Idolatria e spiritualità naturale e universale

Re: Idołatria e spirtoałetà natural e ogniversal

Messaggioda Berto » ven gen 06, 2017 2:24 pm

Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Idołatria e spirtoałetà natural e ogniversal

Messaggioda Berto » sab gen 14, 2017 9:18 pm

???

Il Papa: i veggenti vendono false speranze
All’udienza parla di «idoli» come ideologia, potere, bellezza e ricorda una donna che abortì per conservare la linea. Mette in guardia dai «furboni» che fanno pagare l’ingresso
iacopo scaramuzzi

http://www.lastampa.it/2017/01/11/vatic ... agina.html

«Una volta a Buenos Aires dovevo andare in una chiesa e sono andato camminando, c’è un parco in mezzo, e nel parco c’erano piccoli tavolini, tanti, dove erano seduti i veggenti, era pieno di gente che faceva la coda…». Proseguendo un ciclo di catechesi sulla speranza cristiana, il Papa all’udienza generale ha fatto l’esempio dei veggenti che leggono le mani e le carte – una «stupidaggine» – per illustrare le «false speranze» suscitate da «idoli» come l’ideologia, il potere, il successo, la bellezza o la salute, ed ha ricordato con «dolore» una donna che, sempre nella capitale argentina, aveva abortito per mantenere la linea fisica. A conclusione Francesco ha messo in guardia i fedeli dai «furboni» che fanno pagare per entrare all’udienza.

Sperare, ha spiegato Francesco, «è un bisogno primario dell’uomo: sperare nel futuro, credere nella vita, il cosiddetto “pensare positivo”. Ma è importante che tale speranza sia riposta in ciò che veramente può aiutare a vivere e a dare senso alla nostra esistenza. E’ per questo che la Sacra Scrittura ci mette in guardia contro le false speranze che il mondo ci presenta, smascherando la loro inutilità e mostrandone l’insensatezza. E lo fa in vari modi, ma soprattutto denunciando la falsità degli idoli in cui l’uomo è continuamente tentato di riporre la sua fiducia, facendone l’oggetto della sua speranza».

Fede, ha detto in particolare il Papa, «è fidarsi di Dio, ma viene il momento in cui, scontrandosi con le difficoltà della vita, l’uomo sperimenta la fragilità di quella fiducia e sente il bisogno di certezze diverse, di sicurezze tangibili, concrete. Mi affido a Dio, la situazione è un po’ brutta, io ho bisogno di una sicurezza più concreta: è lì il pericolo! E allora siamo tentati di cercare consolazioni anche effimere, che sembrano riempire il vuoto della solitudine e lenire la fatica del credere».

Pensiamo di poterle trovare «nella sicurezza che può dare per esempio il denaro», ha esemplificato il Papa, «o nelle alleanze con i potenti, o sicurezze nella mondanità, nelle false ideologie. A volte le cerchiamo in un dio che possa piegarsi alle nostre richieste e magicamente intervenire per cambiare la realtà e renderla come noi la vogliamo; un idolo, appunto, che in quanto tale non può fare nulla, impotente e menzognero. Ma a noi ci piacciono gli idoli, ci piacciono tanto. Una volta – ha proseguito Jorge Mario Bergoglio a braccio – a Buenos Aires dovevo andare in una chiesa e sono andato camminando, c’è un parco in mezzo e nel parco c’erano piccoli tavolini, tanti, dove erano seduti i veggenti, era pieno di gente che faceva la coda: tu gli davi la mano lui cominciava, il discorso è sempre lo stesso “c’è una donna nella tua vita, c’è un ombra che viene, tutto riuscirà bene”, e tu pagavi. E questo ti dà sicurezza, la sicurezza di – permettetemi la parola – una stupidaggine. Questo è un idolo: sono andato dal veggente, o dalla veggente, o mi hanno tirato le carte – so che nessuno di voi fa queste cose… – e sono riuscito meglio. Mi fa pensare a quel film, “Miracolo a Milano” (di Vittorio De Sica, ndr.), “che faccia! che naso! cento lire”, ti fa pagare perché danno una falsa speranza. Noi siamo tanto attaccati, compriamo false speranze mentre di quella gratuita, Gesù Cristo che ha dato gratuitamente la vita per noi, non ci fidiamo tanto».

Papa Francesco ha proseguito la catechesi citando il salmo 115, che «ci presenta, in modo anche un po’ ironico, la realtà assolutamente effimera di questi idoli. E dobbiamo capire che non si tratta solo di raffigurazioni fatte di metallo o di altro materiale, ma anche di quelle costruite con la nostra mente, quando ci fidiamo di realtà limitate che trasformiamo in assolute, o quando riduciamo Dio ai nostri schemi e alle nostre idee di divinità; un dio che ci assomiglia, comprensibile, prevedibile, proprio come gli idoli di cui parla il Salmo. L’uomo, immagine di Dio, si fabbrica un dio a sua propria immagine, ed è anche un’immagine mal riuscita: non sente, non agisce, e soprattutto non può parlare. Alla speranza in un Signore della vita che con la sua Parola ha creato il mondo e conduce le nostre esistenze, si contrappone la fiducia in simulacri muti. Le ideologie con la loro pretesa di assoluto, le ricchezze, il potere e il successo, con la loro illusione di eternità e di onnipotenza, valori come la bellezza fisica e la salute, quando diventano idoli a cui sacrificare ogni cosa, sono tutte realtà che confondono la mente e il cuore, e invece di favorire la vita conducono alla morte. È brutto – ha aggiunto il Papa – fa dolore all’anima quello che una volta, anni fa ho sentito nell’altra diocesi, una donna brava, molto bella, si vantava della bellezza, commentava, come se fosse naturale, eh sì ho dovuto abortire perché la mia figura è molto importante, così, questi sono gli idoli, e ti portano sulla strada sbagliata e non ti danno felicità».

Se ripone la speranza negli idoli, ha detto il Papa, come dice il Salmo «non si ha più nulla da dire, si diventa incapaci di aiutare, cambiare le cose, incapaci di sorridere, donarsi, incapaci di amare. E anche noi, uomini di Chiesa, corriamo questo rischio quando ci “mondanizziamo”: bisogna rimanere nel mondo ma difendersi dalle illusioni del mondo». In questo senso, la speranza cristiana «non delude mai, gli idoli deludono sempre, sono fantasie, non sono realtà. Ecco la stupenda realtà della speranza: confidando nel Signore si diventa come lui, la sua benedizione ci trasforma in suoi figli, che condividono la sua vita».

A fine udienza il Papa ha ripreso la parola per spiegare, con un biglietto rosso di ingresso all’udienza tra le mani: «Adesso devo dirvi una cosa che io non vorrei dirla, ma devo dirla. Per entrare alle udienze ci sono i biglietti di entrata, è scritto nei biglietti in uno, due, tre, quattro, cinque, sei lingue “il biglietto è del tutto gratuito”, per entrare all’udienza sia in aula sia in piazza non si deve pagare, è gratuita, è una visita gratuita che si fa al Papa per parlare col Papa, col vescovo di Roma… ma ho saputo che ci sono dei furboni – ha proseguito – che fanno pagare i biglietti. Se qualcuno vi dice che per andare in udienza dal Papa c’è bisogno di pagare ti stanno truffano, stai attento, stai attenta! Questo è gratuito, qui si viene senza pagare, perché questa è casa di tutti e chi dice questo di far pagare è un reato, quell’uomo, quella dona è un delinquente, questo non si fa!».




