Casta ademocratica italico-europea

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Messaggioda Berto » dom giu 26, 2016 9:32 pm

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Manipolatori e malversatori dell'Ordine Naturale dei Diritti Umani Universali
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Messaggioda Berto » dom giu 26, 2016 9:33 pm

Brexit, per Mario Monti è un eccesso di democrazia. I cittadini devono subire - Il Fatto Quotidiano
Gianluigi Paragone

http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/06 ... re/2850747

“David Cameron ha abusato della democrazia”. Questa incosciente e pericolosa tesi è firmata dall’ex presidente del consiglio Mario Monti, espressa in una intervista alla Stampa. Prima di riportare altre perle del professore, vale la pena ricordare che egli arrivò a palazzo Chigi grazie ad una manovra politica dell’allora capo dello Stato Giorgio Napolitano dopo la nomina a senatore a vita.

“Non sono d’accordo con chi dice che questo referendum sia una splendida forma di espressione democratica – prosegue Mario Monti – Le dico di più. Sono contento che la nostra Costituzione, quella vigente e quella che forse verrà, non prevede la consultazione popolare per la ratifica dei trattati internazionali”. Questo è il personaggio per cui il grosso dei poteri tifò apertamente (memorabile la copertina del Time) in nome del rigore, della serietà e di tante altre belle parole che, alla prova dei fatti, quel governò tradì per manifesto fanatismo rigorista.
Mario Monti arrivò sulle ali di una convergenza internazionale (noi “complottisti” la chiamiamo sbrigativamente Troika) in spregio alla democrazia. Fu – lo ribadisco – una operazione pilotata dall’alto tradendo la democrazia più che la Costituzione. Non (mi) stupiscono quindi le affermazioni alla Stampa

“Abuso di democrazia” arriva a dire il senatore a vita commentando ciò che in Gran Bretagna solo un vile – ma da me anche sospetto – omicidio ne sta cambiando il senso. “Se anche il Regno Unito votasse per restare ormai c’è un precedente”, chiosa Monti. Insomma, i cittadini devono subire ciò che viene deciso dai più bravi, cioè le élite, per il loro bene. A prescindere. Ci provarono i greci quasi un anno fa con un referendum il cui esito è stato addomesticato dai massaggi della Troika.

Monti è il perfetto prodotto d’allevamento di quelle congreghe quali Bilderberg, Trilateral, Aspen e compagnia cantante in cui la democrazia è un impiccio dei tempi moderni. Tempi in cui a palazzo Chigi si arriva in punta di piedi, dopo manovre studiate fuori dal parlamento. Così nell’ordine ci sono arrivati Monti, Letta e Matteo Renzi. L’attuale inquilino di palazzo Chigi, infatti, non è da meno.

Come Mario Monti modificò la Costituzione inserendo il pareggio di bilancio come vincolo obbligatorio, cioè una riforma che azzera la politica anche nel caso avessimo una classe dirigente esemplare, così sta facendo Renzi. Il premier ha prodotto una riforma costituzionale che in nome della modernità taglia fuori pezzi di democrazia rappresentativa a vantaggio di comode corsie preferenziali.

Le democrazie moderne dovrebbero rappresentare l’equilibrio tra i poteri, i famosi pesi e contrappesi. Invece i contrappesi vengono sterilizzati, così da garantire alle lobby finanziarie di entrare e accomodarsi. “I voti non si contano, si pesano”, era il concetto di Enrico Cuccia. Che però restava chiuso in salotti il cui perimetro era noto. Qui i perimetri non sono né noti né stabiliti. Sono liquidi. Il grande capitale pesa e stravolge i diritti dei cittadini, trasformandoli in sudditi inconsapevoli. Nel più totale silenzio dei presidenti della Repubblica, ieri Napolitano oggi Mattarella. Monti dice bene: “Sono contento che la nostra Costituzione, quella vigente e quella che forse verrà, non prevede la consultazione popolare per la ratifica dei trattati internazionali”. Mario Monti sostiene il Sì. Ricordatevelo.
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Re: Casta ademogratega e brexit

Messaggioda Berto » dom giu 26, 2016 9:33 pm

Brexit, i Cinque Stelle scaricano Farage: "L'Europa si cambia solo restando nell'Ue"
Sul blog di Grillo, un articolo difende la permanenza nell'Unione. E prende le distanze dall'alleato nel gruppo all'Europarlamento
di TOMMASO CIRIACO
23 giugno 2016

http://www.repubblica.it/politica/2016/ ... -142654189

ROMA - Contrordine, adesso l'Unione europea può andare bene anche ai grillini. "Il Movimento cinque stelle è in Europa e non ha nessuna intenzione di abbandonarla", si legge sul blog di Beppe Grillo nel giorno in cui il Regno Unito decide se imboccare la strada senza ritorno d Brexit. "Se non fossimo interessati all'Ue - aggiunge il fondatore genovese - non ci saremmo mai candidati". Un segnale da registrare, soprattutto se si considera che a Bruxelles i pentastellati vanno a braccetto con l'Ukip di Nigel Farage, con il quale hanno costituito il gruppo "Europa della Libertà e della Democrazia diretta". Con la differenza che in queste ore la destra inglese spinge per Brexit, mentre Grillo tira bruscamente il freno a mano.

