Manipołasion criminal dei diriti omàni ogniversałi

Re: Manipołasion criminal dei diriti omàni ogniversałi

Messaggioda Berto » gio feb 23, 2017 1:11 pm

Quante falsità raccontano questi criminali manipolatori della realtà e dei Diritti Umani Universali

Il rapporto Amnesty: "L'odio populista avvelena il mondo"

La retorica dei movimenti populisti trova sempre più spazio e si tinge di sfumature nazionaliste e xenofobe, con una sintesi pericolosa che individua “noi contro loro” e non si limita ai contesti di scontro aperto: è questa la visione sconsolante che emerge dal rapporto annuale di Amnesty International, presentato a Roma in contemporanea con le altre capitali mondiali
di GIAMPAOLO CADALANU
22 febbraio 2017

http://www.repubblica.it/solidarieta/di ... -158907965

Un mondo avvelenato da discorsi velenosi, dove la retorica dei movimenti populisti trova sempre più spazio e si tinge di sfumature nazionaliste e xenofobe, con una sintesi pericolosa che individua “noi contro loro” e non si limita ai contesti di scontro aperto: è questa la visione sconsolante che emerge dal rapporto annuale di Amnesty International, presentato a Roma in contemporanea con le altre capitali mondiali. A parlare di questa perversa contrapposizione è stato il segretario generale Salil Shetty, secondo cui «il 2016 stato l’anno in cui il cinico uso della narrativa del “noi contro loro”, basata su demonizzazione, odio e paura, ha raggiunto livelli che non si vedevano dagli anni Trenta».

Il gioco di far leva sulle paure. La denuncia non potrebbe essere più chiara: ci sono politici che sfruttano le paure legate all’incertezza economica legandole a temi identitari, aprendo quindi il vaso di Pandora delle pulsioni nazionaliste, privilegiando i calcoli elettorali a ogni ragionamento sulla convivenza. E se oggi sono il filippino Duterte, l’ungherese Orban, il turco Erdogan e persino l’americano Trump, domani lo stesso meccanismo potrebbe essere scatenato in Italia, o in Francia.

Il puntare l'indice verso "l'altro". Le campagne elettorali divisive, che indicano “l’altro” come eterno responsabile di ogni problema, ne sono l’esempio più evidente, a partire da quella di Donald Trump, «basata sulla xenofobia, la discriminazione e l’omofobia», ha sottolineato Gianni Rufini, direttore generale di Amnesty Italia. E la retorica dell’“uomo forte”, da Ankara a Manila, finisce spesso per diventare un mezzo di repressione delle istanze femminili e di discriminazione sulla base delle tendenze sessuali. I meccanismi di Cooperazione internazionale sono in seria difficoltà, “disastrati” li definisce Rufini, mentre al posto degli spazi di dialogo tornano a fiorire muri e filo spinato. E alla fine i diritti dei gruppi più deboli, dai migranti alle persone LGBT, dai rifugiati ai Rom, dalle minoranze religiose alle donne, finiscono per essere considerati sacrificabili.

Come fermare questa marcia dell'odio. Contro tutto questo, sottolinea Amnesty, serve l’azione. Tocca alla società civile fermare la marcia verso l’odio e l’intolleranza. E la disponibilità ad agire in prima persona, la prontezza a “mettersi di traverso” dalla parte dei valori fondamentali di solidarietà e uguaglianza, è già evidente nella compassione mostrata dalla gente comune di fronte alle tragedie dell’immigrazione, una compassione che invece la politica non mostra, né suscita.



Il rapporto. Amnesty: «C’è un clima d’odio, come negli anni Trenta»
Luca Miele mercoledì 22 febbraio 2017
https://www.avvenire.it/mondo/pagine/amnesty-rapporto

Una sorta di guerra strisciante in alcuni casi, manifestamente dichiarata (se non urlata) in altri, sta avvolgendo nei sui tentacoli l’intero pianeta. Con un unico “nemico”: la figura del rifugiato. L’atto di accusa arriva da Amnesty International, nel rapporto annuale sul rispetto dei diritti umani. Una «politica dell’odio» che mina profondamente «la democrazia» e che richiama, in maniera inquietante, il clima agli Anni Trenta del Novecento, segnato in Europa dall’esplodere delle dittature, dei totalitarismi, dei campi di concentramento, della tragedia della Seconda Guerra mondiale.
Una “guerra” che non risparmia nessuna latitudine e che ha spinto i governi a siglare «accordi che pregiudicano il diritto a chiedere asilo». L’Australia «ha inflitto di proposito sofferenze inaudite ai rifugiati intrappolati a Nauru e sull’isola di Manus». L’Unione Europea «ha firmato un accordo illegale e irresponsabile con la Turchia per rimandare indietro i rifugiati in un contesto insicuro». Messico e Usa «hanno continuato a espellere persone dall’America centrale, dove la violenza ha raggiunto livelli estremi». Il Rapporto 2016-2017, stilato dalla Ong, denuncia che 36 Paesi hanno violato il diritto internazionale, rimandando illegalmente rifugiati in Paesi dove i loro diritti umani erano in pericolo.

Ma questa «narrazione dell’odio e dell’esclusione» – secondo la denuncia di Amnesty International – avrebbe trovato nel presidente americano Donald Trump il suo “cantore”: «Il presidente Trump ha tradotto in azione la sua odiosa campagna elettorale xenofoba firmando decreti per impedire ai rifugiati di ottenere il reinsediamento negli Usa e per vietare l’ingresso nel Paese a persone in fuga dalla persecuzione e dalla guerra, come nel caso della Siria». Non solo. Secondo Amnesty – che ha inviato una lettera aperta al ministro della Giustizia Andrea Orlando per sollecitare l’introduzione del reato di tortura nel codice penale italiano – Cina, Egitto, Etiopia, India, Iran, Thailandia e Turchia «hanno attuato massicce repressioni».
«Invece di stare dalla parte dei diritti umani, molti leader hanno adottato un’agenda disumanizzante per finalità politiche, violando i diritti di gruppi presi come capri espiatori per ottenere consenso o per distrarre gli elettori dai fallimenti delle politiche economiche e sociali», ha dichiarato Salil Shetty, segretario generale di Amnesty International. «Le odierne politiche di demonizzazione spacciano vergognosamente la pericolosa idea che alcune persone siano meno umane di altre, privando in questo modo interi gruppi di persone della loro umanità», ha concluso.