???
Gesù è sempre in mezzo alla gente ma non cerca la popolarità
Sergio Centofanti - Radio Vaticana martedì 31 gennaio 2017
Se con perseveranza teniamo il nostro sguardo rivolto a Gesù, scopriremo con stupore che è Lui che guarda con amore ognuno di noi
S. Marta del 31 gennaio.
https://www.avvenire.it/papa/pagine/san ... ign=buffer

Se con perseveranza teniamo il nostro sguardo rivolto a Gesù, scopriremo con stupore che è Lui che guarda con amore ognuno di noi: è quanto ha detto il Papa nella Messa del mattino a Casa Santa Marta nel giorno in cui la Chiesa celebra la Memoria liturgica di San Giovanni Bosco. Il servizio di Sergio Centofanti per Radio Vaticana

Gesù non cerca la popolarità, ma è sempre in mezzo alla gente
L’autore della Lettera agli Ebrei ci esorta a correre nella fede “con perseveranza, tenendo fisso lo sguardo su Gesù”. Nel Vangelo è Gesù che ci guarda e si accorge di noi. Lui ci è vicino – spiega Papa Francesco - “è sempre in mezzo alla folla”:
“Non è con le guardie che gli fanno la scorta, affinché la gente non lo toccasse. No, no! È rimasto lì e la gente lo stringe. E ogni volta che Gesù usciva, c’era più folla. Gli specialisti delle statistiche forse avrebbero potuto pubblicare ‘Cala la popolarità del Rabbi Gesù’… Ma lui cercava un’altra cosa: cercava la gente. E la gente cercava Lui: la gente aveva gli occhi fissi su di Lui e Lui aveva gli occhi fissi sulla gente. ‘Sì, si, sulla gente, sulla moltitudine’ – ‘No, su ognuno!’. E questa è la peculiarità dello sguardo di Gesù. Gesù non massifica la gente: Gesù guarda ognuno”.

Gesù guarda le cose grandi e le cose piccole
Il Vangelo di Marco racconta due miracoli: Gesù guarisce una donna malata di emorragia da 12 anni che, in mezzo alla folla, riesce a toccargli il mantello. E si accorge di essere stato toccato. Poi, risuscita la figlia dodicenne di Giàiro, uno dei capi della sinagoga. Si accorge che la ragazza ha fame e dice ai genitori di darle da mangiare:
“Lo sguardo di Gesù va al grande e al piccolo. Così guarda Gesù: ci guarda tutti, ma guarda ognuno di noi. Guarda i nostri grandi problemi o le nostre grandi gioie, e guarda anche le cose piccole di noi. Perché è vicino. Gesù non si spaventa delle grandi cose, ma anche tiene conto delle piccole. Così ci guarda Gesù”.

Lo stupore dell’incontro con Gesù
Se corriamo “con perseveranza, tenendo fisso lo sguardo su Gesù” – afferma Papa Francesco – ci accadrà quanto è successo alla gente dopo la risurrezione della figlia di Giàiro, che fu presa “da grande stupore”:
“Io vado, guardo Gesù, cammino davanti, fisso lo sguardo su Gesù e cosa trovo? Che Lui ha fisso il suo sguardo su di me! E questo mi fa sentire questo grande stupore. È lo stupore dell’incontro con Gesù. Ma non abbiamo paura! Non abbiamo paura, come non ha avuto paura quella vecchietta di andare a toccare l’orlo del manto. Non abbiamo paura! Corriamo su questa strada, sempre fisso lo sguardo su Gesù. E avremo questa bella sorpresa, che ci riempirà di stupore: lo stesso Gesù ha fisso il suo sguardo su di me”.
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Re: Idołatria e spirtoałetà natural e ogniversal

Messaggioda Berto » mer feb 01, 2017 9:03 am

Mama coante ensemense! - Mamma quante idiozie!


La “guida” di Papa Francesco per “stanare” i farisei nella Chiesa
Il pontefice ci torna regolarmente, vorrà dirci qualcosa?
Lucandrea Massaro/Aleteia
31 gennaio 2017

http://it.aleteia.org/2017/01/31/papa-f ... parrocchia

Se c’è una cosa che al Signore proprio non piace è quell’atteggiamento che normalmente definiamo come “ipocrisia” e che – nel linguaggio delle scritture – è l’essere “fariseo”. Ora in sé “fariseo” non vuol dire ipocrita, è solo il nome di una sétta ebraica dei tempi di Gesù che era molto, molto ligia all’applicazione letterale e puntuale della Legge, con tutte le sue prescrizioni, ma molto meno puntuali quanto al suo “spirito”. Insegnavano la Legge, ma non la applicavano davvero, se non in maniera meccanica. I Vangeli ci raccontano di diversi “scontri teologici” (e veri schiaffi morali) tra di Lui e i vari dottori della Legge come in Luca (6, 1-11)

Un giorno di sabato passava attraverso campi di grano e i suoi discepoli coglievano e mangiavano le spighe, sfregandole con le mani. Alcuni farisei dissero: «Perché fate ciò che non è permesso di sabato?».Gesù rispose: «Allora non avete mai letto ciò che fece Davide, quando ebbe fame lui e i suoi compagni?Come entrò nella casa di Dio, prese i pani dell’offerta, ne mangiò e ne diede ai suoi compagni, sebbene non fosse lecito mangiarli se non ai soli sacerdoti?». E diceva loro: «Il Figlio dell’uomo è signore del sabato».Un altro sabato egli entrò nella sinagoga e si mise a insegnare. Ora c’era là un uomo, che aveva la mano destra inaridita. Gli scribi e i farisei lo osservavano per vedere se lo guariva di sabato, allo scopo di trovare un capo di accusa contro di lui. Ma Gesù era a conoscenza dei loro pensieri e disse all’uomo che aveva la mano inaridita: «Alzati e mettiti nel mezzo!». L’uomo, alzatosi, si mise nel punto indicato. Poi Gesù disse loro: «Domando a voi: È lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita o perderla?». E volgendo tutt’intorno lo sguardo su di loro, disse all’uomo: «Stendi la mano!». Egli lo fece e la mano guarì. Ma essi furono pieni di rabbia e discutevano fra di loro su quello che avrebbero potuto fare a Gesù.

Ma non mancano molti altri episodi come in Marco (7, 1-13) o in Matteo (15, 12-14 oppure 23,2-7 o 23, 23). Da qualche tempo questa parola è tornata in auge nella comunità cattolica da quando Papa Francesco, nelle sue omelie mattutine nella piccola cappella di Casa Santa Marta, in Vaticano, si ostina sin quasi dal suo primo giorno come pontefice ad indicare come il “fariseismo” sia diventato un problema anche nella Chiesa di Cristo. Il Papa nel 2013 ammoniva, lamentando come:

«incontriamo tanti cristiani senza Cristo, senza Gesù. Per esempio quelli che hanno la malattia dei farisei e sono cristiani che mettono la loro fede e la loro religiosità, la loro cristianità, in tanti comandamenti: Ah, devo fare questo, devo fare quest’altro. Cristiani di atteggiamenti”: che fanno cioè delle cose – ha spiegato – perché si devono fare, ma in realtà “non sanno perché lo fanno».

Il Papa ha spiegato poi, tornando sull’argomento (2014) che:

«Questo è il dramma di questa gente, e anche il dramma nostro! Si sono impadroniti della Parola di Dio. E la Parola di Dio diventa parola loro, una parola secondo il loro interesse, le loro ideologie, le loro teologie… E ognuno la interpreta secondo la propria volontà, secondo il proprio interesse. Questo è il dramma di questo popolo. E per conservare questo, uccidono. Questo è successo a Gesù».

Poi, probabilmente perché l’uditorio è duro d’orecchi, ha ripetuto:

«L’atteggiamento degli Scribi, dei Farisei è lo stesso, escludono: ‘Noi siamo i perfetti, noi seguiamo la legge. Questi sono peccatori, sono pubblicani’. E l’atteggiamento di Gesù è includere. Ci sono due strade nella vita: la strada dell’esclusione delle persone dalla nostra comunità e la strada dell’inclusione. La prima può essere piccola ma è la radice di tutte le guerre: tutte le calamità, tutte le guerre, incominciano con un’esclusione. Si escludono dalla comunità internazionale ma anche dalle famiglie, fra amici, quante liti… E la strada che ci fa vedere Gesù e ci insegna Gesù è tutt’altra, è contraria all’altra: includere»(2015).

