La proprietà distingue l'uomo libero e sovrano dallo schiavo

La proprietà distingue l'uomo libero e sovrano dallo schiavo

Messaggioda Berto » lun mar 22, 2021 8:19 am

Se l'assalto al diritto di proprietà arriva anche dal ministro della giustizia (ed ex presidente della Consulta) Cartabia

Andrea Venanzoni
22 Mar 2021

https://www.atlanticoquotidiano.it/quot ... -cartabia/

In “Dei delitti e delle pene”, Cesare Beccaria vergò una frase destinata a suscitare un ampio e acceso dibattito: “di quella infelice parte degli uomini a cui il diritto di proprietà (terribile, e forse non necessario diritto) non ha lasciato che una nuda esistenza”, scrisse il giurista milanese.

La frase, meno nota rispetto all’impianto proto-garantistico in senso carcerario dell’opera di Beccaria, più familiare e consono questo alla sensibilità dei penalisti, causò la severa perplessità di Jeremy Bentham che pure di Beccaria era un lettore e un estimatore.

Il filosofo inglese, giustamente, sottolineò la potenzialità eversiva dell’ordine sociale di una simile asserzione, la quale pur originando dalla polemica contro il giusnaturalismo finiva per incrinare la potenza quasi ierofanica di un diritto su cui si era basata, senza tema di smentite, la civilizzazione umana.

Una forza dirompente che non ha mancato di sottolineare Stefano Rodotà che sin dal titolo del suo noto studio sul diritto di proprietà ha ripreso la locuzione e la caratterizzazione “terribile” del diritto di proprietà, scandagliandone la presunta consistenza cedevole e friabile a fronte della sua “socializzazione”.

Eppure, di terribile la proprietà ha ormai solo una vaga, evanescente e infiacchita consistenza: la stessa Costituzione repubblicana, patto assiologico che pur innervato di sfumature liberali sembra atteggiarsi comunque come un insieme di disposizioni proteso contro il liberalismo puro, all’articolo 42 sdilinquisce il portato della funzione storica della proprietà come perno edificatore della civiltà, facendolo recedere a un diritto non solo limitabile, violabile, espropriabile, ma soprattutto innestabile in un complesso tendenzialmente pianificabile in funzione sociale e collettivistica.

Scompare del tutto la eco rivelatrice delle notazioni di Ludwig von Mises che nella proprietà vedeva il portato essenziale del farsi civiltà di un ordine sociale e dell’umanità stessa, si annebbia il suono delle massime di John Locke e della rivoluzione statunitense, e si affaccia all’orizzonte una ancillarità della proprietà rispetto un insieme, composito e multiforme certo, ma comunque votato alla “giustizia sociale” e alla redistribuzione, che sin da subito colora la proprietà di una caratterizzazione recessiva, secondaria, trascurabile quasi.

Non può stupire, dato il contesto, come in ogni crisi sociale, vera o presunta, il primo diritto sacrificato sia sempre e comunque la proprietà. D’altronde si tratta di un moto di faglia, complesso e dissonante che lungo la dorsale dei beni comuni, della funzionalizzazione sociale della proprietà privata, ha portato a ritenere che un immobile, un terreno, una industria, se non immediatamente messi a rendita e utilizzati possano essere “espropriati dalle forze che si agitano dal basso”, ovvero leggasi occupati manu militari da gruppi più o meno organizzati.

Viene chiamato “uso condiviso” della proprietà, “luogo del possibile”, “spazio aperto”, ma dietro la suadente retorica post-marxista si cela solo l’esproprio violento della proprietà altrui.

Non c’è nulla di sussidiarietà orizzontale, è un carnevale di espropri proletari guardati con un certo compiacimento da classi intellettuali e da una parte della politica sempre a caccia di nuovi elettori.

E se anche una raffinata e sensibile studiosa, ora ministro della giustizia, la professoressa Marta Cartabia, già presidente della Corte costituzionale, in audizione parlamentare sancisce la tendenziale sacrificabilità dei diritti dei proprietari a fronte delle ragioni degli inquilini morosi, con tanto di sentenza di sfratto, la strada sembra tracciata e il dado davvero tratto.

Perché, facendo leva sulla (presunta) asimmetria rispetto alle ragioni dei proprietari, se da un lato si inferisce la necessità di tutelare in maniera decisamente più forte gli inquilini considerati ontologicamente parte debole, dall’altro lato non si considera di contro mai, in sede di bilanciamento tra distinti diritti, una effettiva proporzionalità e un canone di ragionevolezza tra le distinte ragioni in gioco: in teoria, si afferma che si bilancerà il dramma sociale di chi “rischia di finire sul marciapiede, senza più una casa” con la “rendita” o il “profitto” dei proprietari, ma già ex ante si effettua un giudizio di valore nella ricerca semantica di termini che in re ipsa indicano una presa di posizione pregiudiziale e pregiudizievole.

Da un lato, la vittima da compatire e da risarcire della sua minorità sociale. Dall’altro, il fortunato profittatore.

Il blocco degli sfratti, che ormai si dipana stancamente da mesi e mesi e che sta logorando i proprietari degli immobili, fino ad assurgere all’estremo ontologico di una espropriazione tacita e silente, è un provvedimento che nel nome di un frainteso senso di giustizia sociale non mira tanto a tutelare gli inquilini o i soggetti deboli quanto a punire i proprietari, considerati comunque come dei profittatori o dei soggetti talmente ricchi da poter disporre di un secondo (o terzo, o quarto) immobile rispetto a quello di residenza.

