Łi atei entel mondo musulman - ilhad

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Messaggioda Berto » gio gen 15, 2015 5:38 pm

Łi atei entel mondo musulman
viewtopic.php?f=24&t=1330

Ateismo e mondo islamico: una persecuzione che ai nostri politici non interessa

https://dallapartedialice.wordpress.com ... -interessa

11 novembre 2012

Raramente i grandi media nazionali si occupano della condizione degli atei nei paesi musulmani;
eppure, dichiararsi atei nel mondo islamico può costare il carcere o la vita.
I telegiornali ci raccontano spesso delle difficoltà che incontrano alcune comunità cristiane in paesi a maggioranza islamica e spesso la nostra classe politica si lancia in appelli e pressioni diplomatiche perché la libertà di religione dei soli cristiani sia rispettata, mentre mai si è levata una parola quando la libertà violata riguardava un ateo.

C’è da dire, inoltre, che le comunità cristiane godono di una libertà di gran lunga maggiore rispetto a un cittadino che in quei paesi voglia affermare pubblicamente il proprio ateismo: nel primo caso, infatti, a chi tipicamente nasce in una famiglia di religione diversa dall’Islam è garantita la possibilità di professarla liberamente (???); nel secondo, chi nasce in una famiglia musulmana non è libero di dire “non credo in Dio”, perché incorrerebbe da subito in accuse di apostasia, tradimento e in qualche caso anche blasfemia.

I casi, ormai, sono parecchi (ne abbiamo già parlato più volte, in particolare qui): così che Panorama ne ha raccolti alcuni. Quello che emerge con chiarezza è che sull’Islam non si può proprio scherzare. E quando a punire il reietto non è la legge, ci pensa la riprovazione sociale:

Il problema di dichiararsi atei in Medio Oriente non è soltanto legislativo, ma anche sociale.
Kacem mi racconta che nella blogosfera e nei forum atei si conoscono tutti e spesso si confidano sulla difficoltà di rivelare le proprie idee ai conoscenti, agli amici e alla famiglia. Sebbene esistano “diversi musulmani liberali che rispettano la scelta di essere atei”, ci sono alcuni gruppi che condannano a morte chiunque decida di abbandonare l’Islam. Tuttavia, più che la paura, sono le conseguenze familiari e sociali che impediscono a tanti ragazzi di dichiararsi atei. Avere un figlio che non crede in Dio è motivo di vergogna per molte famiglie e così i ragazzi devono lasciare la casa dei genitori e affrontare diverse difficoltà sociali ed economiche.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Łi atei entel mondo musulman - ilhad

Messaggioda Berto » gio gen 15, 2015 5:42 pm

Atei del mondo arabo unitevi

http://www.uaar.it/news/2010/05/08/atei ... bo-unitevi

In molti paesi arabi l’ateismo è fuorilegge; in alcuni l’apostasia è punita con la morte.
La propria incredulità non può essere pubblicamente sbandierata, ma internet assicura la possibilità di confrontarsi con altri atei arabofoni.
E’ nato così (…..)com (trascrizione fonetica di ilhad, ‘ateismo’), l’Arab Atheists Network, che racccoglie ormai quasi 15.000 utenti.
Ne ha scritto il settimanale tedesco Die Zeit, sottolineando come alle discussioni sul forum partecipino anche donne, e come il sito sia frequentemente oggetto di attacchi informatici da parte di islamisti.
Che evidentemente non hanno molto apprezzato la novità: anche le minacce esplicite non mancano.
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Re: Łi atei entel mondo musulman - ilhad

Messaggioda Berto » gio gen 15, 2015 5:47 pm

Toco scrito entel 2012

Paesi islamici contro la libertà degli atei: l’Unione Europea, l’Onu e il governo da che parte stanno?

http://www.uaar.it/news/2012/09/21/paes ... rte-stanno


Nel mondo musulmano continuano le proteste contro l’Occidente, “reo” di considerare libertà di espressione quello che per la religione islamica è invece blasfemia.
Meritevole della morte, laddove le leggi civili si sono adeguate alla sharia.
Non sappiamo se si sta arrivando allo scontro di civiltà vaticinato anni fa da Samuel Huntington.
Quel che è certo è che le manifestazioni di piazza costituiscono lo strumento con cui i paesi islamici stanno cercando di premere, a livello internazionale, per portare i paesi occidentali dalla loro parte.
La ragion di Stato prevarrà sulla libertà di parola?

I recentissimi casi dei film sul profeta Maometto e delle vignette sulla rivista francese Charlie Hebdo sulle religioni ‘intoccabili’ hanno dato nuovo impulso alla violenza di stampo religioso. Fenomeno già denunciato presso le Nazioni Unitedall’Iheu (International Humanist and Ethical Union, di cui fa parte l’Uaar) e che sta portando ad un inasprimento delle leggi contro la ‘blasfemia’. A farne le spese, soprattutto gli apostati, i non credenti e in generale i laici, con una limitazione preoccupante della libertà di espressione e di pensiero sotto il ricatto della sensibilità religiosa offesa.
A volte a rischio anche della vita, come avvenuto a Glen Doherty, o con le angherie in carcere, come successo al giovane ateo egiziano Alber Saber.

La primavera araba, con la benzina dell’integralismo religioso, rischia di far cadere i paesi a maggioranza islamica nella teocrazia. Si può pensare che certe espressioni satiriche rivolte all’islam dal mondo occidentale siano discutibili, provocatorie, fuori luogo. O anche spingere sul complottismo, che le dipinge come manovrate da poteri forti. Ma ciò non può giustificare la piega che sta prendendo la protesta, davvero preoccupante, perché soffoca qualsiasi forma di discussione critica nei confronti della religione.

Una ricerca del Pew Research Forum, rilanciata dal quotidiano britannico Guardian, ben tre quarti dell’umanità vive sotto governi e società che limitano la libertà religiosa. E dove la violenza confessionale è in aumento. Nei paesi islamici c’è un inasprimento specie verso non credenti e cristiani. In alcuni di quelli occidentali anche i cristiani lamentano di non poter più ostentare la fede. Si tende però ad ignorare che i non credenti subiscono angherie e limitazioni in tutto il mondo.

