ONU - UNESCO e altri FAO - UNICEF (no grazie!) - e Facebook ?Mito e organizzazioni parassitarie e criminali che non promuovono affatto i diritti umani, le libertà, il rispetto e la fraternità tra gli uomini, le genti, i popoli, le etnie, le nazioni, gli stati.
viewtopic.php?f=205&t=2404 L'ONU è un mondezzaio umano di nazi maomettani antisemiti.
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Gerusalemme capitale, scontri in Cisgiordania: un morto e oltre 210 feriti. Onu: "Sia capitale di entrambi gli Stati"8 dicembre 2017
https://www.ilfattoquotidiano.it/2017/1 ... ia/4026837Un morto e oltre 200 feriti in Cisgiordania nel venerdì di preghiera in seguito all’appello di Hamas a una nuova Intifada. La tensione, dopo i 100 feriti di giovedì, è nuovamente salita a Gerusalemme, dove centinaia persone hanno sfilato verso gli insediamenti israeliani. Lì sono scoppiati scontri con i soldati: questi ultimi hanno aperto il fuoco sui manifestanti, provocando un morto (una seconda persona data per deceduta in un primo momento versa in realtà in gravi condizioni) a Gaza e almeno 217 feriti – secondo la Mezzaluna rossa palestinese – a Hebron, Qalqilya, Betlemme e Ramallah tra le migliaia di persone nelle strade. Proteste anche nel compound della moschea di Al-Aqsa a Gerusalemme, dopo la preghiera di mezzogiorno. In serata, sempre nella zona della Striscia, sono stati lanciati due razzi verso Israele: il primo è stato intercettato dal sistema di difesa Iron Dome mentre al momento attuale non è noto dove sia caduto il secondo. La popolazione israeliana della zona ha avuto istruzione di restare in prossimità dei rifugi o delle stanze blindate nelle loro abitazioni. Proteste anche in Indonesia, Malesia, Turchia, Egitto, Pakistan e Iran dove migliaia di musulmani protestano contro la decisione di Donald Trump di spostare l’ambasciata Usa a Gerusalemme, dichiarandola capitale di Israele.
Scontro Onu-Usa – L’inviato speciale delle Nazioni Unite per il Medio Oriente, Nickolay Mladenov, ha ricordato le parole del segretario generale Onu Antonio Guterres, secondo cui Gerusalemme deve essere la capitale dei due Stati. Durante la riunione di emergenza del Consiglio di sicurezza dopo la decisione di Trump, Mladenov ha esortato “la comunità internazionale a onorare la sua responsabilità storica, aiutando Israele e Palestina” a raggiungere l’obiettivo. “L’Onu ha ripetutamente dichiarato che qualsiasi decisione unilaterale che cerchi di modificare lo status di Gerusalemme – ha concluso l’inviato delle Nazioni Unite – potrebbe seriamente minare gli attuali sforzi di pace e potrebbe avere ripercussioni in tutta la regione”. La risposta statunitense è stata affidata a Nikki Haley: l’ambasciatrice presso l’Onu, durante la riunione del Consiglio di sicurezza, ha accusato le Nazioni Unite di “ostilità contro Israele” da “molti anni” e ha difeso la decisione di riconoscere Gerusalemme come capitale di Israele definendola una scelta ‘ovvia’: “Le Nazioni unite hanno fatto più danno alle possibilità di una pace in Medio Oriente che farla progredire”.
Hamas: “Intifada non finisce oggi” – L’intifada potrebbe essere solo all’inizio, almeno a sentire Hamas. Il capo dell’ufficio politico, Ismail Haniyeh, ha affermato che “né Trump né alcun altro potrà cambiare la verità storica e geografica e l’identità della Città Santa”. Chi pensa che “tutto si esaurirà con le manifestazioni, sogna” perché “la santa intifada di oggi ha inoltrato due messaggi: il primo, che respingiamo la decisione di Trump e il secondo che siamo pronti a immolarci per difendere Gerusalemme”. Mentre le ripercussioni dello spostamento dell’ambasciata statunitense si riflettono anche sulla diplomazia: l’imam della moschea di Al-Azhar in Egitto, Sheikh Ahmed al-Tayeb, ha respinto l’incontro richiesto per il 20 dicembre dal vice presidente Usa, Mike Pence, in segno di protesta.
Mogherini invita Abu Mazen – Intanto l’alto rappresentante dell’Onu per la politica estera Federica Mogherini ha annunciato dopo l’incontro il ministro degli Esteri giordano, Ayman Al Safadi, che il presidente dell’Autorità nazionale palestinese, Abu Mazen (Mahmoud Abbas) parteciperà al prossimo Consiglio degli Esteri Ue a gennaio. “Lo ho invitato e lui ha accettato” per “un esercizio simile a quello che faremo lunedì prossimo con il premier israeliano Benjamin Netanyahu” per parlare del processo di pace, ha affermato Mogherini.
Musulmani in piazza in Indonesia – A Giacarta, in Indonesia, la nazione islamica più popolosa al mondo, più di 300 persone hanno marciato davanti all’ambasciata Usa al grido di ‘Israele vai all’inferno’, chiedendo a Trump di smettere con il suo ‘cieco sostegno allo stato ebraico. A Kuala Lumpur, invece, oltre mille persone guidate dal ministro dello Sport, Khairy Jamaluddin, hanno manifestato davanti all’ambasciata Usa dopo un corteo partito dalla moschea dove si sono tenute le preghiere del venerdì. Al grido di ‘Lunga vita all’Islam’ e ‘Distruggete i sionisti’, i manifestanti si sono appellati a Trump perché riveda la sua decisione. “Signor presidente, questo è un annuncio illegale. Gerusalemme è un territorio occupato. Non dovete nemmeno mettervi piede. Il mondo si ribellerà agli Usa”, ha detto il ministro nel suo discorso.