Nel post non si fa cenno al referendum sulla permanenza nell'euro promesso dal Movimento a più riprese, in caso di conquista del governo. Spicca invece una rassicurante professione di fede europeista, frutto forse anche del nuovo corso "governativo" e "istituzionale" culminato nella conquista di importanti comuni come Roma e Torino. "L'Italia è uno dei paesi fondatori dell'Ue - si legge ancora - ma ci sono molte cose di questa Europa che non funzionano. L'unico modo per cambiare questa 'unione' è il costante impegno istituzionale, per questo il M5S si sta battendo per trasformare l'Ue dall'interno".

Con un elenco di dieci domande a altrettante risposte, Grillo descrive rischi e benefici di un'eventuale uscita dall'Unione del Regno Unito. "In caso di Brexit - scrive - gli scenari sono molto difficili da ipotizzare. Gli orizzonti dipinti dai media, dai rappresentanti delle multinazionali e da molte istituzioni finanziarie che hanno interessi specifici sono catastrofici. La realtà è ben diversa e più complessa: di certo il Regno Unito e gli altri Paesi dell'UE avranno interesse assoluto a rinegoziare accordi bilaterali nelle materie di interesse comune attualmente in vigore. Il Regno Unito si libererebbe
al contempo di numerosi vincoli dell'UE in ambito di welfare, immigrazione, governance economica e finanziaria". Nessun elogio dell'Europa, insomma, ma toni comunque lontani dalle scomuniche senza appello contro Bruxelles, che hanno a lungo segnato la linea politica del Movimento.
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Re: Casta ademogratega e brexit

Messaggioda Berto » dom giu 26, 2016 9:34 pm

Come rosica Saviano: "Brexit come nazismo"
Saviano non accetta il risultato del referendum: "Brexit: ha vinto il Popolo. Me lo ricordo il Popolo, nel 1938, acclamare Hitler e Mussolini a Roma affacciati insieme al balcone di Piazza Venezia"
Ivan Francese - Ven, 24/06/2016

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 75735.html

Roberto Saviano è sotto choc. Il giornalista, esterofilo e molto liberal, non ha proprio digerito bene il voto sul Brexit e lo commenta con un post al vetriolo sul proprio sito.

"Ha vinto il popolo", titola Saviano. Che poi però attacca con parole durissime: "Me lo ricordo il Popolo, nel 1938, acclamare Hitler e Mussolini a Roma affacciati insieme al balcone di Piazza Venezia. Me lo ricordo il Popolo inebriato, esaltato, per la dichiarazione di guerra".

Quindi prosegue con un lungo predicozzo sul proprio essere europeista, "genuinamente". E una disamina sulla natura dell'Unione europea, definita "un progetto politico, nato per scongiurare conflitti, poi culturale".

Peccato che Saviano sembri dimenticare come i regimi sulle cui macerie sorse l'Europa unita irretivano e costringevano con la forza il "popolo" a scendere in piazza, spesso dopo avere conquistato il potere con le armi. Paragonare i partigiani del Leave agli italiani del 1938 è scorretto.

Il voto del Brexit è stato stabilito da un governo democraticamente eletto ed altrettanto democraticamente è stato esercitato. Mentre non considerare degno un risultato elettorale favorevole ai propri avversari, quello sì non è democratico.
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Messaggioda Berto » dom giu 26, 2016 9:35 pm

Razzisti democratici - L'intraprendente
Gianluca Veneziani

http://www.lintraprendente.it/2016/06/r ... emocratici

No, proprio non tollerano che il popolo sia andato a votare e abbia votato contro le loro idee. Sono come quelli che dicono “sì, bello il calcio, purché non si giochino le partite e comunque vinca sempre la mia squadra”. Un esercizio assurdo e un cortocircuito pazzesco (per loro, che pur si professano sacri sacerdoti della democrazia), in cui sono incappati intellò, firme di punta e direttori dei giornaloni nostrani, e politici più o meno trombati.

