L'orenda union de łi idołatri cristiani e musulmani contro łi omani ke no vol credar a łi so idołi; i cristani ke łi se fa conpleçi del teror xlamego, de łi sasini xlameghi
Islam e cristianesimo: risposte diverse alla stessa secolarizzazione
A Milano un evento di Oasis su come la modernità sta intaccando società e fedi millenarie
Lex Robertson
Emanuele D'Onofrio/Aleteia
27 novembre 2014
http://it.aleteia.org/2014/11/27/islam- ... rizzazione
Islam e cristianesimo, due mondi che non sono apparsi mai così lontani come lo sono oggi, raccontati dai media, dai loro stereotipi e dai nostri pregiudizi. Eppure, le maggiori religioni monoteiste del globo attraversano sono attraversate da sfide che si assomigliano, dai processi in atto nel proprio tempo e dai cambiamenti di comunità sempre più intrecciate tra loro. Questi processi sono in buona parte il motore di ciò che chiamiamo secolarizzazione. Questa è una parola che fa pensare a tante cose: alla “laicità” dello Stato, alla riduzione di Dio e della nostra fede ad una dei tanti possibili stili di vita da adottare, quasi fosse una scelta estetica. Ma incontrando costumi sociali e approcci religiosi di fede, nei paesi cristiani e nei paesi musulmani, la secolarizzazione suscita reazioni diverse, che spaziano dalla violenza al revivalismo contaminato da una modernità sfrenata. Da dove viene la secolarizzazione? Come evolve e quali forme assume quando si manifesta all’interno di culture diverse? Che cosa comporta nel mondo contemporaneo, in cui la religione – data per spacciata da alcuni – si sta piuttosto trasformando? Queste ed altre sono le domande a cui proveranno a rispondere gli studiosi di area cristiana e di area islamica chiamati a convegno per l’incontro “Cristiani e musulmani alla prova della secolarizzazione” organizzato da Fondazione Oasis nell’ambito di Oasis eventi e che si è tenuto questo giovedì 27 novembre, presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, a Milano. A questo proposito Aleteia ha intervistato il professor Giovanni Salmeri, docente di Storia del pensiero teologico all’Università degli Studi di Tor Vergata e coordinatore di uno dei gruppi di ricerca del progetto “Conoscere il meticciato” promosso dalla Fondazione Oasis con il contributo della Fondazione Cariplo.
La secolarizzazione sta colpendo i paesi musulmani nelle stesse forme e modalità con le quali sta colpendo la società occidentale cristiana?
Salmeri: Forse la prima cosa importante da notare è che ogni paese, ogni cultura, fa storia a sé. Esistono moltissime differenze tra i paesi di tradizione cristiana (e anche all'interno di essi) e moltissime tra i paesi di tradizione islamica. Spesso si osserva che il cristianesimo possiede al suo interno dei princìpi che muovono in direzione della secolarizzazione, che dunque può essere interpretata positivamente anche dal punto di vista teologico, per esempio come una maggiore responsabilizzazione dell'uomo di fronte al mondo. Questo è grosso modo vero, ma è anche vero che le varie forme di secolarizzazione sono un processo tipico della modernità, dovuto ad una serie di interazioni complesse. È evidente che nei paesi islamici sentiamo il bisogno di una presa di distanza tra politica e religione, ma non è detto che le modalità augurabili siano le stesse dell'Occidente. Ciò che accadrà nei prossimi anni e decenni è ancora tutto da vedere. Non si tratta comunque di processi ineluttabili: molto dipende dalle scelte culturali, sociali e politiche alle quali contribuiremo.
Tra gli effetti che la secolarizzazione causa c'è anche quello dell'estremismo religioso? In altre parole, estremismo secolarizzante produce estremismo religioso?
Salmeri: Qualche giorno fa è stato pubblicato un interessante studio a cura del “Centre de Prévention contre les dérives sectaires liées à'l'Islam” in cui risulta che l'80% dei giovani coinvolti nell'estremismo islamico proviene da famiglie atee: una percentuale molto significativa anche nella laica Francia, dove gli atei sono il 35%. Quindi, certo, legami esistono. Non credo che però possiamo interpretarli come passaggi da un estremismo all'altro: a prima vista si tratta della possibilità dell'estremismo di attecchire sul disorientamento e sulla fragilità causata dalla mancanza di legami spirituali significativi. Questa è certo una grande sfida per le nostre civiltà occidentali.
Le autorità religiose delle due religioni che compito hanno nell'accompagnare le loro comunità in questa fase?
Salmeri: Tutti i processi di «separazione» possono condurre ad una purificazione della fede. Una fede libera dai legami e dai compromessi con il potere è senza dubbio più libera di essere fede. Qui le guide religiose hanno un compito cruciale. Dall'altra parte, una fede più pura non dovrebbe rinunciare ad ispirare positivamente la vita comune, soprattutto perché questa in ultima analisi si basa su esperienze umane elementari che hanno in sé un valore religioso. E soprattutto una fede pura non dovrebbe mai rinunciare a legarsi fecondamente alle culture: quando le religioni pretendono questo tipo di falsa purezza, molto più facilmente degenerano nel fanatismo.
