, per molte ragioni, si è dimostrata poco propizia all’instaurazione dell’autorità della nuova classe, [che] ottiene il suo potere, i suoi privilegi, la sua forza ideologica e le sue abitudini da una forma particolare di proprietà – quella collettiva – che la classe amministra e distribuisce in nome della nazione e della società» (p. 53)

L’analisi di Gilas è perfettamente applicabile anche ai nostri sistemi a economia mista. Il fatto che nessuno possa vendere la propria “quota” delle ferrovie statali, delle aziende sanitarie o della scuola pubblica, né decidere come usarla, dimostra che in verità il cittadino è un proprietario nominale, con il solo dovere di pagare i debiti di gestione accumulati dai membri della classe politico-burocratica, che sono i reali proprietari della cosa pubblica.

Una teoria liberale della lotta di classe

La proprietà collettiva serve dunque a fornire un’indispensabile base materiale alla nuova classe burocratica salita al potere. Si spiegano così le guerre sanguinose che i regimi comunisti hanno sempre scatenato contro i contadini, i quali nei paesi non industrializzati costituiscono la stragrande maggioranza dei ceti produttivi. L’obiettivo della “collettivizzazione” era quello di sottrarre la proprietà delle ricchezze ai produttori e ai legittimi proprietari, per trasferirla alla “nuova classe” parassitaria dei rivoluzionari di professione.

La presenza dello stato genera sempre una divisione di classe tra coloro che beneficiano delle risorse “pubbliche” (i consumatori di tasse, cioè la classe politico-burocratica e le loro clientele) e coloro che sono chiamati a saldare il conto (i pagatori di tasse, cioè i lavoratori autonomi e dipendenti del settore privato). Sotto questo punto di vista la differenza tra il comunismo orientale e la socialdemocrazia occidentale è solo di quantità, perché là era più esteso il settore statale dell’economia.

L’economia gestita collettivamente dalla burocrazia conduce però inevitabilmente a uno«spreco di fantastiche proporzioni», anche perché la proprietà “di tutti” sembra non appartenere a nessuno. «I capi comunisti trattano la proprietà nazionale come propria, ma nello stesso tempo la sperperano come se fosse di altri». Lo spreco maggiore, però, è quello del potenziale umano: «L’opera lenta, improduttiva di milioni di persone prive di interesse, insieme con la prevenzione e l’impedimento di ogni lavoro non considerato “socialista”, rappresenta lo sperpero incalcolabile, invisibile e gigantesco che nessun regime comunista ha mai potuto impedire» (p. 134). Nonostante l’economia pianificata sia forse «l’economia più rovinosa nella storia della società umana», la nuova classe non può rinunciarvi senza minare se stessa, perché «spogliare i comunisti dei loro diritti di proprietà equivarrebbe ad abolirli come classe».

Anche queste parole di Gilas si adattano perfettamente alla descrizione dei nostri attuali sistemi, con la cronica inefficienza del settore statale, gli sprechi di denaro pubblico e gli ostacoli burocratici e fiscali alla libertà d’impresa. Ma soprattutto spiegano perché le classi politiche dei paesi occidentali sono tanto restie a privatizzare o liberalizzare, e tanto disponibili a estendere l’area pubblica a danno di quella privata. La gestione dei beni e del denaro pubblico è infatti la fonte di ogni loro privilegio e potere.

Anche le socialdemocrazie occidentali sono destinate al crollo

Gilas osserva poi che la burocrazia comunista trae vantaggio dalla statalizzazione dell’economia anche quando provoca il crollo della produzione e il caos economico generale. Un tipico caso fu la collettivizzazione dell’agricoltura in Unione Sovietica, totalmente ingiustificata dal punto di vista economico, ma politicamente indispensabile perché la nuova classe doveva insediarsi con tutta sicurezza nel suo potere e nei suoi possessi. «Si possono calcolare le perdite delle produzioni agricole e dell’allevamento, ma le perdite di manodopera, dei milioni di contadini gettati nei campi di lavoro forzato, sono incalcolabili. La collettivizzazione – osserva Gilas – fu una guerra spaventosa e devastatrice che somigliò a una folle impresa, se si esclude il profitto che ne trasse la nuova classe assicurandosi l’autorità» (p. 66-67).