Migliaia in strada in Turchia – E in Turchia, nel giorno della preghiera islamica del venerdì, gruppi di manifestanti si sono riuniti davanti alla storica moschea di Fatih a Istanbul, luogo simbolo delle adunate dei movimenti islamisti, sventolando bandiere turche e palestinesi. Tra gli slogan più urlati, “Israele assassino, Stati Uniti collaborazionisti” e “Gerusalemme è nostra e resterà nostra”. Secondo i media turchi i manifestanti sarebbero stati almeno 10mila e alcune altre migliaia di persone sono scese in strada anche ad Ankara. Diverse proteste si erano svolte in Turchia già nei giorni scorsi, portando anche a un rafforzamento delle misure di sicurezza intorno alle missioni diplomatiche Usa.
“Morte all’America ed Israele” – Proteste anche in Iran, dove l’opposizione a Israele e il sostegno alla causa palestinese è al centro della politica estera dalla rivoluzione islamica del 1979. La tv ha trasmesso immagini di dimostranti che cantavano ‘Morte all’America’ e ‘Morte a Israele’. Portavano inoltre bandiere palestinesi e cartelli sui quali si leggeva ‘Quds appartiene ai musulmani’. Quds è il nome di Gerusalemme in arabo. In diverse città i manifestanti hanno bruciato immagini di Trump. L’opposizione a Trump ha unito di fatto in Iran le fazioni più radicali di Guardiani della rivoluzione e quella del presidente Hassan Rohani: entrambi i fronti hanno invitato gli iraniani a protestare oggi, soprannominato ‘giorno della rabbia’. Mercoledì, inoltre, la guida suprema iraniana, cioè l’ayatollah Ali Khamenei, aveva dichiarato che la decisione di Trump era un segno di incompetenza e fallimento.
Pakistan: “Trump non sta bene di testa” – Partiti religiosi, movimenti della società civile, commercianti, studenti ed avvocati sono scesi in piazza anche in numeose città del Pakistan. Ad Islamabad la manifestazione principale ha raccolto circa 300 persone nel mercato di Aabpara che hanno scandito slogan contro gli usa, Trump e Israele e mostrato cartelli con scritte del tipo ‘Al-Quds libera!’ e ‘Musulmani palestinesi, siamo con voi’. La principale richiesta è stata quella che Washington riveda la sua decisione, presa dal presidente “Donald Trump che non sta bene di testa”. Altre simili proteste, hanno riferito i media pachistani, sono state organizzate anche a Lahore, Quetta, Karachi, Peshawar ed in altre parti del Paese.
Tunisia ed Egitto in allarme – Reagisce anche la Tunisia che ha deciso di convocare l’ambasciatore statunitense Daniel H. Rubinstein. Il diplomatico avrà un colloquio con il presidente della Repubblica, Beji Caid Essebsi, nel quale il capo dello Stato esprimerà il rifiuto della Tunisia della decisione di Trump. Il principale sindacato del Paese nordafricano, l’Ugtt (Unione Generale lavoratori tunisini), premio Nobel per la Pace nel 2015, ha indetto nella capitale per oggi pomeriggio una grande manifestazione di sostegno al popolo palestinese. Un tweet della rappresentanza diplomatica italiana segnala un “rafforzamento” delle “misure sicurezza” al Cairo intorno all’ambasciata Usa e a quella di Israele. Nello stesso messaggio sui social si esorta ad “evitare assembramenti” e a tenersi informati sul sito Viaggiare sicuri della Farnesina. Poche ore dopo nella capitale, all’uscita dalla moschea di Al Azhar , luogo di culto del massimo centro teologico dell’islam sunnita, dopo la preghiera c’è stata una manifestazione di protesta di diverse centinaia di persone. “Siamo tutti contro questa decisione – ha scandito Mohamed Mehana, consigliere del grande imam di al-Azhar – Questa decisione ha dimostrato quanto sia incapace la comunità internazionale. Non ci potrà ma essere un’ambasciata a Gerusalemme, che sia degli Stati Uniti o di qualsiasi altro Paese”.
Gli Stati Uniti hanno posto il veto alla proposta egiziana di abolire il riconoscimento di Gerusalemme come capitale di Israele. L'ONU non avrebbe nulla da fare se non ci fosse ogni occasione per condannare Israele.
Gino Quarelo Grazie Trump! Grazie tante, mille grazie!L'ONU, sempre più asservita ai mussulmani e agli arabi.https://www.facebook.com/zio.Ferdinando ... 3277311132[dalla bacheca di amici, Agostino]
Si pensi che nella dichiarazione dei diritti umani, quando per non mettere i paesi mussulmani fuori legge, l'ONU, in fondo alla dichiarazione dei diritti, votò una postilla che esonerava i paesi mussulmani ad applicare tali diritti.
Essa diceva più o meno così: tutti i paesi devono osservare i diritti umani, salvo diversi usi adottati in singoli paesi se dettati da principi religiosi. E oggi, dietro pressione di quegli stessi mussulmani vorrebbe votare una risoluzione contro gli USA, che è di malavoglia il maggior finanziatore di questa istituzione che pare non serva più a niente e che costa un sacco di miliardi di dollari.
