Diritti umani dei nativi e degli indigeni europei

Diritti umani dei nativi e degli indigeni europei

Messaggioda Berto » ven gen 29, 2016 8:15 am

Diritti umani dei nativi e degli indigeni europei
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... =25&t=2186

Diritti Umani dei Nativi e degli Indigeni
https://www.facebook.com/DirittiUmanide ... liIndigeni
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Diriti omàni dei nativi e de łi endexeni

Messaggioda Berto » ven gen 29, 2016 8:16 am

Diriti e doveri omani naturałi e ogniversałi

viewtopic.php?f=205&t=2150
viewforum.php?f=205


La solidarietà se non è libera è una forma di schiavitù, lo stesso vale per l'accoglienza e l'ospitalità. Il nostro diritto, come indigeni, ad accogliere o non accogliere viene prima del diritto degli altri, dei foresti, ad essere accolti se veramente bisognosi. Se fossimo comunque obbligati ad accogliere saremmo soltanto degli schiavi. Oltretutto accogliere e ospitare gli islamici che poi cercheranno di imporci con la violenza il loro Dio del terrore e la sua legge disumana è da irresponsabili e da dementi. Gli uomini di stato che si prestano a tale operazione violano la legge fondamentale della nazione, della solidarietà nazionale indigena e sono imputabili di alto tradimento: vanno arrestati, imprigionati, condannati e se il caso fucilati come in tempo di guerra.

Chiudere ai migranti irregolari e selezionare con attenzione chi può entrare e chi no, come si fa in ogni casa di tutto il mondo. Far entare assassini, stupratori, ladri e parassiti è da irresponsabili e da dementi. Aiutare se si può e soltanto la buona gente che ti rispetta e ti è riconoscente; gli altri niente e via.
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Re: Diriti omàni dei nativi e de łi endexeni

Messaggioda Berto » ven gen 29, 2016 8:17 am

Dirito de axiło e limiti de sto dirito

http://www.treccani.it/enciclopedia/dir ... rnazionale

Istituto che consiste nella protezione accordata da uno Stato a individui che intendono sottrarsi nello Stato di origine a persecuzioni fondate su ragioni di razza, religione, nazionalità, di appartenenza a un particolare gruppo sociale o di opinioni politiche. Il diritto d’asilo non va confuso con lo status di rifugiato, disciplinato dalla Convenzione del 1951 (Rifugiati. Diritto internazionale). Nella prassi si distingue altresì l’asilo territoriale, che viene concesso dallo Stato sul suo territorio, dall’asilo extraterritoriale o diplomatico, accordato dallo Stato all’estero nelle proprie sedi diplomatiche o consolari (Agenti diplomatici, Consoli).
La disciplina dell’asilo. - Al livello internazionale, l’asilo non si configura come un diritto soggettivo dell’individuo a ottenerlo, ma come un potere discrezionale dello Stato, cui spetta decidere, nell’ambito dell’esercizio della propria sovranità, se concederlo.
Per quanto riguarda l’Italia, l’art. 10, co. 3, della Costituzione stabilisce che lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge. Nel diritto internazionale, non esiste una normativa specifica che regoli la condotta degli Stati in materia di asilo. Il diritto di concedere l’asilo può però subire limitazioni in base ai trattati internazionali di cui lo Stato è parte, specie quelli di estradizione.
Al livello universale, il diritto di asilo è menzionato in alcuni atti dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite di carattere non vincolante – come l’art. 14 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (Diritti umani. Diritto internazionale) e nella Dichiarazione del 1967 sul diritto di asilo territoriale) – mentre a livello regionale sono stati stipulati alcuni accordi, in particolare tra gli Stati latino-americani (Convenzione sull’asilo dell’Avana del 1928, Convenzione sull’asilo politico di Montevideo del 1933, Trattato sull’asilo e il rifugio politico di Montevideo del 1939, Convenzione sull’asilo diplomatico di Caracas del 1954).

https://www.unhcr.it/sites/53a161110b80 ... ionale.pdf
http://www.studiperlapace.it/view_news_ ... =cherubini
http://www.asgi.it/wp-content/uploads/p ... o.2012.pdf

Uno stato non può privare delle risorse fondamentali i suoi cittadini, limitando e violando i loro diritti, per far fronte al diritto di asilo vero o presunto dei non cittadini richiedenti asilo o rifugio, quando il loro numero eccede una quantità economicamente sostenibile o quando i richiedenti asilo possono mettere a rischio la sicurezza esistenziale, sociale e politica dei cittadini stessi.
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Re: Diriti omàni dei nativi e de łi endexeni

Messaggioda Berto » ven gen 29, 2016 8:17 am

Dirito dei nativi a ła so defexa

Ouropa e migranti-refuxanti
viewtopic.php?f=194&t=1440

Basta migranti. basta islamici
https://www.facebook.com/groups/altridi ... 8469520831


