Ospitalità, non sempre è sacra - accoglienza come crimine

Ospitalità, non sempre è sacra - accoglienza come crimine

Messaggioda Berto » mer feb 03, 2016 4:22 pm

Me par pì ke justo!

L'Australia autorizza la deportazione dei bambini migranti nell'isola del confino
Respinto il ricorso di una migrante bengalese
03/02/2016

http://www.askanews.it/top-10/l-austral ... 724594.htm


Sydney, 3 feb. (askanews) - L'Alta Corte australiana ha respinto il ricorso presentato da una migrante bangladese contro il suo rinvio nell'isola di Nauru, dove l'Australia confina i migranti indesiderati. La decisione della Corte spiana la strada al respingimento di centinaia di altri richiedenti asilo, fra i quali anche decine di neonati e bambini piccoli. L'Australia conduce una politica anti-migratoria molto aspra, condannata dalle ong per i diritti umani. Le imbarcazioni di migranti provenienti dai paesi più poveri del Sud-est asiatico vengono semplicemente respinte in alto mare e coloro che invece riescono a sbarcare vengono deportati in tre isole sperdute, quella di Manus, in Papuasia-Nuova Guinea, quella di Nauru, nel Pacifico, e sull'isola Christmas, nell'Oceano Indiano, dove regna una situazione di violenza, abusi e anarchia. Anche una commissione del Senato australiana ha definito le condizioni di vita sull'isola di Nauru "pericolose" per i bambini. La donna bangladese, arrivata illegalmente in Australia, era stata mandata sull'isola di Nauru. Ma in seguito a conmplicazioni durante la gravidanza, è stata portata in Australia per ricevere cure mediche urgenti. La donna, con il ricorso all'Alta corte, sostenva che il rinvio a Nauru fosse illegale. Il Centro legale per i diritti umani che l'assiste ha spiegato che la donna, il marito e il neonato sono terrorizzati all'idea di tornare a Nauru. "La procedura giudiziaria è complessa, ma la morale è semplice: sarebbe un errore fondamentale condannare queste famiglie a una vita disastrosa a Nauru". Anche per l'Unicef rinviare dei minori a Nauru, poiché comporta difficoltà logistiche insormontabili per questo minuscolo Stato, mette in pericolo la vita dei bambini. Cls MAZ

Aostrałia e refuxanti migranti
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Re: Ospitałetà no senpre lè sagra

Messaggioda Berto » mer feb 03, 2016 8:41 pm

Diriti Omàni dei Nativi e de łi Endexeni ouropei
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Re: Ospitałetà no senpre lè sagra

Messaggioda Berto » lun feb 08, 2016 10:57 pm

Buongiorno amici. Finalmente c'è un'autorità nella Chiesa cattolica che ha la lucidità e il coraggio di dire "basta immigrati". Lo ha fatto il presidente della Conferenza Episcopale Tedesca, il cardinal Reinhard Marx: "Alla carità bisogna accompagnare la ragione. La Germania non può farsi carico di tutti i bisognosi della terra".

https://www.facebook.com/MagdiCristianoAllam

In una intervista pubblicata il 6 febbraio sul Passauer Neue Presse il cardinale Marx spiega che "come Chiesa noi abbiamo bisogno di una riduzione nel numero di rifugiati", perché la Germania "non può accogliere tutti i bisognosi di questo mondo."

Da rilevare che il cardinale Max dice queste cose da una posizione politica ostile alla destra che sta crescendo nei sondaggi. Denuncia che "tristemente la destra e l'ultradestra estremista e razzista hanno del potenziale per aumentare i propri consensi (...) Questa ideologia si è consolidata e ha raggiunto anche le classi più alte (...) Stiamo assistendo a incitamenti a odio contro stranieri anche in ambienti borghesi. Evidentemente la vernice di civiltà non è così spessa come pensavamo.”

Avranno Papa Francesco, i cardinali Bagnasco e Scola, monsignor Galantino, la stessa lucidità intellettuale e coraggio umano per riconoscere che questa auto-invasione di clandestini è un suicidio per la Chiesa, oltre che l'eutanasia della nostra civiltà laica e liberale dalle radici ebraico-cristiane?

Cari amici, noi siamo giorno dopo giorno confortati e incoraggiati dalla crescita della consapevolezza della realtà e della condivisione della verità. Andiamo avanti. Insieme ce la faremo!


Il card. Marx chiude le porte ai profughi: “Non possiamo accogliere tutti”
"Non basta la carità, serve anche la ragione", dice il presidente della Conferenza episcopale tedesca
di Matteo Matzuzzi | 08 Febbraio 2016 ore 18:10
Il cardinale Reinhard Marx, presidente della Conferenza episcopale tedesca (LaPresse)

http://www.ilfoglio.it/chiesa/2016/02/0 ... e_c118.htm

Roma. La Conferenza episcopale tedesca prende posizione sull’emergenza migratoria, che da mesi – in particolare dopo le aperture estive di Angela Merkel, che garantì piena disponibilità all’accoglienza dei profughi in fuga dalla Siria, senza fissare limiti o quote – ha visto arrivare in Germania centinaia di migliaia di richiedenti asilo (più di un milione nel 2015, e le previsioni per l’anno corrente sono simili, come più volte sottolineato dal ministro dell’Interno, Thomas de Maizière, allarmato dal constatare che tra i profughi non vi sono solo individui che scappano da paesi in guerra). E’ stato il cardinale Reinhard Marx, presidente dell’organismo che riunisce i presuli locali nonché arcivescovo di Monaco e Frisinga e ascoltato collaboratore del Papa (è membro della speciale consulta incaricata di riformare la curia romana e coordinatore del Consiglio per l’economia della Santa Sede), a dire che “è necessaria una riduzione del numero di rifugiati”. Lo ha fatto in un’ampia intervista concessa al Passauer Neue Presse, dalle cui colonne ha osservato che “la Germania non può farsi carico di tutti i bisognosi del mondo”. Il punto centrale è che “non si tratta solo di guardare alla carità, ma anche alla ragione. La politica deve essere sempre concentrata su ciò che è possibile fare” e nel caso specifico “ci sono sicuramente dei limiti”. La ricetta proposta da Marx – che ribadisce “il massimo rispetto per la signora Merkel e le sue politiche” anche se sembra appoggiare implicitamente le tesi della Csu bavarese – è quella di “aiutare i profughi nei loro paesi d’origine, in Africa e nel medio oriente”.

