Carta universale dei diritti religiosi e spirituali

Re: Carta ogneversal dei diriti rełijoxi e spirituałi

Messaggioda Berto » sab dic 12, 2015 1:55 pm

Per una denuncia singola e collettiva:

Io o Noi diversamente religiosi o altro credenti e non credenti non siamo miscredenti, non siamo infedeli, non siamo sviati dalla retta via e nemmeno incorsi nell'ira Dio, noi siamo soltanto diversamente religiosi, altro credenti e non credenti, ebrei, cristiani, indù, yazidi, atei, aidoli, ... e questi appellativi che i mussulmani ci danno finanche nelle loro preghiere quotidiane, per noi sono un insulto e un'offesa e un chiaro segno di discriminazione e fonte di odio religioso, perciò chiediamo agli organi e alle autorità politico-giudiziarie competenti di valutare se esistono gli estremi della violazione o di incitazione alla violazione dei Diritti Umani Universali, delle leggi europee, della costituzione italiana, del codice penale e della Legge Mancino da parte dei credenti, dei praticanti e del clero della "religione" islamica o dottrina politico-religiosa islamica.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Carta ogneversal dei diriti rełijoxi e spirituałi

Messaggioda Berto » sab dic 19, 2015 7:19 pm

Quei “coglioni” di Charlie
Il settimanale francese fu abbandonato al terrore islamista ben prima della strage di un anno fa. Un libro racconta la fine della libertà di espressione fra taglialingue e vigliacchi

http://www.ilfoglio.it/cultura/2015/12/ ... e_c304.htm

di Giulio Meotti | 19 Dicembre 2015

L’allora direttore di Charlie Hebdo, Stephane Charbonnier, davanti alla redazione dopo l’attentato del 2011, in una foto opportunamente pixelata. Censurato dai giornali, “Charb” era stato ridotto a nulla
Anticipiamo un estratto del nuovo libro di Giulio Meotti, “Hanno ucciso Charlie Hebdo. Il terrorismo e la resa dell’occidente: la libertà di espressione è finita”, da oggi in libreria (Lindau, 160 pagine, 16 euro). E’ la storia di come l’islamismo sia riuscito a restringere la nostra libertà di dire e pensare.

L’ultima vignetta firmata “Charb” mostrava un talebano con un kalashnikov in spalla che invita a non illudersi troppo per l’assenza di attentati in Francia, perché “c’è tempo fino alla fine di gennaio per fare gli auguri”.

Stéphane Charbonnier, in arte Charb, era un obiettivo terroristico fin dal 2011, quando un incendio aveva distrutto la storica sede di Charlie Hebdo, alla vigilia di un numero dedicato alla vittoria elettorale degli islamisti in Tunisia e con un ritocco alla testata, convertita in “Charia Hebdo” (riferendosi alla sharia, la legge islamica). Nel settembre del 2012 un jihadista era stato arrestato a La Rochelle perché aveva esortato, da un sito internet, a decapitare Charb. Lui aveva risposto così: “Preferisco morire in piedi che vivere in ginocchio”.

Figlio di un tecnico di France Telecom e della segretaria di un ufficiale giudiziario, Charb era arrivato a dirigere Charlie Hebdo a 42 anni. Charbonnier aveva fatto tutto nella periferia di Pontoise: scuola elementare, scuola media, scuola superiore. Fino al cimitero di Pontoise, dove è stato sepolto nel gennaio 2015 con le note dell’Internazionale in sottofondo. Genitori socialisti, Charb eredita la vocazione di sinistra. Charb aveva lavorato per numerosi giornali e collaborava anche con il quotidiano del Partito Comunista L’Humanité e due importanti riviste francesi di fumetti, Fluide Glacial e L’Echo des Savanes. Irriverente e anti-capitalista, come dimostrano le sue vignette più celebri spesso al limite del pornografico, che riguardano il cane Maurice, bisessuale e anarchico, e Patapon, gatto asessuato e fascista.

Tutto cambia nel 2011. Lì, la minaccia diventa tangibile. Una notte, alle 5 del mattino, la polizia convoca Charb per dirgli che qualcuno ha incendiato la sede del settimanale. L’edizione di quei giorni si era concentrata sulla “sharia soft”, “in onore del ruolo dell’islam nelle rivolte arabe”. Per celebrare in maniera appropriata la vittoria degli islamisti di Ennahda in Tunisia, e la promessa del presidente del Consiglio nazionale di transizione che la sharia sarà la principale fonte di legge in Libia, “Charlie Hebdo” aveva invitato Maometto a essere direttore per un giorno, come aveva scherzato la redazione di Charb in una nota. E fece firmare al Profeta un editoriale sul bere halal, secondo i dettami dell’islam, in cui l’alcol è proibito; dedicava una sezione – “Sharia Madame” – a donne e velo islamico, da poco vietato in Francia. Su Internet apparve una fotografia di Charb e la scritta “vivo o morto”, firmato al-Qaida. Il mondo politico francese fece una dichiarazione di condanna, ma aggiunse anche che “Charlie” aveva gettato benzina sul fuoco, che era irresponsabile. Charb si sentì solo per la prima volta. Abbandonato. Charb fu il primo obiettivo durante l’attacco del 7 gennaio. I terroristi, entrati dentro la redazione, gridavano “Charb? Dov’è Charb?”. Dopo averlo guardato dritto negli occhi gli hanno sparato. Poi vengono chiamati, uno alla volta, i membri della redazione e subito dopo fatti secchi. Durante pochi interminabili minuti i terroristi hanno compiuto una mattanza “scientifica”, che prevedeva la richiesta del nome ai giornalisti prima di giustiziarli.

Charb aveva il viso pallido di un bambino triste. Con i suoi occhiali, la sua T-shirt e il maglione, il direttore di Charlie Hebdo sembrava un eterno adolescente. Charb amava soprattutto ridere. “E’ la risata che decide”, ripeteva. Ma il suo sguardo era stato spento già prima ancora che i terroristi facessero irruzione nella sede del giornale.

Dopo la strage, il New York Daily News ha pubblicato una fotografia del 2011 con Charb davanti alle ceneri della redazione, incendiata dai fondamentalisti islamici. Tiene in mano una copia del suo giornale, la sua vita. Ma la copertina non è altro che un grappolo di pixel censurati, un puzzle di inoffensivi brandelli virtuali. Per chi guarda l’immagine, Charb tiene in mano il nulla. E’ ridotto a nulla.

Nel 2007 Charlie Hebdo era stato portato di fronte alla XVII sezione del Tribunale penale di Parigi, processandone il direttore, Philippe Val, costretto a rispondere di “insulti pubblici contro un gruppo di persone a causa della loro religione”. “Ma chi deve definire il concetto di libertà d’espressione e l’ambito entro cui può manifestarsi: i deputati, eletti dal popolo, o i gruppi religiosi?”, chiese Philippe Val in aula, esprimendo il suo profondo dissenso dall’accusa per cui venne portato in tribunale dalla Grande Moschea di Parigi presieduta dal rettore Dalil Boubakeur, l’Unione delle organizzazioni islamiche di Francia e la Lega musulmana mondiale.

A testimoniare per Charlie, si presentarono il saggista musulmano Abdelwahab Meddeb, il direttore di Cahiers de l’Orient Antoine Sfeir, il capo delle pagine culturali del Jyllands-Posten Flemming Rose, la studiosa Élisabeth Badinter e l’ex direttore di L’Express Denis Jeambar. La Lega musulmana mondiale citò come testimone padre Michel Lelong, un prete cattolico: “Trovo deplorevole che un giornale abbia pensato bene di ravvivare questa contesa”, disse il veterano dell’amicizia franco-araba.
Christophe Bigot, avvocato della Moschea di Parigi, aggiunse che “non è in alcun modo un dibattito sulla censura, ma un dibattito sulla responsabilità”. Charlie Hebdo era colpevole ai suoi occhi di “un atto deliberato con la coscienza del male”. Attesissimo l’intervento in aula di Flemming Rose: “Ho ridicolizzato un’ideologia, non gli uomini. Tutti devono accettare il ridicolo, nel rispetto della legge”. Élisabeth Badinter sostenne invece che “se Charlie Hebdo verrà condannato, è il silenzio che si imporrà su tutti noi”.

Quella volta Charlie si salvò, ma il silenzio sarebbe presto calato comunque sulla Francia e l’Europa. Non era la prima volta che si trascinavano scrittori e giornalisti alla sbarra nella Parigi dei Lumi. Il primo processo alla libertà di espressione sull’islam, a Parigi, venne celebrato nel 2002. E’ l’affaire Michel Houellebecq, l’autore del romanzo “Piattaforma”. Nelle stesse ore in cui i giudici assolvevano lo scrittore, all’Eliseo il presidente Jacques Chirac premiava Dalil Boubakeur con l’Ordine nazionale al merito per lo spirito “di dialogo, di tolleranza e di pace”. Boubakeur è il rettore della grande moschea di Parigi, l’uomo che con più convinzione aveva denunciato Houellebecq, con queste parole pronunciate in aula: “L’islam è stato insultato in modo indescrivibile e nella totale ignoranza di ciò che è. La libertà di espressione ha dei limiti. Credo che la mia comunità sia stata umiliata, e offesa la mia religione. Esigo giustizia”. Kamel Kabtane, rettore della Moschea di Lione, che figurava tra i querelanti, disse che le parole di Houellebecq erano sulla linea degli anni 1936-1939. Un protonazista, dunque.

Dalla parte di Houellebecq si fecero avanti alcune mosche bianche, irregolari. Michel Braudeau, caporedattore della Nouvelle revue française, in aula rivendicò “la liberté de l’écrivain, sa fonction critique dans la société”, ribadendo quanto fosse importante per l’homme de lettres che la libertà di espressione non fosse mai messa in discussione. Lo scrittore Dominique Noguez, ateo anch’egli, come Braudeau, difese a sua volta Houellebecq con brani di Clémenceau sulla libertà di pensiero. Noguez non mancava, infine, di manifestare il proprio sbigottimento vedendo che proprio la Lega dei diritti dell’uomo si era costituita parte civile contro Houellebecq, a fianco delle moschee e della Lega islamica mondiale, ritenendo paradossale che un’associazione nata per difendere i diritti dell’uomo si schierasse a fianco di chi puntava a reprimere la libera manifestazione del pensiero.

