Paratornadori o manipoładori dei Diriti Omani Ogniversałi

Re: Paratornadori o manipoładori dei Diriti Omani Ogniversał

Messaggioda Berto » dom ago 21, 2016 12:32 pm

Aborto, immigrazione, Lgbt e lotta all'islamofobia Tutti i sogni nel cassetto di George Soros di Stefano Magni
George Soros
20-08-2016

http://www.lanuovabq.it/mobile/articoli ... 7mBeq3V9Xl


Per alcuni conservatori è il diavolo in persona, un puparo che si cela dietro a ogni evento funesto. Per altri è solo un cinico speculatore che compie ogni mossa per lucrare sulle perdite altrui. Stiamo ovviamente parlando del finanziere George Soros, uno degli uomini più ricchi del pianeta, classe 1930, ungherese ed ebreo “non sionista”. Torna alla ribalta in questo periodo ferragostano perché è vittima di una delle operazioni di hacker più eclatanti del decennio. Oltre 2500 documenti della sua Open Society Foundation sono stati infatti pubblicati sul sito DC Leaks. Dai quali possiamo capire meglio chi sia veramente e soprattutto a cosa miri.

L'Open Society nacque nel 1984 per contribuire alla liberazione dell’Est europeo dal giogo comunista. La prima sede fu aperta in Ungheria, sfidando la repressione del regime, per distribuire fotocopiatrici, con cui potevano essere replicati scritti proibiti. Altre sedi vennero aperte anche in Polonia e in Russia, negli anni a cavallo del collasso del blocco orientale. In parte la prima missione della Open Society è rimasta la stessa: aiutare i paesi usciti dal comunismo a compiere una transizione verso la democrazia e il libero mercato. L’impegno prosegue tuttora con l’Ucraina, di cui Soros è uno strenuo difensore. E' soprattutto per questo motivo che non gode di buona stampa nella Russia post-sovietica (che ne ingigantisce a dismisura le colpe). E pare che anche lo stesso furto di dati di cui si parla sia opera di hacker russi, stando a fonti dell'agenzia Bloomberg. Tuttavia, a questa missione storica nell'Est europeo post-comunista, si è poi aggiunto tutto il resto dell’agenda progressista, come nel caso di tante altre organizzazioni non governative per la difesa dei diritti umani nate durante la guerra fredda e poi cresciute nel ventennio successivo. Ci limitiamo a sottolinearne gli aspetti principali, quelli che interessano anche direttamente i principi non negoziabili, la politica europea e italiana. Ne emerge quella che è l’agenda di tutta la sinistra occidentale, nordamericana ed europea.

Immigrazione

Un documento pubblicato da DC Leaks invita a considerare il fenomeno dell’immigrazione in Europa, non come una crisi, ma come un “nuovo standard di normalità”, dunque permanente. L’obiettivo implicito della Open Society è quello di sottrarre le decisioni sull’immigrazione agli Stati nazionali per trasferire la loro gestione a enti sovranazionali. Insomma, quel che l’Ue ha provato a fare (senza riuscirci) con le quote di distribuzione dei rifugiati. Secondo un memorandum redatto da Anna Crowley e Kate Rosin dell’International Migration Initiative, si sollecita con un certo cinismo ad “approfittare della condizione creata dalla crisi attuale (sic!) per influenzare il dibattito sul ripensamento della gestione delle migrazioni”, cioè “riforme volte a una governance globale delle migrazioni”. Obiettivo dichiarato è quello di far accettare all’Ue almeno 300mila rifugiati all’anno, in cambio di 30 miliardi di euro all’anno per realizzare un piano di asilo completo. Anche all’Ucraina (con 2 milioni di profughi interni causati dalla guerra nel Donbass) si propone di accettare una quota di rifugiati in cambio di aiuti economici. In un documento che riguarda gli Stati Uniti, risalente al febbraio del 2015, risulta che la Open Society abbia anche cercato di influenzare un verdetto della Corte Suprema, nel caso Texas contro Corte Suprema: lo Stato americano confinante col Messico aveva fatto causa contro un ordine esecutivo del presidente Obama, che avrebbe permesso il ricongiungimento dei parenti con gli immigrati regolari. L’arma che la fondazione di Soros ha scelto per influenzare il parere dei giudici è una campagna a mezzo stampa, attraverso i suoi membri inseriti nei media più influenti, come Danielle Allen (Washington Post) Rosa Brooks (Foreign Policy) e Steve Coll (decano della scuola di giornalismo della Columbia University).

Islam

Ovviamente la campagna pro-immigrazione, specialmente in Europa, non può essere disgiunta dal tema dell’islam. In questo caso, DC Leaks rivela lo sforzo per combattere contro l’“islamofobia” a tutti i livelli. Un memorandum del 2011, “U.S. Models for Combating Xenophobia and Intolerance”, propone un finanziamento al Center for American Progress (fondato da John Podesta, capo della campagna elettorale di Hillary Clinton) per un programma contro l’islamofobia. Un programma articolato in tre punti: “studiare il fanatismo anti-musulmano nella sfera pubblica”, “condurre un’inchiesta sul movimento islamofobo” e “riunire un convegno di esperti, compresi i rappresentanti di organizzazioni progressiste e della comunità araba, mediorientale, musulmana e sudamericana per formulare una strategia comune contro la xenofobia anti-islamica”. Fra gli “islamofobi” identificati nello studio figurano anche opinion maker di punta del mondo conservatore, come Pamela Geller e David Horowitz, Liz Cheney (figlia dell’ex vicepresidente Dick Cheney) e Cliff May. La campagna riguarda soprattutto Israele. Con buona pace dei teorici della cospirazione che vedono in Soros un sionista volto a promuovere lo Stato ebraico, la sua fondazione finanzia iniziative anti-israeliane arabe e di sinistra, come l’Ong araba Adalah (beneficiaria di 2,7 milioni di dollari dal 2001) che considera Israele come una “impresa colonialista”. E l’Ilam Media Center (beneficiario di 1 milioni di dollari) che nel 2014 chiese al Consiglio per i Diritti Umani dell’Onu di condannare e isolare lo Stato ebraico per la sua guerra a Gaza contro Hamas. In generale, citando uno dei documenti trapelati dal suo ufficio mediorientale, la fondazione di Soros vanta un “successo nella sfida alle politiche razziste e antidemocratiche di Israele nell’arena internazionale”.

Xenofobia

La lotta all’islamofobia è chiaramente una parte di una più ampia battaglia contro la xenofobia. Una lotta contro i mulini a vento, se consideriamo quanta attenzione venga riposta dal legislatore nordamericano ed europeo alla lotta contro il razzismo. Eppure la Osepi, la branca della Open Society che si occupa delle politiche europee, fornisce agli eurodeputati socialisti e democratici un corso di aggiornamento su come contrastare e letteralmente tacitare gli “xenofobi” europei, fra cui figura anche l’italiana Lega Nord. La Osepi, in uno dei documenti pubblicati da DcLeaks, ammette di organizzare incontri con gli eurodeputati per “riscrivere le regole del Parlamento al fine di vietare ogni discorso di odio”. Termine generico in base al quale si potrebbe tacitare ogni argomento non gradito alla sinistra multiculturale. Tra i beneficiari della campagna di Soros contro la xenofobia risulta anche l’italiana Associazione 21 Luglio un’organizzazione non profit impegnata nella promozione dei diritti umani di rom e sinti. Ha ricevuto 49.782 dollari per il progetto “Per i diritti, contro la xenofobia”, svoltosi dal 1 gennaio al 1 luglio 2014, nell’anno delle elezioni europee. Ma un impegno ancor più vasto è volto a sostenere la lotta all’omofobia, quella che viene considerata come la nuova forma di “razzismo”…

LGBT

In Italia, l’Arcigay ha ricevuto ben 99.690 dollari per un progetto durato dal dicembre del 2013 al dicembre del 2014, sempre l’anno delle elezioni. Il titolo del progetto era “LGBT Mob-Watch Italy-Europe 2014”, e aveva quale obiettivo: “smuovere, canalizzare ed ampliare la voce e la domanda del popolo LGBT italiano ed i loro alleati per le elezioni europee del 2014, costruendo uno strumento permanente di monitoraggio, campagna, mobilitazione e lobbying per queste e le prossime elezioni”. Negare che esista una “lobby gay” d’ora in avanti non sarà più possibile. Chiaramente il programma di Soros non si limita alla sola Italia, ma va a beneficiare anche la Ilga Europa (68.000 dollari ricevuti) per il progetto “European elections 2014: Cross-communities mobilization project for a universal and indivisible EU equality agenda”. In Grecia, l’organizzazione “Athens Pride” ha ricevuto 26.000 dollari per il progetto “Vote for your rights” volto a promuovere la comunità LGBTQ greca sempre in vista del voto europeo. Il grosso dello sforzo per promuovere i “nuovi diritti” è ovviamente negli Usa, dove Soros ha elargito nel 2013 altri 100.000 dollari alla Gay Straight Alliance, la stessa organizzazione che ha promosso l’ormai celebre “guerra dei bagni pubblici” nella North Carolina. L’anno successivo, Soros ha elargito una somma ingente, mezzo milione di dollari, a Justice at Stake, un’associazione che promuove la “difesa della diversità” nei tribunali. Perché “una maggior diversità negli uffici dei giudici migliora la qualità della giustizia per tutti i cittadini”. Cosa vorrà dire? Sarà possibile intuirlo dopo le prime sentenze sulla diversità e sulla libertà di religione.