È proprio quello che osserviamo oggi nelle crisi dei “debiti sovrani” che assillano tanti paesi europei, compresa l’Italia. Queste crisi hanno tutte una sola origine: l’eccessiva pressione esercitata daitax−consumers sui tax−payers. In altre parole, la struttura produttiva di molti paesi in crisi non è in grado di sopportare il livello di spesa pubblica stabilito dai governi.

In nessun paese, però, le categorie che traggono profitto dall’intervento dello stato sono disposte a ridurre la spesa pubblica e la tassazione. In Grecia come in Italia queste classi parassitarie, proprio come le ex nomenklature comuniste, preferiscono di gran lunga il default dello stato, l’aggravamento della crisi economica o i suicidi degli imprenditori rovinati all’ipotesi di allentare la presa sui ceti produttivi.

È chiaro, tuttavia, che i nostri attuali sistemi politici, basati sull’espansione all’infinito della spesa pubblica, della tassazione e dell’indebitamento statale sono insostenibili, e non possono reggere nel tempo. Probabilmente non sono neanche riformabili dall’interno. La loro fine sarà, verosimilmente, la stessa che Gilas aveva predetto per i sistemi comunisti, a meno che non intervenga un fattore dirompente esterno al sistema, come una rivolta fiscale di massa o una separazione di alcune parti del territorio.



IL COMUNISMO HA PERDUTO LA SUA STORICA BATTAGLIA COL CAPITALISMO.
MA NON È MORTO: SI È SOLO TRASFORMATO IN CAPITALISMO DI RELAZIONE


https://www.facebook.com/groups/8991042 ... 6777334338

È un fenomeno storico che ritengo evidente.
L' URSS è crollata e la Cina lo ha formalmente abbandonato; la Cuba di Castro Jr. e il Venezuela di Maduro ne sono una tragica parodia, ma lo confermano.

Come sistema politico di fondo, il collettivismo è storicamente fallito. Non ci crede più nessuno che abbia un minimo di cultura.
Ma cosa è successo negli ex Paesi comunisti dopo il crollo del Muro di Berlino?
Preso atto della disfatta nei confronti del capitalismo, si è accettata finalmente la legittimità del diritto di proprietà privata, ma - in gradi diversi, a seconda dello sviluppo culturale che preesisteva nei popoli al momento della presa del potere da parte dei comunisti - non è cambiata la logica relazionale dell'epoca comunista, in cui i leader e i loro amici, e a scendere nella gerarchia del potere, gli amici degli amici, erano tutti collegati (e controllati) in quanto funzionari del partito, e costituivano la classe dominante (nomenklatura).
Quando lo Stato onnipresente crollò sotto il suo stesso peso, chi lo rappresentava in quel momento diede luogo a quella che in diritto viene chiamata interversione del possesso: da semplice gestore della cosa pubblica di sua competenza, ne divenne proprietario esclusivo. Privatizzazione d'ufficio, senza mercato, ossia concorrenza.
Nacque così il fenomeno degli oligarchi russi.

I cinesi, invece - in linea col loro carattere - sono stati più pragmatici e hanno attuato una soluzione meno traumatica; per cui lo Stato è rimasto e la sua burocrazia si è identificata completamente col partito unico, ma la società ha accettato il sistema capitalistico; ne è derivata una coincidenza naturale tra oligarchi e grandi funzionari, attuando un mandarinato 2.0. .