E ha spiegato chi non è fariseo, chi non è ipocrita. I bambini. Gesù Cristo ci ha avvisati per tempo e ci ha spiegato che “se non sarete come bambini, non entrerete nel regno dei Cieli”. E per il Papa quella genuina concretezza, quella libertà interiore è ben visibile nel loro approccio alla confessione:

«Con quanta verità si confessano i bambini! I bambini mai, mai, mai dicono una bugia, nella confessione; mai dicono cose astratte. ‘Ho fatto questo, ho fatto quell’altro, ho fatto …’: concreti. I bambini, quando sono davanti a Dio e davanti agli altri, dicono cose concrete. Perché? Perché hanno il lievito buono, il lievito che li fa crescere come cresce il Regno dei Cieli. Che il Signore ci dia, a tutti noi, lo Spirito Santo e la grazia della lucidità di dirci qual è il lievito con il quale io cresco; qual è il lievito con il quale io agisco. Sono una persona leale, trasparente o sono un ipocrita?» (2016).
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Re: Idołatria e spirtoałetà natural e ogniversal

Messaggioda Berto » dom feb 05, 2017 7:57 am

Aidolo, ateo credente, ateo e idolatra


L'aidolo è il vero credente, colui che nega gli idoli delle religioni ma che non nega D-o poiché sa che D-o non può essere negato né affermato dall'uomo in quanto è lo spirito che anima l'universo intero e sta all'origine e al fine di tutte le cose e di tutte le creature, mentre gli idolatri i credenti negli idoli sono i veri non credenti e atei che negano D-o;

l'ateo tradizionale di fatto non nega D-o anche se dice di negarlo, poiché D-o non dipende dall'uomo e non può essere negato né affermato, per ciò, ciò che l'ateo tradizionale può negare è il D-o delle varie religioni che sono soltanto idoli, le loro interpretazioni del divino assunte come D-o o al posto di D-o;
l'ateo tradizionale è più un agnostico che un negatore di D-o;

i veri negatori di D-o non sono gli atei tradizionali che negano gli idoli ma sono gli idolatri di tutte le religioni che al posto di D-o hanno messo la loro interpretazione del divino che è divenuta il loro idolo.
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Re: Idołatria e spirtoałetà natural e ogniversal

Messaggioda Berto » gio feb 16, 2017 8:07 pm

???

"Ognuno di noi è capace di dire: sono sicuro che Dio mi ama? Non è facile dirlo, ma è vero! E' un buon esercizio dire a se stessi: Dio mi ama! Questa è la radice della nostra sicurezza, la radice della speranza. Dobbiamo ripeterlo come preghiera: Dio mi ama! Sono sicuro che Dio mi ama!" Alle 12 nel #TG2000 e alle 17.30 all'interno de Il Diario di Papa Francesco, l'Udienza Generale di oggi. Questo è un breve passaggio della catechesi:

https://www.facebook.com/Tv2000it/video ... 5865691779


Alberto Pento

Se sono buono Dio mi ama, se sono cattivo Dio mi ama; se faccio del bene Dio mi ama, se non faccio niente Dio mi ama, se faccio del male Dio mi ama! Ma che razza di Dio è? Forse è un Dio che in realtà non ama nessuno o piuttosto D-o (e non Dio-idolo) non può essere trattato come se fosse un buon padre o una buona madre.
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Re: Idołatria e spirtoałetà natural e ogniversal

Messaggioda Berto » gio feb 23, 2017 8:09 pm

L’UAAR perde altri 50 iscritti, compreso Odifreddi
Calendar 22 febbraio 2017
http://www.uccronline.it/2017/02/22/lua ... -odifreddi

A fine gennaio è stato pubblicato il nuovo Annual Report UAAR, il bilancio relativo all’anno precedente dell’Unione Atei Agnostici Razionalisti. Ne esce una conferma: l’ateismo militante e organizzato non tira più.

Le vacche grasse hanno lasciato spazio al rimpianto per il periodo d’oro dei new atheist anglosassoni, da Dawkins ad Hitches, da Harris a Dennett. In Italia Margherita Hack dimostrava l’inesistenza astrofisica di Dio sulle colonne di Repubblica e Corrado Augias sfornava a ripetizione libri di gossip scandalistico vaticano.

Un mondo estinto dopo la conversione del più famoso ateo del mondo, Antony Flew e, sopratutto, dopo la morte di Christopher Hitchens. In Italia l’UAAR è incappata in una serie di scandali interni che ne hanno evidenziato pubblicamente la vacuità, ripresi costantemente su questo sito web, nato anche come risposta inizialmente ironica, poi più strutturata, a quel fenomeno.

Meno di un anno fa abbiamo mostrato la fuga degli iscritti dall’associazione ateista italiana, passata dai 3.960 soci del 2011 ai 3.684 tesserati del 2015, in mezzo il record di abbandoni del 2013 (3.559 iscritti) e 2014 (3.591), curiosamente corrispondente ai primi anni di pontificato di Papa Francesco. Se i responsabili speravano in una conferma della crescita di soci, l’Annual Report UAAR 2016 li ha delusi: 3.643 le persone in Italia che hanno scelto di rinnovare l’adesione l’anno scorso, una perdita di 41 soci in un anno. Circa 4 iscritti ogni mese abbandonano l’unica associazione nazionale di atei, un’enormità per una confessione religiosa (così si autodefiniscono) che è sempre stata ossessionata dai numeri e dal potenziale di crescita, tanto da essersi messi nelle mani di esperti consulenti d’immagine per aumentare l’appeal.

Un tentativo che non ha funzionato nemmeno con il presidente onorario dell’UAAR, il matematico Piergiorgio Odifreddi. Oltre ad aver preso pubblicamente le distanze dalla controproducente sindone prodotta dal CICAP e finanziata profumatamente proprio dall’associazione atea (il fisico Paolo Di Lazzaro ha commentato: «la mal riuscita copia di Garlaschelli è una ulteriore dimostrazione di quanto sia improbabile che un falsario del Medioevo abbia potuto realizzare la Sindone»), nel 2010 il polemista ateo ha scritto: «Quanto all’UAAR, è un’associazione indipendente: io non sono iscritto, e non sempre condivido le loro iniziative».

Qualche settimana fa il matematico torinese Francesco Malaspina, ex studente di Odifreddi durante il dottorato, ha raccontato su questo sito web di una cena avuta recentemente con il suo ex professore, durante la quale Odifreddi ha spiegato che pur essendone presidente onorario, non frequenta praticamente mai il sito web dell’UAAR e ritiene ben poco ragionevole la loro campagna per lo sbattezzo. All’associazione di cui è presidente, Odifreddi preferisce di gran lunga -non fatichiamo a crederci- il Papa emerito Benedetto XVI, con il quale intrattiene un rapporto epistolare.

Il premio Nobel Max Planck, pilastro della fisica contemporanea, temeva che «se il movimento degli atei» si espandesse, porterebbe «la sua azione disgregante in tutte le nazioni della terra ed a tutti i livelli sociali. Non ho bisogno di spiegare in dettaglio che, dopo la sua vittoria, non solo tutti i tesori più preziosi della nostra cultura svanirebbero, ma – che è ancora peggio – anche le prospettive in un futuro migliore» (M. Planck, “Religion und Naturwissenschaft”, Leipzig: Johann Ambrosius Barth Verlag, 1958, pag. 7). Proprio due giorni fa, l’UAAR, con tanto di cuoricino, supplicava nuove iscrizioni secondo il motto: “più forza avremo, più saremo capaci di incidere”. Planck può stare tranquillo, seppur immersi in una società scettica e relativista, non sembra che l’integralismo ateo se la passi così bene.