Amnesty International attacca le democrazie e perdona le tirannie islamiste
https://it.gatestoneinstitute.org/9610/ ... l-tirannie
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Re: Manipołasion criminal dei diriti omàni ogniversałi

Messaggioda Berto » mar mar 14, 2017 12:45 pm

"Giustizia, pene troppo lievi: così i criminali scelgono l’Italia"
Bologna, la denuncia choc del procuratore De Francisci: "Qui carcere più vantaggioso, sono soprattutto dell’Est"
di GIUSEPPE BALDESSARRO
29 gennaio 2017

http://bologna.repubblica.it/cronaca/20 ... -157123094

BOLOGNA - Pene meno severe, carceri “comode” e leggi che consentono sconti di pena. Per questo i criminali di altri paesi vengono a delinquere in Italia e, anche quando sono perseguiti per reati commessi all’estero, se arrestati da noi chiedono di scontare la pena nel nostro Paese.

A dirlo, ieri mattina all’inaugurazione dell’anno giudiziario, è stato Ignazio De Francisci, procuratore generale della Corte d’Appello, che ha spiegato così l’impennata di reati commessi da stranieri e il sovraffollamento carcerario. Ad esempio, "agli occhi della criminalità dell’est Europa, la commissione di delitti in Italia è operazione più lucrosa e meno rischiosa che in patria. E alle loro carceri sono preferibili le nostre". Per gli "amministratori di giustizia", anche in Emilia-Romagna i problemi sono sempre complessi e, rispetto al passato, in parte più gravi.

I mali della giustizia. Ma i problemi della giustizia non finiscono ovviamente qui. Ieri è arrivata anche una
sferzata al "troppo precariato", l'allerta sui troppi reati prescritti, il boom dei procedimenti per il riconoscimento della protezione internazionale che rendono la situaizone "critica". A cui si è aggiunto il monito di De Francisci sulla "radicalizzazione" dei detenuti riguardo al terrorismo.
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Re: Manipołasion criminal dei diriti omàni ogniversałi

Messaggioda Berto » gio mar 30, 2017 6:46 am

«Non è gradito»: via il crocefisso dalla cappella dell'hospice Le Vette
di Eleonora Scarton

http://www.ilgazzettino.it/nordest/bell ... 47413.html

FELTRE - Il crocifisso, simbolo assoluto della cristianità, assente dalla cappella dell'hospice Le Vette. Scoppia la polemica. A raccontare la vicenda vissuta in prima persona è lo storico Mario Gris. «Una mia cara amica era ricoverata all'hospice spiega Gris - Il marito, che l'assisteva in continuazione, mi confidò con molta amarezza che nella cappella del reparto era assente il crocifisso (mentre erano presenti, ad esempio, libri e simboli di altri religioni). Una stanza che, data la triste peculiarità della degenza, accoglie spesso parenti e amici che sentono il bisogno di rimanere in raccoglimento e preghiera. Ho quindi chiesto informazioni su tale mancanza e ho compreso che qualcuno riteneva la presenza del crocifisso non gradita». L'uomo ha quindi inviato una comunicazione scritta alla direzione ospedaliera. «Il cappellano ha giustificato il fatto affermando che il crocifisso non è necessario e che se qualcuno desidera pregare con il crocifisso può portarselo da casa, con l'avvertenza di rimuoverlo andando via prosegue Gris - Amareggiato dalla risposta ho manifestando all'Usl la mia volontà di non rinunciare a un diritto»...
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Re: Manipołasion criminal dei diriti omàni ogniversałi

Messaggioda Berto » sab mag 20, 2017 7:50 am

???

Marcia dei migranti, la sindaca di Barcellona: "Accogliere chi soffre è un dovere. Altre città si muovano dopo le nostre"

"Può nascere un network internazionale, in grado di indicare ai governi la via migliore da seguire per rispondere ai bisogni dei migranti, riconoscendoli come un'opportunità per la nostra società. Vogliamo accogliere"
di ADA COLAU
17 maggio 2017

http://milano.repubblica.it/cronaca/201 ... -165665879

Ada Colau, sindaca di Barcellona
Vogliamo accogliere. E vogliamo continuare a farlo. Per questo motivo lo scorso febbraio Barcellona è scesa in piazza. È stata la manifestazione più grande d'Europa a favore dell'accoglienza dei migranti. Ed è nata per la volontà della società civile e con l'appoggio delle istituzioni. Siamo davvero felici di sapere dunque che anche a Milano il 20 maggio si riaffermerà questa stessa volontà e la necessità di non barricarsi dietro anacronistici muri "ideologici" e fisici.

Rifugiati, migliaia in piazza a Barcellona al grido di "Vogliamo accogliere"

"Vogliamo accogliere" non è solo lo slogan in cui si è riconosciuta la manifestazione che ha sfilato nella mia città a inizio anno. È molto di più. "Vogliamo accogliere" è la nostra risposta, della cittadinanza e anche di molti sindaci, di fronte alla cosiddetta "crisi dei rifugiati" con cui l'Europa tutta si deve confrontare. Vogliamo accogliere. E vogliamo continuare a farlo. Perché è nostro dovere. Siamo infatti noi, le città - e non gli Stati -, ad offrire un'opportunità reale di integrazione a immigrati e rifugiati. È nelle nostre strade e nelle nostre piazze che le persone smettono di essere numeri e diventano cittadini e cittadine. Ecco perché noi vogliamo e dobbiamo accogliere più persone e meglio.

Milano, calcetto e concerto in Centrale: è la festa per i migranti

Se non lo facciamo - se non ci impegniamo ad aprire la nostra comunità e la nostra società a chi lascia la sua casa e il suo Paese per cercare un'occasione di vita migliore nelle nostre città - , i nostri figli, i nostri concittadini ci chiederanno dove eravamo quando in Europa si alzavano muri e barriere contro quelli che fuggivano dalla guerra. Soprattutto ci chiederanno: che cosa avete fatto per evitarlo? Vogliamo accogliere. E vogliamo continuare a farlo. Perché l'appello del "popolo dell'accoglienza" che ha manifestato a Barcellona e che sfilerà a Milano per un "20 maggio senza muri" non lascia spazio a interpretazioni. Non abbiamo scuse per ignorarlo. Anzi, il coraggio, l'entusiasmo e l'apertura che così tante persone hanno dimostrato, dimostrano e dimostreranno ci spinge con forza a intraprendere azioni concrete e politiche.

