Ogniversałixmi ke i vioła i Diriti Omani Ogniversałi

Re: Ogniversałixmi ke i vioła i Diriti Omani Ogniversałi

Messaggioda Berto » ven nov 06, 2015 6:57 pm

Mondiałixmo
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Berto
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Re: Ogniversałixmi ke i vioła i Diriti Omani Ogniversałi

Messaggioda Berto » ven nov 06, 2015 7:44 pm

La posta in gioco
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli
10.05.2016

http://www.informazionecorretta.com/mai ... A.facebook

Cari amici,

a parte le polemiche e le invettive, che qualche volta ci vogliono, è necessario riflettere su quel che sta accadendo al nostro continente in questo momento che è decisivo non solo per la cronaca politica, ma davvero anche per la storia. Per questa ragione vi invito a leggere un articolo con cui non concordo affatto, ma che almeno pone il problema, quello di Robert Kaplan pubblicato sulla “Stampa” di domenica. Ecco il link: http://www.lastampa.it/2016/05/08/ester ... agina.html . Per chi non lo sapesse, Kaplan è un politologo americano con larghe esperienze giornalistiche, che predica una sorta di realismo machiavellico e geopolitico per quanto riguarda il rapporto degli Stati Uniti col resto del mondo; ha appoggiato la Seconda guerra del Golfo per poi pentirsene, è stato amico sia di “neocon” come Wolfowitz, sia di personaggi controversi di sinistra come Mearsheimer, l’autore del libro criticatissimo sulla “Israeli Lobby”. Insomma è uno che pensa trasversalmente e spesso sbaglia, un provocatore di idee che vale la pena di leggere.


Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... lamega.jpg


Kaplan parte da un fatto ben noto, che è stato oggetto di un celebre libro del grande storico Henry Pirenne già pubblicato nel 1937 (Maometto e Carlo Magno, in italiano da Laterza): la fine del mondo antico è stata determinata dall’imperialismo musulmano che fra Settimo e Ottavo secolo si impadronì di tutta la sponda Sud del Mediterraneo, che almeno dalla caduta di Cartagine era stata per un millennio del tutto inclusa nel mondo grecoromano. A guardare le mappe incluse nell’articolo si capisce benissimo quanto fu decisiva la prima spinta militare dell’Islam (che arrivò immediatamente dopo anche a conquistare la Spagna e la Sicilia e poi dopo seicento anni con una seconda spinta turca distrusse l’Impero Romano d’Oriente, prendendo completamente l’Anatolia, il Mar Nero, i Balcani fino ad assediare due volte Vienna). Le controffensive cristiane furono lente e poco utili; il regno cristiano in Terra d’Israele durò un secolo, la Reconquista della penisola iberica fu lenta e faticosa; i Balcani e la Grecia furono liberati solo nell’Ottocento. La Sponda Sud del Mediterraneo, con la sola eccezione di Israele è in mano ai conquistatori arabi. Dunque la rottura è stata permanente, senza possibilità di integrazione e ha definito l’identità dell’Europa. Purtroppo Kaplan cita a questo proposito le affermazioni ideologiche e spesso infondate di Said e non gli storici seri alla Pirenne. Ma non è questo il punto.


L'espansione dell'islam nel VII-VIII secolo

Quel che accade oggi, come scrive Kaplan è che “ora l’Islam sta contribuendo a distruggere ciò che aveva contributo a creare. La geografia classica si sta riaffermando sotto la spinta delle forze del terrorismo e della migrazione che riunificano il bacino del Mediterraneo, Nord Africa e Oriente compresi, con l’Europa. [...] Oggi, centinaia di migliaia di musulmani che non hanno alcun desiderio di diventare cristiani si stanno riversando negli Stati europei, economicamente stagnanti, minacciandone la fragile pace sociale.”

Kaplan a questo punto abbraccia delle tesi terzomondiste: “Anche se le élite europee per decenni hanno usato la retorica idealista per negare la forza della religione e dell’etnia, sono stati proprio questi i collanti che hanno garantito la coesione interna degli Stati europei. L’Europa ha risposto ricostruendo artificialmente identità culturali e nazionali di estrema destra ed estrema sinistra, per contenere la minaccia portata dalla civiltà un tempo dominata.” Il risultato è secondo lui catastrofico e richiede una “nuova integrazione”: “L’Europa ora deve trovare qualche altro modo di incorporare dinamicamente il mondo dell’Islam [...] Se non riesce ad evolvere nella direzione dei valori universali, resteranno solo la demenza delle ideologie e i più biechi nazionalismi a riempire il vuoto.”