In cima alla top list c’è lui, il Beppe nazionale, la zazzeruto editorialista del Corsera, Sua Ovvietà Severgnini che in questi giorni si è improvvisato inviato a Londra, per raccontare (a modo suo) il clima che precedeva il voto su Brexit, con reportage così imparziali che in confronto la telecronaca del giornalista islandese durante Islanda-Austria era un sobrio commento distaccato. Beppe, per farla breve, voleva che vincesse il Remain, e non solo lo voleva e ci sperava con tutto il cuore e tutta l’anima, ma ne era anche profondamente convinto e ci avrebbe scommesso la testa e la penna, lui profondissimo conoscitore delle cose inglesi (almeno così si presenta) dai tempi degli imperdibili saggi L’Inglese e Inglesi. Lezioni semiserie (e chi non li ha letti?). Ebbene, dopo la vittoria del fronte Brexit, Beppe si è un po’ alterato, pare che i capelli gli si siano tornati neri dalla rabbia, e anche la lucidità del giornalista modello anglosassone (come vuole apparire) pieno di humour, è venuta meno. È rimasto solo il livore del tifoso sconfitto. E così il pezzo di oggi sul Corsera, anziché una cronaca o un racconto del post-voto, è una sequela di insulti a coloro che hanno osato votare e far vincere il fronte del Leave. Nella serie il raffinatissimo Beppe attribuisce loro gli epiteti di vecchi (“la Decrepita Alleanza”), ignoranti (“i cittadini meno istruiti”), nostalgici della grandezza passata, provinciali (“ne fanno parte i little Engalders di campagna”), infarcendo il suo lessico di tutto il corollario possibile del disprezzo antropologico verso l’avversario, ai limiti del razzismo; mentre il suo co-inviato Marco Imarisio ci aggiunge anche l’etichetta di “poveri”, giusto per non lasciar nulla di intentato. Insomma, ha vinto il popolo pecorone, campagnolo, poco istruito, decrepito, straccione. Il popolo bue, inapace di ascoltare la voce dei ricchi, delle élite e dei gggiovani. Sono loro che trainano il mondo (vero, gggiovane Beppe?), ma i vecchioni rimbambiti e incolti e zotici inglesi non l’hanno afferrato.

Il mito giovanilista attecchisce pure dalle parti di Repubblica, il cui direttore Mario Calabresi – altro convinto filobritannico e filo-atlantico, almeno a parole – se la prende sempre con loro, i vecchiacci britannici, quei nonni rincitrulliti che “si stanno lasciando incantare da chi racconta che rimettere muri, frontiere, filo spinato servirà a farci vivere più tranquilli, sicuri, sereni”. Non hanno capito niente quei bavosi pensionati del Leave, non hanno capito che “la democrazia diretta e i sondaggi in tempo reale non risolvono magicamente i problemi” e “non esistono sempre soluzioni semplici e a portata di mano”.

La morale è che hanno sbagliato, e di brutto. Sbagliato a esercitare il loro diritto di voto. E a votare sì alla Brexit. Una massa di fessi e irresponsabili. In altri tempi li si sarebbe definiti “coglioni”. Ma se lo dicono oggi Severgnini e Calabresi, parole sacrosante. Se diceva queste cose degli avversari Berlusconi, apriti cielo…

Vabbè. Roberto Saviano, altro raffinatissimo intellettuale molto democratico, alza ancora l’asticella e oltre a prendersela col Popolo bue, ignorante e un pochino stupido, ci aggiunge pure che è fascista. Sì, leggersi il suo post in cui paragona il voto su Brexit nientedimenoche alle adunate oceaniche del ’38 all’arrivo di Hitler a Roma (e che c’azzecca?) o a chi plaudiva quando veniva mandato al confino Altiero Spinelli perché oppositore del regime. Che sono paragoni non solo completamente sballati, ma pure offensivi, visto che così si dà dei nazi-fascisti proprio a quegli inglesi che il nazifascismo lo hanno combattuto davvero, con le armi e con le vite, non con le parole a vanvera di Saviano…

Ma che ci vuoi fare. La democrazia è un esercizio bellissimo solo se vincono quelli che dico io. Altimenti è meglio che non ci sia. E a questo filone appartiene sicuramente lo snobbissimo Mario Monti che già l’altro giorno aveva detto cosa ne pensava lui del referendum, definendolo “un abuso di democrazia” (e d’altronde, come biasimarlo, lui che per arrivare al potere non è passato nemmeno per sbaglio dalle urne). E che, non pago, durante il programma di Mentana l’altro giorno ha lasciato intendere la sua opinione sulla volontà dei cittadini. Sintetizzando, il Monti-pensiero è che “le decisioni che incidono sul futuro di molti popoli non dovrebbero essere dettate dal voto popolare”. Ci deve essere qualcun altro che decide per loro, capite? Ci deve essere qualcuno che ammaestri il gregge, lo guidi, lo plagi e scelga al suo posto. Il popolo, lasciato a sé, è irresponsabile e capace di grandi nefandezze. È come un bambino ingenuo o come un vecchio rincoglionito. Abbisognano entrambi di una baby-sitter o una badante.
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Re: Casta ademogratega tałego ouropea e brexit

Messaggioda Berto » dom giu 26, 2016 9:36 pm

SE IL POPOLO LI SFIDUCIA, LORO SFIDUCIANO IL POPOLO

https://www.facebook.com/Antonio-Socci- ... 8327060719

Nei giorni scorsi è emerso più volte l'istinto elitario e antidemocratico delle caste europee, che hanno visto con grande sdegno il referendum britannico.
Ma che oggi sia addirittura il giornale dei vescovi italiani a teorizzare che devono continuare a decidere le caste e non i popoli, la dice lunga su quanto la Chiesa bergogliana sia allineata al Potere e totalmente svuotata.

