All'origine del mito dei "territori occupati"David Elber
26 Maggio 2023
http://www.linformale.eu/allorigine-del ... pMxzi2G1JwNel corso degli ultimi anni si è talmente radicata la convinzione che Israele “occupi” i territori di Giudea e Samaria che questa tesi è diventata una certezza in tutti i contesti relativi a Israele e/o al Medio Oriente. Tale convinzione è talmente radicata anche negli ambienti ebraici della diaspora e in Israele stesso – soprattutto in quelli di sinistra – che la si considera una certezza fattuale.
Da questo concetto di “occupazione” sono discese diverse altre affermazioni politiche come: “occupazione illegale”, “occupazione dei territori palestinesi”, “insediamenti illegali” e “insediamenti ostacolo alla pace” e concetti affini.
Del fatto che non si possa parlare di “occupazione” ne tanto meno di “occupazione illegale” ne abbiamo parlato diverse volte qui su L’Informale (
http://www.linformale.eu/loccupazione-s ... azionale/; http://www.linformale.eu/giudea-e-samar ... i-legale/; http://www.linformale.eu/la-terra-di-is ... nazionale/). Qui ci occuperemo solamente del motore primo di tale mito, cioè di come è nata questa autentica leggenda che, nel corso dei decenni, è diventata un formidabile strumento per delegittimare Israele, soprattutto, ad opera di numerose amministrazioni USA, poi da parte dell’ONU e della UE.
Questa fiction, dai devastanti risvolti politici, nasce all’indomani della guerra dei Sei giorni con la quale Israele, benché aggredito da numerosi paesi arabi, riuscì a riconquistare i territori di Giudea e Samaria in quel momento occupati illegalmente, fin dal 1948, dalla Giordania. Il regista della fiction è Meir Shamgar, l’allora avvocato generale dell’esercito di Israele, poi diventato procuratore di Stato e presidente della Corte Suprema. E’ lui che decide che tutti i territori conquistati da Israele al termine della guerra saranno amministrati allo stesso modo: secondo quanto disposto dalle Convenzioni dell’Aia e di Ginevra che regolano i territori occupati dopo un conflitto. Questo a prescindere dal fatto che i vari territori conquistati da Israele (Giudea, Samaria, Striscia di Gaza) già appartenevano al popolo ebraico per il diritto internazionale e quindi dovevano essere amministrati in modo differente (in base alla legge civile israeliana) rispetto agli altri territori conquistati (Golan e Sinai) che dovevano essere amministrati, per il diritto internazionale, secondo i dettami dell’occupazione militare. Senza ombra di dubbio le pressioni internazionali giocarono un ruolo molto importante in questa decisione ma l’errore legale è da attribuire in ultima analisi a Shamgar e all’esecutivo di unità nazionale presieduto da Levi Eshkol. Infatti, quando fu presa questa decisione (che non ha basi nel diritto internazionale) poche settimane dopo la fine dei scontri armati, lo stesso esecutivo decideva per l’estensione della sovranità israeliana nella parte est di Gerusalemme (28 giugno 1967) con il Law and Administration Ordinance (Amendment No. 11). Perché questo doppio standard? Se erano territori “occupati” quelli di Giudea e Samaria lo era senza dubbio anche la parte est di Gerusalemme. La ragione fu squisitamente politica: mentre Gerusalemme non era negoziabile per l’esecutivo Eshkol, i territori di Giudea e Samaria lo erano. Questo almeno fino ai tre no di Khartoum nel settembre del ’67. Questo azzardo politico doveva essere corretto subito dopo l’intransigenza araba a non voler riconoscere Israele, la cosa non fu fatta e oggi si raccolgono i frutti di questa scellerata decisione. Tanto è vero che quando fu presa la decisione di amministrare Giudea e Samaria in base alle leggi di guerra, essa fu motivata dall’esecutivo non tanto perché era obbligato a farlo ma perché era più “utile” farlo. Infatti, nella motivazione resa pubblica (“Legal Concepts and Problems of the Israeli Military Government – the Initial Stage”) non c’è nessun riferimento alle leggi internazionali che obbligavano a farlo ma solo alla decisione governativa di farlo: in pratica il governo di Israele dichiarava che non era tenuto a farlo ma lo faceva perché era meglio per la popolazione. Però il governo non si premurò di spiegare perché Israele aveva tutti i diritti legali su quelle terre: la Risoluzione di Sanremo del 1920 e i dettami del Mandato per la Palestina del 1922 cioè le stesse basi legali della presenza ebraica in tutta la terra ad ovest del Giordano.
