Spiritualità e religiosità non sono la stessa cosa

Spiritualità e religiosità non sono la stessa cosa

Messaggioda Berto » sab gen 07, 2017 2:50 pm

Spiritualità e religiosità non sono la stessa cosa
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Spiritualità e religione non sono la stessa cosa

https://it.wikipedia.org/wiki/Spiritualit%C3%A0

La spiritualità, termine che riguarda, a grandi linee, tutto ciò che ha a che fare con lo spirito, ha svariate accezioni ed interpretazioni. Il suo significato più semplice è il concetto che oltre alla materia tangibile esista un livello spirituale di esistenza, dal quale la materia tragga vita, intelligenza o almeno lo scopo di esistere; tuttavia può arrivare ad includere la fede in poteri soprannaturali (come nella religione), ma sempre con l'accento posto sul valore personale dell'esperienza. L'attribuzione di spiritualità a una persona non implica necessariamente che quella persona pratichi una religione o creda, in generale, all'esistenza dello spirito; in questo caso la spiritualità è vista piuttosto un "modo d'essere" che evidenzi scarso attaccamento alla materialità.

Spesso i termini "religione" e "spiritualità" vengono trattati come sinonimi, il che è alquanto impreciso, dato che anche alcuni non credenti rivendicano una propria dimensione spirituale. Peraltro bisogna anche dire che molti altri atei e agnostici respingono proprio l'uso di questo termine perché deriva pur sempre da "spirito", nell'accezione sua propria di "immateriale", "superiore alla materia" etc.

Entrambi i termini si riferiscono alla ricerca dell'Assoluto o di Dio (o con qualsiasi altro nome Lo si voglia chiamare): si può dire che la differenza fondamentale consista nel fatto che la religione indichi un tipo di ricerca esteriore, formale, mentre per spiritualità si intende la ricerca di Dio all'interno di sé. Questo comporta che la spiritualità assuma, rispetto alla religione, alcune connotazioni tipiche: la fede assume un carattere più personale e meno dogmatico, più aperto alla sperimentazione e basato sull'esperienza personale.


Idolatria e spiritualità naturale e universale
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Re: Spirtoałetà e rełijoxetà no łe xe ła mema roba

Messaggioda Berto » sab gen 07, 2017 2:53 pm

???

Quel senso del sacro perduto che danneggia noi e l'islam - Quando gli estremisti saranno sconfitti tornerà il dialogo
Francesco Alberoni - Dom, 27/11/2016

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 36208.html

Fino a pochi decenni fa la classe intellettuale europea era convinta che la religione fosse in rapido declino, forse in via di estinzione.

Molti partecipavano alle cerimonie funebri, qualche volta ai battesimi, ma nella vita personale avevano abbandonato la frequentazione della chiesa, l'abitudine di pregare e non insegnavano i principi religiosi ai loro figli. Mai e poi mai avrebbero pensato di dover fronteggiare una rinascita religiosa impressionante come quella del mondo islamico a causa del proprio ateismo.

L'intellettuale occidentale non riusciva nemmeno a capire la distanza che c'era fra la sua mentalità e la loro. Perché nell'islam la religione permea ogni istante della vita di qualsiasi credente. Basta pensare che per il musulmano ortodosso anche il muoversi di una foglia, lo stormire del vento, il battito del suo cuore, e perfino il suo più fugace pensiero sono voluti e creati da Dio. In realtà le èlite culturali europee nel secolo scorso si erano avvicinate all'islam nella forma del sufismo che dava poca importanza alla legge (sharia) e parlava alla mistica e al cuore. È dal mondo sufi infatti che ci sono arrivati sublimi capolavori come il Masnavi.

Ma in questi ultimi decenni gli europei non hanno incontrato i sufi, ma gli islamisti, un movimento integralista che negli ultimi trent'anni ha dilagato in Asia ed in Africa e che pratica una forma di islam scritturalista con una sharia primitiva e sanguinaria. Esso ha scatenato una guerra di religione contro l'occidente che continua in Irak, in Siria e in Africa. Ma forse sta incominciando una nuova fase storica. Grazie alla pace fra gli Usa e la Russia l'occidente, finalmente unito, può sconfiggere l'islamismo armato, frenare la marea migratoria nordafricana e indebolire i centri wahabiti annidati nelle moschee. Se la minaccia islamista verrà respinta, diventerà di nuovo possibile il dialogo con le correnti islamiche moderate. Ed io mi auguro che un giorno in Europa si possa rinnovare l'incontro culturale con le grandi correnti della poesia islamica e riscoprire il senso della trascendenza e del mistero divino che entrambi abbiamo perduto.


Alberoni non sa nemmeno cosa sia e sia stato l'islam. Confonde la spiritualità con la religione e mette Cristo il santo sullo stesso piano di Maometto il criminale.
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Re: Spirtoałetà e rełijoxetà no łe xe ła mema roba

Messaggioda Berto » sab gen 07, 2017 2:54 pm

Spiritualità e religiosità

https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 4894499201

Non si confonda la spiritualità con la religiosità e le religioni con i loro culti e le loro credenze e fedi: si può essere spirituali senza essere religiosi e si può essere religiosi senza spiritualità; la spiritualità non è monopolio di alcuna religione o delle religioni, di qualche libro o di qualche uomo detto profeta a cui D-o si sarebbe rivelato; e allo stesso modo non si confonda D-o con gli idoli delle varie religioni che hanno l'assurda pretesa di essere D-o, poiché nessuna interpretazione umana del divino e nessuna particolare rivelazione è D-o.
La spiritualità è data per natura, è connaturata alla vita, al creato e a tutti gli esseri viventi e non, e non è un portato di qualche persona invasata o toccata da D-o chiamata profeta; D-o creatore di tutte le cose del Creato non ha bisogno di nessuno per essere presso gli uomini poiché egli è da sempre in ogni cosa, in ogni luogo e in ogni creatura. Quindi colui o coloro che vanno per il mondo a raccontare che il loro idolo è D-o sono soltanto dei bugiardi idolatri e se il loro racconto è accompagnato dalla violenza per renderlo vero e costringere gli altri ad accettarlo per vero è un crimine contro l'umanità e una bestemmia contro D-o. Costoro non sono uomini spirituali ma dei semplici criminali che coprono i loro crimini con una religiosità che nulla ha di spirituale.


Il sacro è un muro che separa più che un ponte che unisce.
Il sacro inteso come nascosto, separato, recintato, interdetto, ... forse attiente più alle religioni che alla spiritualità naturale.
La spiritualità delle religioni è una spiritualità manipolata dall'ideologia, dalla teologia, dai dogma, dalla parola presuntuosa e superba ... che allontana da D-o più che avvicinare l'uomo all'universalità divina.

Immagine
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Re: Spirtoałetà e rełijoxetà no łe xe ła mema roba

Messaggioda Berto » sab gen 07, 2017 2:56 pm

Idolatria e spiritualità naturale e universale
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False credenze, gli abusivi e li usurpatori di Dio
viewtopic.php?f=24&t=1780

Miracołi veri e falbi
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Fetiço (feticcio) o fatiço/fatiso (artefato, falso, falbo)
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El tenpio o ła caxa de ła lebartà e de ła no credensa, de ła raxon e del spirto ogniversal, dedegà a Ipasia, a Bruno Jordan, Jrołamo Savonaroła, Arnaldo da Brèsa, a Oriana Fallaci, a łi apostati e a tuti łi raxianti/ereteghi (tra cu Cristo, no dexmenteghemose ke anca Cristo el jera n'eretego, n'ebreo raxiante):
viewtopic.php?f=24&t=1383

Per una carta universale dei diritti religiosi e spirituali
viewtopic.php?f=24&t=1788

Dio nol pol esar altro ke al de là de ogni mistero
viewtopic.php?f=24&t=1940
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Re: Spirtoałetà e rełijoxetà no łe xe ła mema roba

Messaggioda Berto » sab gen 07, 2017 2:57 pm

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Re: Spirtoałetà e rełijoxetà no łe xe ła mema roba

Messaggioda Berto » sab gen 07, 2017 3:40 pm

Idolatria islamica

Le radici dell’antisemitismo islamico
Scritto il 6 gennaio 2017
http://islamicamentando.altervista.org/ ... 4082031250

Nel corso degli ultimi vent’anni alcuni studiosi occidentali hanno cercato di avvalorare la tesi secondo cui l’antisemitismo islamico (odio verso gli Ebrei) è soltanto un fenomeno recente appreso dai nazisti durante e dopo il 1940, e che che gli Ebrei hanno vissuto in modo sicuro sotto il dominio musulmano per secoli, soprattutto durante l’età d’oro della Spagna musulmana. Entrambe le affermazioni non sono supportate da prove. Purtroppo per tutti noi l’islam non è quella religione a misura di valori occidentali che l’immaginazione delle persone ingenue produce, ma è ben altro. L’islam è: 1) quello dei testi, come si trova nel Corano e nelle hadith (i detti e fatti del Profeta e dei suoi Compagni) e nella Sira (biografia di Maometto); 2) la dottrina tradizionale elaborata sui questi testi dai commentatori coranici e giureconsulti.


Radici antisemitismo islam

Lo stereotipo islamico dell’Ebreo avido e traditore: in una delle mani l’ebreo tiene una borsa contenente soldi, nell’altra nasconde un pugnale.

La civiltà islamica si non si è certo plasmata attraverso l’islam immaginario ma attraverso quello reale, che l’ha indotta ad un diffuso sentimento antiebraico. Nell’islam tutti gli infedeli sono considerati negativamente, ma gli Ebrei meritano un posto speciale nella classifica del disprezzo, essendo considerati i più grandi nemici di sempre. Alla base di questo sentimento di odio antisemita c’è una lunga e complicata tradizione che affonda le sue radici al tempo di Maometto. Nel mondo musulmano è infatti diffusa l’idea che la sconfitta e la distruzione degli Ebrei avvenuta per mano di Maometto (e di Allah) durante le sue conquiste nella penisola Araba, che permise l’ascesa dell’islam, sia una tappa fondamentale da ripetere per ricreare le condizioni di una nuova “epoca d’oro dell’islam”.

Con questo articolo andremo ad analizzare come la ricca tradizione antisemita del mondo musulmano affondi le sue radici nel Corano e nella storia di Maometto, il quale non riuscì ad accettare il rifiuto degli Ebrei di riconoscerlo come profeta di Dio.

La versione del Corano tradotta in Italiano che utilizzeremo è quella dell’UCOII a cura di Hamza Piccardo.