Ecco infatti cosa scrive oggi "Avvenire":
"Se il progetto europeo si è costruito nel tempo, con leader lungimiranti e capacità di sacrificare egoismi di corto respiro, il referendum britannico ci dice che il ricorso alla democrazia diretta in questa forma e su questi temi può non essere una buona via".

TRADOTTO SIGNIFICA: SE I POPOLI BOCCIANO QUELLE CHE DECIDONO LE CASTE E' MEGLIO PRIVARLI DELLA POSSIBILITA' DI DECIDERE.

Vince la retorica della paura. Il fallimento di Cameron
Andrea Lavazza
24 giugno 2016
http://www.avvenire.it/Commenti/Pagine/ ... paura.aspx

Nel segreto dell’urna, i britannici hanno detto addio all’Europa. Non era un risultato imprevisto fino a un paio di settimane fa. Quando la Brexit era soltanto un’ipotesi cavalcata dagli euroscettici, i sondaggi davano un leggero vantaggio dei favorevoli. All’avvicinarsi del giorno del giudizio, però, era sembrato che gli elementi di realtà potessero fare premio sulle tentazioni isolazionistiche. Le ricadute economiche e finanziarie, il ritorno dei controlli sui viaggi e gli spostamenti, le minacce di “ritorsioni” degli altri Paesi, tutto aveva riportato a una previsione di vittoria del “no” al distacco da Bruxelles. Le Borse fino a poche ore prima della chiusura dei seggi avevano corso in territorio positivo, con la convinzione che il pericolo fosse scampato.

E se all’avvio dello scrutinio gli ultimi sondaggi e gli umori politici avevano fatto esultare Cameron e ammettere una possibile sconfitta da parte del leader dell’Ukip Farage, la notte dello spoglio ha riservato la sorpresa più grande. Uno choc che sta facendo tremare i mercati e i palazzi della politica. Farage è tornato a festeggiare, parlando di “indipendenza” raggiunta, mentre il premier che ha giocato con il fuoco del referendum proprio per non perdere voti alle elezioni contro i populisti si trova ora come un apprendista stregone dalle dita bruciate.

In gioco il progetto europeo
Ma, ovviamente, non c’è in gioco soltanto il destino del governo in questo risultato che ha il peso di un terremoto globale. L’Unione europea non potrà non provare a ripensare il proprio futuro. E dovrà farlo in fretta adesso che altri movimenti euroscettici prenderanno slancio dal voto britannico. Non ci si può nascondere che il fattore chiave della Brexit sia stato, alla fine, il tema delle migrazioni. Tra la gente del Paese profondo, non la Londra multietnica che ha scelto il Remain, ha fatto breccia la paura di un’invasione che non c’è, ma che è tuttavia percepita, frutto di una retorica allarmistica di tanti politici, ma anche dell’incapacità europea di provare a gestire con cuore ed efficienza un fenomeno epocale.

Rischio di “ognuno per sé”
Che cosa succederà ora è presto per dirlo. Le forti turbolenze sulle valute e sugli scambi azionari verranno probabilmente assorbite nel breve periodo. Quello che diventa a rischio è il progetto di integrazione continentale, con il possibile prevalere delle spinte centrifughe, che potrebbero fare sì che l’Unione si paralizzi e riduca al minimo il proprio slancio, nel timore di suscitare altre reazioni di rigetto. Vorrebbe dire il prevalere degli interessi nazionali con un “ognuno per sé” che impedirebbe di realizzare proprio ciò che oggi serve di più. E allora anche l’Italia si troverebbe ancora più sola ad affrontare tempeste sullo spread come aumenti degli sbarchi sulle proprie coste.

Un voto per il proprio cortile
Se il progetto europeo si è costruito nel tempo, con leader lungimiranti e capacità di sacrificare egoismi di corto respiro, il referendum britannico ci dice che il ricorso alla democrazia diretta in questa forma e su questi temi può non essere una buona via.

La gente deve decidere, certo, e il voto va rispettato. Ma non sempre avremo scelte meditate e accorte. La retorica della paura ha facilmente buon gioco, nel segreto dell’urna tanti inglesi hanno pensato più al loro cortile che al loro Paese. E potrebbero presto pentirsene. Tutti però dobbiamo oggi fare i conti con i pesanti effetti della loro croce apposta sulla casella “Leave”.
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Re: Casta ademogratega tałego ouropea e brexit

Messaggioda Berto » dom giu 26, 2016 9:36 pm

Veltroni: "Democrazia in pericolo, sinistra dia subito risposte
Intervista all'ex segretario del Pd. "Bisogna farsi carico del disagio sociale e riuscire a progettare una società nuova. Dal governo cose importanti, ma a Renzi dico di riflettere sull'Italicum"
di SEBASTIANO MESSINA
26 giugno 2016

http://www.repubblica.it/politica/2016/ ... -142827182

ROMA. Quando gli chiedo cosa pensi delle tempeste politiche che investono l'Europa, Walter Veltroni mi risponde aprendo un libro che ha sulla scrivania: "Vediamo distintamente come tutte le cose che una volta ci apparivano salde e sacre, si siano messe a vacillare: verità e umanità, ragione e diritto. Vediamo forme di governo che non funzionano più, sistemi di produzione che agonizzano. La rimbombante macchina di questo nostro tempo formidabile sembra in procinto di incepparsi". Poi posa il libro, La crisi delle civiltà . "Johan Huizinga scriveva queste parole nel 1933. Molti pensarono che esagerasse. Ma poi scoppiò la guerra, e lui morì nel 1945, prigioniero dei nazisti".