La situazione è talmente paradossale che nonostante pronunce giudiziali di rilascio, nonostante molti inquilini pluri-morosi abbiano perso qualunque forma di diritto di stanzialità all’interno degli immobili da anni prima del deflagrare della pandemia, si afferma che le ragioni degli inquilini siano comunque prevalenti rispetto a tutte le altre. Naturalmente si tratta di una fallacia sia in termini empirici, sia in termini teorico-generali: dal primo punto di vista, basterebbe ripercorrere le spesso strazianti “Lettere dalle vittime del blocco sfratti” che meritoriamente Confedilizia va pubblicando da mesi, uno spaccato vivo e pulsante di proprietari che lungi dallo speculare riponevano la loro esistenza e la loro sussistenza negli affitti e in quegli immobili.

Questi individui, queste famiglie, cessano di meritare empatia, attenzione politica, conforto, perché sembrano situarsi lungo la direttrice sbagliata della considerazione istituzionale: sono comunque dei “privilegiati”, in quanto proprietari, e non importa quanto per loro essenziale sia percepire un affitto perché rimangono comunque, nella vulgata collettiva, la parte sbagliata.

Ripercorrendo le iniziative legislative e governative che hanno sedimentato la rendita di posizione di inquilini morosi ormai resisi occupanti ci si rende conto di quanto disvalore ammanti l’idea proprietaria.

E dal punto di vista teorico-generale, l’assalto alla logica e alla razionalità proprietaria è una discesa verso il baratro dell’assistenzialismo più inerte e grigio: perché solo in forza del diritto di proprietà, declinato nelle sue molteplici sfumature, possiamo avere in senso storico la fisionomia reale di un progresso sociale.

Lasciamo da parte, per un istante, l’ambito immobiliare. Caliamoci nel cuore della pandemia.

È il diritto di proprietà, sempre lui sì, a darci i vaccini, non la redistribuzione in funzione di giustizia sociale dei brevetti che se laddove malauguratamente vi fosse stata avrebbe paralizzato la ricerca medica e scientifica: immaginate il funzionario pubblico a smanettare coi vaccini, il “vaccino pubblico” slegato dal diritto di proprietà, e pensate a quello spirito bolso che permea le amministrazioni e che Teodoro Klitsche de la Grange ha icasticamente ed efficacemente definito “funzionarismo”.

Ma immaginate soprattutto una platea immane di “cittadini”, svuotati di senso politico, di arendtiana vita attiva, e ridotti a passivi sudditi sussidiati generosamente con bonus, mancette, redditi e soprattutto con abitazioni “espropriate” fattualmente ai loro legittimi proprietari: finirebbero appunto per cessare di potersi dire veri cittadini, preda di quella “mente servile” narrata da Kenneth Minogue, il quale nel capitolo “Il progetto di livellare il mondo” del suo volume “La mente servile – la vita morale nell’era della democrazia”, sottolinea la funzione culturalmente diseducativa della tassazione in mera funzione staticamente redistributiva, laddove la redistribuzione è larvatamente premiale per il proprio ceto di riferimento elettorale.

Similmente ad un utilizzo irrazionale della tassazione, l’annichilimento dei diritti dei proprietari diviene cardine servente per una feudalizzazione della società, allo scopo di costruire non più un progetto vivo e attivo quanto solo un insieme anodino, grigio, inerte di gruppi di elettori-sudditi a cui fornire denaro, servizi e case, il tutto a danno degli altri ceti.

L’attacco alla proprietà è prima di tutto un attacco ad un progetto evoluto di ordine sociale: è un incentivo alla degenerazione delle relazioni interpersonali, canto della miseria elevata a sistema (im)morale, un sistema che deve annegare nella palude, e verso il basso, chi cerca mediante inventiva, innovazione, spirito di azione, di elevarsi.

Una equa distribuzione della miseria, piuttosto che una ristrutturazione coerente del patto sociale, il trionfo di quel pernicioso “egoismo di gruppo” contro cui F. A. von Hayek aveva ampiamente avvertito nel suo “Il sistema politico di un popolo libero”.

E c’è poi un’ulteriore, cristallina deriva di questo sgretolamento dei diritti proprietari: come ricorda Murray N. Rothbard in “Per una nuova libertà”, il diritto dei proprietari si basa sulla valorizzazione dell’individuo e della sua libertà, mentre al contrario le forme variamente definite ed immaginate di giustizia sociale si basano su assiomi collettivistici di controllo capillare di un potere centrale esperito sugli individui stessi.

In questo senso la proprietà è a tutti gli effetti un paradigma di sviluppo e di libertà. Negarla, al contrario, è la strada, lastricata certo di belle parole e di buone intenzioni, che conduce all’inferno della tirannia.
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Messaggioda Berto » dom apr 11, 2021 7:46 pm

Papa: condividere proprietà non è comunismo, è cristianesimo allo stato puro
11 aprile 2021

https://www.repubblica.it/esteri/2021/0 ... 295951240/

Condividere la proprietà “non è comunismo, è cristianesimo allo stato puro”. Così Papa Francesco commentando questa mattina - durante la Messa celebrata nella Chiesa di Santo Spirito in Sassia in occasione della Festa della Divina Misericordia - il passo degli Atti degli Apostoli che racconta che “nessuno considerava sua proprietà quello che gli apparteneva, ma fra loro tutto era comune”. “I discepoli 'misericordiati' sono diventati misericordiosi”, spiega Bergoglio. Per loro "condividere i beni terreni è sembrato conseguenza naturale. Il testo dice poi che 'nessuno tra loro era bisognoso'".

Già nel novembre scorso il Papa aveva parlato della proprietà privata e del fatto che il suo diritto “non è intoccabile”. In una riflessione rivolta ai giudici di America e Africa che si occupano di diritti sociali aveva detto che occorre costruire una “nuova giustizia sociale partendo dal presupposto che la tradizione cristiana non ha mai riconosciuto come assoluto e intoccabile il diritto alla proprietà privata” e ne ha sempre invece sottolineato “la funzione sociale”. “Il diritto di proprietà – aveva detto - è un diritto naturale secondario derivato dal diritto che hanno tutti, nato dal destino universale dei beni creati”. E ancora: “Non c'è giustizia sociale che possa essere fondata sulla disuguaglianza, che implichi la concentrazione della ricchezza”.

