L'assurda, irragionevole e idolatra eresia cristiana

Re: L'assurda, irragionevole e idolatra eresia cristiana

Messaggioda Sixara » mar lug 25, 2017 9:19 am

Gnanca da morto... e come fèto nare In Paradisum?
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Re: L'assurda, irragionevole e idolatra eresia cristiana

Messaggioda Berto » mar lug 25, 2017 8:36 pm

Sixara ha scritto:Gnanca da morto... e come fèto nare In Paradisum?



Fole par toxeti e par idolatri. L'aldelà nol ghè e nol ga gnaon senso.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: L'assurda, irragionevole e idolatra eresia cristiana

Messaggioda Berto » lun set 04, 2017 3:36 am

Anche i cristiani come gli ebrei attendono il Messia: gli ebrei l'arrivo e i cristiani il ritorno.


Quando tornerà Gesù?
2017/05/25

https://it.aleteia.org/2017/05/25/quand ... su-parusia

La Chiesa è molto chiara sulla seconda venuta di Gesù e su come dovremmo prepararci

Come cattolici, crediamo fermamente nella seconda venuta di Gesù e la professiamo ogni domenica quando recitiamo il Credo di Nicea:

Credo in un solo Signore Gesù Cristo… È salito al cielo e siede alla destra del Padre. Di là verrà a giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine.

È una convinzione espressa in modo semplice, ma può spesso suscitare controversie e confusione. Per molti è facile essere attirati dalle teorie sempre mutevoli presentate da vari individui e gruppi (cristiani e non) che affermano di conoscere il momento e il giorno esatto in cui Gesù tornerà.

Cosa insegna la Chiesa sulla seconda venuta di Gesù? Quando tornerà?

Il Catechismo presenta un’intera sezione sulla questione e riassume l’insegnamento ufficiale della Chiesa:

“Dopo l’ascensione, il disegno di Dio è entrato nel suo compimento. Noi siamo già nell”ultima ora’… Il tempo presente è, secondo il Signore, il tempo dello Spirito e della testimonianza, ma anche un tempo ancora segnato dalla necessità e dalla prova del male, che non risparmia la Chiesa e inaugura i combattimenti degli ultimi tempi. È un tempo di attesa e di vigilanza” (CCC 670, 672).

Gli apostoli conoscevano bene questa verità, e credevano fermamente che Gesù sarebbe tornato senza indugio, probabilmente finché erano ancora in vita. Il Catechismo ribadisce questo insegnamento del ritorno imminente di Cristo, spiegando che “dopo l’ascensione, la venuta di Cristo nella gloria è imminente… Questa venuta escatologica può compiersi in qualsiasi momento anche se essa e la prova finale che la precederà sono ‘impedite’” (CCC 673).

Gesù tornerà nella gloria, e come cattolici crediamo che possa tornare in qualsiasi giorno. È per questo che Gesù ha detto chiaramente ai suoi discepoli che devono essere preparati, sempre pronti per il suo ritorno.

“Quanto poi a quel giorno o a quell’ora, nessuno li conosce, neanche gli angeli nel cielo, e neppure il Figlio, ma solo il Padre. State attenti, vegliate, perché non sapete quando sarà il momento preciso. È come uno che è partito per un viaggio dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vigilare. Vigilate dunque, poiché non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino, perché non giunga all’improvviso, trovandovi addormentati. Quello che dico a voi, lo dico a tutti: Vegliate!” (Mc 13, 32-36).

La Scrittura nota anche che prima della venuta di Gesù dovranno verificarsi un “giudizio” finale per la Chiesa e un’ulteriore persecuzione dei credenti. Considerando che i cristiani sono sempre stati perseguitati fin dall’epoca di Gesù, è difficile discernere quando si verificherà questa tribolazione (o se stia già accadendo).

Il Catechismo spiega che “prima della venuta di Cristo, la Chiesa deve passare attraverso una prova finale che scuoterà la fede di molti credenti. La persecuzione che accompagna il suo pellegrinaggio sulla terra svelerà il ‘mistero di iniquità’ sotto la forma di una impostura religiosa che offre agli uomini una soluzione apparente ai loro problemi, al prezzo dell’apostasia dalla verità” (675). Si crede che il perpetratore di questa impostura, chiamato biblicamente l’“Anticristo”, verrà sconfitto, e Cristo tornerà presto nella gloria.

San Tommaso d’Aquino aggiunge che “anche se gli uomini sono terrorizzati dai segni sul giorno del giudizio, prima che questi segni inizino ad apparire i malvagi penseranno di essere in pace e sicurezza, dopo la morte dell’Anticristo e prima della venuta di Cristo, vedendo che il mondo non viene subito distrutto come pensavano fino a quel momento”.

Come cattolici, ci viene chiesto semplicemente di preparare ogni giorno il nostro cuore, credendo che oggi possa essere il nostro ultimo giorno. Potrebbe essere il nostro “giorno del giudizio” personale, quando incontreremo Gesù alla fine della nostra vita, o il Giorno del Giudizio, quando Cristo tornerà nella gloria.

In qualunque caso, dobbiamo stare in guardia e non seguire profezie o predizioni, trovando pace nel fatto che se viviamo conformemente al progetto di Dio l’Ultimo Giorno sarà caratterizzato dalla gioia. È per questo che i cristiani hanno sempre atteso con ansia la seconda venuta di Gesù, sapendo che la fine del mondo è positiva, perché le nostre lacrime verranno asciugate e la nostra tribolazione su questa terra avrà fine.

[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]




EBREI E CRISTIANI DI FRONTE AL MESSIA

https://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q= ... sia%2520(1).rtf&usg=AFQjCNFy-1QxBuS6RdQUMZmSn32R0IEi-A

PERCHÉ GLI EBREI NON CREDONO CHE SIA VENUTO IL MESSIA

I discepoli di un Rabbi gli portano la notizia:
“È arrivato il Messia!”
Il Rabbi va alla finestra e vi si affaccia guardando fuori.
Torna indietro e si siede.
“Allora? Che cosa dobbiamo fare?”, gli domandano.
“Nulla. Continuate semplicemente a studiare.
Come può essere venuto il Messia se nel mondo non è cambiato nulla?”


Questo aneddoto riesce ad esprimere bene l'obiezione principale che gli ebrei muovono verso i cristiani, i quali a loro volta da sempre hanno difficoltà a capire perché gli ebrei non riconoscono in Gesù di Nazaret il messia atteso e promesso nelle Scritture ebraiche (Antico Testamento, o meglio, "Primo Testamento").
Se questa obiezione non suscita inquietudine in noi cristiani e non ci interpella profondamente in modo da spingerci a ricercare delle risposte ragionevoli, forse è perché abbiamo fatto nostra quella concezione borghese della religione, che le assegna una funzione puramente consolatoria e intimistica (cf. il famoso “oppio dei popoli”), una religione cioè che riguarda soltanto l’interiorità privata - e dunque invisibile - dell’individuo, oppure relega il cambiamento delle cose alla fine del mondo o “nell’altra vita”.

???
Il Messia verrà per cristiani, ebrei e musulmani
https://ilvoltoritrovato.org/2014/09/01 ... -musulmani


Gli Ebrei di oggi aspettano ancora il Messia?
https://www.incontraregesu.it/228-gli-e ... -il-messia

Non tutti gli Ebrei di oggi aspettano la venuta del Messia; quelli che lo aspettano sono gli Ortodossi e gli Ultra Ortodossi, cioè quelli che sono maggiormente attaccati alla Torah e alla tradizione.
I Giudei Riformati, quelli Liberali e molti altri invece hanno abbandonato la speranza nella venuta di un Messia personale, sostituendola con quella di una Età messianica costruita dagli uomini senza bisogno dell'intervento di un Unto di Dio.
In altre parole per loro l'Età messianica non avrà bisogno di un messia che la inauguri, perché essa sarà il frutto della collaborazione di tutti gli uomini, i quali devono cooperare per stabilire la fratellanza universale, la pace, la giustizia, e la verità sulla terra.
Altra opinione diffusa in seno al popolo ebreo di oggi, che esclude la venuta di un messia personale, è quella che dice che il Messia sia il Popolo d'Israele stesso, il Servo del Signore, che nell'adempiere la missione affidatagli da Dio, cioè nel portare il Regno di giustizia e di pace sulla terra, soffre a motivo dell'opposizione degli uomini.
In questa maniera vengono spiegate le sofferenze del popolo ebraico passate e presenti.
In altre parole gli Ebrei starebbero soffrendo per la redenzione dei Gentili.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: L'assurda, irragionevole e idolatra eresia cristiana

Messaggioda Berto » mer ott 25, 2017 6:20 am

???

"L’eresia di Francesco è l’amore, senza se e senza ma. E’ la misericordia di un Padre che perdona tutto. Mi chiedo perché questi teologi non si siedono sulla riva del mare o sulla sommità di un monte e non si mettono a rileggere il Vangelo che è la parola di Gesù, il Figlio di Dio, nato in una grotta, che ha voluto assumere la nostra stessa carne di uomini e che è morto nella sofferenza, gridando al Padre di perdonare chi lo stava uccidendo".
https://www.facebook.com/servo.inutile.7


Un Papa controcorrente - In Terris
Italo D'Angelo
2017/09/27

http://www.interris.it/2017/09/27/12842 ... rente.html

Ho letto con stupore e rammarico sulla stampa di un documento scritto da 62 tra sacerdoti e teologi su una presunta accusa di propagazione di eresie da parte del Santo Padre. Il fatto mi ha riportato alla mente a periodi e ricordi della mia vita di ragazzo.
Ho frequentato il Liceo classico in un seminario e ricordo che in una discussione un mio compagno di banco (oggi stimato sacerdote) ebbe a criticare la figura del Santo Padre. Ne rimasi scandalizzato e, fatto inimmaginabile per quei tempi, in un seminario, mi alzai dalla sedia e gli diedi un sonoro ceffone. Vi fu un attimo di silenzio e poi una corale ovazione, in particolare da parte di un gruppo di seminaristi spagnoli, che, uno ad uno, vennero a congratularsi con me, per aver difeso il Papa.

Indegnamente, perché il mio amico contestatore fu poi consacrato Sacerdote, mentre io me ne andai per la mia strada l’anno dopo. Ora leggo che Papa Francesco torna nel mirino dei tradizionalisti che cercano di metterlo all’angolo sulla dottrina. Credo si possa solo immaginare la sofferenza di un Padre accusato dai figli di troppo amore.

L’eresia di Francesco è l’amore, senza se e senza ma. È la misericordia di un Padre che perdona tutto. Mi chiedo perché questi teologi non si siedono sulla riva del mare o sulla sommità di un monte e non si mettono a rileggere il Vangelo che è la parola di Gesù, il Figlio di Dio, nato in una grotta, che ha voluto assumere la nostra stessa carne di uomini e che è morto nella sofferenza, gridando al Padre di perdonare chi lo stava uccidendo.

Papa Francesco accoglie in chiesa le coppie divorziate, ma Cristo non ha annoverato tra le persone più care i peccatori e le prostitute? E noi cosa siamo se non peccatori, noi che bestemmiamo il nome di Dio, siamo disposti a tradirlo per potere, denaro, successo?

Papa Francesco apre il Vangelo a tutti, porta la buona novella in tutte le case, dei ricchi e dei poveri, ci fa sentire tutti amati e redenti dai nostri peccati da un Padre buono.

Dio ci perdona anche se abbiamo commesso i crimini più gravi. A Lui basta un atto di pentimento, come il buon ladrone. Non ha una calcolatrice, il Signore, che segna le ore di lavoro. Ci paga con il suo amore sia il lavoro di un’ora che quello di otto ore, e noi, che ci consideriamo i privilegiati del suo amore perché siamo membra della sua Chiesa, possiamo permetterci di mettere “in stato di accusa” il Custode di questa Chiesa?

Chi sono io per giudicare? Forse questi teologi hanno letto troppi testi di diritto canonico,
dovrebbero togliersi le vesti ed il colletto inamidato che indossano per guardare in mezzo ai banchi di una chiesa, una donna abbassare la testa al momento della Comunione ed accarezzare la mano del compagno malato, con quella tenerezza che solo l’amore puro può dare. Questo nostro Papa venuto da lontano ha le scarpe larghe e abiti non curati, ma ha un grande cuore, il cuore di Dio.

Reverendi padri, non spezzate quel cuore. Riflettete. “Ut unum sint!” Che il grido del Papa Santo riecheggi nelle nostre chiese, nelle nostre preghiere. E che le nuvole del male si allontanino dalla Casa di Pietro.

Avviso: le pubblicità che appaiono in pagina sono gestite automaticamente da Google. Pur avendo messo tutti i filtri necessari, potrebbe capitare di trovare qualche banner che desta perplessità. Nel caso, anche se non dipende dalla nostra volontà, ce ne scusiamo con i lettori.