Il mondo degli atei è una catastrofe.E un mondo irrazionale! Grazie a Dio, stanno perdendo!
UCCR - Unione Cristiani Cattolici Razionali
Si è esaurito l'appeal per l'ateismo militante e organizzato? «Più forza avremo, più saremo capaci di incidere», è il motto dell'UAAR, intanto perdono tesserati e la stima del più famoso ateo italiano.



https://www.facebook.com/giovanni.raimo ... 2503741855


Sergio Cavaliere
Mai stato iscritto e non ne condivido le finalità. Ma il titolo del pezzo è falso. Intanto la perdita è di 41, poi segue 2 anni di aumento. Quindi non perdono "altri" iscritti, ma 41 iscritti dopo aumenti maggiori negli anni precedenti. Ma soprattutto essa significa una cosa: in una società secolarizzata c'è meno bisogno di atei organizzati.
Inoltre tutti gli indici di secolarizzazione sono univoci. Meno preti, suore, seminaristi, novizi (dati annuario pontificio consultato su priestlyvocations.com), meno firme per l'8 x 1000 alla CCAR, meno matrimoni religiosi, battesimi, cresime, meno studenti di religione, meno scuole cattoliche. Dati univoci non solo in Italia, ma in tutta Europa, in gran parte delle Americhe e negli altri paesi occidentali.
Pastoral Ministry for Priestly Vocations

Alberto Pento
Meno male! E non sono comunista o di sinistra e ateo. Vorrei soltanto che finisse lo strapotere antidemocratico e illiberale delle idolatrie, in particolare di quelle teocratiche e orrende come quella islamica che la Chiesa Cattolico Romana sta santificando e promuovendo irresponsabilmente, vergognosamente e criminalmente. Va coltivata la vera spiritualità, naturale, universale e non idolatra poiché gli idoli nascondono la vera spiritualità e portano morte e distruzione ovunque nel mondo.

Sergio Cavaliere
Mi hai cancellato i commenti che sburgiandano questo sito

Alberto Pento
I cattolici sono un po come gli islamici, tagliano cio che non è loro gradito e la libertà di parola non è uno dei loro valori fondamentali. Per fortuna oggi come oggi tagliano solo le parole.

Giovanni Raimondo
Il problema è che portare notizie che vi fanno comodo..Per sbugiardare il sito ce ne vuole.Non stai avendo a che fare con incapaci..Alberto ripeto che questo è un tuo pensiero fantasioso.Se vuoi continuare ad avere sto pensiero fantasioso, ok, ma non pretendere che gli altri aderiscono al tuo pensiero fantasioso.Con questo chiudo e non solo c'e la fantascienza, ma anche fanta fantasiosa come te....Se hai libertà di esprimerti lo devo proprio a alCristianesimo ma finito che lo capirai.Con questo veramente chiuso tanto trovare un punto d'incontro è impossibile.

Alberto Pento
A me basta il rispetto umano. Giovanni Raimondo Ricordati di Ipazia di Alessandria.

Sergio Cavaliere
Sto avendo a che fare con una persona piccola piccola come te, Giovanni, che non ha il coraggio delle prorpie idee. Perché idee non ne ha.
Eppure ti ho permesso decine di volte di postare i tuoi articoli sulla mia bchgeca, pe quanto quas mai ne condividessi il contenuto.

Giovanni Raimondo
E un tuo pensiero Sergio Cavaliere ma vedi il problema è che se io mi metto a parlare del Vangelo e della storia in cui ci sono anche eccedi che vanno contro Cristo, tu non sai rispondermi poiché non ne sai molto.Sai solo infangare.Se veramente studiasti la storia cristiana dalle origini, cambieresti idea ma dubito di questo poiché non volete vedere la realtà come è. Quando avrai studiato il Cristianesimo dalle origini, allora ne riparleremo...Adesso chiudo!
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Re: Idołatria e spirtoałetà natural e ogniversal

Messaggioda Berto » ven feb 24, 2017 7:43 pm

Problemi degli idolatri cristiani


Gesù (non) dixit Il gesuita che offende Cristo
di Antonio Livi24-02-2017

http://www.lanuovabq.it/it/articoli-ges ... s.facebook

L’intervista del generale dei gesuiti Padre Sosa, per il quale le parole di Gesù andrebbero contestualizzate perché gli evangelisti non avevano con sè un registratore, per la sua assoluta incoerenza logica, non meriterebbe alcun commento teologico ma solo una risata. Ma, trattandosi di un intervento dell’attuale generale dei Gesuiti nel dibattito sull’interpretazione di un documento pontificio così problematico come l’Amoris laetitia, si rende necessario, per responsabilità pastorale nei confronti dei fedeli ai quali l’intervista è giunta attraverso i media internazionali, un richiamo al corretto rapporto del Magistero e/o della sacra teologia con la verità rivelata, quella con la quale Dio «ha voluto farci conoscere la sua vita intima e i suoi disegni di salvezza per il mondo» (Vaticano I, costituzione dogmatica Dei Filius, 1870).

I fedeli cattolici (sia Pastori che fedeli) sanno che la verità che Dio ha rivelato agli uomini parlando per mezzo dei Profeti dell’Antico Testamento e poi con il proprio figlio, Gesù (cfr Lettera agli Ebrei, 1, 1), è custodita, interpretata e annunciata infallibilmente dagli Apostoli, ai quali Cristo ha conferito la potestà di magistero autentico per l’evangelizzazione e la catechesi. Agli Apostoli Cristo ha detto: «Chi ascolta voi, ascolta me; chi disprezza voi, disprezza me. E chi disprezza me, disprezza Colui che mi ha mandato» (Vangelo secondo Luca, 10, 16). Il valore di verità della dottrina degli Apostoli e dei loro successori (i vescovi con a capo il Papa) dipende quindi interamente dal valore di verità della dottrina di Cristo stesso, l’unico che conosce il mistero del Padre: «La mia dottrina non è mia ma di Colui che mi ha inviato» (Vangelo secondo Giovanni, 7, 16). Padre Sosa, prigioniero com’è dell’ideologia irrazionalistica (pastoralismo, prassismo, storicismo) è allergico alla parola “dottrina”, ma non si rende conto che con questa sua stolta polemica offende non solo la Chiesa di Cristo ma Cristo stesso.

Tanto è essenziale la potestà di magistero (munus docendi), che Cristo ha conferito agli Apostoli unitamente alla potestà di amministrare i sacramenti della grazia (munus sanctificandi), con i quali gli uomini possono essere santificati, cioè uniti ontologicamente (non solo moralmente) a Cristo, e in Lui, nell’unità dello Spirito, a Dio che è il solo Santo. Dice infatti Gesù agli Apostoli: «Andate e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Vangelo secondo Matteo, 28, 20).

E per provvedere alle necessità spirituali dei fedeli, con la costituzione gerarchica della Chiesa, Cristo ha conferito agli Apostoli anche la missione pastorale (munsu regendi). Si capisce allora che non si può pensare a riforme “pastorali” della Chiesa in contrasto con la dottrina dogmatica e morale, come vorrebbe padre Sosa, con l’alibi delle presunte ispirazioni di un fantomatico “Spirito”, che certamente non è lo Spirito di Gesù (quello che «ex Patre Filioque procedit») perché contraddice frontalmente la sua dottrina e i sui comandamenti, anche lì dove Gesù ha parlato in modo definitivo e inequivocabile, com’è il caso del matrimonio naturale, che è indissolubile perché Dio così lo ha istituito «fin dal principio».