???
HRW: calano diritti umani in Europa con migranti e stragi Parigi

http://www.firstonline.info/a/2016/01/2 ... a169e75eaf

Washington, 27 gen. (askanews) - I timori suscitati dagli attentati di Parigi e l'afflusso senza precedenti di migranti hanno avuto un impatto negativo sui diritti umani in Europa nel 2015: lo sostiene Human Rights Watch (Hrw) nel suo rapporto annuale. Se i rapporti precedenti della autorevole Ong newyorkese per la difesa dei diritti umani si concentravano sulle zone di conflitto, quello del 2015 si apre sulla crisi dei migranti e sulle misure adottate nel vecchio continente dopo gli attentati perpetrati nella capitale francese. "I timori di attacchi terroristi e il potenziale impatto dell'afflusso di rifugiati hanno portato ad una riduzione visibile dei diritti umani in Europa e in altre regioni", scrive Kenneth Roth, direttore della Ong, in un rapporto di oltre 650 pagine apparso oggi.

Sulla scia degli attentati del 13 novembre, i deputati francesi hanno adottato una legge che ha instaurato lo stato di emergenza che conferisce poteri speciali alle prefetture e permette al governo di adottare provvedimenti eccezionali come il coprifuoco o le manifestazioni. Prevede inoltre perquisizioni amministrative in ogni momento senza l'autorizzazione giudiziaria e gli arresti domiciliari per chiunque esistano delle ragioni valide per sostenere che costituisca una minaccia per la sicurezza.

Si tratta di misure che "sollevano delle preoccupazioni" quanto alle libertà di circolazione, di associazione e di espressione, afferma Hrw, preoccupata anche dei metodi della polizia francese quando si basano sull'apparenza. Roth sottolinea anche "una islamofobia flagrante e una stigmatizzazione dei rifugiati" negli Stati Uniti, dove il candidato alla nomination repubblicana alla Casa Bianca, Donald Trump, ha consigliato di chiudere le frontiere ai musulmani, ma anche in Europa, dove dei deputati sostengono di temere le inflitrazioni di jihadisti fra i migranti provenienti dalla Siria o dall'Afghanistan.

"In larga misura, la preoccupazione dell'Europa relativa ai nuovi rifugiati come minaccia terroristica è una pericolosa distrazione dal proprio estremismo violento, dato che gli assalitori di Parigi sono soprattutto cittadini belgi e francesi" ha detto Roth, che ha individuato nell'"esclusione sociale" delle banlieue l'origine della radicalizzazione.

Facendo dei musulmani e dei rifugiati dei "capri espiatori", i Paesi occidentali rischiano di alienarsi "popolazioni fondamentali per gli sforzi antiterrorismo", ma anche di "abbandonare a proprio rischio e pericolo" la "saggezza" prevalente nel diritto umanitario internazionale, secondo il direttore di Human Rights Watch. L'organizzazione ha anche invitato a cercare "un'alternativa più umana" per evitare le morti in Mediterraneo.

Il "visibile" peggioramento dei diritti umani nei Paesi occidentali si accompagna a un lato in ombra, "invisibile", ma molto reale, nei regimi autoritari, scrive HRW. La "repressione" degli oppositori in Cina e Russia ha raggiunto un'intensità "mai osservata in decenni". In Russia "le misure di repressione del Cremlino contro la società civile, i media e internet hanno preso una piega sinistra nel 2015, quando il governo ha intensificato ulteriormente le minacce e le persecuzioni nei confronti delle voci critiche" si legge nel rapporto, che prende in esame oltre 90 paesi. HRW denuncia anche la piaga delle spose bambine nei paesi in via di sviluppo, dove una ragazzina su nove è sposata a 15 anni, una su tre a 18.
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Re: Diriti omàni dei nativi e de łi endexeni

Messaggioda Berto » ven gen 29, 2016 8:18 am

Sta kì lè na organixasion enternasional ke no ła recognose e ke ła vioła i Diriti Omàni dei Nativi o Endexeni


???

"La Turchia tortura i migranti"
Andrea Riva - Mer, 16/12/2015
http://www.ilgiornale.it/news/mondo/tur ... 05078.html

"L'Unione europea rischia di rendersi complice di gravi violazioni dei diritti umani ai danni di rifugiati e richiedenti asilo in Turchia".

A lanciare l'allarme è Amnesty International in un rapporto che parla di rifugiati e richiedenti asilo arrestati dalle autorità turche e spinti a tornare in zone di guerra. La denuncia viene proprio poche settimane dopo il contributo di 3 miliardi di euro versato dall'Europa alla Turchia per gestire l'emergenza migranti.

Il rapporto, intitolato Il piantone dell'Unione europea, denuncia come da settembre, in parallelo con i colloqui tra Turchia e Ue in tema d'immigrazione, Ankara abbia fermato centinaia di rifugiati e richiedenti asilo e li abbia trasferiti verso centri di detenzione isolati.

Alcuni di loro hanno riferito di essere rimasti incatenati per giorni, di essere stati picchiati e infine di essere stati rinviati nei paesi da cui erano fuggiti.