Lei pensa che il vento di follia che soffia sull'Europa sia lo stesso degli Anni Trenta?
"Ci sono dei momenti della storia in cui, per slittamenti progressivi, improvvisamente diventa plausibile l'implausibile. C'è una parola che non possiamo e non vogliamo pronunciare, ma l'ha pronunciata Papa Francesco quando ha parlato di una Terza Guerra Mondiale. L'Europa è stato il grande antidoto alla guerra: popoli che si erano fatti la guerra scoprivano la bellezza della pace, gli ex nemici si stringevano la mano. Ma oggi, purtroppo, le cose stanno cambiando. E quello che più mi spaventa è la totale assenza di quella che il cardinal Martini chiamava "l'intelligenza complessiva delle cose". È come se ci fossero davanti a noi dieci indizi di un assassinio, e la politica fosse come l'ispettore Clouseau, che non riesce a metterli insieme. La vittoria di Trump alle primarie, il voto austriaco, la Brexit, l'ascesa di Marine Le Pen, i muri che risorgono nell'Est Europa. Che altro deve accadere, perché ci si renda conto che siamo in un tempo della storia nuovo, carico più di pericoli che di possibilità?".

Qual è il principale pericolo che lei vede, leggendo questo quadro di indizi?
"La crisi della democrazia. Perché non è detto che la democrazia, che è necessariamente processualità e delega, in una società così frenetica, presentista ed emotiva sia la forma di governo considerata naturale. Nascerà alla fine un pericoloso desiderio di semplificazione dei processi di decisione".

Cosa si può fare per allontanare questo pericolo?
" Accelerare nella direzione degli Stati Uniti d'Europa. Ma subito, perché i margini di tempo non sono infiniti. Altrimenti un'Europa fredda, lontana e censoria che non accende nessuna speranza verrà sancita ,nella sua fine, dal dilagare di questo virus nazionalista e antieuropeo".

Cosa c'è, nel vento di destra che soffia da una parte all'altra del pianeta?
"Oggi il mondo è dominato dalla precarietà e dalla paura. Un mix pericolosissimo. E se la politica non si rende conto che siamo all'alba di un nuovo mondo, continuerà a pensare che si possa essere di sinistra o di destra come lo si era nel Novecento. Oppure, errore ancora più grave, comincerà a pensare che non esistano destra e sinistra. È vero che l'orizzonte socialdemocratico è in crisi, perché è finita la società nella quale erano inscritte le idee del socialismo, del comunismo e della socialdemocrazia, ma non è finita la missione storica della sinistra: quella di essere giustizia sociale, equità, opportunità, diritti".

Ma a volte si ha la sensazione che sia la sinistra, per prima, a non rendersene conto...
"Perché, finite le ideologie, ha smesso di immaginare un mondo diverso. E oggi è schiacciata sul presente, sembra una forza che garantisce la continuazione di una società che ha un livello di ingiustizia, di diseguaglianza, di precarietà, e dunque viene investita dalla protesta della gente. Ma è possibile che la sinistra non abbia l'intelligenza, la modernità, il coraggio di progettare una nuova società?".

Nel giro di cinque giorni abbiamo avuto la vittoria a sorpresa di Grillo nelle città e il voto inglese per l'uscita dall'Europa. Quale di questi due risultati è più allarmante, per un italiano di sinistra?
"Il secondo, senza dubbio. Diciamoci la verità: nel voto ai Cinque Stelle c'è tanto voto di sinistra".

È un voto perduto, per la sinistra?
"No, non lo è. È un voto che racconta di uno smarrimento, di una protesta, di una rabbia. Ma non è perduto. A condizione che la sinistra sappia cambiare".

Lei è stato il primo segretario del Pd, oltre che uno dei suoi fondatori. Il partito oggi è nella tempesta, e c'è chi minaccia di non votare più neanche la fiducia al governo Renzi. È svanito il sogno del Partito democratico?
"Io mi ostino a pensare che quel sogno non sia svanito. Penso che se non ci fosse il Pd il Paese sarebbe esposto a rischi molto maggiori. E allora, non da fondatore ma da italiano dico: non sciupate il Pd. Non dividetelo. Lo dico a tutti, a chi ha le massime responsabilità e a chi si oppone. E aggiungo tre cose. Primo, questo governo deve essere consolidato: se noi oggi avessimo in Italia una crisi di stabilità, le conseguenze sarebbero devastanti. Secondo, bisogna esercitare la funzione di guida del Pd, avendo una maggiore capacità di inclusione. Questo non è un momento in cui basta dire: io ho fatto. Bisogna farsi parte del disagio sociale. Bisogna farsi carico del fatto che c'è un dolore, un malessere, esteso in tutta la popolazione, e assumerlo dentro di sé".