Alberto Pento
Un padre che perdona tutto è un padre irresponsabile e dannoso; il vero perdono implica il pentimento e la riparazione, la giustizia. Non si può perdonare chi continua a fare il male e a praticare l'ingiustizia. Un padre non solo può condannare un figlio che continua a fare il male ma deve condannarlo e fare giustizia.
Senza responsabilità, merito e demerito, e senza giustizia non vi sarebbe vita sulla terra.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: L'assurda, irragionevole e idolatra eresia cristiana

Messaggioda Berto » mer ott 25, 2017 6:23 am

???

PAROLE CHE FANNO RIFLETTERE DEL TEOLOGO J.M CASTILLO.

https://www.facebook.com/laltrocampanil ... 2118472312

"Il Vangelo è un libro di religione o la storia di un conflitto mortale con la religione? Lungo tutta la vita di Gesù, i conflitti con i sacerdoti, i dottori della legge e i farisei, il tempio, le osservanze e le norme religiose, sono stati sistematici. Dunque,si può pensare seriamente a un cristianesimo "non-religioso"?
Il Vangelo non è "un libro di religione", è un insieme di racconti che spiegano come Gesù di Nazareth ci offra "un progetto di vita". Tuttavia, Gesù è stato un uomo profondamente religioso, a causa della sua intensa relazione con Dio come Padre e del suo frequente ricorso alla preghiera. Ma la religiosità di Gesù non è stata legata al tempio, ai riti sacri, ai sacerdoti e alla sottomissione alla legge religiosa. Al contrario, Gesù è vissuto in maniera tale che, quando ha iniziato ad agire e a parlare in pubblico, è entrato in conflitto con i responsabili della religione (i sacerdoti, i teologi ed i più stretti osservanti).
Il Vangelo è il grande racconto di questo conflitto, che è terminato drammaticamente nel processo, nella condanna e nella morte di Gesù. Per questo resta cruciale la domanda: come ha potuto fondare una religione un uomo la cui vita è finita in uno scontro mortale con la religione? L'aspetto centrale della vita di Gesù non è stato il religioso e la religiosità, ma l'umano e l'umanità. E poiché Gesù si è posto dalla parte della vita e della felicità degli esseri umani, il Vangelo incentra la sua attenzione sulla salute dei malati, sulla convivialità..."
J.M. Castillo
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Re: L'assurda, irragionevole e idolatra eresia cristiana

Messaggioda Berto » mer ott 25, 2017 6:53 am

La castità, Cristo e gli eunuchi, la pedofilia e l'omosessualità dei preti

http://www.famigliacristiana.it/blogpos ... regno.aspx


"Vi sono eunuchi nati così
dal grembo materno,
ve ne sono altri resi così
dagli uomini, ve ne sono
altri che si sono resi così
per il Regno dei cieli".


(Matteo 19,12)



http://www.famigliacristiana.it/blogpos ... regno.aspx

Il linguaggio è forte e la frase è forse la risposta a un'accusa o a un insulto lanciato dagli avversari contro Gesù che non era sposato e contro i discepoli che lo seguivano senza avere con sé le mogli: «Siete tutti degli eunuchi!». Cristo replica usando senza imbarazzo quel vocabolo infamante, confermando così di non essere sposato, dimostrando la sua libertà nei confronti della tradizione giudaica che imponeva il matrimonio ai maestri della Legge, ma ricordando anche che la sua verginità non era una situazione meramente fisiologica o anagrafica e neppure ascetica, bensì una scelta di dedizione assoluta per il Regno di Dio e nei confronti della sua missione per il prossimo sofferente.

La triplice distinzione che egli presenta illustra questa concezione del celibato o della verginità cristiana. Si parte dagli impotenti sessuali per disfunzioni genetiche e si passa attraverso l'evocazione dei "castrati", che nell'antico Vicino Oriente erano una vera e propria categoria di funzionari (alla fine, però, rimarrà solo il titolo, come accade per l'eunuco della regina etiope Candace di Atti 8,26-40). Infine, si giunge alla scelta personale e libera dell'astinenza che non è semplicemente astensione da atti sessuali o dal matrimonio, ma è un'opzione positiva per un impegno ideale religioso e caritativo.

È quella verginità che san Paolo esalterà nel capitolo 7 della Prima Lettera ai Corinzi (vv. 25-35), presentandola come segno di donazione totale e interiore per la causa del Regno di Dio. Anche nell'Apocalisse si legge: «Questi sono coloro che non si sono contaminati con donne: infatti sono vergini» (14,4), forse con allusione alla vergine sposa dell'Agnello che è la Chiesa. È evidente che non si propone un'autocastrazione, come accadrà in qualche caso di interpretazione "letteralista" dell'antichità. Il concetto sotteso alla brutalità del termine "eunuco" è, invece, positivo e parla di consacrazione totale dell'essere e dell'amore a un ideale e a una missione.

La scelta consigliata da Gesù non significa, però, disprezzo nei confronti del matrimonio, che è celebrato proprio nella stessa pagina matteana al cui interno è incastonato questo detto di Cristo. Anzi, dello stato matrimoniale viene delineato un profilo alto e l'apostolo Paolo lo definirà un "carisma", ossia un dono divino offerto ad alcuni (1Corinzi 7,7). Anche la comunità degli apostoli comprendeva uomini sposati, come Pietro del quale i Vangeli menzionano la suocera (Matteo 8,14-15).

La disciplina del celibato sacerdotale farà il suo ingresso ufficiale nel IV secolo, con i Concili locali di Elvira del 306 e di Roma del 386, soprattutto sulla base della scelta di Cristo. Tuttavia, anche dopo, per secoli continuerà a sussistere la prassi del sacerdozio coniugato, come è oggi attestato dalle Chiese orientali ortodosse e cattoliche (con l'eccezione, però, dell'episcopato).

Secondo il concilio Vaticano II, il nesso tra sacerdozio e celibato ha «un alto rapporto di convenienza », sulla scia di una lunga tradizione di insegnamenti ecclesiali e di spiritualità. Questo rapporto – anche se teologicamente non essenziale al sacerdozio – è significativo e fecondo ed è stato illustrato nel 1967 dalla Lettera apostolica Sacerdotalis coelibatus di Paolo VI e ribadito da tanti altri testi di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI.

28 giugno 2012


http://www.bibbiaonline.it/wp/?p=1244


Eunuchi di Cristo
Scritto da Francesco di Maria. Postato in Il mio apostolato laico

http://www.foglimariani.it/index.php?op ... Itemid=113

Nel mondo ebraico il celibato era incomprensibile e costituiva non una benedizione ma una maledizione di Dio dal momento che il biblico “siate fecondi e moltiplicatevi” (Gen 1, 28) veniva interiorizzato dagli ebrei come un comandamento obbligatorio sia per le donne, socialmente disistimate e addirittura disprezzate in caso di sterilità, sia e soprattutto per gli uomini.
A tale tradizione biblica si richiamava la tradizione rabbinica, che presenta frequenti esortazioni a sposarsi al fine di vivere secondo la volontà di Dio. Unica eccezione alla tradizione religiosa ebraica è il caso del profeta Geremia, invitato esplicitamente dal Signore a «non prendere moglie, non avere figli né figlie in questo luogo, perché dice il Signore riguardo ai figli e alle figlie che nascono in questo luogo e riguardo alle madri che li partoriscono e ai padri che li generano in questo paese: moriranno di malattie strazianti, non saranno rimpianti né sepolti, ma diverranno come letame sul suolo. Periranno di spada e di fame; i loro cadaveri saranno pasto agli uccelli del cielo e alle bestie della terra» (Ger 16, 2-4). Dove, quindi, il celibato non viene ordinato da Dio per motivi religiosi ma esclusivamente per motivi pratici, ovvero per sottrarre il suo profeta a tutta una serie di disgrazie e di sofferenze che stanno per abbattersi sui genitori e sulle famiglie della sua terra.

Tuttavia, in seno al giudaismo e in Palestina, proprio a ridosso della venuta di Cristo sulla terra, sarebbero venuti sviluppandosi alcuni gruppi religiosi di tipo fortemente ascetico tra i quali si sarebbe particolarmente distinto quello degli esseni presso i quali il celibato veniva considerato e praticato come uno stato di vita normale e dotato di un valore religioso pari a quello coniugale o matrimoniale, dal momento che – come riferisce lo storico romano di origine ebraica Flavio Giuseppe (nella sua opera “Guerra giudaica”, II, 120) e come viene confermato indirettamente anche da un’opera anonima quale “Èlenchos” (IX, 18) forse attribuibile ad Ippolito Romano primo antipapa della storia della Chiesa ma morto santo e da Filone Alessandrino (“Apologia dei Giudei”, 14) che era un filosofo ellenistico di cultura ebraica detto per questo anche “Filone l’ebreo” –, anche tra gli esseni, generalmente celibi, c’era tuttavia chi si sposava regolarmente.

Ma ciò serve a comprendere come nell’ambiente palestinese, al tempo di Gesù, il celibato non fosse qualcosa di inaudito. Benché in Israele il celibe, quasi sempre identificato con l’eunuco, non venisse considerato uomo in senso pieno e non potesse di conseguenza partecipare all’assemblea degli uomini per eccellenza (il popolo di Dio!), questo modo cosí rigido di ragionare era già stato previsto e insieme superato dalla profezia di Isaia (56, 3-5), in cui si annunciava che, nel regno futuro, stranieri ed eunuchi avrebbero avuto piena cittadinanza nella casa del Padre: «Non dica lo straniero che ha aderito al Signore: “Certo, mi escluderà il Signore dal suo popolo!”. Non dica l'eunuco: “Ecco, io sono un albero secco!”. Poiché cosí dice il Signore: “Agli eunuchi che osservano i miei sabati, preferiscono quello che a me piace e restano fermi nella mia alleanza, io concederò nella mia casa e dentro le mie mura un monumento e un nome più prezioso che figli e figlie; darò loro un nome eterno che non sarà mai cancellato».

Si noti come il testo biblico non lodi gli eunuchi tout court, gli eunuchi in quanto tali, ma gli eunuchi fedeli ai comandamenti del Signore e degni esecutori della sua volontà: che è ciò che, nell’attuale dibattito su celibato e presbiterato, non viene mai rimarcato abbastanza. Biblicamente, dunque, solo questi eunuchi nobili, ovvero non condizionati a dedicarsi alle cose divine da forme di naturale impotenza personale ma capaci di rinunciare volontariamente ad un normale esercizio della propria virile sessualità, meritano di essere amati e lodati da Dio. Quando Gesù parlerà di “eunuchi per il regno dei cieli” (Mt 19, 12), vorrà proprio intendere quegli eunuchi volontari, capaci di rinunciare non a seguito di anomalie psichiche o biologiche ma volontariamente e santamente al sesso, ai piaceri pure in una certa misura legittimi della carne e allo stesso matrimonio.

Contrariamente a quanto ancora molti teologi cattolici sostengono in sede esegetico-teologica, l’essere eunuco per Gesù non esprime una incapacità esistenziale, o fisica o morale o spirituale, di vivere da sposo, in quanto il Regno dei cieli appunto renderebbe alcuni uomini esistenzialmente incapaci di sposarsi. Non è questo il senso delle parole di Gesù.

Gesù intende dire, con specifico riferimento all’indissolubilità del matrimonio e non ad altro, che, ogni volta che un uomo o una donna sperimentano nel corso della loro esistenza e per i motivi più diversi una situazione irreversibile di incomunicabilità o di non comunione fisica e spirituale rispetto alla propria compagna o al proprio compagno di vita, sono tenuti ad attenersi a comportamenti seri e responsabili anche se forse costosi sotto l’aspetto affettivo e sessuale, specialmente ma non esclusivamente in presenza di figli, perché questo è il sublime prezzo umano e spirituale che devono pagare coloro che preferiscono il cielo, l‘eterna coabitazione con Dio, a piaceri o a gioie e consolazioni puramente terrene e solo illusoriamente idonee a soddisfare determinate istanze affettive ed esistenziali che derivino da un matrimonio fallimentare o da precedenti dissestati rapporti umani e sentimentali.

Peraltro, è molto probabile che il nomignolo ingiurioso di eunuco fosse una delle accuse più oltraggiose rivolte a Gesù stesso e a qualcuno dei suoi discepoli non sposato. Può darsi benissimo che Gesù abbia inteso replicare anche o principalmente a queste accuse, osservando che ci sono eunuchi ed eunuchi e che quelli che si fanno eunuchi per il Regno dei cieli compiono o devono compiere questa scelta non perché incapaci di avere una donna, di creare una famiglia e di mettere al mondo dei figli, se ancora non siano sposati, e non perché ormai impossibilitati ad avere rapporti sessuali con un partner che non susciti più alcuna attrazione con possibile e conseguente ricerca di nuovi partners, ma al contrario perché, pur essendo ancora in possesso della facoltà di decidere e di fare liberamente qualunque cosa, preferiscano non dissipare o non dissipare più le loro energie in gioie puramente terrene e passeggere per concentrarle interamente sulla cooperazione quanto più possibile determinata e incondizionata alla costruzione del Regno di Dio.