Le due religioni possono ritrovarsi come alleate o come più distanti, nell'affrontare questo comune "nemico"?
Salmeri: Anzitutto non è detto che la secolarizzazione sia sempre un nemico: in certe forme può essere anzi la maggiore amica delle religioni. Pensiamo per esempio a quanto il discorso sulla libertà religiosa, enunciato nel Vaticano II, ha aiutato a mettere a fuoco il valore della coscienza, riscoprendo così un tema cruciale delle origini del cristianesimo. In questo senso sì: cristianesimo e islam possono fare amicizia. L'importante, a mio parere, è che non si tratti di alleanze solo tattiche, in cui casuali e ambigue convergenze vengono usate per combattere nemici comuni. Certi fenomeni possono essere «nemici» per motivi molto diversi. La discussione sulla secolarizzazione va dunque affrontata con serenità e con profondità perché può aiutare ognuno a capire meglio sé stesso e l'altro, e questa è la base di un cammino comune fecondo.
L'identità aperta che serve per camminare sul crinale - Cristiani e musulmani, secolarizzazione e ideologia: la sfida di Oasis
Riccardo Redaelli
22 giugno 2013
http://www.avvenire.it/Commenti/Pagine/ ... inale.aspx
Sul crinale, senza dubbio. Non importa quanto erto o scivoloso possa essere: la volontà è di percorrerlo senza paura e senza cedere alla pericolosa tentazione di vederlo come un precipizio. Fin dal titolo «Sul crinale. Cristiani e musulmani tra secolarismo e ideologia», così evocativo, scelto dalla Fondazione Oasis per il suo decimo convegno internazionale tenutosi recentemente a Milano, si è voluto indicare un percorso di comprensione del rapporto fra religione e contemporaneità. A parlarne, si sono trovati decine di esperti, il comitato scientifico di questa fondazione internazionale – pensata, voluta e presieduta dal cardinale Angelo Scola – che si occupa di dialogo interculturale e interreligioso fra mondo occidentale e mondo islamico.
Un rapporto che sembra divergere al punto da rendere impossibile un approccio unitario: troppo Dio lungo la sponda sud del Mediterraneo, troppo poco in Europa. Le rivoluzioni arabe hanno portato al potere o fatto emergere una pluralità di movimenti dell’islam politico e del salafismo, spesso chiusi in una visione solipsista, ripiegatisi attorno a un’interpretazione dogmatica dell’islam, trasformato in un’ideologia che nega spesso la pluralità dell’interpretazione e delle fedi. Lungo le nostre sponde, al contrario, una secolarizzazione che trova insopportabilmente invadente un Dio che pretende di continuare a varcare le soglie dei propri templi, per camminare nella società e discutere di cose pubbliche. E scandalosa una dimensione della religiosità che non si lasci appiattire sull’orizzonte dell’immediato o del meramente privato.
In realtà, quanto è emerso con chiarezza nei due giorni di discussione è proprio la necessità di uno sguardo unitario, che rifugga le comode etichette di Occidente ateo e Oriente (troppo) religioso: il "meticciato" delle due sponde del Mediterraneo – per utilizzare un termine caro a Scola – l’interdipendenza politica ed economica ci spinge a ripensare il rapporto fra mondo contemporaneo e religione, con uno sguardo olistico che prescinde dai confini regionali. Certo, proprio le difficoltà del «dopo primavera araba» ci raccontano dei guasti della religione quando essa diviene ideologia politica invadente e totalizzante, l’unica fonte percepita di legittimità. Una difficoltà che si traduce facilmente in conflitto verso i non-musulmani, ma anche e soprattutto dentro l’islam, lungo le linee di faglia dell’opposizione sciiti-sunniti o fra dogmatici e liberali.
Ma allo stesso tempo, lo smarrimento e le paure di un Occidente colpito da una crisi economica che ha messo in crisi la fiducia così tardo-ottocentesca nel progresso materiale e nella dimensione economica dell’uomo, devono indurre a una riflessione – che rifugga dalla pura astrazione intellettualistica – in relazione "all’esistenza e all’esistente". Riscoprire il coraggio del porsi una domanda di senso sul vivere, e sull’esistenza di una direzione di cammino. E questo sforzo oggi trascende l’appartenenza a una fede, la dimensione dell’essere occidentale od orientale, gli steccati e le percezioni identitarie. Non solo perché il mondo è sempre più frammischiato, ma poiché – a un livello superiore – il bisogno che si fa strada è quello di una nuova interpretazione culturale del mondo e della sua dimensione religiosa. Una sfida che può essere raccolta solo se si allarga l’orizzonte del «noi», andando al di là di una visione statica della propria identità. Il che non significa annacquare la nostra identità religiosa; ma anzi riscoprirla e proporla di nuovo, consapevoli di una pluralità che impone con forza la questione dei diritti e delle libertà del singolo. Con la certezza che i tanti sentieri per risalire il crinale del rapporto fra religione e contemporaneità non sono sbarrati da burroni invalicabili. Quelli stanno tutti nelle menti e nei pre-giudizi in cui indugia spesso l’uomo.