E la terza cosa?
"Il Pd è il Pd. Non deve essere la prosecuzione dei vecchi partiti e delle vecchie correnti. È una cosa nuova, è la sinistra riformista del nuovo millennio".

Eppure perde voti. Perché?
"Per molte ragioni. Oggi perde voti chiunque è identificato col potere. Il governo ha fatto cose importanti, penso innanzitutto alla legge sulle unioni civili. Ma la recessione agisce in profondità. Ed è a quella profondità che la sinistra riformista deve tornare".

Per esempio facendo propria, magari rimodellandola, la proposta grillina del reddito di cittadinanza?
"Tutto quello che dà stabilità, sicurezza e tranquillità alle famiglie italiane in questo momento è da studiare . Il welfare va ripensato. Noi dobbiamo evitare che il cittadino moderno sia lo spettatore rabbioso di qualcosa che sente sempre più lontano".

Cosa dovrebbe fare Renzi per recuperare il consenso degli italiani?
"Per esempio evitare che un referendum sul rafforzamento della democrazia diventi un'elezione politica camuffata. È la prima cosa da fare. Anche perché altrimenti quelli che sono contro il governo finiscono con l'essere , numericamente, più di quelli a favore. Poi, alla luce di quello che sta accadendo, bisogna fare una riflessione sulla legge elettorale".

Lo dicono in molti, ma non tutti chiedono la stessa cosa. Come bisognerebbe cambiarla?
"Bisogna tener conto che oggi il Paese non è più bipolare ma tripolare. Le soluzioni possono essere diverse. Purché non venga meno il punto dal quale si è partiti: dalle elezioni deve uscire un governo, lo devono scegliere i cittadini e deve durare per cinque anni. Lo scettro deve tornare agli elettori, e non alle alchimie dei partiti. E' la democrazia
che deve rigenerarsi. Il ricorso alla democrazia diretta come fuga dalla responsabilità della politica è sbagliato. Immagini se Roosevelt avesse promosso un referendum per chiedere se i giovani americani dovevano andare a morire per la libertà dell'Europa...".
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Re: Casta ademogratega tałego ouropea e brexit

Messaggioda Berto » dom giu 26, 2016 9:37 pm

GOOD BYE EUROPA: POLITICI CENTRALISTI E BUROCRATI MAI ELETTI TREMANO
di GERARDO COCO

http://www.miglioverde.eu/good-bye-euro ... i-tremano/

Con il voto del 24 giugno scorso, la Gran Bretagna ha deciso di abbracciare il resto del mondo e la globalizzazione senza passare per l’Unione Europea. Il voto segna uno spartiacque tra globalizzazione e centralizzazione. Dopo il Brexit dobbiamo aspettarci, più autonomia, più sussidiarietà più decentramento del potere politico e i partiti politici tradizionali devono prendere atto di questo trend e adattarsi. L’Europa non è una nazione ma un continente, una babele di lingue e culture dove è impossibile creare una base di consenso popolare e un sentimento di appartenenza comune. Assurdo cercare di tenerla unita whatever it takes. Ma siccome nessun politico è disposto a riconoscerlo l’Unione perirà tutta insieme in modo traumatico.
Altro che Brexit.
Una stupida e ignobile propaganda afferma che senza centralizzazione ed unione politica ci sarebbe il caos, ma è esattamente il contrario e gli argomenti contro il Brexit hanno toccato il ridicolo. Alla vigilia della votazione, il presidente del consiglio europeo Donald Tusk, che passa per studioso di storia, affermava: “Il Brexit è il principio di un processo di distruzione non solo europeo ma dell’intera civiltà occidentale”. Come se quest’ultima fosse stata creata da burocrati come lui. La dissoluzione di alcuni fondamenti della civiltà occidentale è cominciata proprio con quell’Europa centralizzatrice che, istituendo principi come il bail in, ha trasformato il ruolo secolare delle banche da custodi dei diritti di proprietà in agenti spoliatori dei governi; ed eliminando il tasso di interesse, ha soppresso il diritto alla rimunerazione del risparmio; due tipi di misure che neppure l’economia nazifascista, la più regolata dei tempi moderni, aveva applicato.