Il timore è che, nonostante sia stata arginata la pretesa dei paesi musulmani di approvare mozioni presso le Nazioni Unite per condannare qualsiasi ‘offesa’ alla religione, gli integralisti riprendano slancio. Proprio alla luce della situazione caldissima e col beneplacito di altre istituzioni internazionali.

La Lega Araba ha infatti intenzione di ripartire a tambur battente per un accordo internazionale – assieme a Ue, Onu, Unione Africana e Organizzazione della Conferenza Islamica – che penalizzi ‘odio’ religioso e blasfemia.
Come proclama il segretario della Lega, Nabil el Araby, con una nota.
Mentre si moltiplicano proteste e attacchi ad ambasciate occidentali nei paesi islamici.

Proprio le organizzazioni di non credenti che operano a livello internazionale, come l’Iheu e il Center for Inquiry, sono tra le poche voci che si oppongono a questo andazzo. Hanno denunciato i legami con l’estremismo wahabita del regime dell’Arabia Saudita. Ed espresso una posizione ragionevole contro la riesumazione della proposta volta a punire la ‘diffamazione’ della religione, tramite il vicepresidente Iheu, Andrew Copson. Facendo emergere come i recenti casi siano stati strumentalizzati da governi e gruppi più integralisti per inasprire all’interno dei propri paesi le libertà e accanirsi contro i non allineati.

Il ministro degli Esteri Giulio Terzi di Sant’Agata, che già aveva dimostrato la sua vicinanza alla Chiesa cattolica e ai politici cattolici, invece sposa la linea dell’Osservatore Romano.
Che invoca punizioni per chi offende le religioni, riecheggiando la linea tenuta ai tempi della fatwa contro Salman Rushdie.
Il ministro ha affermato: “ricordiamoci che l’Italia ha un codice penale che prevede la possibilità di perseguire chi offende le religioni”.
E che “nessuno deve permettersi di dileggiare o scherzare su questi valori”.

D’altronde in Italia la bestemmia e il vilipendio alla religione sono ancora reati. Retaggio vecchio e molto discutibile: basta chiedersi come una divinità o una organizzazione possano sentirsi ‘offesi’. Ma qui si vuole fare un salto ulteriore, all’insegna dell’integralismo multiconfessionalista. Ovvero estendere il concetto a qualunque forma ritenuta offensiva nei confronti di qualsiasi figura religiosa, all’insegna di una santa alleanza tra le varie fedi.

Cosa che porterebbe di fatto ad annullare ogni critica laica alla religione. Si può pensare quello che si vuole del film su Maometto e delle vignette francesi, ma un provvedimento del genere sarebbe un arretramento gravissimo che silenzierebbe su tutto il pianeta atei e agnostici. Non a caso in Francia il primo ministro Jean-Marc Ayrault ha ribadito la difesa della libertà di espressione, sebbene lui non condivida le vignette uscite su Charlie Hebdo.

Persino il segretario dell’Onu, Ban Ki-moon, riferendosi al film The Innocence of Muslims, ha detto che “quando alcune persone usano questa libertà di espressione per provocare e umiliare i valori e le credenze di altri, non ci può essere alcuna protezione”.

Marco Ventura, sul Corriere della Sera di oggi, ha ricordato che le diplomazie arabo-musulmane ci stanno proponendo di “tornare indietro”, “forgiando una legislazione mondiale contro la ‘diffamazione religiosa’ che imbavagli la libertà e leghi i diritti”. E “ci sta invitano alla grande battaglia contro atei e blasfemi”. Ventura la definisce “una strada sbagliata che tradisce il nostro percorso e i nostri ideali”. Condividiamo la sua riflessione e la facciamo nostra.

D’altronde è tutto da dimostrare che i meno ‘rispettosi’ e i più ‘blasfemi’ siano proprio atei e agnostici. Anzi, gli studi – basti citare quelli di Phil Zuckerman – mostrano quanto siano più rispettosi della diversità, a favore della libertà di scelta, dei diritti umani. E piuttosto bersagli di quasi tutte le religioni, con sistemi legislativi che li penalizzano e la diffusione di pregiudizi duri a morire (e che ne giustificano a volte la soppressione). Non sembra d’altronde che ambasciate e chiese siano state assaltate da fanatici atei. Per i non credenti si va ben oltre le offese. Ci sono il carcere, le intimidazioni, le violenze e anche i proclami istituzionali per reprimerne i diritti.

Non vogliamo essere traditi né dall’Onu, né dall’Unione Europea, né dal governo italiano. Gli atei e gli agnostici non vogliono diventare la merce di scambio – o il capro espiatorio – per una rinnovata intesa in senso confessionalista a livello internazionale, per rabbonire l’islam integralista. E glielo faremo capire in tutti i modi. Perché ne va della stessa sopravvivenza dei non credenti e della salvaguardia della libertà di espressione e della democrazia in generale. E perché non è la soluzione per spegnere fondamentalismo e identitarismo, ma anzi li alimenterà ancora di più.
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Re: Łi atei entel mondo musulman - ilhad

Messaggioda Berto » gio gen 15, 2015 5:51 pm

Descremenasion par łi atei

http://it.wikipedia.org/wiki/Discrimina ... o_gli_atei


Le discriminazioni verso gli atei (a volte chiamate "ateofobia") includono la persecuzione, o la discriminazione, delle persone atee o accusate di essere tali, tanto in passato quanto in era moderna.

Nelle democrazie costituzionali, la discriminazione giuridica contro gli atei non esiste, ma alcuni gruppi di atei, specie negli Stati Uniti, hanno contestato leggi e regolamenti da essi considerati discriminatori. In alcuni paesi islamici, gli atei affrontano discriminazioni legali, tra cui la mancanza di status giuridico, o possono venire condannati a morte in caso di apostasia.

