Enciclica Laudato si', Bergoglio: "Non è intoccabile il diritto a proprietà privata" di Francesco Antonio Grana | 16 giugno 2015
https://www.ilfattoquotidiano.it/2015/0 ... le/1782891Papa Francesco subordina il possesso alla "funzione sociale" e ai "diritti dei più svantaggiati". Oltre ai temi ambientali, c'è un passaggio sulla sua visione economica: "Il salvataggio a ogni costo delle banche, facendo pagare il prezzo alla popolazione riafferma un dominio assoluto della finanza che non ha futuro"
Non solo ecologia. Nella sua seconda enciclica, la prima in assoluto dedicata al creato, dal titolo Laudato si’, Papa Francesco attacca chi sostiene che il diritto alla proprietà privata è assoluto o intoccabile, mettendo in risalto, invece, “la funzione sociale di qualunque forma di proprietà privata”. Una posizione che ha sempre contraddistinto Bergoglio (fin quando era arcivescovo di Buenos Aires), che in diverse occasioni ha affrontato il tema chiedendo “una terra, una casa e un lavoro per tutti”. Questa volta non si tratta di un’omelia o di un discorso. Il concetto è messo nero su bianco sul documento ufficiale più importante per tutti i cattolici. Francesco ribadisce quanto aveva affermato Giovanni Paolo II spiegando che “la Chiesa difende sì il legittimo diritto alla proprietà privata, ma insegna anche con non minor chiarezza che su ogni proprietà privata grava sempre un’ipoteca sociale, perché i beni servano alla destinazione generale che Dio ha loro dato”. Bergoglio punta anche il dito contro il salvataggio a ogni costo delle banche, “facendo pagare il prezzo alla popolazione”, e contrasta il dominio assoluto della finanza.
La denuncia. Per Bergoglio “la cultura del relativismo è la stessa patologia che spinge una persona ad approfittare di un’altra e a trattarla come un mero oggetto, obbligandola a lavori forzati, o riducendola in schiavitù a causa di un debito. È la stessa logica che porta a sfruttare sessualmente i bambini, o ad abbandonare gli anziani che non servono ai propri interessi. È anche la logica interna di chi afferma: ‘Lasciamo che le forze invisibili del mercato regolino l’economia, perché i loro effetti sulla società e sulla natura sono danni inevitabili’”. Per il Papa “se non ci sono verità oggettive né principi stabili, al di fuori della soddisfazione delle proprie aspirazioni e delle necessità immediate, che limiti possono avere la tratta degli esseri umani, la criminalità organizzata, il narcotraffico, il commercio di diamanti insanguinati e di pelli di animali in via di estinzione? Non è la stessa logica relativista quella che giustifica l’acquisto di organi dei poveri allo scopo di venderli o di utilizzarli per la sperimentazione, o lo scarto di bambini perché non rispondono al desiderio dei loro genitori? È la stessa logica ‘usa e getta’ che produce tanti rifiuti solo per il desiderio disordinato di consumare più di quello di cui realmente si ha bisogno. E allora – prosegue Bergoglio – non possiamo pensare che i programmi politici o la forza della legge basteranno a evitare i comportamenti che colpiscono l’ambiente, perché quando è la cultura che si corrompe e non si riconosce più alcuna verità oggettiva o principi universalmente validi, le leggi verranno intese solo come imposizioni arbitrarie e come ostacoli da evitare”.
Proprietà privata. Per Francesco “ogni approccio ecologico deve integrare una prospettiva sociale che tenga conto dei diritti fondamentali dei più svantaggiati. Il principio della subordinazione della proprietà privata alla destinazione universale dei beni e, perciò, il diritto universale al loro uso, è una ‘regola d’oro’ del comportamento sociale, e il ‘primo principio di tutto l’ordinamento etico-sociale’. La tradizione cristiana – sottolinea Bergoglio – non ha mai riconosciuto come assoluto o intoccabile il diritto alla proprietà privata, e ha messo in risalto la funzione sociale di qualunque forma di proprietà privata”.