"Affidando alla Turchia il ruolo di piantone dell'Europa nell'attuale crisi dei rifugiati, l'Ue rischia di ignorare e incoraggiare gravi violazioni dei diritti umani. La cooperazione con la Turchia in tema d'immigrazione deve cessare fino a quando questi fatti non saranno indagati e non vi sarà posta fine", ha dichiarato John Dalhuisen, direttore del programma Europa e Asia centrale di Amnesty.

Prima di settembre, gli arresti arbitrari e i rimpatri forzati non figuravano tra le preoccupazioni per la situazione dei diritti umani dei rifugiati e dei richiedenti asilo in Turchia, paese che ospita la più ampia popolazione di rifugiati al mondo, circa 2.200.000 registrati provenienti dalla Siria e circa 230.000 da altri paesi.

Nell'ambito del "Piano d'azione" firmato a novembre da Ue e Turchia, Bruxelles, "sempre più desiderosa di assicurarsi la cooperazione di Ankara allo scopo di ridurre l'immigrazione irregolare, sta consentendo l'uso dei suoi fondi per dotare di equipaggiamento e infrastrutture i centri dai quali i rifugiati e i richiedenti asilo vengono spinti a rientrare in paesi come Siria e Iraq", recita il rapporto.

Funzionari dell'Ue ad Ankara hanno confermato ad Amnesty che i sei centri di accoglienza descritti nella bozza del "Piano d'azione" datata 6 ottobre funzioneranno di fatto come centri di detenzione. Tutti i rifugiati e i richiedenti asilo con cui ha parlato Amnesty hanno riferito di essere stati fermati nelle province di confine occidentali e trasferiti in centri situati in quelle orientali e meridionali, in particolare in un campo nella provincia di Osmaniye e nel centro di detenzione di Erzurum, dove sono rimasti anche per due mesi, senza poter avere contatti con il mondo esterno.

Amnesty ha documentato tre casi di violenza fisica nei centri di detenzione e ha raccolto una numerosa serie di denunce di maltrattamenti. Per molti rifugiati e richiedenti asilo, l'esperienza della detenzione illegale è stata seguita dal rimpatrio forzato verso Siria o Iraq. I rifugiati hanno confermato che l'unico modo per uscire dai centri era quello di accettare di tornare nel paese di provenienza. È stato documentato oltre un centinaio di rimpatri forzati in Siria e Iraq negli ultimi mesi, ma si teme che il numero effettivo sia molto più elevato e comprenda anche casi di rimpatrio in Afghanistan.

Amnesty chiede quindi a Ue e Turchia di sospendere l'accordo fino alla creazione di meccanismi efficaci e indipendenti di monitoraggio dell'attuazione del "Piano d'azione".
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Re: Diriti omàni dei nativi e de łi endexeni

Messaggioda Berto » ven gen 29, 2016 8:23 am

Ogniversałixmi ke i vioła i Diriti Omani Ogniversałi
viewtopic.php?f=25&t=1979


Immigrati. Unhcr: da Danimarca cattivo esempio all'Europa
27/01/2016

http://it.radiovaticana.va/news/2016/01 ... pa/1204108

Con 81 voti a favore e 27 contrari, il Parlamento danese ha approvato ieri nuove e controverse misure sui richiedenti asilo, su proposta del governo liberale di minoranza, con l’appoggio degli alleati dei partiti di centrodestra e del Partito socialdemocratico. Accanto alle proteste internazionali, timori sono stati sollevati da parte delle organizzazioni per i diritti umani e delle Nazioni Unite. Il servizio di Francesca Sabatinelli:

Un segnale di declino per l’Europa in un giorno nero per il diritto d’asilo. Si riassumono così gli amari commenti alla modifica, in Danimarca, della legislazione in materia di asilo, che ora prevede norme sul prelievo ai migranti di denaro e oggetti per un valore superiore ai 1.350 euro (diecimila corone danesi), per contribuire alle spese di mantenimento e alloggio, a esclusione degli oggetti di valore affettivo speciale. Oltre a questo, si allungheranno i tempi di ricongiungimento familiare, che arriveranno fino a tre anni, un punto che – secondo Amnesty International – violerebbe le convenzioni europee. Sin dall’inizio di gennaio, dall’annuncio di aver raggiunto un accordo sulla legge, l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati aveva parlato di rischio di alimentare paura e xenofobia nel mondo. Federico Fossi dell’Unhcr:

R. – Come Unhcr, abbiamo espresso già in passato la nostra preoccupazione su questa decisione del governo danese. Una misura che rischia di dare un segnale innanzi tutto negativo ad altri Stati europei che andranno in direzione di una restrizione dello spazio e dell’asilo invece che di un ampliamento, come noi invece auspichiamo. Una misura che quindi rischia anche, in un certo qual modo, di alimentare sentimenti di paura, discriminazione e xenofobia nei confronti dei rifugiati che, ricordiamo, sono persone traumatizzate, in fuga da guerre e persecuzioni e che hanno diritto a ricevere protezione ed assistenza nell’Unione Europea.