Non serve a niente – tanto meno all’edificazione della fede dei cattolici di oggi – sostenere con argomenti pseudo-teologici, ossia con la propaganda rivoluzionaria, le riforme dottrinali di una immaginaria “Chiesa di Bergoglio”: i fedeli sanno benissimo che la “Chiesa di Bergoglio” non esiste e non può esistere, perché Dio ha voluto solo la Chiesa del Figlio suo, la Chiesa di Cristo, Verbo Incarnato e Capo del Corpo Mistico, sempre presente per essere l’unico Maestro, Sacerdote e Re per ogni generazione, fino alla fine dei tempi (si vedano il classico trattato teologico del cardinale Charles Journet, L’Eglise du Verbe Incarné, Desclée, Paris-Bruges 1962, e il recentissimo saggio del Prefetto della Congregazione della Fede, il cardinale Gerhrard Ludwig Müller, intitolato Der Papst – Sendung und Auftrag, Herder Verlag, Frankfurt 2017).

Non serve a niente parlare di una “Chiesa del popolo”, immaginata secondo gli schemi ideologici della sudamericana “teologia del pueblo”, dove è “la base”, “coscientizzata” dagli intellettuali organici (i teologi), quella che decide quale dottrina e quale prassi rispondono alle necessità politiche di quel momento storico e il Papa non è più l’interprete infallibile della verità rivelata e l’amministratore dei misteri salvifici ma l’interprete della volontà popolare e l’amministratore della rivoluzione permanente. Sono le aberrazioni pseudo-teologiche che si ritrovano già nella Teologia de la revolución del peruviano Gustavo Gutiérrez e che traggono origine dalla «nuova teologia politica» del tedesco Johann Baptist Metz. Il venezuelano padre Sosa, da sempre legato a questa corrente ideologica, ripropone oggi, nell’intento di sostenere servilmente le presunte intenzioni rivoluzionarie di papa Bergoglio, teorie che già quarant’anni fa, sotto papa Wojtyla, sono state condannate dal Magistero come contrarie al dogma ecclesiologico.

Nemmeno serve l’alibi pseudo-teologico di una nova e “aggiornata” interpretazione della Scrittura, capace di contraddire perfino le «ipsissima verba Christi» e capace poi di squalificare come “fondamentalisti” quanti nella Chiesa (non solo i teologi come Carlo Caffarra ma anche i Papi come san Giovanni Paolo II) stanno al significato ovvio e vincolante degli insegnamenti biblici. Questi sofismi possono far presa sull’opinione pubblica cattolica meno fornita di criteri di discernimento: ma sono stati già da tempo decostruiti e smentiti punto per punto dai documenti del Magistero recente e dalla critica teologica (vedi il mio trattato su Vera e falsa teologia, Leonardo da Vinci, Roma 2012).

Noi cattolici sappiamo di dover leggere l’Antico e il Nuovo Testamento alla luce della dottrina della Chiesa, perché è proprio della Chiesa che ci ha dato la Sacra Scrittura, garantendone l’ispirazione divina, ed è essa che ne fornisce l’interpretazione autentica, ogni qual volta un’interpretazione è necessaria per renderne comprensibile il messaggio salvifico agli uomini di un determinato contesto storico-culturale.

Noi cattolici, a differenza di Lutero e di tutti quei protestanti che ne hanno seguito la metodologia teologica (radicalmente eretica), non ci basiamo sull’illogico principio della «sola Scriptura» e del «libero esame», e non vediamo alcun motivo logico di opporre la Bibbia al Magistero e il Magistero alla Bibbia. Noi cattolici abbiamo motivo di credere, al di là di ogni ragionevole dubbio, all’autorità dottrinale della Chiesa che ci ha consegnato la Sacra Scrittura, assicurandoci del fatto che essa è veramente la «parola di Dio», in quanto Dio stesso ne è l’autore principale e gli agiografi, che hanno scritto sotto l’ispirazione dello Spirito Santo, ne sono gli autori secondari o strumentali.

Ciò significa, contro il relativismo professato da padre Sosa, che ciò che si legge nella Sacra Scrittura è assolutamente vero, è la verità dei misteri soprannaturali che Dio ci ha rivelato gradualmente, per mezzo dei profeti, e poi definitivamente nella persona stessa di Dio Figlio. Si deve tener sempre presente che i testi scritturistici, pur contenendo la rivelazione dei misteri soprannaturali, di per sé ineffabili, forniscono ai credenti quel tanto di conoscenza (analogica) del divino che permetta loro di trovare in Cristo «la via, la verità e la vita».

Per questo loro essenziale scopo salvifico i testi scritturistici non sono “aperti” a ogni possibile interpretazione, anche in contraddizione con il loro significato testuale, che di norma è chiaro ed inequivocabile (lo stesso significato chiaro ed inequivocabile che hanno le formule dogmatiche che nei secoli la Chiesa è andata definendo). Non è vero quello che sosteneva alcuni decenni or sono il protestante svizzero Karl Jaspers, ossia che «nella Bibbia, dal punto di vista dottrinale, si può trovare tutto e il contrario di tutto».

Quando avviene che il significato testuale di un passo scritturistico sia suscettibile di diverse interpretazioni, è la Chiesa stessa che provvede a fornirne un’interpretazione “autentica”, ossia conforme all’insieme organico di tutta la dottrina rivelata (analogia fidei). Qualora poi la Chiesa non sia intervenuta a fornirne un’interpretazione “autentica”, i teologi sono liberi di proporre le loro personali ipotesi di interpretazione, tutte legittime purché compatibili con il dogma.

Il generale dei Gesuiti si riferisce irresponsabilmente a pericopi evangeliche, nelle quali è testualmente contenuta la dottrina rivelata sul matrimonio, dicendo che si tratta di parole di uomini (gli agiografi), trasmesse da altri uomini (gli Apostoli e i loro successori) e interpretata da altri uomini ancora (i teologi). Insomma, per lui non è mai la Parola di Dio! In un sol colpo padre Sosa riesce a rinnegare tutti i dogmi fondamentali della Chiesa cattolica, a cominciare da quello della divina ispirazione della Scrittura, da cui derivano le proprietà di “santità” e di “inerranza” degli insegnamenti biblici (richiamati da Pio XII nel 1943 con l’enciclica Divino afflante Spiritu e poi riproposto dal Vaticano II nel 1965 con la costituzione dogmatica Dei Verbum), per finire con quello dell’infallibilità del magistero ecclesiastico quando definisce formalmente le verità che Dio ha rivelato per la salvezza degli uomini (definito nel 1870 dal Vaticano I con la costituzione dogmatica Pastor Aeternus e riproposti anche dal Vaticano II con le costituzioni dogmatiche Lumen gentium e Dei Verbum).

Riducendo la Scrittura a «espressione della coscienza della comunità credente di altri tempi», a padre Sosa sembra logico di dover sostenere la necessità di una nuova interpretazione del messaggio biblico alla luce della «espressione della coscienza della comunità credente» di oggi. Ma questo è logico solo se si professa l’«anarchia ermeneutica», quella che ha portato un teologo luterano come Rudolf Bultmann a proporre la «de-mitologizzazione» del Nuovo Testamento. Invece, per la fede cattolica (che fino a prova contraria dovrebbe essere quella del generale dei Gesuiti), è del tutto illogico suppore che la Scrittura non insegni sempre e soprattutto delle verità divine indispensabili per la salvezza degli uomini di ogni luogo e di ogni tempo. Solo chi accetta in toto l’eresia luterana può supporre che non esista quello che io chiamo il «limite ermeneutico invalicabile», ossia l’individuazione (immediata, accessibile a tutti) di un ben preciso contenuto dottrinale, che nessuna interpretazione può negare o mettere in ombra. Questo è il caso, per l’appunto, della dottrina evangelica sul matrimonio e l’adulterio.

Capisco (anche se la depreco) l’intenzione di padre Sosa di sostenere la (presunta) rivoluzione pastorale di papa Bergoglio relativizzando il dogma, per poter contraddire nella prassi quanto la Chiesa ha stabilito ormai definitivamente con la dottrina sui sacramenti del Matrimonio, della Penitenza e dell’Eucaristia. Ma ragioniamo: eliminando il dogma, su quale base si dovrebbe dar ascolto a un Papa, il quale – secondo l’interpretazione ufficiosa di Sosa e di tanti altri teologi ossequiosi – ha messo il dogma da parte?