Gli storici, tra cui Lucien Febvre concordano nel dire che l'ateismo, nel suo senso moderno, non esisteva prima della fine del XVII secolo. Tuttavia, poiché l'autorità governativa poggiava sul concetto di diritto divino, essa veniva minacciata da coloro che negavano l'esistenza del dio, o degli dèi, del luogo. Alcuni filosofi, come Platone, hanno sostenuto che l'ateismo (come lo intendiamo oggi: negazione dell'esistenza di Dio) era un pericolo per la società, e avrebbe dovuto essere punito come un reato. Socrate stesso, al processo, venne accusato, tra altre cose, di non credere negli dèi della città, di tentare di introdurne di nuovi, e quindi di contestare la natura sacra della Legge. Il poeta Diagora di Milo, detto l'ateo, nel 415 avanti Cristo fu espulso dalla città di Atene per il suo pensiero. Stessa sorte accolse Teodoro di Cirene.

...

Gli atei, o quelli accusati di convinzioni atee, possono essere vittime di discriminazioni e persecuzione in alcuni paesi islamici.Secondo le interpretazioni popolari dell'Islam, ai musulmani non è consentito cambiare religione o diventare atei: rinnegare l'Islam, e quindi diventare un apostata, è tradizionalmente punito con la morte per gli uomini, e con l'ergastolo per le donne. I paesi che puniscono l’ateismo e l’apostasia sono Arabia Saudita, Nigeria, Malesia, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Somalia, Pakistan, Afghanistan, Yemen, Maldive, Iran, Mauritania e Sudan. In tutti questi paesi, l'Islam è la religione principale, quando non è religione di Stato; il paese che ha eseguito più condanne a morte contro gli atei è il Pakistan.
Nell'aprile 2013 tre blogger atei sono stati arrestati con l'accusa di aver "attaccato l'islam e l'induismo, il profeta Maometto e il dio indù Ram, usando vari pseudonimi". Nei giorni successivi, una imponente manifestazione nelle strade di Dhaka si è svolta, con la partecipazione di circa 200.000 persone, per chiedere l'impiccagione degli arrestati.
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Re: Łi atei entel mondo musulman - ilhad

Messaggioda Berto » gio gen 15, 2015 5:58 pm

La vita di un ateo in Indonesia

http://www.ilpost.it/2014/05/05/ateo-indonesia

Alexander Aan è stato in carcere 19 mesi per aver scritto che Dio non esiste: un paese che fino a pochi anni fa era elogiato per la sua integrazione religiosa si sta islamizzando

5 maggio 2014

Per molti anni l’Indonesia è stata considerata un esempio di integrazione religiosa: nonostante più del 90 per cento dei suoi 240 milioni di abitanti siano musulmani sciiti, le minoranze buddiste, cristiane e indù del paese venivano trattate con rispetto, tanto che anche Barack Obama, nel 2010, aveva elogiato “lo spirito di tolleranza religiosa del paese e della sua costituzione”.

Negli ultimi anni, tuttavia, le cose hanno cominciato a cambiare e sono cresciuti gli episodi di intolleranza dei musulmani nei confronti delle minoranze religiose: per spiegare la mutata situazione del paese, il New York Times ha raccontato la storia di Alexander Aan, che lo scorso gennaio è stato rilasciato sulla parola dopo 19 mesi passati in carcere con l’accusa di ateismo.

Alexander Aan è cresciuto in una famiglia di praticanti musulmani: nonostante da quando aveva nove anni avesse cominciato ad avere dubbi riguardo la religione e l’esistenza di Dio, aveva continuato a pregare con la sua famiglia e partecipare a tutte le feste islamiche. A 26 anni però Aan aveva deciso di smettere di pregare e aveva confessato ai suoi familiari più stretti di non credere nell’esistenza di Dio.
Una confessione come quella di Aan, spiega il New York Times, non è comune in Indonesia, ed era stata accolta con una certa delusione dalla sua famiglia.

La vita di Aan, dopo l’abbandono formale della fede, è continuata per un po’ senza particolari problemi: nonostante uno dei 5 principi dell’ideologia di Stato, la Pancasila, sia la fede in Dio, la costituzione indonesiana garantisce la libertà di religione e di parola. Le cose per Aan sono cambiate quando ha cominciato a pubblicare commenti su una pagina Facebook di atei indonesiani creata da alcuni emigrati residenti in Olanda. I suoi messaggi venivano letti anche in Indonesia e una mattina di gennaio del 2012 una folla di persone si era radunata sotto il palazzo dove Aan lavorava come analista per il governo, per chiedergli di smettere di negare l’esistenza di Dio.

Aan aveva cercato di parlare pacificamente con la folla ma la polizia venne chiamata comunque, per evitare che la situazione degenerasse. Invece di controllare la folla, tuttavia, la polizia aveva trasportato Aan in commissariato per interrogarlo.
Dopo poche ore Aan era stato accusato di aver incitato all’odio religioso e il fermo era diventato un arresto.
Il giorno dopo, all’accusa si erano aggiunte anche quelle di blasfemia e di istigazione all’ateismo.
Due delle tre accuse, quelle di blasfemia e quella di ateismo, furono giudicate infondate da una corte di Padang, ma Aan era comunque stato giudicato colpevole di incitamento all’odio religioso ed era stato condannato a due anni e mezzo di carcere, per aver violato con i suoi commenti su Facebook una legge del 2008 che regola la diffusione di informazioni online.


Parlando con il New York Times, Benedict Rogers, fondatore dell’associazione per i diritti umani Christian Solidarity Worldwide, ha spiegato che una cosa come quella successa ad Aan è stata resa possibile solo dal generale clima di intolleranza religiosa che sta aumentando nel paese, soprattutto a causa della crescente influenza dei gruppi estremisti islamici.
Uno studio pubblicato lo scorso febbraio da Christian Solidarity Worldwide, un’organizzazione cristiana, ha anche mostrato come il sentimento di intolleranza religiosa abbia raggiunto, negli ultimi anni, anche le comunità musulmane tradizionalmente più moderate.

Come mostra lo studio di Christian Solidarity Worldwide, negli ultimi anni in Indonesia si sono verificati diversi atti di violenza religiosa: ci sono stati attacchi di gruppi musulmani a persone delle minoranze religiose e sempre più spesso vengono votate leggi locali per limitare la libertà di culto.