Di certo, la soluzione non può essere quella prospettata dall’Alternativa per la Germania (Afd), il partito populista ed euroscettico – dato in costante crescita nei sondaggi – che ritiene legittimo sparare contro i migranti che tentano di entrare in territorio tedesco: “Purtroppo qui l’estremismo di destra e il razzismo hanno sempre avuto un certo potenziale per esprimersi, ed evidentemente questa ideologia si è ulteriormente consolidata. Questa violenza e la propaganda contro i rifugiati mi spaventano molto, stiamo assistendo anche in ambienti borghesi all’incitamento contro gli stranieri”. La presa di posizione della Conferenza episcopale tedesca non è il primo segnale del genere che giunge dall’Europa. In estate, mentre Francesco nei suoi Angelus ribadiva la necessità di accogliere chi fugge dalle guerre (l’ha ribadito anche domenica scorsa, riferendosi al conflitto intestino che da quasi cinque anni lacera la Siria), furono diversi vescovi ungheresi – con il distinguo dell’arcivescovo di Budapest, il cardinale Péter Erdo – a plaudire la scelta del primo ministro Viktor Orbán di costruire un muro per prevenire gli afflussi dalla vicina Serbia: “Papa Francesco ha torto e i rifugiati ci invadono”, diceva mons. László Kiss-Rigo, in un’intervista al Washington Post, bollando come “invasione” i tentativi dei migranti di passare le frontiere dell’Unione europea: “Vengono qui al grido di Allahu Akbar, ci vogliono conquistare. Sono totalmente d’accordo con il primo ministro”, i rifugiati minacciano i “valori universali, cristiani” dell’Europa.

Sulla stessa linea anche il vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di Budapest, monsignor János Székely: “Con una difesa fisica il processo d’immigrazione illegale si ferma. E’ una soluzione forte ma efficace”. In una successiva dichiarazione pubblicata a inizio settembre, i vescovi magiari si dicevano sì interessati a “conoscere le sorti dei cristiani in medio oriente”, ma allo stesso tempo chiarivano come pendesse sugli stati “il diritto e il dovere di proteggere i propri cittadini”.
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Re: Ospitałetà no senpre lè sagra

Messaggioda Berto » gio feb 11, 2016 7:41 pm

Jexuiti castrà e eresponsabiłi

P. Nicolás: essere grati ai migranti, aprono il nostro cuore
11/02/2016
(A cura di Alessandro Gisotti)

http://it.radiovaticana.va/news/2016/02 ... re/1207620

“Bisogna essere grati ai migranti”, “ci aiutano a scoprire il mondo”. E’ l’esordio dell’intervento di padre Adolfo Nicolás, superiore della Compagnia di Gesù, in occasione della sua visita al Centro Astalli di Roma. Il discorso, tenuto a braccio in occasione della Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, viene pubblicato sull’ultimo numero di “Civiltà Cattolica”, in uscita.

I migranti ci aiutano a non rinchiuderci in noi stessi
“Ogni Paese – afferma il Preposito generale dei gesuiti – corre il rischio di rinchiudersi in orizzonti molti limitati, molto piccoli, mentre grazie a loro il cuore può aprirsi e anche lo stesso Paese può aprirsi a dinamiche nuove”. Padre Nicolás ricorda gli esempi degli Stati Uniti e dell’Argentina, nazioni nate grazie ai migranti. Costoro, è la sua convinzione, “non sono semplicemente ospiti, ma gente che può dare un contributo al vivere civile, e che offre un apporto notevole alla cultura e alle sue evoluzioni profonde. Proprio grazie ad essi continuiamo ad approfondire l’umanesimo”. Anche le religioni, annota, “si sono diffuse nel mondo grazie ai migranti che hanno abbandonato i loro Paesi e si sono mossi da un luogo all’altro”.

Vincere pregiudizi, l’umanità ha bisogno di tutti
Per padre Nicolás è giunto il momento “in cui l’umanità si deve pensare come un’unità e non come un insieme di tanti Paesi separati tra loro con le loro tradizioni, le loro culture e i loro pregiudizi”. I migranti, invece, “ci rendono consapevoli del fatto che l’umanità non è formata solo da una parte ma proviene dal contributo di tutti”. Essi, afferma ancora il superiore della Compagnia di Gesù, “hanno imparato a non essere bloccati dalle difficoltà nella loro voglia di futuro. Hanno saputo superare la solitudine con la solidarietà aiutando gli altri e hanno mostrato che l’umanità è debole, ma può anche essere forte”.

Impariamo dai migranti come essere misericordiosi con gli altri
Da ultimo, nell’Anno della Misericordia, padre Nicolás sottolinea che dai migranti e dai rifugiati possiamo imparare “ad essere misericordiosi con gli altri”, “impariamo da loro ad essere umani nonostante tutto”, ad avere “come orizzonte il mondo e non la nostra piccola, ristretta cultura. Impariamo da loro ad essere persone del mondo”.