Questo fu solo il primo di una serie di clamorosi abbagli che hanno portato al mito dei “territori occupati”. L’equivalente accademico dell’errore politico del governo Eshkol, fu il lavoro del prof. Yoram Dinstein dell’Università di Tel Aviv (uno dei professori di diritto più rinomati di Israele). La sua tesi fu espressa in modo chiaro nell’articolo “Zion shall be Redeemed in International Law”, che fu pubblicato nella rivista HaPraklit nel marzo del 1971. In esso Dinstein sosteneva che Israele era una forza occupante perché il territorio apparteneva “legalmente alla Giordania” anche se l’aveva acquisito tramite una guerra d’aggressione (quindi illegalmente). Il motivo addotto? Secondo lui la Risoluzione 181 (che non ha nessun valore legale) dava al popolo palestinese (all’epoca ancora inesistente) il diritto di scegliere chi dovesse amministrare il territorio affidato agli arabi dalla comunità internazionale (anche se non aveva il potere legale per farlo), e i notabili arabi (che in realtà non avevano nessun potere decisionale) scelsero la Giordania anche se ex post l’invasione (e a prescindere dalla reale volontà della locale popolazione). Perciò, sulla base di queste inesistenti motivazioni legali, Israele diventava, per il professore di Tel Aviv, una “potenza occupante” e i territori di Giudea e Samaria “territori occupati”. Questa tesi molto creativa, con alcune varianti, fu poi ripresa da molti giuristi israeliani, formatisi alla scuola di Dinstein, e soprattutto dal consulente legale dell’amministrazione Carter, Herbert Hansell, che nel 1978 scrisse il suo famoso memorandum che è divenuto la base della posizione politica ufficiale americana in merito ai “territori” e agli “insediamenti”. Nel suo memorandum Hansell sosteneva che Israele era una “potenza occupante” e quindi gli “insediamenti violavano l’articolo 49 (6) della IV Convenzione di Ginevra. Va sottolineato che queste conclusioni sono state applicate unicamente ad Israele, tanto è vero che il giurista americano non fa nessun altro esempio per corroborare la propria tesi. Questa tesi, tuttavia, fu immediatamente fatta propria dall’ONU, dalla CEE e da gran parte della comunità internazionale.
Una cosa importante va evidenziata: sia nell’articolo di Dinstein che nel memorandum di Hansell la posizione di Israele da “occupante” a “legittimo sovrano” dei territori poteva avvenire in caso di accordo di pace con la Giordania, cosa che effettivamente avvenne nel 1994 con il trattato di pace tra Israele e Giordania con il quale la Giordania rinunciava formalmente alla sovranità su Giudea, Samaria e Gerusalemme (anche se non l’ha mai avuta legalmente), ma nonostante ciò, per la comunità internazionale, Israele è ancora una “potenza occupante”. Questo fatto fa ben comprendere i danni politico-diplomatici causati da un inesistente mito creato all’interno di Israele stesso. Nessuno si è mai prodigato a verificare la fondatezza di tale accusa: può bastare l’accusa in sé per demonizzare Israele, anzi il suo scopo era proprio questo.