Come quarto testimone depose Fernando Arrabal, agnostico, già arrestato per blasfemia nel 1967 da un tribunale della Spagna franchista, per espressioni irriverenti nei riguardi della patria e della religione. “Che gioia essere testimone in un processo per reati di opinione”, disse Arrabal in aula a Parigi. “Saragozza, Valladolid, Santander…” il drammaturgo elenca improvvisamente una serie di città spagnole. “Questa è la lista delle carceri in cui sono stato per aver fatto la stessa cosa di Houellebecq. Nel 1967, ho avuto l’onore di essere difeso da Elias Canetti, Octavio Paz e Samuel Beckett”.

La sentenza di assoluzione di Houellebecq venne pronunciata il 22 ottobre 2002 e rappresenta una grande vittoria per la laicità e la libertà di espressione. Houellebecq veniva assolto, ma le porte del tribunale si stavano già aprendo per un’altra scrittrice: Oriana Fallaci. “La donna che diffama l’islam”, aveva scritto il quotidiano della gauche Libération. “La Bin Laden della scrittura”, disse con calma, quasi sommessamente l’avvocato della Federazione internazionale dei diritti umani, Patrick Baudouin.

Quando Oriana Fallaci è morta, nel settembre del 2006, era ancora imputata al tribunale di Bergamo. Era la prima volta che un giudice aveva disposto un processo per vilipendio della religione islamica. Ma non sarebbe stata l’ultima.

Processato e sotto scorta, il direttore di Charlie Hebdo Stéphane Charbonnier venne vilipeso anche da morto. In un commento agghiacciante a poche ore dal massacro dei giornalisti di Charlie Hebdo, Tony Barber, direttore dell’edizione europea del Financial Times, accusò il settimanale satirico di “deridere, stuzzicare e punzecchiare i musulmani da troppo tempo”. “Coglioni” e “masochisti”: così l’eurodeputato Verde ed ex leader del ’68, Daniel Cohn-Bendit, aveva invece definito i responsabili della rivista Charlie Hebdo. “Qualsiasi integralista è un coglione, sia che si tratti di integralismo cristiano, ebraico, laico o mussulmano”. Ma per Cohn-Bendit, quelli di Charlie Hebdo erano anche “masochisti. Si vede che amano farsi del male”. Senza contare la volta in cui alcuni noti rapper francesi, tra cui Akhenaton, Disiz, Kool Shen e Nekfeu, invocarono un “falò contro quei cani di Charlie”: pochissimi solidarizzarono con Charbonnier e colleghi. Anzi, per la maggior parte se l’erano cercata.

Dopo le bombe incendiarie che colpirono Charlie Hebdo nel 2011, Bruce Crumley su Time Magazine attaccò il settimanale anziché i terroristi, parlando di “buffonate islamofobiche inutile e puerili”. Fu il filosofo francese André Glucksmann a dichiarare in merito a Charlie Hebdo contro “gli atei che muoiono di paura, pronti a piegarsi davanti al ricatto”. Furono i più a cedere al ricatto.

I proprietari di France Soir, senza aspettare di ricevere una sola minaccia, licenziarono il direttore del giornale per aver riprodotto le vignette come gesto di solidarietà con i colleghi danesi. Il giornale che aveva pubblicato le vignette satiriche su Maometto poi uscì in prima pagina con il titolo “Voltaire aiutaci!”.

Copie già in stampa, dopo aver licenziato il direttore, Jacques Lefranc, l’editore, l’uomo d’affari francoegiziano Raymond Lakah, ha dichiarato: “L’ho fatto in segno di forte rispetto per la fede e le convinzioni intime di ciascun individuo. Presentiamo le nostre scuse alla comunità mussulmana e a tutte le persone che sono state scioccate da questa pubblicazione”. In un commento intitolato “Risposta ad alcune domande”, France Soir scriveva infine: “Si può immaginare una società dove si sommino i veti di diversi culti? Che cosa resterebbe della libertà di pensare, parlare, persino muoversi? Quelle società le conosciamo bene: oggi l’Iran dei mullah, ieri la Francia dell’Inquisizione”.

Attorno a Charlie Hebdo, destra e sinistra fecero a gara per prendere le distanze. L’allora ministro Rachida Dati disse che Charlie Hebdo aveva cercato “una trovata di marketing” che rischiava di arrecare “danno” ai francesi. Facebook fece sparire subito le caricature di Charlie Hebdo. E altrettanto fece Le Point perfino quando ne pubblicò una per criticarla. Lo stesso ha fatto l’Associated Press, che ha censurato le vignette esposte dalle migliaia di francesi scesi in piazza. Motivo? Erano “deliberatamente provocatorie”. E pazienza se fino a ieri la stessa agenzia non aveva mai ritenuto provocatoria l’immagine del Cristo di piscio di Andres Serrano.

In Italia, la Repubblica ha riempito le pagine di commenti in difesa della libertà, intervistando il vignettista danese che vive sotto scorta, ma sul più letto giornale d’Italia non si è trovata una sola vignetta di Charlie Hebdo sull’islam. C’è quella contro gli inglesi, l’Obelix drogato, quella sulla crisi finanziaria, quella su Ratzinger che amoreggia con una guardia svizzera, ma nemmeno una su Maometto, neppure delle più lievi. Nemmeno il presidente Barack Obama intervenne a difesa della libertà di parola, come invece avrebbe fatto due anni dopo per bacchettare la Sony, che aveva chinato la testa dinanzi alle proteste del dittatore della Corea del Nord e ritirato un film satirico su di lui.

Zuckerberg, Obama e tutti gli altri hanno fatto quello che Stéphane Charbonnier, il direttore di Hebdo ucciso dai terroristi insieme ai suoi redattori, si era rifiutato di fare: arrendersi ai nemici della libertà di parola. Per non parlare dell’ex presidente Jacques Chirac, che già nel 2006 condannò le “provocazioni di Charlie”: “La libertà d’espressione deve esercitarsi in uno spirito di responsabilità”. Ma per chi non lo ricordasse, è lo stesso Chirac che all’epoca del caso Rushdie espresse solidarietà con chi aizzò le masse islamiche (Khomeini d’altronde aveva trovato riparo a Parigi, adulato dagli intellettuali della sinistra francese, compreso il socialista Lionel Jospin), e non con lo sventurato scrittore.

E si prosegue con l’Osservatore Romano, che parlò, sempre a proposito di Charlie Hebdo, di “discutibile iniziativa che minaccia di gettare benzina sul fuoco”, fino all’Onu, che definì i giornalisti di Charlie “stupidi e irresponsabili “, o la Casa Bianca, che per bocca del portavoce di Obama annunciò che per loro le vignette su Maometto “sono offensive per molte persone, e incendiarie”. Le caricature di Charlie Hebdo “susciteranno la repulsione di molti fedeli mussulmani”, disse il cardinale di Parigi André Vingt-Trois, presidente dell’episcopato francese. Intervistato dalla radio Europe 1, il prelato ha anche affermato: “Non voglio vederle. Susciteranno la repulsione di molti credenti mussulmani che si sentiranno feriti nella loro fede e che cercheranno il modo per esprimere il loro malcontento. Non si può dire qualsiasi cosa protetti dalla libertà di espressione”.
In un’intervista pubblicata sul Monde, Jean-François Copé, all’epoca Segretario Generale dell’Ump e deputato del Parlamento francese, difese l’allora primo ministro, Jean-Marc Ayrault, che aveva invocato da parte di Charlie Hebdo un “comportamento responsabile”.

Il giornale cattolico La Croix scrisse che “la responsabilità editoriale richiede una valutazione delle conseguenze di ciò che si pubblica”. Laurent Fabius fece sapere che con la pubblicazione delle vignette di Charlie Hebdo “gettano benzina sul fuoco”. Olivier Besancenot critica il giornale satirico e lo accusa di “imbecillità reazionaria”. E anche Rama Yade, ex Segretario di Stato per gli Affari Esteri e per i diritti umani, attacca Charlie Hebdo, mentre l’ex ministro dell’Interno Brice Hortefeux fa riferimento a “una provocazione inutile”.

Il Quai d’Orsay per bocca del ministro degli Esteri Philippe Douste-Blazy si dimostrò abbastanza arrendevole: “La Francia non rimette certo in questione la libertà di stampa, ma che si eserciti in uno spirito di tolleranza”. E l’ambasciata francese ad Algeri, che si è affidata a un comunicato formale, va persino oltre: “Le caricature ci sembrano choccanti… capiamo la riprovazione e l’incomprensione dei mussulmani”. Il presidente del Partito della Sinistra, Jean-Luc Mélenchon, disse che Charlie Hebdo “offende le credenze di alcuni dei nostri concittadini mussulmani”.

Il più osceno fu Malek Chebel che scrisse: “Charlie Hebdo saprà ancora approfittare di una crisi per ricostruire la propria salute finanziaria”. Come a dire, il settimanale usava la libertà di espressione per drenare soldi. Charlie Hebdo uscì poi con un numero speciale definito “responsabile”, sulla cui prima pagina ci sono solo la testata e un riquadro bianco.