Ma potevano comprendere un ragionamento del genere soprattutto gli avversari di Gesù? Certo che no: ancora oggi è evidente, per ripetere le sue divine parole, che “non tutti possano capirlo”. In realtà Gesù proprio questo cercava di far capire almeno ai suoi discepoli: è conveniente, è giusto sposarsi oppure cercare altre donne o altri uomini una volta che il matrimonio sia fallito, se nel cuore abbiamo il pensiero sincero e pressante di come renderci strumenti del Regno di Dio nel modo più caritatevole e onesto possibile? Non è che chi si sposa o continua ad avere rapporti sessuali per tutta la vita non debba credere in Dio e non possa adoperarsi per un mondo interiore ed esteriore migliore di quello presente, ma è ragionevole che chi voglia dedicarsi interamente e al meglio delle sue possibilità alla costruzione del Regno non intenda rinunciare al soddisfacimento dei suoi interessi più egoistici o più istintivi?

Certo, in caso di concubinato, di adulterio, di unione incestuosa o comunque anomala, il Cristo riconosce piena facoltà di separarsi dal coniuge, ma anche in tal caso chi vorrà vivere in funzione del Regno dei cieli penserà a rifarsi una “storia” con un altro partner o non penserà piuttosto di offrire la sua infelicità esistenziale al Signore in segno di penitenza e di rinuncia volontaria ad una felicità puramente terrena? In fondo Gesù, come si è sopra accennato, nell’evocare la figura dell’eunuco, parla innanzitutto di se stesso. Come avrebbe egli potuto conciliare l’estremo sacrificio di sé per la redenzione degli uomini, e quindi una vita di rinuncia sino alla morte per crocifissione, con il soddisfacimento dei suoi pur leciti bisogni “umani” di natura affettiva, sessuale, familiare? Quando si è chiamati da Dio bisogna rispondere: se si è chiamati da celibi o nubili bisognerà rinunciare a progetti matrimoniali e a rapporti affettivamente e sessualmente appaganti; se si è chiamati da sposati bisognerà eventualmente essere pronti a separarsi in tutti i sensi dal partner ed eventualmente dai figli, fermo restando che, comunque e in qualunque stato ci si trovi, sempre si è chiamati da Dio a rispettare i suoi comandamenti e le sue leggi di verità e di amore.

Cosí anche il coniuge che ripudi l’altro coniuge per motivi morali e si separi da lui o da lei «deve imporsi di vivere volontariamente come un eunuco; cosí solamente potrà essere ammesso nel Regno dei cieli» (J. Dupont, Mariage et divorce dans l’èvangile, Bruges, 1959, p. 220). Ma, per ciò che si riferisce alla possibilità di estendere l’ordinazione sacerdotale o la consacrazione religiosa non più solo a uomini celibi o a donne nubili ma anche ad uomini e a donne sposati, e sia pure in conformità a determinate regole spirituali e a criteri di pura e semplice opportunità, non c’è dubbio, alla luce della disamina sopra effettuata, che Gesù non abbia inteso essere preclusivo nei confronti di nessuno in linea generale. D’onde la radice meramente o prevalentemente politica ed economica della decisione della Chiesa del secondo millennio di rendere accessibile il presbiterato solo ad uomini non sposati e la responsabilità più o meno colpevole della Chiesa attuale di perseverare nello stesso errore.

Altrimenti, dovremmo pensare che apostoli sposati come Pietro, posto da Cristo a capo della sua Chiesa, non siano stati capaci di rendersi eunuchi per il Regno dei cieli e che del tutto incomprensibili o prive di senso siano le seguenti parole di Gesù: «Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo» (Lc 14, 26-27). Perciò, a questo punto, persino un eunuco vero, un eunuco sin dalla nascita o reso tale dagli uomini o da particolari circostanze di vita, potrà essere eunuco per il Regno dei cieli con l’aiuto di Dio, alla sola condizione di non voler gratificare la sua esistenza con pratiche perverse e di voler offrire a Dio le proprie laceranti sofferenze in espiazione dei propri peccati e dei peccati di quanti ancora non abbiano la sua forza d’animo e la sua stessa purezza di spirito.





EUNUCHI PER IL REGNO DEI CIELI
Dario Oitana

http://www.ilfoglio.info/default.asp?AC ... id=18&mnu=


«Vi sono infatti eunuchi che sono nati così dal ventre della madre; ve ne sono alcuni che sono stati resi eunuchi dagli uomini, e ve ne sono altri che si sono fatti eunuchi per il regno dei cieli. Chi può capire, capisca» (Matteo, 19,12).

Secondo il Meier (Un ebreo marginale, vol. I), «L’ipotesi più probabile è che Gesù sia rimasto celibe per motivi religiosi…Se il celibato di Gesù è, in qualche modo, un punto interrogativo per noi, forse Gesù voleva che lo fosse precisamente anche per i suoi contemporanei…Il suo celibato era una parabola in azione, l’incarnazione di un messaggio enigmatico inteso a turbare la gente e a provocarla a pensare, sia su Gesù che su se stessa» (i corsivi sono miei).

L’argomento è controverso e delicato. Coinvolge le scelte di ognuno di noi ed è impossibile sviscerarlo in modo del tutto convincente. Chi può capire, capisca.



L’impronta di Gesù

Il “detto sugli eunuchi” è una creazione di Matteo e della chiesa primitiva? Secondo il Meier (ibidem) «l’immagine di qualcuno che “evira” se stesso per il regno dei cieli è talmente sorprendente, anzi sconvolgente e violenta – e così priva di paralleli nel giudaismo o nel cristianesimo del I sec. – che si potrebbe sostenere, con i criteri dell’imbarazzo e della discontinuità, che questa metafora, che descrive in maniera ripugnante il celibato, risale a un Gesù non convenzionale e sconvolgente». Aggiunge (Un ebreo marginale, vol IV) «Gesù insegnava tipicamente con frasi incisive, sorprendenti e memorabili, strutturate in forma di parallelismo come nel caso esaminato» (l’autore fornisce una quindicina di altri esempi) «…anche se questo non è un criterio di autenticità. In effetti questa affermazione è stata verificata a posteriori in molti detti giudicati autentici». Perciò «i criteri proposti riguardo alla storicità confermano che il detto sull’eunuco derivi in definitiva da Gesù stesso, anche se, come molti altri detti di Gesù, non possiamo fissare l’esatta formulazione dell’affermazione generale che, di fatto, potrebbe essere stata pronunciata varie volte in modi diversi» (Un ebreo marginale, vol I). Anche Gnilka (Il Vangelo di Matteo) afferma che «il detto sugli eunuchi reca l’impronta di Gesù».

Ma il Meier è portato ad escludere che Gesù abbia pronunciato il detto in seguito alla reazione dei discepoli, di fronte alla proibizione del divorzio: «Se questa è la condizione dell’uomo rispetto alla donna, non conviene sposarsi» (Matteo, 19,10). «La connessione del detto sull’eunuco con l’insegnamento di Gesù sul divorzio è opera di Matteo». (Ibidem).

Di parere opposto è il Dupont (Mariage et divorce dans l’évangile, ed. Abbaye de saint André). Si riscontra nell’intero episodio un’analogia con la reazione dei discepoli di fronte alla condanna dei ricchi da parte di Gesù. «Chi si potrà dunque salvare?» (Matteo, 19,25).

Anche il detto sconcertante «Se dunque il tuo occhio destro ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te» (Matteo, 5,29), segue immediatamente la radicalizzazione del divieto di adulterio ed è a sua volta seguito dalla proibizione del divorzio. «Vi è un’evidente analogia nelle immagini, violente e brutali: cavarsi l’occhio, tagliarsi la mano, evirarsi. Si tratta di evitare il peccato di adulterio, costi pure un occhio, una mano o la virilità. C’è un impressionante parallelismo nella maniera di servirsi di questi paragoni per rafforzare un insegnamento principale. Il giogo (il termine greco per “unire”, suzeugnumi deriva da zeugos, giogo) di un matrimonio indissolubile («ciò che Dio ha unito…») non è insopportabile, dal momento che certi giungono a una rinuncia totale».



Per il regno dei cieli

La scelta del celibato è coerente con diversi passi in cui si esprime una certa diffidenza nei riguardi della famiglia. Basta un breve accenno. «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?..» «Chi viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie...» «il padre contro il figlio e il figlio contro il padre…» «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti..».

«In vista del regno dei cieli», entrare nel regno, nella vita eterna. Nessun sacrificio appare troppo grande in vista di tale scopo. Non solo “rendersi eunuchi”, ma anche «vendere tutto, darlo ai poveri», «diventare bambini», «praticare una giustizia superiore a quella degli scribi e dei farisei», «aiutare chi è nel bisogno», «una volta scoperto il vero tesoro, vendere tutto, con gioia».

.Il radicalismo di Gesù va accettato nel suo insieme, senza privilegiare una parte e minimizzare il resto. Ancora adesso il magistero della chiesa cattolica tende a insistere sugli aspetti riguardanti la morale famigliare e sessuale. La castità a tutti i costi è forse più importante della povertà e della nonviolenza? E, per una nemesi beffarda, è proprio nel de sexto che la gente mostra la totale indifferenza rispetto all’insegnamento ufficiale, rischiando così di eliminare ogni istanza etica nella propria vita famigliare e sessuale.

Nella disputa che precede, secondo Matteo, il detto sugli eunuchi, dopo avere affermato che la facoltà di ripudiare le mogli era stata concessa «per la durezza del vostro cuore», Gesù così conclude: «ma da principio non fu così» (19,8). Nel parallelo di Marco troviamo «all’inizio della creazione» (10,6).

Si fa dunque riferimento al cosiddetto paradiso terrestre. Non si tratta di qualcosa che appartiene al passato, ma al futuro. «E’ una profezia proiettata nel passato, un’immagine che fa da contrasto alla realtà» (Mesters, Paradiso terrestre, nostalgia o speranza? Queriniana). L’autore così descrive un’ipotetica immagine del paradiso, se gli autori di Genesi 1-2 fossero vissuti oggi: «Non ci sarebbe bisogno di salario, poiché tutto sarebbe di tutti, partecipando tutti attivamente e responsabilmente a tutto. Obiettivo della produzione non sarebbe più il profitto ma il benessere individuale e collettivo di tutti. La sicurezza individuale e collettiva sarebbe garantita al punto che non ci sarebbe più bisogno né di polizia né di esercito. Le famiglie vivrebbero in pace, senza infedeltà e tradimenti e senza che il marito tiranneggi moglie e figli». Riguardo all’ultimo punto direi che non ci sarebbe bisogno né di divorzio né di celibato, forse nemmeno più di matrimonio. Il sesso sarebbe vissuto senza gelosia, né ambiguità né angoscia. «Ora tutti e due erano nudi, l’uomo e sua moglie, e non provavano vergogna» (Genesi, 2,25).

E’ un sogno irrealizzabile? Una pericolosa illusione? O è l’impegno di muoverci, un passetto alla volta, in quella direzione?



Eunuchi per forza, eunuchi per scelta

Eunuchi per il regno dei cieli (di Uta Ranke-Heinemann, ed. Rizzoli) è il titolo di un interessante saggio in cui vengono riportati episodi tragicomici e sentenze di eminenti personaggi della chiesa cattolica (anche santi famosi) attraverso i secoli. Ci si può rendere conto delle aberrazioni, delle follie e delle perversioni a cui può condurre una sfrenata sessuofobia.

Ma non è solo nel cattolicesimo che possiamo trovare tali drastiche prese di posizione. Le affermazioni di due eminenti pensatori non cattolici sono altrettanto sessuofobiche. «La sessualità è il culmine dell’egoismo umano. Solo chi è sposato è un cittadino perbene in questo mondo; il celibe è un estraneo ed è appunto ciò che il cristianesimo vuole che il cristiano sia ed è ciò che Dio stesso vuole perché possa amare Lui» (Kierkegaard, diario, n.3189). «La passione sessuale è uno dei mali peggiori. Dobbiamo lottare contro di essa e non soccombere come siamo soliti fare noi. Le parole del Vangelo che affermano che chi guarda una donna con desiderio ha già commesso un peccato, vanno riferite non solo alla donna d’altri, ma anche e soprattutto a nostra moglie» (Tolstoj, La sonata a Kreutzer). Opinioni rispettabili, ma che tradiscono una forte emotività. Parafrasando Paolo (ICor. 7,9)«Meglio sposarsi che ardere», potremmo dire: «Meglio non sposarsi che tormentarsi».