D. – Quindi, l’Unhcr teme in sostanza che possa esserci un "effetto domino" in Europa…

R. – Sì, così come abbiamo visto anche per la chiusura delle frontiere lungo la direttrice balcanica. Una misura come questa rischia di andare in senso opposto a quello che invece noi vorremmo ci fosse, cioè una solidarietà globale in espansione nei Paesi europei. Nei mesi scorsi ci sono state grosse iniziative di solidarietà nei Paesi di arrivo, adesso stiamo vedendo una pericolosa chiusura. Oltre ad andare contro la dignità di queste persone, è una misura sbagliata anche per un altro motivo: i richiedenti asilo e i rifugiati hanno ovviamente bisogno dei loro averi per iniziare una vita nuova nel Paese di arrivo. Ad esempio, avere la possibilità di affittare una casa è un trampolino che rendersi autonomi il prima possibile.

D. – Nonostante Copenaghen abbia annunciato la volontà, con questa legge, di voler portare i rifugiati in linea con i disoccupati danesi, in realtà questa è un’operazione per scoraggiare i profughi dal chiedere asilo in Danimarca...

R. – Assolutamente. È un disincentivo a chiedere protezione internazionale in Danimarca. Ricordiamo, invece, che l’Unhcr spinge per una collaborazione di tutti gli Stati membri dell’Unione Europea affinché garantiscano a persone che ne hanno diritto accesso al territorio dell’Unione in egual misura, dove possano ricevere assistenza e protezione.
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Re: Diriti omàni dei nativi e de łi endexeni

Messaggioda Berto » ven gen 29, 2016 8:24 am

Sta kì lè na organixasion enternasional ke no ła recognose e ke ła vioła i Diriti Omàni dei Nativi o Endexeni
https://it.wikipedia.org/wiki/Corte_eur ... _dell'uomo


???
Migranti: Corte Strasburgo, pronta a gestire flusso ricorsi
Arrivate 24 richieste misure urgenti contro rinvio in Ungheria
28 gennaio 2016

http://www.ansa.it/europa/notizie/rubri ... 9b52b.html

STRASBURGO - "La Corte europea dei diritti umani è preparata a gestire l'eventuale afflusso di richieste di misure urgenti da parte di migranti" per esempio per bloccare il rinvio in un Paese che ritengono non rispetterà i loro diritti.

Lo afferma il giudice Guido Raimondi, presidente della Corte di Strasburgo, presentando il rapporto annuale. "Sinora la Corte europea dei diritti umani ha ricevuto, da migranti di diverse nazionalità, 24 richieste di applicare misure urgenti per bloccare il loro rinvio in Ungheria," ha detto Raimondi. La Corte ha risposto positivamente a 10 richieste. Due ricorsi sono stati già comunicati all'Austria - specifica il presidente della Corte - e dovrebbero essere giudicati entro i primi sei mesi del 2016. Questi dati mostrano che sinora "l'impatto sulla Corte della crisi migratoria non è quantitativamente significante" spiega Raimondi. Ma la Corte, prevedendo che la crisi, che ha già preso proporzioni considerevoli, non si "alleggerirà", ha comunque messo in atto un piano d'azione che le consentirà di gestire un eventuale afflusso di richieste per misure urgenti.
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Re: Diriti Omàni dei Nativi e de łi Endexeni

Messaggioda Berto » ven gen 29, 2016 9:51 pm

https://www.facebook.com/DirittiUmanide ... 4333107095

Anche l'Europa è popolata da comunità, da genti, da popoli nativi e indigeni, con radici etniche preistoriche come i Veneti, i Bretroni, i Baschi, i Catalani, gli Scozzesi, gli Irlandesi, i Tirolesi, i Sardi, i Siciliani, i Corsi e tanti altri e anche a loro vanno riconosciuti i Diritti Umani che si riconoscono ai Tibetani, ai Berberi, ai Palestinesi arabo musulmani, ai Palestinesi Israeliani Ebrei, questo comunità di nativi hanno tutto il diritto di decidere loro se accogliere o meno e di opporsi a qualsivoglia invasione di asilanti e rifugianti che possa mettere a repentaglio, o in crisi, o nuocere, o danneggiare la loro comunità, la loro cultura, la loro identità, la loro sicurezza, la loro economia.


Parké naltri veneti no podemo ver na tera tuta nostra come ca ga łi ebrei en Ixrael?

