Libertà delle "religioni" e libertà dalle "religioni".

Re: Libertà delle "religioni" e libertà dalle "religioni".

Messaggioda Berto » lun feb 11, 2019 9:41 am

L'alleanza idolatra con l'Islam contro gli atei e il materialismo moderno
(e implicitamente seppur non detto, contro gli ebrei e tutte le altre religioni ?)


Scrive Magdi Allam:

Il Documento del Papa negli Emirati Arabi Uniti
concepisce il cristianesimo e l'islam impegnati in una comune missione sia contro l'ateismo sia contro l'integralismo religioso: «Tutto ciò contribuisce a diffondere una sensazione generale di frustrazione, di solitudine e di disperazione, conducendo molti a cadere o nel vortice dell’estremismo ateo e agnostico, oppure nell’integralismo religioso, nell’estremismo e nel fondamentalismo cieco, portando così altre persone ad arrendersi a forme di dipendenza e di autodistruzione individuale e collettiva».

Il Documento assolve l'islam da qualsiasi legame con il terrorismo islamico e equipara l'islam al cristianesimo come religione di pace: «Altresì dichiariamo – fermamente – che le religioni non incitano mai alla guerra e non sollecitano sentimenti di odio, ostilità, estremismo, né invitano alla violenza o allo spargimento di sangue. Queste sciagure sono frutto della deviazione dagli insegnamenti religiosi, dell’uso politico delle religioni e anche delle interpretazioni di gruppi di uomini di religione che hanno abusato – in alcune fasi della storia – dell’influenza del sentimento religioso sui cuori degli uomini per portarli a compiere ciò che non ha nulla a che vedere con la verità della religione, per realizzare fini politici e economici mondani e miopi. Per questo noi chiediamo a tutti di cessare di strumentalizzare le religioni per incitare all’odio, alla violenza, all’estremismo e al fanatismo cieco e di smettere di usare il nome di Dio per giustificare atti di omicidio, di esilio, di terrorismo e di oppressione. Lo chiediamo per la nostra fede comune in Dio, che non ha creato gli uomini per essere uccisi o per scontrarsi tra di loro e neppure per essere torturati o umiliati nella loro vita e nella loro esistenza. Infatti Dio, l’Onnipotente, non ha bisogno di essere difeso da nessuno e non vuole che il Suo nome venga usato per terrorizzare la gente».
Il Documento afferma che il terrorismo islamico sarebbe la conseguenza o di una errata interpretazione dell'islam o la conseguenza di ingiustizie subite dai popoli: «Il terrorismo esecrabile che minaccia la sicurezza delle persone, sia in Oriente che in Occidente, sia a Nord che a Sud, spargendo panico, terrore e pessimismo non è dovuto alla religione – anche se i terroristi la strumentalizzano – ma è dovuto alle accumulate interpretazioni errate dei testi religiosi, alle politiche di fame, di povertà, di ingiustizia, di oppressione, di arroganza; per questo è necessario interrompere il sostegno ai movimenti terroristici attraverso il rifornimento di denaro, di armi, di piani o giustificazioni e anche la copertura mediatica, e considerare tutto ciò come crimini internazionali che minacciano la sicurezza e la pace mondiale. Occorre condannare un tale terrorismo in tutte le sue forme e manifestazioni».
Il Documento sostiene che l'Occidente, ossia il cristianesimo, dovrebbe imparare e ispirarsi sul piano spirituale all'Oriente, ossia all'islam: «L’Occidente potrebbe trovare nella civiltà dell’Oriente rimedi per alcune sue malattie spirituali e religiose causate dal dominio del materialismo. E l’Oriente potrebbe trovare nella civiltà dell’Occidente tanti elementi che possono aiutarlo a salvarsi dalla debolezza, dalla divisione, dal conflitto e dal declino scientifico, tecnico e culturale».





Ma quali sarebbero mai i valori spirituali e umani dell'Islam?
viewtopic.php?f=188&t=2580

Allah non è Dio e Maometto non è un profeta di Dio
viewtopic.php?f=188&t=2815

Il Papa bugiardo e l'infernale alleanza con l'Islam
viewtopic.php?f=188&t=2378

Criticare l'Islam è una necessità vitale primaria, un dovere civile universale prima ancora che un diritto umano;
poiché l'Islam è il nazismo maomettano.

Non va solo criticato ma denunciato, contrastato, perseguito e bandito.
viewtopic.php?f=188&t=2811

La blasfemia vera è quella che sta alla base delle religioni, ossia la presunzione sacrilega di detenere il monopolio di Dio, dello Spirito Universale;
questa blasfemia è la fonte di ogni male, specialmente laddove questa presunzione demenziale si accompagna alla mostruosa e disumana violenza coercitiva.
L'odio e la violenza sono intrinsici all'Islam, a Maometto e al Corano, vanno denuciati, perseguiti e banditi come il male assoluto.
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 6248299139

Idolatria e spiritualità naturale e universale
viewtopic.php?f=24&t=2036

Libertà, spiritualità e religione, scienza, caso e fede
viewtopic.php?f=141&t=2657
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli delle religioni e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa e dall'uomo e dai suoi idoli.
Fede naturale e fede religiosa
viewtopic.php?f=201&t=2742

Spiritualità e religiosità non sono la stessa cosa
viewtopic.php?f=24&t=2454

La manipolazione umana, religiosa e idolatra di Dio
viewtopic.php?f=201&t=2751
Quello delle religioni non è Dio ma una sua interpretazione idolatra
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Re: Libertà delle "religioni" e libertà dalle "religioni".

Messaggioda Berto » lun feb 11, 2019 9:41 am

Pietro Marinelli
5 febbraio 2019

https://www.facebook.com/pietro.marinel ... 0717489884

Cari amici, come mai l'attuale papa della Chiesa cattolica lavora intensamente per legittimare la falsa immagine di un islam come "religione di pace"? Come mai, invece di cercare la fratellanza con le altre Chiese cristiane, la cerca con gli imam? E soprattutto, come mai non ricorda quasi mai i martiri cristiani, dei quali la maggior parte viveva in Paesi musulmani? Lo fa di sua spontanea volontà oppure segue le indicazioni di qualcuno che vorrebbe l'annacquamento del cristianesimo in una sorta di "religione universale" di tipo massonico?


Alberto Pento

Bergoglio è una personalità complessa e un coacervo di contraddizioni: umana, religiosa e politica, articolata e combattuta
ra il fanatismo e l'esaltazione idolatra cristiana che vede nell'ebreo Gesù Cristo Dio stesso e il modello umano da imitare in tutto fino alla morte, aggravata dall'aggiunta di un pizzico di ideologia comunistoide,
tra il realismo politico come capo di stato della Città de Vaticano da sempre avvezzo alla mediazione poltica tra stati, prima come imperialismo secolare cattolico romano e poi come imperialismo religioso,
tra una intelligenza e una coscienza umana che si rende conto di come in fondo le religioni siano tutte un pensiero debole, primitivo, preistoriche e moderne forme di idolatria che dividono e confliggono gli uomini, producendo spesso più male che bene.
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Re: Libertà delle "religioni" e libertà dalle "religioni".

Messaggioda Berto » lun feb 11, 2019 9:42 am

L'incontro tra il papa e al Tayeb danneggia il rapporto Chiesa-Islam
Carlo Panella
2019/02/07

https://www.lettera43.it/it/articoli/mo ... IXz_pKChDo

Non basteranno anni per rimediare ai danni che papa Francesco ha inferto ai rapporti tra la Chiesa e l’islam. Sconcertati, lo abbiamo visto ad Abu Dhabi camminare mano nella mano col “fratello” Ahmed al Tayeb, l’imam di al Azhar, quello stesso al Tayeb che ha dato prova della ferocia dell’Islam in cui crede dichiarando che i militanti dell’Isis «devono essere uccisi, crocefissi e bisogna tagliare loro le mani e i piedi». Quello stesso al Tayeb - questo è indicativo e gravissimo - che nel 2011 ha di fatto rotto i rapporti con papa Ratzinger in maniera violenta e del tutto immotivata, se non da una concezione servile del ruolo della Chiesa.


L'ATTACCO DI AL TAYEB A RATZINGER NEL 2011

I fatti erano questi: all’Angelus del 2 gennaio 2011 il papa aveva definito gli attentati contro i cristiani di Alessandria d’Egitto un «vile gesto di morte, come quello di mettere bombe ora anche vicino alle case dei cristiani in Iraq per costringerli ad andarsene», un atto che «offende Dio e l’umanità intera». Al Tayeb aveva replicato definendo quello del pontefice un «intervento inaccettabile negli affari dell’Egitto», reo soprattutto di non aver chiesto la medesima protezione per i musulmani uccisi in Iraq.

Ma non basta, papa Francesco se ne è andato mano nella mano ad Abu Dhabi con un al Tayeb che il 4 aprile del 2002 ha dichiarato, nel pieno della Intifada delle stragi che hanno ucciso centinaia di civili israeliani: «La soluzione al terrorismo israeliano sta nella proliferazione degli attacchi fidain [attacchi di martirio, per meglio dire, kamikaze] che terrorizzino i cuori dei nemici di Allah. I Paesi islamici, così come le persone e i governanti, devono supportare questi attacchi di martirio». Tre anni fa quando Laura Boldrini lo invitò alla Camera ci fu una sollevazione bipartisan, la comunità ebraica insorse e al Tayeb fu costretto ad annullare la visita.


IL RELATIVISMO PERDENTE DI BERGOGLIO

Abbracciando questo orrido interlocutore islamico, papa Francesco nel nome di un classico relativismo perdente, accetta la subordinazione dei cristiani, anche in Europa, al peggiore Islam possibile. D’altronde il papa gesuita dopo la strage islamica di Charlie Hebdo aveva commentato: «Se uno offende mia madre gli do un pugno, non si offende la religione degli altri».
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Re: Libertà delle "religioni" e libertà dalle "religioni".

Messaggioda Berto » lun feb 11, 2019 10:44 am

Ecco il documento

Documento sulla “Fratellanza Umana per la Pace Mondiale e la convivenza comune” firmato da Sua Santità Papa Francesco e il Grande Imam di Al-Azhar Ahamad al-Tayyib (Abu Dhabi, 4 febbraio 2019)

http://w2.vatican.va/content/francesco/ ... umana.html

VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ FRANCESCO
NEGLI EMIRATI ARABI UNITI
(3-5 FEBBRAIO 2019)

DOCUMENTO SULLA FRATELLANZA UMANA PER LA PACE MONDIALE E LA CONVIVENZA COMUNE

PREFAZIONE

La fede porta il credente a vedere nell’altro un fratello da sostenere e da amare. Dalla fede in Dio, che ha creato l’universo, le creature e tutti gli esseri umani – uguali per la Sua Misericordia –, il credente è chiamato a esprimere questa fratellanza umana, salvaguardando il creato e tutto l’universo e sostenendo ogni persona, specialmente le più bisognose e povere.

Partendo da questo valore trascendente, in diversi incontri dominati da un’atmosfera di fratellanza e amicizia, abbiamo condiviso le gioie, le tristezze e i problemi del mondo contemporaneo, al livello del progresso scientifico e tecnico, delle conquiste terapeutiche, dell’era digitale, dei mass media, delle comunicazioni; al livello della povertà, delle guerre e delle afflizioni di tanti fratelli e sorelle in diverse parti del mondo, a causa della corsa agli armamenti, delle ingiustizie sociali, della corruzione, delle disuguaglianze, del degrado morale, del terrorismo, della discriminazione, dell’estremismo e di tanti altri motivi.

Da questi fraterni e sinceri confronti, che abbiamo avuto, e dall’incontro pieno di speranza in un futuro luminoso per tutti gli esseri umani, è nata l’idea di questo »Documento sulla Fratellanza Umana « . Un documento ragionato con sincerità e serietà per essere una dichiarazione comune di buone e leali volontà, tale da invitare tutte le persone che portano nel cuore la fede in Dio e la fede nella fratellanza umana a unirsi e a lavorare insieme, affinché esso diventi una guida per le nuove generazioni verso la cultura del reciproco rispetto, nella comprensione della grande grazia divina che rende tutti gli esseri umani fratelli.