Theophilus Bela, presidente di un centro studi per la libertà religiosa, ha spiegato che «sono stati dati troppi poteri alle autorità locali, in particolare a quelle di regioni dove dominano le organizzazioni musulmane: ci sono state violazioni della libertà religiosa e della libertà individuale». Come scrive il New York Times, infatti, più di metà dei 491 distretti provinciali in cui è divisa l’Indonesia hanno promulgato leggi locali ispirate alla sharia, la legge islamica.

In un articolo sull’aumento degli episodi di intolleranza religiosa avvenuto negli ultimi anni, il Financial Times ha raccontato alcuni degli episodi recenti più rilevanti, che in qualche modo mostrano come sia in corso una sorta di islamizzazione dell’Indonesia. Nel 2005, per esempio, il consiglio degli Ulema, la più importante organizzazione musulmana dell’Indonesia, decretò che la setta dei musulmani Ahmadiyah aveva deviato dall’insegnamento del Corano: il governo guidato da Susilo Bambang Yudhoyono aveva allora deciso di vietare di praticare la religione della setta nel paese. Più recentemente, nel 2011, una folla di 1500 persone aveva aggredito un gruppo di musulmani della minoranza Ahmadi, uccidendo tre persone: gli assalitori avevano tutti ottenuto pene piuttosto leggere e il governo non aveva condannato gli episodi con particolare vigore.

Lo scorso ottobre, poi, una corte aveva stabilito il divieto per tutti i non musulmani di usare la parola “Allah” per riferirsi a Dio, cosa che viene fatta in molte traduzioni della bibbia in indonesiano. In conseguenza di questa decisione, lo scorso marzo una traduzione del fumetto giapponese Ultraman è stata ritirata dal mercato perché uno dei personaggi della storia era chiamato Allah, cosa che avrebbe potuto «confondere i giovani musulmani e danneggiare la loro fede», come ha detto il ministro degli Interni indonesiano.

Foto: Alexander Aan durante il processo a suo carico nel 2012 (AFP)


L’Ixlam endonexian

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Re: Łi atei entel mondo musulman - ilhad

Messaggioda Berto » gio gen 15, 2015 6:11 pm

???

https://www.facebook.com/UAAR.it

Papa Bergoglio oggi sull'aereo che l'ha portato dallo Sri Lanka alle Filippine, è tornato sulla libertà di espressione facendo dichiarazioni scivolose e imbarazzanti. "La religione non può mai uccidere, non si può farlo in nome di Dio", "ma non si può provocare, non si può prendere in giro la religione di un altro".
I giornalisti gli hanno chiesto fino a che punto può andare la libertà di espressione. Lui ha risposto che "è un diritto, ma anche un dovere" e che se un mio amico "dice una parolaccia sulla mia mamma, si aspetti un pugno". Non si deve "offendere" la religione, ma "non si reagisce con violenza".

???

Caro Bergojo, caro Papa Françesco
soviente ke gnaon omo o rełison łi xe paroni de Dio e ke coando n’omo el Dixe kel so Dio lè pì Dio o pì vero de coeło de naltro el dixe na gran bastema:
parké Dio no lè el dio de coalkedon ma el Dio de tuti e soratuto lè el Dio de ki ke a bon dirito el dixe de no credar en Dio parké forse ‘l xe coeło pì arente a Dio e al so spirto ogniversal e çełeste.

L’ateo lè el credente pì puro e onesto, coeło ke veramente nol noma mai el nome de Dio par gnente e coeło ke forse el se conforma mejo ai preçeti ogneversali divini.



???
L’articolo 18 della dichiarazione universale dei diritti dell’uomo recita: «Ogni individuo ha il diritto alla libertà di pensiero, coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell’insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell’osservanza dei riti.»

Ergo, in un paese che ha firmato la dichiarazione universale dei diritti dell’uomo non si può perseguitare un ateo. Questo almeno in teoria.
Ricordo che il Vaticano non ha voluto firmare tale dichiarazione. Ma in quel mezzo chilometro quadrato che sta in mezzo a Roma si continua a sognare i bei tempi dei roghi di chi non la pensava come loro.


Sto dirito parké el posa esarghe el ga come oblego de no violarlo!
Łe to prateghe rełijoxe, łe to łej, i to ati, łe to parołe łe ga da esar tute conformi a sto dover-dirito, col se vioła se perde en otomatego ogni dirito.
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Re: Łi atei entel mondo musulman - ilhad

Messaggioda Berto » gio gen 15, 2015 6:40 pm

UAAR – L’attentato al Charlie Hebdo? Tutta colpa degli atei…

http://blog-micromega.blogautore.espres ... degli-atei

L’assalto al Charlie Hebdo ha trasmesso al mondo un messaggio chiarissimo: due fanatici, inneggiando al proprio dio e al proprio profeta, hanno trucidato la redazione di un giornale dichiaratamente ateo.

Un messaggio, nella sua tragicità, molto forte. Tantissimi essere umani, in qualunque parte del pianeta, hanno percepito il pericolo rappresentato dall’estremismo religioso. Nel suo piccolo, anche l’Uaar sta ricevendo in questi giorni molte iscrizioni, talvolta con l’esplicito invito a impegnarsi ancora di più contro l’oscurantismo.
I fatti di Parigi come il terremoto di Lisbona del 1755, che mandò in frantumi la convinzione di vivere nel “migliore dei mondi possibili” e che aprì la strada alla diffusione dell’Illuminismo. Un evento incomprensibile può fare da potente detonatore della ragione. Troppo potente, forse.

E così sono scesi in campo tanti, veramente tanti pompieri, per negare qualsiasi relazione dei terroristi con la religione. Michel Onfray ci ha brillantemente scherzato sopra, ma non sono purtroppo stati molti quelli che hanno sottolineato l’assurdità di tale negazionismo. Che, in Italia, e soprattutto in televisione, è stata quasi la sola opinione ascoltabile. In confronto, gli antislamici per partito preso sono sembrati autentici titani dell’onestà. Anche se si sono ovviamente guardati bene dal ricordare che, negli ultimi due anni, il Charlie Hebdo aveva preso di mira soprattutto i Manif pour tous, gli omofobi cattolici che sono loro tanto cari.

