???
Marcia dei migranti, la sindaca di Barcellona: "Accogliere chi soffre è un dovere. Altre città si muovano dopo le nostre""Può nascere un network internazionale, in grado di indicare ai governi la via migliore da seguire per rispondere ai bisogni dei migranti, riconoscendoli come un'opportunità per la nostra società. Vogliamo accogliere"
di ADA COLAU
17 maggio 2017
http://milano.repubblica.it/cronaca/201 ... -165665879 Ada Colau, sindaca di Barcellona
Vogliamo accogliere. E vogliamo continuare a farlo. Per questo motivo lo scorso febbraio Barcellona è scesa in piazza. È stata la manifestazione più grande d'Europa a favore dell'accoglienza dei migranti. Ed è nata per la volontà della società civile e con l'appoggio delle istituzioni. Siamo davvero felici di sapere dunque che anche a Milano il 20 maggio si riaffermerà questa stessa volontà e la necessità di non barricarsi dietro anacronistici muri "ideologici" e fisici.
Rifugiati, migliaia in piazza a Barcellona al grido di "Vogliamo accogliere"
"Vogliamo accogliere" non è solo lo slogan in cui si è riconosciuta la manifestazione che ha sfilato nella mia città a inizio anno. È molto di più. "Vogliamo accogliere" è la nostra risposta, della cittadinanza e anche di molti sindaci, di fronte alla cosiddetta "crisi dei rifugiati" con cui l'Europa tutta si deve confrontare. Vogliamo accogliere. E vogliamo continuare a farlo. Perché è nostro dovere. Siamo infatti noi, le città - e non gli Stati -, ad offrire un'opportunità reale di integrazione a immigrati e rifugiati. È nelle nostre strade e nelle nostre piazze che le persone smettono di essere numeri e diventano cittadini e cittadine. Ecco perché noi vogliamo e dobbiamo accogliere più persone e meglio.
Milano, calcetto e concerto in Centrale: è la festa per i migranti
Se non lo facciamo - se non ci impegniamo ad aprire la nostra comunità e la nostra società a chi lascia la sua casa e il suo Paese per cercare un'occasione di vita migliore nelle nostre città - , i nostri figli, i nostri concittadini ci chiederanno dove eravamo quando in Europa si alzavano muri e barriere contro quelli che fuggivano dalla guerra. Soprattutto ci chiederanno: che cosa avete fatto per evitarlo? Vogliamo accogliere. E vogliamo continuare a farlo. Perché l'appello del "popolo dell'accoglienza" che ha manifestato a Barcellona e che sfilerà a Milano per un "20 maggio senza muri" non lascia spazio a interpretazioni. Non abbiamo scuse per ignorarlo. Anzi, il coraggio, l'entusiasmo e l'apertura che così tante persone hanno dimostrato, dimostrano e dimostreranno ci spinge con forza a intraprendere azioni concrete e politiche.
Per questo motivo, serve l'aiuto e la collaborazione di molte altre città del mondo. Da Barcellona e Milano può nascere un network internazionale, in grado di indicare ai governi la via migliore da seguire per rispondere ai bisogni dei migranti, riconoscendoli come un'opportunità per la nostra società. Vogliamo accogliere. E vogliamo continuare a farlo. Perché nella gestione dei migranti l'Europa si gioca il proprio futuro e la propria credibilità. Le immagini che abbiamo visto in Italia, in Grecia e in altri Paesi stanno minando il progetto europeo e le sue conquiste; stanno mettendo in dubbio gli stessi principi fondanti dell'Europa.
Milano prepara la marcia per i migranti del 20 maggio: da Pennac a Saturnino, tutti i testimonial
Oggi, davanti al pericolo di una "Europa- fortezza", come città e come cittadini abbiamo la responsabilità storica di intervenire per cambiare la situazione. Vogliamo accogliere. E vogliamo continuare a farlo con serietà, ma anche con allegria ed entusiasmo. Perché le manifestazioni di Barcellona e di Milano altro non sono che una festa per i cittadini di tutto il mondo, un momento di incontro e di scambio, ricco di musica, colore, gioia e solidarietà. Ecco allora che emerge con forza la necessità di ridare valore al Mediterraneo, di offrire al mondo un altro punto di vista per raccontare ciò che sta accadendo.