Il pensiero del Papa in merito ha trovato un ulteriore approfondimento nell’Enciclica “Fratelli tutti”. Francesco ha richiamato il pensiero di Giovanni Crisostomo e di Gregorio Magno che sostengono il fatto che il sovvenire ai bisogni primari verso gli ultimi è “un restituire ciò che ad essi appartiene”. Citando Paolo VI e Giovanni Paolo II, Bergoglio ha affermato che “il diritto alla proprietà privata si può considerare solo come un diritto naturale secondario e derivato dal principio della destinazione universale dei beni creati, e ciò ha conseguenze molto concrete, che devono riflettersi sul funzionamento della società”.




Papa Wojtyla sulla proprietà privata:
https://www.facebook.com/gesuino.cardu/ ... 8739790056

"L’errore fondamentale del socialismo è di carattere antropologico.
Esso, infatti, considera il singolo uomo come un semplice elemento ed una molecola dell’organismo sociale, di modo che il bene dell’individuo viene del tutto subordinato al funzionamento del meccanismo economico-sociale, mentre ritiene, d’altro canto, che quel medesimo bene possa essere realizzato prescindendo dalla sua autonoma scelta, dalla sua unica ed esclusiva assunzione di responsabilità davanti al bene o al male.
L’uomo così è ridotto ad una serie di relazioni sociali, e scompare il concetto di persona come soggetto autonomo di decisione morale, il quale costruisce mediante tale decisione l’ordine sociale.
Da questa errata concezione della persona discendono la distorsione del diritto che definisce la sfera di esercizio della libertà, nonché l’opposizione alla proprietà privata.
L’uomo, infatti, privo di qualcosa che possa «dir suo» e della possibilità di guadagnarsi da vivere con la sua iniziativa, viene a dipendere dalla macchina sociale e da coloro che la controllano: il che gli rende molto più difficile riconoscere la sua dignità di persona ed inceppa il cammino per la costituzione di un’autentica comunità umana."
Dall'Enciclica del 1991 di papa Wojtyla.




SE NON È UN FURTO POCO CI MANCA
Niram Ferretti
11 aprile 2021

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

Eccolo tornare sulla proprietà privata, papa Francesco. Lo aveva già chiaramente esplicitato nel suo manifesto programamtico travestito da encliclica, "Fratelli Tutti".
Non si era spinto a dichiarare che essa è un furto, questo no, ma che il suo diritto non è "intoccabile", questo sì.
In che senso, in quali circostanze non lo sarebbe, non venne specificato, ma basta questa affermazione per creare una premessa che poi, ci si incaricherà di riempire fattivamente, quando e se sarà necessario.
Dunque il papa, durante la Messa in occasione della Festa della Divina Misericordia, commentando il passo degli Atti degli Apostoli in cui è scritto che nelle prime comunità cristiane "nessuno considerava una proprietà quello che gli apparteneva, ma fra loro tutto era comune", giunge alla conclusione che per il cristianesimo la proprietà privata non è un diritto fondamentale da salvaguardare. Essa sarebbe un diritto naturale secondario rispetto al "principio della destinazione universale dei beni creati".
Ma in cosa consisterebbe questa destinazione universale, e come implementarla? E le merci, che di fatto sono non beni creati, ma prodotti umani, in che senso andrebbero destinate universalmente?
Come si coniuga lo spirito del libero mercato, del lecito arricchimento individuale, dalla non intoccabilità della proprietà privata? E soprattutto, come coniugare queste parole con ciò che è scritto nella Gaudium et Spes, uno degli ultimi documenti conciliari, in cui è esplicitato (Capitolo III, punto 71) chiaramente quanto segue:
"La proprietà privata o un qualche potere sui beni esterni assicurano a ciascuno una zona indispensabile di autonomia personale e familiare e bisogna considerarli come un prolungamento della libertà umana. Infine, stimolando l'esercizio della responsabilità, essi costituiscono una delle condizioni delle libertà civili. Nonostante i fondi sociali, i diritti e i servizi garantiti dalla società, le forme di tale potere o di tale proprietà restano tuttavia una fonte non trascurabile di sicurezza".
La proprietà privata sarebbe secondo il documento conciliare, niente di meno che "un prolungamento della libertà umana". Come, dunque considerare, in questa prospettiva, la proprietà privata un diritto naturale secondario?, poiché, per un altro genere di proprietà, quella transitiva, sarà necessario considerare anche la libertà umana nella medesima ottica.
Solo che, se la libertà umana diventa un diritto naturale secondario, ciò può significare solo che, alla luce della destinazione universale dei beni creati (e non creati, come le merci), potrà essere cura di qualcuno prendersene cura, in modo da sottomettere la proprietà privata, prolungamento della libertà umana, a politiche di espropriazione e collettivizzazione dei beni.
Infatti, è già successo, in tutti i regimi comunisti.
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La proprietà distingue l'uomo libero e sovrano dallo schiavo

Messaggioda Berto » sab ott 23, 2021 1:56 am

Cosa succederà a Berlino dopo il referendum sugli espropri? Intervista a Werner Landwehr, ex di GLS Bank, la prima banca etica tedesca.
https://www.facebook.com/Pilpotis/posts ... 5254356:95

Gino Quarelo
Se espropriare è buona politica lo è anche, rubare, truffare, rapinare, estorcere, ricattare, schiavizzare, uccidere.