Il giornale rispose così ai numerosi “appelli alla responsabilità” giunti nei giorni scorsi dal governo e da numerosi esponenti del mondo politico. “Al fine di soddisfare Laurent Fabius, Brice Hortefeux e Tariq Ramadan (rispettivamente ministro degli Esteri, ex ministro dell’Interno e intellettuale islamico, ndr), Charlie Hebdo non getterà più ‘benzina sul fuoco’ e non sarà mai più ‘irresponsabile’“, recitava un editoriale dai toni ironici, a pagina tre. Un giornale interamente di riquadri bianchi, firmati dai più noti disegnatori che collaborano con il settimanale, e da colonne bianche sormontate da titoli di articoli. Unica eccezione, la doppia pagina centrale, dedicata al “dibattito della settimana “: “Bisognava mostrare il seno della regina Kate?”. Anche in quella ironia, ci avevano visto giusto.

Charlie Hebdo era rimasta, dunque, l’ultima pubblicazione in Europa a non cedere sulla libertà di espressione. E infatti, anche il Maometto piangente che ammette “Je suis Charlie” non apparve sul New York Times e nemmeno venne trasmesso dall’americana Cnn. Quest’ultima ha spiegato di nutrire “preoccupazioni per la sicurezza dei lavoratori e per la sensibilità del suo pubblico mussulmano”. La Bbc annunciò che avrebbe parlato della copertina senza mostrarla, una scelta condivisa dall’Independent e dal Telegraph. Quest’ultimo ha tagliato in modo da espungere la caricatura del Profeta dell’islam.

Anche il sito della radio pubblica americana, Npr, ha deciso di aggirare il problema, tagliando l’immagine. La stessa scelta è stata fatta da altri quotidiani in Canada e in Australia. Hanno sfidato invece l’opinione pubblica islamica il Wall Street Journal, il Daily Mail, Usa Today e Buzz- Feed. Il quotidiano progressista britannico The Guardian ha pubblicato il Maometto in lacrime con l’avvertenza che la cosa avrebbe potuto “ferire la sensibilità dei lettori”.

I grandi network americani (Cbs, Nbc, Abc) hanno evitato di mostrare le vignette sul Profeta. Facebook ha bloccato il sito francese di Le Point per impedire l’accesso alle strisce satiriche. Sul sito del britannico The Telegraph è apparsa la foto di una ragazza che leggeva una copia della Vita di Maometto coi disegni di Charlie Hebdo, ma la copertina era oscurata. Lo stessa nel materiale fotografico fornito dall’agenzia Associated Press, che ha censurato le vignette esposte dalle migliaia di francesi scesi in piazza. Motivo? Erano “deliberatamente provocatorie”. Fra le tv, il gruppo Nbc ha dato precise direttive a Msnbc e Cnbc: non mostrare titoli o vignette che possono essere “insensibili” od “offensivi”. La tv britannica Sky News ha censurato la vignetta su Maometto che piange.

La vigliaccheria della cultura popolare americana cominciò subito a palesarsi durante la crisi delle vignette danesi nel 2006. I soli quotidiani a ribellarsi all’autocensura, o alla capitolazione per malcelato terrore, furono Weekly Standard, conservatore, e Free Inquiry, ateo, due media con una tiratura complessiva assai limitata. La catena di librerie Borders ha subito fatto sparire Free Inquiry dai suoi scaffali.

Sei mesi dopo la strage, Charlie Hebdo ha annunciato che non avrebbe più pubblicato vignette su Maometto, per bocca del nuovo direttore della rivista Laurent Sourisseau, il quale ha spiegato che le vignette erano un tentativo “di difendere i principi della libertà di espressione e non una critica all’islam. Adesso però lo scopo è stato raggiunto: i giornalisti hanno difeso il loro diritto alla satira”, ha detto Laurent Sourisseau. Ma era il terrore che aveva vinto.

Quando i fratelli Kouachi uscirono per strada, dopo aver abbattuto otto fra giornalisti e vignettisti, esultarono: “Abbiamo vendicato Maometto. Abbiamo ucciso Charlie Hebdo”. Poi, nelle stesse strade di Parigi, qualche ora dopo ci fu la grande marcia di solidarietà, con i capi di Stato e di governo che camminavano in silenzio, a braccetto, dimenticando quello che avevano detto e scritto su Charlie Hebdo. Sapevano che nessuno, dopo quella strage, si sarebbe mai più permesso di criticare l’islam.

C’erano sette vignettisti che avevano reso grande il settimanale Charlie Hebdo. Cinque sono stati uccisi il 7 gennaio 2015: Charb, Cabu, Honoré, Tignous e Wolinski. Gli altri due, Luz e Pelloux, si sono dimessi dopo la strage. Fra omicidi e abbandoni, si è conclusa così la parabola dell’ultimo giornale in Europa a sfidare l’intimidazione violenta e l’autocensura sulla libertà di espressione.

“Siamo stati fatti a pezzi”, ha dichiarato Corinne Rey, la vignettista di Charlie che si firma come “Coco”. Laurent Joffrin, direttore del quotidiano Libération, ha scritto che “ogni islamista al mondo sogna di uccidere uno di quei ragazzi. E così devono vivere nei loro appartamenti con le loro tende chiuse perché hanno paura dei cecchini. Vivono al buio. E questo è probabilmente destinato a durare per il resto della loro vita. Ciò dimostra che chi continua è particolarmente coraggioso”.

Oggi i giornalisti di Charlie Hebdo lavorano in una nuova redazione con vetri antiproiettile, una “panic room” in cui rifugiarsi in caso di attentato e un labirinto di porte blindate. Misure di sicurezza costate un milione e mezzo di euro. Senza considerare la protezione, notte e giorno, della polizia. L’indirizzo, nel XIII Arrondissement, non è di dominio pubblico. E il settimanale investirà un altro mezzo milione di euro all’anno per altre guardie armate. Il 13 novembre, mentre un commando di terroristi era impegnato a uccidere centotrenta francesi, i giornalisti di Charlie venivano invitati dalla polizia a non presentarsi quel giorno nella nuova redazione. “Troppo pericoloso”.

Nel gennaio 2015 la Francia era tutta “Charlie”. Un anno dopo, quasi nessuno si dichiara più tale. Lo ha ben detto la femminista e filosofa Élisabeth Badinter, moglie dell’ex ministro della Giustizia, nel documentario Je suis Charlie: “Se i nostri colleghi nel dibattito pubblico non condividono una parte del rischio, allora i barbari avranno vinto”. Charlie Hebdo oggi è stanco, forse non tornerà più. E chi può dargli torto? Ma gli altri?

Il senso di questa catastrofe sta tutto nella copertina di Charlie Hebdo dopo la strage del 13 novembre, quando hanno perso la vita 130 francesi. Lo sfondo è rosso e un ragazzo balla mentre beve champagne che zampilla dai fori dei proiettili su tutto il corpo. La scritta recita: “Loro hanno le armi. Si fottano, noi abbiamo lo champagne”.
Addio, Charb. Addio, “Charlie”.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Carta ogneversal dei diriti rełijoxi e spirituałi

Messaggioda Berto » mer dic 23, 2015 2:54 pm

Una interessante proposta per capire chi è davvero mussulmano non violento
venerdì 5 dicembre 2014
http://cultura-cristiana.blogspot.it/20 ... apire.html

"Secondo voi possiamo fermare o addirittura sconfiggere il terrorismo islamico promuovendo e investendo nel dialogo tra cristiani e musulmani? È possibile che i cosiddetti musulmani "moderati" sottoscrivano non solo la Dichiarazione Universale dei Diritti dell'uomo delle Nazioni Unite - a cui finora non ha aderito nessuno Stato islamico - ma si spingano fino a prendere le distanze dai versetti del Corano in cui Allah ordina di uccidere gli ebrei, i cristiani, gli infedeli e gli apostati?
Sam Salomon, musulmano convertito al cristianesimo, ha elaborato una "Proposta per una Carta di Intesa dei Musulmani a pro dei Non-Musulmani", estremamente dettagliata sul piano dei contenuti e vincolante sul piano delle responsabilità. Ve la presento lasciando a voi il giudizio. E soprattutto sarà determinante la verifica dell'eventuale adesione dei musulmani.

PREFAZIONE
Il modo europeo occidentale di vedere la religione, raggiunto dopo secoli di spargimenti di sangue, conflitti e divisioni, intende la religione come una questione privata di fede e coscienza. I fondamentalisti islamici non condividono questo punto di vista. Non credono in uno stato nazione, nella democrazia, nell’eguaglianza delle donne o nella tolleranza. Credono nella teocrazia islamica, in una società universale musulmana, la Umma, basata sulle regole politiche in accordo con il Corano e la Sunna.
Questi punti di vista sono semplicemente incompatibili con la democrazia liberale occidentale, e abbiamo visto dove possono portare queste interpretazioni religiose estremiste, basti l'esempio dell'ISIS. L’occidente è stato estremamente lassista nel riconoscere la minaccia posta alla sua sicurezza, libertà, valori e alla compattezza della società da parte del fondamentalismo islamico. Le atrocità commesse ripetutamente dai terroristi sia del passato ed in corso (Boko Haram, ISIS, Al Qaeda e altri) hanno mostrato quanto pericoloso possa essere questo credo.
I fondamentalisti islamici comunque hanno guadagnato molto nella propaganda di guerra convincendo molti non-musulmani che loro sono i veri rappresentanti dell’Islam, mentre altre voci dei musulmani moderati inseguono lo slogan che questi terroristi non lo sono affatto, perfino ribadito per bocca del Presidente Barack Obama, poi dal Primo Ministro Britannico Cameron e, recentemente in Italia, per bocca della Onorevole Laura Boldrini.
La vasta maggioranza dei musulmani - che i cosiddetti “non-musulmani” incontrano nella vita di ogni giorno - sono persone comuni, rispettabili, rispettosi della legge e grandi lavoratori. I governi e le società occidentali devono offrire loro sostegno, e contemporaneamente mantenere una posizione ferma contro l'estremismo islamico.
Un grosso passo verso questo processo è questa “Proposta per una Carta di intesa con i musulmani. La Carta permette ai musulmani di tutte le convinzioni di spiegare chiaramente che rigettano le interpretazioni estremiste dei loro testi religiosi dove si promuove o si giustifica la violenza e si porta l’Islam in conflitto con il mondo moderno. La Carta afferma che vogliono godere le libertà dell’Occidente e vivere da persone che rispettano la legge e che amano la pace. Spero caldamente che questi gruppi che dichiarano di rappresentare i musulmani decideranno di firmare e abbracciare questo documento.