Concludo con le parole di un anziano prete, uomo di grande fede: Piergiorgio Ferrero, ex-parroco all’Ascensione e alla parrocchia San Vincenzo Ferreri a Moncalieri.

«Il celibato è povertà, è rinuncia all’esperienza fisica dell’amore umano, alla tenerezza di una donna, alla paternità. Molti però, senza una scelta personale, ma per una forza superiore, per disgrazia, per un cumulo di motivi, forse anche per colpa, sono costretti a questa povertà, senza possibilità di scelta, senza matrimonio, o anche nel matrimonio. Solitudini nascoste, laceranti, mascherate. Amore senza amplessi, amplessi senza amore. Malati, matrimoni sbagliati. Sono milioni che, per forza, per costrizione, soffrono la povertà del celibe, non proveranno mai la ricchezza di un amore vero, pur ribellandosi al loro destino. Sono poveri, una delle tante categorie di poveri esistenti sulla terra. Celibato è anche condividere volontariamente la povertà dell’eunuco, del castrato, del solitario, del senza-famiglia. Solo se la verginità volontaria è vista come libera condivisione della povertà di chi è “solo” sessualmente ed affettivamente, se ne comprende il senso. Non solo per il Regno di Dio, neppure soltanto per Cristo, ma per amore verso i più poveri, per il castrato, la sterile, il non-sposato, la zitella. Ma per quale motivo? Con quale risultato? Fede. Unicamente fede. Perché l’ha detto Lui. Perché l’ha fatto Lui. Lui, un eunuco, un solitario sessuale.

Tale libera scelta porta a un nuovo rapporto con le donne. Per “conquistare”, da celibe, una personalità integrata sul piano affettivo, è psicologicamente indispensabile maturare un’esperienza fatta di cordialità di rapporti, freschezza di sentimenti, capacità di commozione; ammirare e complimentare il volto giovane e la linea snella, le forme femminili di una ragazza, ma senza desiderio; coltivare un’amicizia che non è solo spirituale, ma non è sessuale; è calda, disinteressata, serena, ti dà gioia di vivere, pienezza di esistenza».


Pedofilia e Chiesa cattolica nella storia
https://it.wikipedia.org/wiki/Pedofilia ... lla_storia
https://it.wikipedia.org/wiki/Casi_di_p ... _cattolica



Castità e pedofilia
viewtopic.php?f=141&t=2713
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Re: L'assurda, irragionevole e idolatra eresia cristiana

Messaggioda Berto » ven ott 27, 2017 6:39 am

Un prete cristiano cattolico che si fa padre islamico

«Voglio farla con i soldi pubblici» » La Gazzetta di Pistoia
martedì, 2 maggio 2017
di Chiara Forni

http://www.lagazzettadipistoia.it/crona ... A.facebook

“È bello vedere questi musulmani che si danno alla preghiera, e sarebbe bello che anche a Pistoia ci fosse una moschea, come luogo dignitoso, nella quale poter pregare.” Sono queste le parole di Don Massimo Biancalani, sacerdote della diocesi di Vicofaro, il quale ha dichiarato di voler predisporre una nuova moschea all'interno della chiesa, per consentire agli extracomunitari di poter trovare un punto di ritrovo per la preghiera.

“La polemica nacque l'anno scorso, in seguito alla presentazione del progetto di accoglienza dei migranti – ha commentato il sacerdote – ed il progetto, è anche frutto di scambio interculturale e religioso. Noi non rappresentiamo una cooperativa, bensì una comunità parrocchiale che deve accogliere persone bisognose di cura e di protezione. E questi ragazzi sono per metà musulmani e per metà cristiani.”

“Abbiamo dato la nostra più completa disponibilità di accoglienza a questi ragazzi – continua -. Si tratta di persone richiedenti asilo, che sbarcano a Lampedusa, entrano nel nostro territorio e chiedono protezione umanitaria. Sarà poi la prefettura ad affidarle in strutture come la nostra, oppure in cooperative in attesa che lo Stato dia loro una risposta.”

La canonica di don Massimo Biancalani diventa, pertanto, un luogo di rifugio per soli migranti abbandonati al loro destino. Il grande senso umanitario del sacerdote lascia di stucco, mentre descrive la realtà in cui sono costretti a vivere questi extracomunitari. Eppure, per i nostri connazionali sembra non essere riservato tale trattamento. “L'anno scorso abbiamo aderito al progetto emergenza freddo, accogliendo persone di origine italiana, e senza fissa dimora all'interno della nostra canonica – prosegue – e tre di queste persone sono rimaste a vivere qui. Ed anche a Ramini è stato accolto un signore italiano che viveva alla stazione.” Le parole del prete avranno anche un fondo di verità, peccato che nel suo profilo social non ci sono tracce – neppure minime – di italiani che, a detta sua, vivrebbero ancora in canonica. E neppure la mia visita nella canonica di Vicofaro ha dato modo di accertare la presenza di nostri connazionali al suo interno. La porta di entrata aperta durante le ore notturne, e la canonica – in condizioni che sfiorano l'inverosimile – sembra che sia sprovvista di cittadini italiani, anch'essi bisognosi di protezione e di un tetto sopra la testa. Qualche dubbio sorge in merito alla questione. E, soprattutto, l'accoglienza dovrebbe essere aperta a favore di chiunque ne abbia bisogno. Sembra, invece, che il parroco dia spazio soltanto ad extracomunitari sofferenti, quando tanti italiani si ritrovano a vivere in macchina o, nella migliore delle ipotesi, nelle roulotte.

Ma torniamo alla questione principale: la predisposizione di una moschea nella parrocchia di Vicofaro. L'idea ha suscitato accese polemiche e critiche da parte della popolazione. I riscontri negativi rispetto ad una decisione, presumibilmente un po' azzardata, sono stati pressanti e, talvolta, anche minacciosi. “Questi ragazzi pregano cinque volte al giorno rivolgendosi verso la Mecca, anche nelle loro stanze; ed un giorno a settimana, il venerdì, vanno nella moschea per pregare – dice don Biancalani, senza alcun timore -. A Sant'Agostino esiste una moschea, ossia un seminterrato nel quale i musulmani possono pregare, ma non è un luogo dignitoso. Per questo motivo, intendo creare un posto in cui pregare con tutta tranquillità, attraverso diverse iniziative di collaborazione.”

“Queste persone – prosegue – mi hanno aiutato anche a fare il presepe in chiesa. Sono persone come noi, che mostrano atteggiamenti diversi nei confronti della religione.”

In ogni caso, la problematica è legata non tanto al fatto di costruire o meno una moschea dentro una chiesa frequentata costantemente da fedeli cristiani. Nonostante il parroco dica che i fedeli hanno ben capito lo spirito di accoglienza del progetto, ad oggi materia di discussione, dai commenti pubblicati sulla pagina facebook del sacerdote non sembrerebbe affatto così. La questione ancora più grave, a detta dei suoi concittadini, emergerebbe dalla decisione affrettata di voler costruire la moschea con i soldi pubblici. Fomentano così le polemiche dei cittadini, in completo disaccordo con il parroco, il quale si giustifica dicendo: “A parer mio, è più saggio farla con i soldi pubblici, dei quali conosci già la provenienza. Ci sono tanti musulmani che lavorano e pagano le tasse. E se sono soldi pubblici, i cittadini possono chiedere che la moschea sia un luogo aperto ed accessibile a tutti.”

Un'idea discutibile risulta quella proposta dal parroco di Vicofaro. Non tutti approvano la sua decisione, anzi, molti sono contrari ma impotenti di fronte a tutto questo. Si scatena su facebook tutto il malcontento della popolazione pistoiese, ma non solo. Tante persone esprimono la loro idea anche da zone lontane, dimostrando completa solidarietà rispetto alla situazione. A detta del parroco, ci sono molte realtà africane nelle quali sono presenti le chiese, come ad esempio nel Ciad. Lui sostiene che ci troviamo di fronte a società multietniche e multireligiose, in cui la pace deve essere costruita tessendo buone relazioni. La sua dura battaglia è quella di far comprendere alle persone che questo atteggiamento di accoglienza, non può che portare serenità nel territorio, favorendone pertanto un futuro multietnico in tutta Europa.

“Io sono un tipo pacifico e ciò che abbiamo fatto noi dovrebbero farlo tutte le parrocchie – commenta don Massimo Biancalani –. E, se ci sono persone povere in Italia, non dipende certo dai migranti: persone che scappano dal loro paese e che, ogni giorno, rischiano la loro vita a causa di una semplice influenza, oppure persone che scappano dalla guerra. Mi raccontano cose spaventose ogni volta.”

“Sono ragazzi giovanissimi, fra i 18 e i 22 anni a Vicofaro, mentre un po' più grandini a Ramini, provenienti da zone come il Ciad, la Guinea o il Gambia – conclude – e loro, grazie ad Internet, osservando il nostro mondo hanno deciso di buttarsi, con la consapevolezza di non perdere niente. Per me, è motivo di soddisfazione ed orgoglio condividere con questi ragazzi gioie e sofferenze, riscoprendo un senso di paternità dovuto dal fatto che queste persone hanno bisogno di tanto amore e protezione.”



Pento Alberto
Questo povero prete idolatra e irresponsabile che crede di imitare Cristo e di essere un buon uomo, non sa nemmeno che la preghiera dei maomettani è violentemente e assolutamente contro gli ebrei, contro i cristiani e contro ogni diversamente religioso e pensante della terra.


Preghiere islamiche contro i non islamici
viewtopic.php?f=188&t=2502

Preghiere che insultano, ingiuriano offendono tutti i non islamici diversamente religiosi;
chiare espressioni del razzismo proprio del nazismo maomettano o Islam con la sua "pura razza dell'umma mussulmana".


Non portarti la morte in casa, non hai colpe né responsabilità
viewtopic.php?f=194&t=2624

Non deprediamo e non uccidiamo la nostra gente con l'irresponsabile accoglienza indiscriminata e scriteriata a spese delle scarse risorse pubbliche, dei nostri figli e nipoti e dei nostri compaesani e concittadini
viewtopic.php?f=196&t=2605
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Re: L'assurda, irragionevole e idolatra eresia cristiana

Messaggioda Berto » gio nov 02, 2017 9:48 pm

La grande presunzione degli idolatri cristiani
viewtopic.php?f=199&t=2625
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Re: L'assurda, irragionevole e idolatra eresia cristiana

Messaggioda Berto » ven dic 08, 2017 8:27 pm

Il dogma e credenza dell'immacolata concezione è solo un'assurdità idolatra del cristianismo cattolico romano.



IL DOGMA DELL'IMMACOLATA CONCEZIONE
sabato 8 dicembre 2012

http://laveritasullareligionecristiana. ... zione.html

Oggi 8 dicembre parliamo di immacolata concezione, ovvero di un dogma del cattolicesimo.

Innanzitutto spieghiamo cos'è:

"Molte persone credono erroneamente che l’immacolata concezione si riferisca alla concezione di Gesù Cristo. La concezione di Gesù fu nel modo più assoluto immacolata… ma questo concetto non si riferisce affatto a Gesù. L’immacolata concezione è una dottrina della Chiesa Cattolica Romana nei riguardi di Maria, la madre di Gesù. Una formulazione ufficiale della dottrina recita: “…la beatissima Vergine Maria fu preservata, per particolare grazia e privilegio di Dio onnipotente, in previsione dei meriti di Gesù Cristo Salvatore del genere umano, immune da ogni macchia di peccato originale”. In buona sostanza, l’immacolata concezione è la dottrina secondo cui Maria fu protetta dal peccato originale, non aveva una natura di peccato ed era, di fatto, senza peccato."
Tratto da uno dei tanti siti cattolici (link https://www.gotquestions.org/Italiano/i ... zione.html )

Adesso vediamo come nasce e quanto può essere attendibile questo dogma, la fonte è "Il Gallo cantò ancora" di Karlheinz Deschner.