Insomma, in funzione delle proprie peculiarità culturali, ogni Paese ex comunista è passato a un capitalismo non democratico, ossia di relazione. La piena liberalizzazione, la concorrenza LIBERA, l'autentico capitalismo di mercato, fa fatica ad affermarsi.
Il fenomeno, seppure di portata minore, si è verificato anche nei Paesi occidentali in cui il partito comunista era fortemente presente, strutturato ed economicamente robusto, come in Italia.
Sono infatti pronto a scommettere che se ci si prendesse la briga di controllare la posizione economica personale di tutti coloro che hanno rivestito cariche di rilievo nell'ex PCI, la regola del passaggio al capitalismo di relazione troverebbe piena conferma ...
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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La proprietà non è un furto, rubare non è un bene male

Messaggioda Berto » lun set 03, 2018 9:12 pm

Sulla direttiva sgomberi il Pd sta con chi okkupa. Schiaffo ai proprietari
Fabrizio Boschi - Lun, 03/09/2018

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 70745.html

Il giro di vite promesso da Salvini allarma la sinistra: "Folle, fanno la guerra ai poveri"

Insomma, per la sinistra sarebbe normale che quando uno torna dalle ferie, si ritrova la casa occupata.

C'è un bel film del 2013 che lo racconta, Tutti contro tutti, con Kasia Smutniak e Marco Giallini, che racconta con un tono leggero la seria problematica dell'occupazione abusiva delle abitazioni, di grande attualità a Roma e Milano. Ma qui c'è poco da stare allegri.

Il Viminale è passato alle maniere forti (almeno a parole) e quelli della sinistra si sono indispettiti, ponendosi in difesa dei poveri occupanti, «solo dei disperati» come li chiamano loro, ma in verità spesso un bel mix tra violenti, delinquenti e clandestini.
La direttiva del ministro Matteo Salvini prevede tempestività nell'esecuzione degli sgomberi e censimento degli occupanti. Un giro di vite contro le occupazioni abusive deciso dal Viminale e diffuso attraverso una circolare indirizzata ai prefetti che dà il via in tutte le province italiane a un «censimento» di quanti occupano immobili in modo abusivo da portare a termine con la «massima rapidità». Il giro di vite andrà a colpire anche centri sociali occupati ed edifici abbandonati presi a dimora da migranti o da quanti non possono permettersi di pagare un affitto. A tutela di soggetti fragili e dei minori, però, la circolare diffusa ai prefetti a firma del capo di gabinetto del ministero dell'Interno, Matteo Piantedosi, dispone specifici interventi a carico dei Servizi sociali dei Comuni, previo accertamento che non ci sia alcuna possibilità di garantire il sostegno attraverso parenti o altre strutture.
Molto restrittivi i parametri per rientrare nell'alveo dell'assistenza pubblica e, in ogni caso, relegati ad accertamenti da farsi soltanto in un secondo momento rispetto allo sgombero. Per quanti non si trovano in situazioni di fragilità la circolare invece dispone «forme più generali di assistenza nell'immediatezza dell'evento». Il fine è garantire la proprietà privata e tutelare la sicurezza sul territorio, ma evidentemente questo alla sinistra non sta bene. Meglio garantirsi i pochi voti che prendono da fuorilegge e migranti.

Gli immobili occupati abusivamente devono essere sgomberati con la «dovuta tempestività», dice il ministero, per evitare il consolidarsi di situazioni di illegalità che possano pregiudicare la tutela dell'ordine e della sicurezza pubblici. È ciò che si indica nella circolare inviata dal Viminale ai prefetti fortemente voluta dal ministro Matteo Salvini che rincara: «La proprietà privata è sacra e sono troppi gli italiani vittime di occupazioni da parte non di bisognosi, ma di furbi e violenti. Se affitti il tuo appartamento alla persona sbagliata che non ti paga, e magari torni ad averne bisogno per i tuoi figli, non puoi metterci due anni a tornare in casa tua!».
Su Twitter Matteo Orfini, presidente del Pd, definisce la direttiva sugli sgomberi «una follia. Ciò significa lasciare famiglie in mezzo alla strada. Il governo considera la povertà una colpa e l'emergenza abitativa una questione di ordine pubblico. Altro che attenzione ai più deboli. Da Salvini la legalità viene invocata solo per propaganda. Questo governo fa la guerra ai poveri e non alle mafie. A partire dal dramma della casa». Poi c'è Stefano Fassina, deputato Leu, uno che come Orfini di occupazioni se ne intende visto che da anni occupano il Parlamento: «Ma dove vive Salvini? Chi occupa illegalmente lo fa per disperazione». Solo l'europarlamentare di Forza Italia Stefano Maullu lo difende: «Il fenomeno delle occupazioni non deve essere combattuto con il buonismo della sinistra, ma con vigore e fermezza».



