Ma quali sono i valori spirituali e umani dell'Islam?

Re: Ma quali sono i valori spirituali e umani dell'Islam?

Messaggioda Berto » gio apr 13, 2017 6:36 pm

Magdi Cristiano Allam

https://www.facebook.com/MagdiCristiano ... 3330557585

In Europa ci stiamo abituando a convivere con il terrorismo islamico autoctono ed endogeno. I terroristi islamici con cittadinanza europea che all’interno stesso dell’Europa massacrano altri cittadini europei da loro condannati indiscriminatamente come “nemici dell’islam”, li chiamiamo con l’eufemismo “Foreign fighters”, i “combattenti stranieri”, che è un concetto del tutto neutrale, come se non ci riguardasse. Siamo arrivati al punto in cui in Belgio i terroristi islamici belgi rilasciano delle interviste a volto scoperto qualificandosi come “soldati dell’Isis”, impegnati a combattere la loro “Guerra santa” contro il Belgio, l’Europa, l’Occidente, il Cristianesimo, gli ebrei e Israele. Mentre la Svezia finanzia con denaro pubblico il rientro in patria dei terroristi islamici con cittadinanza svedese, dopo aver combattuto con l’Isis in Siria e in Iraq, dopo aver sgozzato e decapitato gli infedeli e gli apostati, o lapidato o comunque ucciso gli adulteri e gli omosessuali. E in tutto questo, ed è il paradosso nel paradosso, l’islam non c’entra. Si afferma che i terroristi islamici sono dei pazzi e degli squilibrati, ma guai a parlare dell’islam. Si possono denunciare l’emarginazione sociale e la discriminazione etnico-confessionale in cui sarebbero cresciuti, ma guai a evocare la responsabilità dell’islam nel modificare la mente e il cuore delle persone trasformandole in robot della morte. Chi lo afferma, come faccio io, deve essere allontanato dalle sedi dove si diffonde informazione al grande pubblico, deve essere trattato con diffidenza e ostilità, deve essere considerato ancor più pericoloso degli stessi terroristi islamici perché diffamano l’islam e criminalizzano tutti i musulmani. Quando riusciremo in Europa, nel più assoluto rispetto dei musulmani come persone, a guardare in faccia alla realtà dell’islam, a poter vagliare criticamente i contenuti di ciò che Allah prescrive nel Corano e di ciò che ha detto e ha fatto Maometto?


Ecco un confronto tra un imam di Roma e l'apostata Magdi Allam;
dove attraverso l'imam appare con ogni evidenza l'inciviltà, la mostruosità, l'idolatria, la violenza, l'assurdità religiosa, la miseria e la falsità spirituale dell'Islam e dell'uomo mussulmano;
nel filmato l'imam mussulmano si mostra nella sua realtà antropo-culturale molto meno evoluto delle scimmie:

Magdi Cristiano Allam - 12 aprile 2017
https://www.facebook.com/MagdiCristiano ... 7954165456

Può un non-musulmano o un ex-musulmano parlare di Maometto rappresentandolo correttamente sulla base delle fonti ufficiali islamiche oppure lo può fare solo un musulmano? Secondo il sedicente “imam della Magliana” Sami Salem solo lui o chi come lui conoscerebbero in modo “giusto” l’islam avrebbero la prerogativa, se non l’esclusiva, di parlare di Maometto.
Sono stato più volte interrotto e persino minacciato dal sedicente “imam della Magliana” durante la mia partecipazione alla puntata della trasmissione “Quinta Colonna”, condotta da Paolo Del Debbio, lunedì notte 10 aprile, per aver detto l’assoluta verità storica del matrimonio di Maometto nel 620, quando lui aveva 50 anni, con una bambina di 6 anni, di nome Aisha, figlioletta del suo miglior amico Abu Bakr al-Siddiq, che divenne il primo califfo (successore di Maometto) dal 632 al 634. Ho correttamente ricordato che il matrimonio fu consumato circa tre anni dopo quando Aisha aveva 9 anni. Ho precisato che, essendo Maometto considerato l’esempio che tutti i musulmani sono tenuti a emulare, i teologi islamici ortodossi concordano che una bambina di 9 anni può essere data in sposa e può prestarsi sessualmente. Il sedicente “imam della Magliana” ha reagito sostenendo che non è affatto vero ciò che avevo detto. Eppure si tratta di una assoluta verità storica attestata dai suoi biografi ufficiali Ibn Ishaq, Ibn Hisham, Al-Tabari e Ibn Saad.
Poi ho raccontato come le donne musulmane in Egitto nei venti anni in cui vi ho vissuto tra il 1952 e il 1972 non indossavano il velo, perché il regime dell’allora leader egiziano Nasser era laico. E che le donne cominciarono a portare il velo dopo il tramonto dell’ideologia laica e socialista del panarabismo, a seguito della sconfitta degli eserciti arabi nella guerra del 5 giugno 1967 con Israele, spianando la strada all’avvento dell’ideologia del panislamismo. Ecco perché il velo non è un vestiario religioso islamico ma una divisa ideologica che connota l’adesione a gruppi integralisti e estremisti islamici che aspirano a imporre l’islam ovunque nel mondo. Anche in questo caso il sedicente “imam della Magliana” ha contestato ciò che avevo detto.
Possiamo noi tutti in Italia, dentro casa nostra, dire la verità in libertà su Maometto e sull’islam oppure ci siamo definitivamente imposti l’auto-censura nei confronti di Maometto e ci siamo sottomessi all’islam?
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Re: Ma quali sono i valori spirituali e umani dell'Islam?