Berlino alla guerra degli espropri: cosa comporta il sì al referendum
Mauro Meggiolaro
11.10.2021
https://valori.it/berlino-referendum-es ... nseguenze/

Il 26 settembre scorso a Berlino non si è votato solo per le elezioni politiche. I berlinesi hanno inserito nelle urne ben cinque diverse schede elettorali. Una per le politiche, tre per le amministrative (rinnovo del consiglio regionale e dei consigli di quartiere di Berlino) e una per un referendum. Come in ogni referendum che si rispetti, il quesito era molto articolato.
L’intervista
Espropriare si può. Perché quella che arriva da Berlino è una lezione

Cosa succederà a Berlino dopo il referendum sugli espropri? Intervista a Werner Landwehr, ex di GLS Bank, la prima banca etica tedesca
Un referendum per contrastare gli effetti della speculazione immobiliare

In sostanza chiedeva però di esprimersi a favore o contro l’emanazione di una delibera della giunta, per preparare un disegno di legge regionale. La legge dovrebbe obbligare le grandi società immobiliari a cedere al comune-regione lo stock di alloggi che detengono in città. Un esproprio a tutti gli effetti, per mettere i cittadini al riparo da un caro-affitti spinto a livelli insostenibili dalla speculazione immobiliare.

Destinatari dell’esproprio sarebbero solo le società immobiliari private che detengono più di tremila appartamenti all’interno del comune. Il parco immobiliare espropriato sarebbe poi gestito da un’istituzione pubblica, con la partecipazione maggioritaria e democratica degli inquilini e il divieto di ri-privatizzazione. Ai privati sarebbe pagata una «compensazione significativamente al di sotto del valore di mercato».
Siete d’accordo con questo progetto di delibera? Risultati del Referendum “Espropriare Deutsche Wohnen & Co” 2021, Berlino © Comune-regione di Berlino
I “sì” a Berlino hanno vinto con il 56,4% dei voti

Il provvedimento richiesto ha il sapore antico dell’utopia collettivista. Ma in una città esasperata dalla speculazione è stato visto come una forma estrema di difesa. E ha ottenuto un convinto “Ja” da 1.034.709 votanti, pari al 56,4% del totale.
Le società immobiliari che potrebbero essere interessate dagli espropri. Classifica per numero di unità abitative possedute © Tagesspiegel su dati della giunta di Berlino (Senat), Aprile 2019

L’iniziativa “Deutsche Wohnen & Co enteignen” (espropriare “Deutsche Wohnen & Co”) è stata lanciata come provocazione nel 2019. In tempi record ha ottenuto il via libera dalla giunta regionale e ha raccolto quasi 360mila firme entro la scadenza del 25 giugno 2021. Abbondantemente sopra le circa 172.000 richieste per un referendum.

Ora il dado è tratto. Formalmente il referendum ha solo un valore consultivo ma il significato politico è fortissimo. I partiti della nuova giunta, che molto probabilmente saranno gli stessi di quella precedente (SPD, Verdi e Linke), dovranno dare risposte convincenti.
Grandi società immobiliari espropriate?

Intanto, le società interessate da un possibile esproprio sono entrate in una sorta di limbo in attesa di decisioni politiche che non si preannunciano imminenti. La più grande è la tedesca Deutsche Wohnen, con circa 111.500 appartamenti, che ha dato il nome all’iniziativa referendaria. A seguire c’è un’altra società tedesca, Vonovia, con 44mila appartamenti, che il 4 ottobre ha però ufficializzato la fusione per acquisizione con la stessa Deutsche Wohnen. Poi ci sono la francese Covivio, la svedese Akelius e la tedesca TAG Immobilien.

Indipendentemente dalle future decisioni della giunta regionale, il risultato del referendum è un avvertimento agli investitori istituzionali che si stanno buttando sul settore immobiliare residenziale. Un settore che, come ha scritto l’Economist, offre un rendimento relativamente alto e una copertura contro l’inflazione. Ed è stato risparmiato dall’impatto delle chiusure di uffici e negozi dovute alla pandemia.
Speculazioni
A Parigi si vive in 22 metri quadrati. In 20 anni, +248% i prezzi delle case

La capitale francese al centro di una gigantesca bolla immobiliare, nonostante la crisi finanziaria globale: ormai la classe media fugge dalla città

L’accessibilità degli alloggi per i cittadini ha però un’alta sensibilità politica. A Berlino gli affitti sono quasi raddoppiati in un decennio. In tutta Europa il loro aumento ha superato quello dei salari.
Anche la finanza sotto tiro

I riflettori non sono accesi solo sulle compagnie immobiliari ma anche sui big della finanza, che stanno entrando a gamba tesa, comprando direttamente complessi residenziali sul mercato. I soliti BlackRock e JPMorgan Chase, oppure il gigante del private-equity KKR, che sta creando una nuova divisione immobiliare negli Stati Uniti.

Per tutti questi attori l’edilizia residenziale «rimarrà allettante dal punto di vista dei profitti», sostiene l’Economist, «ma più rischiosa dal punto di vista normativo».

Se, come sembra probabile, la nuova giunta di Berlino preparerà la legge sull’esproprio e il consiglio comunale la approverà, le imprese immobiliari interessate faranno ricorso e probabilmente avranno la meglio di fronte alla Corte costituzionale federale, che in aprile ha dichiarato illegale il precedente esperimento di Berlino sul controllo degli affitti. Ma il caso potrebbe trascinarsi per mesi. Scoraggiando nuovi investimenti e tenendo alla larga nuovi speculatori.




Espropriare si può. Perché quella che arriva da Berlino è una lezione
Mauro Meggiolaro
11.10.2021
https://valori.it/intervista-werner-lan ... e-berlino/

Come risponderà la nuova giunta cittadina di Berlino al risultato eclatante del referendum sull’esproprio? E cosa si sta già facendo in città per frenare la speculazione e garantire il diritto alla casa a tutti i cittadini? L’abbiamo chiesto a Werner Landwehr, ex direttore della filiale di Berlino di GLS Bank, la prima banca etica tedesca, e ora consigliere di amministrazione di DIESE eG. Una cooperativa che sta aiutando il comune a ricomprare gli immobili dai privati. Con il sostegno della finanza etica.