TEMPI DURI PER I CENTRI SOCIALI: IL VIMINALE PREPARA GLI SGOMBERI IN TUTTA ITALIA
ilsudconsalvini
02 settembre 2018

http://ilsudconsalvini.net/tempi-duri-p ... tta-italia


Con una circolare inviata ai prefetti, ai commissari per le province autonome di Trento e Bolzano e al presidente della Regione Valle D’aosta, è arrivato il giro di vite del Viminale contro le occupazioni abusive di immobili che devono essere sgomberati con la «dovuta tempestività», per evitare il consolidarsi di situazioni di illegalità che possano pregiudicare la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblici. È necessario, si legge nella nota, «attendere agli sgomberi con la dovuta tempestività, rinviando alla fase successiva ogni valutazione in merito alla tutela delle altre istanze, nella consapevolezza che il consolidamento di situazioni d’illegalità possa recare un grave pregiudizio ad alcuni dei principali valori di riferimento nel nostro ordinamento».


Pugno duro del Viminale sulle occupazioni abusive

«L’occupazione degli immobili costituisce da tempo una delle principali problematiche che affliggono i grandi centri urbani del Paese», è la premessa della circolare che ricorda il decreto legge in materia del 2017, rilevando come «nonostante gli sforzi profusi da tutte le componenti del sistema, alla luce delle evidenze emerse, la gestione del tema dell’occupazione arbitraria degli immobili non ha compiuto significativi passi avanti, se non rispetto alle misure di natura preventiva rivolte ad evitare nuove occupazioni».


La circolare del Viminale

La circolare del Viminale è molto chiara anche sui controlli delle condizioni sociali ed economiche degli occupanti abusivi di immobili, anche attraverso «ogni possibile censimento degli occupanti, che deve essere condotto, nelle forme ritenute più adeguate». «Il censimento – spiega il Viminale – dovrà essere finalizzato alla possibile identificazione degli occupanti e della composizione dei nuclei familiari, con particolare riguardo alla presenza all’interno degli stessi di minori o altre persone in condizioni di fragilità, oltre alla verifica della situazione reddituale e della condizione di regolarità di accesso e permanenza sul territorio nazionale».


“Verificare che gli occupanti siano veri poveri”

Per il ministero «non possono essere sottovalutate le difficoltà che gli operatori sociali potranno incontrare nell’esecuzione dei suddetti accertamenti. Pur tuttavia tali operazioni devono essere condotte con la massima rapidità, sfruttando, ove possibile, le risultanze dei registri di anagrafe, o anche dei dati in possesso di altre pubbliche amministrazioni, nonché degli stessi Servizi sociali per quegli occupanti che già beneficiano di eventuali prestazioni assistenzial» ma «in ogni caso, potrà essere verificata la situazione reddituale dei diretti interessati e della loro rete parentale».