INTRODUZIONE
Se l’islam è una religione di pace, come viene assicurato dalla comunità musulmana e dal suo clero, gli atti di terrorismo commessi in suo nome sono gli atti di pochi individui deviati che hanno frainteso e mal interpretato i suoi insegnamenti; in tal caso l’Islam è del tutto innocente rispetto alla violenza e al terrorismo che ogni tanto gli viene attribuito.
Di conseguenza, da questa premessa, ci si dovrebbe aspettare che alla luce delle attuali minacce terroristiche perpetrate da parte di alcuni nel nome dell’Islam, i fedeli e gli studiosi più autorevoli convochino una conferenza generale dei suoi ulema, gli studiosi piú preparati, per discutere le dichiarazioni presentate in questa Carta. Essi non dovrebbero avere obiezioni a firmare questo documento e a sostenerne il suo contenuto, sia nella lettera che nello spirito, nel nome dell’Islam e per il benessere delle società che li ospitano e, piú in generale, dell’umanità.
Facciamo appello alle organizzazioni che rappresentano la religione islamica come il Consiglio europeo della Fatwa (European Council of Fatwa), Consiglio islamico britannico (Muslim Council of Britain), Al-Aghar, l’Organisation of Islamic Conference, la Lega Mondiale musulmana (Muslim World League) e tutti i suoi affiliati, corpi islamici nazionali e internazionali, per sottoscrivere e firmare questa proposta Carta come esempio per tutti i musulmani europei.
Ci si augura che i leader musulmani siano d’accordo sul fatto che chiunque devii dal percorso di questa Carta venga considerato su un percorso non-islamico e quindi venga considerato come emarginato dalla religione islamica, e quindi un non-musulmano.
Si auspica che almeno tutti i leader musulmani europei e le loro istituzioni, sia nazionali, che europee, firmeranno questa Carta come prima espressione del loro desiderio di vivere in pace con i paesi che li ospitano, come comunità rispettose della legge, amanti e promotori della pace, insieme ai loro vicini non- musulmani.
Qualunque tipo di rimostranza, reale o percepita, dovrà essere affrontata attraverso i canali adatti e non attraverso la violenza e il terrorismo.

Proposta per una Carta di intesa da noi Musulmani a pro dei Non-Musulmani
Preambolo
Noi sottoscritti, come rappresentanti delle comunità musulmane, nella nostra qualità di leader a vari livelli come mufti, ulema, imam, responsabili di comunità, capi di madrasse islamiche, muezzin, e tutti gli altri rilevanti incarichi, inclusi i liberi pensatori e leader delle organizzazioni non governative, così come quelli delle organizzazioni non a scopo di lucro, leader di giovani, leader di donne a tutti i livelli delle istituzioni islamiche, ci impegniamo a sostenere, promuovere diffondere e rispettare nella lettera e nello spirito, gli articoli di questa Carta.
Ci impegniamo all’affidamento e alla promozione di una coesistenza pacifica in tutta Europa nello spirito di una fratellanza estesa a tutta l’umanità, trattando tutti da uguali in accordo con i principi proclamati nella Carta delle Nazioni Unite, dalla Dichiarazione universale dei Diritti umani delle Nazioni Unite (Assemblea Generale risoluzione 217-III del 1948), e dell’Accordo Internazionale sui Diritti Civili e Politici (1966).
Chiunque violi qualunque di questi articoli dichiarati e dettagliati di seguito verrà considerato come una persona estranea alla Casa dell’Islam, verrà denunciato come non- musulmano, e non troverà protezione nella comunità musulmana.