DOCUMENTO

In nome di Dio che ha creato tutti gli esseri umani uguali nei diritti, nei doveri e nella dignità, e li ha chiamati a convivere come fratelli tra di loro, per popolare la terra e diffondere in essa i valori del bene, della carità e della pace.

In nome dell’innocente anima umana che Dio ha proibito di uccidere, affermando che chiunque uccide una persona è come se avesse ucciso tutta l’umanità e chiunque ne salva una è come se avesse salvato l’umanità intera.

In nome dei poveri, dei miseri, dei bisognosi e degli emarginati che Dio ha comandato di soccorrere come un dovere richiesto a tutti gli uomini e in particolar modo a ogni uomo facoltoso e benestante.

In nome degli orfani, delle vedove, dei rifugiati e degli esiliati dalle loro dimore e dai loro paesi; di tutte le vittime delle guerre, delle persecuzioni e delle ingiustizie; dei deboli, di quanti vivono nella paura, dei prigionieri di guerra e dei torturati in qualsiasi parte del mondo, senza distinzione alcuna.

In nome dei popoli che hanno perso la sicurezza, la pace e la comune convivenza, divenendo vittime delle distruzioni, delle rovine e delle guerre.

In nome della» fratellanza umana «che abbraccia tutti gli uomini, li unisce e li rende uguali.

In nome di questa fratellanza lacerata dalle politiche di integralismo e divisione e dai sistemi di guadagno smodato e dalle tendenze ideologiche odiose, che manipolano le azioni e i destini degli uomini.

In nome della libertà, che Dio ha donato a tutti gli esseri umani, creandoli liberi e distinguendoli con essa.

In nome della giustizia e della misericordia, fondamenti della prosperità e cardini della fede.

In nome di tutte le persone di buona volontà, presenti in ogni angolo della terra.

In nome di Dio e di tutto questo, Al-Azhar al-Sharif – con i musulmani d’Oriente e d’Occidente –, insieme alla Chiesa Cattolica – con i cattolici d’Oriente e d’Occidente –, dichiarano di adottare la cultura del dialogo come via; la collaborazione comune come condotta; la conoscenza reciproca come metodo e criterio.

Noi – credenti in Dio, nell’incontro finale con Lui e nel Suo Giudizio –, partendo dalla nostra responsabilità religiosa e morale, e attraverso questo Documento, chiediamo a noi stessi e ai Leader del mondo, agli artefici della politica internazionale e dell’economia mondiale, di impegnarsi seriamente per diffondere la cultura della tolleranza, della convivenza e della pace; di intervenire, quanto prima possibile, per fermare lo spargimento di sangue innocente, e di porre fine alle guerre, ai conflitti, al degrado ambientale e al declino culturale e morale che il mondo attualmente vive.

Ci rivolgiamo agli intellettuali, ai filosofi, agli uomini di religione, agli artisti, agli operatori dei media e agli uomini di cultura in ogni parte del mondo, affinché riscoprano i valori della pace, della giustizia, del bene, della bellezza, della fratellanza umana e della convivenza comune, per confermare l’importanza di tali valori come àncora di salvezza per tutti e cercare di diffonderli ovunque.

Questa Dichiarazione, partendo da una riflessione profonda sulla nostra realtà contemporanea, apprezzando i suoi successi e vivendo i suoi dolori, le sue sciagure e calamità, crede fermamente che tra le più importanti cause della crisi del mondo moderno vi siano una coscienza umana anestetizzata e l’allontanamento dai valori religiosi, nonché il predominio dell’individualismo e delle filosofie materialistiche che divinizzano l’uomo e mettono i valori mondani e materiali al posto dei principi supremi e trascendenti.

Noi, pur riconoscendo i passi positivi che la nostra civiltà moderna ha compiuto nei campi della scienza, della tecnologia, della medicina, dell’industria e del benessere, in particolare nei Paesi sviluppati, sottolineiamo che, insieme a tali progressi storici, grandi e apprezzati, si verifica un deterioramento dell’etica, che condiziona l’agire internazionale, e un indebolimento dei valori spirituali e del senso di responsabilità. Tutto ciò contribuisce a diffondere una sensazione generale di frustrazione, di solitudine e di disperazione, conducendo molti a cadere o nel vortice dell’estremismo ateo e agnostico, oppure nell’integralismo religioso, nell’estremismo e nel fondamentalismo cieco, portando così altre persone ad arrendersi a forme di dipendenza e di autodistruzione individuale e collettiva.

La storia afferma che l’estremismo religioso e nazionale e l’intolleranza hanno prodotto nel mondo, sia in Occidente sia in Oriente, ciò che potrebbe essere chiamato i segnali di una «terza guerra mondiale a pezzi», segnali che, in varie parti del mondo e in diverse condizioni tragiche, hanno iniziato a mostrare il loro volto crudele; situazioni di cui non si conosce con precisione quante vittime, vedove e orfani abbiano prodotto. Inoltre, ci sono altre zone che si preparano a diventare teatro di nuovi conflitti, dove nascono focolai di tensione e si accumulano armi e munizioni, in una situazione mondiale dominata dall’incertezza, dalla delusione e dalla paura del futuro e controllata dagli interessi economici miopi.

Affermiamo altresì che le forti crisi politiche, l’ingiustizia e la mancanza di una distribuzione equa delle risorse naturali – delle quali beneficia solo una minoranza di ricchi, a discapito della maggioranza dei popoli della terra – hanno generato, e continuano a farlo, enormi quantità di malati, di bisognosi e di morti, provocando crisi letali di cui sono vittime diversi paesi, nonostante le ricchezze naturali e le risorse delle giovani generazioni che li caratterizzano. Nei confronti di tali crisi che portano a morire di fame milioni di bambini, già ridotti a scheletri umani – a motivo della povertà e della fame –, regna un silenzio internazionale inaccettabile.

È evidente a questo proposito quanto sia essenziale la famiglia, quale nucleo fondamentale della società e dell’umanità, per dare alla luce dei figli, allevarli, educarli, fornire loro una solida morale e la protezione familiare. Attaccare l’istituzione familiare, disprezzandola o dubitando dell’importanza del suo ruolo, rappresenta uno dei mali più pericolosi della nostra epoca.

Attestiamo anche l’importanza del risveglio del senso religioso e della necessità di rianimarlo nei cuori delle nuove generazioni, tramite l’educazione sana e l’adesione ai valori morali e ai giusti insegnamenti religiosi, per fronteggiare le tendenze individualistiche, egoistiche, conflittuali, il radicalismo e l’estremismo cieco in tutte le sue forme e manifestazioni.

Il primo e più importante obiettivo delle religioni è quello di credere in Dio, di onorarLo e di chiamare tutti gli uomini a credere che questo universo dipende da un Dio che lo governa, è il Creatore che ci ha plasmati con la Sua Sapienza divina e ci ha concesso il dono della vita per custodirlo. Un dono che nessuno ha il diritto di togliere, minacciare o manipolare a suo piacimento, anzi, tutti devono preservare tale dono della vita dal suo inizio fino alla sua morte naturale. Perciò condanniamo tutte le pratiche che minacciano la vita come i genocidi, gli atti terroristici, gli spostamenti forzati, il traffico di organi umani, l’aborto e l’eutanasia e le politiche che sostengono tutto questo.

Altresì dichiariamo – fermamente – che le religioni non incitano mai alla guerra e non sollecitano sentimenti di odio, ostilità, estremismo, né invitano alla violenza o allo spargimento di sangue. Queste sciagure sono frutto della deviazione dagli insegnamenti religiosi, dell’uso politico delle religioni e anche delle interpretazioni di gruppi di uomini di religione che hanno abusato – in alcune fasi della storia – dell’influenza del sentimento religioso sui cuori degli uomini per portali a compiere ciò che non ha nulla a che vedere con la verità della religione, per realizzare fini politici e economici mondani e miopi. Per questo noi chiediamo a tutti di cessare di strumentalizzare le religioni per incitare all’odio, alla violenza, all’estremismo e al fanatismo cieco e di smettere di usare il nome di Dio per giustificare atti di omicidio, di esilio, di terrorismo e di oppressione. Lo chiediamo per la nostra fede comune in Dio, che non ha creato gli uomini per essere uccisi o per scontrarsi tra di loro e neppure per essere torturati o umiliati nella loro vita e nella loro esistenza. Infatti Dio, l’Onnipotente, non ha bisogno di essere difeso da nessuno e non vuole che il Suo nome venga usato per terrorizzare la gente.

Questo Documento, in accordo con i precedenti Documenti Internazionali che hanno sottolineato l’importanza del ruolo delle religioni nella costruzione della pace mondiale, attesta quanto segue:

- La forte convinzione che i veri insegnamenti delle religioni invitano a restare ancorati ai valori della pace; a sostenere i valori della reciproca conoscenza, della fratellanza umana e della convivenza comune; a ristabilire la saggezza, la giustizia e la carità e a risvegliare il senso della religiosità tra i giovani, per difendere le nuove generazioni dal dominio del pensiero materialistico, dal pericolo delle politiche dell’avidità del guadagno smodato e dell’indifferenza, basate sulla legge della forza e non sulla forza della legge.

- La libertà è un diritto di ogni persona: ciascuno gode della libertà di credo, di pensiero, di espressione e di azione. Il pluralismo e le diversità di religione, di colore, di sesso, di razza e di lingua sono una sapiente volontà divina, con la quale Dio ha creato gli esseri umani. Questa Sapienza divina è l’origine da cui deriva il diritto alla libertà di credo e alla libertà di essere diversi. Per questo si condanna il fatto di costringere la gente ad aderire a una certa religione o a una certa cultura, come pure di imporre uno stile di civiltà che gli altri non accettano.

- La giustizia basata sulla misericordia è la via da percorrere per raggiungere una vita dignitosa alla quale ha diritto ogni essere umano.

- Il dialogo, la comprensione, la diffusione della cultura della tolleranza, dell’accettazione dell’altro e della convivenza tra gli esseri umani contribuirebbero notevolmente a ridurre molti problemi economici, sociali, politici e ambientali che assediano grande parte del genere umano.

- Il dialogo tra i credenti significa incontrarsi nell’enorme spazio dei valori spirituali, umani e sociali comuni, e investire ciò nella diffusione delle più alte virtù morali, sollecitate dalle religioni; significa anche evitare le inutili discussioni.

- La protezione dei luoghi di culto – templi, chiese e moschee – è un dovere garantito dalle religioni, dai valori umani, dalle leggi e dalle convenzioni internazionali. Ogni tentativo di attaccare i luoghi di culto o di minacciarli attraverso attentati o esplosioni o demolizioni è una deviazione dagli insegnamenti delle religioni, nonché una chiara violazione del diritto internazionale.

- Il terrorismo esecrabile che minaccia la sicurezza delle persone, sia in Oriente che in Occidente, sia a Nord che a Sud, spargendo panico, terrore e pessimismo non è dovuto alla religione – anche se i terroristi la strumentalizzano – ma è dovuto alle accumulate interpretazioni errate dei testi religiosi, alle politiche di fame, di povertà, di ingiustizia, di oppressione, di arroganza; per questo è necessario interrompere il sostegno ai movimenti terroristici attraverso il rifornimento di denaro, di armi, di piani o giustificazioni e anche la copertura mediatica, e considerare tutto ciò come crimini internazionali che minacciano la sicurezza e la pace mondiale. Occorre condannare un tale terrorismo in tutte le sue forme e manifestazioni.

- Il concetto di cittadinanza si basa sull’eguaglianza dei diritti e dei doveri sotto la cui ombra tutti godono della giustizia. Per questo è necessario impegnarsi per stabilire nelle nostre società il concetto della piena cittadinanza e rinunciare all’uso discriminatorio del termine minoranze, che porta con sé i semi del sentirsi isolati e dell’inferiorità; esso prepara il terreno alle ostilità e alla discordia e sottrae le conquiste e i diritti religiosi e civili di alcuni cittadini discriminandoli.