Per questo motivo, serve l'aiuto e la collaborazione di molte altre città del mondo. Da Barcellona e Milano può nascere un network internazionale, in grado di indicare ai governi la via migliore da seguire per rispondere ai bisogni dei migranti, riconoscendoli come un'opportunità per la nostra società. Vogliamo accogliere. E vogliamo continuare a farlo. Perché nella gestione dei migranti l'Europa si gioca il proprio futuro e la propria credibilità. Le immagini che abbiamo visto in Italia, in Grecia e in altri Paesi stanno minando il progetto europeo e le sue conquiste; stanno mettendo in dubbio gli stessi principi fondanti dell'Europa.

Milano prepara la marcia per i migranti del 20 maggio: da Pennac a Saturnino, tutti i testimonial

Oggi, davanti al pericolo di una "Europa- fortezza", come città e come cittadini abbiamo la responsabilità storica di intervenire per cambiare la situazione. Vogliamo accogliere. E vogliamo continuare a farlo con serietà, ma anche con allegria ed entusiasmo. Perché le manifestazioni di Barcellona e di Milano altro non sono che una festa per i cittadini di tutto il mondo, un momento di incontro e di scambio, ricco di musica, colore, gioia e solidarietà. Ecco allora che emerge con forza la necessità di ridare valore al Mediterraneo, di offrire al mondo un altro punto di vista per raccontare ciò che sta accadendo.

Quel mare, che si è trasformato per molti migranti nel "mare della morte", è infatti ancora il ponte, è il luogo in cui le culture si incontrano, è la ricchezza
dei popoli che lo abitano. Affinché questa narrazione sia possibile ed evidente a tutti, le città devono unire le forze e continuare a essere un luogo di libertà che riconosce e garantisce i diritti a tutti coloro che in esse vivono. Per difendere tutto ciò, scendiamo nelle strade a manifestare. Vogliamo accogliere. Vogliamo continuare a farlo. E lo faremo, dando il nostro sostegno a Milano e a tutte le città che vorranno unire la loro voce alla nostra.


https://it.wikipedia.org/wiki/Ada_Colau
Il 7 maggio 2014 Ada Colau ha annunciato che stava lasciando IPA. Un mese più tardi, con diverse persone legate ai movimenti sociali, Colau presenta Guanyem Barcelona, una piattaforma civica creata con l' obiettivo di "costruire un'offerta alternativa" in vista delle elezioni comunali del 2015 nella capitale catalana. Dopo diversi mesi di lavoro, a febbraio 2015 la coalizione elettorale è presentata come Barcelona in Comú (BC), con la confluenza di Iniziativa per la Catalogna Verdi, Sinistra Unita, Equo, Proces costituente, Podemos e la piattaforma Guanyem. Il 15 marzo 2015, Ada Colau è proclamata capo della lista dopo un processo di primarie aperte in cui era l'unico candidato. Nel maggio 2015, Barcellona en Comú vince le elezioni comunali ottenendo 11 consiglieri su un totale di 41.



Barcellona, l'esempio vincente della sindaca Ada Colau
Adriano Ercolani

http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/10 ... au/3087229

Da occupante a sindaca di Barcellona: questa è la folgorante parabola di Ada Colau, prima cittadina del capoluogo della Catalogna dal 13 Giugno 2015. Il trionfo elettorale della Colau, rappresentante in prima linea del movimento No Global, leader spontanea della Pah (Piattaforma delle vittime dei mutui, nata in seguito alle dissennate politiche abitative dei sindaci precedenti, che hanno consegnato un enorme potere contrattuale alle banche ), da anni in piazza a fianco degli Indignados, può rappresentare un modello vincente di alternativa alle sinistre istituzionali, ormai sempre più arrendevolmente appiattite, in nome della “responsabilità”, su politiche economiche che più che a Gramsci fanno pensare a Margaret Thatcher?

Giacomo Russo Spena, penna di Micromega, rivista da sempre attenta alle dinamiche globali, prova a rispondere, compiendo la propria trilogia di riflessione sulle alternative possibili emerse a sinistra negli ultimi anni. Dopo aver raccontato fenomeni di grande interesse internazionale in Tsipras chi? e in Podemos (entrambi realizzati con Matteo Pucciarelli), nel nuovo libro edito da Alegre, Ada Colau. La città in comune, egli svolge la sua ricerca accanto a Steven Forti, saggista e ricercatore storico di livello internazionale.

I due autori senza dubbio sperano che alla loro puntuale analisi segua un percorso di maggior successo, rispetto ai precedenti, del fenomeno politico oggetto del libro. L’elezione della sindaca ha rappresentato un’importante affermazione del cosiddetto “neomunicipalismo”, ovvero quella tendenza politica, imposta all’attenzione mondiale dall’esperimento brasiliano di Porto Alegre nei primi anni Duemila, che propone di porre al centro del governo cittadino processi partecipativi in grado di coinvolgere sempre più “dal basso” la cittadinanza, spazzando via così i meccanismi clientelari fossilizzati in decenni di potere precedente, automaticamente forieri di corruzione e immobilismo.

Il volume si apre con una lunga intervista alla Colau, che appare proprio come ce la aspettavamo: preparata, combattiva, forte di un carisma naturale ma consapevole che la strada non è certo in discesa. La stabilità politica di Barcellona si regge su un governo di minoranza. L’esperienza di anni di occupazioni e rappresentanza dei movimenti sembra aver insegnato alla sindaca come conciliare determinazione e capacità di mediazione.

Il libro prosegue, nello stile dei precedenti menzionati, illustrando, con notevole perizia documentale (arrivando fino alla cronaca di poche settimane fa), quello che Gadda chiamerebbe “il gomitolo di concause” che ha condotto alla vittoria a furor di popolo della Colau. Una ricostruzione accurata ma non fredda delle evoluzioni (a volte metamorfosi) della sinistra spagnola successive all’epocale congiuntura del “dopo Franco”, con testimonianze spesso raccolte dalla viva voce dei coprotagonisti del successo della Colau (come il responsabile della comunicazione Javier Tortet o come Gerardo Pisarello, strettissimo collaboratore in Comune della sindaca). Testimonianze spesso lucide, a volte entusiastiche, più raramente critiche, ma comunque rispettose e costruttive.