Mi sa tanto che con questo presidente USA stanno arrivando al capolinea.
"Gli offesi siamo noi". Gli Stati Uniti mettono il veto sulla risoluzione egiziana contro Gerusalemme capitale2017/12/18
http://www.huffingtonpost.it/2017/12/18 ... a_23310822Gerusalemme e Misurata. La Città eterna e quella diventata il simbolo insanguinato del Far West libico. Medio Oriente e Nord Africa, diversi scenari, lo stesso segno: la destabilizzazione. Al Palazzo di Vetro si combatte la "guerra delle ambasciate", a Misurata, in perfetto stile mafioso, il sindaco della città viene rapito, crivellato di colpi e il corpo privo di vita gettato davanti all'ospedale di Safwa. Onu: gli Usa contro tutti. Al Consiglio di sicurezza si fanno i conti sulla decisione degli Usa di trasferire l'ambasciata statunitense da Tel Aviv a Gerusalemme, riconoscendo quest'ultima capitale unica e indivisibile di Israele. Per Washington sono conti (politici) molto salati.
La risoluzione "afferma che le decisioni e azioni che pretendono di alterare lo status della Città Santa di Gerusalemme non hanno alcun effetto giuridico, sono nulle e devono essere annullate in conformità con le pertinenti risoluzioni del Consiglio di Sicurezza Onu". Inoltre, il testo "richiede che tutti gli Stati membri osservino le risoluzioni del Consiglio riguardanti Gerusalemme e non riconoscano nessuna azione o misura contraria a tali risoluzioni". L'ambasciatore britannico al Palazzo di Vetro, Matthew Rycroft, ha affermato che il documento "è in linea con le precedenti risoluzioni del Consiglio di Sicurezza". Il testo non fa riferimento esplicito agli Stati Uniti, e questa mancata esplicitazione, confidano fonti diplomati al Palazzo di Vetro, è servita per mantenere uniti i Quattordici. "Si è trattato di una risoluzione in sintonia con la pressa di posizione del ministro degli Esteri Alfano e con quella esplicitata a nome dell'Unione europea dall'Alto rappresentante ella politica estera dell'Unione, Federica Mogherini", dice all'Huffington Post una fonte della Farnesina commentando a caldo il voto al Palazzo di Vetro. Un voto avvenuto sotto la presidenza italiana.
Nel corso della seduta, l'inviato dell'Onu per il Medio Oriente, Nickolay Mladenov è intervenuto facendo un quadro complessivo della situazione e criticando la politica degli insediamenti portata avanti da Israele a Gerusalemme Est e in Cisgiordania; una critica che ha investito anche le "misure legislative" adottate per ciò che concerne la legalizzazione delle colonie in Cisgiordania e l'uso di terre private palestinesi. Dura la replica dell'ambasciatrice statunitense al Palazzo di Vetro, Nikki Haley, secondo la quale la risoluzione 2334 contraria agli insediamenti israeliani nei Territori occupati, votata da 14 membri del Consiglio di sicurezza e approvata grazie all'astensione Usa, voluta dall'allora presidente Barack Obama, "è il vero ostacolo alla pace".
Alla fine, la risoluzione su Gerusalemme è votata da 14 dei 15 Paesi membri del massimo organismo decisionale delle Nazioni Unite, tra cui l'Italia, ma non passa per il veto degli Usa. Ma quel veto esercitato in solitudine rappresenta una sconfitta politica per la diplomazia americana Perché nonostante i tentativi di far recedere dal voto favorevole alcuni storici alleati degli Stati Uniti, in primis il Regno Unito, il fronte europeo ha tenuto, con tutti e 5 i Paesi membri del Consiglio (Francia, Regno Unito, Italia, Germania e Svezia) decisi a mantenere la linea su Gerusalemme. Ma la partita non si è chiusa. Perché subito dopo la conclusione della votazione, da Ramallah, con un comunicato ufficiale l'Autorità nazionale palestinese ha annunciato l'intenzione di presentare la risoluzione all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Per essere approvata, la risoluzione ha bisogno del voto favorevole di 2/3 dei 193 Paesi membri, ma anche se dovesse ottenerli, sarebbe un successo politico senza ricadute effettive, perché solo le risoluzione approvate dal Consiglio di sicurezza hanno un valore decisionale.
A sostegno di questa linea si è subito schierata la Turchia, oltre che la Lega Araba. "Il veto posto dagli Stati Uniti è inaccettabile – dice ad HuffPost Nabil Abu Rudeina, portavoce del presidente palestinese Abu Mazen -. Resta il fatto – aggiunge – che tutti gli altri 14 membri del Consiglio di sicurezza hanno difeso la legalità internazionale riconoscendo che azioni come quella intrapresa dagli Stati Uniti non hanno alcun valore effetto giuridico. Ora – conclude Abu Rudeina – chiediamo a tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite di attenersi alle indicazioni contenute nella risoluzione e di non seguire il presidente Trump su una linea destinata a distruggere ogni soluzione negoziale". Per Washington quel voto è uno schiaffo in faccia. Durissimo è il commento dell'ambasciatrice Haley: "Quel voto è un affronto che non dimenticheremo", avverte. È il primo veto posto dagli Stati Uniti sotto la presidenza Trump. Immediata la presa di posizione israeliana. "Grazie tante, ambasciatrice Haley. Grazie per aver acceso la candela della verità. Hai combattuto le bugie, grazie presidente Trump", ha twittato il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Netanyahu.