Messaggioda Berto » gio apr 13, 2017 6:38 pm

A conti fatti e con ogni evidenza ben sperimentabiie da tutti l'Islam è una ideologia e una pratica politico-religiosa idolatra, totalitaria e disumana;
un'offesa, una minaccia e una peste dello spirito per l'umanità intera, una violazione radicale e sistematica dei Diritti Umani Universali e una bestemmia contro D-o il Creatore dell'Universo e la negazione della Spiritualità Universale.


...
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Re: Ma quali sono i valori spirituali e umani dell'Islam?

Messaggioda Berto » sab apr 15, 2017 8:31 pm

Maometto fu un invasato idolatra, il primo assassino terrorista islamico, uno dei peggiori criminali della storia umana.

Religione e religiosità come ossessione, come grave malattia, grave disturbo della mente e dell'anima o psico-emotivo
viewtopic.php?f=141&t=2527

E questi sono i suoi seguaci

Un uomo ucciso per la sua umanità
Ecco quanto scritto da Mashal Khan, ritenuto blasfemo contro l'islam e per questo gli è costato la vita:

"O fondamentalisti religiosi, mettete fine a questo versamento di sangue. L'umanità è la più grande religione, l'amore la miglior adorazione."

Il post pubblicato su Facebook dal giovane studente ha scatenato l'ira dei suoi compagni UNIVERSITARI del campus “Abdul Wali Khan” della cittadina di Mardan, che per questo lo hanno prima massacrato di botte, poi lo hanno ucciso ed infine non ancora soddisfatti hanno infierito sul suo cadavere (video:

https://www.facebook.com/Roghlewaniii/v ... 1465675530
https://www.facebook.com/Roghlewaniii/v ... 1465675530


Ricordiamo che il Pakistan sulla blasfemia ha una delle leggi piú dure e allo stesso tempo permissive di tutto il mondo islamico: prevede l’applicazione della pena di morte anche senza prove.

https://www.facebook.com/islamicamentan ... 0707373952

http://www.indiatimes.com/news/world/im ... 75694.html

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... l-Khan.jpg
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Re: Ma quali sono i valori spirituali e umani dell'Islam?

Messaggioda Berto » mer mag 31, 2017 1:10 pm

Canada - Preghiera islamica contro tutti gli ebrei e i cristiani
https://www.youtube.com/watch?v=bE_e3K- ... e=youtu.be

Preghiere xlameghe (islamiche) contro i non islamici
viewtopic.php?f=188&t=2502
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Re: Ma quali sono i valori spirituali e umani dell'Islam?

Messaggioda Berto » sab giu 03, 2017 8:16 am

«Il killer di Manchester era un amico Vi spiego come è diventato kamikaze»
Lorenzo Cremonesi, inviato a Tripoli
2 giugno 2017


http://www.corriere.it/esteri/17_giugno ... f523.shtml

Le confessioni di Mohammad, cresciuto con Salman: «Siamo circondati dalla violenza». «Entrambi figli di perseguitati da Gheddafi, lui è stato portato dal padre a combattere»

«Non sono affatto sorpreso che Salman abbia massacrato tutti quei civili a Manchester decidendo di uccidere se stesso. Era il tipo che poteva farlo, lo sapevamo tutti. Del resto, tra la comunità di emigrati libici con cittadinanza britannica in quella città conosco personalmente tanti che sono estremisti come lui. E anche qui in Libia ci sono un mucchio di giovani che ormai danno ben poco valore alle loro vite personali. La morte, persino il suicidio sono parte del nostro quotidiano». Per oltre due giorni il 23enne Mohammad al Sharif ha cercato di raccontarci e dare un senso al gesto del suo vecchio amico, coetaneo e compagno di scuola Salman Abedi: il kamikaze che due settimane fa ha ucciso 22 civili, tra loro tanti bambini, nel cuore dell’ex polo industriale britannico.

Per ben nove anni hanno frequentato le stesse classi, pregato nella stessa moschea, vissuto nello stesso quartiere. «Siamo entrambi figli di famiglie di profughi fuggiti dalla persecuzione del regime di Gheddafi. Io sono nato in Libia e andato a Manchester da piccolissimo. Lui era addirittura nato là. Ma suo padre era molto più attivo del mio. Durante la rivoluzione del 2011 si è portato dietro tutta la famiglia con Salman a Bengasi per combattere tra i ranghi delle milizie dell’opposizione. Stava con il Libyan Islamic Fighting Group, che riunisce gli estremisti islamici. Noi siamo invece rientrati solo nel 2013 e non abbiamo combattuto», spiega. A suo dire, il carattere di Salman era diverso da quello descritto da larga parte della stampa britannica e pare ricalcare il modello di alcuni tra i terroristi che negli ultimi anni hanno colpito tra Francia e Belgio: non spacciava droghe, non prendeva alcolici, non aveva nulla a che fare con la piccola criminalità. «Salman era un tipo solitario, a volte rancoroso, un po’ strano. Ma tornava a casa presto la sera, non aveva mai avuto una fidanzata, non beveva. Piuttosto, stava ore e ora a pregare e leggere libri religiosi alla moschea di Didsbury. Tanto che io stesso gli avevo suggerito di perdere meno tempo con la religione».