Il volume si chiude con un’intervista a Luigi de Magistris, figura per alcuni versi accostabile alla Colau per le modalità di consenso popolare che lo hanno condotto al potere nella propria città e per il valore iconico di cambiamento che il suo governo cittadino tuttora rappresenta. Alcuni punti sottolineati da Ada Colau ci sembrano un contributo dal valore risolutivo al dibattito, sempre più sterile e autoreferenziale, sull’identità smarrita della sinistra.

In brevi battute, la quarantaduenne leader catalana delinea una riflessione lucida e perentoria: “Siamo un modello in costruzione, una scommessa per tutta la mia generazione che ancora non avevamo vissuto. Credo che il municipalismo sia la chiave per un cambiamento democratico in profondità dal basso verso l’alto. Con tutta l’umiltà e senza massimalismo abbiamo deciso di democratizzare un sistema e il miglior luogo per cominciare era questo: il luogo della vita quotidiana e della prossimità. Chiaro, i cambiamenti non avvengono in una o due elezioni ma si producono col tempo, intanto si stanno imponendo nuove forme di fare politica”.

Non possiamo che fare il tifo per Ada Colau, poiché nonostante tutte le drammatiche evidenze dell’attuale contingenza politica e culturale nostrana, ogni giorno sogniamo di poter tradurre in italiano lo slogan che l’ha condotta alla vittoria: “Si, se puede”.


Irresponsabili, scriteriati e falsi buoni criminali a spese degli altri, a spese nostre, dei nostri beni, dei nostri diritti e della nostra vita.


Marcia migranti Milano, perché è obbligatorio esserci
Maso Notarianni

http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/05 ... ci/3594001


Se ancora qualcuno avesse dubbi sulla necessità di essere a Milano domani 20 maggio, si legga la lettera della sindaca di Barcellona, Ada Colau, e l’intervista del sindaco Beppe Sala.

La prima ci dice che “se non ci impegniamo ad aprire la nostra comunità e la nostra società a chi lascia la sua casa e il suo Paese per cercare un’occasione di vita migliore nelle nostre città, i nostri figli, i nostri concittadini ci chiederanno dove eravamo quando in Europa si alzavano muri e barriere contro quelli che fuggivano dalla guerra. Soprattutto ci chiederanno: che cosa avete fatto per evitarlo? Vogliamo accogliere. E vogliamo continuare a farlo. Perché l’appello del popolo dell’accoglienza che ha manifestato a Barcellona e che sfilerà a Milano per un 20 maggio senza muri non lascia spazio a interpretazioni. Non abbiamo scuse per ignorarlo. Anzi, il coraggio, l’entusiasmo e l’apertura che così tante persone hanno dimostrato, dimostrano e dimostreranno ci spinge con forza a intraprendere azioni concrete e politiche”.

“Da Barcellona e Milano – aggiunge Ada Colau – può nascere un network internazionale, in grado di indicare ai governi la via migliore da seguire per rispondere ai bisogni dei migranti, riconoscendoli come un’opportunità per la nostra società. Vogliamo accogliere. E vogliamo continuare a farlo. Perché nella gestione dei migranti l’Europa si gioca il proprio futuro e la propria credibilità. Le immagini che abbiamo visto in Italia, in Grecia e in altri Paesi stanno minando il progetto europeo e le sue conquiste; stanno mettendo in dubbio gli stessi principi fondanti dell’Europa”.

Il sindaco di Milano Sala aggiunge al ragionamento meneghina concretezza necessaria a una grande città a vocazione europea: “Avere un’apertura internazionale vuol dire attrarre gli studenti stranieri nelle nostre università e le grandi multinazionali che aprono sedi da noi, ma vuol dire allo stesso modo accogliere chi scappa dalla fame e dalla guerra. Quelle persone che fanno da badanti ai nostri anziani, imbiancano i muri delle nostre case, lavorano negli ospedali e nelle nostre pizzerie: quanta parte dell’economia di Milano è fatta da loro? Quanto saremmo più poveri senza di loro? Altro che alzare muri“.

Le statistiche sulla criminalità ci dicono che legare la questione della sicurezza a quella dell’immigrazione è follia, cecità politica. Una cecità che dice quanto sia caduta in basso la rappresentanza politica – tutta – di questo Paese e non solo, che si ritrova non avendo la più pallida idea sul futuro, a inseguire e a dare risposte a una sensazione diffusa tra la gente che non ha nessun legame con la realtà se non artatamente costruito da una stampa e soprattutto da una televisione irresponsabili e criminali.

Sala, abituato a confrontarsi con la realtà, ci dice che “Mettere in relazione diretta l’immigrazione con la sicurezza è sbagliato, ma aggiungo – e lo dico proprio a chi specula su questi temi – che la sicurezza aumenta anche se, dopo la prima accoglienza, c’è vera integrazione. Per farlo serve prima di tutto accorciare i tempi per la definizione dello status dei rifugiati. Ne sto parlando con il ministro Marco Minniti: non si possono aspettare due o tre anni per vederselo riconoscere, perché nessuno si può integrare se, in un certo senso, non esiste”.

E per chi sa leggere tra le righe delle dichiarazioni politiche questa frase ci dice che lo scontro con Minniti è in atto ed è anche duro. Perché, chiude ogni dubbio Sala: “È quella di sabato prossimo la vera fotografia di Milano, non quella della Centrale”.

Quindi è dovere di tutti far sì che quella fotografia venga nel migliore dei modi. Perché – lo dice Ada Colau, non Majorino o Sala – “Oggi, davanti al pericolo di una Europa – fortezza, come città e come cittadini abbiamo la responsabilità storica di intervenire per cambiare la situazione. Vogliamo accogliere. E vogliamo continuare a farlo con serietà, ma anche con allegria ed entusiasmo. Perché le manifestazioni di Barcellona e di Milano altro non sono che una festa per i cittadini di tutto il mondo, un momento di incontro e di scambio, ricco di musica, colore, gioia e solidarietà”.