Certo, non è facile prendere le distanze dal negazionismo, quando certe affermazioni le fa anche il papa: significherebbe dargli del disonesto. Rivolgendosi al corpo diplomatico, Francesco ha infatti affermato che “il fondamentalismo religioso, prima ancora di scartare gli esseri umani perpetrando orrendi massacri, rifiuta Dio stesso, relegandolo a un mero pretesto ideologico”. Secondo il papa, dunque, i fratelli Kouachi hanno ucciso gridando “Dio è grande” per rifiutare Dio.

Poiché non ritengo Bergoglio incapace di connettere logicamente, mi è più semplice pensare che stia solo ricorrendo a fumosissimi arzigogoli teologici per negare l’innegabile. Muovendosi, anche in questo caso, in perfetta continuità con il suo predecessore Ratzinger: l’ateismo come bad company, il ricettacolo dialettico di ogni male, il modo più a buon mercato per lasciare perennemente pura e incommensurabilmente buona la fede. Atteggiamento comprensibile: con buona pace dei papolatri, il pontefice non è il nuovo leader della sinistra o dell’Europa, è solo un uomo che fa (bene) gli interessi della confessione religiosa che dirige.

Poiché le religioni percepiscono l’ateismo come il nemico più forte, la più potente sfida alle loro convinzioni, per batterlo, più che alle argomentazioni, preferiscono ricorrere alla demonizzazione, che può pure essere amplificata molto meglio dai propri sodali politici e mediatici. Contro l’ateismo riescono addirittura a fare fronte comune, le religioni: e tutte lo utilizzano come facile capro espiatorio di ogni male che non riescono a giustificare.

E se questo è l’approccio del papa, figuriamoci il resto del mondo cattolico: accade così di leggere un titolo come Solo l’ateo uccide in nome di Dio sopra l’articolo di un docente di un’università pontificia. Il quale, di fronte a qualche comprensibile protesta, non ha saputo far altro che ribadire che “chi uccide senza altro movente che non sia Dio fa professione di ateismo”. L’atteggiamento è così diffuso che anche vescovi “di base”, come sono ritenuti quelli calabresi, nel volersi contrapporre alla ‘ndrangheta l’hanno definita una “forma di religiosità capovolta, di sacralità atea, di negazione dell’ultimo vero Dio”. Persino un sacerdote che più di base non si può, don Luigi Ciotti, un anno fa è arrivato a sostenere, in un luogo delicato come la scuola superiore di polizia, che “la mafia è strutturalmente una grave forma di ateismo”.

Con buona pace degli amichevoli tè con Scalfari, l’atteggiamento cattolico nei confronti del fenomeno ateistico non sembra cambiato nemmeno nella forma: il vocabolario resta offensivo, e di critiche al vocabolario non se vedono. I giornali sedicenti laici sono invece gonfi di supplementi dedicati al papa e di dibattiti teologici alla Boff vs Messori.

Capita poi che i cattolici di base lancino un appello, Fermiamo gli attacchi a papa Francesco, e che anche gli atei ricevano l’invito a sottoscriverlo. Lo facessi, somiglierei un po’ troppo a quegli elettori di centrodestra che si presentano alle primarie del centrosinistra (e viceversa). Capitemi: non ci tengo particolarmente. Ma soprattutto: a differenza dei leader religiosi che si vogliono rendere inattaccabili criminalizzando la blasfemia, non ho alcun problema a vedere offese le mie convinzioni. Ma perché mai, bontà di Dio, dovrei schierarmi con chi le offende?

Raffaele Carcano, segretario Uaar – Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti
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Re: Łi atei entel mondo musulman - ilhad

Messaggioda Berto » gio gen 15, 2015 7:16 pm

Charlie Hebdo, tra un imam e un sacerdote non c’è più spazio per gli atei

di Alessandro Robecchi | 14 gennaio 2015

http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/01 ... ei/1337652

Gli eventi storici hanno i loro piccoli dettagli. Così vorrei ringraziare il sindaco di Parigi, madame Anne Hidalgo, o chi per lei, per certi cartelli stradali – quelli con gli avvisi di servizio agli automobilisti – scritti nell’ormai irrinunciabile formula del “je suis”. “Je suis”… ebreo, musulmano, cristiano, poliziotto eccetera eccetera e anche, per una volta, “ateo”. Ecco, grazie. Che a ricordare questa minoranza (?) di senzadio per scelta sia la città che ha insegnato il laicismo a tutti mi pare giusto. E un po’ meno giusto mi pare invece la voce degli atei non si senta praticamente mai.

Mentre Parigi e la Francia facevano qualcosa di storico, gridando slogan come “Liberté d’expression”, qui da noi ci beccavamo Salvini in heavy rotation come la canzone regina, per una volta defelpizzato ma stoico come un fachiro a recitare il repertorio. Vespa col mitra in mano, ci ha dato qualche soddisfazione, per il resto, dibattito fiacco e molta polvere sull’Islam, soprattutto da destra (i soliti delicati titoli di Libero e il Giornale) e alcuni interessanti interventi su religione e democrazia, religione e gente che ammazza altra gente, religione e crisi economica, religione e fanatismo. In sostanza un enorme, un po’ informe, dibattito sul laicismo senza che mai (o molto raramente) si sentisse pronunciare questa parola e senza che mai qualcuno si alzi a dire che c’è pure il caso che Dio non esista.