Vita

Ovviamente, assieme all’impegno per la comunità Lgbt non poteva mancare anche la campagna per l’aborto. La Open Society si è impegnata a promuoverlo in Irlanda e l’anno scorso si preparava a festeggiare la vittoria così, come leggiamo in un documento pubblicato da DC Leaks: “Con una delle leggi più proibizioniste del mondo, una vittoria là (in Irlanda, ndr), potrà avere un notevole impatto sull’opinione pubblica di altri paesi cattolici in Europa, come la Polonia, e fornire la necessaria prova che un cambiamento è possibile, anche nei posti più conservatori”. Cora Sherlock, attivista pro-life, dichiara a Catholic News Agency che ora si spiega il perché di tanta potenza di fuoco del partito avversario: era estremamente difficile esprimersi a favore del diritto alla vita, difficile competere contro un avversario super-finanziato che alla fine è riuscito ad abrogare l’Ottavo Emendamento della Costituzione irlandese, quello che proteggeva la vita sin dal concepimento. L’impegno della Soros, dopo l’Irlanda, proseguirà in Messico, Zambia, Nigeria e Tanzania. Ovunque ci sono organizzazioni locali pronte a ricevere il messaggio e i soldi necessari, in un piano triennale che si dovrebbe concludere entro il 2019.

Sebbene sia impossibile trarre conclusioni definitive su una piccola parte di documenti rivelati e consultabili da meno di una settimana, il quadro che emerge sinora è quello di una fondazione che sta contribuendo a plasmare l’agenda delle sinistre occidentali. La Open Society non è unica nel suo genere: anche altre iniziative filantropiche miliardarie, come la fondazione di Bill Gates, hanno agende simili, a cui si aggiunge la campagna contro il riscaldamento globale. Lascia perplessi, piuttosto, che una fondazione che si intitola Società Aperta (dal titolo del classico del liberalismo di Karl Popper) agisca con metodi non molto aperti, né troppo trasparenti per influenzare classi dirigenti in tutto il mondo. Lo dimostra il fatto stesso che c’è voluto un gruppo di hacker per sapere cosa bolle in quella pentola. È segno che queste politiche non potrebbero essere sostenute da ampie maggioranze dell’opinione pubblica, se fossero palesi sin da subito. La sinistra ha perso il marxismo, ma non rinuncia alla sua agenda globalista in cui l’unico valore è ora la “diversità”, nuova declinazione dell’uguaglianza sociale. E sempre con i vecchi esponenti della vecchia sinistra, se è vero che, nel nostro paese, i possibili “compagni di strada” delle politiche europee promosse da Soros sono Sergio Cofferati (ex Cgil), Barbara Spinelli (L’Altra Europa con Tsipras) e Cécile Kyenge.
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Re: Paratornadori o manipoładori dei Diriti Omani Ogniversał

Messaggioda Berto » dom ago 21, 2016 1:33 pm

Considerazioni per il nuovo millennio - Una prospettiva bahá'í sul vivere quotidiano e i problemi del nostro mondo
NOTIZIARIO ∙ INTRODUZIONE ∙ FEDE BAHÁ'Í
Considerazioni per il nuovo millennio - Soluzioni spirituali per i problemi dell’umanità
venerdì 19 agosto 2016

di Layli Miller-Muro
Terzo articolo della serie: La cultura del servizio all'umanità
Originale in inglese su bahaiteachings.org

http://considerazioniperilnuovomillenni ... ciali.html


Cercando di seguire l’esempio di ‘Abdu’l-Bahá e del suo altruistico servizio all’umanità, la comunità internazionale bahá’í sta iniziando ad imparare come impegnarsi nell’azione sociale con efficacia e con una prospettiva completamente nuova.


Pieter Brueghel il Giovane, Le sette opere di carità

A che cosa serve riconoscere la bontà dell’amicizia universale e parlare della solidarietà della razza umana come d’un grande ideale? Se non sono messi in pratica, questi pensieri sono vani.

Il male continua a esistere nel mondo appunto perché dei propri ideali si parla soltanto, senza mai fare uno sforzo per attuarli. Se le azioni sostituissero le parole, la miseria del mondo si muterebbe assai presto in benessere. (‘Abdu’l-Bahá, Saggezza 12)

Cercando di seguire l’esempio di ‘Abdu’l-Bahá e del suo altruistico servizio all’umanità, la comunità internazionale bahá’í sta iniziando ad imparare come impegnarsi nell’azione sociale con efficacia e con una prospettiva completamente nuova.

Nel mondo esistono già molte iniziative caritatevoli, lodevoli ed efficaci. Naturalmente le iniziative di azione sociale nate all’interno della comunità internazionale bahá’í si distinguono rispetto a queste, proprio per la loro ispirazione ai principi bahá’í. Questo avviene perché l’azione sociale, in un contesto bahá’í, è caratterizzata da un deliberato tentativo di applicare i principi bahá’í, sia materiali che spirituali, ai problemi sociali. Questa applicazione richiede conoscenza e comprensione dei problemi sociali così come attenzione alle soluzioni spirituali che gli insegnamenti bahá’í propongono per i problemi dell’umanità:

Divulgate ovunque i precetti e i consigli dell'amorevole Signore, sì che questo mondo si trasformi in un altro mondo, e questa buia terra sia inondata di luce, e il cadavere dell'umanità risorga a vita... (‘Abdu’l-Bahá, Antologia, 12)

indipendentemente dagli scopi e dalle dimensioni, ogni azione sociale cerca di applicare gli insegnamenti e i principi della Fede al miglioramento, sia pur modesto, di alcuni aspetti della vita sociale ed economica di una popolazione. Queste imprese sono dunque contraddistinte dal dichiarato proposito di promuovere, oltre al benessere spirituale di una popolazione, anche quello materiale. (Casa Universale di Giustizia, Messaggio di Riḍván 2010)

I bahá’í possono contribuire al progresso dell’umanità offrendo un dono unico: i divini insegnamenti di Bahá’u’lláh, destinati ad alleviare i mali che affliggono l’umanità di oggi. I bahá’í ritengono che questi insegnamenti costituiscano il rimedio per le più profonde difficoltà dell’umanità:

Il mondo dell'uomo è ammalato e quel Medico esperto ne conosce la cura, poiché porta con sé insegnamenti, consigli e moniti che sono rimedio per ogni pena, balsamo risanatore per ogni piaga. È certo che il buon medico conosce sempre i bisogni del paziente e sa praticare la cura. Perciò, applica gli Insegnamenti della Bellezza di Abhá alle urgenze del giorno presente e vedrai come esse subito guariranno il corpo infermo del mondo. In verità, essi sono l'elisir che arreca la salute eterna. (‘Abdu’l-Bahá, Antologia 63)

Nonostante i bahá’í possano attingere alla rivelazione di Bahá’u’lláh, una eccezionale sorgente di guida divina per i mali del nostro tempo, dobbiamo però ammettere la nostra ancora limitata comprensione di come queste soluzioni spirituali possano essere applicate ai problemi sociali. Questa nuova impresa rappresenta una sfida per tutti.

L’atteggiamento bahá’í di umiltà e modestia, nell’intraprendere iniziative di azione sociale, non deriva solamente dalla nostra comune carenza di esperienza e comprensione su come applicare soluzioni spirituali ai problemi sociali ma anche dal fatto che i bahá’í non detengono il monopolio sulle conseguenze e sulle idee scaturite dalla rivelazione di Bahá’u’lláh. Nel momento in cui ciascuna delle grandi Fedi di Dio sono apparse, esse hanno influenzato il mondo e rinnovato l’ordine del pianeta. Nuove idee si sono diffuse e le vecchie sono state messe in discussione. Tutti coloro che erano sulla terra in quei momenti furono influenzati, che se ne siano resi conto o meno.