E in un Paese in cui il 30 percento della popolazione è a rischio di povertà – non perché ci sia la crisi, ma perché l’Italia è il Paese europeo che meno è in grado di redistribuire le spropositate ricchezze che stanno nelle mani di pochi accumulatori seriali – non veniteci a dire che il problema sono qualche decina di migliaia di immigrati. Il problema siamo noi, che non siamo capaci di vedere che in Italia c’è una mostruosa disuguaglianza, e che non siamo capaci di rivoltarci contro il fatto che poche decine di persone detengono impropriamente più ricchezza di tutti noi messi insieme.

Ci vediamo il 20 maggio a Milano.
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Re: Manipołasion criminal dei diriti omàni ogniversałi

Messaggioda Berto » sab mag 20, 2017 7:50 am

Parassiti della solidarietà accogliente, indiscriminata e scriteriata che viola i diritti umani dei popoli, dei nativi e dei cittadini europei e italiani


Come difendersi dagli attacchi alla solidarietà - Annalisa Camilli
Annalisa Camilli

http://www.internazionale.it/bloc-notes ... a-attacchi

Nel fine settimana ho partecipato al festival Sabir a Siracusa, il festival diffuso delle culture mediterranee, come lo definiscono i suoi organizzatori (Arci, Acli e Caritas italiana e altre piccole associazioni). Il festival s’ispira a Sabir, la lingua franca parlata dai pescatori siciliani, tunisini, egiziani per i loro commerci nel mar Mediterraneo, una lingua che si serviva di parole italiane, spagnole e arabe. Proprio al mar Mediterraneo e a chi lo attraversa è stata dedicata questa terza edizione, con un’attenzione particolare alle organizzazioni che in questi ultimi anni si sono occupate di soccorrere i migranti in mare, in un momento in cui queste associazioni subiscono un attacco senza precedenti.

“Siamo stanchi di dover spiegare sempre le stesse cose”, dice Riccardo Gatti, il coordinatore della ong spagnola Proactiva Open Arms, “quello che facciamo è salvare vite umane e lo facciamo seguendo il protocollo della guardia costiera italiana e delle autorità internazionali”. Ma negli ultimi tempi accuse e sospetti sono stati amplificati da politici e mezzi d’informazione e si sono estesi a tutte le organizzazioni che si occupano di solidarietà.

Regina Catrambone, fondatrice e direttrice del Moas, un’altra organizzazione che soccorre i migranti in mare, dice che preferirebbe essere convocata dalla procura invece di doversi difendere da accuse confuse e generiche sui mezzi d’informazione. “Vivendo a Malta, ho saputo delle accuse contro di noi da amici italiani che mi hanno avvertito”, confessa. Padre Mosè Zerai, punto di riferimento della comunità eritrea in Italia e in Europa, spiega che l’offensiva contro le ong porterà a un parziale ritiro dei soccorsi e a un aumento dei morti, perché l’Europa vuole usare i morti come “deterrente, ma è già stato dimostrato che oltre a essere inumano questo metodo non funziona. Sono morte decine di migliaia di persone nel Mediterraneo negli ultimi anni, ma malgrado questo si continua a partire”.

Gli operatori che lavorano nel soccorso e nell’accoglienza sono stanchi, la campagna contro le ong che salvano vite nel Mediterraneo si è estesa velocemente a tutte le organizzazioni umanitarie. “Riceviamo su Twitter e sul telefono messaggi di ogni tipo con le accuse più gravi”, racconta Filippo Miraglia, vicepresidente dell’Arci. “Addirittura ci è stato detto che stiamo lavorando a una sostituzione etnica e queste posizioni sono state rafforzate dalle dichiarazioni irresponsabili fatte dal procuratore di Catania Carmelo Zuccaro davanti alla commissione difesa del senato”, continua Miraglia. “Un servitore dello stato non dovrebbe esprimere giudizi politici, ma dovrebbe fare il suo lavoro: svolgere indagini”. Secondo Miraglia, “Bisogna respingere tutti insieme l’attacco che coinvolge l’idea stessa di solidarietà”.

Gli effetti collaterali
In questo clima si moltiplicano le aggressioni contro gli operatori e le organizzazioni umanitarie: il 13 maggio il gruppo di estrema destra, Generazione identitaria, ha provato a bloccare la nave Aquarius di Sos Méditerranée nel porto di Catania, il 4 marzo i neofascisti di Forza Nuova hanno attaccato la sede dell’Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim), l’attivista Nawal Soufi ha ricevuto minacce da gruppi xenofobi catanesi, il 6 maggio al festival Mediterraneo downtown a Prato ha fatto irruzione un gruppo del Movimento nazionale e di Gioventù identitaria gridando lo slogan “Ong scafiste”.

Molti operatori sono sconfortati. Si trovano sempre più soli a dover gestire situazioni disperate. Valentina Brinis dell’associazione A buon diritto spiega che allo sportello legale che gestisce a Roma si presentano casi sempre più complicati, complici le leggi italiane ed europee che producono problemi invece che risolverli. “Ultimamente sto seguendo il caso di un ragazzo albanese malato terminale di tumore a cui non viene concessa la protezione umanitaria e che è in una situazione di irregolarità”, racconta.

“Un tempo si trovava sempre una soluzione per casi limite come questo e invece ora è sempre più difficile, ci si scontra con leggi complicate e irrazionali”. Anche Giorgia Girometti di Medici senza frontiere conferma le difficoltà quotidiane di chi è in prima linea: “Sulle navi di soccorso ci troviamo di fronte persone sempre più giovani, provate del viaggio e invece di pensare alla loro assistenza dobbiamo spendere molte energie per contrastare gli attacchi che riceviamo da tutte le parti”.

“A essere messo sotto attacco è lo stesso concetto di solidarietà, che da motivo di orgoglio è diventato oggetto di sospetto”, hanno scritto in un appello Arci, Caritas Italiana, Acli, Asgi, Amnesty International in cui chiedono a cittadini e associazioni di schierarsi al fianco di chi ogni giorno lavora per l’inclusione e l’accoglienza.