Due settimane prima dell’attentato Salman è a Tripoli. Incontra per caso Ahmed, il fratello minore di Mohammad che fa il cameriere al ristorante Kodo. «Salutami quel tipo di tuo fratello!», esclama. Ma lo fa in tono ironico, di sfida. I due combattono ormai da tempo su fronti opposti. Tanti sanno che Salman è legato ai jihadisti, dalla comunità libica di Manchester (che conta oltre 16.000 persone) sono giunte almeno cinque segnalazioni alla polizia britannica sui suoi discorsi violenti e pericolosi. Mohammad invece dal maggio 2014 sta con le truppe del generale Khalifa Haftar, che da Bengasi combatte Isis e le milizie dell’Islam radicale. Non comunicano più. Ma vengono dallo stesso mondo, hanno trascorsi comuni, Salman parla persino un arabo poco corretto: sradicati in Gran Bretagna, ma neppure a casa in Libia, piuttosto figli della guerra, della violenza che dura da troppi anni in tutto il Medio Oriente.

«Siamo abituati alla morte. Gli occidentali non possono capirlo. Loro venerano la vita, nascondono la morte. Ma per noi è una presenza quotidiana. Io ho tanti compagni uccisi sul fronte di Bengasi. Sono vivo e mi sento in colpa nei loro confronti. Non so come spiegarlo. Però posso comprendere il desiderio di morte che ossessionava Salman», dice Mohammad. Ma per quale motivo massacrare i cittadini di uno dei Paesi Nato che nel 2011 aiutò a defenestrare Gheddafi? Allora Ramadan, il padre di Salman, li ringraziava in nome di Allah. Cosa è cambiato? Mohammad non lo spiega.

Una risposta giunge però dal corrispondente locale della Reuters, che il giorno dopo l’attentato è riuscito a intervistare per 25 minuti Ramadan nella loro casa di Tripoli, un vasto edificio ad un piano circondato da un grande giardino nel quartiere di Ain Zara, prima che venisse arrestato assieme al figlio più piccolo Hashem dagli uomini della Rada, una delle milizie locali più forti. La mamma e la sorella dell’attentatore invece sono state rilasciate nel quartiere di Tagiura. Ma pare che i servizi segreti britannici, arrivati in forze, abbiano chiesto alla Rada di impedire che parlino ai giornalisti. «I responsabili della Rada raccontano che dagli interrogatori risulta che padre e fratello erano perfettamente al corrente dei piani di Salman. E Ramadan durante la nostra intervista ha cercato di glissare, evitare le risposte dirette, quasi non si rendesse conto della gravità del crimine commesso dal figlio. Il fatto è che da molto tempo anche le milizie libiche che beneficiarono più di altre del sostegno della Nato nel 2011 ormai accusano l’Occidente di averle tradite. Le loro speranze sono state disattese. Una volta eliminato Gheddafi, il mondo si è disinteressato alle sorti della Libia e qui nessuno era davvero pronto per governare il Paese senza aiuti dall’estero», racconta il reporter.

Da Manchester anche Jamal Zubiah, portavoce in esilio del governo legato ai partiti islamici che sino al marzo 2016 dominavano a Tripoli, non esita a parlare di «doppio standard ambiguo dei Paesi occidentali». Le sue parole sono lo specchio del mondo di valori e riferimenti dominanti tra gli esponenti della fronda anti-Gheddafi cui appartiene la famiglia del terrorista e che in passato tanto aiuto e sostegno ha raccolto proprio dalle autorità di Londra. «La politica libica dei Paesi Nato è stata disastrosa — afferma —. Oggi tendono persino a sostenere Haftar e i suoi padrini in Egitto. Così non possono che alimentare l’odio nei loro confronti».
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Re: Ma quali sono i valori spirituali e umani dell'Islam?

Messaggioda Berto » sab giu 03, 2017 8:17 am

Ramadam un falso e ridicolo digiuno

viewtopic.php?f=188&t=2638


Digiunare significa non mangiare, ma non mangiare di giorno e mangiare di notte è un falso digiuno.

Il ramadam è una delle credenze idolatre dei mussulmani come lo sono le altre tre dei cinque pilastri dell'Islam;
tra i cinque pilastri dell'Islam, la sola prescrizione sensata, umanamente e spiritualmente valida è quella dell'elemosina o carità umana che è valore universale, tutto il resto è pura superstizione idolatra.

Il digiuno del ramadam è una barzelletta.
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Re: Ma quali sono i valori spirituali e umani dell'Islam?