Il contesto

Nel 622 d.C. il Profeta dell’islam si traferisce a Medina, città dove vivevano tre tribù ebraiche, i Banu Qaynuqa, i Banu Nadir e i Banu Qurayza, con le quali venne stabilito un patto (Sahifa), che doveva servire a garantire una pacifica convivenza tra la neo-comunità di musulmani e gli altri cittadini. Nello stesso periodo, insieme ai suoi seguaci, Maometto sferra diversi attacchi contro i cittadini della Mecca e le loro carovane. Una volta presa larga coscienza della propria potenza militare, Maometto accusa gli Ebrei di Madina di aver violato il patto, perciò rivolge su di loro la sua furia.

ebrei maometto decapitazioneL’apice della brutalità di Maometto contro gli Ebrei di Medina si ebbe durante il suo attacco alla tribù dei Banu Qurayza, la quale, pur non avendo partecipato ad alcun conflitto, venne accusata di aver complottato contro di lui. Gli Ebrei si arresero subito senza combattere e pregarono il Profeta di essere equo con loro. Ciònonostante Maometto ordinò di vendere le donne e i bambini e di sgozzare uno ad uno i prigionieri. Durante questo episodio Maometto dette il via a quella che è una delle più comuni offese dei musulmani nei confronti degli Ebrei:

I Giudei chiusero le porte delle loro fortezze. «Scimmie e maiali» li aggredì il Profeta «avete forse osservato la volontà di Dio?» «Non ci hai mai insultato così, Maometto. Perché lo fai?» «Non sono io, ma è Dio che vi insulta», ribatté il Profeta. E li assediò per venticinque giorni. (Vita di Maometto – Muhammad Ibn Garir al-Tabari, Capitolo XLVII, pag. 157)

Nella prima parte della sua predicazione avvenuta alla Mecca, Maometto si occupò principalmente di morale e non invitò al monoteismo. In una fase successiva subentrò il monoteismo, concetto che nella penisola Araba era già conosciuto grazie alla numerosa presenza delle comunità ebraiche e cristiane.

Paradossalmente è proprio su questo concetto che Maometto inasprisce i suoi giudizi verso Ebrei e Cristiani. La Sira narra dell’incontro avvenuto tra Maometto e Abu Amir, monaco cristiano-monofisita della tribù degli Aws, quando il Profeta giunse a Medina. Entrambi dicevano di credere nella hanlfiyya (unicità di Dio) ma Maometto affermò di averla riportata alla sua purezza. Abu Amir lo accusò di avervi introdotto «ciò che non vi si trovava»:

Ebrei nel corano

Così, quando Maometto emigrò a Medina (Egira), dopo aver riposto molte speranze negli Ebrei (e nei Cristiani), capì subito che non gli sarebbe stato semplice convincere gli abitanti di questa città.

Inizialmente i toni di Maometto erano in gran parte ruffiani, e nella speranza di convincerli che lui era un vero profeta proprio come quelli della Bibbia, adottò alcune loro pratiche come il digiuno, i riti di purificazione, le restrizioni dietetiche etc…:

Facemmo scendere la Torâh, fonte di guida e di luce. (5:44)

E poi demmo la Scrittura a Mosè, corollario [della Nostra Grazia], spiegazione chiara di tutte le cose, guida e misericordia, affinché credessero nell’incontro con il loro Signore. (6:154)

Già abbiamo dato ai Figli di Israele la Scrittura, la saggezza e la profezia. Concedemmo loro cibi eccellenti e li preferimmo agli altri popoli. (45:16)

Con conoscenza di causa ne facemmo degli eletti tra le creature.
Demmo loro segni che contenevano una prova palese. (44:32-33)

Il profeta arrivò a Medina e vide gli Ebrei che digiunavano nel giorno di Ashura. Egli chiese loro a riguardo. Gli risposero “Questo è un giorno propizio, il giorno in cui Dio salvò i nani Israele dal nemico. Così, Mosè digiunò in questo giorno qui”. Il profeta disse, “Noi abbiamo più motivi di rivendicare Mosè di quanti ne abbiate voi”. Così il profeta digiunò quel giorno e ordinò ai Musulmani di digiunare quello stesso giorno. – (Sahih al-Bukhari, Vol. 3, Libro 31, Numero 222)

Gli Ebrei avrebbero dovuto pertanto beneficiare di “privilegi” in quanto facenti parte della “Gente del Libro” (22:17):

E certamente, nel Giorno della Resurrezione, Allah giudicherà tra coloro che hanno creduto, i giudei, i sabei, i Cristiani, i magi e coloro che attribuiscono associati ad Allah. In verità, Allah è testimone di ogni cosa.

Ma Maometto glieli tolse ed abbandonò alcuni dei loro costumi dopo aver constatato che si rifiutavano di accettare le sue pretese profetiche.

Purtroppo per Maometto, gli abitanti di Medina e delle zone limitrofe, dominate per lo più dalle tribù ebraiche, oltre a credere già in un Dio unico, erano anche ben inquadrati dal punto di vista dottrinale, per cui capirono subito che egli non aveva alcun contatto con un dio e che gli elementi delle antiche Scritture introdotti nel suo Corano erano presi a prestito e inseriti “a morsi e bocconi” a causa di una conoscenza dozzinale. Per cui, nonostante Maometto inserisse aspetti pratici dell’ebraismo per rendere compatibili le sue “rivelazioni” con il credo già esistente, gli Ebrei, oltre a rifiutare di riconoscerlo come il profeta di Dio, lo accusarono di essersi fatto aiutare da altre persone:

“I miscredenti dicono: “Tutto questo non è altro che menzogna che costui ha inventato con l’aiuto di un altro popolo”. Hanno commesso ingiustizia e falsità. E dicono: “Favole degli antichi che si è fatto scrivere! Che gli dettano al mattino e alla sera”.” (25:4-5)

Alcuni passi del Corano ribattono a questa accusa, pur ammettendo la presenza di un informatore straniero:
Sappiamo bene che essi dicono: “C’è un qualche uomo che lo istruisce”, ma colui a cui pensano parla una lingua straniera, mentre questa è lingua araba pura. (16:103)
Maometto non la prese bene, quindi i suoi toni nei confronti degli Ebrei cambiarono radicalmente: “Allah” iniziò a sfornare minacce, maledizioni e ordini di azioni violente. Il rifiuto da parte degli Ebrei diventò una vera ossessione per Maometto.
O voi che avete ricevuto la Scrittura, credete in quello che abbiamo fatto scendere a conferma di ciò che già avevate, prima che cancelliamo i volti e li rivoltiamo completamente e li malediciamo come abbiamo maledetto i violatori del Sabato*. La decisione di Allah è sempre eseguita. (4:47)

A partire da quel momento nel Corano abbondano i rimproveri verso gli Ebrei, in primo luogo per essere in malafede:
O gente della Scrittura, perché avvolgete di falso il vero e lo nascondete, mentre ben lo conoscete? (3:71)
Chiamano menzogna la verità che giunge loro. Presto ne sapranno di più, su ciò di cui si burlavano. (6:5)
Se anche avessimo fatto scendere su di te una Scrittura su papiro, che avessero potuto toccare con le loro mani, quelli che negano avrebbero certamente detto: “Non è che evidente magia!”. (6:7)

In secondo luogo per aver “falsificato” la Scrittura (accusa rivolta anche ai Cristiani):
Quelli di loro che erano ingiusti, sostituirono un’altra parola a quella che era stata detta. Allora inviammo contro di loro un castigo dal cielo, per il torto che avevano commesso. (7:162)
O gente della Scrittura, ora è giunto a voi il Nostro Messaggero, per spiegarvi molte cose della Scrittura che voi nascondevate e per abrogarne molte altre! Una Luce e un Libro chiaro vi son giunti da Allah. (5:15)

E’ in questo contesto che nel Corano fa la sua comparsa l’epiteto “ipocriti” (munafiqun).

Parecchie accuse e offese sono ispirate al contenuto degli stessi testi sacri degli Ebrei:
Avrete saputo di quelli dei vostri che trasgredirono il Sabato ai quali dicemmo: “Siate scimmie reiette”. (2:65) [Si veda Genesi 1:26-27]
[li abbiamo maledetti] per via della loro miscredenza e perché dissero contro Maria calunnia immensa, (4:156)

E vedrai che sono gli uomini più attaccati alla vita, persino più degli associatori. Qualcuno di loro vorrebbe vivere mille anni. Ma tutto questo non lo salverebbe dal castigo, vivesse anche quanto desidera. Allah osserva quello che fanno. (2:96)

Questa accusa contribuirà allo stereotipo dell’ebreo avido. Da notare che l’accusa riflette di più chi la muove piuttosto che chi la subisce, poiché è Maometto che passò la sua vita a muovere raid per accumulare bottino in una “porzione speciale”, e non gli Ebrei di Medina noti per essere degli onesti agricoltori che si guadagnavano da vivere con il duro lavoro (che la neo comunità musulmana tassò per arricchirsi senza lavorare).

Si veda anche Corano 5:12-13.

La rottura definitiva con l’ebraismo si manifestò nell’anno 2 dell’egira (624) con il cambio della direzione verso cui volgere la preghiera (Qiblah): la direzione verso Gerusalemme venne sostituita dalla direzione verso la Ka’ba alla Mecca:
Ti abbiamo visto volgere il viso, al cielo. Ebbene, ti daremo un orientamento che ti piacerà. Volgiti dunque verso la Sacra Moschea. Ovunque siate, rivolgete il volto nella sua direzione. Certo, coloro a cui è stato dato il Libro, sanno che questa è la verità che viene dal loro Signore. Allah non è incurante di quello che fate. (2:144)

Mecca Gerusalemme Qibla

La tradizione islamica motiva questa decisione “di Allah” con il fatto che anche per Abramo e Ismaele quella direzione era la Qiblah. In verità:
La ragione di quella rivelazione fu che gli Ebrei e i Cristiani dicevano al Profeta: «Maometto, se la tua religione è diversa dalla nostra, come mai quando preghi ti giri dalla stessa nostra parte?» (Vita di Maometto – Muhammad Ibn Garir al-Tabari, Capitolo XXVIII, pag. 95)

E infatti in Corano 2:139 si legge:

Di’: “Volete polemizzare con noi a proposito di Allah, Che è il nostro e vostro Signore? A noi le nostre opere e a voi le vostre! Noi ci diamo solo a Lui. (2:139)

Nello stesso periodo, successivamente alla battaglia di Badr, la prima grande vittoria militare di Maometto, viene esaltata una specificità dottrinale: la religione di Maometto è diversa da quella insegnata nella Torah e nel Vangelo.

Sul piano spirituale, i rapporti tra Musulmani ed Ebrei saranno segnati dall’ambiguità dello stesso testo coranico nel quale generalmente gli Ebrei (yahud) sono criticati e sono invece lodati i figli di Israele (Banu Isrà’il). L’atteggiamento costante sarà soprattutto quello della diffidenza, conformemente a un passo che, mentre si interroga sulla possibilità di considerare gli Ebrei come “credenti” allo stesso titolo dei Musulmani, procede secondo un’alternanza in cui il narratore si esaspera da sé per far percepire una sorta di conflitto, all’interno del discorso divino, tra il desiderio di chiamare gli Ebrei alla vera fede e il sentimento della loro irrimediabile ostilità (2:75-141).