La festa dell'immacolata concezione di Maria fece la sua comparsa nell'VIII secolo; il suo presupposto consiste nel fatto che anche Maria sarebbe stata concepita e partorita dalla madre "immacolata", cioè senza il peccato originale.
I grandi luminari della Chiesa, come Bernardo di Chiaravalle, Bonaventura, Alessandro di Hales, Alberto Magno e Tommaso d'Aquino, richiamandosi all'autorità nientemeno che di Agostino, combatterono come superstizione codesta festività dell'immacolata concezione di Maria! Il domenicano Vinvent Bandelli menzionò non meno di 260 dotti cattolici per dimostrare eretica questa dottrina, propagandata e difesa soprattutto dai francescani. Anche Tommaso d'Aquino era un domenicano, ed è evidente che in questa polemica, condotta dai francescani anche col richiamo agli apocrifi e a falsi letterari, svolgeva un ruolo di rilievo la rivalità sempre presente fra i due ordini religiosi. Papa Sisto IV, ex francescano, nel 1482 vietò che si condannasse la fede nell'immacolata concezione, ma nel 1568 Pio V proibì di nuovo tale festa. Tuttavia, il popolo, che divinizzava Maria, la voleva anche completamente pura; e poichè anche altri ordini si adoperarono ardentemente a favore della nuova dottrina, specialmente i Cistercensi, il cui primo abate Robert di Molesme ebbe persino una "relazione segreta" con Maria, e infine anche i gesuiti, i domenicani dovettero soccombere. Nel 1848 il gesuita Peronne dimostrò la concezione immacolata sulla base dell'esegesi biblica, fondandosi, frà l'altro, sui versi del Cantico dei cantici ;!
La cosa era ormai chiara. Sei anni dopo, l'8 dicembre 1854, Pio IX proclamò con la Bolla Ineffabilis Deus che la dottrina della imacolata conceptio della santissima vergine Maria era stata rivelata da Dio e perciò doveva essere saldamente e costantemente creduta da tutti i fedeli. Prima della proclamazione del dogma, per altro, il papa aveva interrogato i vescovi, dei quali 536 si pronunciarono a favore della nuova dottrina, 4 contro e 36 espressero dubbi sull'opportunità si una siffatta dogmatizzazione.





Che cos’è l’immacolata concezione?

Domanda: "Che cos’è l’immacolata concezione?"

https://www.gotquestions.org/Italiano/i ... zione.html

Risposta: Molte persone credono erroneamente che l’immacolata concezione si riferisca alla concezione di Gesù Cristo. La concezione di Gesù fu nel modo più assoluto immacolata… ma questo concetto non si riferisce affatto a Gesù. L’immacolata concezione è una dottrina della Chiesa Cattolica Romana nei riguardi di Maria, la madre di Gesù. Una formulazione ufficiale della dottrina recita: “…la beatissima Vergine Maria fu preservata, per particolare grazia e privilegio di Dio onnipotente, in previsione dei meriti di Gesù Cristo Salvatore del genere umano, immune da ogni macchia di peccato originale”. In buona sostanza, l’immacolata concezione è la dottrina secondo cui Maria fu protetta dal peccato originale, non aveva una natura di peccato ed era, di fatto, senza peccato.

Il problema di questa dottrina dell’immacolata concezione è che non è insegnata nella Bibbia. La Bibbia non descrive mai Maria come qualcosa di diverso da una donna umana normale che Dio scelse come la madre del Signore Gesù Cristo. Maria fu indubbiamente una donna santa (Luca 1:28). Maria fu sicuramente una moglie e una madre meravigliosa. Gesù amava Sua madre e se ne prendeva certamente cura (Giovanni 19:27). La Bibbia non ci dà alcun motivo di credere che Maria fosse senza peccato. In effetti, la Bibbia ci dà tutti i motivi per farci credere che Gesù Cristo sia l’unica Persona a non essere stata “infettata” dal peccato e a non aver mai commesso peccato (Ecclesiaste 7:20; Romani 3:23; 2 Corinzi 5:21; 1 Pietro 2:22; 1 Giovanni 3:5).

La dottrina dell’immacolata concezione scaturì dalla confusione sul modo in cui Gesù Cristo potesse essere nato senza peccato pur essendo stato concepito all’interno di una donna peccatrice. Si pensava che, se Maria fosse stata una peccatrice, Gesù avrebbe ricevuto una natura peccaminosa da lei. In contrasto con l’immacolata concezione, la soluzione biblica a questo problema sta nel comprendere che Gesù stesso fu protetto miracolosamente dall’essere contaminato dal peccato mentre era dentro il grembo di Maria. Se Dio fosse stato capace di proteggere Maria dal peccato, non sarebbe stato capace di proteggere Gesù? Pertanto, il fatto che Maria sia stata senza peccato non è né necessario né biblico.

La Chiesa Cattolica Romana sostiene che l’immacolata concezione è necessaria perché, senza di essa, Gesù sarebbe stato l’oggetto della Sua stessa grazia. Il ragionamento è questo: se Gesù fosse stato preservato miracolosamente dal peccato — il che sarebbe stato esso stesso un atto di grazia —, ciò avrebbe significato che, in buona sostanza, Dio aveva “graziato Se stesso”. Il termine grazia significa “favore immeritato”. Grazia significa dare a qualcuno qualcosa che non merita. Il fatto che Dio abbia operato un miracolo nel preservare Gesù dal peccato non è stato un atto di “grazia”. In nessun senso Gesù avrebbe mai potuto essere infettato dal peccato. Egli era umanità perfetta e senza peccato unita a divinità senza peccato. Dio non poteva essere infettato o contaminato dal peccato in quanto è perfettamente santo. Questa stessa verità si applica a Gesù. Non ci volle “grazia” per proteggere Gesù dal peccato. Essendo Dio incarnato, Gesù era nella Sua essenza “immune” dal peccato.

Pertanto, la dottrina dell’immacolata concezione non è né biblica né necessaria. Gesù fu concepito miracolosamente dentro Maria, che a quel tempo era vergine. Questo è il concetto biblico della nascita verginale. La Bibbia non suggerisce nemmeno che vi fosse qualcosa di speciale nella concezione di Maria. Se esaminiamo questo concetto in modo logico, anche la madre di Maria avrebbe dovuto essere concepita in modo immacolato. Come avrebbe potuto, Maria, essere stata concepita senza peccato se sua madre fosse stata peccatrice? Si sarebbe dovuto dire lo stesso della nonna di Maria, della bisnonna e così via. Perciò, in conclusione, l’immacolata concezione non è un insegnamento biblico. La Bibbia insegna la miracolosa nascita verginale di Gesù Cristo, non l’immacolata concezione di Maria.


https://it.wikipedia.org/wiki/Immacolata_Concezione

L'Immacolata Concezione è un dogma cattolico, proclamato da papa Pio IX l'8 dicembre 1854[1] con la bolla Ineffabilis Deus, che sancisce come la Vergine Maria sia stata preservata immune dal peccato originale fin dal primo istante del suo concepimento; tale dogma non va confuso con il concepimento verginale di Gesù da parte di Maria. Il dogma dell'Immacolata Concezione riguarda il peccato originale: per la chiesa Cattolica infatti ogni essere umano nasce con il peccato originale e solo la Madre di Cristo ne fu esente: in vista della venuta e della missione sulla Terra del Messia, a Dio dunque piacque che la Vergine dovesse essere la dimora senza peccato per custodire in grembo in modo degno e perfetto il Figlio divino fattosi uomo.


https://www.avvenire.it/chiesa/pagine/i ... -significa
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Re: L'assurda, irragionevole e idolatra eresia cristiana

Messaggioda Berto » gio feb 01, 2018 9:45 am

Il dogma e credenza della verginità di Mria e dell'immacolata concezione è solo un'assurdità idolatra del cristianismo cattolico romano.
Il disprezzo per l'uomo, per la sua natura, per la sua carne, per la sua biologia, ... è un disprezzo demenziale tutto ideologico per la creazione, per un'opera di Dio che è l'uomo e la sua natura.
Dio il creatore che si farebbe uomo attraverso una donna senza la congiunzione carnale, aldifuori delle modalità naturali che Dio stesso ha previsto per le sue creature, un'assurdità blasfema Dio il Creatore che disprezza le sue creature.




Verginità di Maria (o concepimento virginale di Gesù)
https://it.wikipedia.org/wiki/Verginit%C3%A0_di_Maria
Nell'ambito del cristianesimo, con verginità di Maria (o concepimento virginale di Gesù) si intende la dottrina secondo cui, stando alla narrazione dei Vangeli (Mt1,18-25; Lc1,26-38), Maria concepì Gesù in maniera soprannaturale per opera dello Spirito Santo, senza cioè una unione carnale con un uomo.
Il concepimento verginale di Gesù da parte di Maria, avvenuto per volontà divina, è considerato verità di fede da tutte le confessioni cristiane, le quali fondano la propria dottrina sui vangeli.



IL DOGMA DELL'IMMACOLATA CONCEZIONE
sabato 8 dicembre 2012

http://laveritasullareligionecristiana. ... zione.html

Oggi 8 dicembre parliamo di immacolata concezione, ovvero di un dogma del cattolicesimo.

Innanzitutto spieghiamo cos'è:

"Molte persone credono erroneamente che l’immacolata concezione si riferisca alla concezione di Gesù Cristo. La concezione di Gesù fu nel modo più assoluto immacolata… ma questo concetto non si riferisce affatto a Gesù. L’immacolata concezione è una dottrina della Chiesa Cattolica Romana nei riguardi di Maria, la madre di Gesù. Una formulazione ufficiale della dottrina recita: “…la beatissima Vergine Maria fu preservata, per particolare grazia e privilegio di Dio onnipotente, in previsione dei meriti di Gesù Cristo Salvatore del genere umano, immune da ogni macchia di peccato originale”. In buona sostanza, l’immacolata concezione è la dottrina secondo cui Maria fu protetta dal peccato originale, non aveva una natura di peccato ed era, di fatto, senza peccato."
Tratto da uno dei tanti siti cattolici (link https://www.gotquestions.org/Italiano/i ... zione.html )

Adesso vediamo come nasce e quanto può essere attendibile questo dogma, la fonte è "Il Gallo cantò ancora" di Karlheinz Deschner.

La festa dell'immacolata concezione di Maria fece la sua comparsa nell'VIII secolo; il suo presupposto consiste nel fatto che anche Maria sarebbe stata concepita e partorita dalla madre "immacolata", cioè senza il peccato originale.
I grandi luminari della Chiesa, come Bernardo di Chiaravalle, Bonaventura, Alessandro di Hales, Alberto Magno e Tommaso d'Aquino, richiamandosi all'autorità nientemeno che di Agostino, combatterono come superstizione codesta festività dell'immacolata concezione di Maria! Il domenicano Vinvent Bandelli menzionò non meno di 260 dotti cattolici per dimostrare eretica questa dottrina, propagandata e difesa soprattutto dai francescani. Anche Tommaso d'Aquino era un domenicano, ed è evidente che in questa polemica, condotta dai francescani anche col richiamo agli apocrifi e a falsi letterari, svolgeva un ruolo di rilievo la rivalità sempre presente fra i due ordini religiosi. Papa Sisto IV, ex francescano, nel 1482 vietò che si condannasse la fede nell'immacolata concezione, ma nel 1568 Pio V proibì di nuovo tale festa. Tuttavia, il popolo, che divinizzava Maria, la voleva anche completamente pura; e poichè anche altri ordini si adoperarono ardentemente a favore della nuova dottrina, specialmente i Cistercensi, il cui primo abate Robert di Molesme ebbe persino una "relazione segreta" con Maria, e infine anche i gesuiti, i domenicani dovettero soccombere. Nel 1848 il gesuita Peronne dimostrò la concezione immacolata sulla base dell'esegesi biblica, fondandosi, frà l'altro, sui versi del Cantico dei cantici ;!
La cosa era ormai chiara. Sei anni dopo, l'8 dicembre 1854, Pio IX proclamò con la Bolla Ineffabilis Deus che la dottrina della imacolata conceptio della santissima vergine Maria era stata rivelata da Dio e perciò doveva essere saldamente e costantemente creduta da tutti i fedeli. Prima della proclamazione del dogma, per altro, il papa aveva interrogato i vescovi, dei quali 536 si pronunciarono a favore della nuova dottrina, 4 contro e 36 espressero dubbi sull'opportunità si una siffatta dogmatizzazione.



Che cos’è l’immacolata concezione?
Domanda: "Che cos’è l’immacolata concezione?"

https://www.gotquestions.org/Italiano/i ... zione.html

Risposta: Molte persone credono erroneamente che l’immacolata concezione si riferisca alla concezione di Gesù Cristo. La concezione di Gesù fu nel modo più assoluto immacolata… ma questo concetto non si riferisce affatto a Gesù. L’immacolata concezione è una dottrina della Chiesa Cattolica Romana nei riguardi di Maria, la madre di Gesù. Una formulazione ufficiale della dottrina recita: “…la beatissima Vergine Maria fu preservata, per particolare grazia e privilegio di Dio onnipotente, in previsione dei meriti di Gesù Cristo Salvatore del genere umano, immune da ogni macchia di peccato originale”. In buona sostanza, l’immacolata concezione è la dottrina secondo cui Maria fu protetta dal peccato originale, non aveva una natura di peccato ed era, di fatto, senza peccato.