A fianco della Haley si schiera l'ambasciatore israeliano alle Nazioni Unite Danny Danon che attacca frontalmente la risoluzione dei Quattordici: "Potete votare altre cento volte – dice Danon rivolgendosi polemicamente ai rappresentanti dei 14 Paesi che hanno votato la risoluzione- potete criticare quante volte volete la nostra presenza a Gerusalemme, ma non potrete mai cambiare la Storia". E ancora: "Mentre il popolo ebraico celebra la festività di Hannukkah che simboleggia il legame eterno con Gerusalemme, ci sono persone che pretendono di riscrivere la Storia. È tempo – conclude l'ambasciatore israeliano – che tutti i Paesi riconoscano che Gerusalemme è stata e sempre lo sarà capitale del popolo ebraico e capitale di Israele". Soddisfazione per il voto è stata invece espressa dal presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, che si è congratulato con il suo ambasciatore all'Onu per "il prezioso lavoro svolto in favore della pace e a sostegno dei diritti del popolo palestinese".
Ma la pace è parola sconosciuta in Terrasanta. Come nella martoriata Libia. Era stato rapito ieri prima del tramonto mentre tornava a casa dall'aeroporto, di ritorno da Istanbul dove si era recato in visita ufficiale a capo di una delegazione di funzionari locali. E poche ore dopo il sindaco di Misurata, Mohamed Eshtewi, è stato assassinato. Il quotidiano Libya Herald spiega che era insieme al fratello Ahmed e al loro autista, quando l'auto sulla quale viaggiavano è stata attaccata mentre era ferma al semaforo sulla via dell'aeroporto. Il fratello del sindaco è stato ferito con un colpo di pistola alla testa. Sulla schiena di Eshtewi tre fori di proiettile, ma secondo il consigliere comunale di Misurata Mustafa Krwat, responsabile della sicurezza in città, la causa della morte è stato un duro colpo in testa. Il portavoce dell'ospedale di Misurata, Akram Glewan, ha parlato anche di ferite d'arma da fuoco alle gambe. Il fratello Ahmed è ricoverato in terapia intensiva in gravi, ma stabili condizioni all'ospedale di Misurata. Gli assassini del sindaco di Misurata al momento non sono stati identificati, scrive il Libya Herald. I sospetti ricadono però su militanti islamisti attivi in città.
Il Consiglio militare di Misurata, guidato dall'islamista Ibrahim Ben Rajeb, in diverse occasioni aveva tentato con la forza di ottenere le dimissioni di Eshtewi, contestato per il suo sostegno all'Accordo politico libico e alla Presidenza del Consiglio. A maggio estremisti armati lo hanno costretto alle dimissioni, che però poco dopo son state ritirate. Un funzionario locale, che ha chiesto di restare anonimo, ha però messo in dubbio la possibilità che gli autori della linea dura possano essere gli autori dell'assassinio. "Hanno cercato di rimuoverlo per mesi. Ma ucciderlo non rientra nel loro stile", ha detto a Libya Herald. Secondo la fonte, ad assassinare Eshtewi potrebbero essere stati i sostenitori del generale Khalifa Haftar, l'uomo-forte della Cirenaica o del defunto colonnello Muammar Gheddafi. "E non escludiamo l'Isis", ha aggiunto. Basta questo elenco di possibili autori dell'assassinio di Eshtewi per dar conto che cosa sia oggi la Libia: una sorta di Far West nordafricano, dove a fronteggiarsi sono due governi, altrettanti parlamenti, oltre 250 tra milizie e tribù in armi, gruppi jihadisti affiliati allo Stato islamico o ad al-Qaeda del Maghreb Islamico (Aqmi), organizzazioni criminali dedite al traffico di esseri umani. E questo far west avviene a poche centinaia di chilometri dalle coste italiane. E l'Italia, non solo per vicinanza geografica, rischia sempre più di essere trascinata nel "pantano" libico. Un pantano insanguinato.
Gerusalemme capitale storica sacra e santa di Israele, terra degli ebrei da almeno 3 mila anni.viewtopic.php?f=197&t=2472 Niram FerrettiDunque nella fabbrica mondiale delle risoluzioni politiche contro Israele, l'ONU, dove negli anni passati e ancora adesso teocrazie, satrapie, autocrazie, dittature, abusatori sistematici di diritti umani, hanno votato contro Israele, ci sia appresta ora dietro convocazione di due grandi democrazie come lo lo Yemen e la Turchia, a convocare l'Assemble Generale per contestare la decisione di Donald Trump su Gerusalemme capitale di Israele.
Dopo il veto americano al Consiglio di Sicurezza ora si cerca l'ampia convergenza dei paesi (193) che dovrebbero stigmatizzare la decisione USA. Il voto non avrebbe di fatto alcun valore giuridico, come non hanno alcun valore giuridico le innumerevoli risoluzioni contro Israele votate in questi decenni.
Nikki Haley ha fatto presente che gli Stati Uniti terranno conto debitamente dei paesi che voteranno contro.
Nel mentre gli USA chiedono al Consiglio di Sicurezza sanzioni contro l'Iran per azioni destabilizzanti in Medioriente e violazioni delle risoluzioni internazionali. Ovviamente la Russia si dice contraria.
L'ossessivo focus del carrozzone ONU è sempre stato Israele, dal 1967 ad oggi.