Accuse di vario genere si intrecciano in tutto il Libro sacro dell’islam. Diversi sono i versetti medinesi dove gli Ebrei vengono accusati di aver nascosto le loro Scritture al Profeta:

Non prestano ad Allah la considerazione che Gli spetta quando dicono: “Allah non ha fatto scendere nulla su di un uomo!”. Chiedi: “Chi ha fatto scendere la Scrittura su Mosè, come luce e guida per le genti? [Scrittura] che avete trascritta in volumi [diversi] divulgandone una parte e nascondendone una parte assai notevole e tramite la quale siete stati istruiti su cose che né voi, né i vostri antenati, conoscevate?”. Di’: “Allah” e lascia che si divertano a discutere. (6:91)

Si veda anche 2:77, 2:140, 2:174 etc…

Oppure vengono maledetti per quello dicono e perché sono corruttori:

“per via della loro miscredenza e perché dissero contro Maria calunnia immensa” (4:156)

I giudei dicono: “La mano di Allah si è incatenata!”. Siano incatenate le mani loro e siano maledetti per quel che hanno detto. Le Sue mani sono invece ben aperte: Egli dà a chi vuole. Quello che è stato fatto scendere su di te da parte del tuo Signore, certamente accrescerà, in molti di loro, la ribellione e la miscredenza. Abbiamo destato tra loro odio e inimicizia fino al giorno della Resurrezione. Ogni volta che accendono un fuoco di guerra, Allah lo spegne. Gareggiano nel seminare disordine sulla terra, ma Allah non ama i corruttori. (5:64)

Accusati di essere peccatori e di corrompere le persone, Allah gli ha imposto proibizioni che non ha imposto agli altri:

“È per l’iniquità dei giudei, che abbiamo reso loro illecite cose eccellenti che erano lecite, perché fanno molto per allontanare le genti dalla via di Allah;” (4:160)

Nella lunga lista di accuse abbiamo quella di essere calunniatori:

O Messaggero, non ti affliggere per quelli che ricadono nella miscredenza, dopo che le loro bocche hanno detto: “Noi crediamo”, mentre i loro cuori non credevano affatto, e neppure a causa dei giudei, che ascoltano solo per calunniare, che ascoltano per altri che non sono mai venuti da te; stravolgono il senso delle parole e dicono: “Se vi è dato questo, accettatelo; altrimenti siate diffidenti!”*. Se Allah vuole che un uomo cada nella tentazione, tu non puoi fare niente contro Allah [per proteggerlo]. (5:41)

Se non fosse stato per l’intervento di Allah (4:158) avrebbero ucciso Gesù pur sapendo che era un Messaggero:

e dissero: “Abbiamo ucciso il Messia Gesù figlio di Maria, il Messaggero di Allah!”. Invece non l’hanno né ucciso, né crocifisso, ma così parve loro. Coloro che sono in discordia a questo proposito, restano nel dubbio: non hanno altra scienza e non seguono altro che la congettura. Per certo non lo hanno ucciso (4:157)

Gli Ebrei vengono umiliati e ridotti in miseria:

E quando diceste: “O Mosè, non possiamo più tollerare un unico alimento. Prega per noi il tuo Signore che, dalla terra, faccia crescere per noi legumi, cetrioli, aglio, lenticchie e cipolle!”. Egli disse: “Volete scambiare il meglio con il peggio? Tornate in Egitto, colà troverete certamente quello che chiedete!”. E furono colpiti dall’abiezione e dalla miseria e subirono la collera di Allah, perché dissimulavano i segni di Allah e uccidevano i profeti ingiustamente. Questo perché disobbedivano e trasgredivano. (2:61)

Ancora una volta le colpe imputate agli Ebrei vengono basate sui loro stessi testi sacri senza un vero senso logico: la storia sopra riportata descritta in Corano 2:61 riguarda Mosè e l’esodo dall’Egitto e il brontolio della gente per il cibo descritta nella Bibbia. Ciò sarebbe successo duemila anni prima del tempo di Maometto. Perché questa storia è stata tirata fuori e usata per accusare gli ebrei al tempo di Maometto? Questo è irrazionale. Gli ebrei a Medina non crendevano a Maometto semplicemente perché lo ritenevano un falso profeta.

Maometto proibì di allearsi con loro (e con i Cristiani) e chiunque lo faccia è considerato un ingiusto:

O voi che credete, non sceglietevi per alleati i giudei e i nazareni, essi sono alleati gli uni degli altri. E chi li sceglie come alleati è uno di loro. In verità Allah non guida un popolo di ingiusti. (5:51)

Gli Ebrei sono i peggiori nemici dei Musulmani:

Troverai che i più acerrimi nemici dei credenti sono i giudei e i politeisti e troverai che i più prossimi all’amore per i credenti sono coloro che dicono: “In verità siamo nazareni”, perché tra loro ci sono uomini dediti allo studio e monaci che non hanno alcuna superbia. (5:82)

La maggior parte deglo Ebrei sono empi:

Voi siete la migliore comunità che sia stata suscitata tra gli uomini, raccomandate le buone consuetudini e proibite ciò che è riprovevole e credete in Allah. Se la gente della Scrittura credesse, sarebbe meglio per loro; ce n’è qualcuno che è credente, ma la maggior parte di loro sono empi. (3:110)

E devono essere combattuti:

Combattete coloro che non credono in Allah e nell’Ultimo Giorno, che non vietano quello che Allah e il Suo Messaggero hanno vietato, e quelli, tra la gente della Scrittura, che non scelgono la religione della verità, finché non versino umilmente il tributo, e siano soggiogati (9:29)

Insieme ai cristiani devono essere annientati perché credono in quello che dice la loro religione e non invece in quello che Maometto pretendeva che credessero:

Dicono i giudei: “Esdra è figlio di Allah”; e i nazareni dicono: “Il Messia è figlio di Allah”. Questo è ciò che esce dalle loro bocche. Ripetono le parole di quanti già prima di loro furono miscredenti. Li annienti Allah. Quanto sono fuorviati! (9:30)
Antisemitismo nella Sunna e nella Sira

La sunna (fatti e detti del Profeta), insieme alle altre fonti islamiche ufficiali come la sira, va ad arricchire la raccolta di accuse e offese nei confronti degli Ebrei che ci vengono presentati ancora una volta come gente invidiosa, cospiratrice, disonesta e perversa:

Muhammad Ibn `Umar ci informò; disse: Al-Dahhak Ibn `Uthmàn mi raccontò parlando per conto di Makhramah Ibn Sulayman, che a sua volta lo fece riguardo l’autorità di Karib, che a sua sua volta riferì di quella di Ibn `Abbas; disse: Gli Ebrei di Qurayzah, al-Nadir, Fadak e Khaybar si ritrovarono nella descrizione del profeta, possa Allah benedirlo, di prima che venisse alzato a tale rango e anche che il posto della sua migrazione sarebbe stato Medina. Quando l’Apostolo di Allah; possa Allah benedirlo, nacque, i sapienti tra gli Ebrei dissero: Ahmad è nato stanotte, e questa è la stella che è salita. Quando salì al rango di profeta dissero: Ahmad è divenuto profeta e questa è la stella che è salita. Lo conoscevano, avevano letto su di lui e gli davano questa descrizione ma l’invidia e l’ostilitá non permisero loro di abbracciare l’islam. – Tabaqat Ibn Saad, Volume 1, Part. 1.40.21

Muhammad Ibn `Umar ci informò! Ya’qub Ibn `Abd Allah al-Ash’ari mi riferì parlando per conto di Ja`far Ibn Abi al-Mughirah, che lo fece per conto di Sa’id Ibn ‘Abd al-Rahman Ibn Abza: Il monaco disse ad Abu Tálib: Non venire in questo posto con il figlio di tuo fratello [Maometto, ndt]; in verità gli Ebrei sono suoi nemici, e lui è il Profeta di questa gente; lui è un Arabo e gli Ebrei sono gelosi di lui e desiderano che fosse stato un israelita. Quindi metti in guardia tuo nipote. – Tabaqat Ibn Saad, Volume 1, Part. 1.40.11

Abu Huraira riferì che il messaggero di Allah (Pace su di lui) disse: un gruppo dei Bani Israil si era smarrito. Io non sapevo che fosse loro accaduto, ma credo che (andarono incontro ad un processo) di metamorfosi e assunsero le sembianze dei ratti. Non vedete? Quando il latte di cammello gli viene messo davanti, loro non lo bevono, mentre quando quando gli viene messo davanti il latte di capra invece sì. Abu Huraira disse: ho raccontato proprio questo hadith a Ka’ab e lui disse: l’hai sentito raccontare dal messaggero di Allah (Pace su di lui)? Io (Abu Huraira) risposi: Sì. Lo disse ancora e ancora e io dissi: ho letto la Torah? Questo Hadith è stato trasmesso su autorità di ibn Ishaq con una lieve variazione delle parole. – Sahih Muslim, Libro 42, Numero 7135

Si veda anche Sahih Bukhari Volume 4, Libro 54, Numero 524

Maometto ha affermato che durante il suo “Viaggio Notturno” al cielo sul Buraq volante, Mosè pianse perché in Paradiso quelli che lo seguirono (gli Ebrei) sarebbero stati meno numerosi dei Musulmani:

“[…]Lì ho incontrato e salutato Mosè che disse, ‘Sarete accolti o fratello e Profeta.’ Quando ho proceduto su, ha iniziato a piangere e quindi gli venne chiesto perché stesse piangendo. Lui rispose, ‘O Signore! I seguaci di questo giovane che è stato inviato dopo di me entreranno in Paradiso in numero maggiore rispetto ai miei seguaci.'[…]“ – Sahih al-Bukhari, Vol. 4, Libro 54, Numero 429

Maometto ha sostenuto che gli Ebrei si meritano l’ira di Allah:

Narrato Abu Huraira:
Apostolo di Allah ha detto: “Di ‘Amen’, quando l’imam dice” Ghair-il-maghdubi ‘alaihim wala-ddal-lin; non seguire il percorso di coloro che si guadagnano la vostra rabbia (come ad esempio gli Ebrei), né di coloro che si perdono (come i Cristiani), tutti i peccati del passato della persona che ha detto (Amen) coincidono con quella degli angeli, e saranno perdonati. – Sahih al-Bukhari Vol. 1, Libro 12, Numero 749

Maometto non superò mai la rabbia per il rifiuto degli Ebrei di convertirsi all’islam. Ossessionato che alcuni Ebrei fossero ancora vivi, sul letto di morte sostenne che l’ultima ora non avverrà fino a quando i Musulmani non avranno ucciso tutti gli Ebrei, e anche le rocce e gli alberi si schereranno contro gli Ebrei nascosti dietro di essi:

Narrato da ‘Abdullah bin ‘Umar:
L’Apostolo di Allah disse, “Voi (i Musulmani) combatterete con gli Ebrei fino a quando alcuni di loro si nasconderanno dietro le pietre. Le pietre (li tradiranno) dicendo, ‘O ‘Abdullah (schiavo di Allah)! C’è un Ebreo che si nasconde dietro di me, uccidilo.’” Sahih Bukhari Volume 4, Libro 52, Numero 176

Narrato da ‘Abdullah bin ‘Umar:
L’Apostolo di Allah disse, “Voi (i Musulmani) combatterete con gli Ebrei fino a quando alcuni di loro si nasconderanno dietro le pietre. Le pietre (li tradiranno) dicendo, ‘O ‘Abdullah (schiavo di Allah)! C’è un Ebreo che si nasconde dietro di me, uccidilo.’” – Sahih al-Bukhari Vol. 4, Libro 56, Numero 791

Abu Huraira riferì che il messaggero di Allah (Pace su di lui) diceva: l’ultima ora non arriverà a meno che i Musulmani combattano contro gli Ebrei e li uccidano fino al punto che gli Ebrei di nasconderanno dietro a una roccia o un albero e la roccia o l’albero diranno: Musulmano, o servo di Allah, c’è un ebreo dietro di me; vieni e uccidilo; l’albero di Gharqad però non lo direbbe, dal momento che è un albero degli Ebrei. – Sahih Muslim, Vol. 7, Libro 41, Numero 6985

Si veda anche Sahih Muslim, Vol. 7, Libro 41, Numero 6981; Sahih Muslim Vol. 7, Libro 41, Numero 6982 e Sahih Muslim Vol. 7, Libro 41, Numero 6983.