Si sa che i vegetariani non guardano le vetrine delle macellerie, e così sarà difficile per un ateo comprendere fino in fondo i sottili distinguo e i grandi dogmi delle religioni, delle loro correnti, sfumature, sette, apparati, schegge impazzite, predicatori e propagandisti. Certo è – anche per gli atei – che questa faccenda di Dio ha mille sfaccettature. Lungo le freeway americane è tutto un fiorire di cartelli contro il darwinismo, o un indicare numeri di telefono: “Chiama Gesù, lui ha la risposta”, per non dire degli adesivi sui paraurti tipo: “Gesù ha detto che non devi tamponarmi”. Poi ci sarebbero altri dei, più o meno cattivi, o descritti come molto cattivi da chi agisce in loro nome. Poi ci sarebbe il grande dibattito su Bibbia, Corano e testi sacri: cosa c’è scritto veramente, come va interpretato, come va letto storicamente. Un ateo osserva tutto questo un po’ costernato, da fuori, come assistendo a un folle spettacolo in cui la fede in Dio oscilla da “fammi vincere a bigliardino” a imbottire i bambini di tritolo, e probabilmente ciò rafforza il suo scetticismo. Quando gli autori di Charlie Hebdo parlano di “Diritto alla blasfemia”, probabilmente intendono questo, e ora che si discetta apertamente di guerre di civiltà e di religioni la cosa ha un suo fondamento.

A guardarla bene, la manifestazione di Parigi era questo: una rivendicazione di laicità universale.
Cercate di non fare troppi danni con il vostro Dio e soprattutto lasciate in pace noi.
Non diverso da quello che scriveva (in tempi non sospetti, cioè quando non gli ammazzavano i redattori a mitragliate) François Cavanna, che di Charlie Hebdo fu il fondatore.
Una lunga invettiva verso dogmi, fedi, credenze, pratiche, superstizioni e imposizioni che si concludeva con: “Non rompeteci i coglioni. Fate i vostri salamelecchi nella vostra capanna, chiudete bene la porta e soprattutto non corrompete i nostri ragazzi”.
Ecco, un punto di vista fieramente ateo, che nessuno cita nelle profonde elucubrazioni di questi giorni, e che avrebbe, invece, pieno diritto di cittadinanza nel dibattito.
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Re: Łi atei entel mondo musulman - ilhad

Messaggioda Berto » mer mar 25, 2015 9:09 am

Io, araba e atea, minacciata dai salafiti Caro Islam, il tuo nemico è l’oppressione
di Joumana Haddad

http://27esimaora.corriere.it/articolo/ ... ppressione

Ultima notizia dalla mia parte del mondo. Esistono arabi che, apparentemente, sarebbero più pericolosi dei criminali dello Stato Islamico. Più pervertiti. Più temuti. Più «mortali». Indovinate chi sono?

Beh, gli atei!

La storia va cosi: dopo essere stata invitata dalla ministra della Cultura del Bahrein a dare una lettura di poesia il 6 aprile prossimo nella capitale Manama, alcuni gruppi islamisti hanno lanciato una campagna denigratoria contro la mia visita, sotto il titolo «Nel Bahrain non sono benvenuti gli atei». Cosi forte è stato l’impatto della detta campagna — con uno Sceicco (Jalal al-Sharki) che mi ha persino minacciata di morte, nella sua khutba (sermone del venerdì, ndr) se io andassi — che il primo ministro, Khalifa bin Salman Al Khalifa, ha rilasciato un ordine impedendomi l’entrata nel Paese, nonostante le proteste di tanti cittadini bahreiniti illuminati.

Vi chiederete probabilmente: cosa c’entra una lettura di poesia con le scelte personali di un’intellettuale, che per di più — permettetemi di precisarlo — non è interessata a «predicare» l’ateismo, ma che semplicemente esercita, esprimendo le sue vere convinzioni, uno dei suoi diritti umani fondamentali, così come lo fanno i credenti?! Me lo chiedo anch’io.

Mi faccio pure altre domande, tipo: «Ma tutti quei bravi devoti, sono cosi poco fiduciosi nella solidità della loro fede, al punto di temere un confronto con una persona che vede le cose diversamente?». La risposta è, purtroppo, un «sì» irrevocabile. Perché in società dove la regola numero uno di sopravvivenza, per la maggioranza (non generalizziamo), è il mantenimento dell’ignoranza, l’ipocrisia e l’auto-inganno, è normale essere terrorizzati dalle voci diverse, dissenzienti, fuori dal gregge, e provare a silenziarle o pretendere assurdamente che non esistano.

Ovviamente, oltre ad essere pubblicamente atea e laica, sono anche «accusata» di tante altre cose: sono donna («Come osa, quella femminuccia, contraddirci?»); lotto per l’uguaglianza tra uomini e donne («Allerta al diavolo!»); difendo la libertà sessuale nel mondo arabo («Scandalo! Noi le nostre donne le vogliamo vergini e “pure”. Il sesso è solo per il nostro piacere, e i loro corpi ci appartengono»); infine, combatto malattie che sono ormai modi di vita qui, come la discriminazione, l’oppressione, l’omofobia… Insomma, si capisce perché sono una persona non grata per gli estremisti.

Comunque, devo dire che questo incidente mi ha rattristata e consolata allo stesso tempo. Mi ha rattristata, perché ha fornito una nuova prova sullo stato degenerato che prevale ora nel mondo arabo, e sulle vere conseguenze di una primavera abortita: un utero malato, contaminato di oscurantismo religioso, può solo partorire un nato morto. Mi ha, dall’altra parte, consolata, perché ha fornito una nuova prova sul potere della parola e delle idee in un periodo dove ascoltiamo solo il rumore di teste decapitate che cadono a terra. È stato inoltre un’occasione straordinaria per scoprire tante altre voci arabe discordanti, che mi hanno contattata e sostenuta. Un altro mondo è possibile per noi. Basta crederci e lavorarci.