Economia. Il Papa punta anche il dito contro “il salvataggio a ogni costo delle banche, facendo pagare il prezzo alla popolazione, senza la ferma decisione di rivedere e riformare l’intero sistema, riafferma un dominio assoluto della finanza che non ha futuro e che potrà solo generare nuove crisi dopo una lunga, costosa e apparente cura”. Per Bergoglio “la crisi finanziaria del 2007-2008 era l’occasione per sviluppare una nuova economia più attenta ai principi etici, e per una nuova regolamentazione dell’attività finanziaria speculativa e della ricchezza virtuale. Ma non c’è stata una reazione che abbia portato a ripensare i criteri obsoleti che continuano a governare il mondo”. Francesco, infatti, sottolinea che “la produzione non è sempre razionale, e spesso è legata a variabili economiche che attribuiscono ai prodotti un valore che non corrisponde al loro valore reale. Questo determina molte volte una sovrapproduzione di alcune merci, con un impatto ambientale non necessario, che al tempo stesso danneggia molte economie regionali. La bolla finanziaria di solito è anche una bolla produttiva. In definitiva, ciò che non si affronta con decisione è il problema dell’economia reale, la quale rende possibile che si diversifichi e si migliori la produzione, che le imprese funzionino adeguatamente, che le piccole e medie imprese si sviluppino e creino occupazione”.
Debito estero. Il Papa sottolinea che “il debito estero dei Paesi poveri si è trasformato in uno strumento di controllo, ma non accade la stessa cosa con il debito ecologico”. Per Francesco “è necessario che i Paesi sviluppati contribuiscano a risolvere questo debito limitando in modo importante il consumo di energia non rinnovabile, e apportando risorse ai Paesi più bisognosi per promuovere politiche e programmi di sviluppo sostenibile”. Bergoglio precisa che nel cambiamento climatico ci sono “responsabilità diversificate” e che “bisogna rafforzare la consapevolezza che siamo una sola famiglia umana. Non ci sono frontiere e barriere politiche o sociali che ci permettano di isolarci, e per ciò stesso non c’è nemmeno spazio per la globalizzazione dell’indifferenza”.
Guerra chimica. Per il Papa “è prevedibile che, di fronte all’esaurimento di alcune risorse, si vada creando uno scenario favorevole per nuove guerre, mascherate con nobili rivendicazioni”. Bergoglio sottolinea che “la guerra causa sempre gravi danni all’ambiente e alla ricchezza culturale dei popoli, e i rischi diventano enormi quando si pensa all’energia nucleare e alle armi biologiche. Infatti nonostante che accordi internazionali proibiscano la guerra chimica, batteriologica e biologica, sta di fatto che nei laboratori continua la ricerca per lo sviluppo di nuove armi offensive, capaci di alterare gli equilibri naturali”. Per questo il Papa chiede alla politica una maggiore attenzione per prevenire e risolvere le cause che possono dare origine a nuovi conflitti. “Ma il potere collegato con la finanza – denuncia Bergoglio – è quello che più resiste a tale sforzo, e i disegni politici spesso non hanno ampiezza di vedute. Perché si vuole mantenere oggi un potere che sarà ricordato per la sua incapacità di intervenire quando era urgente e necessario farlo?”.
Energia nucleare. Il Papa afferma che non si può ignorare che “l’energia nucleare, la biotecnologia, l’informatica, la conoscenza del nostro stesso Dna e altre potenzialità che abbiamo acquisito ci offrono un tremendo potere. Anzi, danno a coloro che detengono la conoscenza e soprattutto il potere economico per sfruttarla un dominio impressionante sull’insieme del genere umano e del mondo intero. Mai – sottolinea Francesco – l’umanità ha avuto tanto potere su sé stessa e niente garantisce che lo utilizzerà bene, soprattutto se si considera il modo in cui se ne sta servendo. Basta ricordare le bombe atomiche lanciate in pieno XX secolo, come il grande spiegamento di tecnologia ostentato dal nazismo, dal comunismo e da altri regimi totalitari al servizio dello sterminio di milioni di persone, senza dimenticare che oggi la guerra dispone di strumenti sempre più micidiali. In quali mani sta e in quali può giungere tanto potere? È terribilmente rischioso che esso risieda in una piccola parte dell’umanità”.
Cambiamento climatico. L’allarme di Bergoglio è serio: “Se la tendenza attuale continua, questo secolo potrebbe essere testimone di cambiamenti climatici inauditi e di una distruzione senza precedenti degli ecosistemi, con gravi conseguenze per tutti noi”. Francesco non nasconde che “molti di coloro che detengono più risorse e potere economico o politico sembrano concentrarsi soprattutto nel mascherare i problemi o nasconderne i sintomi, cercando solo di ridurre alcuni impatti negativi di cambiamenti climatici. Ma molti sintomi indicano che questi effetti potranno essere sempre peggiori se continuiamo con gli attuali modelli di produzione e di consumo. Perciò è diventato urgente e impellente lo sviluppo di politiche affinché nei prossimi anni l’emissione di anidride carbonica e di altri gas altamente inquinanti si riduca drasticamente, ad esempio, sostituendo i combustibili fossili e sviluppando fonti di energia rinnovabile”.