Quest’ultimo comandamento peserà come un macignio sui rapporti del mondo musulmano nei confronti degli Ebrei.

Antisemitismo nella tradizione islamica

Maometto appare come una vittima degli Ebrei assassini, bugiardi, imbroglioni, calunniatori, ingannevoli, avari, gelosi etc… per cui i Musulmani lo dovranno vendicare fino al giorno del giudizio.

Cento anni dopo la morte di Maometto, i Musulmani occuparono Gerusalemme e costruirono la moschea Al Aqsa proprio sopra le rovine del tempio ebraico, il luogo più sacro degli Ebrei. I Musulmani tentarono così di cancellare la memoria dell’esistenza ebraica.

E’ su queste fondamenta che la tradizione post-Maometto costruirà il modello dell’ebreo cospitatore e le relative teorie complottiste. Ne elenchiamo alcuni esempi:

Un ebreo di nome Abu Lubabah tradì la fiducia di Maometto per interessi economici quando, invece di fare ciò che gli era stato ordinato, fece la spia informando gli Ebrei della tribù dei Banu Qurayza del fatto che Maometto li avrebbe decapitati (Vita di Maometto – Muhammad Ibn Garir al-Tabari, Capitolo XXLVII, pag. 157). Fu in questo contesto che venne rivelato il versetto 8:27: «O voi che credete, non agite con falsità verso Dio e l’apostolo»


Antisemitismo islam
Immagine raffigurante lo stereotipo islamico dell’Ebreo, invidioso, cattivo e cospiratore.

In Corano 113:4, uno stregone ebreo di nome Labid, fu il responsabile di un incantesimo malefico di cui fu vittima Maometto.
Narrato da Aisha:
Una magia fu fatta sul Messaggero di Allah, così che cominciò a immaginare che di avere fatto qualcosa, anche se non l’aveva fatta. Un giorno, mentre era con me, ha invocato Allah per lungo tempo e poi disse: “O Aisha! Sai che Allah mi ha incaricato per quanto riguarda la questione gli ho chiesto?” Ho chiesto, “Cosa ti ha chiesto Allah” Egli disse: “Due uomini sono venuti da me. Uno di loro stava seduto vicino alla mia testa e l’altro stava seduto vicino ai miei piedi. Uno di loro ha chiesto al suo compagno: ‘Qual è la malattia di questo uomo?’ L’altro rispose: ‘Egli è sotto l’effetto della magia.’ Il primo ha chiesto, ‘chi ha fatto la magia su di lui?’ L’altro rispose: ‘Labid bin A’sam, un Ebreo della tribù di Bani Zuraiq.’ Il (primo ha chiesto), ‘con cosa è stata fatta?’ L’altro rispose, ‘Con un pettine e il capello attaccato ad esso e una po del polline di palma maschile.’ Il primo ha chiesto, ‘Dove si trova?’ L’altro rispose, ‘Nel pozzo di Dharwan.’ Poi il Profeta andò insieme ad alcuni dei suoi compagni a quel pozzo e vide che vicino ad esso c’erano palme da dattero. Poi tornò da me e mi disse: ‘Per Allah l’acqua di quel pozzo era (rossa) come l’infuso di foglie di hennè e la sua data di palme erano come le teste dei diavoli”, dissi, “dimmi Profeta di Allah, hai preso quel materiali dalla pelle polline?” Disse di no! Quanto a me Allah mi ha guarito e mi ha curato e avevo paura che le persone intorno avessero pensato che volessi diffondere il male in mezzo a loro quando ha ordinato che il pozzo dovesse essere riempito di terra, così è stato riempito di terra” (Sahih al-Bukhari Libro 71 Numero 661)

Fu il complotto di un ebreo di nome Abdullah ibn Saba’ la vera causa della divisione nell’islam tra Sunniti e Sciiti e all’interno degli stessi Sciiti. Questa figura, che secondo gli studiosi moderni non sarebbe nemmeno mai esistita, avrebbe architettato il suo subdolo piano simulando una conversione per dividere l’islam dall’interno.

“Anche la scissione ismailita venne attribuita dai duodecimani ad Abdullah ibn Maymun al Qaddah, un ebreo falsamente convertito con lo scopo di organizzare questa apostasia.” (Carlo Panella, Il Libro nero del Califfato, pag. 461)

“Secondo la metastoria musulmana, che giustifica qualsiasi divisione, emergenza politica e dottrinaria con la teoria del complotto ebraico, un altro ebreo, Yacub ibn Killis, sarebbe all’origine delle scissioni che determinarono la nascita di tre califfati distinti nello stesso periodo: quello Abasside di Baghdad, Fatimide del Cairo (910) e, infine, il califfato Omayyade di Cordoba, in Spagna (929). (Carlo Panella, Il Libro nero del Califfato, pag. 461)

Agli occhi dei Musulmani più fanatici la sola esistenza del popolo ebraico, per non parlare di un intero Stato ebraico, delegittima l’islam e Maometto. Per questi Musulmani fare la pace con gli Ebrei e riconoscere che sono esseri umani che meritano lo stesso rispetto di tutti gli altri è teologicamente inconcepibile. L’islam è obbligato a giustificare il genocidio che Maometto ha scatenato contro gli Ebrei (subumani, malvagi, scimmie, maiali, nemici di Allah etc…) altrimenti sarebbero obbligati ad ammettere che Maometto è stato un signore della guerra.

Essendo teologicamente obbligati a scegliere la via della non-riconciliazione, ogni accenno di apertura verso altre strade viene osteggiato. Gli Ebrei devono rimanere eternamente legati al ruolo di nemici dell’islam. Non esistono vie alternative: o gli Ebrei sono un male o lo è stato Maometto con le sue violenze e le sue parole.

Qualsiasi tentativo di perdonare, umanizzare, o vivere in pace con gli Ebrei è considerato tradimento contro l’islam. Come possono i Musulmani perdonare gli Ebrei e poi tornare alle loro moschee e lì leggere le indicazioni del loro Profeta contro di essi?

Tutto ciò ha avuto ripercussioni nella storia.


Conseguenze dell’antisemitismo islamico nella storia

Come era ovvio che fosse, una religione fondata su imput così forti contro una determinata categoria di persone, non poteva che generare conseguenze negative nella storia. Citeremo solo alcuni dei fatti più significativi:

massacro di cordoba ebreiLe ripercussioni nella storia dell’anisemitismo islamico si scontrano persino con la leggendaria (a tutti gli effetti) “età d’oro della tolleranza islamica”, soprattutto per quanto rappresentato nella Spagna islamica. Si calcola che tra il 1010 e il 1013 nei pressi di Cordoba e in altre parti della Spagna furono centinaia gli Ebrei uccisi.

Nel 1066, sempre a Cordoba, si ebbe il più grande massacro di ebrei mai avvenuto in epoca medievale, durante il quale persero la vita circa 4000 persone. Anche in questo caso la violenza contro gli Ebrei fu scaturita dal cospirazionismo e dalla gelosia nei confronti di alcuni di loro, che erano riusciti a ricoprire ruoli di prestigio (la storia dell’islam è ricca di situazioni in cui gli invasori musulmani, in mancanza di capacità politiche e organizzative, dovettero servirsi di dotti tra gli infedeli).

Walter Laqueur scrisse:

“Gli ebrei non potevano di regola ottenere una carica pubblica (come al solito ci sono le eccezioni), e ci sono stati pogrom occasionali, come ad esempio quello di Granada del 1066.”

Riferendosi a quest’ultima strage, Robert Wistrich dice:

“Questo è stato un disastro, così grave come quella che ha superato gli Ebrei Renania trenta anni più tardi durante la prima crociata, eppure raramente ha ricevuto molta attenzione degli studiosi.” (Laqueur, Walter, The changing face of antisemitism: from ancient times to the present day, pag. 68)

Lo sorico Bernard Lewis scrisse:

«Particolarmente istruttivo a questo riguardo è un antico poema antisemita di Abu Ishaq, scritto a Granada nel 1066. Questa poesia, che si dice sia stata uno strumento che provocò la rivolta antiebraica dello stesso anno, contiene le seguenti riflessioni:
“Ucciderli non è considerata una violazione della fede, violazione sarebbe lasciarli andare avanti.
Hanno violato la nostra alleanza con loro, come si può essere condannati per andare contro i trasgressori?
Come può esistere un qualsiasi patto quando noi siamo insignificanti e loro primeggiano?
Ora siamo umili, nei loro confronti, come se fossimo dalla parte del torto e loro avessero ragione!”» (Lewis, Bernard, The Jews of islam, pag. 44)
Maimonide ebrei spagna islam

Maimonides – Moses ben Maimon

Mosè Maimonide (1135 – 1204), il più famoso filosofo ebreo del Medioevo, dovette fuggire dalla nativa Cordoba, stretta nella morsa del terrore della dinastia berbera musulmana degli Almohads, la quale emanò diversi progrom che portarono alla morte migliaia di Ebrei della penisola iberica. Maimonide e la sua famiglia riuscirono a fuggire. Intorno al 1172, in risposta alle richieste di informazioni da parte del capo degli Ebrei nello Yemen Jacob ben Netan’el al-Fayyūmi, Maimonide fornì consigli e tutto il conforto e l’incoraggiamento possibile. L’epistola agli Ebrei dello Yemen ci fornisce un quadro molto chiaro della situazione che stavano bpvivendo gli Ebrei di Spagna. Ne riportiamo alcuni estratti:

“…Le persecuzioni continue causeranno molti ad allontanarsi dalla nostra fede, ad avere dubbi, ad andare fuori strada, perché hanno assistito alla nostra debolezza, e hanno visto il trionfo dei nostri avversari e il loro dominio su di noi…”

“Dopo di lui sorse il pazzo che emulato il suo precursore da quando ha aperto la strada per lui. Ma ha aggiunto l’ulteriore obiettivo di procurare regola e sottomissione, e ha inventato la sua ben nota la religione “. Molti scrittori Ebrei medievali comunemente noti come Muhammad ha-meshugga ‘, Madman-il termine ebraico, come osserva Norman Stillman, essere “in stato di gravidanza con connotazioni.”