Un’altra importante puntata di questa fiction pseudo legale, l’ha fornita la Corte Suprema di Israele grazie al suo Presidente di allora: Aharon Barak. Questi in almeno due sentenze (the case of Beit Sourik Village Council v. the Government of Israel, HCJ 2056/04 (judgment rendered on June 30, 2004); case of Gaza Coast Regional Council v. Knesset of Israel, HCJ 1661/05 (judgment rendered on June 9, 2005), ha dichiarato Giudea, Samaria e Gaza come “territori occupati” senza fornire alcuna informazione in merito a chi detenesse la sovranità prima della presunta “occupazione” israeliana. In pratica per Barak, Israele ha “occupato dei territori” senza che specificare a chi appartenessero precedentemente. Qui, bisogna ricordare che il termine “occupazione” è un termine legale e quindi non lo si può usare a casaccio come fanno i politici, gli esperti e i giornalisti per meri scopi propagandistici. Quando un giudice usa il termine “occupazione” deve fornirne tutti i dettagli legali. Tale modo di procedere è stato utilizzato contestualmente anche dalla Corte di Giustizia Internazionale in occasione della suo parere consultivo a proposito della barriera di sicurezza del 2004. Ciò fa ben capire come il diritto – solo nel caso di Israele – sia stato nei fatti soppiantato dalla fiction.
La conseguenza di tutto questo è stata quella du avere spostato subito a livello internazionale la suddetta tesi (l’occupazione) ingigantendola in modo sempre più accusatorio e falso: dai “territori occupati” si è passati nel corso degli anni al concetto di “occupazione illegale”, poi di “occupazione illegale dei territori palestinesi” e via via al concetto “insediamenti illegali” o “insediamenti ostacolo alla pace” anche se il concetto di “insediamento” nemmeno esiste nel diritto internazionale.
Come risulta chiaro da quanto esposto, un termine legale (occupazione) è stato deformato per diventare strumento politico e morale per accusare Israele di agire in modo abietto: appunto occupare illegalmente un territorio che non gli appartiene.
Questa convinzione generale ha avuto, come specificato all’inizio, la sua origine in seno allo Stato ebraico, non gli è stata applicata da nemici esterni. Costoro hanno soltanto trovato pronto su un vassoio d’argento il corpo contudente che non hanno mai smesso di utilizzare.
"Benvenuti a Tel Aviv nella Palestina occupata": Ryanair non ha ancora chiesto scusaCommento di Deborah Fait
Testata: Informazione Corretta
Data: 19 giugno 2023
Forse la notizia, anche se gravissima, è passata inosservata visto che non c’è stata eco sui giornali. O forse cose come cancellare, seppur verbalmente, uno stato sovrano, nello specifico Israele, fa parte della normalità ormai. Una normalità inaccettabile e rivoltante. È accaduto che pochi giorni fa ai passeggeri del volo Ryanair, da Treviso a Tel Aviv, che si sono sentiti dire da un assistente di volo “Siete pregati di restare ai vostri posti. Stiamo atterrando a Tel Aviv, nella Palestina occupata”, in italiano e in inglese.
Un passeggero che, scandalizzato, aveva tentato di fotografare l’assistente in questione, è stato minacciato di arresto. Tutti gli altri, indignati, hanno immediatamente chiesto di correggere l’annuncio e di chiedere scusa. “Non abbiamo comprato il biglietto per sentire le opinioni politiche e antiisraeliane dell’assistente di volo. Tutto quello che gli abbiamo chiesto è stato correggere e dire che Tel Aviv è in Israele.”
Niente da fare, le loro rischiste sono state rifiutate e sono stati anche accusati di creare confusione e di mettere in pericolo il volo. L’assistente non portava la targhetta con il nome quindi è stato impossibile identificarlo per una ulteriore denuncia. Al momento la compagnia, la cui sede è a Dublino, Irlanda ( paese notoriamente antisionista/antisemita), ha rifiutato di rispondere alle tante proteste, tantomeno si è premurata di chiedere scusa.
Gli anni passano inesorabili ma il vizio resta.