Insomma, il fatto che l’immigrazione selvaggia costituisca un evento storico che va messo in connessione con la grande conquista dell’Ottavo secolo e le spinte imperialiste successive Kaplan li vede, ma non capisce o non vuole capire che si tratta di un nuovo sfondamento a Nord del vecchio imperialismo musulmano. In questo è allineato con il papa, con Obama, con i vertici dell’Unione Europea. Quel che non vede è l’imperialismo islamico, il fatto che dovunque sia arrivata la conquista islamica, anche se inizialmente sostenuta da una piccolissima minoranza di soldati, nel corso dei secoli ogni altra cultura, etnia e religione è stata distrutta e soppiantata. Quel che oggi chiamiamo Maghreb fino al VII secolo era cristiano, non musulmano. E così la Siria, la Mesopotamia, l’Egitto: erano i luoghi centrali del cristianesimo antico. Oggi resistono sparute minoranze, che sono in via di essere eliminate del tutto, come i turchi hanno fatto in Anatolia e sulla costa meridionale del Mar Nero. Nel Maghreb c’erano i berberi, in Siria e Iraq c’erano aramei e assiri, in Anatolia armeni in Egitto i discendenti degli antichi egizi. Ora a ovest di Siria e Iraq restano quasi solo arabi e in Anatolia solo turchi. E’ stata una pulizia etnica, religiosa e culturale sistematica e spaventosa, paragonabile solo alle peggiori imprese del colonialismo in America e Australia.

L’Europa ha resistito per secoli a questo imperialismo arabo (e turco) musulmano. Non lo ha fatto come afferma Kaplan con Said per un presunto “senso di superiorità culturale”, ma per pura volontà di sopravvivenza. Oggi questa barriera è caduta e ci sono politici (da papa Bergoglio alla Boldrini in Italia) e intellettuali (fra cui lo stesso Kaplan) che ci incitano a costruire un mondo “senza muri” e ad accogliere l’Islam “con amicizia”. Il pubblico non capisce che un mondo senza frontiere e dunque senza nazioni è esattamente l’ideale della “umma” islamica (in cui conta solo la fede e la sottomissione) e dell’”internazionalismo” comunista, che non a caso nel momento del suo declino politico e culturale ha trovato naturale appoggiare l’Islam.

Questo è il futuro che ci prospettano: un mondo in cui l’unità del Mediterraneo sia ristabilita, sì, ma in senso opposto al mondo antico, dal Sud al Nord, dove gli invasori islamici finalmente potranno compiere il disegno millenario di impadronirsi di Roma. Andranno così le cose? Fra venti, cinquanta, cento anni l’Europa sarà privata della sua identità per diventare un pezzo del “Dar el Islam” (il territorio della sottomissione) come Tunisia (già Cartagine) e Turchia (già Grecia e Armenia)? I nostri monumenti culturali saranno come i resti romani che punteggiano la Siria e la Libia? Se dipendesse dai Kaplan e dai Bergoglio e dalle Merkel certamente sì. Per fortuna molti europei vedono le cose in maniera un po’ diversa.
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Re: Ogniversałixmi ke i vioła i Diriti Omani Ogniversałi

Messaggioda Berto » mer mag 18, 2016 5:34 am

Se il Soviet multiculti seleziona anche i prof di storia
di Gianluca Veneziani

http://www.lintraprendente.it/2016/05/s ... 0.facebook

Quindi ora condizione necessaria e sufficiente per poter diventare buoni insegnanti di storia sarà essere competenti “sul tema del diverso, il profugo, l’estraneo”: imparare a memoria la lezioncina sull’accoglienza e il multiculturalismo (subendo senza obiezioni l’indottrinamento politically correct) e imparare a insegnarla ai propri studenti, sottoponendoli allo stesso lavaggio del cervello.