Maimonide indica anche uno dei motivi secondo lui dell’odio musulmano verso gli Ebrei:

“Visto che i musulmani non riuscivano a trovare una sola prova in tutta la Bibbia né un riferimento o un’allusione al loro profeta, furono costretti ad accusare noi dicendo: “Avete modificato il testo della Torah, e cancellato definitivamente ogni traccia del nome di Maometto da tali norme.” (Norman Stillman. The Jews of Arab Lands, pag. 236)

Egli osserva la profondità dell’odio musulmano per gli Ebrei, ma ci informa anche della sopportazione sopportazione alle angherie:

Ricordate, miei correligionari, che a causa del gran numero dei nostri peccati, Dio ci ha gettati in mezzo a questo popolo, la nazione di Ismaele [gli arabi] che ci perseguita duramente e che escogita tutti i modi per farci male e avvilirci… nessuna nazione ha mai fatto tanto male a Israele. Nessuna l’ha superata nell’avvilirci e umiliarci. Nessuna è stata capace di ridurci nel modo in cui questa ci ha ridotto. […] Anche se siamo stati disonorati da loro al di sopra della resistenza umana, e abbiamo dovuto sopportare le loro invenzioni, ci siamo comportati come lui che ha descritto lo scrittore ispirato, “Io come un sordo non ascolto e come un muto non apro la bocca” (Salmi 38:14). Allo stesso modo i nostri saggi ci hanno insegnato a sopportare in silenzio le prevaricazioni e le assurdità di Ismaele. […]. Abbiamo accettato, vecchi e giovani, per abituare noi stessi all’umiliazione, come Isaia ci ha insegnato “Ho presentato il dorso ai flagellatori, la guancia a coloro che mi strappavano la barba.” (50:6)” (Abraham Halkin, David Hartman, Iggeret Teiman, New York 1952)

“In Kairouan [ Tunisia ] gli Ebrei furono perseguitati e costretti ad andarsene nel 1016, ritornando successivamente per poi essere espulsi di nuovo. Nel 1145 a Tunisi gli Ebrei (e i Cristiani) furono costretti a convertirsi se non volevano essere espulsi, e nel decennio successivo ci furono feroci persecuzioni antiebraiche in tutto il paese. Un evento simile si è verificato nel Marocco dopo il massacro degli Ebrei a Marrakesh nel 1232. In effetti, nel mondo islamico dalla Spagna e della penisola arabica il saccheggio e l’uccisione degli Ebrei, insieme a una tassazione punitiva, il confinamento in ghetti, l’obbligo di segni distintivi sui vestiti (una novità in cui l’islam preceduto la Cristianità medievale), e altre umiliazioni erano all’ordine del giorno.” (Robert Wistrich. Antisemitism-The Longest Hatred. Schocken Books, New York 1991, p.196)

Tristemente famoso è anche il “massacro di Fes” (Marocco), dove nel 1033 più di 6000 Ebrei vennero brutalmente uccisi.

“La dogmatica certezza di un complotto ebraico all’origine di tutte le divisioni della umma musulmana, sempre sottovalutata dalla storiografia europea, riemerse drammaticamente nel corso del XX secolo, quando il califfato universale ottomano, impostosi nel XVI secolo, cominciò ad agonizzare. Nel 1908 nei Paesi arabi, Siria e Iraq innanzitutto, gli Ebrei furono accusati di essere promotori del movimento dei Giovani Turchi che, con una sorta di golpe militare, impose al sultano Abdul Hamid riforme modernizzatrici moderatamente democratiche. Ancora una volta la crisi dell’assetto del potere centrale della umma musulmana venne dunque ascritta ai giudei e ai loro complotti. Vi furono anche manifestazioni e violenze contro gli Ebrei. L’accusa, al solito, non aveva elementi cui appoggiarsi (solo uno tra gli affiliati all’organizzazione, Emanuel Carasso, che ricopriva un ruolo del tutto marginale, era ebreo), mentre ebbe concretissime ragioni d’essere l’accusa ai Giovani Turchi di essere in contatto con la massoneria. (Carlo Panella, Il Libro nero del Califfato, pag. 462)
Il Gran Muftì di Gerusalemme, Amin al Husseini, capo spirituale dei mussulmani palestinesi, e il leader nazista Adolf Hitler

Il Gran Muftì di Gerusalemme, Amin al Husseini, capo spirituale dei mussulmani palestinesi, e il leader nazista Adolf Hitler

Il contatto principale su cui i nazisti poterno contare per un sostegno del mondo islamico fu Amin el-Husseini, il Mufti di Gerusalemme. Al centro dei suoi sforzi ci fu il tentativo di rivitalizzare l’odio verso gli ebrei sulla base delle tradizioni islamiche dell’erterno complotto contro i musulmani. Esiste un opuscolo dal titolo “L’islam e l’ebraismo”, che i nazisti diffusero in diverse lingue. Nella sua prefazione il Mufti scrisse: “Purtroppo, solo pochi sanno che l’inimicizia tra l’islam e l’ebraismo non è una cosa recente” Ora, questi messaggi di odio sono stati riportati in vita con la ripetizione continua. Verso la fine del 1938 l’Abwehr II pianifica un programma per inviare in Palestina, tramite navi battenti bandiera neutrale, alcune forniture di armi e munizioni destinate alle forze di Husseini. Nel settembre del 1939, all’indomani dell’invasione tedesca della Polonia, Amin al Husseini dichiara pubblicamente di volere dare il suo esplicito sostegno al “meritevole e coraggioso condottiero Adolf Hitler”, incitando “i mussulmani a prendere le armi a fianco della Germania nazista”. All’inizio del 1941, dai microfoni di un’emittente segreta, il Gran Muftì invoca “il diritto degli arabi a risolvere il problema ebraico con le stesse modalità e gli stessi mezzi adoperati dal Führer, e lancia un proclama affinché tutti gli islamici contribuiscano con le armi al successo delle forze dell’Asse”. (Fonte)

Tra le infinite prove di un sentimento antisemita ben precedente alla nascita di Israele vi è anche quella offerta dai libri di testo in arabo adottati nei campi profughi palestinesi delle Nazioni Unite in Giordania, Libano, West Bank e striscia di Gaza. Il 4 aprile 1969 fu infatti presentato all’ottantaduesima sessione dell’Unesco a Parigi il risultato di un’indagine (condotta da tre membri, tra cui un musulmano turco) che, dopo aver preso in esame centoventisette libri di testo, ne aveva approvati solo quarantotto, bocciando gli altri per le seguenti ragioni: importanza al problema delle relazioni tra il Profeta Maometto e gli Ebrei d’Arabia, in termini che mirano a convincere i giovani lettori che la comunità ebraica nel suo insieme è sempre stata e sempre sarà l’inconciliabile nemica della comunità musulmana. […] Termini come bugiardo, imbroglione, usuraio, idiota, applicati agli Ebrei in certi brani e parte del deplorevole linguaggio dell’antisemitismo internazionale, non possono essere tollerati.” (Carlo Panella, Il Libro nero del Califfato, pag. 462)

________________________

Le ripercussioni dell’anisemitismo islamico si sono protratte fino ai nostri giorni, tanto che rappresenta una sfida chiave del nostro tempo, il quale si manifesta non solo con gli attacchi terroristici e di “violenza di strada” ma anche con un’intensa propaganda razzista principalmente di stampo complottista, secondo la quale dietro ogni male del mondo, compresi persino gli attentati islamici, c’è la mano degli Ebrei.


Moamed del Coran e Cristo dei Vanxełi: do omani, do parołe, do livri a confronto.
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Re: Spirtoałetà e rełijoxetà no łe xe ła mema roba

Messaggioda Berto » sab gen 07, 2017 3:57 pm

Che differenza c'è
-tra il promuovere, favorire la mafia islamica, il nazismo islamico o islam, consentendo al Corano, a un'imam per predicare, a un mussulmano per pregare di entrare in chiesa per essere equiparati alla Bibbia e al Vangelo, ai preti cristiani e alle preghiere dei cristiani,
-con il caso della statua della madonna o del crocefisso che durante una processione paesana sono stati fatti passare davanti la casa di un mafioso?



L'ultima resa all'invasione: in chiesa si prega Maometto
All'aeroporto di Malpensa la cappella della Madonna di Loreto diventa per metà moschea. E sale la rabbia
Stefano Zurlo - Ven, 06/01/2017

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 48619.html

A lle frontiere dell'ecumenismo. I tappeti per pregare Allah a pochi passi dall'altare. Sul pavimento che guarda il Crocifisso.

Accade a Malpensa, aeroporto che mette in contatto mondi lontani e frulla uomini e tradizioni. Ma forse fin qui non si era mai arrivati: i fedeli invocano il proprio Dio gomito a gomito, il tutto nello spazio sacro dedicato alla Madonna di Loreto, da sempre protettrice di chi vola. La chiesa che si fa moschea. Almeno un po'.

Don Ruggero Camagni, cappellano da 11 anni, vola anche lui alto e non vede alcun problema: «Mi hanno posto la questione. Loro non avevano luoghi di culto dentro Malpensa, mi hanno chiesto una mano. Il cristiano è portato a condividere: se ha tre stanze, si stringerà per dare un tetto a chi non ce l'ha, così è per la preghiera». Dialogo & identità. Temi che spaccano la cultura contemporanea; don Ruggero, cortesissimo, va oltre: «Siamo fratelli, tutti fratelli, è bello pregare insieme». Lì, in quella chiesa nata con Malpensa 2000, al secondo piano del terminal 1, zona partenze. Molti turisti la conoscono, qualcuno si è rifugiato a meditare su quei banchi prima di intraprendere un viaggio o un pellegrinaggio. E qualcuno storce il naso: «Ormai siamo al relativismo, alla disfatta, alla confusione planetaria». Altri si stringono nelle spalle: «É un gesto coraggioso di apertura e carità in un mondo globalizzato». Il cappellano punge: «Pregano più loro dei nostri. I musulmani frequentano la cappella più dei cristiani. Anche se lo fanno secondo i loro ritmi, individualmente».

Alle quattro del pomeriggio di un giorno sonnacchioso, infilato nel calendario fra una festa e l'altra, nel tempio non c'è nessuno. Solo silenzio e vuoto. Per la verità i due tappeti adagiati quasi all'ingresso non sono l'unico richiamo a Maometto. C'è anche una lampada, collocata su un tavolino ed esposta fra le encicliche di papa Francesco, i rosari e i santini del Sacro Cuore. Se si gira un piccolo interruttore, l'oggetto si illumina e parte una voce salmodiante in arabo. Di che si tratta? «É una sorta di jingle del Ramadan - risponde sorridente l'impiegato di una compagnia mediorientale - si ascoltano formule augurali, un po' l'equivalente del vostro Natale». E col dito il tecnico indica le linee dell'edificio disegnato all'interno del manufatto: «É la moschea di La Mecca». Meta irrinunciabile almeno una volta nella vita per ogni buon musulmano. Per don Ruggero anche questo frammento di Islam atterrato in mezzo a quella che una volta si chiamava la buona stampa non è un meteorite lontano: «Me l'hanno lasciato, l'ho piazzato in quel punto. Dove è lo scandalo?» É tutto semplice, forse fin troppo per il sacerdote. E la storia sembra capovolta, in un ribaltamento vertiginoso di prospettive. Secondo la tradizione, il culto di Loreto nasce in un momento delicatissimo: nel 1291 quando i Crociati vengono buttati a mare definitivamente e il regno Latino di Gerusalemme viene conquistato dagli Infedeli, la casa della Sacra famiglia di Nazareth viene trasportata dagli angeli in Italia. Appunto a Loreto. Insomma, il miracolo è portare l'Oriente, sottratto alla nostra civiltà, in Occidente. Oggi, sette secoli dopo, l'Occidente sembra smarrire sempre più l'abc della propria grammatica, gioca a rimpiattino, maschera il proprio Dna, e fa del dialogo il proprio credo.