L’immoralità della menzogna, dell’odio antiisraeliano, il malcostume di manipolare la storia di Israele a seconda della propria ideologia distorta e ignorante. Non è la prima volta che Israele viene cancellato e sostituito con una fantasiosa quanto inesistente Palestina. Era successo anni fa con l’Air France e anche, se non ricordo male, saltuariamente con altre compagnie aeree, a seconda delle idee politiche e in malafede del personale di volo. Assurdo, incredibile e scandaloso che la politica e la menzogna entrino a gamba tesa in quelli che dovrebbero essere solamente voli turistici, doverosamente imparziali e asettici nei confronti dei paesi in cui sono diretti. Il punto è che non esiste, né è mai esistita, alcuna questione storica in grado di coinvolgere l’opinione pubblica, supportando totalmente una causa, sempre e soltanto quella palestinese, come il conflitto arabo-israeliano. Ribaltare la storia e ritenere Israele colpevole di occupare terre altrui è parte del pensiero comune della maggior parte della gente, obnubilata dalla propaganda incalzante e dalla presa di posizione pro palestinese della maggior parte dei media internazionali. A chi non è capitato un tentativo di spiegare la situazione, adducendo le ragioni di un Israele da sempre aggredito nella sua esistenza, da sempre boicottato, esecrato, e di sentirsi rispondere con sufficienza: -si, si, questo lo dici tu ma l’altra campana?- Come l’altra campana! La sentono da sempre, lo scrivono i giornali, lo dicono le televisioni, lo piagnucolano a destra e a manca gli arabi cosiddetti palestinesi. L’altra campana la sentono quotidianamente con tutte le bugie e le manipolazioni che ciò comporta. Sono le ragioni di Israele, è la verità storica che rifiutano di ascoltare e di verificare perché significherebbe smettere di odiare, significherebbe ammettere finalmente di aver detto e ascoltato solo menzogne. Significherebbe finalmente capire la tragedia di un popolo che in tutta la sua storia non ha potuto godere un solo giorno di vera pace e che, nonostante tutto, non si lamenta e cerca di vivere felice. E capire non vogliono. La maggior parte dell’opinione pubblica vive della rendita di odio fornita su un piatto d’argento delle numerose campagne antiisraeliane degli anni 60/70/80/90 del secolo scorso quando l’ideologia terzomondista era al suo apice.Quando l’odio antisemita si abbeverava persino del sangue dei tanti ebrei ammazzati in Israele e in Europa dal terrorismo palestinese. Quanto dolore abbiamo provato nel vedere che per noi non c’era pietà. Quanta rabbia impotente quando, mentre venivamo massacrati dai kamikaze sugli autobus e nelle strade di Israele, dai porti italiani partivano le barche piene di gentaglia urlante Viva la Palestina, Viva Hamas, abbasso i sionisti. Si, passano gli anni, non passa l’odio, non passa l’ignoranza, non passa il pregiudizio. Un portavoce di Ryanair ha osato rilasciare il seguente comunicato “ Un errore inspiegabile ma innocente, senza sfumature o intenti politici ”. Eh no, bello mio. Quale errore? Cancellare uno stato sovrano e sostituirlo con un altro, per giunta inesistente, non è uno sbaglio, tantomeno innocente. Falsificare la storia non è un errore, è volontà di negare l’esistenza di un Israele sovrano nella sua terra. È ideologia antisemita, è odio, è propaganda! Non si può far passare per normale una cosa così. Lo so che non finirà mai, siamo tutti consapevoli che la manipolazione storica contro Israele è entrata nel DNA dell’opinione pubblica e degli organi che dovrebbero informare. La speranza che si esauriscano odio e pregiudizio è pura utopia da visionari. Una cosa però possiamo fare, la più semplice e forse la più stupida ma che potrebbe funzionare se non altro dal punto di vista morale: le compagnie aeree sono tante, non è necessario volare Ryanair!