Messaggioda Berto » sab giu 10, 2017 8:25 pm

???


Il nostro nemico non è l'Islam, è il nichilismo
di Andrea Coccia
2017/06/10

http://www.linkiesta.it/it/article/2017 ... ismo/34551

Nelle ultime due settimane qualcosa è cambiato in molti di noi. Dopo l'ennesima strage di civili a Manchester, dopo l'attacco di Londra e dopo il ferimento dei poliziotti di Parigi di fronte a Notre Dame, in molti di noi si è fatta strada per la prima volta una paura vera, tangibile e irrefrenabile. Il primo risultato, almeno qui in Italia, è stata una strage sfiorata per tanto così. È successo a Torino, durante le fasi finali della partita tra Juve e Real, ed è bastato un niente — non è ancora chiaro nemmeno che cosa sia stato quel niente — per scatenare il panico tra la folla e causare più di 1500 feriti.

È stato un panico vero quello che hanno vissuto le migliaia di persone che quella sera erano in piazza San Carlo. Un panico testimoniato dai racconti di chi c'era, dai quali emergono reali autosuggestioni da attentato, gente convinta di essere inseguita da uomini armati, qualcuno che giura di aver sentito il rombo di un camion, qualcun altro che si ricorda nitidamente di una esplosione. Scene di guerra vere e proprie. E poco importa che siano state ambientate solo nella testa di quei tifosi terrorizzati. Come spesso capita con le fake news, delle invenzioni hanno causato dei fatti veri e tangibili, fatti che si possono contare in migliaia di feriti lievi e in decine di feriti gravi.

Viviamo ormai in uno stato di shock. È innegabile. E anche se la responsabilità di questo panico che ci scorre nelle vene ogni secondo e che ci attanaglia il cuore ogni volta che sentiamo un rumore un po' più forte degli altri o un urlo in una lingua che non conosciamo è probabilmente più di chi sta raccontando questi mesi su pagine di giornale e homepage che puntano più alla sensazione che alla comprensione, la realtà dei fatti è questa: siamo spaventati come dei bambini lasciati nel bosco in una notte senza luna.

È difficile mantenere la lucidità quando la notte sta arrivando e ogni suono ci sembra una minaccia. Tanto che siamo rimasti ormai in pochi a ribadire che non ci troviamo in uno stato di guerra e che l'ultima cosa che ci serve è aumentare lo stato di sorveglianza delle nostre metropoli. in molti di noi ormai si è inoculato il virus: siamo in guerra e dobbiamo combatterla, come ormai la quasi totalità degli analisti dice senza mezzi termini su ogni giornale e in ogni trasmissione televisiva.

Non c'è guerra senza nemico. E per tutti questi, che ormai formano un arco che va dai salviniani ai renziani, non ci sono dubbi su chi sia il nemico, giusto un paio di sfumature: c'è chi parla di Islam radicalizzato e chi di Islam tout court. Ma siamo proprio sicuri che sia così?

Olivier Roy, docente ed esperto di Islam e di Medio Oriente, non è della stessa opinione e, da qualche anno, propone una interpretazione un filo più complessa della vulgata leghista dell'Islam cattivo e decisamente molto più interessante. Quello che ci dice Roy, in buona sostanza, è che non siamo di fronte a una radicalizzazione dell'islamismo, bensì di una islamizzazione del radicalismo.

Non si tratta di una supercazzola per mascherare il niente, anzi, tutto il contrario, perché Roy parte dall'analisi dei fatti, delle schede personali delle decine di jihadisti o di presunti tali che negli ultimi anni hanno seminato il terrore in Europa fino al punto da rendere pericolosa una adunata calcistica in una piazza anche senza che alcun piano terroristico prevedesse stragi di sorta, un'analisi da cui emergono alcuni dettagli che non tornano sui terroristi che ci troviamo in casa, alcune contraddizioni che li fanno risultare difficilmente incasellabili del salafismo.

La quasi totalità degli jihadisti che portano il terrore nelle nostre città nelle nostre città ci nasce — quasi sempre sono della cosiddetta seconda generazione o sono europei convertiti — non parla quasi per niente l'arabo, non ha letto le fonti originali delle cose che cita, frequenta più i bar che le moschee, più le discoteche che le scuole coraniche, consuma alcool e droghe, mangia anche cibo non halal, vive una vita promiscua, ascolta hip hop. Insomma, la maggior parte di coloro che hanno portato il cosiddetto “terrore islamico” in Europa non sembrano affatto dei provetti uomini di religione e ci somigliano più di quanto pensiamo.

Il background di questa Generazione Isis, come la definisce già dal titolo Roy, è un grande vuoto. È il nichilismo, non è la religione. E ci serve saperlo perché le guerre — e in tanti pensano che questa lo sia — si vincono soltanto se si conosce il nemico. E, in questo caso, saperlo significa sapere che la nostra modernità culturale non è in guerra con l'Islam più di quanto lo sia con il Vaticano. Il nemico è un altro ed è ancora più pericoloso di una religione. È l'assenza di valori, e l'emarginazione culturale, è il vuoto che abbiamo creato all'interno delle nostre società quando abbiamo accettato la disgregazione del nostro secolare tessuto sociale. E questo nemico, che lo vogliamo o no, non si combatte né con le bombe né con i metal detector.