Werner, cosa sta succedendo a Berlino?

Tutto il tema della speculazione immobiliare ha ricevuto più attualità e urgenza dopo il referendum. A questo si aggiunga che la fusione tra Vonovia e Deutsche Wohnen, i due maggiori proprietari immobiliari della città, ormai è cosa fatta. Poi c’è la quinta società, la svedese Akelius, che venderà 14mila appartamenti a Vonovia. Akelius è una società molto discussa perché è un classico investitore che specula sugli immobili: compra, risana, fraziona e poi rivende cercando di ottenere il massimo profitto, trattando gli immobili come una merce. Ma loro la chiamano “ottimizzazione”.
Speculazioni
Berlino alla guerra degli espropri: cosa comporta il sì al referendum

Le possibile conseguenze del sì allo storico referendum sugli espropri degli appartamenti delle grandi società immobiliari a Berlino

Come può difendersi la città?

Negli ultimi anni è stata creata una serie di “Milieuschutzgebiete” (zone di tutela sociale), come questo di Boxhagener Platz, in cui ci troviamo ora. In queste aree il frazionamento dei complessi immobiliari per la vendita è più difficile. Un proprietario deve aspettare sette anni per ottenerlo. O, in alternativa, vendere un complesso immobiliare in blocco. I “Milieuschutzgebiete” hanno reso i frazionamenti praticamente impossibili. Quindi si vende in blocco e si tengono dentro gli inquilini.

«La nuova sindaca, Franziska Giffey, non è particolarmente incline all’esproprio»

Quali conseguenze avrà il referendum?

La situazione è molto nebulosa. La nuova sindaca, Franziska Giffey, è più conservatrice del precedente sindaco, Michael Müller. Giffey non ha una buona opinione dell’esproprio e nemmeno degli acquisti di appartamenti in mano ai privati da parte del comune. Preferisce che siano costruite nuove case. Però il suo partito (i socialdemocratici della SPD, ndr) pensa, in maggioranza, che si debba fare qualcosa per rispondere al referendum. Se ci sarà, come immagino, una coalizione rosso-rosso-verde (SPD, Linke e Verdi, ndr), l’opzione dell’esproprio potrebbe funzionare.
Werner Landwehr (primo da sinistra) incontra gli inquilini di una casa minacciata di sgombero

Ecco, come potrebbe funzionare l’esproprio in termini finanziari? Chi ci mette i soldi?

Bisogna farlo attraverso una società controllata dal comune che sia però fuori dal bilancio comunale. Nel comune di Berlino ci sono già altri progetti per la ripubblicizzazione di servizi pubblici che sono finiti ai privati. Come per esempio l’energia elettrica, oggi controllata in gran parte dalla svedese Vattenfall. C’è già un via libera notarile, manca la proposta economica da parte del comune. Alla fine, anche in questo caso, basterebbe creare un veicolo fuori bilancio, che si indebita con obbligazioni emesse sul mercato e onora il debito con le bollette o, nel caso degli immobili espropriati, con il flusso degli affitti. Con tassi di mercato così bassi è fattibilissimo e il comune è un emittente solido, quindi i titoli andrebbero a ruba.

Questo in teoria. Ma in pratica?

Ti cito l’esempio della Karl-Marx-Allee, nella parte est di Berlino. Lì con 700 milioni di euro il comune ha ricomprato mille appartamenti da Deutsche Wohnen. Si è indebitato con un bond, emesso da una società comunale, che l’ha messo sul mercato ed è stato sottoscritto interamente nel giro di pochissimo tempo. Gli interessi dell’obbligazione saranno pagati con gli affitti.

Ma un esproprio è fattibile dal punto di vista legale?

C’è chiaramente uno scoglio giuridico da superare. Siamo in un sistema capitalistico, ancorato alla proprietà privata. L’esproprio è reso possibile dalla costituzione tedesca ma solo in casi particolari. Quindi ci saranno sicuramente delle guerre giudiziarie. E questi scontri potrebbero alla fine scoraggiare gli speculatori. Alla fine potrebbero lasciare lo stesso il campo, prima ancora di essere espropriati, perché semplicemente Berlino diventa una piazza complicata e non più interessante.

«A Vienna il comune possiede ad oggi 220mila appartamenti»

Spesso si porta l’esempio di Vienna. Berlino non poteva fare come Vienna?

A Vienna il comune possedeva migliaia di appartamenti e se li è tenuti. Oggi è il più grande proprietario immobiliare della città, con 220mila appartamenti. L’errore a Berlino è stato fatto 20 anni fa, dalla SPD. Allora c’era Thilo Sarrazin come ministro delle finanze regionale. Per fare cassa il comune ha venduto migliaia di appartamenti pubblici a società private quando i prezzi erano molto bassi. Ora cerca di ricomprarne alcuni a prezzi altissimi. A Vienna, invece, hanno prevenuto questo problema, perché gli appartamenti pubblici se li sono tenuti.

Quindi, se non funzionerà l’esproprio, si potrà comunque continuare con il riacquisto degli appartamenti?

Sì, in particolare nei Milieuschutzgebiete dove il comune ha un diritto di prelazione in caso di vendita di immobili. Può comprare gli appartamenti con società comunali. Sempre che il prezzo si possa pagare, cioè si possa rimborsare il debito con le entrate dagli affitti. Il problema dei riacquisti è proprio questo.
Cosa succederà a Berlino dopo il referendum sugli espropri? Intervista a Werner Landwehr, ex di GLS Bank, la prima banca etica tedesca
Florian Schmidt (Verdi), consigliere distrettuale per Edilizia, pianificazione e gestione delle strutture del quartiere Friedrichshain-Kreuzberg © Stefan Müller/Wikimedia Commons

Basta chiedere affitti più alti, rispondono i teorici del libero mercato…

Dal punto di vista legale in realtà no, perché gli affitti non devono essere più alti del 15% del “Mietspiegel” e cioè della media dei prezzi in un determinato quartiere. Perché è in vigore la “Mietpreisbremse”, la legge che frena l’aumento degli affitti. Anche se quasi nessuno la rispetta e il comune ha pochissimo personale per fare i controlli. Inoltre non c’è un registro degli affitti e non c’è un sistema sanzionatorio che funzioni. Questo però è il sistema con cui al momento dobbiamo fare i conti.