L’annuncio di Salvini e la firma sulla circolare

Per il Viminale «soltanto qualora all’esito dei suddetti accertamenti si abbia fondato motivo di ritenere che i soggetti in situazione di fragilità interessati dall’esecuzione dello sgombero sarebbero privi della possibilità di soddisfare, autonomamente o attraverso il sostegno dei loro parenti, le prioritarie esigenze conseguenti alla loro condizione, i Servizi sociali dei Comuni dovranno attivare gli specifici interventi», che – sottolinea il ministero dell’Interno – qualora «siano ritenuti sufficienti ed adeguati dai competenti uffici comunali, sulla base di una ponderata valutazione, avuto riguardo anche alle possibilità in concreto dell’Ente, non potranno essere considerati negoziabili». «Per tutti gli altri occupanti che non si trovano in situazioni di fragilità, invece, potrà essere ritenuta sufficiente l’assunzione di forme più generali di assistenza, da rendersi nell’immediatezza dell’evento. Ad esempio, potranno essere individuate strutture provvisorie di accoglienza ove poter collocare gli occupanti per il tempo strettamente necessario all’individuazione da parte loro di soluzioni alloggiative alternative», aggiungono nelle direttive ai prefetti dal ministero guidato da Matteo Salvini.




Il suicidio del Pd che ama gli abusivi e odia la proprietà
Da Il Giornale, 3 settembre 2018

http://www.brunoleoni.it/il-suicidio-de ... -proprieta

In una società in cui i titoli di proprietà sono ignorati, è destino che trionfino i più violenti

La decisione del governo di contrastare le occupazioni abusive è giusta. Da anni si assiste allo scempio di proprietari che perdono il controllo dei loro beni (frutto di anni di risparmi) perché c'è chi occupa le loro abitazioni. Quando poi si tratta di case pubbliche, è ugualmente una vergogna che vi siano appartamenti utilizzati da chi non ha titolo, mentre quanti si sono messi in graduatoria non ricevono il beneficio che pure spetterebbe loro. Sia chiaro: il governo si muove con cautela.

Nella circolare del Viminale si evidenzia la necessità di garantire agli sfrattati ogni sostegno che i Comuni potranno attivare, se la situazione di quei nuclei familiari è di particolare fragilità. Eppure la reazione del Partito democratico è stata dura. La sensazione è che per il Pd il governo vada criticato anche se difende il diritto, contrastando comportamenti aggressivi.

Eppure, in una società in cui i titoli di proprietà sono ignorati, è destino che trionfino i più violenti. Perché se qualcuno occupa un'abitazione, tutto quello che questi può aspettarsi è che un altro soggetto più minaccioso cacci via il primo abusivo e ne prenda il posto. Se la proprietà è dissolta, la società diventa una giungla e a prevalere è la legge del più forte.

Sul piano politico, è chiaro che l'alternativa al governo giallo-verde, che pure ha compiuto errori e presto dovrà fare i conti con la fine della luna di miele, non può essere rappresentata dal Pd, in cui prevalgono logiche socialiste.

Quando si accusa il governo di ignorare i più deboli, è evidente che nel Pd non hanno ancora capito che indebolire la proprietà spinge molti ad affittare le proprie case solo con contratti brevi (ad esempio utilizzando Airbnb). Senza una tutela della proprietà, il risultato è che chi cerca un'abitazione si trova oggi a dover pagare una cifra più alta di quella che pagherebbe se le regole fossero rispettate.

Le giovani famiglie non hanno, insomma, una situazione facile, dato che i proprietari non possono difendersi dai morosi e da chi non rispetta la legge, e quindi tolgono dal mercato degli affitti ordinari i loro beni. Questo Pd appare, insomma, un partito allo sbando. Non sa fare opposizione, non sa capire quali sono i veri interessi dei suoi (ex) elettori, non sa mettersi in sintonia con una società fatta prevalentemente da titolari di case e non da occupanti abusivi, da persone corrette e non da violenti.