Gas serra. Sui cambiamenti climatici, per il Papa, “i progressi sono deplorevolmente molto scarsi. La riduzione dei gas serra richiede onestà, coraggio e responsabilità, soprattutto da parte dei Paesi più potenti e più inquinanti. La Conferenza delle Nazioni Unite sullo Sviluppo Sostenibile denominata Rio+20 ha emesso un’ampia quanto inefficace Dichiarazione finale. I negoziati internazionali non possono avanzare in maniera significativa a causa delle posizioni dei Paesi che privilegiano i propri interessi nazionali rispetto al bene comune globale. Quanti subiranno le conseguenze che noi tentiamo di dissimulare, ricorderanno questa mancanza di coscienza e di responsabilità”.
http://www.polisblog.it/post/352444/pap ... ta-privata Papa Francesco "Il pauperismo è una caricatura del Vangelo"2015/01/12
http://www.ancoraonline.it/2015/01/12/p ... ra-vangelo I temi economici e di dottrina sociale cattolica sono al centro della nuova intervista rilasciata da papa Francesco a Giacomo Galeazzi e ad Andrea Tornielli ed inserita nel volume Papa Francesco. Questa economia uccide (Piemme, 2015), curato dai due vaticanisti della Stampa e in uscita martedì 13 gennaio.
Nell’intervista, di cui ampi stralci sono stati pubblicati oggi sul quotidiano torinese, il Santo Padre chiarisce il suo pensiero in merito all’equità sociale e ribadisce a chiare lettere che l’attenzione della Chiesa verso i poveri non ha nulla che vedere con il marxismo.
Se da un lato Francesco riconosce che “la globalizzazione ha aiutato molte persone a sollevarsi dalla povertà”, dall’altro prende atto che “ne ha condannate tante altre a morire di fame”, facendo crescere “in termini assoluti” la ricchezza mondiale ma anche incrementando le “disparità” e le “nuove povertà”.
Il Pontefice ha poi ribadito: “Quando al centro del sistema non c’è più l’uomo ma il denaro, quando il denaro diventa un idolo, gli uomini e le donne sono ridotti a semplici strumenti di un sistema sociale ed economico caratterizzato, anzi dominato da profondi squilibri”.
Si impone così la “cultura dello scarto”, che colpisce in particolare i bambini – con l’aborto – e gli anziani – con “l’eutanasia nascosta” – ma anche i giovani: “Mi ha impressionato apprendere che nei Paesi sviluppati ci sono tanti milioni di giovani al di sotto dei 25 anni che non hanno lavoro”, ha detto a tal proposito il Santo Padre.
“A volte mi chiedo: quale sarà il prossimo scarto? Dobbiamo fermarci in tempo. Fermiamoci, per favore!”, ha ammonito il Papa, esortando anche il mondo a non rassegnarsi a considerare questo tipo di cultura come “irreversibile”.
C’è bisogno, tuttavia, di più etica, non soltanto in economia ma anche “in politica”, ha aggiunto il Santo Padre, affermando di aver ricevuto, nei suoi quasi due anni di pontificato, numerose richieste di “indicazioni etiche” da parte dei leader politici.
Come già aveva sottolineato Benedetto XVI nella Caritas in Veritate, c’è bisogno di “uomini e donne con le braccia alzate verso Dio per pregarlo, consapevoli che l’amore e la condivisione da cui deriva l’autentico sviluppo, non sono un prodotto delle nostre mani, ma un dono da chiedere”, ha affermato Francesco.
È inoltre necessario, ha proseguito il Papa, rimettere al centro il “bene comune” a tutti i livelli istituzionali, e non è più possibile esitare nel “risolvere le cause strutturali della povertà, per guarire le nostre società da una malattia che può solo portare verso nuove crisi”.
Al tempo stesso “i mercati e la speculazione finanziaria non possono godere di un’autonomia assoluta” e serve una “migliore distribuzione delle risorse”, con la “creazione di lavoro”, e “la promozione integrale di chi è escluso”.
Papa Francesco considera poi “profetiche” le denunce del suo predecessore Pio XI, quando, nella Quadragesimo Anno, denunciò “la verità dopo la crisi economico-finanziaria del 1929”; questo pontefice nella sua analisi non fu “esagerato”: lo sono, al contrario, “coloro che ancora oggi si sentono chiamati in causa dai richiami di Pio XI…”, ha osservato Bergoglio.