Come annunciato Bahá’u’lláh noi oggi viviamo l’alba di una nuova rivelazione:

Attesto che non appena, mediante la potenza del Tuo volere e del Tuo scopo, la Prima Parola uscì dalla Sua bocca e il Primo Appello uscì dalle Sue labbra, l’intera creazione fu rivoluzionata e tutti coloro che sono nei cieli e tutti coloro che sono sulla terra furono sconvolti nel più profondo. Mediante quella Parola le realtà di tutte le cose create furono scosse, divise, separate, disperse, combinate e ricongiunte, svelando nel mondo contingente e nel regno celestiale le entità di una nuova creazione e rivelando nei reami invisibili i segni e i pegni della Tua unità e della Tua unicità. (Bahá’u’lláh, Preghiere e meditazioni 273)

L’influenza della rivelazione di Bahá’u’lláh sui pensieri e sulle idee degli esseri umani di tutto il mondo è palese. L’unità del genere umano, l’uguaglianza tra i sessi, l’armonia tra scienza e religione, l’ambientalismo e la pace universale sono principi che hanno permeato la coscienza dell’umanità nel corso dell’ultimo secolo e mezzo dopo essere stati insegnati da Bahá’u’lláh.

In tutto il mondo agli esseri umani appare sempre più chiaro come sia arrivato il momento di mettere in pratica il messaggio di Bahá’u’lláh, anche se molti non ne conoscono la sorgente. Ad esempio magari non conosciamo il motivo per il quale la maggior parte degli esseri umani rifiutino la superiorità di una razza sulle altre ma questo principio oggi viene accettato a prescindere. Forse non sappiamo come mai il mondo sembra essersi rimpicciolito fino a diventare un unico rione ma la realtà della crescente unità del genere umano appare sempre più inevitabile. Forse non sappiamo come mai oggi consideriamo la violenza sulle donne un problema, quando nei tempi passati era la norma, ma noi oggi la ripudiamo comunque e la combattiamo. I concetti e i principi bahá’í si sono diffusi tra tutti gli esseri umani e questo testimonia come il potere della rivelazione bahá’í vada molto oltre l’inadeguatezza degli sforzi o delle competenze della comunità bahá’í.


Alberto Pento
Bene qualsiasi impegno ma a spese proprie e non a spese degli altri. E non manipolare i Diritti Umani e non farsi complici degli imperialismi, dei totalitarismi e della massificazione dell'umanità (ideologica e religiosa) anche se mascherate da "universalismi altruistici".
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Re: Paratornadori o manipoładori dei Diriti Omani Ogniversał

Messaggioda Berto » dom ago 21, 2016 4:30 pm

Giordano sul lavoro agli immigrati "Tutte balle, la verità è che..."
19 Agosto 2016
di Mario Giordano

http://www.liberoquotidiano.it/news/ita ... rcone.html

Lavoro? Non ce n' è, perciò noi lo diamo ai profughi. È un' idea geniale quella del governo, avanzata tramite il capo dell' Immigrazione, prefetto Mario Morcone.

Un' idea candidata ufficialmente al Premio Oscar della Stupidaggine 2016. E del resto solo chi sta gestendo l' accoglienza nel modo delirante che abbiamo sotto gli occhi, con piccole frazioni invase da centinaia di immigrati e cooperative improvvisate che si riempiono le tasche di soldi, poteva partorire una scemenza di tale portata. E solo chi sta cercando disperatamente un diversivo per celare la propria incapacità poteva lanciarlo a nove colonne sul Corriere della Sera come una vera proposta su cui far discutere il Paese.

Intanto, per prima cosa, va detto che se questa è una novità anche Matusalemme potrebbe passare per un neonato. Di Comuni che negli ultimi mesi hanno cercato di impiegare i sedicenti profughi in lavoretti vari, infatti, se ne contano a bizzeffe: a Belluno gli immigrati hanno ridipinto le ringhiere, a Vicenza hanno pulito i parchi, a Castello d' Argile hanno fatto lavoretti nell' asilo, a Lucca si sono occupati della manutenzione della via Francigena, in Val Bormida hanno tolto i rami dai fiumi, ad Arezzo e Vittorio Veneto si sono occupati di giardinaggio, a Genova si sono trasformati in archivisti al Museo Doria… Il problema, piuttosto, è che "lavorare" per molti aspiranti profughi è una parola grossa, la questione non è tanto trovare loro un' occupazione quando ottenere che la svolgano.
Evidentemente mangiare a sbafo, per molti, è assai più comodo… Il prefetto Morcone, dunque, dimostra ancora una volta di non conoscere la realtà che dovrebbe amministrare perché propone un' idea che non solo è vecchia come il cucco, ma che già mostra la corda in tutto il Paese per manifesta inapplicabilità. Probabilmente, come dicevamo, lo fa soltanto per creare un diversivo in mezzo alle polemiche. Ma quello che è grave è l' idea devastante che questa proposta rivela, la concezione mortale della nostra società che si nasconde dietro di essa. Lo si capisce perfettamente quando il giornalista del Corriere chiede al prefetto Morcone: «E gli italiani che non hanno lavoro?», e lui risponde sprezzante: «Io mi occupo di immigrati». Chiaro, no? Lui si occupa di immigrati. È giusto che gli immigrati abbiano vitto, alloggio, i soldi per il telefono e ora anche il nostro lavoro. E gli italiani? Che restino disoccupati. Che muoiano pure di fame. Oppure, se preferiscono, che spariscano dall' Italia.

Sia chiaro, lo ripetiamo per non essere fraintesi. In sé l' idea di togliere i clandestini dai muretti dove bighellonano da mane a sera non è priva di qualche fascino. Vedere schiere di giovani baldi e forti (a proposito: perché i sedicenti profughi che arrivano in Italia sono tutti baldi e forti?) che ciondolano nullafacenti negli hotel quattro stelle in attesa del pranzo e della cena (che contestano se non è di loro gradimento) o bivaccano sulle panchine smanettando sugli smartphone di ultima generazione (a proposito: perché i sedicenti profughi che arrivano in Italia hanno tutti smartphone di ultima generazione?), magari provocando risse, furti, scippi e altri guai, non è piacevole. Di qui è ovvio che qualche sindaco si lasci tentare: perché, almeno, non facciamo fare loro qualcosa?

Ma dev' essere chiaro che se un immigrato fa (gratis o sottopagato) il giardiniere o il cantoniere o l' archivista, evidentemente toglie il posto a un italiano, che quel lavoro non lo può fare gratis né sottopagato per il semplice motivo che a lui quei soldi servono per vivere perché non c' è nessuno che lo mantiene, a differenza dell' immigrato. Dunque ci sarà un operaio disoccupato in più, una piccola azienda che perde la commessa, un artigiano senza lavoro. E allora vi sembra logico che un italiano paghi le tasse (e tante) per mantenere in Italia profughi che vivono a sbafo e poi portano via pure il posto di lavoro? Non è un circolo perverso, una spirale mortale, un tunnel che porta al nulla?

Questo è quello che è successo finora: lo Stato dà i soldi ai profughi e affama i sindaci, i sindaci affamati dallo Stato si fanno tentare dall' utilizzare manodopera gratis, e alla fine chi è che paga il conto? I lavoratori italiani, ovviamente.
Quelli che hanno sempre pulito le strade, riparato le strade, verniciato le ringhiere. E che ora lo fanno sempre meno. Per la crisi, si capisce. Ma anche per la concorrenza sleale di chi può lavorare gratis perché mantenuto. Ancora più grave, poi, se tutto ciò avviene non per lavori di pubblica utilità, ma in attività private, come accadde l' anno scorso alla festa del Pd di Reggio Emilia. Qui lo sfruttamento è totale e non ha nemmeno l' alibi del servizio alla collettività… Che ora lo Stato, attraverso il capo dell' Immigrazione, proponga questo come sistema generale è preoccupante perché dimostra il modello di società che hanno in mente, che si basa per l' appunto sullo sfruttamento totale, una cosa che arriva quasi a sfiorare la moderna schiavitù: l' invasione programmata di clandestini serve infatti ad abbassare fino all' annullamento i diritti dei lavoratori e la loro retribuzione, fino a considerare cioè la retribuzione non come la giusta ricompensa ma come un "di più", una mancetta da elargire insieme a un tozzo di pane e a un posto letto improvvisato. Vi siete mai chiesti, per esempio, perché a Rosarno non si riesca a eliminare l' eterna tendopoli dei clandestini? Semplice: perché serve manodopera a bassissimo costo per i caporali che reclutano lavoratori per i campi. E gli italiani, se vogliono lavorare, devono adeguarsi a quelle condizioni, come in effetti già stanno facendo.