Canan, Pałestina, Judea, Ixrael
viewtopic.php?f=197&t=2075
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Re: Diriti Omàni dei Nativi e de łi Endexeni

Messaggioda Berto » ven gen 29, 2016 10:00 pm

Non solo questi sono popoli indigeni, anche l'Europa ha in suoi nativi come il resto del mondo

http://www.unimondo.org/Guide/Diritti-u ... i-indigeni
http://www.unimondo.org/Guide/Diritti-u ... sc%29/show

“Although we are in different boats you in your boat and we in our canoe we share the same river of life”. (Capo Oren Lyons, depositario delle tradizioni del clan delle Tartarughe della nazione Onandaga)

Introduzione

Non ci sono solo fiori, piante e animali a rischio di estinzione, ma anche popoli, culture, civiltà. Si tratta dei popoli indigeni o tribali, oltre 300 milioni di persone che abitano in 70 paesi nel mondo e rappresentano oltre 5.000 lingue e culture di tutti i continenti. La Commissione per i Diritti Umani delle Nazioni Unite li ha definiti nel 1982: "comunità, popoli e nazioni indigene (…) che, avendo una continuità storica con società precoloniali che si svilupparono sui loro territori prima delle invasioni, si considerano distinti dagli altri settori della società che ora sono predominanti su quei territori, o su parti di loro. Essi formano settori non dominanti della società e sono determinati a preservare, sviluppare e trasmettere alle future generazioni i loro territori ancestrali e la loro identità etnica quali basi della loro esistenza come popolo, in accordo con i propri modelli, istituzioni sociali e sistemi legislativi".

Vittime dell'espansione coloniale delle potenze europee nel mondo e talvolta di veri genocidi, hanno perso quasi tutti i loro territori e sono ridotti a vivere al margine di società a loro estranee. Da millenni in piena armonia e simbiosi con la natura in qualsiasi ecosistema, dalle selve tropicali, ai geli artici, dagli altipiani ai deserti, sono stati definiti anche “custodi della terra” da cui traggono sostentamento fisico, ma anche spirituale. Per la maggior parte di questi popoli, la terra e la vita umana sono indissolubilmente connesse. Dimora degli antenati, fonte di cibo e riparo, la terra è per loro eredità custodita per i loro figli e i figli dei loro figli.

Nonostante le differenze e la lontananza, le comunità indigene di tutte le latitudini condividono anche identiche tradizioni di negazione del diritto di autodeterminazione, diritto alla propria terra e alle proprie risorse. In molte aree, i popoli indigeni sono minoranze etniche ma, anche laddove costituiscono la maggioranza della popolazione, come in Bolivia o nel Guatemala, sono comunque ridotti a minoranze di fatto.

Vittime, come negli ultimi cinque secoli, della supremazia tecnica, economica, militare della civiltà Occidentale e dell’estensione del suo sistema di valori. Finita l’era del colonialismo e avviata la decolonizzazione, i nativi sono rimasti in condizione di subordinazione, succubi di rinnovati interessi economici, commerciali e tecnologici, come denuncia la Dichiarazione di Iximché: "l'imposizione di politiche neoliberali, chiamate globalizzazione, che continuano a spogliare e saccheggiare le nostre terre, appropriandosi di tutti gli spazi e mezzi di vita dei popoli indigeni, causando il degrado di Madre Natura, la povertà e la migrazione".

Molte di queste etnie non sono sopravvissute, come i Guanci delle Canarie o gli Ona della Terra del Fuoco. Quante sono ancora in vita devono lottare per la sopravvivenza nel silenzio generale. Una mancanza di attenzione nei confronti di questi popoli, patrimonio culturale dell'umanità, che non si lega soltanto alla loro condizione di minoranze etniche, ma anche alla marginalità rispetto al mercato dei consumi e alla società nel tempo della globalizzazione.

Mondo Tribale

I popoli indigeni riconosciuti dalle Nazioni Unite sono formati da oltre 300 milioni di persone, più del 4% della popolazione mondiale, ma rappresentano però il 90% della "diversità culturale" del pianeta. Si parla di ancora circa 5.000 comunità indigene in 75 stati. La maggioranza vive in Asia e gli altri sono sparsi in tutti i continenti: rappresentano infatti ancora oggi la maggioranza numerica della popolazione dell’America Latina, dell’Africa e dell’Oceania.

Tra di loro si contano circa 84 milioni di Adivasi in India, circa 40 milioni di Indiani in tutta l'America, gli Aborigeni in Australia, i Maori in Nuova Zelanda, i San nell'Africa meridionale e molti altri. Nel continente africano, numerosi gruppi etnici diversi da quelli predominanti nei singoli stati non sono considerati "indigeni" secondo la formula adottata nel diritto internazionale, perché i governi post-coloniali sono formati da rappresentanti di altre etnie locali, a differenza di quanto accade in altri paesi. Si annoverano come "indigeni" solo piccoli gruppi isolati, come i pigmei o i tuareg. In Europa sono considerati indigeni, invece, pochi popoli: fra questi i Lapponi o Sami, 68.000 persone insediate nelle terre subartiche dalla Norvegia fino alla Russia, rappresentano il gruppo più numeroso. Alle popolazioni indigene riconosciute, si devono poi aggiungere anche tribù mai contattate dalla civiltà industrializzata.

Nel maggio del 2008 la fondazione governativa brasiliana Funai ha individuato in un sopralluogo aereo uno degli ultimi villaggi mai contattati nell'Amazzonia occidentale, vicino al confine tra Brasile e Perù. Al mondo esistono non più di 100 tribù mai contattate e la maggior parte di esse si trova in America meridionale, soprattutto tra Brasile e Perù. Altre se ne trovano in Australia, in Nuova Guinea e nelle Isole Andatane. Come ricorda Survival International, impegnata nella difesa dei popoli indigeni, si tratta di tribù estremamente vulnerabili a qualsiasi forma di contatto perché prive di difese immunitarie nei confronti di malattie provenienti dall’esterno.