Se non è assolutamente (non relativamente) vero – oggi come ieri e come domani – che Cristo ha dato al Papa la suprema potestà nella Chiesa, per quale motivo dovemmo ascoltarlo e obbedirgli? E noi sappiamo proprio dalla Sacra Scrittura (sulla quale si basano i dogmi enunciati dal Magistero, dai primi secoli fino al Vaticano I) che Cristo ha dato al Papa la suprema potestà nella Chiesa; ora, se si applicasse a questa volontà espressa di Cristo il criterio relativista di Sosa, allora ci sarebbero cattolici che venerano e rispettano il Papa e altri che lo ignorano o lo combattono. Gli uni e gli altri per motivi non teologici, ma ideologici, cioè politici. Fedeli a papa Bergoglio sarebbero solo quelli che lo seguono come si segue in politica un leader “carismatico” e non si tratterebbe certamente del carisma divino dell’infallibilità nella dottrina, ma del carisma umano del capopopolo che con le sue parole e i sui gesti ottiene consenso nelle masse.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Idołatria e spirtoałetà natural e ogniversal

Messaggioda Berto » sab feb 25, 2017 9:08 pm

???

Zygmunt Bauman: «Dio non è affatto sparito, sarebbe morte dell’umanità»
Calendar 25 febbraio 2017
di Zygmunt Bauman*
*sociologo e filosofo polacco
da L’Osservatore Romano, 17/02/17

http://www.uccronline.it/2017/02/25/zyg ... ellumanita

«Non c’è più religione… Dio è morto». Lo sentiamo ripetere di continuo, e qualcuno di quelli che si lanciano in affermazioni del genere pretendono di avvalorarle anche con l’autorità dei fatti. Quanti sono oggi, per dire, i neonati che vengono portati in chiesa per essere battezzati, e non è forse vero che il numero delle persone che frequentano la messa domenicale è in calo — perlomeno in Gran Bretagna o nei paesi nordici?…

Questi dati vengono trascelti proprio con l’intento di appoggiare la tesi, e la loro reiterata ripetizione mira a far sì che, come accade con tutti gli altri pregiudizi, alla fine l’affermazione sia considerata ben fondata e creduta vera. Ma, svolgono essi il compito loro assegnato? Forse lo farebbero, se non fosse per l’enorme e crescente volume di altri fatti che suggeriscono — e dimostrano — la diagnosi esattamente contraria: e cioè che la religione esiste e continua ad avere forza e influenza, e che i necrologi per Dio sono, quantomeno, assolutamente prematuri.

Fu a motivo del numero inarrestabilmente crescente di quegli altri fatti, che Peter Berger, uno dei più autorevoli sociologi del Ventesimo secolo, si vide costretto a rovesciare la sua diagnosi di 180 gradi. Nel 1968 aveva pronosticato nel New York Times che, nel Ventunesimo secolo, di «credenti religiosi se ne troveranno probabilmente solo in piccole sette, stretti assieme per resistere a una cultura secolare mondiale». Ma trent’anni dopo, alle soglie del nuovo secolo cui la sua precedente predizione si riferiva, si sentì in dovere di concludere (in The Desecularization of the World, 1999) che «l’assunto secondo cui viviamo in un mondo secolarizzato è falso. Il mondo di oggi, salvo alcune eccezioni, continua a essere accanitamente religioso quanto è sempre stato, e da qualche parte anche più di quanto sia mai stato».

Berger corresse il suo errore. Ci mise del tempo, ma in fin dei conti gli venne facile; da scienziato, aveva sviluppato metodi che gli consentivano di confermare o smentire enunciati, e quindi di distinguere le false credenze da quelle vere e pertanto di spianare la strada alla verità in questione. Questa è appunto la differenza fra le credenze fondate in fatti verificabili e controllati e quelle derivate da emozioni: fra la conoscenza e la fede, il ragionamento e il dogma, la scienza e il pregiudizio.
Il pregiudizio è dogmatico; quelli che li abbracciano rifiutano l’argomentazione e chiudono le orecchie ai giudizi contrari al proprio per paura di dover ammorbidire le loro convinzioni. Quando si trovano davanti a un’idea differente da quella cui sono affezionate, le persone prigioniere di pregiudizi non sottopongono l’argomentazione contraria a una verifica, ma — risparmiandosi il fastidio di ascoltare e ancor più di capire — la liquidano sulla base dell’aprioristica infallibilità di quella che per loro è la verità.

Molta acqua è passata sotto i ponti di tutti i fiumi del mondo, da quando Friedrich Nietzsche, uno dei giganti della filosofia moderna, scrisse nella Gaia scienza (1882) che «Dio è morto! Dio resta morto! E noi lo abbiamo ucciso! Come ci consoleremo noi, gli assassini di tutti gli assassini? Quanto di più sacro e di più possente Il mondo possedeva fino ad oggi, si è dissanguato sotto i nostri coltelli; chi detergerà da noi questo sangue? Con quale acqua potremmo noi lavarci? Quali riti espiatori, quali giochi sacri dovremo noi inventare? Non è troppo grande, per noi, la grandezza di questa azione? Non dobbiamo noi stessi diventare dèi, per apparire almeno degni di essa?». Ma Dio è ancora ben vivo, come senza dubbio lo sono — e anche ben visibili — le religioni, che poggiano sulla sua immortale onnipresenza: contrariamente all’orgogliosa rivendicazione della mente moderna secondo cui noi, uomini, siamo pienamente in grado di afferrare, comprendere, descrivere, affrontare e gestire il mondo e la nostra presenza in esso in perfetta autonomia; e contrariamente alla nostra proclamata intenzione di mettere il mondo sotto l’amministrazione unica di noi, uomini, armati come siamo di ragione e dei suoi due germogli: la scienza e la tecnologia.

In netto contrasto con la loro promessa, quelle armi non sono riuscite a dotare noi, umani mortali, dell’onnipotenza — che è il tratto che definisce il Dio immortale — ed è sempre meno probabile che con tutte le loro scoperte e invenzioni terrificanti lo possano mai fare. L’impressione è che, ove mai Dio «morisse» — e cioè, esiliato dal nostro pensiero, espatriato dalle nostre vite, cessasse di essere punto di riferimento e di appello e fosse sostanzialmente dimenticato — ciò accadrebbe solo insieme con la morte dell’umanità.

(da Il pregiudizio universale. Un catalogo d’autore di pregiudizi e luoghi comuni, Laterza 2016)

Commenti
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Lauro Ribaldi
Nessuno può estirpare DIO,nessuno può condizionare DIO. Il CREATORE, DIO, È COLUI CHE TUTTO GOVERNA. Sono gli uomini influenzati nelle menti dal nemico che credono che DIO sia alla loro portata e comprensione.

Giovanni Raimondo
Giusto!

Alberto Pento
Che assurdità e che incoerenza di pensieri. Ciò che caso mai è entrato in crisi, sta mutando o sparendo è il complesso degli idoli delle religioni, ma lo Spirito Universale, D-o no, poiché è l'essenza che anima il nostro essere; com'è che può essere estirpato?La domanda non ha alcun senso per un credente e nemmeno per un ateo, poiché non si può estirpare cuò che non esiste, e per un aidolo come me ciò che si può estirpare non è D-o, ma le sue interpretazioni scambiate per D-o, altrimenti dette idoli.

Lauro Ribaldi
Pento di cosa parli cosa è lo Spirito Universale

Alberto Pento
Secondo te cos'è? Cos'è il Puro Spirito o lo Spirito Santo per la spiritualità umana in generale (e non per le varie religioni)? E' ciò che è comune alla spritualità/religiosità di tutti gli uomini, prima ancora del nome dei loro idoli, dei loro profeti, dei loro dogmi, delle loro teologie, dei loro contrasti, delle loro contraddizioni e conflitti.