- Il rapporto tra Occidente e Oriente è un’indiscutibile reciproca necessità, che non può essere sostituita e nemmeno trascurata, affinché entrambi possano arricchirsi a vicenda della civiltà dell’altro, attraverso lo scambio e il dialogo delle culture. L’Occidente potrebbe trovare nella civiltà dell’Oriente rimedi per alcune sue malattie spirituali e religiose causate dal dominio del materialismo. E l’Oriente potrebbe trovare nella civiltà dell’Occidente tanti elementi che possono aiutarlo a salvarsi dalla debolezza, dalla divisione, dal conflitto e dal declino scientifico, tecnico e culturale. È importante prestare attenzione alle differenze religiose, culturali e storiche che sono una componente essenziale nella formazione della personalità, della cultura e della civiltà orientale; ed è importante consolidare i diritti umani generali e comuni, per contribuire a garantire una vita dignitosa per tutti gli uomini in Oriente e in Occidente, evitando l’uso della politica della doppia misura.

- È un’indispensabile necessità riconoscere il diritto della donna all’istruzione, al lavoro, all’esercizio dei propri diritti politici. Inoltre, si deve lavorare per liberarla dalle pressioni storiche e sociali contrarie ai principi della propria fede e della propria dignità. È necessario anche proteggerla dallo sfruttamento sessuale e dal trattarla come merce o mezzo di piacere o di guadagno economico. Per questo si devono interrompere tutte le pratiche disumane e i costumi volgari che umiliano la dignità della donna e lavorare per modificare le leggi che impediscono alle donne di godere pienamente dei propri diritti.

- La tutela dei diritti fondamentali dei bambini a crescere in un ambiente familiare, all’alimentazione, all’educazione e all’assistenza è un dovere della famiglia e della società. Tali diritti devono essere garantiti e tutelati, affinché non manchino e non vengano negati a nessun bambino in nessuna parte del mondo. Occorre condannare qualsiasi pratica che violi la dignità dei bambini o i loro diritti. È altresì importante vigilare contro i pericoli a cui essi sono esposti – specialmente nell’ambiente digitale – e considerare come crimine il traffico della loro innocenza e qualsiasi violazione della loro infanzia.

- La protezione dei diritti degli anziani, dei deboli, dei disabili e degli oppressi è un’esigenza religiosa e sociale che dev’essere garantita e protetta attraverso rigorose legislazioni e l’applicazione delle convenzioni internazionali a riguardo.

A tal fine, la Chiesa Cattolica e al-Azhar, attraverso la comune cooperazione, annunciano e promettono di portare questo Documento alle Autorità, ai Leader influenti, agli uomini di religione di tutto il mondo, alle organizzazioni regionali e internazionali competenti, alle organizzazioni della società civile, alle istituzioni religiose e ai leader del pensiero; e di impegnarsi nel diffondere i principi di questa Dichiarazione a tutti i livelli regionali e internazionali, sollecitando a tradurli in politiche, decisioni, testi legislativi, programmi di studio e materiali di comunicazione.

Al-Azhar e la Chiesa Cattolica domandano che questo Documento divenga oggetto di ricerca e di riflessione in tutte le scuole, nelle università e negli istituti di educazione e di formazione, al fine di contribuire a creare nuove generazioni che portino il bene e la pace e difendano ovunque il diritto degli oppressi e degli ultimi.

In conclusione auspichiamo che:

questa Dichiarazione sia un invito alla riconciliazione e alla fratellanza tra tutti i credenti, anzi tra i credenti e i non credenti, e tra tutte le persone di buona volontà;

sia un appello a ogni coscienza viva che ripudia la violenza aberrante e l’estremismo cieco; appello a chi ama i valori di tolleranza e di fratellanza, promossi e incoraggiati dalle religioni;

sia una testimonianza della grandezza della fede in Dio che unisce i cuori divisi ed eleva l’animo umano;

sia un simbolo dell’abbraccio tra Oriente e Occidente, tra Nord e Sud e tra tutti coloro che credono che Dio ci abbia creati per conoscerci, per cooperare tra di noi e per vivere come fratelli che si amano.

Questo è ciò che speriamo e cerchiamo di realizzare, al fine di raggiungere una pace universale di cui godano tutti gli uomini in questa vita.

Abu Dhabi, 4 febbraio 2019
Sua Santità Papa Francesco
Grande Imam di Al-Azhar Ahmad Al-Tayyeb
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Re: Libertà delle "religioni" e libertà dalle "religioni".

Messaggioda Berto » mer feb 13, 2019 7:45 am

L'abbraccio fra Papa e islam non fermerà la guerra santa dei musulmani
Riccardo Cascioli - Dom, 10/02/2019

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... RVehP-nBAY

Che la visita di Papa Francesco negli Emirati Arabi Uniti sia stato un fatto storico è innegabile, e certamente il Documento sulla fratellanza umana che Papa Francesco ha firmato insieme al grande imam di al-Azhar segna un passaggio importante nel rapporto fra cristianesimo e islam

Che la visita di Papa Francesco negli Emirati Arabi Uniti sia stato un fatto storico è innegabile, e certamente il Documento sulla fratellanza umana che Papa Francesco ha firmato insieme al grande imam di al-Azhar segna un passaggio importante nel rapporto fra cristianesimo e islam.

Ma se tale evento si può sperare avvii e incoraggi un processo di riforma all'interno del mondo islamico, è probabile che invece nel mondo cattolico occidentale abbia l'effetto collaterale di portare ancora più confusione e pericolose illusioni. Non per l'evento in sé ma perché a proposito di rapporti con l'islam e di dialogo interreligioso c'è già diffusa una notevole confusione mista a ignoranza.
Prova ne è quanto accaduto recentemente nella parrocchia milanese di Santa Maria di Caravaggio, con un imam chiamato nella chiesa-santuario per spiegare Gesù visto dall'islam. Invece che impegnarsi nell'evangelizzazione (e prima ancora a catechizzare i cattolici) i parroci cominciano a «coranizzare» le chiese. E non è certo un caso unico: di corsi di islam in parrocchia se ne sono già svolti vari in giro per l'Italia. Ma il discorso viene da lontano: basti ricordare cosa accadde dopo la barbara uccisione in Francia, ad opera di un «soldato dell'Isis», di padre Jacques Hamel il 26 luglio del 2016, mentre celebrava la messa nella sua parrocchia in Normandia. Molte comunità musulmane presero le distanze da quell'attentato e vollero fare un gesto di solidarietà verso i cattolici. Così la domenica 31 luglio in tantissime chiese, delegazioni di comunità islamiche furono fatte partecipare alle messe e in molti casi furono lette preghiere islamiche durante la messa. Ci furono molte polemiche: non si doveva forse prevedere di organizzare momenti di incontro e di scambio di solidarietà in luoghi consoni e al di fuori delle celebrazioni liturgiche? Certo che sì, ma anche tra tanti preti il significato della messa come partecipazione al sacrificio di Dio che si è fatto carne ed è morto in croce si è perduto per lasciare spazio a una messa ridotta ad assemblea, allo stare insieme.
Ora, si può stare certi che l'incontro del Papa con alcune autorità islamiche e tutta la retorica sul dialogo interreligioso farà da moltiplicatore per queste iniziative, tanto più che ricorrono gli 800 anni dell'incontro di San Francesco con il Sultano Malik al Kamil a Damietta, evento pluricitato in questi giorni. E infatti già dai commenti si nota un tale entusiasmo per «la nuova era di relazioni islamo-cristiane», per la «luna di miele tra islam e cristianesimo», che si arriva perfino ad esaltazioni acritiche dei regimi islamici. È una ubriacatura molto pericolosa che non fa i conti con la realtà. A cominciare dal famoso incontro di San Francesco con il Sultano, di cui si dimentica un tratto essenziale: Francesco desiderava la conversione del Sultano e dei Saraceni. In modo pacifico sì, disposto al martirio sì, ma sempre avendo chiaro quello scopo. Che non era costruire la pace nel mondo, come si intende invece oggi il dialogo interreligioso e come più volte è stato ripetuto in questi giorni.
Inoltre, come San Francesco ebbe comunque la possibilità di imbattersi in un leader islamico «aperto» e curioso, che non diede retta ai suoi saggi che chiedevano di far fuori subito il fraticello, così Papa Francesco ha avuto la possibilità di imbattersi in un leader islamico illuminato come Mohamed bin Zayed Al Nahyan, principe ereditario degli Emirati Arabi, vero artefice della grande conferenza sulla fratellanza umana cui ha partecipato il Papa. È lui, sposato con una cristiana, religioso devoto e dedito a promuovere la tolleranza nel suo paese, il personaggio chiave di tutta questa vicenda, oltre ovviamente al grande imam di al Azhar. Ma questo non è l'islam nel suo complesso, tanto più che i musulmani non hanno una autorità unica: un imam, un ayatollah, un ulema rappresentano soltanto quelli che intendono seguirlo. Non è per sminuire il significato di quel che è accaduto negli Emirati, ma per metterlo in un contesto realistico. A dimostrazione che il dialogo non può essere con l'islam, ma con gli islamici, quelli che sono disponibili.
Tanto più che gli stessi Emirati, pur essendo una felice eccezione nel contesto mediorientale, sono comunque lontani da una vera libertà religiosa. Perciò quanto questo incontro e il Documento sulla fratellanza cambieranno le cose nel mondo islamico, sarà tutto da vedere. Anche perché questa apertura ha un importante retroscena politico: gli Emirati, insieme all'Arabia Saudita, stanno cercando di contrastare i paesi islamici (Qatar in testa) finanziatori del terrorismo e dei Fratelli musulmani, sicuramente l'organizzazione internazionale islamica più potente. Non per niente il viaggio del Papa nella penisola arabica ha lasciato molto freddi proprio Qatar, Fratelli Musulmani e, ovviamente, la tv al Jazeera (del Qatar). Si deve dunque aver presente che sono proprio da Qatar e Fratelli musulmani che arrivano i fondi e la gestione di moschee e centri culturali che radicalizzano i musulmani presenti in Europa. Si illuderebbe chi pensasse che il Documento sulla fratellanza cambi l'atteggiamento di comunità islamiche che in Italia e in Europa hanno tutto in mente fuorché l'integrazione. E nel frattempo non bisogna dimenticare che la causa principale di persecuzione dei cristiani nel mondo è l'islam, come hanno ribadito i due recenti rapporti di Aiuto alla Chiesa che Soffre e di Open Doors: in ben 32 paesi i cristiani sono costretti a subire le violenze e le prevaricazioni delle comunità islamiche. Si può ben sperare che il passo compiuto dal Papa e dal grande imam di al Azhar possa essere seguito da altri passi che nel tempo migliorino le condizioni dei cristiani, ma nel migliore dei casi sarà un processo molto lungo. E intanto il rischio concreto è che sulle ali dell'entusiasmo per il dialogo interreligioso, i cristiani europei dimentichino i loro fratelli perseguitati, più ancora di quanto già accade oggi.


Gino Quarelo
Chiamiamo le cose con il loro nome, la guerra dei nazi maomettani non è santa ma demenziale, demoniaca, infernale, idolatra e disumana.
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Re: Libertà delle "religioni" e libertà dalle "religioni".

Messaggioda Berto » mer feb 13, 2019 7:47 am

La Chiesa di papa Francesco e la Lega non possono che essere nemici
di Renzo Guolo
2019/02/08

http://espresso.repubblica.it/plus/arti ... x_QkibM_-4

La questione migranti è, anche, la cartina di tornasole dei rapporti tra Lega e Chiesa. Tanto più intricati in quanto la Lega, abbandonato il folcloristico neopaganesimo degli albori, si vuole “partito cristiano”. Come ricorda il comizio di Salvini con tanto di rosario e Vangelo in piazza Duomo a Milano.

Una rivendicazione, quella del “partito cristiano”, che viene da lontano. Nata in territori di subcultura politica bianca, prima feudi della Dc, la Lega, per sfondare, doveva raccogliere quello che, un tempo, veniva chiamato il “voto del cielo”. Obiettivo non impossibile dopo la fine dell’unità politica dei cattolici. Anche perché gli uomini del Carroccio provenivano, in larga parte, da quel mondo. Legati più a un cattolicesimo del campanile, al peso della tradizione e al ruolo del clero come attore di legittimazione dell’ordine sociale, che a un cattolicesimo ispirato da venature evangeliche.