Ridurre i danni
Anche il quadro legislativo, tuttavia, è sempre più problematico. “Il decreto Minniti Orlando sull’immigrazione introduce un diritto diseguale, minore, per i cittadini stranieri, abolendo il secondo grado di giudizio per i ricorsi presentati dai richiedenti asilo”, spiega il senatore Luigi Manconi, presidente della Commissione diritti umani del senato. E poi c’è l’estensione della rete degli ex Centri per l’identificazione e l’espulsione (Cie), ribattezzati Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr). Ce ne sarà uno in ogni regione per un totale di 1.600 posti. Il ministro dell’interno Marco Minniti a febbraio aveva promesso che sarebbero stati diversi dai vecchi Cie, più piccoli e più attenti al rispetto dei diritti umani. “Ma la lista che è stata diffusa recentemente dal Corriere della Sera mostra che undici centri sorgeranno nelle stesse strutture dei vecchi Cie”, continua Manconi.

Dopo essersi battuto per anni per la chiusura di questi centri inumani e inutili, Manconi è stato sorpreso dalla decisione del governo di estenderli: “Erano delle strutture ormai in dismissione perché ne avevamo dimostrato l’inutilità”. Infatti secondo l’ultimo rapporto della commissione diritti umani del senato sui centri, aggiornato al maggio del 2017, negli ultimi anni “la percentuale delle persone rimpatriate dopo essere transitate dai Cie, oscilla tra il 49 e il 50 per cento”. Solo la metà delle persone rinchiuse nei centri viene in effetti rimpatriata dopo essere stata detenuta. Manconi però non si sente sconfitto e invita a pensare alla politica come un tentativo di ridurre i danni. “Nel 2014 con un emendamento abbiamo limitato i tempi di trattenimento massimo nei Cie da 18 mesi a 90 giorni”, afferma. “Faccio politica perché sono pessimista”, conclude.
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Re: Manipołasion criminal dei diriti omàni ogniversałi

Messaggioda Berto » sab mag 20, 2017 7:57 am

Utopie demenziali e criminali
viewtopic.php?f=141&t=2593

Utopie che hanno fatto e fanno più male che bene e molto più male del male che pretenderebbero presuntuosamente e arrogantemente di curare.
Totalitarismi maomettano (mussulmano o islamista), comunista (internazicomunista), nazista (fascista e nazista), globalista, idolatria cattolico-ecumenista, ...

Non esiste alcun diritto umano naturale e politico universale a migrare e ad essere accolto ovunque, indipendentemente dalla volontà degli altri ad accogliere nella loro casa, nel loro paese, città, nazione, stato, terra.


Migrare e non migrare, accogliere e non accogliere, diritti e doveri
viewtopic.php?f=194&t=2498


Non esiste il dovere assoluto ad accogliere e il diritto assoluto ad essere accolti.

I diritti umani universali a migrare e a non migrare dal proprio paese natale esistono al pari del diritto universale alla non accoglienza che però è prioritario rispetto al diritto di essere accolto.

Il diritto internazionale ad essere accolti per i rifugianti asilanti sussiste assieme al diritto alla non accoglienza, qualora non esistessero le condizioni necessarie, basilari per l'accoglienza stessa e la valutazione di tali condizioni fanno capo unicamente al paese a cui è chiesta la disponibilià ad accogliere:

condizioni demografiche, economiche, politiche, culturali che lo consentano.

Qualora non vi sia lo spazio demografico sufficente,
qualora non vi siano le risorse economiche bastanti,
qualora l'accoglienza comportasse gravi problemi politici e sociali a danno dei cittadini del paese a cui è chiesta l'accoglienza,
qualora non vi siano le compatibilità culturali, sociali e religiose tra i richiedenti ospitalità e rifugio con gli abitanti del paese a cui si rivolge la richiesta.


Accoglienza o ospitalità imposta o forzata è un crimine contro l'umanità
viewtopic.php?f=196&t=2420


Diritti Umani Universali che non esistono
viewtopic.php?f=25&t=2584
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Manipołasion criminal dei diriti omàni ogniversałi

Messaggioda Berto » sab mag 20, 2017 8:21 pm

Luca Ricolfi: sinistra cieca e ipocrita, l'unico che salva è Minniti
20 Maggio 2017

http://www.liberoquotidiano.it/news/pol ... nniti.html

A Milano va in scena oggi uno degli spettacoli più assurdi e senza senso cui non solo la città, ma l'Italia intera abbia assistito: un corteo per l'accoglienza dei migranti. Promotore e alfiere dell'iniziativa è il sindaco Giuseppe Sala. Un manager prestato alla politica che guida una giunta di sinistra.

Di sinistra è anche il sociologo Luca Ricolfi, che tuttavia dalle pagine del quotidiano Il Giorno spara ad alzo zero sull'iniziativa milanese: "Spesso chi è per l' accoglienza 'senza se e senza ma', più che non conoscere i problemi, semplicemente non ne ha. A esempio non vive in un quartiere degradato, o non abita in un alloggio popolare in cui il racket delle occupazioni, non di rado gestito da stranieri, la fa da padrone".

Inevitabile, a quel punto, un ragionamento della cosiddetta "sinistra dei salotti" o "al caviale", della quale Sala è sicuramente uno degli esempi più fulgidi: "Si tratta di una semplificazione, ma sfortunatamente esiste. Il fatto che un fenomeno non sia riducibile a una formula non ne elimina l' esistenza. Semmai tendo a pensare che la cultura di sinistra (cui dopotutto appartengo anch' io) sia capace di un repertorio di cecità, autoinganni e ipocrisie molto più esteso di quello che si può osservare nei salotti".

In questo panorama, secondo Ricolfi, uno dei pochi a salvarsi è il ministro dell'Interno Marco Minniti: "Lui è una rara eccezione. Tuttavia, se per linea-Minniti si intende quel poco che gli lasciano fare, non servirà a recuperare consenso. Se invece si intende una svolta vera, con tanto di autocritica sulle sciagurate scelte del passato, allora forse qualcosa potrebbe muoversi".

Parla da uomo di sinistra Ricolfi, e come tale si rende conto per primo che una simile svolta è uno degli eventi più improbabili dell' universo, perché qualsiasi politico di sinistra sa perfettamente che, se appena accenna a usare il cervello (il proprio cervello intendo, non quello del partito), o se per caso gli scappa di dire quel che pensa, è pronto il plotone di esecuzione dei difensori dell' ortodossia buonista: vedi la pioggia di contumelie che i vari Saviano hanno riservato alla Serracchiani, che aveva espresso un concetto di puro senso comune morale, ossia che il male che fai a un tuo benefattore è particolarmente spregevole".
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Re: Manipołasion criminal dei diriti omàni ogniversałi

Messaggioda Berto » mar mag 23, 2017 6:52 am

Natalino Balasso e la Telecoscienza
https://www.facebook.com/CarloMartelliM ... 1886150375
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Re: Manipołasion criminal dei diriti omàni ogniversałi

Messaggioda Berto » sab mag 27, 2017 7:25 am

???