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Deborah Fait
"Gerusalemme, capitale unica e indivisibile dello Stato di Israele"
Sentenza storica emessa nell’ambito di uno storico processo
La Corte d'Appello di Versailles ha riconosciuto che la c.d. occupazione israeliana della Cisgiordania è legaleMariateresa Anfossi
31 luglio 2023
https://www.facebook.com/mariateresa.an ... 2354088777Un caso storico - accuratamente non reso pubblico dai media -, la Corte d'Appello di Versailles ha riconosciuto che Israele occupa legalmente la Cisgiordania (come è stata chiamata dalla Giordania per 17 anni, ma con il suo vero nome di Giudea Samaria).
La storica sentenza trae origine da una controversia tra Alstom e Véolia e l'Autorità Palestinese.
La Corte d'Appello di Versailles è stata chiamata a esaminare i diritti di palestinesi e degli israeliani sulla Cisgiordania.
La sentenza ha accertato e dichiarato che i palestinesi non hanno alcun diritto - ai sensi del diritto internazionale - sulla regione, a differenza di Israele, che ha il diritto legittimo di occupare tutto il territorio.
Il contesto:
Negli anni '90, Israele indisse una gara d'appalto per la costruzione del tram di Gerusalemme.
La gara fu vinta dalle società francesi Veolia e Alstom.
Il tram è entrato in servizio nel 2011 e attraversa Gerusalemme da un capo all'altro, fino all'est e ai c.d. territori occupati.
A fronte di ciò, l'OLP ha presentato una denuncia all'Alta Corte di Versailles contro Alstom e Véolia, sostenendo che la costruzione della tramvia fosse illegale, poiché l'ONU, l'UE e numerose ONG e governi ritengono che Israele stia occupando illegalmente il territorio palestinese.
Per stabilire se la costruzione della tramvia fosse legale, il Tribunale ha dovuto fare ricerche sul diritto internazionale ed esaminare i trattati internazionali per stabilire i rispettivi diritti di palestinesi e israeliani.
Da quanto noto, è la prima volta che un tribunale non israeliano si pronuncia sullo status giuridico degli insediamenti in Cisgiordania.
Perché questo è un processo storico: è il primo dalla dichiarazione dello Stato di Israele nel 1948.
È la prima volta, dalla creazione dello Stato di Israele nel 1948, che un tribunale indipendente e non israeliano è chiamato a esaminare lo status giuridico dei territori in base al diritto internazionale, andando oltre le dichiarazioni di una parte o dell'altra.
È importante capire che le conclusioni della Corte non hanno alcun effetto sul diritto internazionale, ma si limitano a chiarire la realtà giuridica.
Le conclusioni del Tribunale di Versailles sono tanto clamorose quanto il silenzio con cui sono state accolte dai media: Israele ha diritti reali sui territori, la sua decisione di costruire una tramvia in Cisgiordania o qualsiasi altra cosa è legale, e i giudici hanno respinto in diritto tutte le argomentazioni dei palestinesi.
Le argomentazioni dei palestinesi:
L'OLP denuncia la deportazione della popolazione palestinese e la distruzione delle proprietà in violazione delle norme internazionali. Sulla base delle Convenzioni di Ginevra e dell'Aia e delle risoluzioni delle Nazioni Unite, ritiene che lo Stato di Israele stia occupando illegalmente il territorio palestinese e che stia attuando una colonizzazione ebraica illegale. La costruzione della tramvia è quindi essa stessa illegale.
L'OLP aggiunge che la costruzione della tramvia ha portato alla distruzione di edifici e case palestinesi, alla quasi eliminazione della Strada Nazionale 60, vitale per i palestinesi e le loro merci, e a numerosi espropri altrettanto illegali. Sono stati violati diversi articoli del Regolamento allegato alla Quarta Convenzione dell'Aia del 18 ottobre 1907.