Alberto Pento

[i]Ma quale nichilismo e islamizzazione del nichilismo!
Ma dove e per chi assenza di valori, ma a che valori si riferisce questo Olivier Roy, che forse l'Islam ha valori?

Maometto cosa ha detto e cosa ha fatto?
Il Corano cosa prescrive?
L'Islam come si è espanso e cosa ha fatto in questi suoi 1400 anni circa di vita?


Ma quali sono i valori spirituali e umani dell'Islam?
viewtopic.php?f=188&t=2580
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Re: Ma quali sono i valori spirituali e umani dell'Islam?

Messaggioda Berto » gio ago 24, 2017 4:06 am

???

https://www.facebook.com/psalvus?hc_ref ... eQ&fref=nf

riportata da un mio amico, che aggiunge : "Una cosa è certa: papa Francesco ha esattamente queste idee"

Franco Cardini :

« La nuova primavera coranica, alla quale stiamo assistendo in questi anni, è una benedizione per il mondo: anche, e soprattutto, per le altre due fedi abramiche. La Modernità occidentale ha provocato un dilagare dell’agnosticismo e dell’ateismo che peraltro ha messo in crisi la fede in Dio, ma non ha affatto debellato forme di paganesimo che sono risorte (…) I credenti nel Dio di Abramo di tutto il mondo non possono che salutare nel rinascimento musulmano -al di là dei fenomeni politici che lo accompagnano ma che restano solo equivocamente collegati a esso- una riscossa della fede che solo alcuni lustri or sono era insperabile. (…) I fedeli non possono che guardare con speranza e fiducia a ogni luogo nel quale si adori e si preghi Iddio onnipotente, Creatore del Cielo e della Terra, e si rinsaldi giorno per giorno il patto che Egli ha stipulato con Abramo e al quale è rimasto fedele. Il Dio di Abramo, di Mosè, di Gesù e di Muhammad. »

(Cardini, F., dalla prefazione a Il Corano curato da Hamza Piccardo, Newton & Compton, 2003)



Gino Quarelo
Io credo che se migliaia di persone, meglio ancora milioni, in tutto il mondo, anziché assecondare l'Islam santificandolo, incominciassero a gridare forte, pubblicamente, che Maometto era solo un criminale assassino idolatra e che Allah, quello che i suoi guerrieri-terroristi hanno in bocca quando uccidono e muoiono Allahu Akbar, non è altro che la loro idolatria tribale dell'orrore e del terrore, l'idolo vuoto della morte e del nulla, forse queste grida diffuse lo intaccherebbero con migliaia, milioni di crepe e questa mostruosa e infernale idolatria di morte incomincerebbe a frantumarsi e a disfarsi.
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Re: Ma quali sono i valori spirituali e umani dell'Islam?

Messaggioda Berto » lun set 04, 2017 2:16 pm

???

Festa del sacrificio

https://it.wikipedia.org/wiki/Id_al-adha
La ʿīd al-aḍḥā (in arabo: عيد الأضحىا ‎, ossia "festa del sacrificio"), o ʿīd al-naḥr (arabo: عيد ﺍﻟﻨﺤﺮ, "festa dello sgozzamento") o ʿīd al-qurbān (arabo: عيد ﺍﻟﻘﺮﺑﺎﻥ, "festa dell'offerta [a Dio]", chiamata in lingua turca Eid Qurbani), è la festa islamica celebrata ogni anno nel mese lunare di Dhū l Ḥijja, in cui ha luogo il pellegrinaggio canonico, detto hajj.

Spesso viene anche detta ʿīd al-kabīr (arabo عيد ﺍﻟﻜﺒﻴﺮ, "festa grande"), in contrapposizione a ʿīd al-ṣaghīr (arabo عيد ﺍﻟﺼﻐﻴﺮ "festa piccola"), cioè la festa della rottura del digiuno.

La festa, che può localmente essere ricordata anche con altre definizioni, ha luogo il 10 Dhū l Ḥijja o nei tre immediati giorni successivi (11-12-13 Dhū l-Ḥijja, detti "ayyām al-tashrīq"), in tutto il mondo islamico. In tali giorni una norma islamica vieta qualsiasi tipo di ascesi e di digiuno, essendo considerati questi i "giorni della letizia".

La parola aḍḥā deriva dalla radice araba <Ḍ-Ḥ-Y>, che richiama il significato di "sacrificare", e si ricollega al ricordo delle prove che sarebbero state superate dal profeta Ibrāhīm e dalla sua famiglia, formata nel caso specifico da Hāgar e dal loro figlio Ismaele/Ismāʿīl.


Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... stival.jpg



Questa innominabile persona contesta la Pasqua ebraica e cristiana ma non quella maomettana

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... sangue.jpg
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Re: Ma quali sono i valori spirituali e umani dell'Islam?