L'ONU è una barzelletta. Inutile, elefantiaco, completamente privo di una vera ragione d'essere se non quella di porre plasticamente al centro della scena veti, giochi di potere, parzialità furiose, risoluzioni che gridano vendetta.
Una ulteriore dimostrazione della completa inutilità degli organismi politici sovranazionali.
Giulio MeottiUn video che spiega tutto. Eccoli, i membri del Consiglio di sicurezza dell'Onu mentre ieri alzavano la mano tutti assieme per condannare 4 parole: "Gerusalemme capitale di Israele". E la solita America con Nikky Halley che, da sola, alzava la mano per opporsi. Un carrozzone di stati illuminati e democratici (come Francia e Inghilterra), stati falliti e poveri (come il Senegal), giganti e dittature (come la Cina). Se le danno su tutto, ma sono tutti d'accordo nel processare di fronte all'opinione pubblica internazionale uno stato che copre lo 0,0001 per cento della superficie della terra, grande quanto il New Jersey e la Puglia, i cui abitanti ammontano a un millesimo della popolazione mondiale, ma che è l'unico stato al mondo degli ebrei. E questo è il problema. Nel video, in un angolo, si vede l'ambasciatore di Israele all'Onu. Non è uno spettatore. E' un imputato. E quelli che alzano la mano sono i suoi carnefici. Quanta viltà!
https://www.facebook.com/giulio.meotti/ ... 1550242426Francesco Birardi La vera soluzione sarebbe che gli Usa abbandonassero l'ONU al suo destino, lo buttassero fuori dalla bellissima sede di N.Y., e lasciassero ad altri l'onore e l'onere di mantenerlo. E di giocarci. Sinceramente, non si capisce perché continuino a tenere in piedi questo carrozzone inutile e ipocrita, terzomondista, filoarabo e antisemita, anticristiano e antioccidentale, superpagato dai cristiani e dagli occidentali...
https://www.facebook.com/hnaftali/video ... 6039945592L'Onu dà uno schiaffo a Trump e l'Italia sta con la PalestinaFiamma Nirenstein
24/12/2017
https://www.facebook.com/x.kisenefrega/ ... 1213545679 I palestinesi naturalmente festeggiano, la menzogna onusiana è la loro festa, Gerusalemme secondo il voto non è la capitale di Israele, tutte le delegazioni, i capi di stato, che hanno visitato la Knesset, si sono sbagliati.
Trump è stato letto male volontariamente: ha semplicemente riconosciuto una verità lapalissiana lasciando alle parti la sistemazione futura e chiedendo di mantenere fino ad allora lo status quo. Invece è stato assalito da un branco affamato di antiamericanismo, finalmente. La vittoria è stata la solita festa di odio cieco contro gli Usa e Israele. Che bello poter dire «colonialista» a Trump e a Israele come ha fatto il ministro degli esteri palestinese Ryiad Maliki, esaltare la «democrazia» di Erdogan contando sul doppio registro degli stati canaglia che hanno il loro ombrello nell'Onu.
Ma qualcosa è cambiato: è vero, ci sono stati solo 9 voti a favore dai soliti Paesi piccoli e coraggiosi. Ma ci sono state molte sorprese fra le 35 astensioni: l'Europa si è spaccata, l'Ungheria, la Croazia, la Repubblica Ceca, la Romania, la Lettonia, la Bosnia (musulmana!) hanno rotto il consueto consenso europeo nonostante Macron avesse insistito.
L'Italia ha accettato, ed è una vergogna, di più, un peccato mortale. Tutti i suoi ultimi primi ministri hanno parlato alla Knesset pretendendo amicizia immortale. Tutti hanno visto la bellezza della città amata da 3mila anni, mai capitale di nessun altro, e il rispetto democratico per le tre componenti religiose. Il voto è stato un misto di antisemitismo, di paura, di cecità di chi non vede che solo la verità può indurre un processo di pace, e che le menzogne odierne non hanno mai spinto i palestinesi a rinunciare al terrorismo e al rifiuto di Israele.
Il sogno atavico dell'Assemblea è umiliare gli Usa, vedendo in Israele la longa manus del potere americano. Non si sostenga che si è difeso un processo di pace che il mondo arabo ha sempre rifiutato, anche di fronte, due volte, all'offerta di buona parte Gerusalemme.
Qui si sottende che gli ebrei sono estranei a Gerusalemme e persino a Israele, e questo giustifica la «resistenza armata» ovvero il terrorismo, i razzi da Gaza.
Forse neppure la risoluzione che Obama fece votare al Consiglio di sicurezza fu cosi drammatica.
Ieri, è stata la più evidente verità a essere vituperata e messa al bando dall'Onu, insieme alla decisione americana di riconoscerla. Non è un bel risultato.
E anche una sorpresa che Colombia, Argentina, Messico, Malawi, Ruanda, Kenia, Congo si siano astenute: Africa e America Latina hanno risposto ai contatti impostati da Netanyahu quest'anno. Erdogan ormai abbracciato alla Russia e all'Iran, ha sbraitato, come usa ormai sempre, dicendo che «non si può comprare la democrazia turca coi tuoi dollari». Due accenni sbagliati per il leader di un Paese davvero poco democratico e molto corrotto. E cosi poco fine citare il denaro, come ha fatto Trump annunciando che si ricorderà di chi vota contro gli Usa, ma è anche illogico spendere tanti soldi per chi approfitta della prima occasione per insultarti e boicottarti.