“Ancora valide” e sempre più “comprovate dall’esperienza”, secondo il Papa regnante, sono anche le affermazioni del beato Paolo VI nella Popolorum Progressio e, prima ancora di San Pio X nel vecchio Catechismo, quando rispettivamente affermavano che la proprietà privata non è un diritto assoluta ma è subordinata al bene comune, e che opprimere i poveri e defraudare della giusta mercede gli operai è tra i peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio.
Di seguito il Pontefice respinge l’accusa di “pauperismo” – rivoltagli da alcuni liberisti – definendolo una “caricatura del Vangelo e della stessa povertà”. Questa corrente di pensiero, ha ricordato, fu diffusa per un certo periodo nel Medioevo: fu tuttavia san Francesco a ridimensionarla aiutandoci a “scoprire il legame profondo tra la povertà e il cammino evangelico”.
Aiutare “chi è povero”, “chi soffre nel corpo e nello spirito“ o “chi è nel bisogno”, ha sottolineato Bergoglio, non è “pauperismo” ma è “Vangelo” e quello del Vangelo è “un messaggio rivolto a tutti”, in quanto “non condanna i ricchi ma l’idolatria della ricchezza, quell’idolatria che rende insensibili al grido del povero”.
La “scelta preferenziale per i poveri”, quindi, non è una “novità” ma è, piuttosto “un’attenzione che ha la sua origine nel Vangelo ed è documentata già nei primi secoli di cristianesimo”.
Citare quanto affermavano i primi Padri della Chiesa (II-III secolo) sulla cura ai poveri non significa pronunciare una “omelia marxista”, ha puntualizzato papa Francesco.
A tal proposito, il Pontefice ha menzionato Sant’Ambrogio, per il quale “la terra è data a tutti, e non solamente ai ricchi”, e San Giovanni Crisostomo, che affermava: “Non condividere i propri beni con i poveri significa derubarli e privarli della vita. I beni che possediamo non sono nostri, ma loro”.
L’attenzione per i poveri, dunque, “è nel Vangelo, ed è nella tradizione della Chiesa, non è un’invenzione del comunismo e non bisogna ideologizzarla, come alcune volte è accaduto nel corso della storia”, ha aggiunto ancora il Papa.
Papa Francesco, udienza, la ricchezza è buona solo se ha dimensione sociale07/11/2018
https://www.toscanaoggi.it/Vita-Chiesa/ ... ne-sociale «Il diavolo entra dalle tasche». Papa Francesco, occupandosi nella catechesi dell'udienza generale in piazza San Pietro al settimo comandamento - «Non rubare» - ha denunciato le forti disuguaglianze economiche e ricordato che «nessuno è padrone assoluto dei beni», ma solo un amministratore e che il ricco ha una «responsabilità».
Papa Francesco, udienza in piazza San Pietro (Foto Sir)
«La ricchezza del mondo oggi è nelle mani della minoranza, di pochi, e la povertà, anzi la miseria e la sofferenza, di tanti, della maggioranza». Lo ha denunciato, a braccio, il Papa, che ha dedicato l'udienza di oggi al settimo comandamento, «Non rubare». «Non esiste cultura in cui furto e prevaricazione dei beni siano leciti; la sensibilità umana, infatti, è molto suscettibile sulla difesa del possesso», ha fatto notare Francesco, soffermandosi su «una lettura più ampia di questa Parola, focalizzando il tema della proprietà dei beni alla luce della sapienza cristiana».
«Il mondo è ricco di risorse per assicurare a tutti i beni primari. Eppure molti vivono in una scandalosa indigenza e le risorse, usate senza criterio, si vanno deteriorando. Ma il mondo è uno solo! L'umanità è una sola!», l'appello del Papa, che ha fatto riferimento alla destinazione universale dei beni, così come è definita nel Catechismo della Chiesa cattolica: «All'inizio, Dio ha affidato la terra e le sue risorse alla gestione comune dell'umanità, affinché se ne prendesse cura, la dominasse con il suo lavoro e ne godesse i frutti. I beni della creazione sono destinati a tutto il genere umano». E ancora: «La destinazione universale dei beni rimane primaria, anche se la promozione del bene comune esige il rispetto della proprietà privata, del diritto ad essa e del suo esercizio». «La Provvidenza, però, non ha disposto un mondo ‘in serie', ci sono differenze, condizioni diverse, così si può vivere provvedendo gli uni agli altri», la tesi di Francesco: «Il mondo è ricco di risorse per assicurare a tutti i beni primari».