Articolo 1
Rispetteremo tutte le altre religioni non-musulmane in parola e in azioni, emettendo una chiara fatwa a effetto immediato che proibisce:
a) L’uso della forza e della violenza di qualunque tipo contro i seguaci di qualunque religione non-musulmana.
b) Le minacce tramite fatwa religiosa contro le istituzioni, o l'assassinio di individui o gruppi e seguaci di altre religioni che possono essere domiciliati nelle nostre località o in qualunque altro paese, sia esso a maggioranza musulmana o no.
c) L’uso di ogni tipo di forza in qualunque forma per qualunque rimostranza percepita o reale.
d) Proibire l'omicidio o attentato a qualunque civile o istituzione civile in paesi islamici e non-islamici come modo e mezzo di soluzione di qualunque nostra rimostranza.
Articolo 2
Rispetteremo e onoreremo tutte le civiltà, culture e tradizioni di altre nazioni e genti indipendentemente dalla loro origine etnica o religiosa.
Questo verrà raggiunto introducendo un chiaro programma educativo attraverso tutte le istituzioni e le realtà islamiche, così come organizzando speciali incontri per indirizzare i giovani:
a) Promuovendo la fratellanza di tutto il genere umano senza nessuna discriminazione o differenziazione etnica o religiosa.
b) Dichiarando l’eguaglianza di tutti gli uomini e donne e la profanità di nessuno di essi.
c) Promuovendo la validità e la viabilità della legge nazionale alla quale si aderirà in modo completo e che avrà precedenza sulla Sharia.
Articolo 3
Nello spirito del detto, “Non c’é costrizione nella religione” (Sura 2:256), ci impegniamo a sostenere il valore della libertà, e in particolare della libertà di religione e di espressione. I firmatari in calce dichiarano che la religione è una questione di scelta privata e personale. Non è né nel diritto di una comunità, né nel diritto di uno stato dettare o interferire in una personale scelta di fede.
a) Di conseguenza non ci saranno recriminazioni contro qualunque musulmano o non-musulmano che sceglie di cambiare, rifiutare o adottare un’altra fede sia all’interno della Casa dell’islam (House of Islam) di qualunque denominazione, sia di un’altra religione o fede non-islamica.
b) Questo concetto verrà riproposto come aspetto vincolante su tutta l’Europa e offerto per pubblicazione su giornali locali e nazionali in modo da evitare qualunque interpretazione scorretta.
Articolo 4
La base della legittimità degli atti islamici di terrore e della loro perpetuata violenza è l’autorità che ottengono dall’essere approvati dai leader religiosi. Queste dichiarazioni di approvazione sono conosciute come fatwe. Questa situazione è ora in fase di revisione in molte nazioni islamiche.
Coloro che violano questo regolamento sono passibili di severe sanzioni. Anche l’Arabia Saudita ha messo sul tavolo alcune proposte a questo scopo, e altri governi arabi islamici hanno commissionato uno studio riguardo a questo argomento. Gli stati nazionali devono considerare questo tipo di misura come una salvaguardia dalle strumentalizzazioni opportunistiche a danno del Corano e conseguentemente a danno dell’immagine dell’Islam nel mondo.
A seguito di questi articoli, i firmatari di questa Carta condannano e revocano il diritto di emettere qualunque fatwa che provocherebbe violenza contro individui non-musulmani o istituzioni.
a) Qualunque fatwa sarà nulla o annullata.
b) Il diritto di emettere una fatwa verrà limitata a uno specifico organismo, e soltanto " quell'organismo avrà il diritto di emettere fatwe religiose rilevanti.
c) Le fatwe emesse da qualunque altro organismo (sia individuale,sia istituzionale) al di là dell'organismo autorizzato verrà invalidata e non avrà effetto.
d) Nel caso che qualcun altro al di là dello specificato organismo emetta una fatwa, questa verrà considerata illegale e sarà responsabilità delle autorità governative consegnare il/la/i responsabili alla giustizia.
e) I firmatari di questa Carta coopereranno in modo completo con la polizia e le forze di sicurezza nel consegnare alla giustizia il/la/i responsabili, incluse eventuali misure di coercizione, quando risultino opportune.
Articolo 5
In qualità di persone che amano e promuovono la pace in Europa, e credendo unanimemente che l’Islam sia una religione di pace che promuove la cooperazione e la collaborazione di tutte le persone, indipendentemente dalla loro religione o origine, etnia o genere:
a) La nozione e tutti gli insegnamenti della jihad fisica violenta sono da considerarsi non validi, inopportuni e irrilevanti, e quindi inapplicabili.
b) Di conseguenza tutti i versetti della jihad coranica che incoraggiano la violenza fisica, sia implicita o esplicita, o qualunque altra citazione di qualunque fonte islamica, sia della Sunna, sia dei detti del Profeta o degli studiosi più autorevoli, o dei leader della jihad, in qualunque momento o luogo, sono da considerarsi come inapplicabili, non validi e contrari all'islam.
c) Tutti i versetti coranici che potrebbero essere di natura provocatoria,sul piano religioso, etnico o discriminatorio riguardo al genere [maschile/femminile] sono da considerarsi solamente di valore storico e verranno considerati come non efficaci per il mondo di oggi.
d) Questi versetti verranno differiti o sospesi fino a che gli esperti non troveranno una soluzione per la loro interpretazione.
Articolo 6
Basandosi sull’accettazione dell'eguaglianza di tutto il genere umano, della fratellanza di tutti e della libertà e sacralità di ogni vita umana, in base al principio che "chiunque uccida una persona è come se avesse ucciso tutta l’umanità”, tutti gli atti di terrorismo contro soggetti non-musulmani sono proibiti, evitati e fuorilegge.
a) Non è giustificata alcuna missione suicida per nessuna ragione.
b) Nessuna operazione di jihad fisica violenta verrà considerata come sacra.
c) Nessuno che sceglie di morire in tale operazione verrà considerato un martire.
Articolo 7
Insieme combatteremo il terrorismo e faremo tutto quello che è nelle nostre possibilità per sradicarlo dalle nostre istituzioni attraverso:
a) Una piena cooperazione al nostro interno e con tutte le principali autorità, incluse quelle della Polizia e dei servizi di sicurezza.
b) Osservando e monitorando i sermoni delle moschee e altri programmi di insegnamento delle moschee per verificare l'esistenza di (eventuali) messaggi non in accordo con questa Carta.
c) Assicurandoci che vengano proclamate,in tutte le riunioni religiose e le conferenze, la cooperazione dei giovani e l’esistenza pacifica con i non-musulmani e che l’ideologia dell’odio venga sradicata.
d) Riferendo qualunque riunione sospetta o segreta di giovani cellule in qualunque delle nostre istituzioni.
e) Monitorando il web, tutte le pubblicazioni, inclusi i libri, CD, DVD, e tutti gli altri media, che servono alla causa di militanti islamici.
f) Assicurando la trasparenza e il pieno accesso alle autorità per verificare l'applicazione di questa Carta.
Articolo 8
Adotteremo una pacifica relazione con i non-musulmani e promuoveremo la pace:
a) Emettendo regolari fatwe che promuovono la pace e la fratellanza tra i musulmani e i non-musulmani come fondamentale insegnamento dell’Islam.
b) Producendo un chiaro programma che promuove la pace e il perdono tra tutti i gruppi di persone, indipendentemente dalla loro origine religiosa, culturale, linguistica o etnica.
c) Provvedendo a una chiara azione attraverso la promulgazione di leggi per espellere qualunque ufficiale musulmano o personale d’ufficio di qualunque livello che sia implicato o promuova qualunque insegnamento o attività non in accordo con questa Carta.
d) Proibendo qualunque preghiera anti-ebraica o anti-cristiana in qualunque momento, particolarmente in momenti di preghiera e altre riunioni religiose.
CONCLUSIONE:
*I versetti del Corano che le organizzazioni islamiche dovrebbero dichiarare di mero valore storico e oggi inefficaci, proprio per preservarlo e difenderlo da strumentalizzazioni da parte di coloro che si rendono colpevoli di una lettura impropria, distorta, bigotta, letteralista e criminosa per motivi personali e opportunistici e, tutto questo, a danno dei musulmani nel mondo, dei non-musulmani e della pace:
8.65 O Profeta, incita i credenti alla lotta. Venti di voi, pazienti, ne domineranno duecento e cento di voi avranno il sopravvento su mille miscredenti. Ché in verità è gente che nulla comprende.
8. 39 Combatteteli finché non ci sia più politeismo , e la religione sia tutta per Allah. Se poi smettono?ebbene, Allah ben osserva quello che fanno.
4. 47 O voi che avete ricevuto la Scrittura, credete in quello che abbiamo fatto scendere a conferma di ciò che già avevate, prima che cancelliamo i volti e li rivoltiamo completamente e li malediciamo come abbiamo maledetto i violatori del Sabato. La decisione di Allah è sempre eseguita.
4.74 Combattano dunque sul sentiero di Allah, coloro che barattano la vita terrena con l'altra. A chi combatte per la causa di Allah, sia ucciso o vittorioso,daremo presto ricompensa immensa.
4. 76 Coloro che credono combattono per la causa di Allah, mentre i miscredenti combattono per la causa degli idoli. Combattete gli alleati di Satana. Deboli sono le astuzie di Satana.
8.60 Preparate, contro di loro, tutte le forze che potrete [raccogliere] e i cavalli addestrati per terrorizzare il nemico di Allah e il vostro e altri ancora che voi non conoscete, ma che Allah conosce. Tutto quello che spenderete per la causa di Allah vi sarà restituito e non sarete danneggiati.
8. 12 E quando il tuo Signore ispirò agli angeli: « Invero sono con voi: rafforzate coloro che credono. Getterò il terrore nei cuori dei miscredenti: colpiteli tra capo e collo, colpiteli su tutte le falangi!
2. 191 Uccideteli ovunque li incontriate, e scacciateli da dove vi hanno scacciati: la persecuzione è peggiore dell'omicidio. Ma non attaccateli vicino alla Santa Moschea, fino a che essi non vi abbiano aggredito. Se vi assalgono, uccideteli. Questa è la ricompensa dei miscredenti.
9.5 Quando poi siano trascorsi i mesi sacri, uccidete questi associatori ovunque li incontriate, catturateli, assediateli e tendete loro agguati . Se poi si pentono, eseguono l'orazione e pagano la decima , lasciateli andare per la loro strada. Allah è perdonatore, misericordioso.
9.29 Combattete coloro che non credono in Allah e nell'Ultimo Giorno, che non vietano quello che Allah e il Suo Messaggero hanno vietato, e quelli, tra la gente della Scrittura, che non scelgono la religione della verità, finché non versino umilmente il tributo, e siano soggiogati.
5. 33 La ricompensa di coloro che fanno la guerra ad Allah e al Suo Messaggero e che seminano la corruzione sulla terra è che siano uccisi o crocifissi, che siano loro tagliate la mano e la gamba da lati opposti o che siano esiliati sulla terra: ecco l'ignominia che li toccherà in questa vita; nell'altra vita avranno castigo immenso. La morte vi coglierà ovunque sarete, foss'anche in torri fortificate".
3.151 Ben presto getteremo lo sgomento nei cuori dei miscredenti, perché hanno associato ad Allah esseri ai quali Egli non ha dato autorità alcuna. Il Fuoco sarà il loro rifugio. Sarà atroce l'asilo degli empi.
5. 51 O voi che credete, non sceglietevi per alleati i giudei e i nazareni, sono alleati gli uni degli altri. E chi li sceglie come alleati è uno di loro . In verità Allah non guida un popolo di ingiusti.
5. 72 Sono certamente miscredenti quelli che dicono: « Allah è il Messia, figlio di Maria! ». Mentre il Messia disse: « O Figli di Israele, adorate Allah, mio Signore e vostro Signore». Quanto a chi attribuisce consimili ad Allah, Allah gli preclude il Paradiso, il suo rifugio sarà il Fuoco. Gli ingiusti non avranno chi li soccorra!
5. 73 Sono certamente miscredenti quelli che dicono: « In verità Allah è il terzo di tre». Mentre non c'è dio all'infuori del Dio Unico!
8.60 Preparate, contro di loro, tutte le forze che potrete [raccogliere] e i cavalli addestrati per terrorizzare il nemico di Allah e il vostro e altri ancora che voi non conoscete, ma che Allah conosce . Tutto quello che spenderete per la causa di Allah vi sarà restituito e non sarete danneggiati.
9.29 Combattete coloro che non credono in Allah e nell'Ultimo Giorno, che non vietano quello che Allah e il Suo Messaggero hanno vietato, e quelli, tra la gente della Scrittura, che non scelgono la religione della verità, finché non versino umilmente il tributo, e siano soggiogati.
*Testo del Corano, estratto dall’Edizione dell’UCOII a cura di Hamza Roberto Piccardo
------------------------------------------------------------------------------------------
IMPEGNO PERSONALE
Io, sottoscrivo, come persona fisica, o come rappresentate ufficiale di un organizzazione, ad accettare di principio, la necessità di ri-esaminare e definire il significato e le applicazioni conseguenti di certi testi islamici e dottrine; e, mentre i contenuti riportati nella presente Carta “Proposta Carta di Intesa con i Musulmani” presuppone la necessità di ulteriori chiarimenti nelle nostre sedi più opportune e quando successivamente protocollate presso le sedi internazionali, fare rendere pubbliche attraverso i media a garanzia del nostro impegno.
Io affermo la mia credenza nel:
1. L’uguaglianza di tutti gli esseri umani davanti a Dio e alla legge.
2. Parità di diritti per le donne, in principio e pratica.
3. Rigettare la pratica della coercizione, intimidazione e violenza nel nome della religione.
4. Garantire libertà di qualsiasi religione e rigettare la pratica della persecuzione per coloro che si convertono da una fede ad un altra.
5. Tollerare tutte le religioni, e i loro aderenti oltre a rigettare tutti gli insegnamenti religiosi volti a discriminare i non-musulmani sulla base delle loro credenze religiose.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Carta ogneversal dei diriti rełijoxi e spirituałi

Messaggioda Berto » mar gen 26, 2016 11:35 pm

Il Diritto Umano Universale dei nativi o indigeni a decidere loro se, chi, come, quando e quanto accogliere e ospitare a casa loro e nella loro terra non ha nulla a che fare con la xenofobia e il razzismo poiché è un Diritto Umano Universale insindacabile. Chi negasse questo diritto violerebbe i Diritti Umani Universali e sarebbe, questo sì un criminale nativofobo e indigenofobo.
Il Diritto Umano all'asilo e all'accoglienza dei veri rifugiati da guerre, persecuzioni, carestie, pestilenze, ... viene dopo il Diritto dei Nativi e va sempre rapportato alla loro libera e volontaria decisione e commisurato alle loro possibilità. I nativi hanno tutto il diritto di rifiutarsi di accogliere coloro che ritengono non umanamente meritevoli e socialmente, etnicamente, culturalmente, civilmente, religiosamente, politicamente pericolosi. L'accoglienza obbligatoria e indiscriminata è una violenza, un crimine, una violazione dei Diritti Umani Universali equivalente alla schiavitù.

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 0521202715
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Re: Carta ogneversal dei diriti rełijoxi e spirituałi

Messaggioda Berto » gio gen 28, 2016 7:52 am

"Oltraggio all'islam". Così l'Egitto condanna una poetessa al carcere
Lucio Di Marzo - Mar, 26/01/2016

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/olt ... 17084.html


È una prima sconfitta quella che ha portato a casa Fatima Naut, poetessa ed editorialista egiziana condannata a tre anni di carcere e a una multa di 20mila lire (circa 2.300 euro) per oltraggio all'islam.

La sentenza della Corte di al-Khalifa ha messo fine alla prima fase del suo processo, che ora potrà essere appellato, nel peggiore dei modi.