Migranti, Papa: Europa garantisca rispetto dignità umana
http://www.lapresse.it/video/migranti-p ... umana.html

L'ennesimo invito all'Europa ad accogliere i migranti da parte di Papa Francesco è arrivato questa mattina nel discorso d'inizio anno che del pontefice ha tenuto di fronte al corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede."L'attuale ondata migratoria - ha detto - sembra minare le basi di quello spirito umanistico che l'Europa da sempre ama e difende". "Tuttavia - ha precisato Francesco - non ci si può permettere di perdere i valori e i principi di umanità, di rispetto per la dignità di ogni persona, di sussidiarietà e di solidarietà reciproca, quantunque essi possano costituire, in alcuni momenti della storia, un fardello difficile da portare". L'Europa, ha spiegato il Papa, deve mettere la persona al centro e vincere la paura della grave emergenza immigrazione. "L'Europa - ha detto - deve avere gli strumenti per difendere la centralità della persona umana e trovare il giusto equilibrio tra il suo duplice dovere morale di tutelare i diritti dei propri cittadini e quello di garantire l'assistenza e l'accoglienza dei migranti".


Papa Francesco: “L’Europa deve e può cambiare, sorrida ai migranti”
08 Febbraio 2016

http://www.stranieriinitalia.it/attuali ... ranti.html

Città del Vaticano – 8 febbraio 2016 – “L’Europa sorrida ai migranti”. Papa Francesco è preoccupato per i muri alzato dal Vecchio Continente contro chi fugge da guerre e miserie, nutre la speranza che alla fine saprà accogliere.

“Quando andai a Lampedusa, il problema dell’immigrazione era appena agli inizi. E adesso è esploso” dice spesso Bergoglio, secondo il Corriere della Sera. E in un colloquio pubblicato oggi dal quotidiano ammette che l’immigrazione è “una sfida da affrontare con intelligenza, naturalmente, perché dietro c’è il problema enorme e terribile del terrorismo”.

“L’Europa – esorta il Papa - deve e può cambiare. Deve e può riformarsi. Se non è in grado di aiutare economicamente i Paesi da cui provengono i profughi, deve porsi il problema di come affrontare questa grande sfida che è in primo luogo umanitaria, ma non solo. Si è rotto un sistema educativo: quello che trasmetteva i valori dai nonni ai nipoti, dai genitori ai figli. Ebbene, occorre porsi il problema di come ricostruirlo”.

Quindi Bergoglio ricorda la figura biblica di Sara, la moglie di Abramo che ebbe un figlio a novant’anni. “L’Europa”, ama ripetere Francesco, “è come Sara, che prima si spaventa ma poi sorride di nascosto”. La sua speranza, riferisce chi gli ha parlato, è che l’Europa “sorrida di nascosto” agli immigrati. E intanto Francesco cita l’esempio della “donna-sindaco di Lampedusa, Giusi Nicolini”, per il suo impegno accanto ai disperati che sbarcano sull’isola.


Per Papa Francesco l'Europa è come Sara, la moglie sterile di Abramo, e gli immigrati sono la grazia divina che la renderà fertile
di Magdi Cristiano Allam 10/02/2016

http://www.magdicristianoallam.it/blogs ... rtile.html

Cari amici, Papa Francesco per l'ennesima volta pone al centro del suo apostolato l'accoglienza dei clandestini. In un colloquio con il Corriere della Sera arriva a concepire i clandestini come il seme miracoloso che consentirà all'Europa di tornare ad essere fertile sul piano demografico.

Addirittura paragonando i clandestini alla grazia divina che in tarda età permise a Sara, la moglie di Abramo, di avere un figlio. Secondo Papa Francesco, "l'Europa è come Sara", la moglie sterile di Abramo, "che prima si spaventa ma poi sorride di nascosto" e la speranza è che l'Europa "sorrida di nascosto" agli immigrati.

Papa Francesco valuta positivamente la prospettiva di un'Europa caratterizzata dal meticciato antropologico e culturale, conseguente alla mescolanza degli europei autoctoni con i clandestini: "L'Europa deve e può cambiare. Deve e può riformarsi. Se non è in grado di aiutare economicamente i paesi da cui provengono i profughi, deve porsi il problema di come affrontare questa grande sfida che è in primo luogo umanitaria, ma non solo".

Cari amici, noi non siamo affatto d'accordo sull'eutanasia delle popolazioni europee e il suicidio della civiltà laica e liberale dalle radici ebraiche, cristiane, greche, romane e illuministe della nostra civiltà. Siamo convinti che si debba promuovere una strategia per la rinascita demografica e civile delle popolazioni europee, mettendo al centro la persona, la famiglia naturale, la comunità locale, l'economia reale, i valori e le regole. Riteniamo che i clandestini vadano aiutati affinché possano vivere dignitosamente a casa propria. Ci dispiace Papa Francesco: non siamo d'accordo. Resta la domanda: perché questo Papa insiste tutti i giorni sull'accoglienza incondizionata dei clandestini?

Sto Papa lè on pericolo par naltri ouropei.