Infine, l'OLP sostiene che Israele sta violando le disposizioni relative alla "protezione dei beni culturali" di cui all'articolo 4 della Convenzione dell'Aia del 14 maggio 1954, all'articolo 27 del Regolamento dell'Aia del 1907, all'articolo 5 della Convenzione dell'Aia IX del 1907 e all'articolo 53 del Protocollo aggiuntivo n. 1 alle Convenzioni di Ginevra.
La Corte d'Appello di Versailles non nega l'occupazione, ma smonta e demolisce uno per uno tutti gli argomenti palestinesi.
Facendo riferimento ai testi su cui si basa l'OLP, la Corte d'Appello ritiene che Israele abbia il diritto di garantire l'ordine e la vita pubblica in Cisgiordania, e quindi di costruire una tramvia, infrastrutture e condomini.
L'articolo 43 della IV Convenzione dell'Aia del 1907, citato dalla Corte, stabilisce che "essendo l'autorità del potere legale passata de facto nelle mani dell'occupante, quest'ultimo deve prendere tutte le misure in suo potere per ristabilire e assicurare, per quanto possibile, l'ordine e la vita pubblica, rispettando, a meno che non sia assolutamente impedito, le leggi in vigore nel Paese".
L'occupazione israeliana non viola alcuna legge internazionale
"l'Autorità Palestinese interpreta male i testi; essi non si applicano all'occupazione".
La Corte spiega che l'Autorità Palestinese interpreta erroneamente i testi e che essi non si applicano all'occupazione:
In primo luogo, tutti i testi internazionali presentati dall'OLP sono atti firmati tra Stati e gli obblighi o i divieti in essi contenuti sono rivolti agli Stati. Poiché né l'Autorità Palestinese né l'OLP sono Stati, nessuno di questi testi è applicabile.
In secondo luogo, afferma la Corte, questi testi sono vincolanti solo per coloro che li hanno firmati, cioè le "parti contraenti". Ma né l'OLP né l'Autorità Palestinese hanno mai firmato questi testi.
La propaganda non è diritto internazionale.
Un po' irritata dalle argomentazioni, la Corte si è fatta coraggio con un chiarimento e ha affermato che la legge "non può essere basata solo sulla valutazione [dell'OLP] di una situazione politica o sociale".
Il diritto umanitario non è stato violato
L'OLP si sbaglia sul testo, perché la Convenzione dell'Aia si applica in caso di bombardamenti. E... " Gerusalemme non è stata bombardata".
L'OLP invoca la violazione del diritto umanitario contenuto nelle Convenzioni di Ginevra e dell'Aia.
Ma da un lato, dice la Corte d'Appello, le convenzioni internazionali si applicano tra Stati, e l'OLP non è uno Stato: "la Corte internazionale di giustizia ha indicato che esse [le convenzioni] contengono solo obblighi a carico degli Stati, e che non è stata menzionata la possibilità per gli individui di avvalersene".
Ha poi sottolineato che solo le parti contraenti sono vincolate dalle convenzioni internazionali, e né l'OLP né l'Autorità Palestinese le hanno mai firmate.
Inoltre, conclude il tribunale, l'OLP si sbaglia sul testo, perché la Convenzione dell'Aia si applica in caso di bombardamento. E..." Gerusalemme non è stata bombardata".
La Corte ha concluso che l'OLP non può invocare nessuna di queste convenzioni internazionali.
Queste "norme convenzionali internazionali" non danno "al popolo palestinese, che l'OLP sostiene di rappresentare, il diritto di invocarle davanti a un tribunale".
La Corte d'appello ha quindi condannato l'AFPS (Association France Palestine Solidarité) e l'OLP a pagare 30.000 euro ad Alstom, 30.000 euro ad Alstom Transport e 30.000 euro a Veolia Transport.
Né l'OLP, né l'Autorità Palestinese, né l'AFPS hanno presentato ricorso alla Corte di Cassazione e la sentenza è diventata definitiva.
È la prima volta che un tribunale smonta legalmente le argomentazioni palestinesi a sostegno della tesi dell'occupazione illegale.