Ecco il modello Morcone è una specie di maxi-caporalato esteso a livello nazionale, una Rosarno moltiplicata per mille: diffondo lavoro sottopagato per costringere gli italiani ad adattarsi, oppure ad emigrare. Un progetto devastante che si nasconde dietro il volto gentile dell' integrazione, del "non possiamo lasciarli abbruttire", dei "meccanismi premiali" e dei "comportamenti virtuosi". Tutte parole inutili per nascondere due verità semplici che il prefetto Morcone, ovviamente, si guarda bene dal dire. La prima verità: quelli che bivaccano nei nostri centri di accoglienza nella maggioranza non sono profughi, ma "richiedenti asilo". Cioè sono persone che chiedono una cosa di cui non hanno e non avranno diritto. E dunque (seconda verità) l' unico modo per non farli bivaccare o abbruttire o bighellonare non è dar loro un lavoro togliendolo agli italiani. Ma è rispedirli subito nel loro Paese. Senza farne entrare altri.
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Re: Paratornadori o manipoładori dei Diriti Omani Ogniversał

Messaggioda Berto » mer ott 12, 2016 6:27 am

I cattolici: "Ci sentiamo smarriti. Perché papa Bergoglio appoggia così tanto l'Islam?"

lunedì, 10 ottobre 2016, 19:35
di barbara pavarotti


http://www.lagazzettadilucca.it/politic ... to-l-islam

C’è inquietudine in Vaticano e anche in giovani preti che si sentono smarriti. Perché papa Bergoglio dà tanta importanza all’Islam? Perché insiste a dire che tutte le religioni sono uguali? Definisce il Corano un libro di pace e va bene, la tolleranza religiosa è fondamentale, mai più guerre in nome della religione. Ma l’Islam, dicono tanti cattolici, queste guerre le fa. L’Islam che parla di infedeli, no, non può essere uguale al cristianesimo. A cominciare da Vangelo e Corano che hanno due messaggi opposti: l’uno fondato sull’annuncio che Dio si è fatto uomo ed è un Dio trinitario, l’altro sull’assolutezza che esiste un solo Dio e dire che ha un figlio è una bestemmia.

Roma: un nutrito gruppo di cattolici e di sacerdoti si riunisce sotto l’egida della Fondazione Lepanto, il cui scopo è la difesa dei principii della civiltà cristiana. Sembrano dei carbonari. E “carbonaro” è il filmato che viene trasmesso: un collage impressionante di proteste, marce, violenze fisiche e verbali avvenute in Inghilterra, Francia, Svezia, Germania, Belgio, al grido “Al diavolo i francesi (e i tedeschi, i britannici, gli svedesi, i belgi), noi li conquisteremo, li abbiamo già conquistati prendendoci le loro terre, le loro donne con cui facciamo tanti figli, vi annienteremo, di voi non rimarrà nulla”. Immagini mai trasmesse da nessun telegiornale italiano.

L’Isis del resto lo ha detto chiaro più volte: “Arriveremo in Europa con i migranti e sarà l’inferno”. Verità o minaccia non sappiamo: sappiamo purtroppo che l’Isis è davvero in guerra contro l’Occidente.

Si realizza, dice lo storico Roberto De Mattei, promotore dell’incontro romano, la profezia di Gheddafi: “ Allah concederà la vittoria all’Islam in Europa senza spade, senza armi, senza conquista. L’Europa si trasformerà in un continente musulmano in pochi decenni”.

E 42 anni fa il presidente algerino Boumedienne, in un discorso all’Onu pronunciò parole che nel 1974 sembravano fantascienza: “Un giorno milioni di uomini dell’emisfero meridionale andranno nell’emisfero settentrionale. E non ci andranno come amici. Ci andranno per conquistarlo. E lo conquisteranno con i loro figli. I ventri delle nostre donne ci daranno la vittoria”.

Umberto Eco, l’intellettuale universalmente osannato, nel 1997 faceva una sottile, interessante e inascoltata riflessione sulla differenza fra “immigrazione” e “migrazione”: “Oggi in Europa non ci troviamo di fronte a un fenomeno di immigrazione. Ci troviamo di fronte a un fenomeno migratorio. Si ha immigrazione quando gli immigrati accettano in gran parte i costumi del paese in cui immigrano. Si ha migrazione quando i migranti trasformano radicalmente la cultura del territorio in cui vanno. Le immigrazioni sono controllabili politicamente. Le migrazioni no, sono come i fenomeni naturali. I fenomeni che l’Europa cerca ancora di affrontare come casi di immigrazione, sono invece casi di migrazione, che avranno come risultato finale un riassetto etnico delle terre di destinazione, un inesorabile cambiamento dei costumi”. Una situazione già vista in passato, ricordava lo studioso, quando, per esempio, le migrazioni dei popoli barbarici hanno invaso l’impero romano creando nuovi regni e nuove culture. Ma anche caos e devastazione dalla quale ci vollero secoli – e la fondamentale opera dei monaci – per risollevarsi.

Ma torniamo allo smarrimento di un sempre maggior numero di cattolici. Cosa li sconcerta? Per esempio, il Corano recitato sull’altare della basilica di Santa Maria in Trastevere a Roma. Il Corano, dicono, va letto in modo letterale, evitando interpretazioni buoniste e sentimentali e prendendone le distanze. Li sconcerta il grande cambiamento imposto da papa Francesco in materia. Bergoglio, dicono, continua a voler ignorare la vera natura dell’Islam e a sottovalutarne il pericolo. Anche se la storia ci insegna altro: le invasioni musulmane (arabe e turche) in Europa sono state un flagello e a Oriente hanno spazzato via la civiltà bizantina.

Li sconcerta che papa Francesco abbia detto: “E’ in atto un’invasione araba dell’Europa, ma non è per forza un male”. E rivolgendosi alla Francia, visto che l’intervista era per il periodico cattolico francese “La Vie”: “La Francia deve diventare uno stato più laico, con un’apertura a tutte le forme di trascendenza, secondo le differenti tradizioni religiose e filosofiche”.

Poi la totale diversità di vedute, rispetto ai suoi predecessori, sulle migrazioni. Benedetto XVI sosteneva che per i migranti economici il primo diritto è quello di non emigrare, cioè di non doversi sradicare. Ratzinger poi nel 2004 ha anche detto che l’Occidente sembra odiare se stesso, non aver stima di ciò che ha prodotto culturalmente, della valorizzazione della sua fede e ragione, dell’amore e della libertà.

Sì, l’Occidente odia se stesso: sensi di colpa infiniti, alcuni sicuramente legittimi. Anche se l’Occidente dovrebbe odiare piuttosto le multinazionali che sfruttano l’Africa e le sue risorse, gli intrecci economici-affaristici –con la complicità dei corrotti governi locali – che impediscono a quei paesi di risollevarsi. Paesi da dove la gente fugge piuttosto che reagire e cercare di ottenere, come tanti altri popoli che si sono rivoltati contro le dittature, uguaglianza e democrazia.

Nel 2015 i vescovi africani hanno lanciato un appello ai giovani perché restino nei propri paesi aiutandone lo sviluppo. Inascoltato, evidentemente.

E molti studiosi ormai si interrogano su questa fuga di massa per guerra o miseria: le guerre e la povertà, dicono, in quel continente ci sono sempre state, tremende. Ma ora è chiaro, sostengono, che quella fuga viene incentivata. E parlano di un piano preordinato di “sostituzione” della popolazione europea manovrato da lobby e potentati finanziari per destrutturare gli stati e avere, nel vuoto, campo libero. Una tesi che spiazza e fa inorridire.