La partecipazione di militanti ed elettori in veste di fedeli, al rito religioso della messa e a quello sociale del sagrato, la loro presenza nei consigli pastorali, ha consentito alla Lega di non essere percepita come estranea al mondo cattolico, rendendo naturale il passaggio dall’ampolla al crocifisso. Tanto da non risentire né della decisa opposizione ecclesiale alla rottura dell’unità d’Italia, invocata dal secessionismo padano nei primi anni Novanta, né del mai rinnegato rapporto con gli allora scomunicati lefebvriani.

L’idolatria di chi sfrutta la croce, l’odio diffuso, la necessità di «tornare a essere popolari» e l'importanza della democrazia e della formazione. Parla il direttore di Civiltà Cattolica Antonio Spadaro

Divenuta stabile forza di governo, la Lega ha poi cominciato a guardare ai tradizionalisti dentro la Chiesa. Un “entrismo” manifestatosi nel sostegno ai vescovi contrari al dialogo religioso o fautori dell’accoglienza su base religiosa degli immigrati, come Maggiolini e Biffi, e nell’ostilità verso gli aperturisti Martini e Tettamanzi.

L’interventismo leghista nelle vicende ecclesiali, un’anomalia nella storia italiana, almeno quella repubblicana, che semmai l’ha visto soventemente praticare a parti inverse, origina una sorta di cesaropapismo in salsa verde, con la pronuncia a favore o contro la nomina di talune guide episcopali in base ai loro orientamenti pastorali. Un’irruzione della politica nella religione, che non si arresta nemmeno di fronte a temi come il significato del Vaticano II, con i leghisti schierati su posizioni anticonciliari e, comunque, vicini a quanti sostengono la lettera più che lo spirito del Concilio, l’ermeneutica della continuità della Chiesa post-tridentina più che quella della discontinuità.

In ogni caso, quella leghista è una visione del cristianesimo come religione etnica su base locale, come elemento identitario di un popolo che vive storicamente in un determinato territorio. Una concezione del mondo in cui la religione funziona da sbarramento verso chiunque non appartenga, preferibilmente per nascita, a quella comunità. Assunto che nega alla radice il carattere universale del cristianesimo. Una religione in cui la Croce viene impugnata a rovescio, divenendo spada da brandire verso lo straniero, tanto più se religiosamente altro.

Di fronte a questa torsione identitaria l’episcopato italiano ha adottato nei confronti della Lega, durante la lunga era ruiniana, un pragmatico realismo che teneva conto sia del suo ruolo nel sistema politico, sia del consenso che mieteva nel mondo cattolico. Nonostante i timori espressi da gruppi e esponenti cattolici, i vertici ecclesiali del tempo non hanno mai percepito la Lega come un serio problema. Tanto meno dopo la sua “costituzionalizzazione”: politicamente minoritaria, era obbligata a governare in una coalizione in cui il garante verso la Chiesa era Forza Italia. E ciò bastava.

Nonostante la Lega propugnasse, ciclicamente, una religione senza Chiesa, idealmente trasmessa da una comunità di popolo in versione identitaria e patriottica, e, sempre, un cristianesimo senza Cristo, estraneo a misericordia, dignità della persona e diritti umani per tutti, la Cei ruiniana si asteneva dall’aprire una discussione sul cosa significasse, per un partito che si proclamava tale, definirsi cristiano. Del resto non erano solo alcuni parroci ma anche importanti prelati a ritenere che fosse preferibile prendere atto del consenso popolare di quel partito e della sua “condivisione dei valori della Chiesa”. Per una Cei concentrata sulla “questione antropologica” e sui “valori non negoziabili”, l’appoggio del Carroccio a provvedimenti in materia di bioetica e famiglia era, infatti, più rilevante della battaglia su temi come la solidarietà e l’accoglienza, considerati divisivi nel mondo cattolico.

Una linea oggi non più replicabile. Non solo per la svolta imposta da Bergoglio , rispetto ai papati di Wojtyła e Ratzinger, e delle posizioni della Cei di Battisti rispetto a quelle di Ruini e Bagnasco, ma perché molto è mutato anche sul piano politico. Innanzitutto, la Lega non è più un partito locale di minoranza ma un partito nazionale egemone a destra. Se il voto del 4 marzo ha fatto emergere tra i fedeli un consenso non da sottovalutare nei confronti di Salvini, non di meno la Chiesa non può restare passiva: pena la fine della possibilità di orientare il suo gregge su valori che questo papato ritiene fondamentali. Il rischio è l’esplosione di un rancore generalizzato contro ogni forma di umanità i cui simboli sono i muri, il filo spinato, i porti chiusi.

Da qui la crescente mobilitazione di quanti ritengono sia venuto il tempo di opporsi al leghismo. Un mondo che, contrariamente al passato, avverte alle spalle il sostegno alla linea del Buon Samaritano della Chiesa, delle sue organizzazioni, dei suoi media. A partire dal tentativo di convincere chi si proclama credente che la paura non va esorcizzata ma nemmeno usata strumentalmente a fini politici e che il concetto di sicurezza che si va affermando non è coerente con i valori del Vangelo. Un sentire culminato nel clamoroso “Vade retro Salvini” di Famiglia cristiana e nei meno gridati ma fermi articoli di Avvenire. Una battaglia, ingaggiata da molti vescovi, che investe anche l’uso strumentale dei simboli cristiani. E che fa dire al direttore della Civiltà Cattolica, Spadaro, che «La croce è segno di protesta contro peccato, violenza, ingiustizia e morte. Non è mai un segno identitario. Grida l’amore al nemico e l’accoglienza incondizionata».

Chiesa e Lega sono, dunque, a un bivio. Anche perché la sfida ha assunto carattere insieme politico e religioso. Sul versante ostile alla Chiesa di Bergoglio si sta, infatti, formando un fronte che salda insieme leghisti come l’ipertradizionalista ministro Fontana e quanti, nelle gerarchie ecclesiali, non si riconoscono nella linea di papa Francesco: come il cardinale Burke. Il porporato tradizionalista, firmatario dei dubia sull’esortazione apostolica “Amoris Laetitia”, è vicino a Steve Bannon, punto di riferimento della destra estrema a stelle e strisce e mente di “ The Movement”, organizzazione alla quale aderisce anche Salvini.

Un fronte che punta all’alleanza di populisti e sovranisti in Europa. E che sogna un continente dall’identità cristiana marcatamente conservatrice. Magari con tanto di preambolo valoriale formalizzato, in una logica di esclusione, in una costruzione giuridica destinata a diventare quella costituzione europea che miopi egoismi nazionali hanno bocciato in passato.

L’intesa tra movimenti politici ispirati al cattolicesimo identitario italiano, a quello neovandeano lepenista francese, a quello slavo e magiaro di Orbán e Kaczinsky, prefigura, un mondo cattolico europeo schierato su posizioni assai diverse da quelle della Chiesa di Bergoglio. Un’Europa nella quale i valori dei padri fondatori, in particolare il rispetto della dignità umana, potrebbero essere solo un pallido ricordo. Un’Europa preoccupata soprattutto di chiudere i confini, e di rinchiudere chi li oltrepassa, più che delle sorti dei “cristi” di oggi evocati da papa Francesco.
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Re: Libertà delle "religioni" e libertà dalle "religioni".

Messaggioda Berto » gio feb 14, 2019 8:23 pm

Cronaca del naufragio: Intervista con Magdi Allam

Niram Ferretti
6 febbraio 2019

http://caratteriliberi.eu/2019/02/06/ag ... agdi-allam

Da anni, la voce controcorrente di Magdi Allam è presente nel mercato delle idee, con forza, lucidità e coerenza. Il prezzo che ha pagato e continua a pagare per raccontare un Islam nudo e crudo che nulla ha a che vedere con la cornice apologetica in cui è stato collocato dal discorso egemone è stato ed è ancora alto. Come altri intellettuali ex musulmani o musulmani critici dell’Islam, tra cui Ayaan Hirsi Alì, Ibn Warraq, Hamed Abdel Samad, gli è stata gettata addosso l’abituale accusa di essere islamofobo, lo psicoreato creato apposta per tacitare coloro che, della religione fondata da Maometto nel VII secolo, hanno da fornire una devastante critica.

In esclusiva per Caratteri Liberi.

Magdi Allam, di cosa parliamo esattamente quando parliamo di Islam? Ha un senso distinguere l’Islam come religione dall’Islam politico?

L’Islam si fonda su due pilastri, il Corano e Maometto. Il Corano è ciò che sostanzia, invera Allah. Per i musulmani il Corano è Allah stesso che si rivela a Maometto e il contenuto della rivelazione è riportato nel Corano. Il Corano è un testo sacro increato, al pari di Allah, della stessa sostanza di Allah, quindi guai a dire che il Corano è stato scritto da Maometto. Il Corano è Allah stesso. Diciamo che così come il cristianesimo si fonda sulla fede in Gesù Cristo, sul Dio che si fa uomo e si incarna in Gesù, l’Islam è la religione del Dio che si fa testo e si incarta nel Corano. Poi c’è Maometto, i cui detti e le cui azioni sono raccolte nella Sunna che rappresenta la seconda fonte sacra dell’Islam a cui si attinge per elaborare la sharia, la legge. Ma in realtà ciò che Allah prescrive nel Corano non è null’altro di ciò che Maometto ci dice che Allah gli avrebbe rivelato. Quindi, noi, dalla lettura del Corano, scopriamo innanzitutto una grande contraddizione tra la tesi fondante dell’Islam e cioè che il Corano è un testo increato e la realtà del contenuto del Corano che è invece totalmente calato nel tempo e nello spazio in cui visse Maometto.

Abbiamo un libro del tutto trascendente con un contenuto immanente legato intimamente alla vita di Maometto, alle sue gesta. Ecco perché, quando ci domandiamo che cosa è l’Islam noi dobbiamo calarci innanzitutto nella vita di Maometto il quale nacque nel 570 alla Mecca in una delle aree più torride del mondo dove c’è un deserto assoluto e poche fonti d’acqua da cui dipende la sopravvivenza delle persone. Ciò comporta sul piano del vissuto che l’individuo, per potere sopravvivere, doveva obbligatoriamente fare parte di una tribù, di un clan che garantendo militarmente il controllo del territorio garantiva anche l’accesso alle poche fonti d’acqua e di conseguenza alla sua sopravvivenza. Nel 622, i meccani cacciarono Maometto perché si ostinava a sostenere che bisognava adorare solo Allah, e Allah, va precisato subito, non è il nome arabo che corrisponde al Dio unico dell’ebraismo o al Dio uno e trino del cristianesimo. Allah è un dio pagano preesistente all’Islam. Il padre di Maometto, che lui non conobbe perché morì prima della sua nascita, si chiamava Abdallah, lo schiavo di Allah. Allah esisteva prima di Maometto, era uno dei 360 idoli che venivano adorati all’interno di un pantheon politeista arabo raffigurati da statuette o da immagini custoditi nella Kaʿba, che sarebbe poi diventato il principale luogo di culto dell’Islam. Ma prima dell’Islam lo stesso luogo era il principale luogo di culto del paganesimo arabo, dove le varie tribù adoravano i 360 idoli menzionati, tra i quali c’era appunto anche Allah.

Allah veniva considerato come il dio supremo, l’equivalente di Giove nel pantheon politeista romano o Zeus in quello greco. Maometto non ha creato una religione folgorato da un dio nuovo che all’improvviso compare nella sua vita. Maometto ha limitato il culto al dio pagano arabo Allah, monopolizzandolo e personalizzandolo sostenendo che Allah rivelava solo a lui ciò che i comuni mortali erano tenuti a fare o a non fare. I meccani lo cacciarono e lui si trasferì a Medina e lì creò una tribù dei musulmani, una propria tribù, e chi vi aderiva doveva obbligatoriamente adorare solo Allah e sottomettersi al suo potere. L’Islam nasce come uno Stato in nuce a partire da una tribù fondata da Maometto che lui non chiama tribù ma comunità. Quindi l’Islam, fin dall’inizio non è solo fede ma si presenta come un sistema di potere, un sistema politico, a cui si poteva e si può aderire molto facilmente. E’ sufficiente affermare “Credo che non vi è altro Dio al di fuori di Allah e credo che Maometto è il messaggero di Allah“, ma uscirne era impossibile, così come era impossibile uscire da qualsiasi tribù del deserto, perché si tradiva la tribù e si metteva a repentaglio la sua stessa sopravvivenza. E’ il motivo per cui ancora oggi l’Islam resta un sistema di potere impositivo, invasivo, e violento, perché nacque con queste connotazioni. Chi abbandonava la tribù di Maometto, la comunità musulmana, veniva subito condannato a morte perché veniva considerato come una minaccia. La sua fuoriuscita significava, infatti, che aveva preso accordi con un’altra tribù, che era diventato un nemico a tutti gli effetti.

