Migranti, Dalai Lama a giornale tedesco: "Europa e Germania non posso diventare arabe"
Il leader buddista alla Frankfurter Allgemeine Zeitung: "Se guardiamo i profughi, proviamo compassione. Ma sono diventati troppi"
TONIA MASTROBUONI
01 giugno 2016
http://www.repubblica.it/esteri/2016/06 ... -141075636
BERLINO - Un'intervista lunga, esplosiva. Con cui il Dalai Lama dà pienamente ragione agli avversari di Angela Merkel che chiedono un tetto ai profughi. Apparsa, oltretutto, sul quotidiano di riferimento dei conservatori tedeschi, la Frankfurter Allgemeine Zeitung. "Se guardiamo i profughi in faccia, soprattutto le donne e i bambini, proviamo compassione", ha spiegato la massima autorità spirituale dei buddisti tibetani alla FAZ. Bisogna aiutarli, ha aggiunto, ma "d'altra parte, nel frattempo sono diventati troppi. L'Europa e la Germania non possono diventare arabe. La Germania è la Germania".
Intervistato nel nord dell'India, a Dharamsala, dove vive in esilio a causa dell'occupazione cinese del Tibet dal 1959, il premio Nobel per la pace ha anche suggerito che i profughi dovrebbero tornare a casa, dopo un po'. "Moralmente", ha puntualizzato, dovrebbero "restare solo temporaneamente", per poi tornare nel loro Paesi e "aiutarli nella ricostruzione".
La più alta autorità religiosa dei tibetani ha anche espresso il desiderio di tornare in patria, "tra un paio di anni" e a proposito della querelle con i cinesi sulla sua reincarnazione, il leader spirituale ottantenne ha detto che "decideranno i tibetani" ma ha ribadito che potrebbe essere lui, l'ultimo Dalai Lama. Un modo per evitare che siano i cinesi a designare il suo successore.
Simbolo mondiale della pace, il Dalai Lama ha ammesso che a volte la violenza è giustificata,
"quando non c'è scelta e quando la compassione è il motivo". Anche Buddha uccise un mercante per salvarne 499, ha raccontato al quotidiani tedesco, dunque mosso a compassione per il destino di quei 499.
Il Dalai Lama sui rifugiati in Europa: cosa ha detto veramente
di Andrea Spinelli Barrile @spinellibarrile a.spinelli@ibtimes.com 01.06.2016 16:00 CEST
http://it.ibtimes.com/il-dalai-lama-sui ... te-1453541
In queste ore si parla molto delle parole che Tenzin Gyatso, il 14esimo Dalai Lama in esilio dal Tibet a Dharamsala in India, avrebbe pronunciato in merito all'emergenza migranti in Europa: “La Germania non può essere un paese arabo” ha detto il leader spirituale tibetano “[i migranti, nda] stanno diventando troppi”.
Apriti cielo. Il Dalai Lama ha pronunciato tali parole nel corso di una lunghissima e corposissima intervista con il Frankfurter Allgemeine Zeitung e i giornali italiani - anche quelli che vantano corrispondenti da Berlino - hanno ripreso e rilanciato tutti le medesime frasi estrapolate da un contesto molto più ampio, decisamente più complesso e “alto” di quanto non si legga in lingua italiana.
Rispondendo ad una domanda circa il suo punto di vista sull'attuale crisi dei rifugiati in Europa il Dalai Lama non ha detto nulla di incoerente con una logica di accoglienza e sostegno, inquadrando la questione in un panorama decisamente più ampio che forse le miopi menti europee fanno fatica a comprendere: “Se guardiamo in faccia ogni singolo rifugiato percepiamo la sua sofferenza. Chi può ha la responsabilità di aiutarli ma d'altra parte ora ce ne sono troppi in Europa […] così tanti che sono difficili da gestire. Ritengo che moralmente questi rifugiati debbano essere accolti temporaneamente ma l'obiettivo deve essere quello di farli tornare a casa a ricostruire i propri paesi”.
In Italia, con un po' di faciloneria, c'è chi sostiene che “il Dalai Lama dà pienamente ragione agli avversari di Angela Merkel che chiedono un tetto ai profughi” ma non è proprio così: chiunque fugge dalla propria terra mantiene il desiderio di tornare, un desiderio che spesso diviene un'ulteriore, atroce, sofferenza.
Occorre in primo luogo spiegare chiaramente, come fa lo stesso Dalai Lama nell'intervista, che egli stesso vive da esiliato in India dal 17 marzo 1959 ma che questa condizione non lo ha mai condotto su posizioni assolute e minacciose nei confronti della Cina.
In tal senso si inquadra, ad esempio, la campagna per la liberazione del Tibet dall'occupazione ma non per la secessione e l'indipendenza dalla Cina: quando Gyatso afferma che “l'obiettivo è farli tornare a casa a ricostruire i propri paesi” sostiene di fatto il lavoro da egli stesso svolto nel corso di questi decenni. Nel 2011 si è dimesso da tutte le cariche politiche legate alla figura del Dalai Lama, che per 400 anni è stato la massima autorità religiosa e politica per i tibetani, ma senza mai smettere di occuparsi del destino della cultura e del popolo del Tibet ma rinunciando sin da subito, o quasi, alla bramosia di indipendenza del Tibet dalla Cina.
“Libero Tibet in una libera Cina” sostiene da decenni il leader spirituale, inquadrando la sua battaglia nonviolenta in uno scenario ben più ampio, che riguarda la libertà di tutti i cittadini cinesi e non solo dei tibetani.
Era il 1969 quando, con un comunicato ufficiale, il 14esimo Dalai Lama affermava che l'esistenza stessa della figura del Dalai Lama dipendeva interamente dalla volontà dello stesso popolo tibetano, muovendosi verso quella “leadership laica” che ancora i cinesi fanno fatica a comprendere.
Se guardiamo in faccia ogni singolo rifugiato percepiamo la sua sofferenza. Chi può ha la responsabilità di aiutarli ma d'altra parte ora ce ne sono troppi in Europa […] così tanti che sono difficili da gestire. Ritengo che moralmente questi rifugiati debbano essere accolti temporaneamente ma l'obiettivo deve essere quello di farli tornare a casa a ricostruire i propri paesi.