Xlamixasion de l'Ouropa contro Ixrael - Eurabia ?
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Fradełansa muxlim - Fratellanza mussulmana
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Nasixmo xlamego: ła dhimitudene
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Ospitałetà no senpre lè sagra
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Naltri no semo piegore e valtri no si pastori
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Paratornadori o manipoładori de l'ordene nadural dei Diriti Omani Ogniversałi
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Re: Ospitałetà no senpre lè sagra

Messaggioda Berto » sab feb 13, 2016 8:15 pm

Migranti in asilo, quartiere in rivolta
La scelta delle suore francescane di Forcellini dopo l’appello del Papa: ospiteranno donne e bambini nella struttura chiusa di Silvia Quaranta
13 febbraio 2016

http://mattinopadova.gelocal.it/padova/ ... 1.12951301

PADOVA. Francesco chiama e le suore padovane rispondono: l’invito del Papa alla solidarietà concreta, fatta di gesti e non solo di parole, è stata raccolta, fra i tanti, anche dalle suore francescane missionarie di Gesù Bambino, che a partire dal prossimo 18 febbraio ospiteranno dodici migranti. Dodici donne già ospiti alla Prandina e passate per Bagnoli. Il loro peregrinare, almeno per un po’, si fermerà alla parrocchia dello Spirito Santo, in zona Forcellini. Proprio dietro la chiesa, che affaccia su via Prosdocimi, sorge un edificio che fino a tre anni fa era una scuola materna: poi chiusa, dicono, per mancanza di personale e probabilmente di fondi. Fra una settimana, l’asilo avrà una nuova funzione, cioè quella di dare accoglienza al piccolo gruppo di signore, forse ragazze o forse madri con i loro bambini.

«Sbagliato non chiedere prima ai residenti»
Quasi tutti contro la decisione delle religiose di accogliere i profughi, ma c’è anche chi si schiera a favore: «Giusto aiutarli»

La notizia in quartiere è arrivata giovedì sera, quando ne sono stati messi al corrente il parroco, don Giancarlo Battistuzzi, e i membri del Consiglio Pastorale. I contorni del progetto, però, non sono ancora del tutto noti: si è parlato di otto persone, poi dieci, poi dodici. Oltre alle suore francescane, che hanno preso accordi direttamente con la propria sede romana, dovrebbe essere convolta anche la cooperativa La Rosa Blu, vicina alle Acli e alla Caritas, che, in un primo momento, dovrebbe seguire tutta la vita all’interno della comunità. In sede di Consiglio Pastorale, l’altra sera, le suore hanno sottolineato che la loro volontà è quella di rispondere attivamente a una emergenza, oltre che aduna chiamata che viene direttamente dal Papa.

Certo è che, dal loro punto di vista, si tratta di un progetto volto all’integrazione e al sostegno concreto: un modo per incontrare chi ha bisogno, portandolo all’interno di una comunità strutturata. Ma anche, s’intuisce, un modo per creare integrazione lavorando sui piccoli numeri, creando un gruppo sufficientemente ristretto da poter essere gestito in modo sereno, senza arrecare disturbo alla comunità. Le missionarie, comunque, preferiscono non rilasciare dichiarazioni, almeno per ora: «ci sono dei particolari che stiamo ancora definendo», si limitano a far sapere. Nessun commento nemmeno da don Giancarlo, che però conferma tutto: «nonostante l’edificio confini con la chiesa» spiega «è interamente di proprietà delle suore, che quindi sono libere di gestire i propri spazi nel modo che reputano più opportuno. Io, come parroco, non ho avuto alcun ruolo: ovviamente ne sono stato informato e ne informeremo, come è giusto che sia, anche i parrocchiani. Alla messa di domani (oggi, ndr) saranno loro stesse a intervenire, per dare tutte le informazioni del caso».
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Re: Ospitałetà no senpre lè sagra

Messaggioda Berto » dom feb 14, 2016 3:14 pm

Profughi siriani: imperativi morali ed esigenze vitali
Aiutare è doveroso, ma non c'è dubbio che per Israele un afflusso di centinaia di migliaia di profughi da paesi ostili significherebbe un condanna a morte
Di Ben-Dror Yemini
(Da: YnetNews, 9.2,16)

http://www.israele.net/profughi-siriani ... nze-vitali

Lo scorso settembre il corpo di un bambino siriano, Aylan Kurdi, venne gettato dalle onde su una spiaggia di Budrum, in Turchia. Fu un punto di svolta. Migliaia di europei scesero in piazza per dimostrare solidarietà e compassione, e manifestare la volontà di accogliere più rifugiati. Ma da allora le scene strazianti non hanno fatto che aumentare. Nei giorni scorsi decine di migliaia di persone sono fuggite dalla città di Aleppo. Hanno una sola via di fuga, verso la Turchia, e presto anche quella sarà loro preclusa. Assad non ha nulla da temere. Omar al-Bashir, responsabile dello sterminio nel Darfur, è regolarmente ospitato con tutti gli onori nelle conferenze della Lega Araba, o di quel che ne rimane, e in quasi tutte le capitali dei paesi musulmani.
Quando Assad avrà vinto, tutto sarà dimenticato e perdonato.

E noi, cosa facciamo? Cosa ci impone di fare la nostra coscienza umana e l’etica ebraica? Quale significato diamo alle parole “mai più”?

Israele cura i feriti della guerra civile siriana che giungono alla frontiera. A centinaia. Se qualcuno pensa che incrementare e pubblicizzare queste cure possa contribuire a migliorare l’immagine di Israele nella coscienza del mondo e del Medio Oriente, e ridurre l’odio verso Israele, farebbe bene a ricredersi. I palestinesi, grazie ai servizi sanitari israeliani, hanno una mortalità infantile inferiore e una speranza di vita più lunga di quelle che avevano prima e di quelle che hanno oggi tutti gli altri arabi. Forse che questo ha attenuato il livello di odio? I nemici di Israele non esitano a raccontare una storia tutta al contrario. José Saramago, premio Nobel per la letteratura, equiparò i territori palestinesi ad Auschwitz, e il parallelo tra Israele e la Germania nazista è diventato un fatto di routine. Se dobbiamo aiutare le vittime della guerra siriana è solo per motivi umanitari, senza aspettarci da questo nessun tornaconto.