Quel mare, che si è trasformato per molti migranti nel "mare della morte", è infatti ancora il ponte, è il luogo in cui le culture si incontrano, è la ricchezza
dei popoli che lo abitano. Affinché questa narrazione sia possibile ed evidente a tutti, le città devono unire le forze e continuare a essere un luogo di libertà che riconosce e garantisce i diritti a tutti coloro che in esse vivono. Per difendere tutto ciò, scendiamo nelle strade a manifestare. Vogliamo accogliere. Vogliamo continuare a farlo. E lo faremo, dando il nostro sostegno a Milano e a tutte le città che vorranno unire la loro voce alla nostra.
https://it.wikipedia.org/wiki/Ada_ColauIl 7 maggio 2014 Ada Colau ha annunciato che stava lasciando IPA. Un mese più tardi, con diverse persone legate ai movimenti sociali, Colau presenta Guanyem Barcelona, una piattaforma civica creata con l' obiettivo di "costruire un'offerta alternativa" in vista delle elezioni comunali del 2015 nella capitale catalana. Dopo diversi mesi di lavoro, a febbraio 2015 la coalizione elettorale è presentata come Barcelona in Comú (BC), con la confluenza di Iniziativa per la Catalogna Verdi, Sinistra Unita, Equo, Proces costituente, Podemos e la piattaforma Guanyem. Il 15 marzo 2015, Ada Colau è proclamata capo della lista dopo un processo di primarie aperte in cui era l'unico candidato. Nel maggio 2015, Barcellona en Comú vince le elezioni comunali ottenendo 11 consiglieri su un totale di 41.
Barcellona, l'esempio vincente della sindaca Ada ColauAdriano Ercolani
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/10 ... au/3087229Da occupante a sindaca di Barcellona: questa è la folgorante parabola di Ada Colau, prima cittadina del capoluogo della Catalogna dal 13 Giugno 2015. Il trionfo elettorale della Colau, rappresentante in prima linea del movimento No Global, leader spontanea della Pah (Piattaforma delle vittime dei mutui, nata in seguito alle dissennate politiche abitative dei sindaci precedenti, che hanno consegnato un enorme potere contrattuale alle banche ), da anni in piazza a fianco degli Indignados, può rappresentare un modello vincente di alternativa alle sinistre istituzionali, ormai sempre più arrendevolmente appiattite, in nome della “responsabilità”, su politiche economiche che più che a Gramsci fanno pensare a Margaret Thatcher?
Giacomo Russo Spena, penna di Micromega, rivista da sempre attenta alle dinamiche globali, prova a rispondere, compiendo la propria trilogia di riflessione sulle alternative possibili emerse a sinistra negli ultimi anni. Dopo aver raccontato fenomeni di grande interesse internazionale in Tsipras chi? e in Podemos (entrambi realizzati con Matteo Pucciarelli), nel nuovo libro edito da Alegre, Ada Colau. La città in comune, egli svolge la sua ricerca accanto a Steven Forti, saggista e ricercatore storico di livello internazionale.
I due autori senza dubbio sperano che alla loro puntuale analisi segua un percorso di maggior successo, rispetto ai precedenti, del fenomeno politico oggetto del libro. L’elezione della sindaca ha rappresentato un’importante affermazione del cosiddetto “neomunicipalismo”, ovvero quella tendenza politica, imposta all’attenzione mondiale dall’esperimento brasiliano di Porto Alegre nei primi anni Duemila, che propone di porre al centro del governo cittadino processi partecipativi in grado di coinvolgere sempre più “dal basso” la cittadinanza, spazzando via così i meccanismi clientelari fossilizzati in decenni di potere precedente, automaticamente forieri di corruzione e immobilismo.