Messaggioda Berto » dom gen 14, 2018 1:15 pm

L’islam è senza spiritualità

Patrice de Méritens / Le Figaro Magazine / 13.11.2015 (traduzione di Mauro Zanon)

https://www.ilfoglio.it/cultura/2015/11 ... lita-90074

Patrice de Méritens, scrittore e giornalista del Figaro, ha intervistato Boualem Sansal, scrittore algerino autore di “2084”, libro sul totalitarismo religioso. L’intervista è stata pubblicata sul magazine del quotidiano francese il 13 novembre, il giorno degli attentati organizzati dallo Stato islamico a Parigi.

L’autore di “2084”, grande successo editoriale, presenta la sua analisi del Corano, dell’ascesa dell’islamismo, e immagina il futuro dell’islam sul territorio francese.

Le Figaro Magazine (FM) - Come è percepito da lei il Corano, che predica tanto la pace quanto la violenza?

Boualem Sansal (BS) - Il Corano è un testo che esercita un potente fascino sul musulmano e talvolta anche sul non musulmano. La scansione in lingua araba crea degli stati di quasi trance vissuti sia durante il canto dei muezzin sia durante la recitazione delle preghiere. Diversamente dal francese che nella sua armonia e nella sua misura è una lingua fatta per mormorare, l’arabo, gutturale almeno quanto il tedesco, si presta piuttosto bene all’ingiunzione, all’ordine breve. O comunque è così che viene percepito. Per quanto riguarda l’aspetto violento del Corano, lo percepisco meno come una disposizione intrinseca – il testo oscilla molto, lungo le sure, tra clemenza e furore – che come una maniera diretta di indirizzarsi alla popolazione: gli anatemi lasciano un segno negli animi più degli inviti all’amore. Le prediche alla moschea vertono sempre su temi duri, come la denuncia della prostituzione, l’apostasia, e promettono le peggiori punizioni a chi contravviene ai precetti del Corano e tradiscono Allah. L’islam è un’idea, la parola di Dio per i musulmani, che il sistema religioso ha socializzato attraverso la moschea, la scuola coranica e un codice giuridico (la sharia) fortemente vincolante. Spinta all’estremo, una tale organizzazione può diventare abominevole, ed è così che dinanzi all’islam moderato che non vuole forzare le coscienze si è sviluppato l’islamismo che impone senza alcuna discussione, col pretesto che Dio non tratta con le sue creature… Questa forma di islamizzazione utilizzata dai burocrati e dalle oligarchie tribali e patriarcali corrisponde a una visione tradizionale alla quale si è aggiunta la corrente riformista e rivendicativa chiamata la Nahda, che significa “Rinascita”. Ci troviamo di fronte a un universo di persone che vogliono diffondere l’islam su tutto il pianeta, con progetti politici molti solidi, un’azione forte sul terreno a livello culturale, sociale, economico, caritatevole per attirare le popolazioni e assoldare servitori devoti.

FM - Teme l’islamismo per la Francia?

BS - Scrivendo “Il villaggio del tedesco ovvero Il diario dei fratelli Schiller”, che suggerisce un legame tra islamismo e nazismo del tutto dimostrabile, ho studiato il fenomeno dell’islamizzazione in corso in alcune banlieue di Francia. Mi sono recato da chi vi abita, da parenti e amici che vivono in queste banlieue, ho osservato l’azione di proselitismo dei “grands frères” e visto ciò che accadeva nelle loro moschee. Ho notato una grande somiglianza tra questo lavoro sotterraneo e ciò che è accaduto nell’Algeria socialista dopo l’indipendenza, una trentina di anni fa, con la comparsa di imam venuti dall’estero che poco a poco hanno invaso il paese fino a portarlo alla terribile guerra civile che stiamo vivendo. Ciò che si è verificato in grandi proporzioni in Algeria, si sta verificando oggi in Francia, in piccole proporzioni certo, in zone marginali, ma il fenomeno si sta ampliando assai rapidamente. L’abbandono di questi quartieri da parte dei non musulmani rafforza la comunitarizzazione e l’isolamento, ma anche l’influenza degli islamisti che, poco a poco, sostituiscono l’islam tradizionale pacifico e solidale con un islam bizzarro, costruito a casaccio, nervoso e aggressivo, trasmesso da imam di circostanza, da ignoranti solamente capaci di ripetere “Allahu Akbar”. La comunità si trova incastrata in un islam posturale, grottesco, che si mostra con questa tenuta-uniforme, barba e giacca sopra la gandoura, nell’intento di far paura e sedurre i piccoli duri del quartiere.

FM - Come spiega il fatto che i musulmani restino in silenzio dinanzi all’ascesa dell’islamismo?