Gli standard di vita si sono abbassati, le prospettive di lavoro svanite e la disoccupazione giovanile a livelli che nessuna società può sopportare. E tutto questo è il frutto della nuova civiltà europea.
Vogliamo una società guidata da cittadini elettori o da politici non eletti che, insuccesso dopo insuccesso, impongono la loro volontà senza ripensamenti? Vogliamo per i cittadini responsabili più libertà di guadagnare e risparmiare o più potere per un superstato i cui rappresentanti non pagano di tasca propria per gli errori che fanno ma attingono a quelle dei cittadini? La risposta dei britannici è stata chiara.
L’Europa è un processo di integrazione politica coercitivo il cui completamento, come diceva il secondo presidente della Banca Centrale Europea, Jean-Claude Trichet, richiede la centralizzazione delle politiche fiscali degli stati membri, impossibile da attuare finché il Regno Unito fosse rimasto un centro finanziario indipendente con una sua banca centrale e col potere di finanziare il proprio governo. Non si può ammettere che un paese così importante resti in Europa mantenendo il privilegio della propria moneta. Pertanto, dopo una fase transitoria, l’obiettivo era di allargare “l’occupazione monetaria” alla sterlina, sostituirla con l’euro ed eliminare il potere internazionale della City. Risultato: fine dell’indipendenza inglese. Ora il Brexit ha interrotto questo processo. Ma c’è dell’altro.
L’integrazione politica europea è sempre stata sostenuta dall’amministrazione americana. Infatti, per imporre la loro politica estera, gli Stati Uniti volevano trattare con un unico interlocutore marionetta piuttosto che, separatamente, con i singoli governi europei, alcuni dei quali potevano dimostrarsi riottosi. All’occupazione monetaria doveva seguire quella diplomatica e così è stato (vedi guerra in Medioriente e sanzioni alla Russia). Lo scorso aprile, a un mese dal Brexit, il presidente americano Obama faceva visita a David Cameron per ammonirlo: “David, il Brexit non sa da fare”, e da quel momento abbiamo visto il primo ministro inglese lanciare anatemi come un forsennato contro il Brexit. Qualche settimana dopo, la deputata laburista Jo Cox veniva assassinata in circostanze non ancora chiarite.

Anche Obama si è permesso di arringare gli elettori britannici, evocando scenari catastrofici sull’uscita dall’Unione. La posta in gioco era alta: Obama sapeva che l’abbandono del Regno Unito avrebbe indebolito la NATO, uno strumento che oggi serve solo a sanzionare la Russia. Cosa succederebbe se altri paesi seguissero l’esempio britannico? L’Europa si frazionerebbe, gli USA perderebbero il loro servile interlocutore unico e la Russia si rafforzerebbe. Per capire quale sarà la nuova versione europea bisogna aspettare il dopo elezioni americane a novembre e ne vedremo delle belle. Se Hillary Clinton venisse eletta, poveri europei, saranno costretti da una parte ad accettare, con ogni tipo di ricatto, l’accelerazione del processo di integrazione politica, dall’altra a subire le conseguenze della distruttiva politica estera americana.
Dopo il Brexit i mercati sono collassati. Ma non si creda che sia stato per l’uscita di un paese che in Europa ci stava con un piede solo. La vera ragione è il livello dei debiti stratosferici in tutto il mondo che le banche centrali hanno finora sostenuto, ma che non sono più in grado di controllare. Il Brexit è stato solo un catalizzatore e la carneficina nei mercati è appena iniziata. Good Bye Europa.
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Re: Casta ademogratega tałego ouropea e brexit

Messaggioda Berto » dom giu 26, 2016 9:37 pm

Vittorio Feltri e l'appello di Libero: "Referendum anche per l'Italia - Italia - Libero Quotidiano
26 Giugno 2016

http://www.liberoquotidiano.it/news/ita ... talia.html


Conviene metterla sul ridere. Non mi ero mai divertito tanto quanto ieri leggendo i commenti dei giornali sull' esito del referendum che ha decretato l' uscita della Gran Bretagna dal circo europeo, popolato di squali della finanza e da opportunisti di varia estrazione. Gli editorialisti più avveduti si sono lasciati trascinare dalla disperazione.

Il mio amico Antonio Polito, giornalista scafato, addirittura ex parlamentare della Margherita (appassita), firma del Corriere della Sera, ha scritto una frase strappalacrime: «La storia non cammina sempre in avanti. Ogni tanto si ferma, talvolta torna sui suoi passi». Sapete perché? I cittadini britannici hanno votato contro l' Ue. Come dire che se tuo fratello non è d' accordo con te su una qualsivoglia questione significa che è retrogrado, praticamente un coglione con gli occhi aperti sul passato e chiusi sul presente e il futuro. Sullo stesso giornale borghesuccio, diretto da Luciano Fontana, un simpatico ex comunista, Lucrezia Reichlin si sfoga bistrattando coloro che, idioti la loro parte, hanno detto no a Bruxelles. Secondo Polito, chi non sta da una certa parte, sbaglia per ignoranza.
La Repubblica la butta sul conflitto generazionale. Il direttore Calabresi, detto l' orfano, afferma candidamente che i giovani sono stati castigati dai vecchi rimbambiti che hanno voltato le spalle alla macchina burocratica che governa il Vecchio Continente.
Ciascuno ha le proprie opinioni che però, se non coincidono con quelle di lorsignori, sono espressioni di demenza senile. A nessuno viene in mente che in democrazia decide la maggioranza, le cui scelte vanno rispettate e non respinte con sdegno.
Ma non è questo il punto più importante. La stampa italiana, e in genere quella europea, ha segnalato, per dimostrare la follia del voto britannico, che tutte le Borse della comunità hanno reagito negativamente al risultato nefasto del referendum inglese, perdendo dall' otto al dieci per cento. Vero. Verissimo. Ma ha trascurato di precisare che Londra, invece, è andata sotto soltanto del tre per cento. Una percentuale fisiologica l' indomani di un terremoto.