Nel concorsone per selezionare i nuovi insegnanti, come fa sapere oggi sul Corriere Ernesto Galli Della Loggia, il primo dei quesiti cui il candidato professore di storia era chiamato a rispondere riguardava “il tema del diverso, l’estraneo, il profugo”; il secondo atteneva il concetto di “demografia”, che ovviamente a che fare con l’impatto dell’immigrazione sulla distribuzione della popolazione. È davvero incredibile come la retorica multiculti ormai non solo sia verbo unico delle dichiarazioni istituzionali, ma diventi discrimine per scegliere i futuri docenti e requisito essenziale per valutare la qualità della loro formazione e capacità di insegnamento. Insomma, sei competente in storia e ritenuto un Buon Docente (degno della Buona Scuola), se ne sai abbastanza sui profughi e tifi per la loro accoglienza. E i Cattivi Maestri diventarono Bravi Professori…

La cosa che sorprende, oltre al minimo di padronanza richiesta rispetto alla vastità dello scibile storico – come ben sottolineato da Galli Della Loggia – è l’ideologia che infarcisce questa competenza minima. Bisogna saperne poco e in una sola direzione. A ben pensarci, è la stessa logica (deleteria) che ha animato la selezione della classe docenti post-settantottina. Bastava avere una conoscenza sommaria di Marx, Engels, di lotta di classe e dittatura del proletariato per poter accedere alle cattedre più prestigiose, anche universitarie. Con la conseguenza che gli stessi corsi accademici consistevano in monografie asfittiche su questo o quel pensatore comunista, attraverso un riduzionismo fazioso e autoritario, che impediva di fatto agli studenti di leggere testi alternativi o inoltrarsi sulla traccia di autori proibiti.

Allo stesso modo oggi i neo-professori formati (o meglio “de-formati”) dall’imperante pensiero unico multiculturalista non potranno che scrivere bene nei loro temi della necessità dell’integrazione, dell’urgenza di una società mista e pluralista (molto più per opportunismo che per convinzione); e non potranno per la stessa ragione che predicare quella stessa Parola ai loro studenti, plagiandoli con la negazione preventiva di ogni dissenso e la mortificazione di ogni capacità critica. Si insegnerà solo quella cosa e la si studierà solo secondo una prospettiva. Si leggeranno in quel modo i testi ma si agirà anche di conseguenza, accettando ad esempio che i crocifissi vengano rimossi dai muri delle aule scolastiche o che i presepi vengano banditi e le benedizioni pasquali negate, per non rischiare di urtare la sensibilità dell “estraneo” e del “profugo”.

L’appiattimento delle diversità nel momento (è questo il paradosso) in cui si predica l’accoglienza delle diversità. In una società e in una scuola così ipocritamente egualitariste, “diverso” è infatti chi non si adegua al “diverso”, chi non rinuncia a se stesso per accogliere l’altro.

Certo, si può sempre rifiutare la vulgata istituzionale e ministeriale, ma in quel caso si viene messi ai margini, bocciati al concorsone, isolati nella classe-insegnanti e, da studenti, discriminati dai compagni. Non si ha diritto di parola né di presenza in una Scuola a direzione unica.

E dire che in quelle aule si dovrebbe insegnare e imparare a Pensare da soli, e non a Pensare come vuole il Soviet…
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Re: Ogniversałixmi ke i vioła i Diriti Omani Ogniversałi

Messaggioda Berto » sab mar 10, 2018 8:04 pm

Facebook e lo Zeitgeist - Caratteri Liberi
di Niram Ferretti
2018/03/08

http://caratteriliberi.eu/2018/03/08/in ... -zeitgeist

La sanitizzazione del linguaggio al fine di purgarlo dai microbi della scorrettezza, della violenza, della discriminazione è uno degli obbiettivi di quel grande impero dei social che è Facebook. Termini vernacolari come “frocio”, “finocchio”, “ricchione” o qualificativi come “negro” sono reputati intollerabili, pietre gettate contro lo schermo che dovrebbe proteggere gli utenti da quella cosa brutta e sporca che sta al suo esterno e che si chiama realtà (un discorso a parte merita tutta l’immondizia che si trova dentro lo spazio confinato di Facebook, ma ci torneremo).
Sì giunge dunque all’effetto grottesco che citare qualcuno che si chiama Negro di cognome, oppure scrivere Rio Negro, potrebbe produrre automaticamente, via algoritmo, la sospensione da quel mondo virtuale in cui certe parole sono come lo fu “l’amore che non osa dire il proprio nome”, impronunciabili.

Naturalmente, “negro” è da tempo diventato un termine peggiorativo che non è più corretto usare preferendogli al suo posto il meno discriminatorio “nero”, o l’ancora più neutro “di colore”, e va anche bene. “Negro” è stato e viene usato in senso razzistico nonostante il fatto che lo troverete ad abundantiam nei testi delle canzoni di rapper neri che non hanno alcun problema a definirsi negri, ma loro possono e i bianchi no.