«Ogni ricchezza, per essere buona, deve avere una dimensione sociale», ha detto, a braccio, il Papa. «Se sulla terra c'è la fame non è perché manca il cibo!», ha esclamato Francesco: «Anzi, per le esigenze del mercato si arriva a volte a distruggerlo. Si butta». «Ciò che manca è una libera e lungimirante imprenditoria, che assicuri un'adeguata produzione, e un'impostazione solidale, che assicuri un'equa distribuzione», la tesi di Francesco, che a questo proposito ha citato ancora una volta il Catechismo della Chiesa cattolica: «L'uomo, usando dei beni creati, deve considerare le cose esteriori che legittimamente possiede, non solo come proprie, ma anche come comuni, nel senso che possano giovare non unicamente a lui, ma anche agli altri». «Ogni ricchezza, per essere buona, deve avere una dimensione sociale», ha commentato.
«Nessuno è padrone assoluto dei beni, è un amministratore dei beni», ha detto, ancora a braccio, il Papa. «La proprietà di un bene fa di colui che lo possiede un amministratore della Provvidenza», ha spiegato: «Il possesso è una responsabilità - io sono ricco, questa è una responsabilità che tu hai - e ogni bene sottratto alla logica della Provvidenza di Dio è tradito nel suo senso più profondo». «Ciò che possiedo veramente è ciò che so donare», la tesi del Papa: «Questa è la misura per valutare come io riesco ad avere le ricchezze, se riesco bene o male. Questa parola è importante. Se io posso donare, sono aperto, sono ricco, non solo in quello che io possiedo ma anche nella generosità, ho il dovere di darla perché tutti partecipino». «Se non riesco a donare qualcosa è perché quella cosa mi possiede, sono schiavo, ha potere su di me e ne sono schiavo», il monito di Francesco, secondo il quale «il possesso dei beni è un'occasione per moltiplicarli con creatività e usarli con generosità, e così crescere nella carità e nella libertà».
«Quello che ci fa ricchi non sono i beni ma l'amore». Ne è convinto il Papa, che ha concluso l'udienza di oggi, dedicata al settimo comandamento, ricordando che «mentre l'umanità si affanna per avere di più, Dio la redime facendosi povero: quell'Uomo Crocifisso ha pagato per tutti un riscatto inestimabile da parte di Dio Padre, ricco di misericordia». «Tante volte abbiamo sentito quello che il popolo di Dio dice: il diavolo entra dalle tasche», ha aggiunto a braccio tracciando una sorta di fenomenologia della ricchezza usata male: «Prima viene il denaro, l'amore al denaro, l'affanno di possedere. Poi la vanità: ‘Ah, io sono ricco', e mi vanto di quello. E alla fine l'orgoglio e la superbia. Questo è il modo di agire del diavolo in noi, ma la porta d'entrata sono le tasche».
«Non rubare», ha sintetizzato Francesco, «vuol dire: ama con i tuoi beni, approfitta dei tuoi mezzi per amare come puoi. Allora la tua vita diventa buona e il possesso diventa veramente un dono. Perché la vita non è il tempo per possedere ma per amare»
I saluti. «Dopodomani celebreremo la dedicazione della basilica lateranense, la cattedrale del vescovo di Roma, la cattedrale del Papa». Lo ha detto il Papa, salutando al termine dell'udienza di oggi i pellegrini di lingua italiana: «Pregate per me, affinché confermi sempre i fratelli nella fede», l'invito ai 12mila presenti oggi in piazza San Pietro. Poco prima, salutando i fedeli polacchi, Francesco ha ricordato il 100° anniversario dell'indipendenza della Polonia: «Auguro che il popolo polacco - le sue parole - possa vivere il dono della libertà nella pace e nella prosperità, costruendo per la patria un felice futuro, nell'unione basata sull'eredità spirituale degli avi e sull'amore fraterno».
Papa: davanti a scandalosa indigenza, ricchezza abbia dimensione sociale Giada Aquilino - Città del Vaticano
https://www.vaticannews.va/it/papa/news ... ciale.htmlAll’udienza generale Francesco ha ricordato come la ricchezza del mondo oggi sia nelle mani di pochi e la povertà, la miseria e la sofferenza siano per tanti. L’esortazione è stata a far sì che la vita diventi tempo per amare
La nostra vita non è fatta per “possedere” ma “per amare”. Papa Francesco lo ribadisce nell’udienza generale in Piazza San Pietro, continuando le catechesi sui comandamenti e soffermandosi oggi sul settimo, “Non rubare”. Partendo dalla Prima Lettera di San Paolo Apostolo a Timoteo, il Pontefice riflette su “una lettura più ampia di questa Parola” alla luce della sapienza cristiana e sul suo “significato positivo” che conduce a “fare del bene, il più possibile” con ciò che possediamo, in modo che “i nostri beni” diventino “un dono per tutti” (Ascolta il servizio con la voce del Papa).