Vecchie e nuove minacce

Soprusi e violenze ai danni delle comunità indigene non hanno confini, come ha ricordato il Segretario generale dell'Onu Ban Ki-Moon nel corso della celebrazione della Giornata internazionale dei popoli autoctoni: "I 370 milioni di persone appartenenti a popoli indigeni continuano a essere vittima di discriminazioni, povertà e conflitti".

Emarginate e discriminate, queste comunità vedono calpestati i propri diritti. Sfruttate come mano d’opera a basso costo o ancora rinchiuse in riserve, vengono obbligate a trasferirsi quando nel loro territorio si scoprono risorse e ricchezze. Complici di queste violazioni sono spesso i colossi multinazionali. Cresciuti negli ultimi decenni in maniera inversa alla capacità degli organi del diritto di imporre un controllo sul loro operato a causa della lacune esistenti nei diritti statali interni e in quello internazionale, spesso queste realtà giuridiche internazionali interpretano i diritti umani, il rispetto dell'ambiente, i diritti dei lavoratori come barriere per il libero mercato e il profitto, macchiandosi di violazioni e ingiustizie ai danni delle popolazioni indigene.

Cupidigie antiche o più recenti guidano l’assedio, come ha illustrato il Forum internazionale in una mappa degli impatti negativi della globalizzazione economica sulle comunità tribali (in .pdf). La lista delle violazioni è fitta: il disboscamento illegale minaccia i Bayaka nella Repubblica centrale africana, i Pigmei nel cuore dell’Africa o gli indigeni di Sarawak nel Borneo insieme a molti popoli in Brasile, Cile ed Ecuador; lo sfruttamento petrolifero in Sudan è causa dell’allontanamento dei Dinka; autostrade argentine attraversano i territori Wichì; l’avidità di oro condanna alla miseria i Miskito in Nicaragua, mentre le miniere d’uranio inquinano i territori delle genti Dene e Cree. Per non parlare degli effetti negativi del turismo: corruzione della cultura locale, sfruttamento dell'ambiente, istigazione alla prostituzione e inflazione. Negli ultimi decenni si sono aggiunte anche le nuove sfide dei cambiamenti climatici.

Come rileva l’ultimo report dell’organizzazione non governativa Minorities rights group (MRG) molte di queste comunità stanno già affrontando l’estensione di siccità, alluvioni, inondazioni e scioglimento dei ghiacci. Accade, per esempio, nella regione dell’Artico, dove il surriscaldamento mette a rischio la cultura dei pastori di renne, i Sami. In molte aree sono invece paradossalmente vittime degli sforzi per contrastare il riscaldamento globale. L’espansione delle piantagioni di palma da olio destinate alla produzione di biodiesel, denuncia APM, minaccia centinaia di popoli in Indonesia, Birmania o Colombia. “Cacciare la gente dalla propria terra per consentirne l’uso per la produzione di biocarburanti - spiega Ishbel Matheson di MRG - non solo non sta aiutando l’ambiente, ma sta privando molte persone delle proprie risorse. Non c’è cosa più urgente che far sentire la loro voce nell’ambito del dibattito sui cambiamenti climatici”.

Un appello a cui si è associato Sha Zukang, sottosegretario generale Onu per gli Affari economici e sociali: "Dovremmo ascoltare i popoli indigeni: con la loro vasta conoscenza dell’ambiente in cui vivono, possono e devono giocare un ruolo cruciale negli sforzi globali per contrastare i cambiamenti climatici”. Un altro allarme di particolare attualità minaccia conoscenze e risorse biogenetiche dei popoli indigeni, vittime del furto e della brevettabilità autorizzata dagli accordi Wto sulla commerciabilità dei diritti di proprietà intellettuali: piante coltivate e da sempre utilizzate come alimenti o medicinali dagli indigeni sono state brevettate in Europa, Giappone e Stati Uniti, depredando ulteriormente queste tribù del loro patrimonio ancestrale.



Da Pachamama ai tavoli internazionali

I pregiudizi che nel XVI secolo spinsero a istituire un congresso ecclesiastico per decidere se gli indios avessero o meno l’anima non si sono estinti nella società moderna occidentale. Nel mondo contemporaneo la lotta per il riconoscimento dei diritti dei popoli autoctoni giunge al cospetto della Società delle Nazioni nel 1923, sostenuta dal capo indiano Deskaheh che chiede invano l’ingresso della Confederazione delle Sei Nazioni Irochesi fra i membri dell'organizzazione. Nei principali documenti del diritto internazionale, come la Carta delle Nazioni Unite del 1945 (in .pdf)) o la Dichiarazione dei Diritti Umani del 1948, gli indigeni non figurano, in quanto, come collettività legata a un territorio, rappresentavano una categoria difficile da assimilare per il diritto internazionale. L’Organizzazione internazionale del lavoro (Oil) definisce con la Convenzione 107 sulla protezione e l’Integrazione dei popoli indigeni, tribali e semitribali il diritto di ogni popolo alla terra e alla proprietà collettiva.