Il G7 cade sui migranti: bocciato il piano italiano, vince la linea Trump
2017/05/26

http://www.huffingtonpost.it/2017/05/26 ... a_22111227

Ben 5 pagine, con riferimenti ai diritti dei rifugiati, le motivazioni di questa emergenza immigrazione senza fine, i contributi positivi dei migranti (???). Era questo, in origine, il documento che la presidenza italiana del G7 aveva preparato per il vertice di Taormina. Ma qui la bozza 'made in Italy' naufraga, inabissata dalla presidenza Usa, affondata da Stephen Miller, lo sherpa di Donald Trump deputato a trattare sul tema migranti.

Trentunenne, falco ultraconservatore: c'è Miller dietro il 'Muslim ban' di Trump. E c'è sempre Miller dietro i discorsi più infuocati del presidente. C'è stato Miller qui a Taormina a imporre la linea americana: immigrazione uguale sicurezza. Stop. Le cinque pagine italiane si sono asciugate fino alla stringata dichiarazione diffusa oggi. Questa: "Pur sostenendo i diritti umani dei migranti e rifugiati, riaffermiamo i diritti sovrani degli Stati di controllare i loro confini e fissare chiari limiti ai livelli netti di immigrazione, come elementi chiave della loro sicurezza nazionale e del loro benessere economico". L'Italia riesce a spuntare un accenno ad una "partnership" tutta da "stabilire" per "aiutare i paesi a creare nei loro confini le condizioni che risolvano le cause della migrazione". Stop.

Da Palazzo Chigi tentano di salvare le apparenze, parlando di compromesso positivo, insistono sul fatto che niente era scontato, che la dichiarazione poteva anche non contenere alcun riferimento all'immigrazione, che Trump addirittura poteva anche decidere di non venire a Taormina e snobbare il vertice dei Grandi. Ma la voce senza entusiasmo di Paolo Gentiloni, nella breve dichiarazione alle tv al termine di questa prima giornata di vertice, tradisce delusione.

Non a caso, il premier non fa il minimo accenno al tema 'immigrazione'. Con grande dispiacere, visto che il governo di Roma – già in era Renzi – ha scelto Taormina per questo G7 a guida italiana proprio per mettere i leader di fronte al Mediterraneo: bellissimo paesaggio eppure epicentro dell'emergenza.

Speranze deluse. L'unica questione sulla quale i leader trovano accordo è la lotta al terrorismo, tema che gli attentati di Manchester piazzano in primo piano. E si impegnano anche a chiedere ai grandi provider di internet di fare la loro parte contro le minacce terroristiche in rete. "Internet è molto spesso eco di atti di terrorismo", dice Gentiloni.

'Unicuum' nel suo genere a Taormina, la dichiarazione comune sul terrorismo viene firmata con grande enfasi: in diretta davanti alle tv. Gentiloni ringrazia tutti per "l'unità, l'impegno, la determinazione". La premier britannica Theresa May pure ringrazia: "Possa la forza stare con noi". Applausi, ma i volti restano tesi.

Perché per evitare il fallimento del vertice non basta il terrorismo. Sul clima per esempio non c'è speranza di chiudere alcunché. Il tema "resta sospeso", è costretto ad ammettere Gentiloni. "Gli americani hanno detto che è in corso una loro riflessione interna, della quale gli altri paesi hanno preso atto confermando il loro impegno totale per il rispetto dell'accordo di Parigi sul clima, un pezzo del nostro futuro...".

Angela Merkel affronta Trump a muso duro. "Abbiamo avuto una conversazione vivace", dice dopo un faccia a faccia con il presidente Usa sui cambiamenti cliamatici, il commercio internazionale, i rapporti con la Russia. "Abbiamo detto chiaramente che vogliamo che gli Usa rispettino l'impegno preso con l'accordo sul clima" di Parigi, aggiunge la Cancelliera. Ma nemmeno lei la spunta con Trump: "Gli Usa hanno chiarito di non aver ancora preso una decisione e che tale decisione non verrà presa qui".

A Palazzo Chigi sperano che si possa raggiungere un compromesso almeno sul commercio internazionale: ultima chance per dare una parvenza di riuscita al vertice. Ma anche su questo la discussione è a dir poco tesa. La mattinata inizia con gli spifferi sulle parole di Trump contro la Germania e il suo surplus commerciale. A Taormina spirano venti forti di guerra commerciale contro l'Europa. La Cancelliera e gli altri leader perdono terreno contro Trump, che conferma l'interesse a stabilire legami e rapporti bilaterali: con la Gran Bretagna della Brexit, il governo di Theresa May.

Succede proprio mentre gli altri stanno per iniziare la discussione sul commercio. Trump e May si vedono per un bilaterale in una pausa dei lavori del vertice. Chiariscono i dissapori dopo la fuga di notizie di intelligence dopo l'attentato a Manchester, ma soprattutto confermano l'intesa commerciale. Un accordo a due, in barba a ogni ricerca di accordo comune. "Sul commercio internazionale si sta ancora lavorando, ma sono stati individuati dei punti in comune su cui si può lavorare...", confida Gentiloni.

La speranza è l'ultima a morire. Ma la prima giornata di vertice fa pendere la bilancia dalla parte di Trump, il nuovo leader che sguazza tra le debolezze degli altri. A cominciare da quelle dell'Unione Europea, ferita dalla Brexit, sempre più debole, con gli ospiti Jean Claude Juncker e Donald Tusk che cercare invano di parare i colpi dei 'grandi'.

Qui a Taormina c'è anche chi fa notare come questo sia il primo vertice per ben quattro 'grandi': Trump, il francese Macron, May e lo stesso Gentiloni. Quattro debuttanti, normale che prevalga la volontà di piantare paletti più che la ricerca di accordo.