È una faccenda complicata. L’Europa, un paese dopo l’altro, arriva alla conclusione che non vuole altri profughi. Le porte si stanno chiudendo. Anche la Svezia ha chiuso il ponte di Oresund e ha annunciato che decine di migliaia di richiedenti asilo verranno espulsi. Molestie sessiste di massa, come a Colonia, si sono verificate anche in Svezia, solo che i mass-media locali le hanno tenute nascoste. La correttezza politica sta diventando un boomerang. L’assassinio a coltellate di un’operatrice in un centro profughi ad opera di un adolescente (ricorda nulla?) ha gettato altra benzina sul fuoco. Ma non è iniziato tutto con l’ultima ondata di profughi: è una situazione che va avanti da anni.

Dunque cosa possiamo fare, come ebrei e israeliani? Certo non possiamo dimenticare la Conferenza di Evian del 1938, quando praticamente tutti i paesi del mondo dissero che non potevano accogliere profughi i ebrei in fuga dalla Germania nazista, e non possiamo dimenticare la sorte dei profughi sulla nave St. Louis. Ciò impone a Israele di aprire le porte e allestire campi profughi, come avviene in Turchia, Giordania e Libano?

C’è purtroppo una differenza sostanziale. Anche in questi giorni, mentre i miserabili si scannano fra di loro, da Aleppo si levano grida di “morte a Israele” e “morte agli ebrei”. Lo gridano praticamente tutte le parti coinvolte nel conflitto intestino siriano. A volte con determinazione, a volte solo per uniformarsi al coro. Ma è un dato di fatto che questo è lo spirito prevalente: genti cresciute nell’odio verso Israele e gli ebrei. Non c’entrano nulla l’occupazione della Cisgiordania o la barriera difensiva israeliana o altre scuse. L’odio irriducibile verso Israele ed ebrei prospera persino in Pakistan.

Angela Merkel dice che i profughi torneranno al loro paese con l’avvento della pace. Staremo a vedere. Ma per Israele è fuor di dubbio che un afflusso di centinaia di migliaia di profughi da paesi ostili significherebbe un condanna a morte. Il che non significa restare indifferenti alle sofferenze umane. Bisogna insistere con gli aiuti umanitari, e nel caso di un concreto pericolo di sterminio di massa bisognerà pensare al modo di istituire dei campi-rifugio appena al di là del confine. Ma all’interno di Israele non c’è modo di accogliere migliaia di questi profughi. L’imperativo morale, universale ed ebraico, impone di prestare aiuto e soccorso. Non di commettere suicidio.

Ben dito!




Sconvolgimenti demografici e minacce per Israele
Impossibile immaginare che uno stato palestinese in Cisgiordania abbia la volontà e la capacità di bloccare l’afflusso di profughi da est
Di Caroline B. Glick
(Da: Jerusalem Post, 8.2.16)

http://www.israele.net/sconvolgimenti-d ... er-israele

La scorsa settimana ricorreva il 17esimo anniversario dell’incoronazione di re Abdullah di Giordania dopo la morte del padre, re Hussein. L’ascesa di Abdullah al trono fu un fatto imprevisto. Suo zio Hassan era da tempo il principe ereditario e ci si aspettava che fosse lui a ereditare la monarchia. Ma Hussein ordinò dal letto di morte l’improvviso cambiamento nella linea di successione. Oggi è difficile credere che Abdullah avrà il potere di decidere il nome del proprio successore.

Per generazioni, la più grande minaccia incombente sulla Giordania è stata la sua maggioranza palestinese. Le stime sulle dimensioni della popolazione palestinese in Giordania variano molto: alcune la collocano a poco più del 50%, altre affermano che i palestinesi costituiscono il 70% della popolazione totale. Ma tutti gli studi demografici attendibili convengono sul fatto che la maggior parte dei giordani sono palestinesi. È per via della paura dei suoi abitanti palestinesi che negli ultimi dieci anni o giù di lì Abdullah ha cercato di isolarli. A partire dal 2004 ha iniziato a espellerli dalle forze armate giordane. Poi ha iniziato a revocare la loro cittadinanza. Secondo un rapporto del 2010 di Human Rights Watch, tra il 2004 e il 2008 il Regno ha revocato la cittadinanza di diverse migliaia di giordani palestinesi, mentre altre centinaia di migliaia di persone erano considerate a rischio di perdere presto la loro cittadinanza in forza di un procedimento arbitrario.

Oggi, la preoccupazione che i palestinesi possano far valere i loro diritti come maggioranza e quindi minacciare il Regno ha ceduto il passo a paure ancora maggiori. I cambiamenti demografici in Giordania negli ultimi anni sono stati così enormi che i palestinesi potrebbero essere l’ultima delle preoccupazioni di Abdullah. In effetti, è tutt’altro che certo che essi rappresentino ancora la maggior parte delle persone che vivono in Giordania. Dal momento dell’invasione dell’Iraq guidata dagli Usa nel 2003, tra 750.000 e un milione di iracheni si sono riversati in Giordania. I dati attuali non sono chiari su quanti di quegli iracheni si trovino in Giordania ancora oggi. Ma qualunque sia il loro numero, sono stati superati dai siriani. Oggi, stando al conteggio ufficiale delle Nazioni Unite, i profughi siriani sono 635.000, ma questa cifra ufficiale è probabilmente meno della metà del numero reale di siriani in Giordania, che viene valutato tra 1,1 e 1,6 milioni: circa il 13% della popolazione. Per avere un’idea delle dimensioni di questi cambiamenti demografici basta guardare ai dati storici. Secondo la Banca Mondiale, la popolazione della Giordania si attestava sui 5,29 milioni nel 2004. Nel 2013 era di 6,46 milioni. Nel 2015 risultava di 9,53 milioni.