Destinazione universale dei beni
In effetti, dice il Papa, il comandamento fa pensare “al tema del furto e al rispetto della proprietà altrui”, perché in fondo - osserva - “non esiste cultura in cui furto e prevaricazione dei beni siano leciti”: la sensibilità umana è infatti “molto suscettibile sulla difesa del possesso”. La dottrina sociale della Chiesa parla di destinazione universale dei beni, affidati cioè da Dio “alla gestione comune dell’umanità”. “La Provvidenza, però, non ha disposto - spiega Francesco - un mondo ‘in serie’, ci sono differenze, condizioni diverse, culture diverse, così si può vivere provvedendo gli uni agli altri”.
Il mondo è ricco di risorse per assicurare a tutti i beni primari. Eppure molti vivono in una scandalosa indigenza e le risorse, usate senza criterio, si vanno deteriorando. Ma il mondo è uno solo! L’umanità è una sola! La ricchezza del mondo, oggi, è nelle mani della minoranza, di pochi, e la povertà, anzi la miseria e la sofferenza, di tanti, della maggioranza. Se sulla terra c’è la fame non è perché manca il cibo! Anzi, per le esigenze del mercato si arriva a volte a distruggerlo, si butta. Ciò che manca è una libera e lungimirante imprenditoria, che assicuri un’adeguata produzione, e una impostazione solidale, che assicuri un’equa distribuzione.
Possedere per donare
Il Catechismo spiega proprio che la proprietà di un bene “fa di colui che lo possiede un amministratore della Provvidenza”, “nessuno è padrone assoluto dei beni”: “ogni ricchezza - mette in luce il Papa - per essere buona deve avere una dimensione sociale”.
Il possesso è una responsabilità: “Ma io sono ricco di tutto…” – questa è una responsabilità che tu hai. E ogni bene sottratto alla logica della Provvidenza di Dio è tradito, è tradito nel suo senso più profondo. Ciò che possiedo veramente è ciò che so donare. Questa è la misura per valutare come io riesco a gestire le ricchezze, se bene o male; questa parola è importante: ciò che possiedo veramente è ciò che so donare. Se io so donare, sono aperto, allora sono ricco non solo in quello che io possiedo, ma anche nella generosità, generosità anche come un dovere di dare la ricchezza, perché tutti vi partecipino.
Crescere in carità e generosità
Se non riusciamo infatti a donare qualcosa è perché essa ci “possiede”, facendoci schiavi. Il possesso dei beni è, ribadisce Francesco, “un’occasione per moltiplicarli con creatività e usarli con generosità”, per crescere “nella carità e nella libertà”. Cristo stesso, rammenta il Papa, pur essendo Dio, “svuotò se stesso” arricchendoci “con la sua povertà”.
Mentre l’umanità si affanna per avere di più, Dio la redime facendosi povero: quell’Uomo Crocifisso ha pagato per tutti un riscatto inestimabile da parte di Dio Padre, "ricco di misericordia". Quello che ci fa ricchi non sono i beni ma l’amore. Tante volte abbiamo sentito quello che il popolo di Dio dice: “Il diavolo entra dalle tasche”. Si comincia con l’amore per il denaro, la fame di possedere; poi viene la vanità: “Ah, io sono ricco e me ne vanto”; e, alla fine, l’orgoglio e la superbia. Questo è il modo di agire del diavolo in noi. Ma la porta d’entrata sono le tasche …
Vita è tempo per amare
Ancora una volta dunque Gesù Cristo ci svela il senso pieno delle Scritture.
“Non rubare” vuol dire: ama con i tuoi beni, approfitta dei tuoi mezzi per amare come puoi. Allora la tua vita diventa buona e il possesso diventa veramente un dono. Perché la vita non è il tempo per possedere ma per amare.
I saluti finali
Al termine della catechesi, rivolgendosi ai pellegrini nelle varie lingue, Francesco saluta tra gli altri i partecipanti alla prima “Conferenza Internazionale degli Uomini”, che si tiene a Roma in questi giorni; ricorda poi che domenica prossima cade il 100° anniversario dell’indipendenza della Polonia, augurando “che il popolo polacco possa vivere il dono della libertà nella pace e nella prosperità, costruendo per la patria un felice futuro, nell’unione basata sull’eredità spirituale degli avi e sull’amore fraterno”; e conclude salutando anche la Facoltà di diritto canonico "San Pio X" di Venezia accompagnata dal Patriarca, mons. Francesco Moraglia, e citando la ricorrenza, venerdì, della Dedicazione della Basilica Lateranense, cattedrale del vescovo di Roma, esortando a pregare affinché il Papa possa “confermare sempre i fratelli nella fede”.