II bugdet dell'Onu è pagato dagli Usa per il 22%, fra spese di routine e speciali si tratta di più di 800 miliardi. Secondo uno studio accademico recente, l'Onu è inquinata da un mare di corruzione e di comportamenti disgustosi fino allo sfruttamento sessuale. Nelle sue commissioni si occupa quasi esclusivamente di condannare Israele, mentre i Paesi violatori di ogni diritto umano fanno la parte dei giudici. Tenere in piedi una fabbrica di puro odio, è un'azione folle.
Ecco perché Trump taglia i fondi all’Onu. È tensione con l’EuropaRoberto Bongiorni
2017-12-26
http://www.ilsole24ore.com/art/mondo/20 ... d=AEfjUIXDLa decisione era nell’aria. Ma il taglio ai finanziamenti americani destinati alle Nazioni Unite rischia di esacerbare le già non idilliache relazioni tra Washington e i Paesi europei. L’amministrazione del presidente Donald Trump ha difatti iniziato a negoziare un taglio di 285 milioni di dollari per il 2018. Il piano è stato annunciato subito dopo che i Paesi membri avevano raggiunto un accordo, domenica, sul bilancio 2017-2018, pari a 5,4 miliardi di dollari. Il taglio americano sarebbe un duro colpo per le finanze dell’Onu in un periodo in cui gli altri Paesi membri non dispongono certo di facili risorse per coprire l’eventuale perdita dei finanziamenti americani.
Gerusalemme, Usa tagliano 285 milioni dollari a bilancio Onu
Viene da chiedersi: perché proprio ora? Leggere questa decisione come la prima rappresaglia della Casa Bianca contro la bocciatura, da parte dell’Assemblea Generale Onu, del riconoscimento di Gerusalemme quale capitale di Israele (annunciato da Trump il 6 dicembre), e del successivo spostamento dell’ambasciata americana da Tel Aviv, è facile e apparentemente intuitivo.
Sono stati ben 128 i Paesi, tra cui l’Italia, insieme alla totalità dei Paesi più importanti dell’Unione europea, a votare contro lo strappo di Trump. L’ambasciatrice americana all'Onu Nikki Haley aveva promesso che gli Usa si sarebbero ricordati di chi gli ha voltato le spalle.
Guatemala sposterà ambasciata a Gerusalemme
Un appello, tuttavia, che finora non ha trovato molti sostenitori. Per ora solo il Guatemala ha seguito la Casa Bianca, annunciando a Natale, per bocca del presidente Jimmy Morales, l’intenzione di trasferire la propria ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme. Tuttavia la mossa del Guatemala potrebbe non restare un caso isolato. Secondo i media israeliani, infatti, presto seguirà l’annuncio dell'Honduras, mentre sarebbero una decina i Paesi che stanno valutando la possibilità di allinearsi alla scelta di Washington sul riconoscimento di Gerusalemme come capitale di Israele (tra cui Romania e Slovenia).
Gerusalemme capitale Israele: l’Onu vota contro il riconoscimento Usa
La decisione di tagliare una parte (e non tutti) dei finanziamenti all’Onu non è legata solo alla crisi su Gerusalemme. In verità Trump non ha mai gradito - e lo ha ribadito più volte - l’ingombrante presenza delle Nazioni Unite, che in molti casi confligge con le sue strategie geopolitiche. In un’occasione il presidente americano ha perfino definito questa grande organizzazione di Stati, creata dopo la Seconda Guerra Mondiale, un club triste che ha sprecato le sue potenzialità.
Ma la battaglia condotta dagli Stati Uniti contro l’Onu è una battaglia anche contro gli sprechi e le inefficienze che da tempo affliggono le Nazioni Unite, e sono in parte riconosciute anche dai suoi vertici e da molti Stati membri.
«L’inefficienza e le spese facili dell’Onu sono ben note» ha denunciato l’ambasciatore americano Nikky Haley e «noi non consentiremo più che la generosità del popolo americano sia sfruttata».
La prima rottura di Trump con la galassia Onu
Il finanziamento dell’Onu, come prevede un articolo della sua Carta, è soprattutto legato alla grandezza delle economie dei suoi Stati membri. Gli Stati Uniti sarebbero responsabili del 22% del budget operativo dell’Onu. Si tratta di gran lunga del più grande contributo. In numeri Washington ha sborsato 1,2 miliardi di dollari su 5,4 del budget 2016-2017.
Ma c'è di più. Gli Stati Uniti sono anche i maggiori contribuenti, in misura ancor più grande (28,5% del totale), alle missioni di peacekeeping dell’Onu, operazioni il cui budget, separato da quello generale, dovrebbe toccare nel 2017-2018 i 6,8 miliardi di dollari.
Resta da vedere se il piano di Trump si fermerà solo a 285 milioni di dollari. O se, come ha fatto intendere (forse solo per incutere timore) l’amministrazione americana, è solo l’inizio di un piano più vasto. In questo caso i problemi per l’Onu sarebbero davvero difficili da risolvere.
Donald Trump ha messo il Re a nudo: Nazioni Unite al capolinea?Franco Londei
26/12/2017
http://www.rightsreporter.org/donald-tr ... -capolineaSbagliavo nel giudicare la politica di Donad Trump su Gerusalemme “troppo avventata” e le ultime mosse del Presidente USA vanno addirittura oltre. Per la prima volta un Presidente USA sta mettendo in discussione l’organismo più importante al mondo, l’ONU. Il Re è nudo e il mondo libero non può che trarne giovamento
Chi mi conosce e segue sa benissimo che non ho molta fiducia in Donald Trump. Non avevo stima per Obama per le ovvie ragioni spiegate mille volte ma in qualche modo Obama dava l’idea di avere una linea politica ben definita, criminale quanto volete, ma pur sempre una linea, una sensazione che Trump non mi aveva dato. Beh, mi sbagliavo.