L’afflusso massiccio ha portato le risorse pubbliche della Giordania al punto di rottura. Secondo re Abdullah, l’anno scorso un quarto del bilancio del Regno è andato al sostentamento dei profughi. Stando a un rapporto del 2014 della fondazione tedesca Konrad Adenauer, il costo complessivo della presenza siriana in Giordania ha superato i suoi benefici economici di circa 2 miliardi di dollari. Un rapporto dell’istituto londinese Chatham House sui profughi siriani in Giordania ha avvertito che, nei prossimi anni, l’afflusso potrebbe avere un profondo impatto sulla stabilità del Regno. Fino al 2013, la principale preoccupazione del regime era la radicalizzazione delle tribù beduine, in gran parte dovuta alla crescita di al-Qaeda e dello “Stato Islamico” (ISIS) tra le tribù beduine del Sinai, e l’ascesa al potere dei Fratelli Musulmani in Egitto. Anche se queste preoccupazioni rimangono dominanti, oggi vengono messe in ombra dall’impatto destabilizzante dei profughi siriani nel nord del paese. Secondo il rapporto Chatham House del settembre 2015, è vero che il sostegno pubblico per un cambio di regime in Giordania appare ancora scarso, ma “se la situazione economica non riuscirà a migliorare in tutto il paese, e il risentimento dei rifugiati continuerà ad alimentare recriminazioni nazionali, nei prossimi 5 o 10 anni le proteste contro le politiche del governo potrebbero degenerare”.

In Libano la crisi dei profughi è ancora più profonda. Dall’inizio della guerra in Siria, più di un milione di siriani sono entrati in Libano come profughi. Oggi ammontano al 25% della popolazione del paese. Tre quarti dei profughi sono sunniti. La loro presenza in Libano ha sconvolto l’equilibrio demografico fra sunniti, sciiti e cristiani. Mentre Hezbollah schierava migliaia di uomini in Siria per evitare che il regime di Assad sponsorizzato dall’Iran cadesse di fronte alle forze dell’opposizione sunnita, i profughi sunniti in Libano contrastavano le forze di Hezbollah in tutto il paese. Molti di questi sunniti sono affiliati a gruppi salafiti come l’ISIS e il fronte qaedista al-Nusra.

Non è affatto chiaro quali saranno le implicazioni a breve e medio termine dei flussi di profughi per la Giordania e per il Libano. Ma non c’è alcun dubbio che avranno profonde implicazioni a lungo termine. Né la Giordania né il Libano hanno un chiaro ethos nazionale unificante. Prima che i siriani iniziassero ad affluire da oltre il confine, gli Hashemiti al potere comprendevano circa il 20% della popolazione complessiva. La spina dorsale del regime erano le tribù beduine che, come ricordato, negli ultimi anni hanno subito un processo di radicalizzazione. Le relazioni della Giordania con Israele sono state già state influenzate negativamente da questo processo. Quando nel 2012 re Abdullah ha nominato Walid Obeidat ambasciatore in Israele, la sua tribù – la più grande in Giordania – lo ha rinnegato. Secondo gli esperti in materia, la mossa della tribù indica che i rapporti tra il regime e le tribù sono al minimo storico. Benché già in precedenza delle nomine di ambasciatori avessero suscitato critiche, la reazione della tribù Obeidat per la nomina in Israele del loro rampollo era senza precedenti. Secondo Chatham House, data l’attuale instabilità sociale nel Regno non è chiaro se il regime di Abdullah sarà in grado di concretizzare il suo accordo con Israele sul gas naturale.

Sia Israele che gli Stati Uniti considerano un interesse nazionale la sopravvivenza della monarchia Hashemita. Ed entrambi hanno messo in chiaro, nel corso degli anni, che sarebbero disposti a schierare truppe per difendere il regime Hashemita dalle forze islamiste che negli ultimi anni hanno giurato di rovesciarlo. D’altra parte, è difficile credere che le minacce al regime, in particolare la minaccia demografica posta dal massiccio afflusso di popolazione dalla Siria, possano diminuire nel prossimo futuro. Anzi, l’ingresso in guerra della Russia a fianco del regime di Assad sponsorizzato dall’Iran causerà probabilmente un aumento del numero di siriani in cerca di rifugio nei paesi vicini. E lo stesso vale per il Libano.

Le trasformazioni demografiche che Giordania e Libano stanno subendo richiedono che Israele riesamini la propria posizione regionale e le sue opzioni strategiche allo scopo di salvaguardare e difendere il paese nei prossimi anni. Il che è particolarmente vero per tutto ciò che riguarda le valutazioni sulla minaccia demografica.

Purtroppo, nonostante il crollo della Siria e dell’Iraq e nonostante le minacce in aumento in Egitto, Giordania e Libano, la maggior parte degli analisti, sia in Israele che all’estero, continuano a basare la loro visione delle opzioni che Israele ha davanti – in particolare in relazione ai palestinesi – su una mappa geopolitica regionale che non è più pertinente. Alla luce di questi sconvolgimenti demografici regionali, l’idea che Israele debba trasferire, oggi, altri territori sul suo fianco orientale nelle mani di una Autorità Palestinese cronicamente instabile e ostile è come minimo avventata. Con tutte le loro debolezze, sia il regime giordano che quello libanese sono di gran lunga più forti dell’Autorità Palestinese. Eppure non sono in grado di fermare i flussi di milioni di profughi attraverso le loro frontiere. È impossibile immaginare che uno stato palestinese sul versante occidentale del fiume Giordano avrebbe la capacità, per non dire la volontà, di bloccare l’afflusso di profughi da est, a maggior ragione quando i palestinesi stessi invocassero la libera immigrazione di milioni di palestinesi etnici provenienti da Giordania, Siria e Libano.