BS - C’è una ragione storica. All’indomani del raggiungimento dell’indipendenza, gli stati del Maghreb, così come il governo turco, che sfornano emigrati in Europa, si sono confrontati con una questione esistenziale essenziale: cosa diventereanno i nostri cittadini che si installeranno in occidente, e soprattutto i loro figli? Si fonderanno nella comunità occidentale giudaico-cristiana? Perdereanno la fede islamica e la loro identità? Che persone saranno quando torneranno nei loro paesi d’origine? Per far fronte a questa situazione, le istituzioni statali di questi paesi hanno attuato un programma di insegnamento dell’arabo e del Corano, mantenendo il legame attraverso organizzazioni ad hoc, come, nel caso dell’Algeria, l’Amicale des Algériens en Europe, un’organizzazione tentacolare del governo Fln, che aveva i suoi uffici in ogni città di Francia con una forte concentrazione di emigrati algerini; era quasi impossibile sfuggirvi: gli emigrati erano recensiti, immatricolati, inquadrati, seguiti da vicino. Quelli che si allontanavano erano sottomessi a ogni sorta di ritorsione e vessazione e si vedevano anche rifiutare il rinnovo del passaporto. La vita in Algeria, con le sue restrizioni, è stata così riprodotta all’estero e siccome nel corso degli anni le reti amministrative e laiche sono state progressivamente investite da infiltrazioni islamiste, gli emigrati si sono trovati doppiamente imbrigliati. A questa assenza di autonomia si aggiunge un fattore culturale essenziale per comprendere la mentalità dei musulmani tradizionalisti: se la laicità è giusta per i francesi perché corrisponde alla loro storia, ovunque è poco comprensibile, a cominciare dalla Germania… Per i musulmani praticanti, la questione è ancora più acuta, la lacità è intelligibile e anche scioccante. Quando la parola è pronunciata, in molti di loro scatta un’allerta, percepiscono la parola come un’aggressione, un’ingiunzione di abbandonare la propria religione. Appena gli viene spiegato che si tratta di una salvaguardia delle libertà, di un metodo di vivre-ensemble, un altro cassetto si apre subito: “Inganno! Complotto! Complotto neocoloniale!”. Bisognerebbe senza dubbio sostituire il termine “laïcité” con l’espressione “vivre-ensemble”, la quale non significa solo che bisogna adattarsi al paese d’accoglienza, ma che anche lui deve contribuire con la sua parte al vivre-ensemble, in altre parole mostrarsi flessibile, tollerante. Il termine laicità è duro per chi si afferma nel loro islam, è una specie di dichiarazione di guerra che rinvia immediatamente allo spettro della crociata: ci vogliono dissolvere, non ci vogliono… Questa è una delle ragioni del silenzio che viene rimproverato ai musulmani di Francia rispetto all’islamismo che, lui, sa giocare con abilità con lo spauracchio dell’islamofobia e del razzismo anti arabo.

FM - Non c’è a riguardo un problema con il politicamente corretto in Francia?

BS - Gli intellettuali che, come degli utili idioti, marciano in questo sistema della vittimizzazione dell’islam e dell’emigrato, non si rendono conto del male che fanno, anzitutto ai musulmani che siano credenti praticanti o no, ed è chiaro che gli islamisti che hanno inventato di sana pianta la censura dell’islamofobia li manipolano. Procurarsi piacere con la masturbazione intellettuale, accontentarsi delle parole, affermare il proprio umanitarismo in contrasto con le realtà e i rischi dei dérapage totalitari dell’islamismo è incomprensibile. Ma anche qui, bisogna guardare la storia, è oramai da diversi decenni che la funzione storica di controllo del pensiero dei partiti comunista e socialista è evaporata. I socialisti oggi non sanno più che cosa significa la parola società, lavorano solo per se stessi. Questa categoria che ha funzionato in un’ottica di potere attraverso un progetto filosofico e sociale potente è stata abbandonata da dopo l’aggiornamento dei crimini dello stalinismo e la fine dell’impero sovietico, da qui il suo spostamento verso un nuovo armento da guidare: l’immigrato e il musulmano in senso ampio. Per logica politica è divenuta una questione elettorale, dietro l’umanitarismo di facciata e il volto sofferente dell’immigrato, dell’ex colonizzato, c’è un voto nelle urne. Ma i musulmani, che hanno la loro fierezza, non sopportano il fatto di essere considerati dei menomati, delle vittime eterne, dei richiedenti di non si sa quale giustizia, e ancor meno da questi intellettuali che si comportano come dei commissari del pensiero. In realtà, per via di un gioco perverso, questi pensatori del politicamente corretto si ritrovano a essere gli alleati obiettivi degli islamisti contro gli stessi musulmani.

FM - Come vede l’utopia del califfato?