Ma, tornando a quella parte del mondo cattolico turbata, cosa chiede infine? Chiarezza sulla propria identità e consapevolezza di cosa siano i cristiani e i musulmani. E anche i laici sono in difficoltà. Per la chiesa il grande peccato rimane il sesso fuori dal matrimonio, quello non volto a procreare. Il grande divieto rimane l’ordinazione femminile. Donne-sacerdoti e sessualità: i grandi tabù che la chiesa cattolica non riesce a superare. Porte aperte invece, sottolineano i laici, all’Islam e alla sua mentalità lontana anni luce da quella occidentale. Come ha detto papa Francesco “l’invasione araba dell’Europa è un fatto sociale, una delle tante che il continente ha subito”. Come dire: se vi piace sarà così, se non vi piace sarà così lo stesso.
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Re: Paratornadori o manipoładori dei Diriti Omani Ogniversał

Messaggioda Berto » gio ott 13, 2016 8:47 pm

Ecco cosa pensava la Fallaci del "penoso" Dario Fo: "Senza dignità"

La scrittrice fiorentina Oriana Fallaci dedicò alcune righe a Dario Fo e sua moglie: "A parte il disprezzo, intende dire? Una specie di pena. Perché v'era un che di penoso in quei due vecchi"
Giuseppe De Lorenzo - Gio, 13/10/2016

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 18815.html

Anche Oriana Fallaci disse la sua su Dario Fo. Tra i due non correva buon sangue, è evidente: si scambiarono diverse accuse, il primo barricato su posizioni no-global, la seconda sempre controcorrente.

Daro Fo e la moglie attaccarono duramente la scrittrice, in quegli anni calunniata per le sue idee non in linea col pensiero unico della sinistra.

La Fallaci nel 2002 si era schierata contro una manifestazione dei no-global prevista a Firenze, occasione che sarebbe potuta trasformarsi in un secondo G8 di Genova. In un articolo sul Corriere della Sera la scrittrice fiorentina aveva invitato suoi concittadini a protestare pacificamente e ad addobbare a lutto la città. Dal palco della manifestazione Franca Rame, moglie di Fo, definì la Fallaci una "terrorista". La giornalista in tutta risposta scrisse ne "La forza della Ragione" che "fui esposta al pubblico oltraggio. Istigato, questo, da un vecchio giullare della Repubblica di Salò. Cioè da un fascista rosso che prima d'essere fascista rosso era stato fascista nero quindi alleato dei nazisti che nel 1934, a Berlino, bruciavano i libri degli avversari". Un duro affondo che ripercorreva la famosa controversia sull'arruolamento di Dario Fo nella R.S.I..

Le parole della Fallaci su Dario Fo

Non solo. In diverse interviste e numerosi testi Oriana tornò a parlare dei coniugi Fo. Sull'archivio storico di Panorama è possibile recuperarne alcuni passaggi raccolti in un lungo articolo dal titolo "Oriana Fallaci risponde". "Franca Rame - gli fece notare Riccardo Mazzoni - Le ha dato della terrorista". "Già - rispose la Fallaci - Dinanzi alla Basilica di Santa Croce, dal palcoscenico del comizio che ha aperto l'oceanico raduno. Sicché, quando la sua discepola cioè quella delle caricature è andata alla Fortezza da Basso con l'elmetto in testa, molti bravi-ragazzi l'hanno scambiata per me. Si son messi a ulularle "Lercia terrorista, lercia terrorista". Del resto il marito della summenzionata ha detto che a Firenze io volevo i carri armati".

Poi il giornalista domandò: "Mi chiedo che cosa provasse a guardarli". E la Fallaci, dura e diretta, disse: "A parte il disprezzo, intende dire? Una specie di pena. Perché v'era un che di penoso in quei due vecchi che per piacere ai giovani radunati in piazza si sgolavano e si sbracciavano sul palcoscenico montato dinanzi a Santa Croce, quindi dinanzi al porticato che un tempo immetteva al Sacrario dei Caduti Fascisti. In loro non vedevo dignità, ecco. A un certo punto l'amico che con me li guardava alla tv ha sussurrato: 'Ma lo sai che lui militava nella Repubblica di Salò?'. Non lo sapevo, no. Come essere umano non mi ha mai interessato. Come giullare, non m'è mai piaciuto. Come autore l'ho sempre bocciato, e la sua biografia non mi ha mai incuriosito. Così sono rimasta sorpresa, io che parlo sempre di fascisti rossi e di fascisti neri. Io che non mi sorprendo mai di nulla e non batto ciglio se vengo a sapere che prima d'essere un fascista rosso uno è stato un fascista nero, prima d'essere un fascista nero uno è stato un fascista rosso. E mentre lo fissavo sorpresa ho rivisto mio padre che nel 1944 venne torturato proprio da quelli della Repubblica di Salò. M'è calata una nebbia sugli occhi e mi sono chiesta come avrebbe reagito mio padre a vedere sua figlia oltraggiata e calunniata in pubblico da uno che era appartenuto alla Repubblica di Salò. Da un camerata di quelli che lo avevano fracassato di botte, bruciacchiato con le scariche elettriche e le sigarette, reso quasi completamente sdentato. Irriconoscibile. Talmente irriconoscibile che, quando ci fu permesso di vederlo e andammo a visitarlo nel carcere di via Ghibellina, credetti che si trattasse d'uno sconosciuto. Confusa rimasi lì a pensare – chi è quest'uomo, chi è quest'uomo – e lui mormorò tutto avvilito: 'Oriana, non mi saluti nemmeno?'. L'ho rivisto in quelle condizioni, sì e mi son detta: 'Povero babbo. Meno male che non li ascolti, non soffri. Meno male che sei morto'".
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Re: Paratornadori o manipoładori dei Diriti Omani Ogniversał

Messaggioda Berto » sab nov 12, 2016 7:35 am

I razzisti chic che ora negano il diritto di voto
In America scendono in piazza contro Trump e in California c'è voglia di secessione. In Italia la sinistra vuole abolire il suffragio universale e insulta gli elettori bianchi
Salvatore Tramontano - Ven, 11/11/2016

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 30314.html

Il voto non è più un diritto per tutti. Messa così sembra lo slogan di qualche gruppo reazionario che sogna di asfaltare le battaglie democratiche del Novecento.

Solo che questa volta i nemici del suffragio universale sono mascherati da progressisti, perlomeno è così che si definiscono.

Vivono nel cuore delle grandi metropoli, occupano le cattedre delle università, scrivono romanzi e saggi di un certo successo, sono ospiti fissi nei programmi di opinione in tv e si tengono stretti come feudi gli spazi in prima pagina di ciò che resta dei giornali. Sono ex capi di Stato e politici che straparlano in pubblico dei diritti delle minoranze. Sono chef, rockstar, integralisti vegani, donne impegnate in ogni festa per i diritti civili, banchieri illuminati, attori con il grugno preoccupato per le sorti della nazione. Questo vale negli Stati Uniti, in Europa e naturalmente anche in Italia. Certe cose fino a qualche tempo fa le buttavano lì, tra di loro, come provocazione: certa gente non dovrebbero farla votare. Come a dire che la democrazia sta diventando pericolosa e ci vorrebbe una patente di sana e robusta costituzione o almeno un esame di idoneità.

Adesso sono sbottati e si scagliano con rabbia e fastidio contro quello che marchiano come l'elettore tipico di Donald Trump, quello con cui Alessandro Baricco cerca di intavolare un dialogo, il famigerato proprietario di una ferramenta del Wyoming. Chi è questo sconosciuto? È bianco, è cristiano, è frustrato, deluso, di cultura populista e popolare, invidioso delle élite, malfidato, se è donna tutti stanno lì a precisare che non ha studiato e sotto sotto è masochista, visto che tradisce il suo genere votando il maschilista con il gatto rosso in testa. Sono insomma degli incivili. Ma soprattutto - come spiega il presidente emerito Napolitano su L'Unità - sono pericolosi. Sono gli stessi della Brexit, gli stessi che lo hanno costretto quando era al Quirinale a mettere in quarantena le elezioni. Fino a quando questa gente voterà è meglio che a scegliere chi governa sia un vecchio oligarca che si è appropriato di un potere extracostituzionale. Ecco allora i tre premier nominati senza passare dal voto.

Al suo coro si accoda ora proprio uno dei tre, quell'Enrico Letta che intervistato dalla Stampa canta il de profundis alla democrazia di tutti. Ezio Mauro su Repubblica si interroga sulla malattia del tempo, sui «forgotten men» che si lasciano incantare dal pifferaio Trump, una nuova schiatta, una nuova razza, il dio sconosciuto della democrazia a stelle e strisce. E il peccato originale di questi guastatori della cultura dominante è il loro essere fuori dai radar non solo del potere, ma anche del marketing, dei sondaggisti, di sociologi ed economisti. È un branco fuori dal branco. L'errore che gli oligarchici fanno è liquidarli con disprezzo senza neppure cercare di capire le ragioni del loro malcontento. Anche se molti di loro sono operai senza più fabbriche e classe media senza più futuro. Questo perché con la Brexit e con Trump è emersa la grande ipocrisia della sinistra occidentale: non sa capire il popolo perché è convinta che puzzi.