Quanto ai termini denigratori e coloriti per definire gli omosessuali, non sempre sono caricati di violenza e ripulsa, ma sono anche usati scanzonatamente e ironicamente, e se un omosessuale, pardon un “gay”, dovesse dire di un altro gay, “Quella è una checca scatenata”, andrà sicuramente bene, perché come i neri possono darsi del “negro” tra di loro, i gay possono tranquillamente darsi del “frocio”, senza che un bianco o un eterosessuale benpensante si possa sentire oltraggiato. Non su Facebook, dove vige l’assunto che certi termini appartengono ai gironi dell’inferno e lì devono restare insieme ai diavoli e ai dannati, tra tempeste di ghiaccio e lava.

L’idea di purgare il linguaggio da parole considerate non consone alla propria visione del mondo è tipico dei regimi autoritari e totalitari, per i quali non può esistere nulla che non sia funzionale a quella realtà dimidiata in cui hanno domicilio, di volta in volta, solo maschi guerrieri e donne angeli del focolare, proletari felici e Ubermenschen.
La Neolingua di Orwell in 1984 è e sarà sempre lo specifico dei dotati di idee chiare e distinte su come dovrebbe essere il mondo che vorrebbero, e siccome il linguaggio è ciò che definisce le cose, allora si farà in modo che le cose si adeguino al linguaggio e quelle che non vi si adeguano scompaiano dall’orizzonte come la sporcizia che si mette sotto il tappeto per far credere che la casa sia pulita.

Per chi si spinge oltre, la sporcizia deve essere anche rimossa definitivamente, così la pensava Lenin dei borghesi e Hitler degli ebrei, mentre Facebook si limita a bandire le parole in ossequio al diktat imperante del politicamente corretto, la grande religione laica del nostro tempo con i suoi templi, sacerdoti e riti e presto forse un vero e proprio calendario liturgico con feste e santi.
Il problema è che i cosiddetti buoni intenti, o buone intenzioni, da parte di chi si ritiene nobile e virtuoso, non sono sufficienti nemmeno un minimo per garantire poi esiti virtuosi o buoni. I giacobini, i fascisti, i bolscevichi, i nazisti, si ritenevano virtuosissimi e operatori del Bene supremo, così come si ritengono tali i jihadisti.

Ora, certo Zuckenberg e il suo impero non sono né il Terzo Reich né l’Unione Sovietica né l’ISIS, ma ciò non toglie che il mondo che Facebook vorrebbe se potesse operare al di fuori del virtuale e direttamente sulle cose, sarebbe quello in cui chi dice “negro” o “frocio” dovrebbe essere rieducato a non farlo più, insieme a chi associa “terroristi” a “musulmani”, “razzisti” o “suprematisti” a “neri” (ovviamente esiste anche un suprematismo nero come ne esiste uno bianco),“femmine” a “ninfomani” o “puttanieri” a “uomini”. Dove ci si ferma nella sanitizzazione del linguaggio? Qual è l’argine alla crociata del Bene contro il Male?, perché, ammesso che si riesca a purgare il linguaggio di tutti quei lemmi che si ritengono sgradevoli, dalle associazioni ritenute improprie, non si dovrà poi farlo, se se ne ha il potere, anche con i libri del passato tra i quali ci sono capolavori sommi della letteratura e del pensiero che contengono frasi impensabili per i criteri della nuova igiene linguistica facebookara?

Tuttavia Facebook è, come tutte le realtà umane, assai imperfetta, perché applica i propri codici con somma parzialità, confina i rei di piccoli reati al castigo che loro spetta e lascia ad incitatori di odio virulenti campo libero, soprattutto quando si tratta di bacheche negazioniste o apologetiche verso fascismo, nazismo e comunismo, dove, a scorrere i post e i commenti si possono leggere cose truculente, ma che si scopre, una volta segnalate, non violare i magnifici e alati standard della Comunità assai sensibile a specificacissime categorie superprotette, neri, omosessuali, musulmani, un po’ meno nei confronti delle altre.

Ci consola un fatto, nonostante l’imperante conformismo, le regole di Facebook, le fatwe dei Virtuosi, le grottesche e ridicole crociate delle pentesilee da salotto di Me-too e altri penosi segni di questi nostri tempi assuefatti alla mediocrità e all’idiozia, la realtà continua ogni giorno in modo salutare ad assestare calci in faccia a chi vorrebbe emendarla dalla propria straripante e assai sconcia esuberanza.


Censura e libertà su facebook
viewtopic.php?f=141&t=2710
https://www.facebook.com/groups/836504866474520
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