Il volume si apre con una lunga intervista alla Colau, che appare proprio come ce la aspettavamo: preparata, combattiva, forte di un carisma naturale ma consapevole che la strada non è certo in discesa. La stabilità politica di Barcellona si regge su un governo di minoranza. L’esperienza di anni di occupazioni e rappresentanza dei movimenti sembra aver insegnato alla sindaca come conciliare determinazione e capacità di mediazione.
Il libro prosegue, nello stile dei precedenti menzionati, illustrando, con notevole perizia documentale (arrivando fino alla cronaca di poche settimane fa), quello che Gadda chiamerebbe “il gomitolo di concause” che ha condotto alla vittoria a furor di popolo della Colau. Una ricostruzione accurata ma non fredda delle evoluzioni (a volte metamorfosi) della sinistra spagnola successive all’epocale congiuntura del “dopo Franco”, con testimonianze spesso raccolte dalla viva voce dei coprotagonisti del successo della Colau (come il responsabile della comunicazione Javier Tortet o come Gerardo Pisarello, strettissimo collaboratore in Comune della sindaca). Testimonianze spesso lucide, a volte entusiastiche, più raramente critiche, ma comunque rispettose e costruttive.
Il volume si chiude con un’intervista a Luigi de Magistris, figura per alcuni versi accostabile alla Colau per le modalità di consenso popolare che lo hanno condotto al potere nella propria città e per il valore iconico di cambiamento che il suo governo cittadino tuttora rappresenta. Alcuni punti sottolineati da Ada Colau ci sembrano un contributo dal valore risolutivo al dibattito, sempre più sterile e autoreferenziale, sull’identità smarrita della sinistra.
In brevi battute, la quarantaduenne leader catalana delinea una riflessione lucida e perentoria: “Siamo un modello in costruzione, una scommessa per tutta la mia generazione che ancora non avevamo vissuto. Credo che il municipalismo sia la chiave per un cambiamento democratico in profondità dal basso verso l’alto. Con tutta l’umiltà e senza massimalismo abbiamo deciso di democratizzare un sistema e il miglior luogo per cominciare era questo: il luogo della vita quotidiana e della prossimità. Chiaro, i cambiamenti non avvengono in una o due elezioni ma si producono col tempo, intanto si stanno imponendo nuove forme di fare politica”.
Non possiamo che fare il tifo per Ada Colau, poiché nonostante tutte le drammatiche evidenze dell’attuale contingenza politica e culturale nostrana, ogni giorno sogniamo di poter tradurre in italiano lo slogan che l’ha condotta alla vittoria: “Si, se puede”.
Irresponsabili, scriteriati e falsi buoni criminali a spese degli altri, a spese nostre, dei nostri beni, dei nostri diritti e della nostra vita.Marcia migranti Milano, perché è obbligatorio esserciMaso Notarianni
http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/05 ... ci/3594001Se ancora qualcuno avesse dubbi sulla necessità di essere a Milano domani 20 maggio, si legga la lettera della sindaca di Barcellona, Ada Colau, e l’intervista del sindaco Beppe Sala.
La prima ci dice che “se non ci impegniamo ad aprire la nostra comunità e la nostra società a chi lascia la sua casa e il suo Paese per cercare un’occasione di vita migliore nelle nostre città, i nostri figli, i nostri concittadini ci chiederanno dove eravamo quando in Europa si alzavano muri e barriere contro quelli che fuggivano dalla guerra. Soprattutto ci chiederanno: che cosa avete fatto per evitarlo? Vogliamo accogliere. E vogliamo continuare a farlo. Perché l’appello del popolo dell’accoglienza che ha manifestato a Barcellona e che sfilerà a Milano per un 20 maggio senza muri non lascia spazio a interpretazioni. Non abbiamo scuse per ignorarlo. Anzi, il coraggio, l’entusiasmo e l’apertura che così tante persone hanno dimostrato, dimostrano e dimostreranno ci spinge con forza a intraprendere azioni concrete e politiche”.