Il jihad accompagna la storia dell’Islam dai suoi esordi. Intendo riferirmi al jihad non come sforzo inteso a disciplinare se stessi ma come guerra di conquista. Vi sono autori che arrivano a considerarlo il sesto pilastro dell’Islam. Quale è la sua posizione in merito?

Il Corano è pieno di versetti che fanno riferimento al jihad e il jihad è inteso in modo inequivocabile come guerra santa, perché in modo inequivocabile fu praticato da Maometto come guerra santa. Da quando, nel 622, fu cacciato dalla Mecca alla sua morte nel 632, tra razzie nei confronti di carovane di commercianti della Mecca e vere e proprie guerre, sia nei confronti di tribù arabe pagane che con la violenza furono obbligate a convertirsi all’Islam, sia anche nei confronti di tribù ebraiche e di tribù cristiane, e Maometto, va sottolineato, fu particolarmente violento nei confronti degli ebrei, complessivamente egli fu responsabile di un centinaio di razzie e guerre e in buona parte vi partecipò.

Maometto, negli ultimi dieci anni della sua vita è stato predone del deserto e ha personalmente combattuto, ha personalmente ucciso, ha personalmente sgozzato e decapitato i suoi nemici. Quindi il jihad è nella vita di Maometto e Maometto, per i musulmani, è l’esempio da emulare. Nessun musulmano contraddice ciò che ha fatto o detto Maometto perché questo significherebbe sconfessare le fondamenta stesse dell’Islam.

Storicamente noi dobbiamo sempre rifarci al vissuto di Maometto. Tutto ciò che è scritto nel Corano va riferito a questo vissuto. Quando, nel 621, Maometto volle convincere i rappresentati della tribù dei Banu Khazrai di Medina a convertirsi all’Islam e a proteggerlo una volta che lui si fosse trasferito, comprendendo che erano predoni del deserto e che sopravvivevano di razzie, ripensò quella che era stata la sua precedente posizione e legittimo l’uso della violenza. Nei versetti del Corano 36, 43 della sura 42, in un versetto si dice, “La sanzione di un torto è un male corrispondente ma chi perdona e si riconcilia avrà in Allah il suo compenso“. Questa era la posizione precedente che Maometto aveva assunto, poi però, comprendendo che per esigenze pratiche, doveva cambiare, modificò la sua posizione. Ai Banu Khazraj disse questo, sura 22, versetti 39 e 45, “A coloro che sono stati aggrediti è data l’autorizzazione di difendersi perché certamente sono stati oppressi e in verità Allah ha la potenza di soccorrerli…A coloro che senza colpa sono stati scacciati dalle loro case solo perché dicevano, ‘Allah è il nostro signore’”. Maometto dunque legittima il fatto che ai musulmani viene data la possibilità di contrastare chi si oppone loro.

Nel 624, nella battaglia di Badr, dal nome di una località dove Maometto riuscì a vincere un numero superiore di meccani che caddero in una trappola, Allah gli avrebbe rivelato che “Non si addice ad un profeta prendere prigionieri finché non avrà completamente soggiogato la terra”. Vi è qui un chiaro obbligo nei confronti dei musulmani ad uccidere. Nel versetto 39 della sura ottava è scritto, “Combatteteli finché non ci sia più politeismo e la religione sia tutta per Allah”.

Il politeismo era la spiritualità prevalente all’epoca nel deserto dell’Arabia dove nacque Maometto. Ci sono versetti del Corano in cui Allah dice che il jihad è un obbligo. Combattere i miscredenti non è facoltativo ma è un dovere. Va oltretutto aggiunto che, sempre in tema di guerra santa, esiste il concetto di martirio. Nel versetto 111 della sura nona si dice, “Allah ha comprato dai credenti le loro vite e i loro beni dando in cambio il paradiso poiché combattono sul sentiero di Allah, uccidono e sono uccisi“. Il paradiso è un luogo in cui entra chi uccide ed è ucciso. In questa prospettiva, per meritarsi il paradiso, è necessario uccidere il numero più alto possibile di miscredenti e poi si deve essere a propria volta uccisi. Vi è un altro versetto che legittima ciò, il versetto 169 della terza sura del Corano il quale recita, “E non chiamare morti coloro che sono stati uccisi sulla via di Allah, anzi, vivi sono, nutriti di grazia presso il Signore”.

Morire da martiri non è la morte ma è la vera vita. Si tratta di tutti quei versetti a cui fanno riferimento i terroristi islamici per rivendicare le atrocità che commettono. E’ fondamentale comprendere questo punto. Non si tratta di pazzi, come si vorrebbe far credere, di folli che disattenderebbero il vero Islam. È vero esattamente il contrario. Si tratta di quelli che più di altri ottemperano letteralmente e integralmente a ciò che Allah prescrive loro nel Corano e a ciò che ha fatto e detto Maometto nel corso della propria vita.

Lei da studioso dell’Islam e come egiziano conosce molto bene la storia della Fratellanza musulmana, il gruppo fondato da Hasan al Banna in Egitto nel 1928. Secondo il politologo tedesco Matthias Kuntzel, il ritorno del jihad in ambito islamico si deve principalmente a questo gruppo salafita rigorista. In altre parole, prima della fondazione dei Fratelli Musulmani, il jihad come dovere fondamentale, l’autoimmolazione e il culto della morte si erano sopiti all’interno dell’Islam. È d’accordo?

È la realtà storica. Noi abbiamo registrato, prima una decadenza del califfato turco-ottomano, che ha rappresentato l’ultima manifestazione dei califfati islamici, e quando, nel 1924, con la dissoluzione del califfato turco ottomano e la nascita della repubblica turca per mano del generale Kemal Ataturk, che era dichiaratamente un ateo che odiava l’Islam e disprezzava Maometto e che de-islamizzò e de-arabizzò la Turchia, abbiamo registrato la diffusione della laicità in tutto il Medio Oriente.

Per decenni la laicità è stata la realtà prevalente in Turchia, in Libano, in Siria, in Iraq, nell’Iran, nell’Egitto di Nasser dove io sono nato negli anni Cinquanta, nella Tunisia di Bourguiba. La laicità, in ambito islamico, significa sostanzialmente anteporre la ragione e il cuore ad Allah e a Maometto, ed il tratto più manifesto della laicità è l’emancipazione della donna. Nei vent’anni in cui io sono nato e vissuto al Cairo non ho mai visto donne velate per la strada. Le donne erano emancipate al pari degli uomini. I Fratelli Musulmani sono stati la realtà che ha combattuto in modo frontale questa svolta laica. Il regime di Nasser e ancora prima, la monarchia, hanno avuto nei Fratelli Musulmani il principale nemico, proprio per questa volontà di riesumare l’Islam delle fondamenta, delle radici, attribuendo al jihad una connotazione centrale, sia quando si trattava di chiamare a raccolta gli egiziani per combattere gli inglesi sia quando si trattò di combattere contro il regime laico di Nasser.

Nasser combatte dall’interno i Fratelli Musulmani e la laicità riuscì a manifestarsi solo in virtù di questa spietata repressione della Fratellanza culminata nell’arresto e nell’impiccagione di quello che è stato l’ideologo di punta del movimento in tema di jihad, Sayyid Qutb, per il quale tutto quello che non era aderente a ciò che Allah prescrive nel Corano andava combattuto con la guerra santa.

Ciò che afferma Kuntzel è storicamente corretto, ovvero individuare nei Fratelli Musulmani il movimento islamico che diede un impulso fondamentale alla ripresa del jihad. I Fratelli Musulmani, al pari di Al Qaeda, al pari dell’ISIS, perseguono lo stesso obbiettivo, che è quello di sottomettere l’intera umanità all’Islam, ma lo fanno in modo più scaltro entrando in seno alle istituzioni e sfruttando la democrazia e le sue leggi. In Egitto si sono infiltrati bene in alcuni settori, la magistratura, l’istruzione, un po’ come fecero i comunisti in Italia dopo il 1945. Laddove invece ritengono che si debbano impugnare le armi lo fanno, come fa Hamas contro Israele. Possono fare ricorso sia a una strategia militare terroristica o a una strategia, tra virgolette, politica, apparentemente conciliante, ma senza mai perdere di vista l’obbiettivo finale, che è sottomettere all’Islam l’intera umanità. Questa è la ragione per cui i Fratelli Musulmani sono molto più pericolosi dell’ISIS e di Al Qaeda, perché mentre questi ultimi operando sul piano quasi esclusivamente militare e terroristico, noi li possiamo sconfiggere, perché siamo più forti di loro, laddove invece noi consentiamo loro nel nome della democrazia e della libertà di avere una rete sempre più ampia di moschee, di madrase, di enti assistenziali, finanziari, di centri di studi e di formazione, di strutture ricreative, ambulatori e altro, avremo un mini stato islamico all’interno dello Stato di diritto. Alla fine ci ritroviamo con questo corpus separatum in seno allo Stato di diritto che avvalendosi anche dell’arma demografica finirà per prevalere, per imporsi. Abbiamo numerosi esempi in questo senso, in Gran Bretagna, in Francia, in Belgio, dove, proprio l’aspetto demografico è quello che finisce per far sì che gli islamici abbiano acquisito la consapevolezza che non serve più combattere. È sufficiente strumentalizzare la democrazia e le sue leggi per conquistare il potere.

L’ISIS, il Califfato, il gruppo o setta rigorista islamica nato in Iraq nel 2014, ha sempre rivendicato la propria stretta osservanza al Corano, e dunque la propria fedele appartenenza all’Islam, riproducendo nelle proprie azioni le gesta del profeta guerriero Maometto, esempio da seguire per ogni musulmano pio come lei ha ricordato prima. Per alcuni studiosi musulmani, l’ISIS, tuttavia, non rappresenterebbe l’Islam ma una sua deformazione e deviazione. È così?

Ha ragione l’ISIS. Loro hanno operato, uso il passato perché sostanzialmente l’ISIS è finito come stato, come realtà che controlla un territorio e che esercita la propria autorità su questo territorio, conformemente alla sharia, la legge islamica. È essenziale comprendere una cosa, i terroristi islamici non sono dei pazzi. Noi troviamo delle similitudini nel comportamento dell’Arabia Saudita, per esempio. L’Arabia Saudita è il primo stato teocratico della storia moderna. Nel 1932 nasce dal sodalizio tra la monarchia e una corrente islamica rigorista, quella wahabita, il cui predicatore, Muhammad ibn Abd al-Wahhab, era contrario a qualsiasi innovazione, modernizzazione dell’Islam. L’Arabia Saudita nasce come stato teocratico con l’obbiettivo di riproporre l’era del VII secolo, esattamente come l’ISIS, poi la monarchia si trovò costretta a fare i conti con la realtà, per esempio, si trovò costretta a introdurre il telegrafo e ci fu un contrasto con i religiosi perché dissero che nel Corano non si parla di telegrafo. Si trovarono costretti a introdurre la stampa per potere proporre le immagini delle persone e per i documenti di identità, e ancora una volta i religiosi si opposero dicendo che il Corano vieta la rappresentazione di qualsiasi essere vivente. Ci sono tanti aneddoti che evidenziano come la modernità, la gestione di uno stato moderno, è totalmente in contrasto con l’ottemperanza letterale e integrale di ciò che Allah prescrive nel Corano.