Papa Francesco: la ricchezza rende tristiIl cristiano non può che essere gioioso. Anche nei dolori della vita, sa affidarsi a Gesù e vivere con speranza. Cristo, dà gioia, non ricchezze
http://www.sanfrancescopatronoditalia.i ... -OIleJRehMIl cristiano non può che essere gioioso. Anche nei dolori della vita, sa affidarsi a Gesù e vivere con speranza. Cristo, dà la gioia, non le ricchezze. Lo ribadisce papa Francesco nella Messa di questa mattina a Casa Santa Marta, come riferisce Radio Vaticana.
Il Pontefice nell’omelia commenta la Prima Lettera di San Pietro Apostolo, evidenziando che, anche se si deve affrontare qualche sofferenza, non si perde la gioia «di quello che Dio ha fatto in noi, ci ha rigenerati in Cristo e ci ha dato una speranza».
Ciascuno può «andare» verso «quella speranza», che «i primi cristiani dipingevano come un’ancora in cielo». Dice Papa Bergoglio: «Prendiamo la corda e andiamo lì», in «quella speranza» che dona gioia.
Per Francesco un cristiano è «uomo e donna di gioia, un uomo e una donna con gioia nel cuore. Non esiste un cristiano senza gioia! “Ma, Padre, io ne ho visti tanti!” – “Non sono cristiani! Dicono di esserlo, ma non lo sono! Gli manca qualcosa”. La carta di identità del cristiano – assicura - è la gioia, la gioia del Vangelo, la gioia di essere stati eletti da Gesù, salvati da Gesù, rigenerati da Gesù; la gioia di quella speranza che Gesù ci aspetta, la gioia che – anche nelle croci e nelle sofferenze di questa vita – si esprime in un altro modo, che è la pace nella sicurezza che Gesù ci accompagna, è con noi».
Poi aggiunge: «Il cristiano fa crescere questa gioia con la fiducia in Dio. Dio si ricorda sempre della sua alleanza». A sua volta, il cristiano è consapevole «che Dio lo ricorda, che Dio lo ama, che Dio lo accompagna, che Dio lo aspetta». Ecco, «questa è la gioia».
Il Papa proseguendo prende spunto dal brano del Vangelo odierno che racconta l’incontro tra il Figlio di Dio e il giovane ricco: è un uomo che «non è stato capace di aprire il cuore alla gioia – osserva il Pontefice - e ha scelto la tristezza, perché possedeva molti beni».
«Era attaccato ai beni! – esclama - Gesù ci aveva detto che non si può servire due padroni: o servi il Signore o servi le ricchezze. Le ricchezze – precisa il Vescovo di Roma - non sono cattive in se stesse: ma servire la ricchezza è quella la cattiveria. Il poveretto se ne è andato triste… “Egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato”. Quando nelle nostre parrocchie, nelle nostre comunità, nelle nostre istituzioni troviamo gente che si dice cristiana e vuole essere cristiana ma è triste, qualcosa succede lì che non va»; bisogna «aiutarli a trovare Gesù, a togliere quella tristezza, perché possa gioire del Vangelo, possa avere questa gioia che è propria del Vangelo».
Papa Bergoglio sottolinea anche «lo stupore: lo stupore buono davanti alla rivelazione, davanti all’amore di Dio, davanti alle emozioni dello Spirito Santo». Il fedele «è un uomo, una donna di stupore».
La gioia cristiana, quindi, «lo stupore della gioia, l’essere salvati dal vivere attaccati ad altre cose, alle mondanità – le tante mondanità che ci staccano da Gesù – soltanto si può con la forza di Dio, con la forza dello Spirito Santo».
Infine, un’invocazione: «Chiediamo oggi al Signore che ci dia lo stupore davanti a Lui, davanti a tante ricchezze spirituali che ci ha dato; e con questo stupore ci dia la gioia, la gioia della nostra vita e di vivere in pace nel cuore le tante difficoltà; e ci protegga dal cercare la felicità in tante cose che alla fine ci rattristano: promettono tanto, ma non ci daranno niente!». (Vatican Insider)
La controparabola del Papa: "Basta beatificare i furbetti"Stefano Zurlo - Ven, 02/11/2018
http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 95923.htmlFrancesco: "Il Vangelo dice beati i puri e gli ultimi, non i ricchi e i gaudenti". E ai cristiani: siete troppo tiepidi
Ci sono i santi e i santini. I primi vivono, i secondi stanno in una nicchia. Gli uni cambiano il mondo, gli altri soddisfano la fede tiepida dei nostri tempi.