Quindi le compagnie immobiliari non si ripagano gli investimenti con gli affitti?

No, alla fine le grandi società immobiliari private, con questi prezzi possono guadagnare solo speculando. Solo trattando gli appartamenti come merce, che si compra a un prezzo e si rivende a un prezzo molto più alto, passando il cerino allo speculatore successivo. Perché nemmeno gli speculatori riescono a guadagnare con gli affitti in questo quadro legislativo.

Prova a farci un esempio…

Fino a pochi anni fa il prezzo di un complesso immobiliare residenziale era circa 17 volte gli introiti degli affitti di tutte le unità immobiliari per un anno. Quindi se ti indebitavi per comprarlo, in 17 anni potevi ripagare il capitale e successivamente gli interessi. Ora siamo arrivati a 30 volte, solo per ripagare il capitale! Nessuno quindi a Berlino compra oggi per guadagnare con gli affitti perché ci metterebbe 30 anni solo per ripagare il capitale. Ormai si compra solo per guadagnare rivendendo a un prezzo più alto. E questo è disastroso per i cittadini.

A Monaco però si sarebbe aperto uno spiraglio…

Da Monaco arriva un barlume di speranza, perché recentemente, in un caso giudiziario, si è deciso che i prezzi di vendita dei privati erano troppo alti e non potevano essere sostenibili comprando a debito e ripagando l’investimento con il flusso degli affitti. Alla fine si tratta di un lavoro di continuo sfiancamento. Se non riesci a mettere a KO gli speculatori cerchi di sfiancarli.

Deutsche Wohnen e Vonovia hanno offerto a prezzi relativamente convenienti 20mila appartamenti al comune di Berlino…

È un gesto simbolico, a mio parere, per essere lasciati in pace. In realtà si tratta di una polpetta avvelenata. Perché sono di appartamenti con cui Deutsche Wohnen aveva comunque problemi. Non si tratta certo della crema del loro stock immobiliare.

«Dalle società Deutsche Wohnen e Vonovia una polpetta avvelenata»

Dopo anni alla GLS Bank ora sei nel CdA di DIESE eG. Che ruolo ha DIESE?

Diese eG è una cooperativa creata nel 2019 perché il comune doveva comprare 15 complessi immobiliari residenziali e le cooperative comunali non ce la facevano. Florian Schmidt, il consigliere distrettuale dei Verdi del quartiere di Friedrichshain-Kreuzberg, mi disse che aveva bisogno di una cooperativa per ripubblicizzare degli immobili. E io gli risposi: «Beh, allora fondiamola».
A Berlino si è cercato di frenare con un referendum la speculazione immobiliare © Daniela Baumann/iStockPhoto

E quindi vi siete messi al lavoro…

Sì, e non è stata una passeggiata. Per fondare una cooperativa hai bisogno di almeno tre mesi, tra statuto, atti, ecc. Troppo tempo in caso di acquisto con diritto di prelazione. Lì , dopo che il notaio ha dato il via libera alla prelazione, hai solo 60 giorni di tempo per comprare. Alla fine abbiamo rilevato una cooperativa di un altro quartiere, che aveva il progetto di risanare una piscina pubblica ma non ce l’ha fatta. E abbiamo rilevato le quote dei due soci, a 200 euro l’una, abbiamo cambiato il nome e l’abbiamo chiamata Diese eG, che vuol dire “questa cooperativa”.

Perché un nome del genere?

Perché con Schmidt dicevamo sempre: “questa cooperativa dovrebbe fare questo e quello”. Alla fine abbiamo detto: perché semplicemente non chiamiamo la cooperativa “questa cooperativa”? E così abbiamo fatto.

Quanti palazzi avete comprato dai privati con la cooperativa?

Dei 15 previsti ne abbiamo rilevati 7, per un totale di 45 milioni di euro. Il primo palazzo, sulla Boxhagener Str. 32, l’abbiamo preso nel settembre del 2019 per 6 milioni di euro. Il finanziamento ce l’ha fornito la GLS Bank (prima banca etica tedesca, ndr). È stato solo un anticipo, perché poi, nel marzo del 2020 è subentrata la banca pubblica della regione di Berlino, la IBB (Investitionsbank Berlin) e si è accollata il finanziamento per il 90% del totale, con un tasso dell’1,3%. La GLS Bank non avrebbe potuto offrire tassi così concorrenziali ma almeno è servita per far partire il processo, perché la banca pubblica del comune di Berlino ci ha messo sei mesi prima di concludere l’istruzione della pratica. E non potevamo aspettare tutto quel tempo.
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Che risultati avete ottenuto con questi acquisti?

Beh, siamo riusciti a tenere dentro gli inquilini, che di questi tempi a Berlino non è poco. In alcuni casi abbiamo chiesto se fossero disponibili a pagare di più per l’affitto, visto che avevano ancora vecchi contratti fermi a 4 euro per metro quadrato (400 euro al mese al lordo delle spese per 100 metri quadrati, ndr). Nella Forster Str., vicino a Görlitzer Park, a Kreuzberg, gli inquilini, in cambio della garanzia che il loro appartamento non sarebbe finito nelle mani degli speculatori, hanno deciso volontariamente di farsi aumentare l’affitto a 6,50 euro al metro invece degli originari 4 euro.