Le trasformazioni demografiche in questi anni in Giordania e Libano dimostrano che la più grande minaccia demografica per gli stati ancora funzionanti in questa regione non è la crescita naturale interna, bensì l’afflusso di profughi che vi si riversano dagli stati che sono collassati. Anche per la sopravvivenza a medio-lungo termine di Israele, la minaccia più grave sarebbe un afflusso in uno stato palestinese sul versante occidentale del fiume Giordano di milioni di profughi provenienti dagli stati confinanti.

Parlando la settimana scorsa alla conferenza di Londra sulla Siria, re Abdullah ha avvertito che la Giordania è al “punto di rottura” e ha chiesto all’Occidente di impegnarsi per una donazione di 1,6 miliardi di dollari nell’arco dei prossimi tre anni prima che “la diga ceda”. Purtroppo, la diga ha già iniziato a cedere. E se Israele non vuole essere sommerso, è giunto il momento di capire che il vecchio modo di pensare i termini del problema non serve più a nulla.
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Re: Ospitałetà no senpre lè sagra

Messaggioda Berto » dom feb 14, 2016 3:15 pm

Ła sołedaretà come łebertà e no come s-ciavetù
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Ospitałetà no senpre lè sagra
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Diritti Umani dei Nativi e degli Indigeni europei
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https://www.facebook.com/DirittiUmanide ... enieuropei
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Re: Ospitałetà no senpre lè sagra

Messaggioda Berto » ven apr 15, 2016 9:51 am

Offre la casa allo straniero a Natale e ora non riesce più a mandarlo via
15/04/2016

http://www.ilgazzettino.it/vicenza_bass ... 69381.html

SANTORSO – Mosso da compassione qualche giorno prima di Natale aveva concesso a un cittadino romeno l’uso della sua casa di via del Santuario 6 l’imprenditore Corrado Buzzolan e ora non riesce più a farlo uscire con la compagna che l’ha raggiunto da qualche settimana.
È una vicenda al limite del grottesco, che vede protagonista il romeno di 56 anni Lazar Fanica che in settimana è stato multato di 600 euro dalla polizia locale Alto Vicentino per l’abbandono in via Pranon di 30 scacchi di immondizia domestica. Corrado Buzzolan per Natale aveva concesso l‘uso della casa mosso da pietà per la grave situazione in cui versava Lazar Fanica.
La situazione è degenerata a fine gennaio quando l’imprenditore ha fatto visita all’ospite per chiedere al romeno di lasciare la casa, richiesta che ha scaturito una lite, con parole grosse e altro. Buzzolan ha denunciato alle forze dell’ordine di essere stato minacciato da Fanica armato di accetta. Pure il romeno ha presentato denuncia per lesioni, asserendo di essere stato aggredito dal padrone di casa. La situazione appare in stallo, anche perchè Fanica asserisce che ha ricevuto assicurazioni da Buzzolan di potere restare pagando un canone di affitto, che al momento non ha versato. Per Corrado Buzzolan si profila una trafila burocratica e legale lunga anni per rientrare in possesso della sua casa.

Mai ospitar on foresto, a te pol catarte sensa caxa. Far del ben a olte vol dir farse del mal e no ga senso, mejo no risciar.
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Re: Ospitałetà no senpre lè sagra

Messaggioda Berto » lun mag 02, 2016 6:20 am

Sull’immigrazione Collier pone quesiti irriverenti a Merkel e Francesco
Il saggio del prof. di Oxford sul Catholic Herald
di Maria Antonietta Calabrò | 30 Aprile 2016

http://www.ilfoglio.it/esteri/2016/04/3 ... e_c697.htm

Paul Collier, professore di Economia e Politiche pubbliche alla Blavatnik School of Government dell’Università di Oxford

I nostri cuori ci stanno portando fuori strada sulla crisi dei rifugiati”. “Non indurre in tentazione: i leader politici e religiosi dell’Europa devono ricordare questo principio morale fondamentale”. Un approccio totalmente controcorrente rispetto alla melassa retorica che a ben guardare, secondo Paul Collier, è anche il modo più miope ed egoista per gestire il problema dell’immigrazione senza risolverlo, anzi aggravandolo, seppure mettendosi la coscienza a posto con qualche gesto di bontà.

“Le lacrime non bastano”, ha titolato in copertina a tutta pagina il magazine cattolico inglese Catholic Herald, proponendo una lunga e articolata analisi di Collier, professore di Economia e Politiche pubbliche alla Blavatnik School of Government dell’Università di Oxford, uno dei massimi esperti mondiali sul problema delle migrazioni e autore dello studio “Exodus”, ritenuto da Robert D. Putnam “una lettura imprescindibile per chiunque voglia approfondire il tema”. L’articolo di Collier sul Catholic Herald critica ad alzo zero le politiche della cancelliera tedesca Angela Merkel e l’impostazione compassionevole dei leader religiosi europei (con tanto di foto dell’incontro di Lesbo tra papa Francesco, il patriarca Bartolomeo e il primate greco Hieronymus). Collier dimostra infatti l’effetto paradossale delle politiche e degli atteggiamenti delle “porte aperte, che hanno spinto (indotto in tentazione) in Europa i più giovani, acculturati e ricchi siriani, lasciando il loro paese privo delle risorse umane necessarie per farlo ripartire non appena la guerra finirà”.