A Malpensa i confini sono saltati. Negli anni scorsi alcuni musulmani che lavorano in aeroporto si erano lamentati per l'assenza di spazi consacrati alla preghiera secondo le regole dettate dal Profeta. Un paio di compagnie si sono attrezzate ricavando sale per il culto dentro lounge sontuose. Ma non basta: «Siamo in attesa di una sala ecumenica - racconta don Ruggero - ma al momento non c'è e ci dobbiamo arrangiare. Per questo ho dato volentieri l'ok all'accesso dei musulmani nella nostra cappella». Altro che muri, scontro di civiltà e visioni apocalittiche. A Malpensa siamo alla religiosità color arcobaleno. «Ma in questo modo - obietta un fedele che non nasconde la sua indignazione - tutto diventa uguale in un grande minestrone che mette insieme Cristo e Maometto». Il rispetto non va confuso con l'indifferenza o, peggio, con una sorta di complesso di inferiorità. «E poi - è il commento più gettonato - sarebbe impensabile il contrario: un posticino per i cristiani dentro una moschea». Don Ruggero non si scompone: va avanti. E abbraccia l'Islam. Anche se per molti il suo è solo un inchino. E il segno dei tempi sempre più cupi che viviamo.



Preghiere de l'omo e comande divine
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Re: Spirtoałetà e rełijoxetà no łe xe ła mema roba

Messaggioda Berto » sab gen 07, 2017 5:28 pm

Preghiere de l'omo e comande divine
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Cosa c'è di spirituale in queste parole/preghiere mussulmane, alcune delle quali sono recitate più volte al giorno, e pronunciate anche dai muezzin per invitare i fedeli alla preghiera:

“Allah Akhbar! Allah Akhbar! Ash-hadu an-la ilaha illa Allah, Ash-hadu anna Muhammad-Rasul Allah”. “Allah è il più Grande! Allah è il più Grande! Testimonio che non c'è altro dio all’infuori di Allah, Testimonio che Maometto è il Messaggero di Allah”.

Sia gloria a Te O Allah. Sia benedetto il Tuo Nome, esaltata la Tua Maestà e la Tua gloria. Non vi è altro Dio all’infuori di Te.
Prendo rifugio in Allah contro Satana il lapidato.

"Nel nome di Dio, il Misericordioso, il Compassionevole
In nome di Allah, il Compassionevole, il Misericordioso.
La lode [appartiene] ad Allah, Signore dei mondi, il Compassionevole, il Misericordioso,
Re del Giorno del Giudizio.
Te noi adoriamo e a Te chiediamo aiuto.
Guidaci sulla retta via, la via di coloro che hai colmato di grazia, non di coloro che [sono incorsi] nella [Tua] ira, né degli sviati."

Il Puro Monoteismo
In nome di Allah, il Compassionevole, il Misericordioso.
Di': " Egli Allah è Unico, Allah è l'Assoluto.
Non ha generato, non è stato generato e nessuno è eguale a Lui".

Allahu akbar (Dio è il più grande)
(Sia glorificato il Signore l'Eccelso).
(Allah ascolta coloro che lo lodano)
(O nostro Signore, tua è la lode).
(Sia glorificato il Signore, l'Altissimo).
O mio Signore, perdonami e abbi misericordia di me

Ogni nostra adorazione, ogni nostra preghiera, ogni nostra buona azione é per Allah. Pace, misericordia e le benedizioni di Allah siano su di te, o Profeta. La pace sia su di noi e sui devoti servitori di Allah. Sono testimone che non vi alcun dio se non Iddio e sono testimone che Muhammad é il Suo Servitore ed il Suo Messaggero.

O Allah, invia la Tua misericordia e le tue benedizioni su Muhammad e sulla discendenza di Muhammad, come hai inviato la Tua misericordia e le tue benedizioni su Abramo e sulla discendenza di Abramo. O Allah, invia le tue benedizioni su Muhammad e sulla discendenza di Muhammad, come hai inviato le Tue benedizioni su Abramo e sulla discendenza di Abramo. Tu sei il Degno di Lode, il Più Glorioso
As-Salamu 'alaykum wa rahmatu-Llah (il saluto e la misericordia di Dio siano su di voi). La preghiera è cosi terminata
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Re: Spirtoałetà e rełijoxetà no łe xe ła mema roba

Messaggioda Berto » sab gen 07, 2017 6:06 pm

Il sacro è un muro che separa più che un ponte che unisce.
Il sacro inteso come nascosto, separato, recintato, interdetto, ... forse attiente più alle religioni che alla spiritualità naturale.
La spiritualità delle religioni è una spiritualità manipolata dall'ideologia, dalla teologia, dai dogmi, dalla parola presuntuosa e superba ... che allontana da D-o più che avvicinare l'uomo all'universalità divina.

Lo spirito divino opera in piena libertà e in piena luce, non agisce in segreto, di nascosto, nell'ombra come un assassino o un terrorista e non spaventa poiché è la vita stessa in essere con tutta la sua infinita dolcezza e infinita crudezza.

Immagine
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Il Sacro o la dimensione simbolica
Lezione di Umberto Galimberti alle Vacances de l’Esprit 2006
29 Aprile 2007

http://www.asia.it/adon.pl?act=doc&doc=404


Parte 1 Parte 2 - Parte 3 - Parte 4

Oggi pomeriggio parliamo di una dimensione che ci fa vedere in qualche modo all’origine dell’uomo; è ciò da cui l’uomo si è potentemente difeso e che continua ad operare e che io ipotizzo essere il vero antagonista dell’apparato tecnico, che non è la buona volontà degli uomini, non il loro romanticismo, non la loro nostalgia dell’umano come l’hanno conosciuto, non tutte le cose nelle quali noi collochiamo le nostre “speranze”.

Il vero antagonista della tecnica io lo chiamo sacro, il sacro.

Sacro è una parola indoeuropea che noi traduciamo con “separato” e fa riferimento alla potenza che gli uomini hanno avvertito come superiore a loro e perciò collocata in uno scenario “altro” a cui hanno dato il nome di sacro, successivamente di “divino”. In questo scenario Dio è arrivato con molto, molto, molto ritardo. Cerco di indicare una terminologia in modo che nessuno identifichi il sacro con Dio. Si tratta di potenze che l’uomo ha avvertito come superiori a sé e ha collocato in una regione “altra”, denominata appunto “sacralità”. Sacralità è una parola ambivalente che vuol dire al contempo, benedizione e maledizione: tutte le parole che oltrepassano l’umano sono parole ambivalenti. Stante la natura ambivalente di questa dimensione, ambivalente è anche il rapporto che l’uomo stabilisce con il sacro: da un lato lo teme come si può temere ciò che si ritiene superiore e che non si è in grado di dominare e dall’altro ne è attratto come si è attratti dall’origine da cui un giorno ci si è emancipati.

Il sacro è una dimensione perdurante nella condizione umana, può essere rimosso, invocato, temuto, dimenticato addirittura, ma opera comunque. Per difenderci dal sacro sono nate le religioni, le quali, non sono dimensioni che ci mettono in rapporto con il sacro bensì ce ne difendono.

La parola religione significa relegare, recintare, contenere e le religioni hanno fatto una grande operazione di contenimento della dimensione sacra, un contenimento di natura spaziale nel senso che lo spazio del sacro è uno spazio recintato come può essere recintata una fonte sacra, un albero sacro, perchè il contatto con il sacro è un contagio, è qualcosa di estremamente pericoloso, dagli effetti sostanzialmente imprevedibili. Ci sono dei tempi sacri che sono rigorosamente determinati dall’ordine religioso e si chiamano giorni festivi. La festa non si pone in linea con il giorno feriale che è il giorno umano, il giorno del lavoro, il giorno della razionalità, il giorno dell’assunzione, il giorno della responsabilità. Il giorno festivo è il giorno della dissipazione. Nei giorni festivi, anche nelle nostre tradizioni, si consuma oltremisura, si uccidono gli animali che si sono allevati, si fa festa e si consentono le trasgressioni, da quelle alimentari a quelle sessuali fino a quella immagine della cultura romana come ad esempio i Saturnali, dove si trasgredisce perfino l’ordine gerarchico: per il periodo della festa gli schiavi diventano padroni, i padroni diventano schiavi. Si sconvolge un ordine, si entra in una sfera sacrale ed è per questo che tutte le feste sono rigorosamente comandate da chi ha il potere di concedere una sorta di contatto con la dimensione sacrale. A presiedere questo territorio sono i “sacerdo”, cioè coloro che hanno una certa dimestichezza col sacro, con un piede fuori dalla zona sacrale, lo regolano, lo mediano, ne consentono il contatto (contagio) e liberano dal contagio/contatto coloro che ne sono eccessivamente immersi. Se vogliamo definire questa dimensione sacrale dovremmo darne una definizione per difetto, una definizione in negativo perché con le definizioni siamo già nella sfera umana, siamo già nei giorni feriali, negli spazi desacralizzati. Potremmo dire che il sacro è l’indifferenziato e l’indifferenziato è quello scenario all’interno del quale non è possibile reperire delle differenze, delle distinzioni.

La differenza, la distinzione è ciò che ci consente di nominare le cose e di trattarle secondo un significato univoco. Se io, per esempio, prendo in mano un bicchiere, nessuno dei presenti si agita perché tutti ritengono che io stia alla definizione di bicchiere. Il bicchiere, secondo la definizione convenuta, è uno strumento per bere, anche se non è vero che sia solo questo. Definizione vuol dire che lì finisce il suo significato, ma io potrei prendere in mano questo bicchiere e usarlo come arma impropria; questo ci lascia intendere che tutte le cose sono immerse in un’aria sacrale, ovvero in un’aria indifferenziata, sono disponibili per mille significazioni e non sono contenute in un unico significato, che è quello che una comunità consegna alle cose per due ragioni; la prima è per ridurre l’angoscia e rendere prevedibili i comportamenti. È chiaro che, se io prendo in mano questo bicchiere e nessuno si agita, si suppone che io tratti il bicchiere secondo quello scenario di possibilità che è la sua funzione di far bere. Quindi la definizione, la differenza, la determinazione per cui il bicchiere è il bicchiere e non altro, è una condizione che consente la quiete dei comportamenti, la loro prevedibilità. E oltre alla prevedibilità dei comportamenti, la definizione, la determinazione, la differenza consentono anche di nominare le cose secondo un significato universale, per cui se io dico: “portami un bicchiere” e mi portano un bicchiere e non un microfono è in virtù del fatto che bicchiere vuol dire bicchiere e non altro.

Questa grande macchina della definizione e della determinazione delle cose è la prima grande macchina logica instaurata dalla filosofia, attraverso l’escogitazione del principio di non contraddizione che determina, definisce i significati delle cose garantendone la prevedibilità nel loro uso e l’univocità nella loro significazione. Il principio di non contraddizione dice che il bicchiere è il bicchiere e non altro, dove per “altro” sono nominate al negativo tutte le cose che non sono il bicchiere, quindi non è elefante, non è tavolo, non è sedia, non è matita, non è, non è, non è... Il principio di non contraddizione è una macchina che consente la definizione delle cose, la loro determinazione, la loro differenza rispetto alle altre cose ed è stato istituito dalla filosofia per consentire la comunicazione univoca, per orientarci nel linguaggio e per tranquillizzarci nei comportamenti. Queste cose vanno tenute presenti, perché pur di muoverci all’interno di un linguaggio determinato e univoco, dimentichiamo che le cose funzionano secondo questa regolarità esattamente perché tutti stiamo a questi patti definitori. Basta che uno impazzisca e si sottragga al patto delle definizioni, che tutto il mondo diventa terrorizzante.