Sono passati cinquant'anni da quando Martin Luther King e il presidente Lyndon Johnson lottarono per eliminare gli ultimi ostacoli al suffragio universale. Era il 1966 e due sentenze della Corte suprema stabilirono che poteva votare anche chi non aveva un'istruzione minima. Era una battaglia per i neri e contro il razzismo. I finti democratici del 2016 stanno di fatto sostenendo che chi non ha la loro stessa cultura non dovrebbe votare. Non arrivano a cambiare le leggi ma stanno portando avanti una campagna diffamatoria contro i bianchi, cristiani, poco istruiti. È una delegittimazione a posteriori. È un marchio sulla pelle. È una forma ipocrita di razzismo. È la morte della democrazia.
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Re:Paratornadori o manipoładori dei Diriti Omani Ogniversałi

Messaggioda Berto » mar dic 20, 2016 7:03 am

Magistratura criminale che assolve gli invasori clandestini e che sentenzia la sottrazione dei beni pubblici, ossia dei nostri beni per destinarli ai non cittadini non aventi alcun diritto di essere considerati cittadini


"La clandestinità è un reato". Ci arrivano (anche) i giudici
Troppi in Italia i casi di irregolari assolti e mai espulsi La Cassazione contro i tribunali: "Legge da rispettare"
Lodovica Bulian - Sab, 17/12/2016
http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 43195.html

La legge è uguale per tutti, anche nell'era dell'emergenza immigrazione. Chi non rispetta un decreto di espulsione commette un reato.
Ha dovuto ribadirlo la Cassazione, di fronte alla sfilza di assoluzioni emesse a favore di migranti irregolari rintracciati dalle forze dell'ordine e già destinatari di fogli di via mai eseguiti. Espulsi sulla carta, ma di fatto mai rimpatriati, e infine assolti, perché il rendersi irreperibili e il rimanere illegalmente in Italia «non costituisce reato». Ecco, non è vero che il fatto «non costituisce reato».
L'ha ribadito la suprema Corte, mettendo nero su bianco l'accoglimento di un ricorso con cui il procuratore generale della corte d'Appello di Venezia aveva impugnato una serie di assoluzioni nei confronti un gruppo di marocchini irregolari. Non avevano dato seguito all'ordine di allontanamento emesso contestualmente al decreto espulsione, ma un giudice di pace di Verona aveva deciso comunque di non procedere contro di loro, sulla scorta dei «più recenti orientamenti in tema di immigrazione clandestina sul piano etico e su quello legislativo, che avevano significativamente mutato la considerazione» del reato di immigrazione clandestina. Fondando la motivazione sul fatto che gli stranieri non sapessero di essere stati espulsi. Ma i giudici della Cassazione ora fanno notare che non basta rendersi irreperibili alle notifiche delle autorità competenti, andando a ingrossare le fila dell'esercito di fantasmi scomparsi dai radar dell'accoglienza ma non dalla rete della clandestinità, per dimostrare di non essere consapevoli di dover lasciare l'Italia. Per la Corte il reato può essere escluso «soltanto dalla rappresentazione di una situazione effettivamente giustificativa o dalla dimostrazione che la inosservanza del provvedimento espulsivo è correlata alla non consapevolezza da parte» degli imputati «del relativo obbligo» di rimpatriare e, quindi, «alla non volontarietà della condotta omissiva». Nel caso in questione, inoltre, la «prospettata tendenza legislativa alla depenalizzazione del reato» evidenziata dal giudice di Verona, non basta a evidenziare «la sussistenza di un giustificato motivo» per assolverli. La sentenza della Cassazione arriva a fare chiarezza, dopo numerosi altri casi di stranieri che si fanno beffe degli obblighi di rimpatrio, proprio nell'anno record degli sbarchi. Quello che ha visto il nostro Paese superare per numeri anche la Grecia, protetta dai flussi dall'accordo con la Turchia che di fatto ha chiuso la rotta balcanica.
Da gennaio a oggi sono arrivate sulle nostre coste dal Mediterraneo 178.802 persone, di cui 24.929 minori non accompagnati. Stando alle statistiche, solo il 4% ha i requisiti per ottenere lo status di rifugiato: chi non ottiene altre forme di protezione, né umanitaria né sussidiaria, è considerato un migrante economico e viene inserito nella lista dei rimpatri. Che vengono eseguiti a singhiozzo per la mancanza di efficaci accordi bilaterali che consentano la ripresa in carico del Paese di provenienza. E perché sempre di più, chi ha affrontato l'inferno della traversata sui barconi, «sparisce» pur di non rischiare di essere messo su un volo di ritorno. Le dimensioni del fenomeno le ha date il commissario europeo all'Immigrazione Dimitris Avramopoulos: «Se confrontiamo Italia e Grecia, l'80% dei migranti che attraversano il mar Egeo sono profughi, mentre la maggioranza di quelli che arrivano in Italia dal Mediterraneo centrale, sono irregolari».
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Re: Paratornadori o manipoładori dei Diriti Omani Ogniversał

Messaggioda Berto » lun gen 02, 2017 8:54 am

???

Migrazioni e razzismo - Lo psichiatra Vittorino Andreoli: “Livello di civiltà disastroso, regrediti alla cultura del nemico”
14 luglio 2016
Patrizia Caiffa

http://agensir.it/italia/2016/07/14/lo- ... del-nemico

Nonostante il refrain contro i migranti sia sempre lo stesso: "Premesso che non sono razzista...", nelle società occidentali il razzismo sta uscendo allo scoperto e rischia di essere legittimato come una opinione. Secondo lo psichiatra Vittorino Andreoli siamo in "una cornice di civiltà disastrosa", l'Italia e l'Occidente stanno "regredendo alle pulsioni istintive", al dominio della "cultura del nemico": "La superficialità porta l'identità a fondarsi sul nemico. Se uno non ha un nemico non riesce a caratterizzare se stesso".

Dall’America all’Europa all’Italia sembra uscire allo scoperto, fomentato da politici e media irresponsabili e amplificato dai pareri espressi sui social media, un clima aperto di razzismo e xenofobia, come se l’espressione di odio razziale nei confronti dei migranti o delle minoranze, anche con linguaggi e gesti violenti, non sia più un tabù ma una legittima opinione. L’episodio di Fermo, con l’uccisione del nigeriano le cui dinamiche chiarirà la magistratura, ha avuto uno strascico di posizioni opposte sui social. Molti difendono apertamente l’aggressore, come se la violenza, verbale e poi fisica, dell’insulto razziale sia legittima. Mentre il refrain contro i migranti è sempre lo stesso: “Premesso che non sono razzista…”. Cosa ci sta succedendo? Lo abbiamo chiesto allo psichiatra Vittorino Andreoli, ma la premessa che anticipa tutta la riflessione è semplice e sconfortante: “Questa società non mi piace”.

Cosa sta succedendo alle nostre società occidentali?

Sono stati consumati, se non distrutti, alcuni principi, che erano alla base della nostra civiltà, che nasce in Grecia, a cui si aggiunge il cristianesimo. Non c’è più rispetto per l’altro, la morte è diventata banale, tanto che uccidere è una modalità per risolvere un problema. Non c’è più il senso del mistero e del limite dell’uomo. L’episodio di Fermo va inserito in una cornice di civiltà disastrosa. Non esiste più l’applicazione dei principi morali della società e c’è un affastellarsi di leggi, come se le leggi possano sostituire i principi. Oggi domina la cultura del nemico: la superficialità porta l’identità a fondarsi sul nemico. Se uno non ha un nemico non riesce a caratterizzare se stesso. Questa è una regressione antropologica perché si va alle pulsioni. Tutto questo è favorito da partiti che sostengono l’odio, lo stesso agire sociale è fatto di nemici. Perfino nelle istituzioni religiose qualche volta si affaccia il nemico. In questo quadro tornano le questioni razziali.

Qualcuno dice: “non è razzismo, è superficialità”. Io ribatto: no è razzismo.

È considerare l’altro inferiore perché ha quelle caratteristiche, per cui bisogna combatterlo. Se uno è diverso da te è un nemico e va combattuto. Si arriva alla legge del taglione. Si torna a fare la guerra perché il diverso è un nemico che porta via soldi, posti di lavoro, eccetera. Così come c’è una gerarchia dei potenti c’è anche una gerarchia di razze. Perché sono presi di mira solo alcuni.

Il razzismo e i pregiudizi sono però universalmente presenti nel cuore dell’uomo, a prescindere dalle nazioni. I fatti di questi giorni negli Usa ne sono un esempio.