“La visita del Papa è stata un’affermazione eloquente della dignità dello spirito umano e della durata universale della coscienza cristiana”, scrive Collier .“La situazione dei milioni di siriani sfollati a causa dei conflitti richiede infatti la nostra generosità di spirito. Ma la generosità non basta: le nostre risposte devono essere fondate sulla ragionevolezza. Il cuore senza testa può portare a risultati poco migliori rispetto alla testa senza cuore. Credo che l’ondata di cuore abbia momentaneamente travolto il lento sforzo della testa: le reazioni cristiane al cospetto dei rifugiati e delle migrazioni sono caratterizzate da una certa confusione morale, e tutto ciò mentre non riescono ad affrontare le necessità reali”. Quali? Innanzitutto quello di garantire sostegno ai paesi vicini che forniscono rifugi sicuri, agli sfollati. “Questo è davvero un requisito fondamentale del diritto internazionale”. Il modello da seguire per Collier è quello della Conferenza di Londra nel mese di febbraio 2016, che il premier Cameron ha ospitato e che ha trovato i miliardi necessari per compensare i governi dei vicini della Siria per la fornitura di rifugio sicuro ai siriani in fuga e un “ministro inglese, e non tedesco, si è recato nei paesi confinanti con i dirigenti d’azienda per vedere cosa è possibile fare per creare posti di lavoro in loco, a cominciare dalla Giordania”.

Per Collier inoltre ci sono tre potenti argomenti etici a sostegno delle restrizioni in materia di immigrazione. Il primo è la preoccupazione per gli interessi dei poveri dell’Europa. Gli europei con redditi superiori alla media non hanno – secondo Collier – il diritto morale di sacrificare l’interesse dei loro concittadini più poveri. Inoltre essi non dovrebbero respingere le preoccupazioni dei poveri come semplici sintomi di razzismo. In secondo luogo, il diritto di emigrare da un paese non implica di per sé il diritto di immigrare in qualsiasi altro paese di scelta. Terzo: gli stati nazionali con le loro frontiere “non sono abomini morali, né dinosauri del bigottismo. La probabile alternativa a un sentimento simpatetico per milioni di concittadini non è un sentimento di simpatia per miliardi di essere umani, ma una ritirata nell’individualismo, nell’egoismo e nell’alienazione”. Resta aperta dunque, per Collier, la domanda: “A quale modello allora deve guardare la Chiesa?”. A quello della Merkel o a quello di Cameron? E già chiederselo, sul Catholic Herald, non è poca cosa.
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Re: Ospitałetà no senpre lè sagra

Messaggioda Berto » ven mag 13, 2016 7:34 am

???

Il sistema di accoglienza dei migranti in Italia è come una cipolla
Stefano Liberti
12 maggio 2016

http://www.internazionale.it/opinione/s ... ia-cipolla

“Questa non è l’Europa che mi aspettavo”, dice un cittadino etiope di etnia oromo nel primo video della serie che oggi presentiamo sul sito di Internazionale. Soccorso in mare e sbarcato a Messina, l’uomo è stato forzato a dare le impronte digitali subendo violenze fisiche e psicologiche. Non voleva sottoporsi all’identificazione perché sapeva che così avrebbe perso la possibilità di chiedere asilo altrove – secondo la convezione di Dublino, bisogna presentare domanda nel primo paese sicuro d’approdo. Ma soprattutto perché sapeva di finire incastrato nelle maglie del modello italiano di gestione dell’immigrazione.

Secondo le cifre del ministero dell’interno, 113.360 cittadini stranieri sono oggi inseriti nel sistema di accoglienza italiano. Il 70 per cento di loro è stato collocato nei cosiddetti Centri di accoglienza straordinaria (Cas), alberghi o capannoni sparsi per tutta l’Italia, spesso lontani dai centri abitati; il resto è diviso tra i Centri per richiedenti asilo (Cara), megastrutture governative dove si rimane per mesi in attesa (anche se la legge prevede una permanenza massima di 35 giorni) e i centri del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar), dove invece attuano spesso autentici percorsi di formazione e integrazione.

Il sistema di accoglienza targato Italia è ancora segnato da una gestione poco trasparente e il più delle volte inefficace

Solo il caso determina in quale di questi luoghi finiranno le singole persone: la disponibilità di posti al momento dell’arrivo, le disposizioni del ministero dell’interno, a volte anche la necessità di fare cassa da parte di amministratori e operatori del terzo settore disonesti, come ha dimostrato l’inchiesta Mafia capitale.

In questa serie di video abbiamo cercato di raccontare i diversi strati di questo sistema “a cipolla”: gli esempi più drammatici e quelli virtuosi, le sofferenze e le gioie, le storie d’integrazione e quelle di disintegrazione. Queste ultime purtroppo sono più numerose: perché il sistema di accoglienza targato Italia, nonostante i passi avanti degli ultimi anni (come l’aumento dei posti nelle strutture dello Sprar), è ancora segnato da una gestione emergenziale, poco trasparente e il più delle volte inefficace. Spesso anche i casi con esito positivo sono bloccati da una legislazione che tiene poco conto della realtà sul terreno, come quella che impedisce la regolarizzazione di richiedenti asilo che hanno ricevuto il diniego, anche se nel frattempo hanno trovato un lavoro e si sono reinventati una vita. Perché l’immigrazione è sempre vista come un costo e un problema, invece che come una risorsa.

L’obiettivo di questi video – realizzati grazie al contributo dell’Open society foundations – è proprio questo: fornire strumenti di informazione intorno all’accoglienza, facendola raccontare in prima persona da chi è nel sistema, sia i migranti accolti sia gli operatori del terzo settore e delle forze di sicurezza, nel tentativo di contribuire a un dibattito troppo spesso dominato dalla paura e da slogan allarmistici.


Coante bàłe ke i conta sti "enternasionałisti" sensa creansa par i Diriti Omàni dei Nadivi o Endexeni europei
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