La battaglia per il riconoscimento come “popoli” prende avvio contro l’ostilità e l’ostruzionismo dei paesi nati dalla negazione delle culture native e di altri colpevoli di persecuzioni. Negli anni ’50 varie comunità indigene, soprattutto nel Nord America, sono già organizzate a livello locale. E’ però dai decenni successivi che il concetto di “popolo indigeno” si estende, facendo sorgere movimenti e congressi pan-indigeni, come il Consiglio internazionale dei trattati indiani (IITC) e il Consiglio mondiale dei popoli indigeni nel 1975.

Le fila della lotta comune si ingrossano, ottenendo una prima vittoria nel 1977, quando il Consiglio mondiale dei popoli indigeni ottiene il riconoscimento Onu come organizzazione non governativa con funzioni consultive.

Parallelamente dall’antropologia affiorano le prime critiche ai paradigmi di modernità e progresso, suggerendo l’interpretazione della questione indigena come alternativa di civiltà (Dichiarazioni di Barbados, 1971 e 1977. In questo periodo, l’Onu istituisce il Gruppo di Lavoro sui Popoli Indigeni e, poco tempo dopo, la Commissione per la Prevenzione della Discriminazione e la Protezione delle Minoranze.

Con la collaborazione di rappresentanti indigeni, gli enti intraprendono l’elaborazione di norme di tutela dei nativi e che applichino la Dichiarazione dei diritti dell'uomo, come scrive Miqueias Mishari dell'Associazione Interetnica di sviluppo della foresta peruviana: "Carta utilizzata per la decolonizzazione dei possessi europei oltremare, ma, a causa delle pressioni di Stati Uniti, Urss e dei paesi sudamericani, non applicata alla situazione dei popoli colonizzati all'interno delle singole frontiere".

Altra tappa fondamentale si registra nel 1989 con l’adozione da parte dell’Oil della Convenzione 169 (in .pdf). Riconosciuti i diritti alla terra, la nuova carta stabilisce l’obbligo di consultazione delle comunità indigene ogni qualvolta vengono varati progetti con un impatto sulle loro vite. Superando la logica integrazionista, garantisce il rispetto delle pratiche culturali e sociali e delle risorse naturali dei popoli tribali. Sebbene secondo molte tribù indigene la nuova 169 lasci aperti molti spiragli rischiosi, essa costituisce la più importante legge internazionale vincolante sui popoli tribali. Per questa ragione a distanza di oltre vent’anni conta un numero esiguo di ratifiche e un numero elevato di campagne civili a sostegno della sua approvazione effettiva.

Identiche difficoltà hanno caratterizzato l’elaborazione della Dichiarazione dei diritti dei popoli indigeni, entrata in vigore il 13 settembre 2007. La dichiarazione sancisce i diritti dei popoli indigeni alla proprietà della terra, e la necessita di consultazione e consenso per l’allontanamento dai loro territori. Si riconosce il contributo di culture, conoscenze e costumi indigeni allo sviluppo sostenibile e alla protezione dell’ambiente. "Un passo storico - riconosce l'Associazione per i popoli minacciati (APM) - perché "per la prima volta verranno riconosciuti esplicitamente anche i diritti collettivi dei popoli indigeni”.

La dichiarazione è il culmine di decenni di dibattiti nei conclavi internazionali. Dall’intervento all’Onu nel 1989 di Ted Moses, capo del Gran Consiglio dei Crees, alle partecipazione di delegazioni indigene alla Seconda conferenza sui diritti umani tenuta a Vienna nel 1993 in cui si riconosce la responsabilità dell’Onu e viene istituito il Forum permanente sulle questioni indigene. Dalla ricorrenza del V centenario dall'arrivo di Colombo in America (1992), il movimento si fonde ad altri gruppi minoritari nella lotta per il diritto alla diversità in collaborazione con le società civili locali.

La presenza del movimento indigeno risulta significativa in particolare nella nascita sulla scena internazionale del movimento “no global”, riunitosi a Seattle nel 1999. In questa occasione si redige la Dichiarazione di Seattle dei popoli indigeni, in cui si condanna la politica dell’Organizzazione mondiale per il Commercio Omc e i rischi per la diversità culturale e biologica indigena, in disprezzo agli accordi firmati tra Popoli indigeni ed altre nazioni.

A fianco alla lotta per l’approvazione della Dichiarazione dei diritti dei popoli indigeni, i tribunali di molti paesi del mondo hanno sempre più spesso riconosciuto formalmente i diritti dei popoli tribali. È il caso, per esempio, del verdetto a favore dei Boscimani emesso nel dicembre 2006 dall'Alta Corte del Botswana o del riconoscimento del diritto degli Inuit e degli Aborigeni alla propria terra, rispettivamente in Canada e in Australia.