In conclusione, caro Islam, il tuo vero nemico non è l’ateo, ma tutti quelli che stanno uccidendo e commettendo orrori nel tuo nome. Il tuo vero nemico non è l’uguaglianza tra uomini e donne, ma ogni musulmano che sposa una bambina, o gli impone il niqab, o l’infibulazione. Il tuo vero nemico non è la libertà, ma l’oppressione dei diritti umani. Il tuo vero nemico non sta fuori di te: corre nel tuo stesso sangue. Caro Islam, il tuo assassino ha tanti nomi: si chiama Stato Islamico. Al Qaeda. Boko Haram. Talebani… Occorre che ti salvi prima di loro. Poi, se vuoi, parleremo di ateismo.
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Re: Łi atei entel mondo musulman - ilhad

Messaggioda Berto » sab mar 04, 2017 8:48 pm

Un marocchino ex islamico, oggi ateo e di sinistra, contro l'islam, i nazionalisti europei e contro Trump

L’ateismo nei Paesi islamici. Conversazione con l’ateo marocchino Kacem El Ghazzali
di Stefano Bigliardi

https://www.uaar.it/uaar/ateo/archivio/ ... l-ghazzali


Kacem El Ghazzali, classe 1990, è uno scrittore, blogger, e attivista marocchino attualmente residente a Zurigo. Ha ottenuto asilo politico in Svizzera nel 2011. La fuga dal suo Paese si rese necessaria a causa della persecuzione seguita alla scoperta, da parte dei compagni di scuola, che Kacem teneva un blog dedicato all’ateismo, in cui si dichiarava esplicitamente non credente: il giovane studente fu attaccato verbalmente e fisicamente. Le autorità scolastiche non solo non mossero un dito, ma biasimarono le sue idee e il fatto che le avesse rese pubbliche. Kacem ha raccontato la sua storia nel romanzo Volo Casablanca-Ginevra 8J540 (2013 – non ancora tradotto in italiano). L’ho raggiunto in videochiamata il 24 ottobre 2016 per una chiacchierata su ateismo e Islam.

Stefano Bigliardi (SB). Dalla mia introduzione chi legge L’Ateo verrà a sapere anzitutto del tuo ateismo inteso come attivismo, però vorrei cominciare a discuterne, in conversazione con te, da un punto di vista ancor più personale. Il “tuo” ateismo è nato come qualcosa di istintivo oppure grazie a determinate letture? E in tal caso, quali?

Kacem El Ghazzali (KEG). Direi entrambe le cose. Da bambino, tra i 7 e i 10 anni, come ogni bambino, facevo domande. Domande su Dio: chi è, dov’è? Il fatto stesso di non ricevere risposte, o meglio di sentire che stavo ponendo domande vietate, e che i miei interlocutori avevano paura sia di rispondere, sia delle domande in sé, ebbene, tutto questo mi faceva sentire, già da bambino, che la religione non poteva essere difesa in modo logico. In realtà a quell’epoca non mi consideravo un ateo, ma un musulmano: culturalmente musulmano, s’intende, visto che non credevo in Allah ma seguivo almeno le pratiche religiose, anche se magari non sempre con disciplina. Per esempio fingevo di pregare, e lo facevo senza le abluzioni rituali preliminari, che sono essenziali. Oppure durante il mese di Ramadan facevo finta di digiunare, mangiavo di nascosto. Più tardi, verso i 16-17 anni è sorto in me il desiderio di analizzare e ho cominciato a leggere molto. La filosofia mi è stata di grande aiuto, forse più della scienza, anche se la teoria dell’evoluzione è stata un ingrediente importante. Non voglio ribaltare il discorso religioso e dire che ho trovato la mia “salvezza” nella filosofia come i credenti la trovano nella religione, ma sicuramente ho trovato risposte logiche e convincenti. E su queste basi si è costruito il mio ateismo. Da un lato c’era l’“istinto”, dall’altro c’era il dovere di dare io stesso una risposta articolata quanto ai motivi del mio ateismo, la stessa che io pretendevo dalle persone religiose, senza peraltro ottenere risposta.

SB. Com’è essere ateo nel mondo musulmano? Puoi spiegarci se ci sono differenze tra Paese e Paese? Possiamo dire che ci sia un ampio spettro di situazioni possibili?

KEG. Per esserci c’è. Ma a parlarne si finisce a paragonare il male con il male, o il male con il peggio! Per esempio il Marocco è considerato uno dei Paesi arabi e islamici più liberali. Gli atei marocchini, ma anche quelli libanesi, godono di alcune libertà, se paragonati per esempio a quelli sauditi, o iracheni. E ci sono stati dei cambiamenti nel tempo: per esempio la situazione in Siria era migliore prima della Primavera Araba, si trattava pur sempre di una dittatura che torturava e imprigionava i dissidenti, sia chiaro, ma c’era spazio per una certa discussione della religione e ad Aleppo si pubblicavano libri che erano vietati al Cairo o a Riad. Ma lo stesso, essere ateo in un Paese musulmano è come andarsene in giro in un campo di Hamas sventolando una bandiera di Israele. Non è una cosa di cui si possa andare fieri, o che si possa dichiarare tranquillamente. Al contrario, può causare molti guai. In alcuni Paesi, come il Marocco, puoi essere ateo posto che non lo dichiari, e se lo dichiari privatamente è possibile che tu perda degli amici o che la tua famiglia ti si opponga con durezza o ti cacci di casa. In Arabia Saudita non solo la società non ti tollera, ma puoi essere legalmente perseguito come terrorista. In Marocco comunque l’attivismo, l’azione politica, non sono consentiti. Se si cerca di portare l’ateismo nella sfera pubblica, di creare un dibattito per la sua presa in considerazione da un punto di vista legislativo, proteggendo gli atei marocchini come i cristiani e gli ebrei sono protetti dalla Costituzione, si può essere perseguiti come persona che sta “portando guerra all’Islam”. E l’Islam non viene “difeso” solo con le parole o con gli articoli, ma per vie legali, e nei fatti, con la violenza fisica…

SB. Per farci un’idea dell’Islam contemporaneo dobbiamo però anche tenere conto dei tentativi di riformare l’Islam “dall’interno”, no? Voglio dire, ci sono tutte quelle teorie, elaborate da intellettuali musulmani, e molto care a certi liberali europei non musulmani, che armonizzano per esempio Islam e femminismo, Islam e scienza contemporanea, Islam e democrazia, Islam e omosessualità… Sono tentativi altamente intellettuali, e minoritari, ma esistono. Che cosa ne pensi?