A tutti gli inquilini dei 7 palazzi abbiamo anche chiesto di diventare soci di DIESE eG con almeno 500 euro per metro quadrato (50mila euro per 100 metri quadrati).

Perché avete chiesto agli inquilini di diventare soci della cooperativa?

Perché per avere il credito dalla banca regionale IBB dovevamo avere comunque il 10% di capitale. E l’abbiamo raccolto dagli inquilini. Così, con il pagamento della quota sociale, in media gli affitti sono passati da 6 a 8,50 euro al mese per metro quadro. Quindi 850 euro per 100 metri quadrati, che è comunque molto poco rispetto ai prezzi che si vedono oggi (1.800 – 2.000 euro per 100 metri quadrati nel quartiere di cui si parla nell’intervista, ndr). E alla fine sono soldi che, se si trasloca, vengono restituiti. E’ come avere un libretto di risparmio senza interessi. Gli inquilini, per comprare le quote della cooperativa, hanno avuto accesso a un credito agevolato, al tasso dell’1%, presso la banca pubblica KfW.

Che vantaggio hanno i coinquilini?

In questo modo ora sono sicuri che non saranno cacciati. Anche l’amministrazione di condominio la gestiamo noi, con la cooperativa DIESE eG, perché vogliamo rimanere in contatto con le persone.

La GLS Bank sarà ancora impegnata in progetti del genere?

La GLS Bank si prepara ora a comprare nuovi palazzi, tramite DIESE eG, con il subentro, dopo qualche mese, della banca regionale IBB. È un modello che funziona. Con cui la finanza etica può dare il suo contributo contro la speculazione selvaggia. Ora però aspettiamo che si dissolva la nebbia politica in cui ci troviamo.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Berto
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La proprietà distingue l'uomo libero e sovrano dallo schiavo

Messaggioda Berto » sab ott 23, 2021 1:57 am

"La proprietà privata è un danno" dice il demente internazi comunista Landini.


Maurizio Landini, le ultime sparate: "La proprietà privata è un danno". Mentre gli stupri subìti dalle donne...
Francesco Specchia
21 ottobre 2021

https://www.liberoquotidiano.it/news/pe ... lista.html

Se, come diceva Freud, abolendo la proprietà privata si tolgono all'uomo le pulsioni aggressive, non si capisce perché il proletario francescano Maurizio Landini sia sempre, in pubblico, così incazzato. Anzi. Se, come ribadiva Freud, l'ossessione dell'uomo è il sesso, l'ossessione di Landini è, marxianamente, la proprietà privata stessa. Il suo personale Monte di Venere. Anche ora che, smessa la tutona Fiom, gira in giacca e cravatta con autista, Landini ha sempre la "proprietà"che gli ingolfa i pensieri e batte, per riemergere, dalla corteccia cerebrale. Al punto che, l'altro giorno, dal palco della manifestazione unitaria in piazza San Giovanni, il segretario della Cgil s'è prodotto in inedito riflesso pavloviano: è riuscito ad associare la violenza sessuale contro le donne al concetto di proprietà privata. Giuro.
Se sono gli anarchici ad assaltare la Cgil la sinistra tace. La vergogna nascosta di Milano, nel silenzio generale

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IL SALTO
La sua frase esatta è: «Dobbiamo fare un salto culturale. In particolare noi uomini, perché questo è il Paese delle differenze che aumentano tra uomini e donne, ma questo è il Paese in cui anche durante la pandemia, sono aumentate le violenze contro le donne, e la vogliamo dire in italiano, senza girarci intorno: la violenza contro le donne la fanno gli uomini, e se ci pensate qui c'è un punto fondamentale. Quando un uomo arriva a fare una violenza contro una donna, nella sua testa malata, ha l'idea di essere lui proprietario della vita di un'altra persona. Provate a pensare che danni può creare l'idea della proprietà privata: le persone non sono proprietà di nessuno». La frase, lì per lì, s'è persa nella nuvolaglia di parole che il sindacalista è in grado di produrre a getto continuo ai raduni oceanici col pugno alzato. Stavolta però il suo intervento è andato a loop su Twitter. Non tanto la parte sul paragone con la donna (gli si può dare tranquillamente ragione, le persone non sono proprietà di nessuno), quanto la frase sui "danni" prodotti dalla proprietà privata, che, in quel contesto, c'entrava come i cavoli a merenda.

E lì molti - anche fra i compagni e le donne, e le donne compagne - vedendolo con gli occhi spiritati e le vena gonfia sul collo sotto la grisaglia, dopo gli applausi, hanno richiesto di «portarlo dall'esorcista»; raccomandandosi che prima, però, il segretario della Cgil devolvesse «la sua Audi A6 in beneficienza». Ora, ripeto, quello di Landini è un automatismo. Non è colpa sua, è il vecchio istinto da falce e martello. Sin da quando era apprendista saldatore, appena sente, legge o vede "proprietà privata" - dai libri di Adam Smith ai cartelli attaccati ai cancelli sotto i divieti di sosta- Landini va quasi in trance, si irrigidisce e gli torna su tutto Marx: la proprietà privata è un furto, la sua abolizione è l'essenza del comunismo, «nella vostra società attuale, la proprietà privata è abolita per nove decimi dei suoi membri. Ed è precisamente perché essa non esiste per nove decimi, che esiste per voi». Eccetera eccetera. Mesi fa, a Roma, mandò addirittura una lettera ferocissima a sindacalisti rappresentanti di "associazioni, reti, movimenti e personalità" in cui ruggiva che «la politica non è proprietà privata!»; che fa il paio con espressioni pittoresche tipo «il denaro è lo sterco del diavolo» e robe del genere. Poi, certo, Landini si rassetta. Ma ogni tanto qualche cazzatella gli scappa. Sicché, nel giro di poche ore, oltre ai pensieri, gli s' è ingolfato Twitter.