Papa Bergoglio ci ricorda che la festa dei santi dev'essere una scossa per le nostre vite, immerse in un cristianesimo spesso all'acqua di rose. «Chiediamoci da che parte stiamo - spiega Papa Francesco alla folla radunata in Piazza San Pietro - quella del cielo, o quella della terra?».
Una domanda che il più delle volte galleggia sulla superficie, non arpiona la carne viva delle nostre esistenze. Chi è finito sul calendario della Chiesa viene considerato un eccentrico, un uomo dalle virtù particolari, talvolta, ed è la mistificazione peggiore, un santino come se il 1 novembre fosse dedicato a figure composte e caramellose, avvolte nella nuvoletta della devozione. Tutto fuorchè quello che più conta: il santo è uno che ha preso sul serio Cristo e ha vissuto un'umanità integrale. Insomma, per dirla con i vangeli, ha avuto il centuplo quaggiù,in questo mondo: centuplo di gioie e dolori, sofferenze e felicità.
Ma cosa vuol dire seguire Cristo? «Il Vangelo - risponde Bergoglio - dice beati i poveri, mentre il mondo dice beati i ricchi. Il Vangelo dice beati i miti, mentre il mondo dice beati i prepotenti. Il Vangelo dice beati i puri, mentre il mondo dice beati i furbi e i gaudenti». Molte persone sono affascinate dalle suggestioni del Nuovo Testamento, ma considerano quella nobilissima predicazione un po' fuori dal mondo. Insomma, siamo sempre fra le nicchie e le cripte perchè la realtà ci sembra diversa: una battaglia per sopravvivere e parare le gomitate altrui. Gli scaltri e gli arroganti paiono correre più veloci e ci tagliano la strada.
«Questa via della beatitudine, della santità - sottolinea Papa Francesco - sembra portare alla sconfitta». Ma non è cosi. La fede non è, come molti pensano, andare a sbattere contro un muro ad occhi chiusi. La fede reclama la nostra ragione, tutta intera, e mette in moto l'affettività: la fede moltiplica le energie e per questo compie miracoli portentosi che i più potenti nemmeno si sognano. «Hanno vinto loro - riassume Bergoglio - non il mondo. E i santi ci esortano a scegliere la loro parte».
Non è una teoria e nemmeno una favola edificante: «Prima di noi - nota don Pierangelo Sequeri - uno dei più accreditati teologi italiani - milioni di persone, che non sono finite sul calendario ma sono diventate ugualmente sante, hanno interpretato questa sfida. E questo movimento appassionato ha generato idee, ha prodotto almeno due o tre epoche diverse, ha portato dentro il mondo sentimenti che il mondo non conosceva, come la compassione per i più deboli».
La follia del Vangelo è il sale su cui è stata costruita la nostra civiltà. «Ci vuole una Resistenza - spiega Sequeri - una Resistenza contro la logica mondana e per difendere quel legame profondo con Cristo di cui San Paolo parlava, con toni visionari, nella lettera ai Romani».
Più o meno gli stessi concetti enunciati da Bergoglio ai fedeli: «Vogliamo davvero la santita'? O ci accontentiamo di essere cristiani senza infamia e senza lode, che credono in Dio e stimano il prossimo, ma senza esagerare?».
Insomma, si deve scegliere fra la propria misura e quella del Signore che non è un fantasma o un personaggio del passato ma una presenza che ci viene incontro. Per fortuna «i santi - assicura il Papa - tifano per noi. Perchè scegliamo Dio, l'umiltà, la mitezza, la misericordia, la purezza, perchè ci appassioniamo al cielo piuttosto che alla terra».
Può sembrare un compito improbo, ma Bergoglio rassicura: «Non si tratta di fare cose straordinarie, ma di seguire ogni giorno questa via che ci porta in cielo, in famiglia, a casa». E con noi sono tutti quelli che ce l'hanno fatta: «I santi del calendario - è la conclusione di Francesco - ma anche quelli della porta accanto, i nostri familiari e conoscenti che ora fanno parte di questa moltitudine immensa. Oggi allora è festa di famiglia».
E anche una scommessa contro la mediocrità di questa società.
Alberto PentoQuesto povero Papa si è completamente dimenticato che la maggior pare della ricchezza umana, della ricchezza posseduta singolarmente dagli uomini è dovuta al loro personale lavoro e non a donazioni o a privilegi concessi in amministrazione dalla provvidenza divina.