BS - E’ allo stesso tempo minacciosa e poco chiara… L’islam è un’entita composita che, tenuto conto delle sue innumerevoli divisioni teologiche, etniche e tribali, potrebbe portare alla conclusione che non esiste affatto. C’è un Corano, un libro santo il cui testo in lingua araba, a seconda delle regioni del globo, mostra delle differenze significative. Il Corano che circola in Arabia saudita wahabita e feudale non è lo stesso che si trova nel Maghreb sunnita malekita e non evoco nemmeno le disparità che possono generare le sue molteplici traduzioni. Alcuni penseranno che è il carattere proteiforme dell’islam e le sue rivalità interne, sunnismo e sciismo, sufismo, kharigismo, così come le correnti non risconosciute dall’ortodossia, che contribuiranno alla salvezza e alla libertà dei popoli del pianeta dinanzi all’utopia del califfato. Ma purtroppo, temo che succederà il contrario, e ciò in nome del principio del “dividere per regnare”. Se l’islam fosse omogeneo, un corpo di teologi autorevoli si sarebbe staccato e avrebbe intrapreso la riforma dell’islam, ma alla luce della proliferazione delle correnti, delle confraternite e delle altre scuole, l’unificazione, se ci sarà, potrà essere raggiunta solo con la coercizione, la forza e la violenza, piuttosto che con la convinzione. E’ questa impossibilità di realizzare l’unità dell’islam che fa della violenza il cuore stesso della sharia. In fondo, queste correnti hanno un solo denominatore comune, Allah e Maometto, ed è in loro nome che si commettono gli orrori che funestano quotidianamente la maggior parte dei paesi musulmani, la Siria, l’Iraq, la Nigeria, la Libia, la Somalia, il Sudan… Una delle particolarità del mondo musulmano che subisce da sempre innumerevoli oppressioni – quelle dei poteri feudali, della tradizione, della povertà – è che l’islam è svuotato da qualsiasi spiritualità. Bisogna essere musulmani in apparenza, limitarsi alla pratica la più visibile, fare la preghiera, mostrare la propria islamità. La semplice recitazione della shahada, la professione di fede dell’islam, “Testimonio che non v’è altro Dio all’infuori di Allah, e che Maometto è il suo Profeta”, vi fa entrare nella comunità dei credenti, tutto il resto rientra nel dominio della Legge e dello Stato. La spiritualità diventa pericolosa, la conoscenza della religione ancor più perniciosa, perché porta a discutere del sesso degli angeli, ciò che conduce alla fitna, lo scisma, il crimine assoluto secondo il Corano. L’intellettuale nel senso moderno del termine è una categoria che non è riconosciuta nel mondo musulmano, l’ordine è semplice: c’è il califfo, il rappresentante di Allah sulla terra, e la umma, la comunità indistinta dei credenti attraverso il mondo. Nell’islam, i credenti si prostrano tutti nello stesso modo. Badate bene a quanto l’allineamento dei fedeli durante la preghiera è importante, sono attaccati l’un l’altro, perfettamente allineati. Questa immagine di uomini uniti nella preghiera, il raccoglimento e la fraternità hanno un grande potere di attrazione sui giovani delle banlieue abbandonati a loro stessi, in cerca di dare un senso alla loro vita.

FM - Come vede il futuro dell’islam sul territorio francese?

BS - Si deciderà nel confronto tra “islam di Francia” e “islam in Francia”. Gli stati come l’Arabia saudita, di cui conosciamo le mire, alla stregua degli altri paesi arabi non accetteranno mai di veder nascere un islam che non è parte intrinseca della umma. Che sia sunnita, sciita o di un’altra obbedienza, nessun musulmano saprebbe accettarlo. Non può nascere un islam al di fuori della giurisdizione musulmana. Tuttavia la Francia, iniziatrice della laicità, paese di atei identificato dagli islamisti come avversario principale in Europa, è per ora un terreno di confronto tra l’“islam di Francia”, con una specie di falso clero iniziato al tempo di Nicolas Sarkozy ministro dell’Interno, e l’“islam in Francia”, voce avanzata dall’islam tradizionale che ha la vocazione di diffondere il verbo di Allah ovunque sulla terra. L’Arabia saudita, guardiana del tempio in cui deve splendere la conquista, utilizza i suoi petrodollari, ammansendo, acquistando, finanziando a tutto spiano nel mondo moschee, missioni culturali e offrendo borse agli studenti. Gli sciiti, quanto a loro, non restano nelle retrovie, non vogliono lasciarsi relegare al solo territorio dell’Iran. Questa competizione si gioca qui e ora, in Francia, e dappertutto. Quale islam vincerà? E quale credito accordare all’islam di Francia? Lo stato ha provato a creare alcune istituzioni, ma senza successo in ragione di un’evidente mancanza di rappresentatività e di legittimità teologica dei loro membri. Al momento abbiamo solamente un islam in Francia, atomizzato, che funzione tra relazioni individuali e relazioni di quartiere, ma è pilotato da ambizioni che superano di gran lunga le considerazioni francesi – un islam che si è complicato con l’islamismo… Il giorno in cui ci sarà un islam di Francia veramente rappresentativo guidato da personalità legittime, moderate e rispettose della République, e ce ne sono, come l’imam di Bordeaux, il mufti di Marsiglia e altri ancora, accanto a dei pensatori autorevoli come Abdennour Bidar e Ghaleb Bencheikh che possono aiutare a far emergere questo islam di Francia sognato dalla maggioranza dei musulmani di questo paese, non ci sarà più bisogno della “specificità musulmana in seno alla République”, che sarebbe solamente controproduttiva. I musulmani sarebbero integrati, anche religiosamente, nella società francese, allo stesso titolo delle altre comunità religiose. Ma se prevarrà l’islam in Francia, come la tendenza attuale lascia pensare, sarà in conflitto con tutti, sia i musulmani che non non lo riconoscono sia le istituzioni francesi. Questa è a mio avviso la situazione attuale.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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