La vicenda risale a un anno fa, quando la poetessa si era espressa contro la festa dell'Eid al-Adha, la festa del sacrificio che è uno dei momenti principali del calendario islamico. In un post pubblicato su twitter la Naut aveva condannato la pratica di sgozzare gli agnelli che ogni anno in quell'occasione si ripete, definendola il frutto di un "incubo" di Abramo.

"Milioni di creature innocenti andranno incontro al più orribile dei massacri commessi, uno che viene commesso dagli esseri umani da più di dieci secoli" e che "si ripete ogni anno a causa dell'incubo che un uomo giusto fece su suo figlio".

Frasi, quelle sul sogno di Abramo, che gli valsero una causa per oltraggio all'islam, incitamento dell'odio settario e disturbo della quiete pubblica. Accuse rifutate dalla Naut, che oggi ha però dovuto accettare una prima sentenza di condanna, nonostante abbia tentato di spiegare che non intendeva prendersi gioco del rito islamico e aggiunto che discutere la questione non viola in alcun modo le leggi islamiche.

Per la corte di al-Khalifa la poetessa ha violato il Codice penale. Ora non le resta che tentare un processo d'appello. La prima udienza - secondo il Network arabo per i diritti umani (Anhri) - sarà il 26 gennaio ???
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Re: Carta ogneversal dei diriti rełijoxi e spirituałi

Messaggioda Berto » dom gen 31, 2016 8:46 pm

Milano, l’apertura del cardinale Scola: "Istituire una festa islamica in tutte le scuole”
Il cardinale: "Il 20% degli alunni ormai è di origine straniera, ciascuno ha diritto di raccontarsi"

di ZITA DAZZI
31 gennaio 2016

http://milano.repubblica.it/cronaca/201 ... -132388801

Una festa musulmana da celebrare nelle scuole milanesi. La proposta non viene dall'imam di una moschea, ma dall'arcivescovo Angelo Scola. E non era una battuta, ma la conclusione di un ragionamento che partiva dal "meticciato" - tanto caro al cardinale - e arrivava alla presenza di "almeno un 20 per cento di alunni stranieri nelle nostre classi". Un dato che Scola ha tirato fuori nel dialogo con il giornalista Ganni Riotta, all'Istituto dei ciechi, in occasione della festa di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti.

L'Islam e il presepe. Quindi non si rinunci al presepe perché ci sono gli islamici a scuola, ma si accolgano anche le loro specificità. "Una società plurale deve essere il più possibile inclusiva, ma non può rinunciare al simbolo se no perde forza comunicativa - ha spiegato Scola - Critico la laicità alla francese: non è pensabile creare uno spazio di neutralità, in cui tutti facciano un passo indietro sul tema delle religioni. Piuttosto, ciascuno si narri e si lasci narrare. Se aumentano i bambini musulmani, bisogna prendere qualcuna delle loro feste ed inserirle nella dimensione pubblica: spiegare, non vietare".

NATALE CANCELLATO A SCUOLA: LA SCUOLA TRAVOLTA DALLE POLEMICHE

La moschea. Il cardinale ha ribadito il suo sì alla costruzione di una moschea cittadina, purché "sia rispettosa delle forme e presenze architettoniche già presenti in città" e trasparente nelle modalità comunicative, nella gestione, nelle gerarchie interne e nei collegamenti esterni. Sui profughi, poi, una proposta forte: "In Europa serve un Piano Mashall per fronteggiare l'accoglienza, come ho letto nelle affermazioni del ministro delle finanze tedesco Schäuble".

Family day. Inevitabile anche
il riferimento al Family day di Roma, che il cardinale negli scorsi giorni aveva definito "positivo". Ha invitato il governo a "tenere conto di quello che la società civile chiede con una presenza in piazza legittima e doverosa". Plauso dunque ai cattolici che manifestano per "proporre la propria visione delle cose su questioni tanto delicate che possono comportare conseguenze antropologiche e sociali molto gravi", ha detto riferendosi al ddl Cirinnà.



Comento mio:

Giusto, tutti hanno il diritto di raccontarsi, tutti i diversamente credenti e non solo i cristani e gli islamici, ma anche gli ebrei, i buddisti, gli animisti, i politeisti, ... ma anche gli atei e gli aidoli e sopratutto bisognerebbe far spazio al diritto di critica e a quello di raccontare le cose come stanno senza mentire o nasconderle.
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Re: Carta ogneversal dei diriti rełijoxi e spirituałi

Messaggioda Berto » lun feb 01, 2016 10:01 pm

Islam, educazione contro la violenza - Intervista al teologo Adnane Mokrani - di Viviana Vestrucci
1 febbraio 2016

http://it.gariwo.net/interviste/islam-e ... 14480.html

L‘Islam non è una religione di pace, i musulmani devono ammettere che le istigazioni alla violenza sono nei testi sacri e assumere la responsabilità di ridefinire le basi della religione per spezzare il legame tra quest'ultima e l'estremismo islamico. Lo ha scritto Ayaan Hirsi Ali, attivista politica e scrittrice somala naturalizzata americana, nel libro “Eretica. Cambiare l’Islam si può”, indicando i principi su cui fondare la riforma: il Corano è solo un libro e non è depositario di verità divine; la vita terrena è più importante di ciò che accade dopo la morte; la ‘Shari’ah’ deve essere subordinata alle leggi dello Stato. Tesi che hanno suscitato molte reazioni all'uscita del libro e che tornano di attualità mentre in Europa crescono diffidenza e ostilità verso i musulmani dopo gli attentati dell'ISIS.

Per capire se la riforma dell'Islam sia una strada percorribile e possa favorire la convivenza tra le diverse comunità religiose ed etniche, Gariwo ha intervistato Adnane Mokrani, teologo musulmano e professore di studi islamici al Pontificio Istituto di Studi Arabi e di Islamistica (PISAI) e alla Pontificia Università Gregoriana.

Come teologo condivide queste proposte e le ritiene fattibili?

Da teologo musulmano mi è difficile dire che il Corano è solo un libro, come anche la Bibbia e i Veda. Sono i libri sacri e hanno un valore particolare perché nutrono l’esperienza spirituale che apre la persona alle verità divine. Dunque non si può dire che la verità divina è rinchiusa dentro un libro, ma il libro può essere lo strumento, l’inizio di un cammino: illumina ma non sostituisce l’esperienza religiosa individuale. Direi poi che la vita terrena è importante, perché chi non vive questa apertura all’umano e al divino e non respira il profumo del Paradiso oggi su questa terra, non riesce a viverla pienamente dopo. Penso inoltre che il musulmano debba rispettare la legge dello Stato, emanata da un parlamento libero scelto dal popolo secondo le regole democratiche. La 'Shari’ah' indica un modello di comportamento religioso, va intesa etica e non come legge.

Altri principi da abolire, secondo Hirsi, sono la coercizione e il conformismo imposto e la ‘Jihad’ come guerra contro i non musulmani e i musulmani eretici o apostati. È d’accordo?

La coercizione è inaccettabile soprattutto rispetto alla religione, che deve essere frutto della libera scelta, questo è detto in modo esplicito nel Corano, “Non c'è costrizione nella religione”, (2, 256). Il formalismo imposto non è altro che ipocrisia, vivere le regole senza convinzione non ha senso né significato religioso. Ovviamente alcuni gruppi musulmani non hanno capito questo insegnamento coranico e hanno seguito altre indicazioni che permettono l’uso della forza per vivere la religione.
Quanto alla ‘Jihad’, nel Corano questa parola non è sinonimo di uno sforzo bellico ma di qualsiasi sforzo il musulmano fa per servire Dio e quindi la gente e dunque per la giustizia sociale e la pace. La guerra nel Corano è permessa solo in caso di difesa: quando la nazione è attaccata da una forza straniera, si può combattere per difendere la nazione. Ovviamente nella storia troviamo musulmani che hanno fatto conquiste, guerre, invaso altri paesi: l’imperialismo islamico. Come gli altri uomini, i musulmani hanno seguito la logica del tempo in ogni epoca, ma è difficile trovare una giustificazione religiosa nel Corano per queste azioni.

La sua posizione di apertura, tolleranza e dialogo è condivisa dalla maggioranza dei teologi musulmani e dei musulmani stessi? E come può diffondersi in un contesto caratterizzato oggi da attacchi di gruppi armati per imporre l’Islam?

Nel mondo islamico, dal Marocco all’Indonesia, ci sono molti pensatori, sapienti e giovani convinti dei principi di pace e giustizia, anzi rappresentano la maggioranza assoluta, ma la scena internazionale è dominata dagli estremisti violenti che danno un’immagine opposta. In Siria il popolo aveva iniziato a manifestare in modo pacifico con la musica e il canto contro la dittatura, ma la risposta violenta del regime ha innescato una reazione simile da parte dei gruppi ribelli e così è scoppiata la guerra civile e la voce della guerra ha sovrastato quella della società civile. La minoranza violenta sul piano mediatico è molto presente, perché attacca, fa esplodere, fa rumore. In verità la soluzione deve essere politica e sociale, perché la riforma del pensiero religioso islamico non può essere una realtà accettata senza un’apertura politica che permetta la libertà d’espressione e di ricerca. Ci sono università e centri di studio che tentano di aprire un dibattito positivo e serio sul pensiero islamico contemporaneo, ma purtroppo in tanti paesi ci sono ostacoli politici e questo influisce anche sugli aspetti culturali e sociali del pensiero religioso. L’ignoranza e l’analfabetismo rappresentano un terreno fertile per lo sviluppo dell’estremismo e del fondamentalismo. Noi possiamo combatterli con una presa di coscienza democratica e soprattutto con l’educazione, non solo nei paesi a maggioranza islamica, ma ovunque si manifestino ostilità e chiusura. Quindi la chiave per fare progressi è aprire i due mondi a un incontro, a non considerarsi ostili solo perché diversi. Oggi i gruppi terroristici, in particolare l’ISIS, cercano di creare una spaccatura tra mondo islamico e occidente, un’ondata di odio che si traduce in paura, sospetto, razzismo, islamofobia e pressione nei confronti dei musulmani. In questo clima di terrore loro possono manipolare e rafforzarsi. Noi musulmani, cristiani, ebrei e altri anche senza convinzione religiosa dobbiamo essere solidali e non permettere la polarizzazione della società perché, se rispondiamo al terrorismo con la paura e il razzismo, si consolida il progetto terroristico e questo indebolisce la democrazia e colpisce l’Europa nell’anima.