Sgomberi, Decaro: "Viminale non può cambiare legge con una circolare. Rischio di nuovi scontri come in via Curtatone"
3 settembre 2018

https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/0 ... ne/4599865

“Una circolare non può cambiare una norma, e cioè il decreto legge 14 del 2017 che regola l’esecuzione degli sgomberi“. Il presidente dell’Associazione nazionale dei comuni italiani, Antonio Decaro, in un’intervista a Repubblica critica il giro di vite del Viminale sulle occupazioni abusive. Stando alla circolare inviata ai prefetti, gli immobili occupati vanno censiti al più presto e gli sgomberi devono essere tempestivi, mentre le valutazioni sulle necessità degli occupanti vanno rinviate “alla fase successiva” a meno che non siano in condizioni di fragilità. E anche in questo secondo caso, i Servizi sociali devono intervenire soltanto se c’è “fondato motivo di ritenere” che questi soggetti siano “privi della possibilità di soddisfare, autonomamente o attraverso il sostegno dei loro parenti, le prioritarie esigenze conseguenti alla loro condizione”.

La legge, ricorda Decaro, stabilisce che nel Comitato metropolitano vada fatta la concertazione tra comuni, forze dell’ordine e regione. In quella sede si trova il piano di abitazioni alternative, soprattutto per tutelare soggetti vulnerabili, ma in generale per tutti quelli che ne hanno diritto. Adesso invece si dice che la prefettura può ordinare lo sgombero di un edificio e poi, in un secondo tempo, il comune ha il compito di trovare dove mettere chi è in condizioni di fragilità. Ancora una volta, i sindaci vengono lasciati da soli”. Il primo cittadino di Milano, Beppe Sala, dal canto suo ha commentato la circolare spiegando: “Noi non siamo certamente contrari agli sgomberi quando si possono fare, anzi nell’ultima nostra fase ne abbiamo fatti eccome. Però rimane il fatto che in ogni sgombero bisogna esaminare la condizione degli occupanti. Quando ci sono minori, persone con gravi disagi, non si può che tenerne conto. La nostra linea non cambia siamo certamente favorevoli a ristabilire la legalità ma non possiamo girarci dall’altra parte rispetto al bisogno. Ogni singolo caso va valutato”.

Parlando all’Adnkronos, Decaro aggiunge che “si rischia che a ogni sgombero accada quello che è accaduto in via Curtatone“, a Roma. Riferimento a quando, lo scorso anno la polizia usò gli idranti per allontanare da piazza Indipendenza i migranti fatti sloggiare da un palazzo occupato. A temerlo è il presidente dell’Anci Antonio Decaro, dopo la circolare del Viminale ai prefetti in base alla quale gli immobili occupati vanno censiti al più presto e gli sgomberi devono essere tempestivi “rinviando alla fase successiva ogni valutazione in merito alla tutela delle altre istanze”. “Si veda cosa è successo a Roma dove lo sgombero fatto dal prefetto creò una serie di problemi”.

I sindaci si aspettano “iniziative che risolvano l’emergenza abitativa che c’è soprattutto nei grandi centri”, spiega il sindaco di Bari. “Ci sono fondi bloccati perché Stato e Regioni si devono mettere d’accordo, ci sono case sequestrate alla criminalità che le prefetture non mettono a disposizione, ci sono fondi per ristrutturare le case confiscate ma Viminale e Agenzia per i beni confiscati non riescono sbloccarli, ci sono fondi del Pon legalità per il Meridione da usare per la riqualificazione di case sequestrate alla criminalità ma le Regioni non li mettono a disposizione. C’è un’ottima legge del 2014 che permette di avere dall’Agenzia del Demanio degli immobili per l’emergenza abitativa ma noi Comuni non abbiamo fondi per poterli ristrutturare”.

“Una circolare non può superare una norma. Se vogliono, devono fare un’altra legge o un decreto: questa è la terza circolare che riguarda i comuni nel giro di poco tempo, ci aspettiamo almeno di essere sentiti”. Su questo tema, assicura Decaro, i sindaci sono tutti d’accordo: “Quando ci si scaricano responsabilità siamo sempre abbastanza allineati. Nell’ultimo mese ci siamo ritrovati davanti diverse responsabilità, come avere 10 giorni di tempo per fare il monitoraggio delle infrastrutture viarie o come la circolare che modifica quella precedente sugli eventi e dice che è il sindaco a decidere se un evento è rischioso o meno”.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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