L’ISIS è una realtà di stato islamico che coniuga ciò che di meglio può offrire la materialità della modernità con ciò che di più rigoroso o puritano è previsto in seno all’Islam. L’ISIS non si è fatto scrupoli nell’usare armi e tecnologie. Ha avuto nel sistema mediatico una delle sue punte di maggiore incisività, tutto studiato in modo puntiglioso. Le immagini raccapriccianti delle decapitazioni erano finalizzate a incutere paura e sottomettere attraverso la paura il nemico. L’esercito iracheno, nel 2014, si arrese all’ISIS senza combattere. Non fu l’ISIS a vincere ma fu l’esercito iracheno a consegnarsi. Avevano in mente le immagini delle teste decapitate, e per non incorrere nello stesso destino si arresero. La paura è stata l’arma principale dell’ISIS per sconfiggere il nemico così è stata l’arma principale di Maometto. Maometto sgozzò, decapitò, e mostrò le teste decapitate. Nell’arco di dieci anni conquistò un territorio molto vasto sul quale poi nacquero i califfati islamici, e tutto questo lo fece attraverso la violenza. L’uso della paura è stato lo strumento principale usato da Maometto per la sottomissione.

Nel Corano è presente una spiccata componente antiebraica. Quale fu l’atteggiamento di Maometto nei confronti degli ebrei?

A Medina vivevano da dieci secoli tre tribù ebraiche, che di fatto rappresentavano la realtà autoctona della città ed erano anche la realtà più benestante grazie al fatto che erano più capaci a coltivare la terra, erano più capaci nell’allevamento delle greggi, erano più capaci anche nel fabbricare oggetti di artigianato e nel produrre armi. Avevano, diremmo oggi, un livello tecnologico più elevato e questo consentiva loro di avere anche un beneficio economico in quanto vendevano parte di quello che producevano.

Quando Maometto si trasferì a Medina volle appropriarsi dei beni degli ebrei e li indico pertanto come dei nemici. Riuscì astutamente a dividere le tre tribù ebraiche, anche perché ciascuna tribù faceva riferimento, sul piano delle alleanze, a una diversa tribù araba pagana. Non erano unite le tre tribù ebraiche. Maometto riuscì a dividerle ulteriormente e a costringere le prime due tribù che erano quelle meno forti e meno ricche ad abbandonare Medina lasciando lì i loro beni. La terza tribù ebraica, quella dei Banu Qurayshi, che era la più forte e la meglio armata ma era rimasta sola, nel 627, sempre dopo che Allah aveva rivelato a Maometto il versetto in cui gli ordinava di sterminarla, Maometto pose l’assedio alla fortezza in cui risiedevano, per 25 giorni.

I Banu Qurayshi erano impreparati all’assedio e si arresero. Maometto entrò e fece scavare una fossa nella piazza del mercato e fece portare uno ad uno gli ebrei maschi adulti e ad uno ad uno furono sgozzati e decapitati. Esattamente come ha fatto l’ISIS con i suoi nemici.

Nel Corano e soprattutto per quello che riguarda il dettaglio, nella raccolta dei detti e dei fatti attribuiti a Maometto, la Sunna, si precisa che il totale degli ebrei maschi adulti della tribù dei Banu Qurayshi decapitati oscilla tra i 600 e i 900 e Maometto personalmente decapitò i capi della tribù ebraica. Noi possediamo i nomi delle persone che furono personalmente decapitate da Maometto. Maometto è stato profondamente antiebraico e di conseguenza il Corano è un testo profondamente antiebraico che non ha nulla da invidiare sotto questo profilo al Mein Kampf. Gli ebrei sono considerati maledetti e i “più lontani dalla retta via” e per questo trasformati in scimmie e maiali, come leggiamo nei versetti coranici 51, 57 e 84 appartenenti alla quinta sura. “Troverai che i più acerrimi nemici di Allah sono i giudei e i politeisti” recita un altro versetto.

Questo versetto che ha appena citato, il ventottesimo, appartenente sempre alla quinta sura, venne citato da Ahmad al Tayyib, il Grande Imam dell’Università di Al Azhar al Cairo, considerato un interlocutore “moderato”, il 25 di ottobre del 2013, durante una trasmissione televisiva egiziana, in cui, a suggello del versetto, aggiunse, “Questa è una prospettiva storica che non è mutata fino ai nostri giorni”. Ha ragione?

Sì, ha ragione. Nei confronti degli ebrei nel Corano si affermano cose raccapriccianti. Facendo una sintesi dei versetti antiebraici, Allah ha affermato che gli ebrei sono le bestie peggiori in quanto miscredenti, i nemici peggiori di coloro che credono, coloro che Allah ha maledetto perché hanno ucciso ingiustamente i profeti, coloro che praticano l’usura, che con falsi pretesti divorano i beni della gente e per questo sono stati da lui trasformati in scimmie e porci. Questo è quello che troviamo nel Corano a proposito degli ebrei. Il Corano è un testo profondamente antiebraico, perché, torno a ripeterlo, Maometto è stato profondamente antiebraico. Ha disprezzato gli ebrei perché era invidioso e si sentiva inferiore nei loro confronti. Ordinò l’uccisione di tre poeti ebrei che lo avevano schernito nelle loro poesie. Fu particolarmente feroce con loro non solo perché erano ebrei ma perché erano dei poeti. Dobbiamo comprendere che per Maometto il Corano era una forma di poesia. La poesia, all’epoca, era l’arte nobile delle comunicazione e lui non concepiva che potessero esserci dei poeti che gli facessero concorrenza. Ecco perché, nel Corano, c’è un odio nei confronti dell’arte, perché tutto ciò che è arte offende e fa concorrenza ad Allah. Se infatti Allah aveva manifestato a Maometto il Corano, si poteva diffondere solo quello e gli ebrei che erano anche la realtà più colta in quell’area del deserto furono individuati da Maometto come dei nemici. Ad oggi l’unico collante tra i paesi islamici è l’odio nei confronti di Israele. È l’unica cosa che li unisce, su tutto il resto sono divisi, fratelli coltelli, ma quando c’è da coalizzarsi contro lo Stato ebraico sono tutti quanti uniti, anche quei paesi islamici che hanno, e sono pochi, stretto relazioni diplomatiche con Israele. Riconoscono Israele come status quo, ma non riconoscono il diritto alla sua esistenza come stato del popolo ebraico. Tutto ciò ha, come si è visto, una spiegazione coranica, una spiegazione nell’ambito della vita di Maometto.

Secondo al Bukhari, uno dei massimi esegeti islamici, la sura 9, sarebbe l’ultima a essere stata rivelata a Maometto. La sura in questione contiene la celebre esortazione “Combattete coloro che non credono in Allah e nell’Ultimo Giorno, che non vietano quello che Allah e il Suo Messaggero hanno vietato, e quelli, tra la gente della Scrittura, che non scelgono la religione della verità finchè non versino umilmente il tributo e siano soggiogati”. Come è possibile considerare l’islam una religione di pace quando, insieme ad altri versetti estremamente violenti, il Corano si concluderebbe con un vero e proprio manifesto di guerra?

L’Islam non è una religione di pace perché Maometto non fu un uomo di pace, nel modo più assoluto. Maometto ha combattuto per dieci anni, fino alla sua morte, per sottomettere con la violenza le tribù ebraiche, le tribù cristiane, le tribù pagane arabe, che rappresentavano la maggioranza della realtà in quell’area del deserto. Va tenuto presente che anche nella preghiera, che i musulmani sono tenuti a ottemperare cinque volte al giorno, in base alla posizione che assume il corpo, può essere una posizione eretta, o inchinata, o prostrata, a ogni cambio di posizione assunto, si recita la prima sura del Corano, che si chiama l’Aprente. È una delle sure più corte, di soli sette versetti, ed è l’unica che fa eccezione nella disposizione delle sure del Corano, che iniziano dalla più lunga e proseguono con la più corta. Negli ultimi due versetti della sura l’Aprente, si eleva questa esortazione ad Allah, “Dacci la retta via, la via di coloro che hai colmato con la tua grazia, non coloro che sono incorsi nella tua ira, non coloro che vagano nell’errore”. Fu Maometto stesso a spiegare, e tutti i teologi e i giureconsulti islamici, concordano obbligatoriamente con la spiegazione di Maometto, che, “coloro che hai colmato con la tua grazia” sono i musulmani, “coloro che sono incorsi nella tua ira” sono gli ebrei, “coloro che vagano nell’errore” sono i cristiani. I cristiani vagano nell’errore, perché, dal punto di vista islamico, sono politeisti. Quindi, il musulmano, che regolarmente prega, per diciassette volte al giorno, di fatto condanna la miscredenza degli ebrei e dei cristiani, anche se ne è ignaro, perché la maggioranza dei musulmani, e lo dico da ex musulmano, essendolo stato per quarantasei anni, non conosce l’Islam, non ha letto correttamente e integralmente il Corano, ma soprattutto, la maggioranza dei musulmani, sa poco o nulla di Maometto. L’Islam non è in alcun modo una religione di pace, perché, come già detto, Maometto non è stato un uomo di pace, e perché la sua vita è stata quella di un predone del deserto che si è fatto strada attraverso l’uso della violenza, come, dopo di lui, gli eserciti islamici che si ispiravano alle sue gesta.

Sempre di più oggi, anche e soprattutto alla luce di una crescente presenza dei musulmani in Europa, vi è da parte di alcuni studiosi e storici la volontà di evidenziare che di fatto l’Islam apparterrebbe all’Occidente e l’Occidente all’Islam. Quanto c’è di vero o di falso in questa affermazione?

È totalmente falsa e denota una grande ignoranza della storia o una profonda malafede. È preoccupante che ci siano degli storici che affermino questo. Vorrei restringere l’ambito della questione all’Europa. La prima volta nella storia in cui compare la parola “europei” intesa politicamente, cioè intesa come comunità di persone che risiedono in un territorio, è in un testo di lingua latina che racconta la vittoria di Carlo Martello nel 732 a Poitiers, in cui, per “europei” si intendono i cristiani che sulla sponda settentrionale del Mediterraneo si opposero all’avanzata e all’invasione islamica. In cento anni dopo la morte di Maometto, che risale al 632, gli eserciti islamici avevano invaso e occupato la sponda orientale, la sponda meridionale del Mediterraneo, avevano attraversato lo Stretto di Gibilterra, si erano insediati in Spagna per circa otto secoli, e a Poitiers, Carlo Martello li fermò in nome del cristianesimo, perché tutto il Mediterraneo era cristiano. La popolazione, al 98 per cento era cristiana, c’era anche una presenza ebraica, ma la stragrande maggioranza della popolazione era una popolazione cristiana. Questa popolazione prevalentemente cristiana venne man mano sottomessa e costretta a convertirsi all’Islam. Si tratta dunque, inequivocabilmente, di una storia di sottomissione.

Se l’Europa ha potuto opporsi all’Islam, ha potuto non fare la fine della sponda orientale e meridionale del Mediterraneo, le cui popolazioni erano anch’esse interamente cristiane, lo deve solo alle vittorie militari degli eserciti cristiani, a Poitiers nel 732, ma anche alla riconquista della Spagna nel 1492, alla vittoria navale di Lepanto, il 7 ottobre del 1571 e soprattutto alla vittoria a Vienna, l’11 e il 12 settembre del 1683. Senza queste vittorie militari anche l’Europa sarebbe stata inevitabilmente sottomessa all’Islam. E se si considerano le date, 732 Poitiers, 1683 Vienna, sono quasi mille anni. Mille anni in cui gli islamici non hanno mai rinunciato ai loro programmi di conquista e di sottomissione. Nell’830 e nell’846, per due volte gli islamici invasero Roma e per due volte saccheggiarono la Basilica di San Pietro. Le mura che oggi cingono lo Stato del Vaticano si chiamano Mura leonine perché furono edificate nell’847 dall’allora pontefice Leone IV. Esse vennero edificate un anno dopo la seconda invasione islamica, il secondo saccheggio della Basilica di San Pietro, e furono edificate per difendere la Chiesa, servirono a salvaguardare la cristianità. La verità è che l’Islam è sempre stato il nemico storico dell’Europa.