Si è parlato della visita del Papa alla Moschea di Roma, la prima di un pontefice alla Moschea della capitale. Questo evento potrebbe aiutare a superare le barriere?

Sicuramente questo gesto può avere una grande importanza simbolica. Il Papa si è di recente recato alla Sinagoga di Roma e una futura visita alla Moschea significa in qualche modo un riconoscimento della comunità islamica italiana, un segno di dialogo e di apertura, che incoraggia le persone impegnate sul campo.

La disponibilità al dialogo e a riformare l’Islam, espresse da lei e altri teologi, riescono ad arrivare nelle mosche e ai comuni fedeli?

Le associazioni islamiche in Italia sono sempre più consapevoli del loro compito, della loro responsabilità, in tante hanno aderito al Giubileo della misericordia, apprezzando l‘iniziativa perché tocca un valore fondamentale per l’Islam: tornare alla misericordia significa riscoprire l’essenza della religione. Subito dopo gli attacchi a Parigi in gennaio e in novembre quasi tutte le associazioni hanno condannato in modo categorico il terrorismo. C’è questa volontà, ma l’Islam italiano ha bisogno di organizzarsi meglio e di ottenere l’intesa con lo Stato italiano, che conferirà alcuni diritti e vantaggi.

Le donne musulmane sono spesso in una condizione di isolamento, se non imparano la lingua e non lavorano. I responsabili delle comunità islamiche possono impegnarsi per migliorare la loro condizione?

L’immigrazione è costituita da persone di paesi e culture diversi, marocchini, algerini, tunisini, egiziani, ma quando arrivano in Italia sono messi tutti sotto la categoria dei “musulmani”. Dobbiamo vedere da dove vengono, spesso si tratta di villaggi rurali, qui in Italia manca una leadership culturale e le persone sono talvolta prive di strumenti per inserirsi e incapaci di confrontarsi con la società moderna. In questo caso non solo le associazioni islamiche, ma anche le associazioni italiane religiose e laiche devono intervenire perché l’integrazione non è un cammino naturale che procede in modo spontaneo, ma va accompagnata e incoraggiata. Questo forse manca in Italia, un progetto che aiuti gli immigrati a inserirsi nella società. E il primo passo è l’educazione, imparare la lingua italiana. Questo vale per la prima generazione, perché la seconda, costituita dai bambini nati qui, apprende nelle scuole la lingua, la cultura e la storia italiana.


Adnane Mokrani, nazionalità tunisina, teologo musulmano, professore di studi islamici al Pontificio Istituto di Studi Arabi e di Islamistica (PISAI) e alla Pontificia Università Gregoriana. Ha conseguito il Dottorato in Teologia Islamica presso l’Università Al- Zaytuna di Tunisi e in Dialogo Islamo-Cristiano presso il PISAI; poligotta (arabo, italiano, inglese, francesce) ha studiato l’ebraico biblico e il greco biblico.
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Re: Carta ogneversal dei diriti rełijoxi e spirituałi

Messaggioda Berto » gio feb 04, 2016 10:18 am

Diriti Omàni dei Nativi e de łi Endexeni ouropei
viewtopic.php?f=25&t=2186
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Re: Carta ogneversal dei diriti rełijoxi e spirituałi

Messaggioda Berto » gio feb 04, 2016 10:20 am

“Islamofobia” e critica dell’islam

http://www.uaar.it/news/2013/04/11/isla ... tica-islam

Nathan Lean, redattore capo del network Aslan Media dedicato alle notizie dal Medio Oriente, attacca gli esponenti del new atheism Richard Dawkins, Sam Harris e Christopher Hitchens accusandoli di “islamofobia”.
L’attentato terroristico alle Torri Gemelle ha fornito l’occasione a questi intellettuali di criticare anche l’islam. “I nuovi atei si sono uniti al coro crescente gli odiatori di islamici”, scrive, “mettendo insieme la loro repulsione per la religione in generale con un avversione particolare per l’islam”. La critica alla religione sarebbe “scivolata senza soluzione di continuità in xenofobia verso l’immigrazione islamica o la pratica del velo”, portando a generalizzazioni e un accanimento ritenuti razzisti, nonché alla difesa sperticata di Israele.
E Lean prende come esempi le espressioni usate da Sam Harris nel suo Lettera a una nazione cristiana, che accosta alle “chiacchiere pseudo psicologiche” di Pamela Geller, nota blogger della destra statunitense.

Anche vari tweet e dichiarazioni di Dawkins vengono presi di mira. Come quando sostiene che l’islam è “oggi la più grande forza del male” e scrive di non poter citare di preciso il Corano perché non l’ha letto, e di non aver bisogno di leggerlo per criticarlo come di “non aver bisogno di leggere il Mein Kampf per avere un’opinione sul nazismo”. In occasione di un dibattito organizzato da un gruppo islamico presso l’University College di Londra con il fisico Laurence Krauss, in cui donne e uomini sono stati divisi per i posti a sedere, Dawkins aveva parlato di “apartheid sessuale”. Lent accosta Dawkins a Geert Wilders, leader dell’ultra-destra olandese anti-islam. “Non è razionale o illuminante o ‘free thinking’ e nemmeno intelligente.
È opportunismo”, conclude accusandoli di flirtare con i peggiori islamofobi, gli stessi che magari criticano la militanza atea.

La critica dei commentatori filo-islamici (e filo-arabi) ai nuovi atei si fa politica

La critica dei commentatori filo-islamici (e filo-arabi) ai nuovi atei si fa politica. Murtaza Hussain, redattore per Al Jazeera, rincara la dose, accostando le critiche del new atheism all’islam al “razzismo scientifico” di Christopher Meiners. Salto un po’ azzardato, visto che si tratta di uno scrittore della fine del Settecento, sostenitore del poligenismo tra bianchi e neri ben prima della formulazione della teoria evolutiva. L’accusa rivolta a Dawkins, Hitchens e in particolare Harris è di dipingere gli islamici come “barbari” e di giustificare la tortura e gli attacchi contro i musulmani. L’islam, ci tiene a precisare, non è una razza: ma nessuno di quelli che vengono chiamati in causa lo ha sostenuto, né potrebbe farlo.

Gleen Greenwald, giornalista statunitense liberal che scrive sul Guardian, approva il commento di Hussain e con un tweet parla di “bigotteria” dei “nuovi atei”. Greenwald e Harris hanno uno scambio di email, che il primo commenta ribadendo di essere d’accordo con la tesi generale espressa su Al Jazeera e su Salon secondo cui gli intellettuali atei “hanno flirtato con, a volte abbracciandolo vigorosamente, una animosità anti-islamica irrazionale”. Ma ci tiene a precisare, viste le polemiche su internet, di non averlo mai accusato di “razzismo”, “ma piuttosto che lui e altri come lui buttano fuori e promuovono l’islamofobia sotto forma di ateismo razionale”. Greenwald contesta a Harris l’accanimento troppo in generale verso i musulmani. In particolare l’aver giustificato in casi estremi la tecnica del water-boarding per i terroristi, per aver preso le parti degli israeliani contro i palestinesi sostenendo che i primi cercano di evitare l’uccisione di civili mentre gli islamici intenzionalmente colpiscono la popolazione, fino alla proposta di schedatura (profiling) per i musulmani o che potrebbero apparire tali (tra cui metteva egli stesso) al fine di migliorare la sicurezza negli aeroporti.
Schiacciare i nuovi atei su posizioni di destra filo-americana e anti-islamica d’altronde è una caricatura: a dire il vero esistono anche intellettuali non credenti che anzi si caratterizzano per posizioni opposte, fortemente critiche verso Israele e Usa, come Piergiorgio Odifreddi, solo per citare un caso italiano.

Harris con queste posizioni ha suscitato un vespaio. Lui stesso ha criticato i liberal giudicandoli troppo soft verso i musulmani integralisti, venendo per contro accusato di coprire il militarismo statunitense e israeliano e di essere su posizioni neocon. Lo scrittore americano ha risposto alle contestazioni, ritenendo che il suo pensiero e le sue affermazioni siano state distorte nella vis polemica. Non si può negare che proprio Harris, come gli altri new atheists, abbia spesso criticato il cristianesimo dedicandogli interi libri, senza dover affrontare tutte queste reazioni dai commentatori liberali e di sinistra. Inoltre Harris ha spesso rivendicato il diritto di critica nei confronti dell’islam, denunciando come sia facile bollare qualunque affermazione di questo tipo come “islamofoba”. E ha difeso chi, come Ayaan Hirsi Ali, ha lottato contro la sopraffazione su base religiosa e per i diritti delle donne. Ma di certo sbaglia Harris nel sostenere il profiling su base religiosa. E nell’alimentare astio e incomprensioni a colpi di tweet, con l’aiuto di Dawkins.

Si parla molto tra siti e blog di questa polemica. Robbi Bensinguer, già attivo nella Secular Alliance, fa notare come le stesse citazioni di Harris siano state riportate in maniera non corretta e accusa Greenwald e soprattutto Hussain di disonestà intellettuale. E contesta in un altro post proprio la definizione di “islamofobia”, spesso usata in maniera strumentale. Anche il biologo Jerry Coyne difende Harris, e partendo proprio dall’attualità: l’imponente manifestazione a Dhaka, in Bangladesh, in cui centinaia di migliaia di islamisti sono scese in piazza chiedendo la repressione e la condanna a morte per i blogger “atei”, accusati di aver offeso l’islam. Questione che abbiamo trattato, scrivendo al governo italiano, alle associazioni islamiche in Italia e lanciando una petizione. Anche l’Iheu ha lanciato un appello e invitato alla mobilitazione internazionale.