Il problema di questa dottrina dell’immacolata concezione è che non è insegnata nella Bibbia. La Bibbia non descrive mai Maria come qualcosa di diverso da una donna umana normale che Dio scelse come la madre del Signore Gesù Cristo. Maria fu indubbiamente una donna santa (Luca 1:28). Maria fu sicuramente una moglie e una madre meravigliosa. Gesù amava Sua madre e se ne prendeva certamente cura (Giovanni 19:27). La Bibbia non ci dà alcun motivo di credere che Maria fosse senza peccato. In effetti, la Bibbia ci dà tutti i motivi per farci credere che Gesù Cristo sia l’unica Persona a non essere stata “infettata” dal peccato e a non aver mai commesso peccato (Ecclesiaste 7:20; Romani 3:23; 2 Corinzi 5:21; 1 Pietro 2:22; 1 Giovanni 3:5).

La dottrina dell’immacolata concezione scaturì dalla confusione sul modo in cui Gesù Cristo potesse essere nato senza peccato pur essendo stato concepito all’interno di una donna peccatrice. Si pensava che, se Maria fosse stata una peccatrice, Gesù avrebbe ricevuto una natura peccaminosa da lei. In contrasto con l’immacolata concezione, la soluzione biblica a questo problema sta nel comprendere che Gesù stesso fu protetto miracolosamente dall’essere contaminato dal peccato mentre era dentro il grembo di Maria. Se Dio fosse stato capace di proteggere Maria dal peccato, non sarebbe stato capace di proteggere Gesù? Pertanto, il fatto che Maria sia stata senza peccato non è né necessario né biblico.

La Chiesa Cattolica Romana sostiene che l’immacolata concezione è necessaria perché, senza di essa, Gesù sarebbe stato l’oggetto della Sua stessa grazia. Il ragionamento è questo: se Gesù fosse stato preservato miracolosamente dal peccato — il che sarebbe stato esso stesso un atto di grazia —, ciò avrebbe significato che, in buona sostanza, Dio aveva “graziato Se stesso”. Il termine grazia significa “favore immeritato”. Grazia significa dare a qualcuno qualcosa che non merita. Il fatto che Dio abbia operato un miracolo nel preservare Gesù dal peccato non è stato un atto di “grazia”. In nessun senso Gesù avrebbe mai potuto essere infettato dal peccato. Egli era umanità perfetta e senza peccato unita a divinità senza peccato. Dio non poteva essere infettato o contaminato dal peccato in quanto è perfettamente santo. Questa stessa verità si applica a Gesù. Non ci volle “grazia” per proteggere Gesù dal peccato. Essendo Dio incarnato, Gesù era nella Sua essenza “immune” dal peccato.

Pertanto, la dottrina dell’immacolata concezione non è né biblica né necessaria. Gesù fu concepito miracolosamente dentro Maria, che a quel tempo era vergine. Questo è il concetto biblico della nascita verginale. La Bibbia non suggerisce nemmeno che vi fosse qualcosa di speciale nella concezione di Maria. Se esaminiamo questo concetto in modo logico, anche la madre di Maria avrebbe dovuto essere concepita in modo immacolato. Come avrebbe potuto, Maria, essere stata concepita senza peccato se sua madre fosse stata peccatrice? Si sarebbe dovuto dire lo stesso della nonna di Maria, della bisnonna e così via. Perciò, in conclusione, l’immacolata concezione non è un insegnamento biblico. La Bibbia insegna la miracolosa nascita verginale di Gesù Cristo, non l’immacolata concezione di Maria.


https://it.wikipedia.org/wiki/Immacolata_Concezione

L'Immacolata Concezione è un dogma cattolico, proclamato da papa Pio IX l'8 dicembre 1854[1] con la bolla Ineffabilis Deus, che sancisce come la Vergine Maria sia stata preservata immune dal peccato originale fin dal primo istante del suo concepimento; tale dogma non va confuso con il concepimento verginale di Gesù da parte di Maria. Il dogma dell'Immacolata Concezione riguarda il peccato originale: per la chiesa Cattolica infatti ogni essere umano nasce con il peccato originale e solo la Madre di Cristo ne fu esente: in vista della venuta e della missione sulla Terra del Messia, a Dio dunque piacque che la Vergine dovesse essere la dimora senza peccato per custodire in grembo in modo degno e perfetto il Figlio divino fattosi uomo.


https://www.avvenire.it/chiesa/pagine/i ... -significa




I fratelli di Gesù
di Alain Besançon

http://www.osservatoreromano.va/it/news ... li-di-gesu

Due o tre anni fa il direttore dell’Osservatore Romano mi aveva chiesto una recensione del libro che Benedetto XVI aveva appena pubblicato sull’infanzia di Gesù di Nazaret. Il libro era eccellente e la mia recensione fu sinceramente elogiativa. Ho ricevuto complimenti dagli italiani. Una cosa, però, mi aveva sorpreso. Non diceva nulla sulla questione dei fratelli di Gesù. Ebbene, ci tengo moltissimo all’“uniparità” della Vergine Maria. Nel mio articolo ho supposto che se il Papa non ne aveva parlato era per preterizione, perché per lui era una cosa evidente, come per tutti i cattolici, che non fosse necessario discuterne. E non solo per i cattolici, perché nel mio testo ricordavo che Lutero e Calvino invocavano le maledizioni più terribili su quanti avevano l’audacia di contestare questa verità tanto antica quanto il cristianesimo. È stato il mio ultimo articolo sull’Osservatore Romano [del 23 gennaio 2013].

Spinto dalla curiosità, ho comprato il romanzo di Françoise Chandernagor intitolato Vie de Jude, frère de Jésus (Paris, Albin Michel, 2015). Conosco e stimo questa autrice che, come me, siede nella giuria del Premio Chateaubriand, e di lei ho letto alcune opere di ottimo livello.

È un romanzo scritto con vigore. La scrittrice immagina un manoscritto ritrovato, il cui autore sarebbe Giuda, fratello minore di Gesù, che l’avrebbe accompagnato per tutta la vita e che avrebbe svolto un ruolo importante ai primordi della Chiesa. Sarebbe stato uno dei pilastri della “Chiesa di Giacomo”, a Gerusalemme. Giuda si esprime in termini aspri sul carattere imperioso di Paolo, che si autoproclama apostolo dei gentili, e che avrebbe impresso una direzione diversa alla religione nascente.

Il ritratto che Chandernagor fa di Gesù è più “ortodosso” di quello di Renan. Lei (o Giuda) non rifiuta i miracoli e neppure la resurrezione. Ammira e rispetta Gesù e dimostra un vero affetto per Maria, madre di famiglia commovente ed esemplare. Conosce bene le istituzioni e i modi di vivere degli ebrei dell’epoca e imita abilmente lo stile dei vangeli. Questo romanzo si fonda su ricerche serie e poggia su un’indagine documentata.

Alla fine del libro, Françoise Chandernagor, abbandonato il ruolo di romanziera e ridivenuta il consigliere di Stato competente qual è, aggiunge un ultimo capitolo: L’atelier de l’auteur. Spiega come ha fatto e perché. Riassumo qui le sue argomentazioni, senza approvarle né criticarle, perché non ne ho i mezzi. Lei giustifica la tesi della “multiparità” della Vergine Maria. Nel romanzo Maria, sposa di Giuseppe all’età di quattordici anni, dà alla luce Gesù, poi i suoi quattro fratelli, Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda, oltre ad alcune sorelle che non vengono nominate. Dunque una fratria di almeno sette figli.

Quei nomi si trovano nei vangeli (Matteo e Marco), negli Atti degli apostoli, nelle lettere di Paolo, nella lettera di Giacomo e in quella di Giuda. Questi ultimi sono chiamati «fratelli del Signore». Sono citati in numerosissimi apocrifi. Flavio Giuseppe, storico indipendente dall’ambito dei vangeli, menziona la morte, nel 62, di Giacomo «fratello di Gesù detto il Messia».

Per oltre tre secoli i Padri della Chiesa non hanno provato alcun imbarazzo a parlare dei fratelli di Gesù, per esempio Egesippo, citato da Eusebio di Cesarea, e Tertulliano. Tuttavia, alla fine del IV secolo, verso il 380, il vescovo Epifanio di Salamina suggerisce che questi fratelli potrebbero essere solo dei fratellastri, frutto di un primo matrimonio di Giuseppe. Si fondava su un celebre apocrifo, il Protovangelo di Giacomo, solitamente datato alla fine del ii secolo. Françoise Chandernagor presume che vi fosse una domanda popolare di una dea eternamente vergine e che ci fosse stata una contaminazione con il culto di Iside e anche con altre sette nemiche della sessualità e del matrimonio. Nello stesso clima si sviluppano i racconti sulla venuta al mondo di Gesù, che sarebbe avvenuta in modo più o meno miracoloso.

L’intervento decisivo fu quello di san Girolamo, uno dei quattro Padri della Chiesa latina. Nel 383 propone la sua tesi: i quattro fratelli del Signore sono cugini, in quanto la parola fratello è stata iscritta nel Nuovo Testamento a seguito di una cattiva traduzione dall’ebraico o dall’aramaico nella lingua greca. Ritiene anche che Giacomo, capo della Chiesa di Gerusalemme, non fosse Giacomo il Maggiore (figlio di Zebedeo e fratello di Giovanni) ma un altro Giacomo, Giacomo il Minore, figlio di Alfeo e di un’altra Maria. Ciò rafforzava un altro dogma che si stava formando, quello di Maria sempre vergine.

La situazione oggi è la seguente. Le Chiese protestanti non hanno difficoltà ad ammettere l’esistenza dei “veri” fratelli di Gesù. Rifiutano anche la verginità perpetua. Bisogna dire che nelle Chiese protestanti prevalgono considerazioni dogmatiche che sminuiscono fortemente lo status e il ruolo della Vergine nell’economia generale della salvezza. Il luteranesimo conserva un certo affetto per la figura di Maria. Lutero ha scritto un commovente commento al Magnificat. L’anglicanesimo anche, mentre il calvinismo teme che il culto della Vergine degeneri in idolatria e che diventi una deriva, addirittura un parassita, del culto dovuto solo a Dio. Soli Deo gloria, a Dio solo la gloria: è il motto di Calvino.

Le Chiese ortodosse ritengono, sulla scia di Epifanio di Salamina, che i fratelli siano fratellastri, figli di un primo matrimonio di Giuseppe. Credono fermamente nella verginità perpetua, post partum. Nello spirito dell’ortodossia questo è ovvio e si prova una sorta d’imbarazzo nel dirlo. Ciò può spiegare il silenzio dei primi secoli constatato da Chandernagor. Piuttosto che definire un dogma la Chiesa orientale preferisce restarne in contemplazione. La Madre di Dio viene vista alla luce del concilio di Efeso che le ha conferito (o riconosciuto) questo titolo. La Vergine è detta “la purissima”, la pretchistaia, come dicono i russi, «infinitamente più degna degli angeli», più alta, addirittura, dei serafini e dei cherubini, come recita la preghiera ortodossa alla Vergine, di stile più teologico della nostra Ave Maria latina. L’ortodossia non ha seguito la Chiesa cattolica nella definizione del dogma dell’Immacolata Concezione e neppure in quello dell’Assunzione. Vi crede misticamente da sempre. Per questo non ne parla.

La posizione ufficiale della Chiesa cattolica si attiene a san Girolamo: Gesù non ha avuto fratelli né fratellastri. Ha avuto dei cugini. La Chiesa cattolica non si accontenta della fede implicita degli orientali. Vorrebbe rispondere con precisione al problema posto.

In Matteo, 13, 55-56, si legge: «Non è egli forse il figlio del carpentiere? Sua madre non si chiama Maria e i suoi fratelli Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle non sono tutte fra noi?». E in Marco, 6, 3: «Non è costui il carpentiere, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle non stanno qui da noi?».

Tutto il dibattito si fonda sul significato di fratello. In greco il termine è adelphòs, utilizzato ripetutamente nel Nuovo Testamento. Trecentoquarantatré volte, precisa Françoise Chandernagor, per designare «sia un fratello metaforico (membro della comunità cristiana), sia un fratello biologico, e null’altro». Cugino in greco si dice anepsiòs. La parola è nota a Paolo, che distingue perfettamente i due termini. Nelle sue lettere definisce Giacomo «fratello di Gesù», mentre indica Marco come un cugino (anepsiòs) di Barnaba. Flavio Giuseppe definisce Giacomo adelphòs, ossia fratello di Gesù e non cugino. Diamo atto all’autrice della sua analisi. Il dibattito è chiuso? Ammettiamo che fratello significhi fratello biologico. Questo implica che Maria, madre di Gesù, sia madre allo stesso modo di Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda?