Dove utenti di varia estrazione si sono lanciati in commenti variegati dal pedagogico all'artistico. Cose tipo: «Che diamine di ragionamento è??? Cosa c'entra la proprietà privata coi femminicidi? Cosaaa???»; «Il problema qui secondo Landini non è la donna che subisce violenza (a lui frega poco o nulla), ma la proprietà privata, parto malato della storia secondo sto troglodita»; «quando uno stato arriva a fare violenza ai suoi cittadini, imponendo trattamenti sanitari, ha l'idea di essere lui proprietario della vita delle persone. Provate a pensare che danni può creare l'idea della negazione della proprietà privata»; «si chiama fallacia di "induzione indebita" si dà per scontato che chi è proprietario di beni, consideri le persone alla stregua di oggetti dei quali si può essere proprietari. Nessun nesso logico ma un'enorme cazzata detta da un enorme cazzaro»; «meglio che anche le donne siano di proprietà pubblica?... e le assegniamo con bandi Ue o a licitazione privata, con decreto dirigenziale potestativo?»; Ma cosa fuma o quanto beve..uno che parla cosi? Ma,soprattutto, come cacchio fa a ricoprire una carica apicale nel sistema italiano». E così via, in un crescendo irresistibile di cazziatoni, più di quelli che Landini subiva dal caporeparto quand'era alla macchina fresatrice.

IL PAPA
Ora, Landini in questa sua ossessione ha, casualmente, gioco facile nel citare un recente Papa Francesco sul diritto alla proprietà privata "non intoccabile", pure se sarebbe curioso sapere cosa ne pensano all'Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica. Però Landini non è il Papa, vive in uno stato laico. Uno stato sorretto da una Costituzione che, al II° comma dell'art.42 recita: «la proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti». Ora, non occorre essere liberisti per affermare che la proprietà privata sia uno slancio del vivere, la luce nel grigio omologante delle società comuniste. Basta non abusarne. Sia detto senza offesa. Caro Landini, vada oltre l'ideologia, e la prossima volta faccia parcheggiare l'Audi lontano dal palco (proprietà privata del sindacato)...


"I femminicidi? Colpa della proprietà privata". La frase choc di Landini
Daniele Dell'Orco
21 Ottobre 2021

https://www.ilgiornale.it/news/politica ... 83733.html

Nel suo comizio durante la manifestazione indetta a Roma per combattere un ritorno del fascismo che non esiste, il segretario della Cgil ha rispolverato il mantra dei marxisti: l'esproprio proletario
"I femminicidi? Colpa della proprietà privata". La frase choc di Landini

Un po' di sana Unione Sovietica per risolvere la piaga dei femminicidi. Sarebbe questa la ricetta del segretario della Cgil, Maurizio Landini, a giudicare dall'apologia del comunismo inscenata durante la manifestazione di piazza del 16 ottobre.

E pensare che l'iniziativa era nata per alzare la voce "contro il ritorno del fascismo", quello di cui sarebbe rimasta vittima la sede romana del sindacato assaltata durante la marcia dei no-green pass capitanati da Forza Nuova (e agevolati non poco dall'immobilismo del Ministro Lamorgese). La piazza di Landini tuttavia si è trasformata nella parata del nostalgismo marxista-leninista.

Ma oltre alle bandiere dell'Unione Sovietica, agli auspici di vedere Salvini e Meloni appesi a Piazzale Loreto, ai pugni chiusi e ai Bella Ciao, Landini ha calato l'asso, soffiando sul fuoco del più grande sogno di ogni comunista che si rispetti: abolire la proprietà privata. Con una "scusa" davvero fantasiosa: combattere i femminicidi.

Nel suo intervento Landini dice: "Quando un uomo arriva a fare una violenza contro una donna, nella sua testa malata, ha l’idea di essere lui proprietario della vita di un’altra persona. Provate a pensare che danni può creare l’idea della proprietà privata". Insomma, gesti immondi come picchiare, perseguitare, discriminare o addirittura uccidere una donna avrebbero il capitalismo come matrice ideologica e antopologica.

Ne pensano davvero una più del Diavolo, questi comunisti. Peccato che oltre ad essere assurda nella sostanza, la teoria di Landini è anche controintuitiva nella forma. Perché se non ci fosse del tragico, sarebbe da farsi una risata sul paradosso di scendere in piazza per difendere i valori della Costituzione calpestando l'art.42 della Costituzione, quello che sancisce, appunto, la proprietà privata. O su quello di rimproverare al centrodestra l'assenza in una piazza "a difesa della democrazia" ma inneggiare al Socialismo Sovietico. O su quello di esporre strampalate teorie su capitalismo e femminicidi mentre i lavoratori continuano a morire dopo aver timbrato il cartellino senza che il sindacato riesca ad incidere (ben 772 morti bianche da gennaio ad agosto 2021, con una media di 3,2 tragedie quotidiane).

Forse le stranezze di Landini e gli elogi alla cara, vecchia, "democratica" dottrina di Marx uno scopo ce l'hanno: quello di convincere i comunisti "veri" che la CGIL non sia davvero un organo "di Palazzo", nemico di quei lavoratori che intenderebbe difendere (e che da ormai 10 anni stanno fuggendo a gambe levate, con mezzo milione di tessere perse). Perché se le violenze contro la sede capitolina del sindacato hanno scatenato una (giustamente) corposa eco mediatica, ben più sottotraccia sono passati gli insulti e le contestazioni che Cobas, Potere al Popolo, Partito comunista e Rifondazione (insomma, comunisti col doppio pugno alla Mario Brega) hanno riservato proprio ai "colleghi" della Cgil di Milano il giorno dopo l'assalto di Roma.

Confuso da questi inaspettati 15 minuti di gloria dopo anni di declino inesorabile della sua sigla sindacale, insomma, Landini ha fatto ricorso al grande classico della retorica comunista: inventare.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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