Con il tempo mi rendo conto che le critiche che ho mosso a Trump per la tempistica dell’annuncio su Gerusalemme erano in gran parte ingiustificate. Certo, rimango ancora dell’idea che sarebbe stato più prudente attendere qualche mese e aspettare che l’avvicinamento tra Israele e Arabia Saudita fosse completo, però tutto il macello che mi aspettavo non si è verificato, anzi, come afferma la brava Maurizia De Groot Vos, Trump sta praticamente vincendo su tutta la linea.
Quello che mi ha veramente colpito di Donald Trump è la sua determinazione nello smantellare tutto ciò che aveva fatto Obama a livello internazionale (a livello interno non mi pronuncio perché non ne ho le competenze), a partire dall’accordo sul nucleare iraniano fino a quell’ultima porcheria fatta in seno alle Nazioni Unite a pochi giorni dal suo congedo, quando per la prima volta nella storia ordinò di non mettere il veto su una risoluzione che condannava gli insediamenti israeliani e li definiva illegali.
Per troppo tempo proprio le Nazioni Unite sono state lo scudo perfetto con il quale i peggiori antisemiti del mondo hanno coperto le loro malefatte contro Israele. Non solo, con il tempo l’ONU si è trasformato da una istituzione che avrebbe dovuto difendere la pace ed essere sopra le parti, in un mezzo per colpire le democrazie “scomode”. Peggio, è diventato una sorta di marionetta nelle mani dei peggiori regimi del mondo, una macchietta che pone l’Arabia Saudita alla guida del suo organismo per la difesa delle donne, l’Iran nella Commissione delle Nazioni Unite sulla condizione delle donne ecc. ecc. (qui trovate un quadro recente delle porcherie fatte dall’ONU nel 2017).
Di contro Donald Trump, attraverso la sua caparbia ambasciatrice all’ONU, Nikki Halley, non solo non ha lesinato critiche alle Nazioni Unite ma per la prima volta ha fatto chiaramente intendere che la pacchia è finita, che il mondo non può più tollerare un organismo costosissimo che non solo va contro il suo mandato, ma che con il tempo è diventato il mezzo più usato dai regimi di tutto il mondo per coprire le proprie malefatte.
Da anni, forse decenni, si parla di riformare le Nazioni Unite, di ridare a questo organismo il lustro che gli compete badando bene che rimanga realmente imparziale. Troppe inutili agenzie, stipendi faraonici per i suoi dipendenti, critiche da ogni dove sulla gestione delle missioni di pace, persino accuse di aver coperto abusi sessuali commessi dai caschi blu in diverse aree. E per non farsi mancare proprio nulla anche agenzie studiate ad hoc per creare profughi altrimenti inesistenti come la UNRWA. E’ davvero troppo.
Ora Donad Trump sembra non accettare più questo stato di cose, specie in qualità di primo contribuente delle Nazioni Unite. Ieri ha tagliato i primi 280 milioni di dollari. Non è tanto rispetto agli oltre tre miliardi di dollari che gli Stati Uniti forniscono ogni anno a questo vetusto organismo internazionale, ma è un bel segnale. Come ha detto Nikki Halley «gli Stati Uniti non permetteranno più che i loro nemici approfittino della generosità americana» che cioè usino le Nazioni Unite per i loro torbidi scopi.
Non so in quanti abbiano idea della portata di questa decisione americana, non tanto per la cifra quanto per il gesto. È il secondo indizio che Donald Trump intende mettere in discussione l’ONU. Il primo è stato l’uscita degli USA dall’UNESCO. Se la teoria dei tre tre indizi che fanno una prova è corretta il prossimo potrebbe essere un ulteriore taglio ai finanziamenti per le missioni di pace o l’uscita da un altro inutile organismo. Staremo a vedere. Per ora Trump sta metodicamente mettendo a nudo il Re. Nikki Halley è il rappresentate americano all’ONU più duro di sempre e non passa giorno che non svergogni questo organismo ormai alla frutta. Di questo passo ben presto il Re sarà totalmente a nudo e c’è da giurare che ne vederemo delle belle.
Profughi palestinesi, l’UNRWA gonfia i numeri di più del doppio11 gennaio 2018
https://www.facebook.com/ProgettoDreyfu ... 8469841842 http://www.progettodreyfus.com/profughi ... nesi-unrwa Profughi palestinesi: secondo l’UNRWA in Libano il numero ammonta a 450,000. Il sito ufficiale dell’agenzia Onu, però, ne riporta un altro. Un recente censimento, invece, ha provato che l’esatto dato dei profughi palestinesi nel paese dei Cedri è pari a 174,422.
Una differenza abissale. Molto meno della metà.
Allora dove finiscono i fondi? Se ne vengono stanziati per 450,000 persone ma in realtà i bisognosi sono meno di 175, gli altri quale destinazione hanno?
Domande a cui forse un giorno verranno date risposte…
Intanto, come già dichiarato dal presidente Donald Trump, gli Stati Uniti stanno valutando la possibilità di effettuare un sostanzioso taglio agli aiuti palestinesi. La conferma arriva da un funzionario dell’esecutivo americano che però non ha specificato a quale tipologia di aiuti stiano lavorando i tecnici Usa:
“Stiamo rivedendo la nostra assistenza ai palestinesi alla luce della loro recente condotta”.