Lauro Ribaldi
Lo ho chiesto a te

Lauro Ribaldi
Parli dello SPIRITO SANTO biblico?

Alberto Pento
Lo Spirito Santo è lo Spirito Universale e non è di nessuno; quello della Bibbia che chiami in causa è soltanto un'interpretazione dello Spirito Santo e Universale, l'interpretazione ebraica e poi in parte cristiana.

Lauro Ribaldi
Da dove lo hai letto o dedotto questo spirito universale

Alberto Pento
Guardati a sinistra, poi a destra, abbassa il capo e guarda in giù, poi alzalo e guarda in sù infine chiudi gli occhi e guardati dentro, vai in fondo al tuo cuore ... poi arrangiati.

Lauro Ribaldi
Ma che differenza c'è, secondo te, tra spirito anima e corpo e quali funzioni hanno

Alberto Pento
Su queste cose arrangiati da solo.

Lauro Ribaldi
Ho capito che non sai niente e vaghi nel buio più profondo della tua mente comunque a me non dispiace parlare con chi ha opinioni diverse anche se ognuno rimane sulle sue posizioni

Alberto Pento
Beh io preferisco la mia infinita ignoranza su D-o, alla tua infinita conoscenza idolatra.

Lauro Ribaldi
Hai proprio la mente infestata di spiriti sei troppo orgoglioso buona notte con i tuoi demoni

Piercarlo Accornero
Bauman è un grande!
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Re: Idołatria e spirtoałetà natural e ogniversal

Messaggioda Berto » gio mar 02, 2017 8:22 pm

L'assurdità di una fede che ha come perno il rabbino ebreo Cristo divinizzato a figlio di Dio, a incarnazione di Dio.


???

Papa: fede ideologica adora un dio che non ha le piaghe dei fratelli
giovedì 2 marzo 2017
http://it.radiovaticana.va/news/2017/03 ... ta/1296000

La bussola del cristiano è seguire Cristo crocifisso, non un dio disincarnato, ma Dio fatto carne, che porta su di sé le piaghe dei nostri fratelli: così il Papa nella Messa del mattino a Casa Santa Marta. Il servizio di Sergio Centofanti:

All’inizio della Quaresima risuona forte l’invito a convertirsi. E la Liturgia del giorno – osserva il Papa – pone questa esortazione davanti a tre realtà: l’uomo, Dio e il cammino. La realtà dell’uomo è quella di scegliere tra il bene e il male: “Dio ci ha fatto liberi, la scelta è nostra” - ha affermato Francesco - ma “non ci lascia soli”, ci indica la via del bene con i Comandamenti. Poi c’è la realtà di Dio: “per i discepoli era difficile capire” la via della croce di Gesù. Perché “Dio ha preso tutta la realtà umana, meno il peccato. Non c’è Dio senza Cristo. Un dio senza Cristo, ‘disincarnato’, è un dio non reale”:

“La realtà di Dio è Dio fatto Cristo, per noi. Per salvarci. E quando ci allontaniamo da questo, da questa realtà e ci allontaniamo dalla Croce di Cristo, dalla verità delle piaghe del Signore, ci allontaniamo pure anche dall’amore, dalla carità di Dio, dalla salvezza e andiamo su una strada ideologica di Dio, lontana: non è Dio che venne a noi e si è fatto vicino per salvarci, ed è morto per noi. Questa è la realtà di Dio”.

Il Papa cita il dialogo tra un agnostico e un credente, riportato da uno scrittore francese del secolo scorso:

“L’agnostico di buona volontà domandava al credente: ‘Ma come posso … per me, il problema è come Cristo è Dio: non posso capire questo. Come Cristo è Dio?’. E il credente rispose: ‘Eh, per me questo non è un problema. Il problema sarebbe stato se Dio non si fosse fatto Cristo’. Questa è la realtà di Dio: Dio fatto Cristo, Dio fatto carne e questo è il fondamento delle opere di misericordia. Le piaghe dei nostri fratelli sono le piaghe di Cristo, sono le piaghe di Dio, perché Dio si è fatto Cristo. La seconda realtà. Non possiamo vivere la Quaresima senza questa realtà. Noi dobbiamo convertirci, non a un Dio astratto, ma al Dio concreto che si è fatto Cristo”.

Infine, c’è la terza realtà, quella del cammino. Gesù dice: “Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua”:

“La realtà del cammino è quella di Cristo: seguire Cristo, fare la volontà del Padre, come Lui, prendere le croci di ogni giorno e rinnegare se stesso per seguire Cristo. Non fare quello che io voglio, ma quello che vuole Gesù; seguire Gesù. E Lui parla che su questa strada noi perdiamo la vita, per guadagnarla dopo; è un continuo perdere la vita, perdere di fare quello che io voglio, perdere le comodità, essere sempre sulla strada di Gesù che era al servizio degli altri, all’adorazione di Dio. Quella è la strada giusta”.

“L’unico cammino sicuro - ha concluso il Papa - è seguire Cristo crocifisso, lo scandalo della Croce”. E queste tre realtà, l’uomo, Dio e il cammino, “sono la bussola del cristiano” che non ci fa sbagliare strada.




San Giovanni in Laterano. Papa ai parroci di Roma: «Gesù è il perno della nostra fede»
(I.Sol.) giovedì 2 marzo 2017

https://www.avvenire.it/papa/pagine/pap ... si-di-roma

A sorpresa papa Francesco prima di tenere la sua meditazione odierna ha scelto di confessare alcuni parroci e sacerdoti, rivoluzionando la “scaletta” dell’incontro di inizio Quaresima con i parroci di Roma, nel giovedì che segue il Mercoledì delle Ceneri, nella Basilica di San Giovanni in Laterano.

Ai sacerdoti della diocesi di Roma, il Papa ha offerto una meditazione (il testo integrale è pubblicato sul sito della Santa Sede) ricca di spunti e suggestioni, di cui ne riportiamo solo alcuni temi.

Papa Francesco ha fatto ricorso a un'immagine sportiva molto tecnica per far capire quanto debba essere salda la fede in Gesù: «Quando parlo di punti fermi o di fare perno, l'immagine che ho presente - ha confidato nella meditazione tenuta per il clero romano nella Basilica di San Giovanni in Laterano - è quella del giocatore di basket o pallacanestro, che inchioda il piede come "perno" a terra e compie movimenti per proteggere la palla, o per trovare uno spazio per passarla, o per prendere la rincorsa e andare a canestro».


Papa Francesco e il basket: «Gesù il perno della nostra fede»

«Per noi quel piede inchiodato al suolo, intorno al quale facciamo perno, è la croce di Cristo», ha spiegato il Papa ai sacerdoti della sua diocesi citando «una frase scritta sul muro della cappella della Casa di Esercizi di San Miguel, a Buenos Aires», che diceva: “Fissa sta la Croce, mentre il mondo gira”, che è il motto di san Bruno e dei Certosini.

Secondo Francesco, «la fede, il progresso e la crescita nella fede, si fonda sempre sulla Croce». Perché, ha ricordato con le parole di San Paolo ai corinzi, «è piaciuto a Dio salvare i credenti con la stoltezza della predicazione» di «Cristo crocifisso: scandalo per i giudei e stoltezza per i pagani».

«Tenendo dunque, come dice la Lettera agli Ebrei, fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento, noi - ha scandito il Papa - ci muoviamo e ci esercitiamo nella memoria - ricordando la moltitudine di testimoni e corriamo con speranza «nella corsa che ci sta davanti», discernendo le tentazioni contro la fede, senza stancarci né perderci d'animo».