Ma questo è il primo G7 dell'era Trump che dà il via ad un'era per molti versi imprevedibile. Nemmeno il concerto serale nella bellissima cornice del Teatro greco di Taormina riesce a spazzare via la delusione dei leader occidentali, ognuno in abito da sera, accompagnati dai rispettivi consorti, atmosfera certo più rilassata al tramonto. Anche quello del G7?


Alberto Pento
No al centralismo e all'imperialismo egemonico e parassitario romano, statale e cattolico, del Mediterraneo a spese del resto dell'Italia e dell'Europa. No ai parassiti che traggono vantaggio manipolando i diritti e i privilegi.

Accoglienza o ospitalità imposta o forzata è un crimine contro l'umanità
viewtopic.php?f=196&t=2420

Se accogliete indiscriminatamente islamici e africani come vorrebbero le caste irresponsabili e parassitarie, criminali e demenziali, vi farete irreparabilmente del male con le vostre mani e lo farete alle vostre famiglie, ai vostri figli, alla vostra gente.

Non portarti la morte in casa, non hai colpe né responsabilità
viewtopic.php?f=194&t=2624
Non portarti la morte in casa, non accogliere chi non conosci, chi non è certificato o ha documenti falsi, chi non ti ama e può farti del male, derubarti, cacciarti di casa e magari ucciderti e sopratutto non portarti in casa chi non puoi ospitare e mantenere a tempo indeterminato e a tue spese e chi deve essere mantenuto a tempo indeterminato a spese della tua comunità deprivando così tutta la tua gente di risorse e di beni fondamentali.
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Re: Manipołasion criminal dei diriti omàni ogniversałi

Messaggioda Berto » mar giu 06, 2017 7:12 pm

Cnn, la polemica sul servizio da Londra: "Si inventano l'islam buono"
6 Giugno 2017
di Carlo Nicolato

http://www.liberoquotidiano.it/news/sfo ... 0.facebook

Per i frequentatori dei social non ci sono dubbi, quel video documenta come la Cnn abbia creato di sana pianta una fake news per dimostrare come i buoni musulmani londinesi stiano con noi, con le vittime e contro il terrorismo. Effettivamente a una prima visione l' impressione è quella, a una seconda ci si convince che è proprio così, ogni dubbio sparisce.

Nelle immagini si vede la troupe della Cnn schierata al confine della zona transennata dalla polizia tra il Borough Market e London Bridge, quella dell' attentato di sabato sera, che ha come creato un set cinematografico lasciando sullo sfondo la sagoma dello Shard, il grattacielo che campeggia sul Tamigi. Tra cameramen, tecnici e fotografi vari c'è la reporter Becky Anderson, microfono in mano, pronta ad andare in onda. A una a una, diligentemente, vengono posizionate sul set un gruppo di donne velate, accompagnate al di là della transenna, che altro non è che un nastro di plastica, da un paio di poliziotti. Si fanno chiamare «muslim mothers» e ognuna di loro ha con sé con un cartello da esporre, un messaggio di pace o di condanna; ognuna ha un mazzo di fiori che depone per terra tra le telecamere e il gruppo. L'operazione dura un paio di minuti, non di più, giusto il tempo di mettere in posa le dimostranti velate. Qualcuno tra i presenti interviene perché il gruppo si stringa un po' di più, perché nessuna sia esclusa dal campo visivo.

Tutto è pronto, manca solo il ciak. Le riprese partono: «Qui alla mia sinistra» inizia Becky Anderson «i londinesi sono venuti a curare le ferite della città. Ecco dietro di me», dice indicando il gruppo di donne come se fosse una casualità fortunata, «potete vedere un cartello con l'hashtag "turn to love", un altro con l'hashtag "for London", e poi "l'Isis non vincerà"». E infine spudoratamente: «Ed ecco i fiori posati qui a memoria di coloro che hanno perso la vita». Nulla di meno spontaneo, niente di più lontano da un reportage "on the road". Intervenendo su Twitter l'opinionista Katie Hopkins fa notare tra l'altro che esattamente lo stesso gruppo di donne poche ore prima si era già fatto fotografare in altre zone di Londra, stavolta dai giornalisti della Fox, e per dimostrarlo posta due immagini da confrontare. Anche qui non ci sono dubbi, sono loro.
La Cnn naturalmente ha una sua versione. In una serie di tweet il giornalista Brian Stelter scrive che «questa storia è tutta una sciocchezza» e spiega che in pratica un gruppo di manifestanti è stato del tutto casualmente dirottato al di là dalle transenne per fare in modo che la Cnn, ma anche altre emittenti e fotografi, potessero più agevolmente riprenderli. Spiega poi che non è affatto raro, anche nel caso di dirette televisive, che le persone da riprendere o intervistare vengano "spostate" per fornire alle immagini uno sfondo più adatto. Aggiungiamo noi che in casi di fatti eclatanti come quello di Londra le troupe televisive si muovono in branchi e generalmente stazionano anche per più giorni nello stesso posto che usano come punto di riferimento.

Nel caso di Bruxelles dello scorso anno le troupe si erano accampate di fronte al palazzo della Borsa dove la gente sulle scalinate aveva creato una specie di grosso altare di bandiere, striscioni, candele e scritte coi gessetti. Un rituale che si autoalimenta in entrambe le direzioni, con i giornalisti che accorrono dove la gente si riunisce per manifestare e la stessa gente che accorre sempre più numerosa in quanto ci sono le telecamere a documentarlo.

Verosimilmente è successo questo anche nell'area del London Bridge, ma tutto ciò non cambia il nocciolo della questione, e cioè che la Cnn ha modificato la realtà dei fatti, addomesticandoli a suo consumo. Se poi fosse vero ciò che ha detto Brian Stelter, anche se non ci risulta che da quelle parti passasse una nutrita manifestazione, ebbene la Cnn sarebbe riuscita nella non facile impresa di rendere "fake" una notizia reale. In ogni caso per la Cnn il fatto che quelle donne manifestassero spontaneamente o fossero lì apposta per farsi riprendere è poco interessante, una questione secondaria. L' importante è che passi un' altra verità, la solita buonista, cioè che tutti i musulmani stanno dalla nostra parte e che i terroristi non li rappresentano. Ma questa è quel che si dice una "post-truth", una post-verità.
Del tutto opinabile.
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