Condotta su cui ha espresso le proprie perplessità anche il premier israeliano Benjamin Netanyahu, che riguardo all’Agenzia dell’Onu per i profughi palestinesi ha affermato:
“La mia proposta è che i fondi destinati all’UNRWA siano invece gradualmente versati all’Alto commissariato Onu per i rifugiati (UNHCR), con criteri chiari di sostegno per i profughi veri, e non per profughi fittizi come avviene oggi con l’UNRWA. Tale agenzia perpetua il problema dei profughi palestinesi, perpetua la richiesta di un preteso diritto del ritorno, nell’intento di distruggere lo Stato d’Israele. Pertanto l’UNRWA deve scomparire una volta per tutte”.
Ricapitoliamo:
In ambito internazionale esiste l’UNHCR, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite che ha come mandato la protezione di tutti i rifugiati e che dispone di 4,3 miliardi di dollari per assistere 15 milioni di profughi sparsi nel mondo che, una volta aiutati, cessano di essere tali.
L’UNRWA , invece, è un’agenzia specifica per i palestinesi che dispone di 2 miliardi di dollari per 5 milioni di profughi palestinesi, che non cessano mai di esserlo, anzi passano il testimone ai loro figli e ai loro nipoti.
In più l’UNRWA gonfia i numeri dei profughi per avere più fondi destinati non si sa bene a cosa.
Fino a quando dovremmo accettare tutto questo?
Basta finanziare il terrorismo arabo islamico palestinese antiebreaico e gli assassini di Allàviewtopic.php?f=196&t=2193 Gli Usa tagliano a metà i fondi all’agenzia Onu che assiste i profughi palestinesifrancesco semprini
2018/01/16
http://www.lastampa.it/2018/01/16/ester ... agina.html Il presidente americano Donald Trump ha deciso di dimezzare i fondi che l’America versa all’agenzia dell’Onu per i rifugiati palestinesi, l’UN Relief and Works Agency (Unrwa). Dopo un vertice con il Segretario di Stato Rex Tillerson, il Segretario alla Difesa James Mattis e il consigliere alla Sicurezza nazionale H R McMaster, il leader Usa ha concordato un taglio da 125 a 60 milioni di dollari. Gli Usa sono i maggiori contributori dell’agenzia, seguiti dalla Ue. L’Unrwa ha un bilancio annuale di circa 1,1 miliardi di dollari.
Mediazione di Tillerson
Washington aveva rinviato il pagamento del contributo, in teoria dovuto il primo gennaio, proprio in vista della decisione. Nikki Haley, ambasciatrice americana all’Onu, aveva chiesto un taglio totale e immediato, ma alla fine ha prevalso una posizione intermedia, sostenuta da Tillerson.
Caso unico
L’Unrwa è un caso unico fra le agenzie per i rifugiati dell’Onu. E’ nata 70 anni fa per occuparsi dei palestinesi sfollati dopo la prima guerra arabo-israeliana, circa 700 mila, ma oggi ha la responsabilità anche dei loro discendenti. Secondo i palestinesi sono in tutto oltre cinque milioni, anche se non ci sono censimenti precisi. In Libano recentemente il numero dei rifugiati è stato stimato in 170 mila, invece di mezzo milione.
Il segretario Guterres preoccupato
Trump ha anche chiesto una “riforma fondamentale” dell’agenzia, come chiede anche il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, che ho proposto di affidare i rifugiati all’agenzia generale dell’Onu per questo compito, l’Unhcr. Il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres ha espresso invece “la sua preoccupazione” per le conseguenze della decisione.
Il duello su Gerusalemme
Il taglio agli aiuti ai palestinesi era stato minacciato dalla Casa Bianca dopo la decisione di riconoscere Gerusalemme come capitale di Israele e la reazione durissima del presidente palestinese Abu Mazen, che si era ritirato dai negoziati di pace e respinto ogni ulteriore mediazione americana. Trump aveva detto che avrebbe tagliato i fondi all’Onu se non fosse tornato al tavolo delle trattative.
Fine degli accordi di Oslo
Abu Mazen non solo non lo ha fatto ma ha deciso un “cambio di strategia” che comporterà la sospensione del riconoscimento dello Stato ebraico da parte delle forze politiche palestinesi, a partire dall’Olp, e la fine degli accordi di Oslo del 1993 che dovevano portare alla risoluzione del conflitto e alla nascita di uno Stato palestinese a fianco di Israele. Una nuova polemica era poi esplosa sul programma di aiuti dell’Autorità palestinese alle famiglie di condannati in prigione per attacchi contro israeliani.
Abu Mazen ha respinto le pressioni americane e detto che “Gerusalemme non è in vendita né per denaro né per oro”, poi attaccato di nuovo gli Stati Uniti, come “non imparziali” e Israele, accusato di condurre una “politica di colonizzazione”. Mustafa Barghouti, membro del comitato esecutivo dell’Olp ha invece detto al Jerusalem Post che la decisione americana di tagliare in fondi all’Unrwa intende “liquidare i diritti dei rifugiati palestinesi, non è una mera questione di soldi”.
Il premier Netanyahu ha reagito e definito il discorso di Abu Mazen il disvelamento del “suo vero volto” e lo ha accusato a sua volta di non voler riconoscere lo Stato ebraico in “nessun confine”.