“È inimmaginabile”, scrive Coyne, che raduni di massa in cui si chiede l’impiccagione dei dissidenti raccolgano gli aderenti di altre religioni o che tali pretese arrivino da cristiani integralisti. La retorica contro il “colonialismo” occidentale che subiscono i popoli islamici non regge, sostiene, di fronte a situazioni del genere: in cui ci sono masse di estremisti islamici che minacciano all’interno di un paese a maggioranza musulmana una minoranza laica autoctona, o che si scagliano contro chi osa abbandonare l’islam. Coyne nota come le critiche all’islamofobia che gli viene attribuita — tale e quale per Dawkins, Harris e Hitchens — provengano anche da atei o laici. Commentatori che si fanno pochi problemi quando questi stessi polemisti criticano con forza il cristianesimo o la Chiesa cattolica, ma saltano sulla sedia quando si parla di islam affibbiando l’etichetta di “islamofobia”. Tra certi scettici esiste un “doppio standard”, sebbene gli integralisti islamici siano oggi molto più feroci e “in generale si comportino molto peggio rispetto agli aderenti di altre fedi”. Coyne respinge al mittente le critiche di “razzismo”, rivendicando il diritto di critica verso “una religione i cui principi sono anti-democratici, anti-gay, contro le donne, contro la libertà di pensiero e i cui aderenti vogliono imporre la loro moralità basata sulla religione al resto di noi”.

Coyne precisa che il cristianesimo e altre religioni hanno diffuso molta violenza, ma quella dell’islam dà effetti nefasti tuttora. “Ci sono poche teocrazie cristiane oggi, ma molte islamiche”, aggiunge, “vi sfido a leggere il Corano e a sostenere che non è un libro scritto per ispirare odio e divisione. L’ho letto. Non c’è niente del genere nel buddhismo, o anche nella Bibbia, che può eguagliarlo”. I musulmani moderati di certo esistono, riconosce, ma non si manifestano e le poche voci vengono intimidite proprio dagli estremisti, che tengono banco: “dove sono le centinaia di migliaia che protestano per la fatwa a Rushdie, o per le minacce di morte per i blogger laici?”.

È sbagliato forse usare il termine islamofobia per ogni tipo di critica alla religione islamica

È sbagliato forse usare il termine islamofobia per ogni tipo di critica alla religione islamica, come fa notare un interessante articolo scritto a quattro mani da un attivista laico canadese, Jackson Doughart, e uno studente che vive in Iraq, Faisal Saeed al-Mutar. Anche perché è specchio di un irrigidimento dell’islam, che appare incapace di accettare la libera discussione sulla fede e relative critiche come accade in Occidente. L’influenza di termini come “blasfemia” e “islamofobia” finisce per fare il gioco del fondamentalismo e toglie dignità proprio ai credenti musulmani. Infatti risponde alla logica dell’integralismo religioso, che pretende di “infantilizzare” i propri aderenti “convincendoli che il pensiero critico, specialmente su materie di fede, è immorale”. A questo atteggiamento islamista ne corrisponde un altro da parte occidentale, ovvero ritenere che gli islamici “non siano abbastanza maturi da gestire le critiche alle proprie credenze predilette” e che “le loro sottoculture siano riducibili a testi e pratiche arcaiche”.

L’etichetta di islamofobia, in sé non necessariamente sbagliata, sta diventando una copertura per zittire ogni critica all’islam, tant’è che viene contestata da più parti. Così come la cristianofobia nasconde ormai il vittimismo cristiano. Secondo Coyne la difesa a spada tratta dell’islam in Occidente nasconde anche una tendenza paternalistica, nel senso che vengono tollerati standard etici e comportamenti che non sono permessi ad altri concittadini anche quando calpestano i diritti umani. Proprio in nome di una “difesa distorta del multiculturalismo e del relativismo morale”. “Il multiculturalismo diventa pericoloso quando porta qualcuno a chiudere gli occhi di fronte agli aspetti distruttivi di altre culture”, ammonisce Coyne, “aspetti che non dovremmo celebrare, ma rigettare”. “Questa esaltazione del multiculturalismo ha di fatto direttamente portato a una difesa acritica dell’islam”, aggiunge il biologo. “Se esiste effettivamente l’islamofobia, non è qualcosa che viene praticato dai new atheists”, conclude Coyne, “non è razzismo o bigotteria criticare idee e comportamenti cattivi”.

Strana alleanza tra la sinistra “radicale” e movimentista con i gruppi fondamentalisti

Il problema è più ampio e riguarda sia i liberal, sia la sinistra. Come scrive la femminista laica Meredith Tax sul suo blog, è “un impulso naturale” quello di difendere i musulmani “dall’attuale clima di crescente xenofobia, discriminazione e attacchi violenti in Europa e Nord America”. L’islam in Occidente viene spesso demonizzato in blocco e i jihadisti sottoposti a trattamenti fuori dalla legge e dai diritti riconosciuti, questo è vero. “Ma difendere i musulmani dalla discriminazione non significa dare supporto politico ad un quadro concettuale di destra islamica” che giustifica la “jihad difensiva” o la segregazione tra uomini e donne durante gli incontri (come accaduto nel dibattito di Krauss). In questi anni si assiste d’altronde a una strana alleanza tra la sinistra “radicale” e movimentista con i gruppi fondamentalisti, siano essi cristiani, islamici, ebrei o islamici. Alleanze, rincara Tax, che sono “tradimenti” sia per la maggioranza dei fedeli, rappresentati dagli estremisti e lasciati in balia di questi, sia per i principi fondamentali della sinistra, “dal momento che i militanti di sinistra sono i primi a essere uccisi quando i fondamentalisti arrivano al potere. Chiedete a qualsiasi iraniano”. Proprio la dinamica della rivoluzione del 1979 a Teheran deve far riflettere: gli attivisti socialisti e laici che lottavano per la democrazia contro il regime dello scià Reza Pahlavi sono stati presto marginalizzati e perseguitati proprio dai pasdaran dell’ayatollah Khomeini. E uno schema simile rischia di ripetersi anche nei paesi toccati dalla primavera araba.

Eppure, anche nell’ultimo e fortunato libro dell’autorevole studiosa Martha C. Nussbaum (La nuova intolleranza. Superare la paura dell’islam e vivere in una società più libera) si muove all’interno delle stesse coordinate. L’autrice stigmatizza l’avversione nei confronti del burqa e di una moschea a Ground Zero, ma si dimentica completamente che sono proprio i non musulmani che vivono in paesi a maggioranza musulmana a non poter vivere, a causa dell’islam, in una società più libera. Una doppia morale che non giova a nessuno, perché la pressoché totale assenza di critiche alla violazione di fondamentali diritti umani giustificate in nome della religione non attenuerà in alcun modo i timori della destra identitaria, né porterà a più miti consigli gli integralisti, i cui atteggiamenti estremi vengono ben più che minimizzati.

In Gran Bretagna è indicativa l’ascesa di Respect, formazione anticapitalista vicina ai gruppi islamici più integralisti, proprio nelle roccaforti laburiste che hanno ora una forte presenza di comunità nate dall’immigrazione da paesi a maggioranza islamica e che si vanno radicalizzando. Il paese ha sdoganato da anni il multiconfessionalismo garantendo privilegi e prerogative alle comunità religiose, circostanza che ha favorito la creazione di ghetti identitari, piuttosto che la convivenza pacifica. Preoccupante anche la crescita dell’estrema destra anti-immigrati, con attriti soprattutto nelle periferie e nei quartieri dove si sono insediate le comunità provenienti dall’estero, in Gran Bretagna come in altri paesi del Nord Europa. Se è vero che la retorica dello “scontro di civiltà” preconizzato dal politologo Samuel Huntington ci spinge proprio verso il conflitto e scava ulteriori fossati tra culture, lo stesso effetto rischia di darlo lo speculare atteggiamento lassista in cui sembra cadere soprattutto una certa sinistra liberal.

Accettare la libertà di comportamenti che non accetterebbero in altri gruppi umani

Dove sbagliano persone come Greenwald, Nussbaum e Lean è proprio qui: nella difesa della libertà di religione dei musulmani si spingono fino ad accettare la libertà di comportamenti che non accetterebbero in altri gruppi umani, dall’omofobia alla discriminazione per genere. Gli stessi atei, nei paesi a maggioranza islamica, non solo non possono quasi mai criticare l’islam, ma sono passibili di pena di morte in diversi di essi. Non esiste nulla del genere in nessuna legislazione nei confronti dei musulmani. Non stiamo chiedendo “reciprocità”, che è qualcosa di completamente sbagliato sia dal punto di vista delle relazioni intercomunitarie, sia — ancor di più — da quello del diritto. Stiamo invece sostenendo che è miope far finta che non esistano situazioni come quelle appena descritte, e che è ancora peggio farlo in nome dell’antimperialismo o della tutela del più debole. Perché vi sono altri essere umani, ancora più deboli e ancora meno rappresentati, che ne patiranno le conseguenze in qualche angolo di quel paese. Per esempio il Bangladesh: Greenwald e Lean, proprio mentre scrivono sui loro blog, non sembrano minimamente sapere cosa vi stia succedendo: non credenti e laici vessati, intimiditi e arrestati in massa su istigazione dei leader islamisti.

Carta ogneversal dei diriti rełijoxi e spirituałi
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Diriti Omàni dei Nativi e de łi Endexeni ouropei
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Re: Carta ogneversal dei diriti rełijoxi e spirituałi

Messaggioda Berto » gio feb 04, 2016 10:46 am

Forte critica all'islam (ex musulmana)
https://www.youtube.com/watch?v=7a6lDbwWj8Y

Porta a Porta: Islam , lapidazione , hijab e apostasia
https://www.youtube.com/watch?v=n_Y2t-m-E4s
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