Nel vecchio continente

Sebbene ci siano molte minoranze etniche europee, poche sono quelle che mantengono tratti culturali tradizionali tali da essere indicati come popoli indigeni: i sami della Scandinavia settentrionale, i nenci e altri popoli della Siberia del Nord e della Russia e infine i komi negli urali occidentali. Lo sviluppo di una vera politica in merito ai popoli indigeni in Europa è abbastanza recente.

Il Trattato di Maastricht definisce nell’articolo 130U "la vulnerabilità dei popoli autoctoni nei processi di sviluppo e il loro ruolo nella conservazione della diversità biologica". Dalla prima conferenza sulla cooperazione e sui popoli indigeni, organizzata nei Paesi Baschi in Spagna nel 1994 con vari esponenti indigeni dell'America centrale e meridionale, la questione è poi giunta per la prima volta in Consiglio nel 1997. Fra i documenti che se ne occupano si contano il Regolamento del Consiglio relativo alla cooperazione con i paesi dell'Asia e dell'America Latina, la Quarta convenzione di Lomè, il Regolamento del Consiglio sulle azioni di conservazione e sviluppo sostenibile delle foreste tropicali e infine il Documento di lavoro relativo all'aiuto fornito ai popoli indigeni nell'ambito della politica di cooperazione allo sviluppo della Comunità e degli stati membri. La Commissione europea ha una lunga storia di cooperazione e aiuto attraverso diversi progetti di supporto alle popolazioni indigene, soprattutto in America Latina.

Nella dichiarazione sulla politica di sviluppo dell’Unione Europea (in .pdf) adottata dal Consiglio, si impegna nel novembre 2005 ad applicare in tutte le attività “un approccio di sostegno e diffusione delle questioni indigene”. Dal 1999 i diritti indigeni sono stati inseriti nello Strumento europeo per la democrazia e i diritti umani (Eidhr), in virtù del quale la Comunità eroga assistenza nell’ambito delle politiche comunitarie di cooperazione allo sviluppo e di cooperazione economica, tecnica e finanziaria con i paesi terzi. Parallelamente compaiono fra le principali tematiche di finanziamento a Ong e a progetti di cooperazione. Accanto a questi impegni di cooperazione, però, molti paesi europei non hanno ancora ratificato la convenzione 169. Fra questi anche l’Italia che, come membro dell'UE, finanzia numerosi progetti di sviluppo che interferiscono nelle vite di migliaia di indigeni. Al momento, l'Unione europea giustifica questi interventi ai danni dei diritti dei popoli tribali affermando che si tratti di iniziative conformi alle leggi nazionali locali. Ratificando l’ultimo documento dell’Oil, come sostengono numerose ong nelle campagne organizzate in diversi paesi europei, i governi si assumerebbero l'obbligo di rispettare gli standard minimi di consultazione, influenzando anche aziende e società operanti nelle terre dei popoli indigeni.

Documenti

Mappa degli effetti negativi della globalizzazione economica sulle tribù indigene 2003, realizzata dall’istituto di ricerca Forum Internazionale sulla Globalizzazione (in .pdf)

- Definizione di indigeni secondo il Forum Permanente Onu (in .pdf) del Gruppo di Lavoro internazionale sulle questioni indigene

- Convenzione 107 sulle popolazioni indigene e tribali dell’Organizzazione internazionale del lavoro 1957

- La Convenzione 169 dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro: La più importante legge internazionale sui popoli tribali. I governi che la ratificano si assumono formalmente l'obbligo di rispettarla. Testo integrale e ufficiale della Convenzione ILO 169 in inglese (in .pdf)

- UN Committee on the Elimination of Racial Discrimination (CERD), General Recommendation (XXIII) Concerning Indigenous Peoples

- Comunicato stampa Conclusioni settima Sessione del Forum Permanente sulle questioni indigene (in .pdf)

- Il progresso può uccidere: Report curato da Survival International sulle conseguenze negative del progresso sulla vita dei popoli indigenti (in .pdf)

- Programma di azione della seconda Decade internazionale delle genti indigene

- Dichiarazione di Mataatua sul diritto alla proprietà culturale e intellettuale dei popoli indigeni: tappa importante nella rivendicazione dei diritti indigeni a livello internazionale nata dalla prima Conferenza internazionale sul diritto alla proprietà intellettuale e culturale dei popoli indigeni, svoltosi a Whakatana in Nuova Zelanda, promossa dalle nove tribù Maori di Mataatua, e da oltre 150 delegati indigeni provenienti dal Giappone, alle Americhe, dall’India e da varie parti del Pacifico

(Scheda realizzata con il contributo di Francesca Naboni)

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Re: Diriti Omàni dei Nativi e de łi Endexeni

Messaggioda Berto » ven gen 29, 2016 10:06 pm

Rapporto del Consiglio sui Diritti Umani
Dichiarazione delle Nazioni Unite sui Diritti dei Popoli Indigeni
http://www.un.org/esa/socdev/unpfii/doc ... IPS_it.pdf
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