Nei vangeli appaiono quattro Marie. Una, Maria di Magdala, non ha figli. Maria, sorella di Marta e di Lazzaro — l’amico di Gesù, morto e risuscitato per opera sua — neppure. Maria, la sposa di Giuseppe, è la madre di Gesù. Infine c’è un’“altra Maria”. In Matteo, 27, 56 appare tra le donne che osservano «da lontano» il supplizio di Gesù. Viene chiamata «madre di Giacomo e di Giuseppe». Non può essere confusa con Maria madre di Gesù, che sembra non far parte di quel gruppo, altrimenti verrebbe indicata come madre di Gesù e non solo di Giacomo e di Giuseppe. Questa “altra Maria”, accompagnata da Maria di Magdala, va a visitare il sepolcro di Cristo, all’indomani dello shabbàt (Matteo, 27, 61).

Marco (15, 40) lo conferma: «C’erano anche alcune donne, che stavano a osservare da lontano, tra le quali Maria di Magdala, Maria madre di Giacomo il Minore e di Ioses [cioè di Giuseppe], e Salome». Salome, moglie di Zebedeo, è la madre di Giacomo il Maggiore e di Giovanni l’apostolo. Questi ultimi due non vengono mai chiamati “fratelli di Gesù”. Marco aggiunge che questa Maria, con Maria di Magdala, osservava mentre lo portavano nella tomba e guardava «dove veniva deposto». Dopo lo shabbàt, insieme con Maria Maddalena e Salome, compra oli aromatici per ungere la salma.

Poi le tre donne si recano al sepolcro, scoprono che è aperto, che la pietra che lo chiudeva è rotolata via, e un angelo annuncia loro che il crocifisso «non è qui», è «risorto». Fuggono via spaventate.

In Luca, 24, 1-10, c’è la stessa scena. A Maria Maddalena e a «Maria madre di Giacomo», si aggiunge Giovanna.

Ma chi è questa “altra Maria”? Giovanni scrive (19, 25): «Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Cleofa e Maria di Magdala». Allora questa altra Maria (moglie di Cleofa) è la “sorella” di Maria Vergine. È tuttavia improbabile, per motivi legati alle regole genealogiche, che due figlie di uno stesso padre abbiano lo stesso nome. L’“altra Maria” sarebbe dunque la cognata della Vergine, ossia sorella di suo marito o moglie di un fratello di suo marito. Sorella o cognata in Israele è un tutt’uno. Lei è la madre di Giacomo, fratello del Signore e di Giuda, il quale non ha dunque il titolo di fratello di Gesù, ma di fratello di Giacomo.

Bisogna menzionare anche un altro personaggio, Alfeo. Questi è il padre dell’apostolo Giacomo il Minore, fratello del Signore menzionato sempre con Joses-Giuseppe suo fratello.

Riassumiamo. Maria, la Vergine, madre di Gesù, l’“altra Maria”, detta Maria moglie di Cleofa in Giovanni, 19, 25, madre di Simone, detto fratello del Signore, e di Giuda, detto fratello di Giacomo e non del Signore. Restano Giacomo il Minore e Joses-Giuseppe, che sono i figli di Alfeo, parimenti fratelli del Signore.

In questa analisi mi baso continuamente sul lavoro minuzioso di Maria Besançon (si vedano i suoi studi Le Péché originel, Parole et Silence, 2007, e Si Dieu est bon, pourquoi la mort? Quand l’intelligence cherche la foi, Parole et Silence, 2014). Lei conclude dicendo che nellafratria di Nazaret uno solo, Gesù, è figlio della Vergine; Simone e Giuda sono dell’“altra Maria”, Giacomo il Minore e Joses-Giuseppe sono figli di Alfeo. Non ritiene inverosimile che questo Alfeo sia un cognato della Vergine o di Giuseppe e che sia stato in un primo matrimonio il marito dell’“altra Maria”, la quale poi avrebbe sposato Cleofa.

Occorre spiegare il significato del termine fratello nell’espressione di Matteo e di Marco «fratelli di Gesù». Maria Besançon fa riferimento alla legge del goël, così come viene presentata nel libro di Rut. La cito: «La legge di Mosè ordina ai figli d’Israele d’intervenire a protezione della famiglia nel ruolo del goël per il riscatto del patrimonio. Anche nel ruolo di levir, l’uomo d’Israele dovrà dare una discendenza alla moglie del defunto erede privato di progenie. Nel libro di Rut, Booz è il goël che va in aiuto di Noemi e di Rut a protezione del clan».

Nel clan i membri della fratria sono legati dagli obblighi di questa legge, come se fossero membri di una sorta di assicurazione reciproca. All’interno del gruppo questo legame si esprime con il termine fratello, anche se non tutti appartengono alla stessa cellula biologica. È noto che nel greco dei vangeli goël viene tradotto con “paracleto” e si conoscono gli sviluppi che questa nozione avrà nella teologia cristiana.

Non sono competente in questo campo. Sono incapace di prendere partito in una questione esegetica sapientemente argomentata dagli autori seri ai quali Françoise Chandernagor fa riferimento. Per citarne solo uno, il notissimo esegeta John P. Meier, sacerdote cattolico, nella sua monumentale opera A Marginal Jew, Jesus of Nazareth (che Benedetto XVI ha lodato quale «modello di esegesi storico-critica») scrive: «Da un punto di vista puramente filologico e storico l’opinione più credibile è che i fratelli e le sorelle di Gesù fossero davvero i suoi fratelli e le sue sorelle».

Ne prendo atto. Vorrei però che mi si spiegasse perché l’“altra Maria” che assisteva «da lontano» all’esecuzione di Gesù è madre di Giacomo e di Joses ma non di Gesù, per quel che si sa. Perché Gesù sulla croce ordina «al discepolo che Gesù amava», a cui la tradizione dà il nome di Giovanni, figlio di Zebedeo, estraneo alla sua famiglia ristretta, perché dunque Gesù gli ordina di prendere Maria per madre, e perché quel discepolo la prende con sé, mentre lei ovviamente avrebbe dovuto essere accolta dai suoi “figli”. La Vergine lascerà la terra d’Israele e seguirà Giovanni a Efeso, dove morirà. Indubbiamente i dotti esegeti avranno delle risposte alle mie timide obiezioni. Posso essere certo che la loro teoria sia assolutamente e definitivamente più convincente delle soluzioni sopra considerate? Dopotutto, partendo dal presupposto che conoscesse a fondo le leggi del goël e del levirato, san Girolamo poteva, secondo l’uso dei latini, proporre il termine cugino, senza che ciò fosse così scandaloso come Françoise Chandernagor ritiene.

Bisogna riconoscere che la questione è ingarbugliata. La soluzione di Chandernagor sembra risolvere le difficoltà; di fatto ne fa nascere altre. Pascal dà una spiegazione generale per l’oscurità della Scrittura: Dio è nascosto, absconditus, egli si lascia vedere da quanti lo cercano, ma mai in modo ovvio. La Scrittura è equivoca e disseminata di tranelli. La questione dei fratelli di Gesù è forse uno di questi tranelli.

Non è questo il mio scopo. È piuttosto quello di valutare le conseguenze della dottrina secondo la quale Maria ha avuto vari figli.

Esaminiamo la visione del cristianesimo professata da Françoise Chandernagor o dal suo portavoce, Giuda fratello di Gesù (va notato che lui stesso si dichiara non fratello di Gesù, ma fratello di Giacomo: essendo il più giovane è forse l’ultimo nella catena degli obblighi del goël? Non saprei).

È questo il quadro generale del romanzo. Gesù, il maggiore, è il figlio preferito della Vergine che lo ascolta e vuole che gli si obbedisca. Madre irreprensibile, segue la volontà di Dio e quella di suo figlio. Assiste in piedi al suo supplizio. Gesù incute soggezione per la sua gravità, la sua autorità. È spesso assente da Nazaret e s’intuisce che è impegnato in diverse esperienze religiose con altri gruppi. Conosce gli esseni, ma non fa parte della loro comunità. Fa miracoli, che non sembrano di natura diversa da quelli che continuano a fare anche ai nostri giorni i “rabbini miracolosi” del movimento hassidico. Appare a molti dopo la sua scomparsa dal sepolcro, tranne che a Giuda che se ne rattrista. Tutto ciò è straordinario, ma non ne fa un Dio. Nelle Scritture il patriarca Enoch ed Elia sono stati “rapiti”. Il profeta Elia ha riportato in vita il figlio della vedova di Sarepta. Gesù in questo romanzo è più “divino” dell’“uomo incomparabile” che procurò dei guai a Renan. Ma non si legge che insegna o lascia intendere di essere il “Figlio di Dio”. Nulla sembra accennare a ciò che in seguito sarà dogmatizzato come Incarnazione.

Il gruppo che si forma dopo la morte di Gesù a detta della scrittrice non sempre è capace o addirittura desideroso di una tale speculazione. Pietro, Giacomo, Giuda e gli altri custodiscono fedelmente i comandamenti mosaici. La loro pietà se ne alimenta. Calmi, raccolti, riuniscono, per quel che si sa, gruppi “ebioniti”. L’idea di una rottura con la legge d’Israele è loro estranea.

«Quanto alla figura di Maria, essenziale ai miei occhi o meglio al mio cuore — dice la nostra scrittrice — non mi appare sminuita dall’esistenza di fratelli e sorelle biologici di Gesù. Poiché, in definitiva, a chi si può far credere che una madre di una famiglia numerosa sia per natura meno santa, meno amorevole, meno caritatevole e meno “mediatrice” di una vergine perpetua?». Figli o non figli, insomma, non cambia nulla.

Françoise Chandernagor non è sola. Molti cristiani, persino cattolici, condividono oggi la sua visione. Non è da ieri che la questione dei fratelli di Gesù viene posta, ma esisteva solo per alcuni esegeti troppo curiosi. Il popolo fedele si teneva alla larga da un’opinione così incredibile, così scioccante, sentendo odore di eresia. Ora non lo è più e il suo “odore di zolfo” non è più percepito come pestilenziale.

Il concilio Vaticano II, nei suoi documenti, non ha fatto nulla per diffonderla. Ha però favorito due stati d’animo che la fanno accettare. Ha elevato il matrimonio a una dignità pari a quella della castità. Il concilio di Trento aveva gettato l’anatema su quanti sostenevano che la castità non fosse una condizione di vita superiore al matrimonio fecondo. Tale anatema ha perso vigore. Difendendo l’astinenza presbiterale il papato ha tenuto a esaltare contemporaneamente la bellezza e i meriti del matrimonio cristiano. Si direbbe che le due “vie” abbiano un valore analogo.

Poi, il lungo lavoro di riconciliazione con il mondo ebraico ha fatto sì che quest’ultimo sia stato meglio percepito, meglio conosciuto, meglio rispettato. Cristo e la Santa Famiglia sono stati reintegrati nel popolo e nel modo di vivere d’Israele. L’accurata indagine dell’autrice lo testimonia. Tutti hanno appreso che i giovani ebrei dovevano obbligatoriamente sposarsi, che le giovani ebree prendevano marito non appena potevano avere figli, che la fecondità era per loro fonte di onore e di considerazione. Perché la santa Vergine, figlia di Sion, figlia di Abramo secondo il suo cantico, non avrebbe dovuto seguire questo cammino di virtù? Perché non avrebbe dovuto in questo essere anche un esempio per le madri di famiglia cattoliche, le ultime in Europa a essere ancora fiere di una famiglia numerosa? Gli esegeti hanno pian piano visto che la barriera dei testi scritturistici era porosa, che li si poteva ragionevolmente interpretare in modo diverso dal passato, e che, in definitiva, non sarebbe cambiato nulla se la Vergine, dopo la nascita di Gesù, avesse concepito con Giuseppe, suo sposo legittimo, e messo al mondo una lunga sfilza di figli e figlie.

Così il sostegno delle Scritture alle interpretazioni tradizionali sembra venir meno e, anzi, spinge verso le interpretazioni moderne. La bilancia pende da questo lato. Un ex direttore dell’École biblique di Gerusalemme, padre Refoulé, domenicano, scrive: «Per l’esegeta e per lo storico, i fratelli e le sorelle di Gesù sono, con ogni probabilità, fratelli e sorelle di sangue». Per l’esegeta e lo storico va bene, ma per il cristiano?

Occorre constatare che a impedire l’adozione generale e l’accettazione da parte della Chiesa della tesi della Vergine Maria multipara non sono le argomentazioni scritturistiche, discutibili, ambigue, equivoche. La barriera insuperabile è di ordine teologico e mistico.