Oggi, che ci sia in seno all’Unione Europea chi dice che bisogna riconoscere le radici islamiche dell’Europa afferma innanzitutto un falso storico e poi ci prepara al suicidio, perché l’Islam si concepisce come l’unica vera religione naturale dell’uomo e condanna di miscredenza sia l’ebraismo sia il cristianesimo. L’Islam è disponibile ad una tregua, alla collaborazione, fin tanto che è minoranza, ma quando diventa maggioranza sottomette perché è nutrito dalla convinzione di essere l’unica vera religione di tutta l’umanità. L’Europa si sta orientando verso un vero e proprio suicidio che è accelerato dal tracollo demografico, il vero tallone d’Achille del continente. L’Europa intesa come Unione Europea ma il discorso vale anche per la Russia in questo caso, è l’area del mondo che ha in assoluto il più basso tasso di natalità. Le popolazioni europee, di questo passo sono destinate a estinguersi perché hanno smesso di fare figli. Le popolazioni dei 28 paesi membri dell’Unione Europea, formano in tutto 500 milioni di abitanti, di cui solo il 16 per cento, pari a 80 milioni, hanno meno di trent’anni. Dei 500 milioni che popolano la sponda orientale e meridionale dal Mediterraneo, dal Marocco alla Turchia, all’Iran, il 70 per cento ha meno di trent’anni. Il confronto è dunque impietoso, 80 milioni contro 350 milioni. Il risultato è che l’Europa è destinata ad essere colonizzata demograficamente, ecco perché è assolutamente necessario porre fine a questa follia suicida di legittimare l’Islam e qui il ruolo della Chiesa cattolica è fondamentale. L’attuale papa rappresenta, sotto questo aspetto, un totale disastro, perché sta accelerando il suicidio dell’Europa ma anche il suicidio della stessa Chiesa cattolica.

Il 10 dicembre del 1948, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite approvò la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Questo documento non è stato fatto proprio dall’Islam, che, il 18 settembre del 1981, vi ha contrapposto la propria dichiarazione secondo la quale i diritti dell’uomo verrebbero meglio tutelati dalla legge divina desumibile dal Corano. Alla luce dell’essenza teopolitica dell’Islam come è possibile pensare che vi possa essere convivenza pacifica tra un ordinamento liberale democratico e un ordinamento islamico?

Infatti non c’è conciliazione alcuna, perché nel momento in cui l’Islam non riconosce la sacralità della vita di tutti, la vita degli ebrei, la vita dei cristiani, la vita degli israeliani, nel momento in cui non riconosce la pari dignità tra uomo e donna, nel momento in cui non riconosce la libertà di scelta individuale, compresa la libertà religiosa, compresa la libertà di abbandonare l’Islam, e di convertirsi o non convertirsi ad altre religioni, non c’è conciliazione possibile. Quello che possiamo dire è che uno stato che è presente in un consesso internazionale e che è legato da rapporti economici, commerciali, e anche politici con altri stati cerca di salvare il salvabile sostenendo che ci possa essere una sorta di compromesso tra la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e la sharia, ma in realtà sono assolutamente antitetiche. Lo ripeto, fin tanto che l’Islam è una realtà minoritaria si mostra conciliante, questo è il punto. In nessun paese a maggioranza islamica abbiamo una realtà di rispetto e di autorizzazione nei confronti di altre religioni di potere operare in piena libertà. Anche laddove ci sono le chiese e le sinagoghe, anche dove si consente ai fedeli autoctoni di recarvisi, è però severamente vietato fare proselitismo perché per l’Islam si tratta di realtà di miscredenza.

In Italia, per esempio, ed è una cosa di cui non si parla mai, ad oggi l’Islam non è una religione riconosciuta dallo Stato italiano e non a caso, perché le religioni, in Italia, vengono riconosciute se ottemperano all’Articolo 8 della nostra costituzione, che dice che le religioni beneficiano di pari libertà di fronte alla legge, se hanno stipulato una intesa e se il loro ordinamento giuridico non è in contrasto con le leggi dello stato. L’Islam non ha stipulato nessuna intesa e l’ordinamento giuridico dell’Islam è totalmente in contrasto con le leggi dello stato. Se l’Italia fosse veramente uno stato di diritto che si rispetti, non dovrebbero esserci moschee, perché le moschee sono conseguenti al riconoscimento dell’Islam come religione. È come una persona che non ha la laurea in medicina, non è iscritta all’ordine dei medici e nonostante ciò esercita la professione medica. Noi consentiamo ai musulmani di beneficiare delle prerogative di una religione riconosciuta quando in realtà l’Islam non lo è.

Secondo Robert Spencer e Mordechai Kedar non esiste un Islam moderato contrapponibile ad un Islam radicale, ma solo un Islam e diversi modi di viverlo, il che ci conduce inevitabilmente alle forti contraddizioni presenti all’interno del Corano tra un messaggio maggiormente improntato alla tolleranza ascrivibile al periodo della predicazione maomettana alla Mecca e uno esplicitamente più violento, successivo al determinarsi dell’Islam come realtà politica, dopo l’egira di Maometto a Medina. E’ possibile secondo lei risolvere queste contraddizioni?

No, non è possibile. All’inizio del mio discorso ho chiarito che per i musulmani il Corano è un testo increato, al pari di Allah, ne consegue che esso possa essere spiegato ma non interpretato. Spiegare significa illustrare il significato letterale di un concetto, interpretare significa potergli attribuire un significato allegorico. Noi non possiamo attribuire significati allegorici a ciò che Allah prescrive. Non possiamo contestualizzarlo nel tempo e nello spazio, non possiamo attribuirgli significati che ci consentano di venire incontro a quelle che sono le necessità della modernità, poiché, così facendo, si tradirebbe Allah stesso.

Nell’Islam essendo il Corano ciò che sostanzia, ciò che invera Allah, viene meno la presenza della ragione, ed è per questo motivo che non c’è mai stato un illuminismo in seno all’Islam. Non c’è stato ne mai ci sarà perché manca la legittimità dell’uso della ragione come strumento per entrare nel merito dei contenuti della fede. Chi lo ha fatto o lo fa viene considerato un eretico, così come vennero considerati eretici i discepoli della scuola Mutazilita, nata nel VIII secolo, un secolo dopo Maometto, e che affermò la tesi eterodossa del Corano creato e non increato, intendendo di fatto che fosse stato scritto da Maometto. Il nome più noto di questa scuola è quello di Averroè, che viene elogiato in Europa e in Occidente come l’emblema dell’Islam moderato, ma si dimentica di dire la fine che fece. Venne accusato di eresia, le sue opere furono bruciate e fu costretto alla fuga per non subire la condanna a morte che gli sarebbe spettata.

Non ci può essere dunque un Islam distinto da ciò che Allah prescrive e aggiungo, da ciò che Maometto ha detto e ha fatto. I musulmani in quanto persone possono essere moderati, quindi noi dobbiamo distinguere tra la dimensione della soggettività personale e quella della religione. Le persone vanno valutate nella loro individualità, ognuno risponde delle proprie azioni e nell’ambito dei musulmani come persone noi indubbiamente troviamo delle persone moderate, delle persone raziocinanti, delle persone che antepongono la ragione e il cuore ad Allah e a Maometto, io lo sono stato per 46 anni e sono stato condannato a morte proprio per questo, quando, nel 2003 ho condannato i terroristi islamici palestinesi suicidi e ho difeso la sacralità della vita degli israeliani e da allora vivo sotto scorta. Ma l’Islam come religione è uno, si può manifestare per ragioni storiche, per ragioni territoriali con modalità diverse, i sunniti, gli sciiti, però esso si fonda sempre e comunque su due pilastri che sono identici e perenni, il Corano e Maometto. Quando il presidente turco Erdogan, che io considero l’uomo più pericoloso oggi in Medio Oriente, afferma che non esiste un Islam moderato, che l’Islam è l’Islam, ha perfettamente ragione. L’Islam è l’Islam, non esiste un Islam moderato e un Islam non moderato, e questo vale anche a proposito dell’attività dei terroristi islamici. Sono quelli che più di altri ottemperano letteralmente e integralmente a ciò che Allah prescrive nel Corano e a ciò che ha detto e fatto Maometto.

Spesso, quando si fa riferimento alla violenza presente all’interno del Corano, i difensori dell’Islam affermano che anche nella Bibbia, esplicitamente nell’Antico Testamento, vi sarebbero esortazioni alla violenza attribuite al volere divino. Tuttavia, vi è un ovvia differenza: il messaggio di violenza contenuto nel Corano è di natura prescrittiva ed è agito ancora oggi, mentre la violenza narrata dalla Bibbia e attribuita a Dio riguarda epoche passate che non sono più di riferimento per nessuno. Non è forse ciò dovuto al fatto che diversamente dalla Bibbia per l’Islam il Corano è un testo dettato parola per parola, fuori dal tempo e dallo spazio e dunque, relativamente alle sure, valido per sempre?

La domanda formula già la risposta in modo corretto. Sia la Bibbia, sia i Vangeli, vengono concepiti come testi sacri scritti da uomini, seppure ispirati da Dio, il Corano invece non è considerato un testo sacro scritto da uomini, guai ad affermarlo, ma, come già sottolineato, è un testo sacro che sostanzia, invera Allah. Per i musulmani il Corano è Allah stesso, questa è la differenza fondamentale. Ciò che è scritto nella Bibbia e nei Vangeli noi lo possiamo interpretare, lo possiamo contestualizzare nel tempo e nello spazio, gli possiamo attribuire un significato allegorico, tutto questo non lo si può fare con ciò che Allah prescrive nel Corano. Questa è la ragione per cui oggi solo i musulmani sgozzano, decapitano, si fanno esplodere nel nome di Allah, non lo fa nessun ebreo, non lo fa nessun cristiano. È la ragione fondamentale per cui l’Islam non è modificabile, non può diventare una realtà moderata, perché significherebbe tradire l’Islam, far venire meno l’essenza, la quintessenza dell’Islam che è appunto quella di ritenere il Corano un testo increato in cui ciò che è prescritto da Allah deve essere ottemperato letteralmente e integralmente perché ha una valenza assoluta, universale.

Desidero aggiungere che gli esegeti del Corano hanno individuato circa 200 versetti che ne contraddicono altrettanti. Quando ciò succede vale il versetto rivelato cronologicamente successivamente, in questo senso è stata creata la categoria dei versetti abroganti e dei versetti abrogati. Dato che i versetti rivelati cronologicamente successivamente sono quelli del periodo di Medina, quando Maometto, negli ultimi dieci anni della sua vita combatte, uccise, sgozzò e decapitò i suoi nemici, ciò fa sì che la connotazione principale dell’Islam sia all’insegna della violenza.

Ne ha già accennato prima, ma vorrei sapere come giudica l’attuale posizione espressa dal pontefice nei confronti dell’Islam?

Già nel 2013, poco dopo il suo insediamento pubblicai in prima pagina su Il Giornale, con cui collaboravo, una lettera aperta a Papa Francesco in cui annunciai la mia dissociazione dalla Chiesa cattolica, proprio perché non posso in alcun modo accettare che il papa legittimi l’Islam come religione. Io sono stato musulmano per 46 anni, ho abbandonato l’Islam, mi sono convertito al cristianesimo e non posso accettare un papa che legittima l’Islam, ciò equivarrebbe a una mia autosconfessione. Allo stesso modo espressi le mie riserve sull’enfasi posta e che il papa continua a porre riguardo alla cosiddetta accoglienza, tenendo presente che gran parte di coloro che vengono accolti sono musulmani. La stragrande maggioranza di questi giovani che provengono dall’Africa, dall’Asia e dal Medio Oriente è musulmana ed è parte integrante del processo di islamizzazione demografica dell’Europa. Ora, come nulla di ciò che accade ad alto livello può essere casuale, perché può anche darsi che il papa non sia molto competente sull’Islam, ma sicuramente, essendo un capo di stato, essendo il capo supremo della Chiesa di Roma, sicuramente ha una cerchia di collaboratori che conoscono bene la realtà dell’Islam, che sa bene cosa implica oggi l’invasione di questi migranti che sono prevalentemente musulmani.