Il folle è colui che rompe il patto delle definizioni, non sta al principio di non contraddizione e aprendo un cassetto dove c’è un coltello, invece di tagliare la carne, sbudella chi gli sta vicino, perché il coltello è disponibile anche per altri scenari di possibilità. Questo sta a dire che tutte le cose dimorano nel sacro, cioè nell’oscillazione vorticosa di tutti i significati ed è solo una nostra convenzione quella di stare alle regole razionali, dove per ragione io intendo proprio lo stare ai patti delle definizioni. Questa prima macchina è una tecnica. La ragione non è altro che la tecnica della definizione, una tecnica in cui si conviene di stare ai patti definitori: questo scenario si chiama ragione. La filosofia inaugura la ragione e anche se la ragione non si esaurisce in questo, è soprattutto questo. Esser ragionevoli significa stare alle definizioni. I bambini che devono ancora arrivare all’età della ragione e che ci arrivano gradatamente, nuotano nell’area del sacro, ovvero nell’indifferenziato. Se un bambino di due anni dovesse accostarsi a questo bicchiere, la mamma si avvicinerebbe subito e glielo sottrarrebbe. Perché glielo sottrae? Dicendo che è pericoloso, giusto? È veramente pericoloso per il fatto che, siccome il bambino non è arrivato al patto delle definizioni potrebbe fare di questo bicchiere tutto ciò per cui il bicchiere è disponibile, non solamente il bere. Ecco, quindi, quello che noi diamo per scontato, ricordiamoci che è un “guadagnato” nella storia dell’umanità. E perché si è arrivati a questo?

Perché prima del linguaggio razionale, gli uomini hanno nuotato in un linguaggio che io chiamo simbolico, assumendo con questa parola non quello che intendono gli psicoanalisti o i semiologi, per i quali il simbolo è una cosa che fa riferimento ad un’altra. Probabilmente per la psicoanalisi freudiana, il campanile che io sogno è il simbolo del fallo e la caverna che io sogno è il simbolo del contenitore materno. Questi non sono simboli, sono segni: una cosa sta per l’altra. La bandiera italiana non è un simbolo dell’Italia, è un segno, perché la bandiera italiana sta per nazione italiana e non sta per nazione tedesca o nazione spagnola. Quindi, quando il referente tra simbolo e simboleggiato è univoco, non parliamo di simboli, parliamo di segni. La bandiera italiana è il segno dell’Italia, non il simbolo, perché il referente è unico.

Simbolo è una parola greca: sumballein (siumballein), che vuol dire mettere assieme due significati o più significati, che di per sé non starebbero necessariamente insieme. Prima dell’avvento della ragione, l’umanità parlava un linguaggio simbolico. Jung, che ha studiato con una certa attenzione e intelligenza i simboli, racconta che un giorno si recò in Africa nella tribù dei Vacandi, durante una festa di primavera. In occasione della festa i Vacandi avevano tracciato sulla terra un solco a guisa di genitali femminili, intorno ad esso avevano collocato delle aste a guisa di genitali maschili e ballando e danzando intorno, cantavano: “Puli mira puli mira avatacà”, che secondo la traduzione dello psicoanalista vuol dire: “questa non è una fossa, questa non è una fossa ma è una vulva”. Secondo Jung i Vacandi trasformavano, attraverso questa immagine, l’energia sessuale in energia lavorativa; si applicavano alla terra come ci si applica alla vulva.

A parte questo, quel che a noi interessa è che i Vacandi attraverso un rito stabiliscono una connessione di significati che altrimenti non stanno insieme. Stanno insieme solamente all’interno del codice di quella tribù, uscendo dalla quale la connessione di significati non funziona più. Quindi, la prima operazione per arrivare ad un linguaggio universale dove tutti ci possiamo intendere allo stesso modo, è quella di uscire dal linguaggio simbolico, di non fare delle connessioni arbitrarie costruite sulla base della somiglianza, della contingenza, della contiguità, dell’immagine similare che una cosa può avere con un’altra. Per riuscire ad intenderci dobbiamo uscire dalla dimensione simbolica che mette insieme i significati (sumballein) ed entrare in una dimensione diabolica. La ragione è diabolica: “diabàllein”, che vuol dire separare; “bàllein” vuol dire gettare, “dià” significa diametro, lontano. “Siùn”, invece, vuol dire insieme, la dimensione simbolica è antecedente il linguaggio razionale; i primitivi, non essendo ancora arrivati alla ragione, si erano difesi dall’indifferenziato attraverso dei riti che facevano delle connessioni tra i significati per potersi intendere. Quando le connessioni sono condivise, si hanno le regole del gioco arbitrarie, solide o flebili che siano, alle quali tutti si attengono e in questo modo ci si intende e si può giocare. Tali regole, però, sono molto fragili e funzionano solo in un determinato ambito: trattare le fosse come vulve va bene là, nella tribù dei Vacandi, dove si è fatta questa connessione, ma fuori da questa tribù, cosa si capisce?

Bene, la filosofia con Platone fa questa prima grandissima operazione: si esce dal linguaggio simbolico e si entra nel linguaggio razionale, dove la vulva è la vulva e non è altro, la fossa è la fossa e non è altro e tra le due non c’è alcuna connessione. Platone può essere considerato il filosofo che ha posto le basi discorsive del linguaggio occidentale, basi discorsive di natura razionale regolate dal principio di non contraddizione o principio di ragione.

Eraclito fa molto bene questa distinzione in un suo frammento, là dove dice: “Il Dio è giorno e notte, sazietà e fame, inverno e estate e si mescola a tutte le cose assumendo di volta in volta il loro aroma”. Appare qui l’indifferenziato, la contrazione di tutti i significati, l’antecedente della ragione, l’impossibilità di intendersi: questo è il linguaggio del Sacro, è quello sfondo pre-umano, da cui l’umanità per nascere ha dovuto emanciparsi.

Noi possiamo dire che l’umanità nasce quando fuoriesce dal simbolico ed entra o nella forma codificante dei miti e dei riti o nella forma supercodificante della ragione e del principio di non contraddizione. L’umanità nasce quando si separa dall’indifferenziato, esce fuori e nell’indifferenziato istituisce le differenze, per cui una cosa è se stessa e non un’altra, per cui si parla e si capisce cosa si dice e in questa maniera si garantisce la tranquillità del comportamento, dell’attesa, della prevedibilità, l’univocità del linguaggio. Qui nasce l’uomo, la prima codificazione è rudimentale, è quella dei Vacandi che stabilisce delle connessioni tra le cose attraverso momenti rituali. Tutto il gioco, il ripetuto rituale che nessuno ascolta, è per ribadire quotidianamente i codici linguistici e comportamentali. Il rito è questo e la religione che vuole contenere il simbolico, il sacro, l’indifferenziato non può che istituirsi come rito, come ripetizione perenne dei codici. Per cui tutti coloro che dicono: ”Ma in chiesa la domenica si sente sempre la stessa cosa!”. Bene, giusto, perfetto, esatto, è così! La chiesa deve ripetere le stesse cose; non è un varietà, è un codice dell’anima, per salvaguadare l’anima dall’implosione nell’indifferenziato. Sempre Eraclito dopo aver detto che “il Dio è giorno e notte, inverno ed estate, sazietà e fame” ci dice che l’uomo - e qui pone la differenza radicale tra l’umano e il divino - ritiene giusta una cosa e ingiusta l’altra, ecco qui la differenza! Per il Dio tutto è bello, tutto è buono, tutto è giusto e siamo di nuovo nella dimensione dell’indifferenziato. Così sono andate le cose nella storia dell’umano e non chiedetemi quando, dove e come; lasciamo l’argomento agli storici che non hanno dimestichezza con questi scenari, perchè la storia è storia umana e quindi non ha nessuna parentela con la dimensione antecendente l’umano. Quando ho “parlato male” di Dio, di Gesù Cristo, del Cristo immagino di aver suscitato anche delle reazioni che non possono trovare esplicazione in una domanda, in un argomento. In ciascuno di noi c’è nel fondo un rifiuto di ascoltare un discorso del genere, perché tutti abbiamo qualche sfondo simbolico e siamo grati alle religioni che ce l’hanno contenuto.

I sacrifici, le preghiere non servono per ottenere qualcosa dagli Dei, da Dio, dal Sacro, ma servono a tenere lontano il sacro, perché l’irruzione dell’indifferenziato nell’ordine delle parole, dei nomi è il disfacimento, lo smarrimento della ragione. Noi siamo soliti chiamare lo smarrimento della ragione follia e possiamo fuoriuscire dallo scenario antropologico ed entrare in una dimensione individuale fino a quella dimensione che si chiama follia. Conosciamo la follia in due accezioni che Platone ci indica molto bene: la follia come trasgressione delle regole della ragione (e per ragione intendo un procedere per differenze, definizioni, determinazioni di significati); chi non sta alla ragione è folle e questa è una follia, cioè follia come trasgressione della ragione. Ogni regola prevede una deroga ovvero ospita la possibilità della trasgressione. E’ la follia che conosciamo tutti, la follia di cui si occupano Foucault, la psichiatria, i manicomi, gli psicofarmaci. E’ la follia che Platone chiama pandemia popolare, diffusa, la follia trasgressiva. La chiamiamo follia numero due, ma al di sotto della ragione e della follia, c’è la follia numero uno e questa è la dimensione sacrale, del sacro. Il sacro è l’indifferenziato, da cui la ragione ci emancipa instaurando le differenze e, a differenze instaurate, all’interno di queste ci sono le possibilità di trasgressione. La ragione è una emancipazione dall’indifferenziato. L’uomo è una emancipazione dal sacro e dal divino, è un venir fuori da questo scenario. Quando è fuori, può trasgredire lo scenario della ragione e compiere atti di follia come semplice deroga dalle regole. C’è poi una follia originaria che è l’antecedente l’umano, il mondo degli dei, il mondo del sacro, che ci abita e sottolineo, che ci abita. Non ci sentiamo mai emancipati definitivamente da questa dimensione, essa è il nostro costitutivo e ce la portiamo dentro in ogni momento. Da qui ciascuno faccia le sue riflessioni e partiamo da una proposizione un po’ forte che metto qui non tanto per provocare, quanto per evidenziare piuttosto la struttura in piccolo e in modo grossolano. Partiamo quindi dal concetto che ciascuno di noi è folle, cioè nuota nell’indifferenziato, fa connessioni di pensieri che non sono assolutamente giustificate e visualizzate in termini razionali. Per avere la prova di questa follia che ci costituisce è sufficiente che si faccia riferimento alla nostra singolarità: quando siamo soli, pensiamo per nostro conto, produciamo immagini, connessioni di significati, associazioni, passaggi tra uno scenario e l’altro. Facciamo una passeggiata in solitudine e lì tocchiamo la nostra follia, perché quando l’uomo è solo ricade nell’indifferenziato e si assorbe in questi suoi pensieri che stabiliscono dei rapporti non razionali, dei passaggi non logici, dei significati non consentiti dal principio di non contraddizione e dal nesso di causalità, cosicchè se uno dovesse in quel momento parlare con noi, ci guarderemmo bene dal riferire quel che abbiamo pensato. Ci vergogneremmo di riferire quel soliloquio dell’anima che conduciamo ciascuno per se stesso e quella vergogna è l’interdetto della ragione: se non vuoi essere giudicato folle, non dire cosa stai pensando nella tua solitudine.