Per quanto si torni indietro nella storia del cristianesimo, si trova sempre il culto della Vergine. L’Apocalisse fa vedere la Donna circondata da stelle che calpesta il drago demoniaco. È la nuova Eva, motivo di salvezza, come la prima era stata causa della caduta. Appare nei primi inni, nelle prime icone. La devozione mariana non fa che svilupparsi nel corso dei secoli. È pubblica ed è intima. Le grandi cattedrali d’occidente vengono a lei dedicate. San Bernardo è il suo teologo. Quest’ultimo afferma che non si è mai sentito dire che qualcuno l’abbia invocata invano. Dante gli mette in bocca la sublime preghiera che chiude il suo poema: «Donna, se’ tanto grande e tanto vali / che qual vuol grazia e a te non ricorre / sua disïanza vuol volar sanz’ali».

San Francesco, san Domenico sono suoi devoti, così come sant’Ignazio e tutti i santi dopo di loro. Proprio all’inizio del XVIII secolo, all’alba dell’Illuminismo, san Luigi Grignion de Montfort compone su di lei un trattato di alta teologia, lettura preferita di Giovanni Paolo II.

La Vergine intercede per gli uomini nel loro rapporto con il Padre e con il Figlio. Intercede e prega. La sua preghiera è estremamente efficace. Gli uomini recitano con devozione le sue litanie (turris eburnea, stella matutina, foederis arca, hortus conclusus, refugium peccatorum e così via). Preghiere che non mutano, delle quali il rosario è quella più recitata al mondo, costituiscono la base e l’armatura della vita spirituale del popolo cattolico.

Lo sguardo severo dei teologi talvolta è apparso allarmato. Non è che questa straripante pietà fa dimenticare che Cristo è l’unico mediatore? I grandi riformatori impongono una massiccia battuta d’arresto, in particolare Calvino. Nel XVIII secolo, alcuni vescovi giansenizzanti si riunirono a Pistoia per porre rimedio ad alcuni abusi. Per esempio, i fedeli volevano rivolgersi solo alla Madonna del proprio luogo, alla Madonna del Pilar, a quella di Guadalupe o a quella di Montserrat, escludendone altre di cui non si fidavano. Il Papa diede torto ai vescovi, ritenendo che la Vergine avesse la forza di annullare questa deriva apparentemente idolatrica della loro devozione. De Virgine numquam satis è un adagio cattolico diffusosi nonostante le proteste.

La visione, spontaneamente mistica che è alla base del sentimento mariano, è la seguente: è davvero inconcepibile che la Shekinah, in altre parole Dio stesso, il Dio d’Israele, la Trinità, lo Spirito Santo, si sia riposato nel seno verginale e abbia operato il mistero impenetrabile dell’Incarnazione, senza che questo seno sia divenuto “sacro” o “santissimo”. Giuseppe è stato messo al corrente di questo mistero e ha dato il suo consenso. È inimmaginabile che egli abbia avuto con sua moglie rapporti sessuali normali, naturali, dopo che la Shekinah, la presenza stessa di Dio, si sia “posata” in lei in modo più completo, infinitamente più reale che nel sancta sanctorum del Tempio, dove poteva entrare solo il Sommo Sacerdote con timore una volta all’anno. Il fiat della Vergine, il suo libero assenso, aveva permesso l’Incarnazione. Dio si era sottomesso a questa decisione libera della sua creatura.

È questa la visione o l’intuizione mistica che viene spontanea prima di qualsiasi elaborazione teologica successiva. Nel corso dei secoli si è sviluppata enormemente, rimanendo però sempre la stessa, in modo omogeneo, senza cambiare sostanzialmente.

Questa visione immediata, completa, è del tutto annullata dalla convinzione che Giuseppe si sia unito a Maria, dopo la nascita di Gesù, per darle quella sfilza di bambini di cui la Scrittura conserva traccia. Invece di un “nulla di nuovo” nella fede, tutto cambia e noi siamo alla presenza di un altro Gesù, di un’altra Maria.

Quale Gesù? Ebbene, quello immaginato dalla scrittrice: molto simpatico, un maestro spirituale, ma che non è in alcun modo Dio incarnato. Si avvicinerebbe, se si vuole, al Cristo nestoriano: un uomo che è stato gratificato con una virtù profetica eccezionale, intensa quanto si vuole, superiore persino a quella dei profeti d’Israele, ma che lo lascia nella sua condizione umana. Invece di una persona una, al tempo stesso uomo e Dio, nel Gesù del romanzo coesisterebbero contrapposte due persone, divina e umana. Quanto a Maria, passa dalla sua condizione di Madre di Dio, che si sviluppa ulteriormente, nella contemplazione, a quella di madre degli angeli, madre degli uomini, elevata alla sua morte, mediante l’Assunzione, presso suo Figlio.

Diviene semplice madre di Cristo, la madre di quel Gesù in qualche modo secolarizzato. Per la scrittrice è tanto più rispettabile quanto più è umana, semplicemente umana, e amata per questo; più che mai la Madonna cara al suo cuore. È un modo di vedere che si addice alle donne cristiane dei nostri tempi democratici, che guardano alla Vergine come molto vicina alla loro semplice umanità, e indubbiamente lo è, ma in tutt’altra luce, priva della maestà che incuteva il timore di un tempo. È come noi.

Perciò, nel romanzo, Paolo di Tarso non è amato. Il conflitto momentaneo tra la Chiesa di Gerusalemme e la Chiesa che Paolo costruisce è inasprito al massimo e sembra irrisolvibile. A Paolo VIene rimproverato di non aver conosciuto Gesù. Il suo carattere violento si è fatto conoscere nella sua partecipazione al martirio di Stefano e non si è fatto dimenticare nella sua palinodia, la via di Damasco. Usurpa i suoi titoli. Giuda non sopporta che si attenti contro i comandamenti della Torah, e neppure che si aboliscano i privilegi d’Israele. Fondamentalmente Giuda non può condividere la visione paolina di Gesù figlio di Dio. Uno della Trinità, che fa entrare potenzialmente tutti gli uomini, persino i gentili, nel suo corpo al fine di condurli alla deificazione.

Questa visione gli appare troppo grandiosa, troppo sublime. Trascende l’immagine di Gesù così come è conservata nella famiglia, tra i familiari, nei vangeli sinottici, più umile, più umana. In definitiva, se si considera l’insegnamento positivo di Gesù, non è molto diverso da quello dei maestri farisei suoi contemporanei, come Hillel, misurato, liberale, pieno di umanità, o come Gamaliele, il maestro di Paolo. L’evento cosmico dell’Incarnazione è cancellato.

Gesù, per quanto ammirevole, è solo il maestro di una setta rispettabile, che può essere accettata dalle autorità del Tempio, dai maestri farisei, e imitata dai simpatizzanti pagani. Quando Traiano, in seguito, dispose un’inchiesta su quella nuova religione che si stava diffondendo nell’impero, a Nazaret venne ritrovato quel che restava di una famiglia molto modesta, che non faceva parlare di sé, quel che restava della famiglia di Gesù.

L’immenso paesaggio che Paolo e i quattro evangelisti scoprono è infinito. Ispira adorazione, preghiera. È una grande impresa, una grande opera. Per entrarvi, per vederla, occorre la luce speciale che la fede dispensa. Le facoltà della ragione, sebbene affinate dalla filosofia, sono incapaci di scoprirla. Ma la ragione non viene annientata dall’atto di fede. Può acconsentirvi, ma sussiste, intatta, pur dovendo rassegnarsi a restare sulla porta. In questo senso esiste una contraddizione permanente. La ragione è tormentata, poiché nel suo slancio per comprendere tutto è costretta a fermarsi davanti a ciò che non può comprendere. Coloro che hanno la fede credono con certezza in ciò che si scopre ai loro occhi. Ma tale certezza non ha lo stesso valore di quella della ragione che procede per evidenze e prove. Non è possibile sapere e allo stesso tempo credere il medesimo oggetto. A ogni modo, è meglio sapere che credere. La ragione è frustrata e la fede non è assicurata dal soggetto stesso.

Per questo, attraverso un movimento spontaneo, che è naturale e legittimo, la ragione vuole incessantemente invadere l’ambito della fede, cerca di ridurla a se stessa. Se riesce a naturalizzare il soprannaturale, prova la soddisfazione di ritornare alla sua natura, alla natura umana “violentata”, se così si può dire, come lo è stata la natura di san Paolo sulla via di Damasco. Violentato al punto di perdere temporaneamente la vista, la vista dei suoi occhi di carne, mentre gli occhi dell’anima si aprivano alla contemplazione del terzo cielo.

Lo storico del cristianesimo osserva il ripetersi di questo movimento. Il dogma definito dai grandi concili del v secolo si è rassegnato a essere avvolto di misteri, che sono affermazioni non dimostrabili, fuori dai limiti, fuori dalla portata del razionale. La protesta della ragione dà luogo a rifiuti netti del dogma cristiano. L’ebraismo ha deciso che non valeva la pena di refutarlo e nemmeno di pensarlo o di prenderlo in considerazione. «Non manco di nulla» dice il salmo. L’islam lo rifiuta solennemente. Il Gesù musulmano del Corano dichiara lui stesso di non essere Dio, che la Trinità è una blasfemia, che non è morto sulla croce.

La ragione dell’Illuminismo respinge la dogmatica e la teologia cristiana come una trama di assurdità prodotta dalle divagazioni dell’immaginazione e misura i danni che hanno fatto e tuttora fanno alla civiltà.

La Chiesa prende atto di questi rifiuti. Si inquieta ancor più delle mescolanze. Accade che la ragione, inoltrandosi nell’ambito della fede, voglia ridurla a se stessa. Modifica l’enunciato del mistero in modo da renderlo plausibile e accessibile alla semplice ragione.

La Trinità è assurda nella sua definizione. Ma se si considera il Padre come l’unico increato, facendolo creatore del Figlio e dello Spirito, essa diventa più concepibile. Gesù stesso afferma: «Il Padre è più grande di me». Ciò si accorda meglio con l’ordine politico. L’imperatore, figura di Cristo (Costantino voleva che la Chiesa gli riconoscesse la qualità di “eguale a Cristo”), governa il mondo nel nome del Figlio. Si entra così nell’eresia ariana che non riuscì a trionfare. Eresia è il nome convenzionale dato agli “errori” ostinati rispetto alla dottrina ricevuta. Ce ne sono di ogni genere, ma spesso derivano da uno sforzo di razionalizzare il mistero e renderlo accettabile secondo la ragione.

Cristo è un uomo in tutto ciò che è. È Dio in tutto ciò che è: sarebbe più semplice immaginarlo secondo il modello già conosciuto dei profeti d’Israele, di quegli uomini posseduti da Dio. Si entra così nell’eresia nestoriana, che giustappone in Gesù il divino e l’umano, che svuota l’Incarnazione di ciò che contiene di misterico e d’incomprensibile.

Gesù obbedisce al Padre fino alla croce. Sembra dunque che in lui non ci sia che una sola volontà, quella di Dio. Contro questo insorse Massimo il Confessore, il quale affermava la dualità delle volontà divina e umana in Cristo, nonché la conformità della seconda con la prima. Per questo gli venne strappata la lingua, ma il suo martirio strappò dalla Chiesa l’eresia monotelita, tanto appagante per la ragione e tanto rovinosa per la fede.

In tutti questi casi, il “mistero” è svuotato. Il vasto paesaggio scoperto dagli occhi della fede svanisce subito. Resta un mondo molto più piccolo, un cristianesimo “nei limiti della ragione”, un po’ come quello descritto da Kant, molto ristretto. Se così si può dire, il soufflé si è sgonfiato.

Queste eresie razionaliste trovano sempre qualche appiglio nella Scrittura. Il nome dei fratelli di Gesù vi appare a piene lettere, e l’analisi filologica dimostra che la parola fratello è intesa nella sua accezione corrente. Inoltre valutano male l’innovazione che introducono. Non cambia nulla nella fede comune se la Vergine Maria dà alla luce tanti figli. Al contrario, la fede è più comprensibile, più accettabile. Gli eretici si considerano più efficaci nella loro predicazione. Sono proseliti migliori.

Oggi, la tesi dei “fratelli di Gesù” sembra appartenere a quel genere di eresie che non si riconoscono come tali, che si considerano un semplice adattamento della credenza. Quest’ultima diventa più ragionevole, più adeguata all’epoca, per nulla in rivolta contro il dogma. È una facilitatrice della fede. Di fatto, è paragonabile a un virus, discreto, invisibile, capace d’invadere l’intero edificio teologico della fede, e di non lasciare quest’ultima se non nello stato di cadavere inanimato. È possibile che la fede cattolica, nello stato di debolezza in cui si trova, nello stato di disinteresse in cui è lasciata dai suoi fedeli, non sia più capace di produrre, contro questo virus, gli anticorpi necessari e nemmeno di accorgersi di esserne infettata.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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