Sono estremamente preoccupato perché mi rendo conto che papa Francesco sta operando in sintonia con una strategia che mira ad omologare, ad uniformare, a omogenizzare, l’intera umanità, abbattendo gli stati nazionali, le identità localistiche e riducendo sostanzialmente le persone a semplici strumenti di produzione e di consumo. Più consumo che non produzione, perché ci viene detto che nel futuro prossimo la produzione verrà interamente demandata alla robotica. In questa prospettiva, papa Francesco tenderebbe a una sorta di pan-religione, una specie di sincretismo che coniuga in prima battuta cristianesimo e Islam. In tale senso sta tessendo rapporti molto intensi con l’università islamica di Al Azhar al Cairo, con gli imam, in particolare con il grande imam Ahmed Al Tayibb, che è un apologeta del terrorismo islamico suicida palestinese. Nel 2002, durante la Seconda Intifada in Israele, legittimò gli attentati terroristici suicidi islamici nei confronti degli israeliani e specificò anche che erano legittimi nei confronti dei bambini ebrei. Tutte queste cose un papa non può non saperle.

Non può non venirmi in mente la convergenza tra le istanze che promuove questo papa e, per esempio, il progetto esplicito, manifesto della Open Society Foundations di George Soros. È d’accordo?

Sì. Ecco perché sono estremamente preoccupato. I fatti sono fatti, non sono né di destra, né di sinistra, né di centro, non hanno alcuna connotazione ideologica. Noi vediamo che Soros ha questa fondazione presso cui ha dirottato il grosso delle sue sostanze, e finanzia tutte quelle attività che hanno come obbiettivo la disgregazione degli stati nazionali, lo scardinamento di quelle realtà che corrispondono a quelle civiltà che mettono al centro la persona, la famiglia biologica, la comunità locale, l’economia reale, per promuovere una globalizzazione che sostanzialmente significa mettere al centro la moneta e non la persona, una umanità in cui gli individui saranno ricettori e strumenti di manipolazione da parte di un mercato unico, in cui la sostituzione etnica della popolazione europea che, come già detto, è in forte decrescita, viene promossa con giovani che provengono prevalentemente dall’Africa, dall’Asia e che hanno tutti una età compresa tra i venti e i trent’anni, l’età, non a caso, che corrisponde all’esplosione della fertilità maschile. Che il papa si presti anche lui a questa strategia in un contesto dove la forte crisi economica che registra il Vaticano viene mitigata con i proventi di questa accoglienza, perché lo stato italiano investe fiumi di denaro per la cosiddetta accoglienza e la gran parte di chi accoglie in Italia sono strutture cattoliche, legate alla Chiesa, c’è dunque un tornaconto finanziario notevole, è raccapricciante. Credo che sia necessario acquisire correttamente la realtà dei fatti e sia necessario diffondere questa realtà e avere chiara la prospettiva. Bisogna salvaguardare una civiltà che ci consenta di tutelare noi stessi come persone, come famiglia, come comunità, come economia reale che fornisce beni e servizi, come sistema di valori, di regole, perché dobbiamo tramandare ai nostri figli e ai nostri nipoti il loro diritto alla vita, alla dignità, alla libertà. Tutto questo rischia di scomparire se l’Europa dovesse trasformarsi in una significativa realtà meticcia, in cui l’Islam, così come sta accadendo in Gran Bretagna, in Francia, in Belgio, in Olanda.

Ci sono quattro capitali europee, Londra, Bruxelles, Amsterdam e Oslo, dove tra i nuovi nati il nome più diffuso è Mohammed. Queste non sono ipotesi, ma è realtà e bisogna fare in fretta. La battaglia culturale oggi è in assoluto la più importante. Diffondere informazione corretta, promuovere una formazione costruttiva che consenta a ciascuno, illuminato dalla verità e fortificato dal recupero della certezza e dall’orgoglio di chi siamo. La sfida è che si riesca, in questo modo, a invertire una rotta che rischia di portarci nella condizione in cui si trovò l’impero romano di Occidente quando fu travolto dai barbari. Fece la stessa cosa che stiamo facendo noi oggi, faceva meno figli e apriva le frontiere, accordò la cittadinanza romana a tutti i sudditi dell’impero, erano venuti meno i valori e le regole, c’era la dissolutezza sul piano dei costumi. Noi rischiamo di fare la stessa fine ma con una aggravante sostanziale, che all’impero romano di Occidente è poi seguito il cristianesimo, a questa Europa seguirà l’Islam.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Libertà delle "religioni" e libertà dalle "religioni".

Messaggioda Berto » gio mar 21, 2019 4:39 am

Non siete più liberi di dire quello che volete. Ora viviamo in una “società giusta”
di Andrew A. Michta

https://www.facebook.com/shar.kisshati/ ... 9216133856

È ora di dirlo: le democrazie in tutto l’Occidente sono in un punto di svolta sulla libertà di espressione e non è chiaro in che modo le cose andranno nei prossimi 20 o 30 anni” scrive lo storico americano Andrew Michta. “In alcuni casi, i governi apparentemente liberali hanno già fatto delle mosse poliziesche e sopprimono ciò che ritengono un discorso inaccettabile. Troppo spesso, sembra non importare ciò che viene detto in una discussione, ma piuttosto chi lo dice e come è detto. E quando le persone esprimono opinioni non ortodosse, è spesso in toni sommessi, per paura che un commento sentito possa uccidere la loro carriera e ostracizzarli dalla società colta (…) L’abbandono di questa fondamentale libertà democratica che è esprimere la propria opinione sembra essere diventata la norma in tutto l’Occidente, come se le nostre élite e governi si precipitassero lungo la strada verso una nuova distopia.

Come siamo arrivati qui? Ormai da decenni la libertà di parlare e di discutere – il diritto fondamentale di un popolo libero – è stata assalita dai sostenitori neo-marxisti di una ‘società più giusta’. Ma è solo di recente che i loro sforzi sono riusciti a chiudere una gamma sempre più ampia di luoghi di dibattito pubblico: prima nel mondo accademico, poi nei media e negli ultimi anni in politica.

Quando la fedeltà ideologica (liberale contro illiberale) è diventata una cartina di tornasole per ciò che costituisce un appropriato discorso pubblico? E come siamo arrivati al punto in cui le espressioni politiche di preoccupazione per il benessere economico e sociale della nazione sono ‘xenofobia’, e dove l’unico lodevole uso del potere americano è quello di abbracciare incondizionatamente la globalizzazione? Perché in Europa oggi la tradizionale generosità dei suoi abitanti è quasi scontata, mentre il desiderio di quella stessa cittadinanza di garantire il proprio benessere e sicurezza e di trasmettere la propria eredità culturale alla generazione successiva è spesso insultato come intolleranza dall’intellighenzia, dai politici e dai media?

Quest’ultima ondata neo-marxista verso la non-libertà è avvenuta nell’arco di una singola generazione, il risultato di uno smantellamento culturale. Ironia della sorte, questo ultimo attacco contro i valori fondanti della nostra tradizione democratica è stato esacerbato dal più grande trionfo ideologico nella storia dell’Occidente e, a ben vedere, anche il nostro momento più pericoloso. L’anno era il 1990 – il primo governo post-comunista era già stato formato in Polonia un anno prima, gli ungheresi avevano aperto i loro confini per permettere ai rifugiati dalla Germania dell’Est di fuggire, e i cechi e gli slovacchi si erano riuniti in piazza Vinceslao per dire alla mafia comunista che era ora di andarsene. Poi il muro di Berlino cadde e i tedeschi trattennero il fiato, sperando contro ogni speranza che il sogno, un tempo impossibile, della riunificazione sarebbe diventato realtà. Il mondo sembrava perfettamente pronto a un nuovo tsunami di libertà. La storia era dalla nostra parte, o almeno così reclamava una pletora di editoriali, articoli accademici e teste parlanti in televisione.

Ora che tutta l’Europa aveva affermato il valore della libertà, non era ovvio che avrebbe conquistato il mondo? Eppure il momento del crollo sovietico portò una minaccia nascosta che, in meno di tre decenni, avrebbe approfondito le nostre divisioni e indebolito le basi della libertà individuale. Il nostro senso di vittoria conteneva al suo interno i semi di un pericolo che l’Occidente non aveva mai affrontato: la certezza ideologica – non solo a sinistra – che avevamo incrinato il codice della condizione umana e potevamo andare avanti con il lavoro di perfezionare l’individuo e la società. Quando non ci fu più l’esperimento tossico dei bolscevichi che costò milioni di vite e creò indicibili miserie umane, la tentazione del trionfalismo si dimostrò troppo seducente. Dal momento che sembrava plausibile a un livello basilare che il capitalismo liberale di mercato avesse sopraffatto il comunismo, ne seguì che non vi erano limiti a ciò che le riforme istituzionali e di mercato potevano conseguire.
Nel suo momento di trionfo, l’Occidente cadde vittima di un’illusione post-illuministica della perfettibilità dell’uomo. Il collasso sovietico ha rafforzato i neo-marxisti e i compagni del progresso in Occidente per volgersi verso l’interno e concentrarsi sul ‘nemico interiore’, cioè, quello del ‘sistema’. Senza un ricordo tangibile di quali sforzi per riprogettare l’umanità aveva prodotto in Europa e altrove, divenne possibile per l’ideologicamente impegnato costruire una narrazione di ciò che il ‘vero socialismo’ avrebbe potuto realizzare se solo gli stalinisti e i maoisti non avessero corrotto il sogno collettivista (…) Sfortunatamente, non è un’esagerazione affermare che la libertà sta calando in tutto l’Occidente, non perché gli eserciti stranieri ci hanno sconfitto in battaglia, o perché tutta la nostra ricchezza è stata prosciugata da un potere economico alieno. Piuttosto, l’Occidente è sempre più a rischio di diventare ‘post-democratico’ perché i suoi valori di base della libertà di espressione e della libertà e della sovranità dell’individuo sono banditi dall’agorà pubblica. L’Occidente si sta frammentando lungo linee razziali, etniche e ideologiche.

Con la libertà di parola sotto l’assalto, l’Occidente, sia come politica che come eredità culturale distinta, è in preda a una battaglia fondamentale per la sopravvivenza delle sue tradizioni democratiche. È tempo per tutti noi di difendere la libertà. E di farlo ad alta voce.



Libertà di parola, di pensiero, di critica, di spiritualità e di religione
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Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Libertà delle "religioni" e libertà dalle "religioni".

Messaggioda Berto » gio apr 18, 2019 7:09 am

Islamici mettono a ferro e fuoco Copenhagen contro ‘blasfemo’
aprile 16, 2019

https://voxnews.info/2019/04/16/islamic ... o-blasfemo

https://youtu.be/KOgVD78F0AA

Copenhagen stile Islamabad. Gang di islamici ha messo a ferro e fuoco la un sobborgo ormai islamico della capitale danese, perché un danese ha ‘dissacrato’ il Corano.
Rasmus Paludan, leader politico e attivista per la libertà di espressione, aveva tenuto una manifestazione in cui ha lanciato in aria il Corano. Questo ha scatenato la guerriglia degli immigrati di seconda e terza generazione: veicoli e arredi incendiati, e 23 arresti.


Islam e islamici dove sta il problema?
viewtopic.php?f=188&t=2709
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... nref=story



Criticare l'Islam è una necessità vitale primaria, un dovere civile universale prima ancora che un diritto umano;
poiché l'Islam è il nazismo maomettano
.
Non va solo criticato ma denunciato, contrastato, perseguito e bandito.
viewtopic.php?f=188&t=2811

La blasfemia vera è quella che sta alla base delle religioni, ossia la presunzione sacrilega di detenere il monopolio di Dio, dello Spirito Universale;
questa blasfemia è la fonte di ogni male, specialmente laddove questa presunzione demenziale si accompagna alla mostruosa e disumana violenza coercitiva.
L'odio e la violenza sono intrinsici all'Islam, a Maometto e al Corano, vanno denuciati, perseguiti e banditi come il male assoluto.
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 6248299139
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Re: Libertà delle "religioni" e libertà dalle "religioni".

Messaggioda Berto » ven giu 21, 2019 9:21 pm

.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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