E’ sicuramente un istinto presente nella nostra biologia, nella nostra natura, ossia la lotta per la sopravvivenza di cui parlava Darwin, la lotta per la difesa del territorio. Ma tipico dell’uomo non è solo la biologia ma la cultura. E la cultura dovrebbe essere quella condizione in cui rispettiamo gli altri e riusciamo a frenare un istinto. Il problema è: come mai la cultura che caratterizza l’uomo e consiste nel controllo delle pulsioni non c’è più? Tutta una cultura che si era costruita fino a epigoni che erano quelli dell’amore, della fratellanza, è completamente recitata ma non vissuta.

Questo è un Paese, ma anche tutto l’Occidente, che sta regredendo alla pulsionalità, all’uomo pulsionale. Ciò che mi spaventa e mi addolora è che per raggiungere una cultura ci vuole tanto tempo e la si può perdere in una generazione.

Gli episodi che osserviamo sono silenziosamente sostenuti da tante persone. Non dicono niente ma li approvano. Bisogna impedire che ci sia chi soffia sul fuoco. Nessuno parla del valore della conoscenza utile nell’avvicinare altre storie, altre culture. Tutto viene mostrato come negativo: gli immigrati fanno perdere posti di lavoro, c’è violenza e criminalità. Il problema è che all’origine c’è sempre una esclusione. E’ terribile, stiamo diventando un popolo incivile.

Nei dibattiti pubblici, soprattutto sui social, c’è sempre un “noi” contro “loro”: i migranti, più deboli, diventano il capro espiatorio di tutti i mali.

Certo, questo è il principio darwiniano. L’evoluzione si lega alla lotta per l’esistenza: “mors tua, vita mea”. Bisogna eliminare il nemico, deve vincere la mia tribù che deve prendere il tuo territorio. E’ una regressione spaventosa. Poi c’è la crisi che ha sottolineato la paura, le incertezze. E la paura genera sempre violenza. Ci rendiamo conto che, in un Paese che non legge, un giornale ha regalato il Mein Kampf di Hitler? Perché non hanno regalato “La pace perpetua” di Kant?

Marketing, ricerca di consenso e voti, incoscienza: quali sono, secondo lei, le vere ragioni dietro a scelte così pericolose? Come fare per arginarle?

Non è follia, è stupidità. Bisogna prendere una posizione molto decisa: non è più possibile fare finta. Questa è una società falsa, che recita. Andiamo incontro a situazioni che saranno di nuovo drammatiche.Ci vuole più coraggio anche nella Chiesa. Il Papa lo ha avuto nel suo schierarsi dalla parte dei migranti, ma ci sono quelli che non sono d’accordo. Bisogna cominciare a dire che questa nazione deve cercare di far emergere uomini e donne saggi, intelligenti. Stiamo scegliendo i peggiori. C’è una ignoranza spaventosa. Bisogna poter parlare, spiegare, capirsi. Occorrono persone credibili per parlare ai giovani, ma la via è sempre quella della cultura. Fare promozione, educazione, dimostrare quanta positività c’è in chi viene odiato, per stimolare al rispetto nei loro confronti.

Con i giovani è più facile perché sono come pagine bianche di un libro da scrivere. Ma con adulti già formati come si fa? E’ una battaglia già persa in partenza?

No, perché l’espressione esplicita dei pregiudizi nasce dal sentirsi sostenuti. Se nascondono ancora il loro pensiero sono recuperabili. Il problema emerge quando ci si sente in tanti a pensarlo. Bisogna far scoprire cosa c’è nell’altro, cosa significa una società diversa.

Purtroppo oggi sui social non si nasconde più il proprio pensiero: lo schermo del computer protegge dal confronto diretto, le affermazioni diventano più violente e l’espressione dei pregiudizi, anche in maniera razionale, serve solo a rafforzare l’ego…

È vero. Questo è più grave, perché se uno stava zitto e si esprimeva a casa, agiva male solo in famiglia. Adesso diventa un’azione diffusa, trasformandosi in vera e propria propaganda.


Alberto Pento
Sto Andreołi el fa on mucio de confuxion e me par ciàro ke nol sapie gnanca cosa k'a sipia el rasixmo e ła xenofobia, a manco ke nol sipia on buxiaro de prima clàse come i sondajisti al servisio del poder par manepołar el pensier, el sentimento e ła volontà de ła xente. Me par k'a sto ensemenio el trate ła jente come se ła fuse na màsa de xonbi e na mandra de bestiame da łate e da carne. A sto omo casta no ghe piaxe ke ła xente ła pense co ła so testa. Par sto poro ensemenio, co łi oci da màto, defendar i purpi diriti omàni ogniversałi, ła purpia tera o spasio vidal, ła purpia caxa, ła purpia xente, ła purpia łebartà, ła purpia degnetà e ła purpia soranedà połedega a saria rasixmo e xenofobia. Lù lè on vero e purpio rasista on manepołador criminal dei Diriti Omàni Ogniversałi de ła so xente, dei nativi o endexeni ouropei!


I cristiani europei che violano la solidarietà con i loro popoli sono dei criminali
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 0015617332
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Re: Paratornadori o manipoładori dei Diriti Omani Ogniversał

Messaggioda Berto » mer gen 11, 2017 7:45 am

???

Papa Francesco: "No politiche di chiusura verso gli immigrati"
Il Papa ha ribadito "il diritto di ogni essere umano di andare in altre comunità politiche e stabilirsi in esse". Poi un "grazie" all'Italia per l'accoglienza degli immigrati
Luca Romano - Lun, 09/01/2017

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 49570.html

Papa Francesco è tornato a parlare degli immigrati e ha ribadito oggi "il diritto di ogni essere umano di andare in altre comunità politiche e stabilirsi in esse".

Lo ha fatto nel discorso al Corpo Diplomatico ricevuto oggi in Vaticano per lo scambio degli auguri d’inizio anno. Per il Papa, occorre "nello stesso tempo garantire la possibilità di un’integrazione dei migranti nei tessuti sociali in cui si inseriscono, senza che questi sentano minacciata la propria sicurezza, la propria identità culturale e i propri equilibri politico-sociali". "D’altra parte - ha osservato - gli stessi migranti non devono dimenticare che hanno il dovere di rispettare le leggi, la cultura e le tradizioni dei Paesi in cui sono accolti". Dunque, "un approccio prudente da parte delle autorità pubbliche non comporta l’attuazione di politiche di chiusura verso i migranti, ma implica valutare con saggezza e lungimiranza fino a che punto il proprio Paese è in grado, senza ledere il bene comune dei cittadini, di offrire una vita decorosa ai migranti, specialmente a coloro che hanno effettivo bisogno di protezione".

"Soprattutto - ha spiegato Papa Francesco nel discorso agli ambasciatori accreditati in Vaticano- non si può ridurre la drammatica crisi attuale ad un semplice conteggio numerico". "I migranti - ha ribadito il Papa - sono persone, con nomi, storie, famiglie e non potrà mai esserci vera pace finchè esisterà anche un solo essere umano che viene violato nella propria identità personale e ridotto ad una mera cifra statistica o ad oggetto di interesse economico". Secondo Francesco, dunque, occorre dare vita ad "una cultura della misericordia, basata sulla riscoperta dell’incontro con gli altri: una cultura in cui nessuno guarda all’altro con indifferenza nè gira lo sguardo quando vede la sofferenza dei fratelli". "Solo così - ha rilevato - si potranno costruire società aperte e accoglienti verso gli stranieri e, nello stesso tempo, sicure e in pace al loro interno. Ciò è tanto più necessario nel tempo presente, in cui proseguono senza sosta in diverse parti del mondo ingenti flussi migratori". "Penso in modo particolare - ha precisato - ai numerosi profughi e rifugiati in alcune zone dell’Africa, nel Sudest asiatico e a quanti fuggono dalle zone di conflitto in Medio Oriente". Nel suo discorso, il Papa ha poi citato i due importanti appuntamenti convocati nel 2016 dalle Nazioni Unite: il primo Vertice Umanitario Mondiale e il Vertice sui Vasti Movimenti di Rifugiati e Migranti.



Me comento

Il Papa cerchio bottista, se il caso anche bugiardo e irresponsabile, manipolatore di diritti dei diritti umani e civili.

Mi dispiace per te, Begoglio, ma non è un diritto umano universale quello di poter andare a piacimento e liberamente in altre comunità politiche e stabilirsi in esse per godere dei loro diritti civili, politici ed economici, poiché è soltanto una possibilità che dipende esclusivamente dalla volontà, dalle possibilità e dal diritto di queste comunità di decidere se, chi, come e quando.