Riflessione. Se i mercati londinesi sono andati molto meglio degli altri vuol dire che la situazione non è grave per gli inglesi, semmai lo è per i Paesi ancora legati all' Ue. Reazioni? Zero. Transeat.


A noi di Libero non importa nulla del piagnisteo europeista. Piuttosto ci sta a cuore la democrazia, che in Italia non gode di molti estimatori. Ecco perché chiediamo che anche a noi venga offerta, come agli inglesi, l' opportunità di esprimerci sul delicato tema: vogliamo o no confermare attraverso un referendum il nostro legame a Bruxelles e alla moneta unica? Affidiamo ai nostri compatrioti il compito di stabilire se andare di là o restare di qua. Organizziamo un bel referendum consultivo, identico a quello britannico, per sapere come la pensano i connazionali. A consultazione effettuate ci uniformeremo alla volontà del popolo. Esso indicherà che dobbiamo rimanere in Europa? Ok. No problem. Nulla da obiettare. Se però dimostrerà col suffragio che preferisce l' indipendenza, indipendenza sia. Non esiste una terza via in democrazia.
Ciò che conta è non imporre le tesi dei soliti noti, cioè dei Prodi e dei Ciampi di turno, ovvero uomini che si sentono superiori ai comuni mortali e in diritto di obbligarci a seguirli anche all' inferno. Un Paese democraticamente evoluto non ha paura della gente, ma la serve, ne segue le indicazioni o, se del caso, si dimette senza obiettare. Siamo edotti che i professori alla Mario Monti (una moltitudine) hanno orientamenti diversi nella convinzione di essere menti superiori e, pertanto, abilitati a sostituirsi agli elettori nel deliberare su materie quali i trattati internazionali. Ma la loro è presunzione.
Spocchia. Noi supplichiamo di essere ascoltati. Desideriamo essere consultati come sono stati consultati gli inglesi. Desideriamo votare. Per ottenere questo diritto invochiamo l' aiuto o almeno l' appoggio di partiti sensibili, quali la Lega, i Fratelli d' Italia e il M5S.
Ai nostri lettori rivolgiamo una preghiera: ci inviino la loro firma a sostegno del referendum. Facciano sentire la loro voce che, unita alla nostra, qualcosa potrà portare a casa.
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Re: Casta ademogratega tałego ouropea e Brexit

Messaggioda Berto » lun giu 27, 2016 5:17 am

Il volto dittatoriale della sinistra che condanna la democrazia perché ha espresso il Brexit
di Vittorio Zedda 25/06/2016

http://www.magdicristianoallam.it/blogs ... rexit.html

Cittadinanza attiva

"La democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte quelle forme che si sono sperimentate fino ad ora." (Winston Churchill, 1947).
A proposito di Brexit. Ancora si dà addosso al voto "degli sprovveduti". La sinistra rispolvera il vecchio arnese della superiore consapevolezza delle élite politiche, nonché il ruolo della democrazia rappresentativa, ovviamente senza controllo popolare, che dà sempre molto fastidio.

E come no, s'è vista, la consapevolezza, e pure l'élite: hanno portato l'Europa allo sfascio economico, sociale e politico. Con la Grecia in miseria; il sud dell'Europa in bilico; l'immigrazione gestita nel modo peggiore; la moneta-debito; la UE guidata da una congrega di "nominati" che assomma in sé potere legislativo ed esecutivo; l'unità del continente di fatto affidata alla BCE, che regge i cordoni della borsa; un parlamento europeo pletorico con nessun effettivo potere; una politica estera a guida USA; una politica economica a guida Merkel ; una politica di difesa inesistente ed eterodiretta ; una politica industriale e produttiva che affossa l'agricoltura italiana e progressivamente deindustrializza il nostro paese; una politica della sicurezza che serve solo a far la conta delle centinaia di vittime del terrorismo, da Madrid, a Parigi, a Bruxelles.

E mi fermo qui, perché l'elenco è lungo e pure noto a chi usa la testa. I popoli europei volevano e vogliono ancora l'Europa, ma questa che hanno è un tradimento dell'Europa che volevano. E l'Italia, che è comunque parte della UE, è guidata dal superstite di una faida interna al PD, che ha detronizzato Letta, e non si sa il perché, in favore di Renzi, e il perché temiamo di saperlo. E già, ma il presidente della Repubblica può,,,ecc. ecc..

Ma quando la democrazia formale soppianta la democrazia sostanziale vuol dire una cosa incontestabile: che solo la prima è funzionale a far da stampella a quest'Europa, attraverso chi s'è prestato, o venduto, a questo gioco. Continuando così chi si meraviglierebbe più se alla "Brexit", per dirla all'inglese, seguisse un' "UscITA", per dirla in italiano?
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