“Da Barcellona e Milano – aggiunge Ada Colau – può nascere un network internazionale, in grado di indicare ai governi la via migliore da seguire per rispondere ai bisogni dei migranti, riconoscendoli come un’opportunità per la nostra società. Vogliamo accogliere. E vogliamo continuare a farlo. Perché nella gestione dei migranti l’Europa si gioca il proprio futuro e la propria credibilità. Le immagini che abbiamo visto in Italia, in Grecia e in altri Paesi stanno minando il progetto europeo e le sue conquiste; stanno mettendo in dubbio gli stessi principi fondanti dell’Europa”.
Il sindaco di Milano Sala aggiunge al ragionamento meneghina concretezza necessaria a una grande città a vocazione europea: “Avere un’apertura internazionale vuol dire attrarre gli studenti stranieri nelle nostre università e le grandi multinazionali che aprono sedi da noi, ma vuol dire allo stesso modo accogliere chi scappa dalla fame e dalla guerra. Quelle persone che fanno da badanti ai nostri anziani, imbiancano i muri delle nostre case, lavorano negli ospedali e nelle nostre pizzerie: quanta parte dell’economia di Milano è fatta da loro? Quanto saremmo più poveri senza di loro? Altro che alzare muri“.
Le statistiche sulla criminalità ci dicono che legare la questione della sicurezza a quella dell’immigrazione è follia, cecità politica. Una cecità che dice quanto sia caduta in basso la rappresentanza politica – tutta – di questo Paese e non solo, che si ritrova non avendo la più pallida idea sul futuro, a inseguire e a dare risposte a una sensazione diffusa tra la gente che non ha nessun legame con la realtà se non artatamente costruito da una stampa e soprattutto da una televisione irresponsabili e criminali.
Sala, abituato a confrontarsi con la realtà, ci dice che “Mettere in relazione diretta l’immigrazione con la sicurezza è sbagliato, ma aggiungo – e lo dico proprio a chi specula su questi temi – che la sicurezza aumenta anche se, dopo la prima accoglienza, c’è vera integrazione. Per farlo serve prima di tutto accorciare i tempi per la definizione dello status dei rifugiati. Ne sto parlando con il ministro Marco Minniti: non si possono aspettare due o tre anni per vederselo riconoscere, perché nessuno si può integrare se, in un certo senso, non esiste”.
E per chi sa leggere tra le righe delle dichiarazioni politiche questa frase ci dice che lo scontro con Minniti è in atto ed è anche duro. Perché, chiude ogni dubbio Sala: “È quella di sabato prossimo la vera fotografia di Milano, non quella della Centrale”.
Quindi è dovere di tutti far sì che quella fotografia venga nel migliore dei modi. Perché – lo dice Ada Colau, non Majorino o Sala – “Oggi, davanti al pericolo di una Europa – fortezza, come città e come cittadini abbiamo la responsabilità storica di intervenire per cambiare la situazione. Vogliamo accogliere. E vogliamo continuare a farlo con serietà, ma anche con allegria ed entusiasmo. Perché le manifestazioni di Barcellona e di Milano altro non sono che una festa per i cittadini di tutto il mondo, un momento di incontro e di scambio, ricco di musica, colore, gioia e solidarietà”.
E in un Paese in cui il 30 percento della popolazione è a rischio di povertà – non perché ci sia la crisi, ma perché l’Italia è il Paese europeo che meno è in grado di redistribuire le spropositate ricchezze che stanno nelle mani di pochi accumulatori seriali – non veniteci a dire che il problema sono qualche decina di migliaia di immigrati. Il problema siamo noi, che non siamo capaci di vedere che in Italia c’è una mostruosa disuguaglianza, e che non siamo capaci di rivoltarci contro il fatto che poche decine di persone detengono impropriamente più ricchezza di tutti noi messi insieme.
Ci vediamo il 20 maggio a Milano.