Poi ha aggiunto che: "un approccio prudente da parte delle autorità pubbliche non comporta l’attuazione di politiche di chiusura verso i migranti, ma implica valutare con saggezza e lungimiranza fino a che punto il proprio Paese è in grado, senza ledere il bene comune dei cittadini, di offrire una vita decorosa ai migranti, specialmente a coloro che hanno effettivo bisogno di protezione".

Poi ha aggiunto che:
"D’altra parte - ha osservato - gli stessi migranti non devono dimenticare che hanno il dovere di rispettare le leggi, la cultura e le tradizioni dei Paesi in cui sono accolti"

Bergoglio sei proprio un politicante cerchio bottista!
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Re: Paratornadori o manipoładori dei Diriti Omani Ogniversał

Messaggioda Berto » gio gen 12, 2017 9:06 am

NWO, Hillary Clinton: utilizzare la forza coercitiva contro le identità culturali
ESTERI, NEWS venerdì, 15, maggio, 2015

di José Javier Esparza

http://www.imolaoggi.it/2015/05/15/nwo- ... -culturali

Uno scomodo velo di silenzio è stato calato sulle sorprendenti parole pronunciate di recente da Hilary Clinton. Forse la signora ha parlato più di quanto fosse conveniente.
“I codici culturali profondamente radicati, le credenze religiose e le fobie strutturali devono essere modificate.
I governi devono utilizzare i loro strumenti e le risorse coercitive per ridefinire i dogmi religiosi tradizionali”.

Image: U.S. Secretary of State Hillary Clinton delivers a speech "Frontlines and Frontiers: Making Human Rights a Human Reality" at Dublin City University in Ireland

Queste parole Hilary Clinton le ha pronunciate pubblicamente e senza sotterfugi, nel corso di un convegno pro abortista ed hanno lasciato più di una persona con la bocca aperta.

“Riformare coercitivamente le Religioni”? Dove rimarrebbe quindi la libertà religiosa? “Modificare le identità culturali”? Dove rimane quindi semplicemente la libertà di esistere? Simili intenzioni, messe in bocca a niente meno che alla principale candidata democratica alla presidenza degli Stati Uniti, avrebbero dovuto aprire un forte dibattito.

Non è stato così. Come un fatto molto significativo, i principali media in tutto l’Occidente hanno preferito silenziare le rivelazioni. Fatto rivelatore che i media non abbiano voluto dare risalto a queste dichiarazioni.

Quale significato dare alle dichiarazioni di Hillary Clinton?

Punto uno: che che i ” codici culturali profondamente radicati”, questi sono da intendere come le identità culturali tradizionali, che sono considerati in realtà nidi di “fobie strutturali”, vale a dire pregiudizi che deve essere giusto eliminare.

Punto due: che all’interno di queste “fobie strutturali” si trovano i “dogmi religiosi tradizionali”.

Punto tre: che i governo, ed il potere pubblico sono legittimati per utilizzare la loro forza coercitiva contro i dogmi religiosi e le identità culturali.

Quando si osserva in cosa consiste questa forza coercitiva, questa è, in soldoni, il “monopolio legale della violenza”, allora uno deve iniziare a preoccuparsi. Quando inoltre si constata che per le “fobie” o i “dogmi” si considerano quelli che sono i principi tradizionali della civilizzazione occidentale, vale a dire, la filosofia naturale, (per esempio il diritto alla vita), allora la preoccupazione ascende fino a tramutarsi in allarme. Quello che ha espresso sinteticamente la Hilary Clinton è un progetto politico totalitario di ingegneria sociale e culturale. Nè più nè meno.

Questo progetto è già in atto.

Sorprendente? In realtà non tanto. Questi luoghi comuni non sono affatto nuovi: essi sono già in circolazione nell’ideologia modernista dai tempi della Rivoluzione Francese. Dall’altro lato questi conservano una perfetta consonanza con quello che abbiamo visto crescere in Occidente negli ultimi venticinque anni, dalla caduta del Muro di Berlino nel 1989: i programmi di ingegneria sociale dell’ONU- di frequente avallati dagli Stati Uniti-, le politiche abortiste ed omosessualiste adottate da quasi tutti i paesi europei e lo smantellamento delle identità etniche nell’area occidentale. Hilary Clinton di è di fatto limitata a rendere manifesto quello che già era latente.

Queste parole della Hilary Clinton sono state interpretate in chiave strettamente nordamericana: sono un progetto di ingegneria sociale- meglio si può dire spirituale- in un paese che si vanta di essere nato sulla base della libertà religiosa. Di sicuro nel contesto nordamericano, simili idee non smettono di essere una rettifica della propria identità delle origini del paese, di modo che potrebbe sembrare incomprensibile lo stupore di molti. Tuttavia i propositi di Clinton fanno parte delle tematiche abituali della sinistra USA dal 1968. Per dirlo così. quello che abbiamo visto fino ad ora è stata la sua “messa in pista”, la sua trasformazione in un programma politico senza camuffamenti.

Allo stesso modo, molti osservatori hanno visto nelle dichiarazioni della Clinton una specie di dichiarazione di guerra contro il Cristianesimo. Questa è una prospettiva corretta ma incompleta: la guerra non concerne soltanto le religioni tradizionali ma si estende anche, come dice la stessa signora Clinton, ai “codici culturali profondamente radicati”.

Questo significa che tutta l’identità culturale e storica, quale che sia stato il suo ambito e la sua natura, devono essere riformate coercitivamente dal potere politico. Non si tratta solo della religione che corre il pericolo: la minaccia si estende a qualsiasi tratto identitario che non coincida con il programma del “tempo nuovo” segnato dalla globalizzazione e dalla sua potenza egemone, che sono gli Stati Uniti d’America.

E noi europei cosa facciamo? In generale si segue la corrente. Bene, sembra sicuro che il percorso presenta delle complicazioni inaspettate e queste non hanno tardato a manifestarsi. Risulta francamente difficile mantenere la coesione sociale in un contesto di smantellamento dei “codici culturali profondamente radicati”.

A questo proposito l’esperienza francese è sommamente interessante : dagli anni ’80 la Francia ha vissuto un processo di costruzione di una nuova indentità sulla base di quella denominata “identità repubblicana” , che in pratica è consistita nella distruzione dei riferimenti classici della Nazione e la loro sostituzione con nuovi dogmi. “La Francia- diceva De Gaulle- è una Nazione europea di razza bianca e di religione cristiana”. Ha iniziato a smettere di essere tale poco dopo la morte del generale.

L’europeismo si è convertito in una forma di cosmopolitismo che vedeva la Francia come protagonista in un mondo senza frontiere, in mondo in cui la stessa Europa non è altra cosa che una regione privilegiata in un contesto globale.

Allo stesso modo, qualsiasi fattore di carattere etnico – razziale, culturale, ecc.- ha iniziato ad essere un tabù a vantaggio di una società di nuovo conio edificata sull’affluenza massiccia di popolazione straniera. In quanto alla religione, questa andava ad essere sistematicamente posposta nella scia di un laicismo radicale che non è scemato neppure quando Sarkozy, a San Giovanni in Laterano, scoprì davanti al papa Benedetto XVI i valori del “laicismo positivo”.

Il risultato è stato quello di una Nazione disarticolata sul piano politico, su quello economico e sociale. Il discorso ufficiale continua ad incamminarsi verso il medesimo obiettivo, la realtà sociale già cammina per una strada diversa.

La crescita impetuosa del “Front National” non è un caso. I politici cercano di reagire adattandosi al terreno. L’ultimo è stato il primo ministro Valls, il quale l’anno scorso aveva aperto istituzionalmente il “Ramadan”, mentre adesso si affanna a rivendicare il carattere inequivocabilmente cristiano della Francia. Forse lo ha fatto troppo tardi.

Sia come sia, quello che ha esposto la candidata democratica alla presidenza degli Stati Uniti è molto di più che una dichiarazione di intenzioni:

si tratta della trama occulta del programma del nuovo ordine mondiale, che per imporsi senza grandi resistenze necessita, precisamente, di demolire le radici culturali e le religioni tradizionali.

Era inevitabile che qualcuno avrebbe prima o poi finito con l’invocare la forza dello Stato per mettere in esecuzione coercitivamente tale operazione. Hilary Clinton lo ha fatto.

La sinistra mondialista europea (e non solo quella), molto probabilmente è già salita sul carro. Così vedremo, alla nostra sinistra, appoggiare la politica mondialista in nome del progresso. Sono le svolte che avvengono nella Storia.

La Gaceta.es – - Traduzione: Luciano Lago

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