Il luogo della ragione è il plurale. Singolare e plurale, i verbi del nostro linguaggio, sono costruiti così: nel plurale noi ci produciamo secondo le regole della ragione, il plurale è assoluto, privo di valenze simboliche, non c’è un sovrappiù di significato.

Quando parliamo per gli altri ci produciamo in un discorso razionale non riferendo i nostri interiori pensieri, non riferiamo le associazioni che andiamo facendo man mano che pensiamo da soli e ci produciamo in un discorso a tutti comune: “logos koinon” diceva Eraclito, non c’è nessuna valenza simbolica. Immagino che sia faticoso capire cos’è un simbolo, nonostante io abbia parlato dei Vacandi e delle bandiere, dei tricolori, per cui faccio un ulteriore riferimento. Prendiamo una pagina poetica di Leopardi: “dimmi che fai tu luna in ciel”. Guardata da un punto di vista razionale, questa è la frase di un matto, perché si sa benissimo che cosa fa la luna in cielo e un astrofisico potrebbe benissimo spiegare a Leopardi che cosa fa la luna in cielo: la domanda è del tutto superflua, non ha nulla di poetico. Ma allora perché poetica? E’ poetica perché esce dal razionale. Quando pronunciamo quella frase, fuoriusciamo dal razionale, carichiamo la parola luna, che vuol dire luna e non altro, di un eccedenza di significato, di un più di significazione. Come si legittima razionalmente la domanda di Leopardi? Togliendo la parola luna dal suo significato razionale, immettendola nello spazio del sacro, dell’indifferenziato, del confusivo. Confondere è fondere insieme due significati; in quel momento nasce il poetico, il quale è discorso folle dal punto di vista della ragione. E’ questo anche il motivo per cui Platone, che inaugura la ragione in Occidente, dice: “i poeti vanno espulsi dalla città perché il loro linguaggio non è razionale”. Sovrapporre i significati vuol dire mettere insieme significati che di per sè non starebbero insieme e non appena io metto insieme dei significati, fuoriesco dalla definizione, dalla determinazione, dalla differenza tra le parole ed i significati, ed entro nella sfera simbolica o nella sfera poetica. “Poiein” in greco vuol dire produrre e i poeti sono produttori di significazione. La poesia è una produzione di eccedenza di significati rispetto ai significati stabiliti. E’ per questo che nei confronti delle poesie c’è sempre una sorta di ambivalenza, nel senso che è facile leggere un saggio, ancora più facile leggere un trattato di fisica ma se ci accostiamo al poetico c’è un certo sommovimento, perché stiamo uscendo fuori leggermente dallo spazio della ragione e incominciamo a sentire una certa inquietudine o addirittura un rifiuto. Nietzche dice: “i poeti mentono troppo”, ribadendo il modello Platonico dell’eccedenza dei significati che i poeti precedono.

Cos’è questa eccedenza dei significati? Un congedo dallo spazio della ragione e un’immersione nel sacro: follia numero uno, ovvero tutti scriviamo poesie. Ma cosa vuol dire scrivere poesie? Non certamente sfogarsi, perché per sfogarsi bastano i diari. Scrivere una poesia significa mettere per iscritto l’eccedenza di significati che le cose assumono per noi, un’eccedenza di significati che non possiamo comunicare all’altro, se non creando nell’altro una certa sospettosità circa il nostro stato mentale e allora ci produciamo poeticamente. Le poesie per una certa diffidenza non le facciamo leggere, oppure al contrario, se proprio non ce la facciamo più, invadiamo gli interlocutori con i nostri brani poetici. C’è sempre questa eccedenza di significazione veramente inquientante che ci porta nella sfera dell’indifferenziato, del sacro, del Dio, degli dei. Nella follia originaria si muore. I bambini che devono ancora arrivare all’età della ragione, i poeti, i folli, noi stessi ogni volta che sognamo siamo nella follia. Il sogno è una follia, perché nel sogno collassa il principio di non contraddizione, di identità, per cui quando sogno sono io e non sono io, sono maschio ma sono anche femmina, sono giovane ma sono anche vecchio. C’è il collasso del principio di non contraddizione che è il principio della ragione. C’è il collasso del principio di causalità, per cui invece del principio di causa/effetto, ci troviamo a vivere il rapporto effetto/causa. C’è il collasso del tempo, per cui uno sogna cominciando all’epoca della rivoluzione francese e finisce ai giorni nostri in 5 minuti. C’è il collasso dello spazio, per cui incominciamo il sogno nella casa della zia e ci ritroviamo a Manhattan. Collassa tutto l’ovvio della ragione, ma se la ragione collassa tutte le notti, questa è la prova provata che la follia è il nostro costitutivo. Noi siamo la follia, noi siamo il sacro, noi siamo l’indifferenziato. Aristotele diceva: “nell’individuo non c’è sapere” perché il sapere è possibile solo quando la legge scientifica formula qualcosa che vale per tutti gli enti che condividono una certa natura. Ma le regole che noi poniamo non valgono: noi per esempio non siamo enti che possono essere assimilati e classificati nello stesso genere. Questo può accadere ad un livello generalissimo: siamo viventi, siamo bipedi, ci muoviamo in modo verticale e non proni come gli animali, ma fuori da questo cosa ci accomuna, cosa ci differenzia oltre al corpo? Qui dico oltre al corpo, ma poi vedremo che la follia è esattamente il corpo. Oltre al corpo che cosa ci differenzia se non la nostra rispettiva follia? Perché gli uomini non si intendono? Perché la mia simbolica non è la tua simbolica? Perché i popoli non si intendono? Perché la simbolica di un occidentale non è la simbolica di un islamico, non è la simbolica di un cinese? Perché l’altro è davvero un altro? E tutti coloro che dicono che bisogna parlare con l’altro, intendersi con l’altro, dimenticano che poiché la mia follia non è la tua follia, tra noi possiamo accostarci solo a livello di mediazioni linguistiche impersonali. Io sto parlando a voi in modo del tutto impersonale. Chi è Umberto Galimberti? Chi lo sa? E’ la prima cosa che non faccio vedere. E così fate voi, ma evidentemente noi ci produciamo in un linguaggio razionale, perché questa dimensione indifferenziata, sacrale è il fondamento di quello che io ho chiamato pudore e il pudore è la non rivelazione della simbolica interiore. Io a te chi sono non lo dirò mai.


Galimberti non occorre che tu mi dica chi sei perché non sei un'ombra ma sei semplicemente un uomo come tanti e come me e non puoi nasconderti e tutti ti possono vedere sia come universalità umana comune sia come individualità, singolarità diversa, differenziata. Sei una varietà dell'umano e ciò che ti diffrenzia dagli altri è talmente poco che non riesci nemmeno tu a trovarlo e a nasconderlo.



Galimberti "sacro" non è una parola indoeuropea poiché la si trova anche nelle lingue semitiche dell'area mesoptamica.

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Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Spirtoałetà e rełijoxetà no łe xe ła mema roba

Messaggioda Berto » sab gen 07, 2017 6:42 pm

???

Scimpanzé “con il senso del divino e del sacro”. Accumulano pietre davanti agli alberi come se fosse “rituale simbolico”
La scoperta, fatta da un team di ricercatori tedeschi e americani, ha lasciato di stucco i ricercatori: nei video si vedono chiaramente come alcuni di loro si prodighino nel costruire dei cumuli di pietra nelle vicinanze di enormi alberi
di Daniele Guido Gessa | 8 marzo 2016

http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/03 ... co/2526418

Degli scimpanzé già si sapeva del loro utilizzo di pietre per rompere i frutti e per macinare il cibo, di bastoncini per estrarre gli insetti dai tronchi e persino delle loro ‘danze’ rituali davanti a fenomeni della natura quali temporali o incendi nella foresta o nella savana. Eppure ha veramente sorpreso gli scienziati quanto mostrato da alcune telecamere nascoste, piazzate nella foresta della Repubblica di Guinea, nell’Africa occidentale, e che hanno rivelato quello che sembrerebbe un vero e proprio senso del sacro e del divino dei nostri cugini primati.

La scoperta, fatta da un team di ricercatori tedeschi e americani, ha lasciato di stucco tanti uomini e tante donne della scienza: nei video si vedono chiaramente come gli scimpanzé di alcuni particolari gruppi sociali di questa parte del mondo si prodighino nel costruire dei cumuli di pietra nelle vicinanze di enormi alberi. Quasi come facevano i nostri antenati umani edificando tempietti, dolmen, menhir, dando un senso alle pietre, un senso quasi divino alla materia inerte, e ‘venerando’ prodigi della natura come gli alberi millenari, spesso considerati sacri in molte culture.

Dopo il clamore sui media di tutto il mondo, qualcuno, tuttavia, sembra mettere il freno all’entusiasmo. Intervistata da New Scientist, Laurie Santos, psicologa cognitiva della Yale University americana, ha sottolineato come “ancora non sappiamo come interpretare questo comportamento. Nella mia esperienza con le scimmie – ha continuato – i rumori spesso hanno una funzione comunicativa, come nel caso dei maschi che vogliano essere dominanti, così il mio istinto mi porta a dire che questo comportamento possa funzionare in un modo molto simile”.

Costruire questi piccoli altari di pietra implica infatti che i sassi vengano scagliati contro gli alberi, producendo grande rumore. Però, nella scienza come nella vita di tutti i giorni, tutto è possibile. “Così avremmo bisogno di più osservazione – ha concluso Santos parlando con New Scientist – e magari avremmo bisogno anche di esperimenti, per sapere se gli scimpanzé si impegnino in questo comportamento in modo veramente rituale”.

Molto più entusiasta, invece, Laura Kehoe, ricercatrice dell’Università Humboldt di Berlino ed esperta di effetti delle attività umane sulla biodiversità. Kehoe ha fatto parte del team che per primo ha effettuato la scoperta e, con un intervento sul Guardian, quotidiano britannico, ha spiegato il perché del suo enorme stupore. “Quello che abbiamo scoperto ci ricorda il nostro passato. Segnare i percorsi e i territori con cumuli di pietre è un passaggio importante nella storia dell’uomo”, ha scritto la ricercatrice sul Guardian. Ma in questo caso “potremmo veramente aver scoperto l’evidenza degli scimpanzé intenti a creare una sorta di rituale simbolico. Cumuli di pietre fatti dall’uomo sono comunemente osservati in tutto il mondo e anche le popolazioni indigene dell’Africa occidentale accumulano pietre vicino agli alberi ‘sacri’”.

Poi, da parte di Kehoe, un richiamo a una certa “cautela”, “ma se veramente abbiamo scoperto la prima prova di rituali simbolici in natura, questo che conseguenze ha sul modo in cui vediamo il resto del regno animale?”. E ancora, “siamo veramente l’unica specie con il senso del sacro?”. E nel caso gli scimpanzé abbiano il senso del divino e siano quindi ancora più simili a noi, “è accettabile continuare a portare avanti la sperimentazione medica così invasiva sui primati? O chiuderli in uno zoo per il nostro divertimento?”.
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