La sconfitta e il trionfo: «andare avanti senza darsi per vinti»

In seguito, il Papa si è soffermato sul senso di sconfitta, che trasforma – ha precisato – «in pessimisti scontenti e disincantati dalla faccia scura». Si tratta di «una delle tentazioni più serie che soffocano il fervore e l’audacia» per questo «nessuno può intraprendere una battaglia se in anticipo non confida pienamente nel trionfo. Chi comincia senza fiducia ha perso in anticipo metà della battaglia e sotterra i propri talenti», ha così spiegato papa Francesco al clero di Roma, citando il documento programmatico del suo Pontificato, l’Evangelii gaudium. Secondo Francesco, quindi, “anche se con la dolorosa consapevolezza delle proprie fragilità, bisogna andare avanti senza darsi per vinti, e ricordare quello che disse il Signore a san Paolo: “Ti basta la mia grazia; la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza”».

Concentrando la sua meditazione sulla fede che deve operare per mezzo della carità e che deve essere sostenuta dalla speranza ed essere radicata nella fede della Chiesa, il Papa ha poi sottolineato che “il trionfo cristiano è sempre una Croce, ma una Croce che al tempo stesso è vessillo di vittoria, che si porta con una tenerezza combattiva contro gli assalti del male. Il cattivo spirito della sconfitta è fratello della tentazione di separare prima del tempo il grano dalla zizzania, prodotto di una sfiducia ansiosa ed egocentrica». «Ci sono circostanze – ha aggiunto – nelle quali siamo chiamati a essere persone-anfore per dare da bere agli altri. A volte l’anfora si trasforma in una pesante croce, ma è proprio sulla Croce dove, trafitto, il Signore si è consegnato a noi come fonte di acqua viva. Non lasciamoci rubare la speranza!».


Padre Pepe, il prete villero, esempio per la Chiesa

Padre Pepe, Josè Maria Di Paola, sacerdote villero (di periferia) minacciato di morte (sorte toccata lo scorso 5 ottobre al suo amico padre Juan Viroche) è stato proposto da papa Francesco come un esempio a cui tutti i parroci romani possono ispirarsi «per far vedere che quello che aiuta nella crescita della fede è tenere insieme il proprio peccato, il desiderio del bene degli altri, l’aiuto che riceviamo e quello che dobbiamo dare noi».

In particolare il Papa ha citato un aneddoto che riguardava «un giovane uomo che si stava recuperando nell’Hogar de Cristo di padre Pepe a Buenos Aires, che la mente gli giocava contro e gli diceva che non doveva stare lì, e che lui lottava contro quel sentimento. E diceva che padre Pepe lo aveva aiutato molto. Che un giorno gli aveva detto che non ce la faceva più, che sentiva molto la mancanza della sua famiglia, di sua moglie e dei due figli, e che se ne voleva poteva andare. Ma il prete gli disse: “E prima, quando andavi in giro a drogarti e a vendere droga, ti mancavano i tuoi? Pensavi a loro?”».

«Io – ha confidato quell'uomo a papa Francesco che ha riportato ai parroci di Roma le sue parole – feci segno di no con la testa, in silenzio, e il prete, senza dirmi nient’altro, mi diede una pacca sulla spalla e mi disse: “Vai, basta così. Come per dirmi: renditi conto di quello che ti succede e di quello che dici. ‘Ringrazia il cielo che adesso senti la mancanza”». «Quell’uomo – ha commentato il Papa – diceva che il prete era un grande. Che gli diceva le cose in faccia. E questo lo aiutava a combattere, perché era lui che doveva metterci la sua volontà».


Il Papa: scegliere Dio, Lui dà gioia; non i soldi, che rendono tristi
Francesco a Santa Marta: non si possono seguire due «padroni», il Signore e le ricchezze, ma uno solo. Attenzione però: la vera, piena, contentezza deriva soltanto da Cristo
domenico agasso jr

http://www.lastampa.it/2017/02/28/vatic ... agina.html

Il Signore dona «pienezza» di vita e contentezza, invece le ricchezze, alla fine dei conti, danno solo tristezza. «Non si possono servire due padroni», o si segue Dio o le ricchezze. La vera gioia però deriva solo da Cristo. Lo afferma papa Francesco nella Messa di questa mattina, 28 febbraio 2017, a Casa Santa Marta, come riporta Radio Vaticana.

La pienezza di Cristo è «annientata», culmina nella Croce, dice il Pontefice. Alla vigilia del Mercoledì delle Ceneri, il Vescovo di Roma evidenzia che, in questi giorni prima della Quaresima, la Chiesa «ci fa riflettere sul rapporto fra Dio e le ricchezze». Ricorda l’incontro fra il «giovane ricco, che voleva seguire il Signore, ma alla fine era tanto ricco che ha scelto le ricchezze».

Papa Bergoglio sottolinea qui quanto Dio doni tutto Se Stesso in una misura traboccante. Osserva Francesco come il commento di Gesù impaurisce i discepoli: «Quanto difficile è che un ricco entri nel Regno dei Cieli. È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago»; il Vangelo di Marco mostra san Pietro mentre domanda a Dio che ne sarà di loro che hanno abbandonato tutto. Pare quasi – riflette il Papa – che «Pietro gli passasse il conto al Signore: non sapeva cosa dire: “Sì, questo se ne è andato, ma noi?”. La risposta di Gesù è chiara: “Io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato tutto senza ricevere tutto”. “Ecco, noi abbiamo lasciato tutto”. “Riceverete tutto”, con quella misura traboccante con la quale Dio dà i suoi doni. “Riceverete tutto. Non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madri o padri o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora in questo tempo cento volte tanto in case, fratelli, sorelle, madri, campi, e la vita eterna nel tempo che verrà”».

Tutto, quindi: «Il Signore non sa dare meno di tutto. Quando Lui dona qualcosa dona sé stesso, che è tutto». Però attenzione: «C’è una parola», in questo brano evangelico, «che ci fa riflettere: riceve già ora in questo tempo cento volte in case, fratelli insieme a persecuzioni». Ecco, questo è «entrare» in un «altro modo di pensare, in un altro modo di agire», ossia: «Gesù dà se stesso tutto, perché la pienezza, la pienezza di Dio è una pienezza annientata in Croce».

Questo è il dono del Signore: «La pienezza annientata. E questo è lo stile del cristiano: cercare la pienezza, ricevere la pienezza annientata e seguire per quella strada». Certo, «non è facile, non è facile questo - riconosce il Papa - E qual è il segno, qual è il segnale che io vado avanti in questo dare tutto e ricevere tutto? L’abbiamo sentito nella Prima Lettura: “Glorifica il Signore con occhio contento. In ogni offerta mostra lieto il tuo volto, con gioia, consacra la tua decima. Dà all’Altissimo secondo il dono da Lui ricevuto”».

Quindi, ci vuole «occhio contento, lieto il volto, gioia, occhio contento… Il segno che noi andiamo su questa strada del tutto e niente, della pienezza annientata, è la gioia». Al contrario, il giovane ricco del Vangelo odierno «si fece scuro in volto e se ne andò rattristato». Perché «non è stato capace di ricevere, di accogliere questa pienezza annientata – ammonisce il Pontefice – i Santi, Pietro stesso, l’hanno accolta. E in mezzo alle prove, alle difficoltà avevano lieto il volto, l’occhio contento e la gioia del cuore». Eccolo, «il segno».

Il Papa parla poi di san Alberto Hurtado, cileno: «Lavorava sempre, difficoltà dietro difficoltà, dietro difficoltà… Lavorava per i poveri… È stato davvero un uomo che ha fatto strada in quel Paese… La carità per l’assistenza ai poveri… Ma è stato perseguitato, tante sofferenze. Ma lui quando era proprio lì, annientato in croce, la frase era: “Contento, Señor, Contento”, “Felice, Signore, felice”». Infine, un’invocazione al Santo cileno: «Che lui ci insegni ad andare su questa strada, ci dia la grazia di andare su questa strada un po’ difficile del tutto e niente, della pienezza annientata di Gesù Cristo e dire sempre, soprattutto nelle difficoltà: “Contento, Signore, contento”».
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Idołatria e spirtoałetà natural e ogniversal

Messaggioda Berto » sab mar 04, 2017 8:44 pm

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Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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