KEG. In una certa misura io appoggio questi tentativi, ma sono anche critico al riguardo. Si tratta pur sempre di prendere il Corano come punto di riferimento, e questo crea un problema. Una volta aperta la porta a chi vuole usare il Corano in un determinato modo, la si apre anche a chi lo interpreta trovandoci altre cose. E lo stesso termine “interpretazione” è fuorviante perché si possono benissimo usare dei versi presi dal Corano che sono dotati di un significato molto immediato. Versi che legittimano violenza, odio, morte per gli apostati. Non che io voglia cancellare la religione del tutto: ma andrebbe confinata alla sfera privata. Se vuoi essere musulmano non c’è problema, ma allo stesso tempo devi anche accettare la logica e la ragione, e concentrarti su quello che veramente unisce gli esseri umani, che non è il Corano, ma il fatto stesso di essere degli esseri umani che condividono lo stesso pianeta e hanno diritti universali. Tutti i tentativi di difesa coranica di questo o di quello comunque portano a delle dispute teologiche tra musulmani in cui le idee liberali per lo più finiscono con l’avere la peggio. E poi un conto è ispirarsi a idee proposte da grandi pensatori musulmani del passato, un altro è sforzarsi di trovare idee contemporanee in quello che ha detto o fatto il Profeta millequattrocento anni fa, il che secondo me toglie credibilità a ogni discussione.

SB. Adesso che hai vissuto qualche anno in Europa immagino avrai una certa dimestichezza con certi discorsi “inclusivi”, promossi da una certa, chiamiamola così, con termine imperfetto, “sinistra”. A volte ho l’impressione che l’idea marxiana secondo cui la religione è l’oppio dei popoli non sia più tanto in auge… Mi sembra che sia comune soprattutto un richiamo all’“apertura” rispetto alla religione, e forse persino con un occhio di riguardo nei confronti dell’Islam. Non trovi?

KEG. Sì. Questo atteggiamento mi rattrista e mi infastidisce molto, tanto quanto mi infastidisce il modo che ha la “destra” di relazionarsi all’Islam e all’immigrazione dal mondo musulmano. E ne incolpo comunque i partiti di sinistra! Perché invece di affrontare certi problemi razionalmente, sapendo distinguere tra critica e ostilità anti-islamica, li hanno evitati o sottaciuti. Questo ha fatto sì che del dibattito si impadronissero populisti e demagoghi, i quali hanno potuto presentarsi come eroi della libertà, gli unici che hanno a cuore il destino dell’Europa e dell’Occidente. Lo vediamo anche in questo momento nelle elezioni americane con Trump e Clinton: per me è fonte di grande tristezza dover riconoscere che mi trovo d’accordo, nell’identificazione di un pericolo islamista, con qualcuno di destra. Perché dobbiamo ascoltare certe cose da Donald Trump e non da Hillary Clinton? E sì che lei ne ricaverebbe molto plauso, io sarei il primo a sostenerla! La stessa cosa accade qui in Europa, dove vengo criticato da ambienti di sinistra come “islamofobo” (anche se poi non mi spiegan o perché chi critica il Papa non viene bollato come “cristianofobo”). Eppure io preciso bene i termini e i limiti della mia critica, e il fatto che io stesso provengo da un ambiente musulmano e ho parenti musulmani! Sono l’ultima persona che potrebbe essere contro le libertà e i diritti civili, o contro i musulmani in quanto individui. In Europa la situazione è complessa e la sinistra apparentemente ha smarrito la sua bussola politica. I diritti delle minoranze vanno difesi, ma non è che una minoranza in quanto tale abbia la verità infusa e sia incriticabile. Tra l’altro questo atteggiamento finisce con il danneggiare non solo gli atei nel mondo musulmano, ma anche i musulmani liberali menzionati prima, o chi vuole relazionarsi criticamente al Corano, contestualizzandolo, per esempio con gli strumenti della storia e della linguistica. I fautori di questi tentativi dovrebbero essere accolti dall’Occidente e dalla sinistra come eroi! Allo stesso modo in cui i dissidenti dell’Unione Sovietica si dovevano accogliere come persone che necessitavano di visibilità e di sostegno.

SB. Quindi non temi che la tua critica dell’Islam porti acqua al mulino dell’islamofobia di destra? E se un mattino ti svegli e trovi le tue parole in bocca a un leader razzista, a un estremista che soffia sul fuoco dell’intolleranza?

KEG. Insisto, non sono io a portare acqua al mulino, è la sinistra. La gente sente che la sinistra non rappresenta più non tanto le sue fobie ma le paure logiche e argomentate, basate su fatti e statistiche, per esempio riguardanti i cambiamenti demografici. Attenzione a negare questi dati e a bollare queste paure come paranoiche, perché poi al momento di votare, se non ci sono molte opzioni, una persona con delle paure, anzi, proprio perché ha delle paure, voterà per chi quelle paure le canalizza, anche se si tratta di partiti di destra che storicamente non hanno a che vedere con le lotte per i diritti civili e i valori umanistici ma piuttosto con quelli della chiesa! Mi riferisco ovviamente alla destra cattolica, non alla destra liberale ed economica. Abbiamo dei partiti di ispirazione religiosa che sono in grado di presentarsi come la voce della ragione: ques to mi disturba non poco!

SB. D’accordo. Chiudiamo il cerchio e torniamo all’attivismo. Che cosa pensi che si possa fare? Che azioni si possono promuovere nel tuo Paese? E in Europa? E tu che cosa pensi di fare?

KEG. Buona domanda, e difficile al tempo stesso. In realtà quello che faccio io non è attivismo. È autodifesa. Faccio parte di una minoranza sotto attacco, praticamente priva di sostegno e protezione. In queste condizioni è difficile farsi promotori, ad esempio, di una riforma, che è qualcosa che alcuni si aspettano dalle persone come me. Devo dire comunque che, al di là di quello che posso fare io, vedo molti cambiamenti incoraggianti. Sono in Europa dal 2011. Ho lasciato il Marocco a vent’anni. Ero uno studente di scuola superiore. Vedo per esempio che ora è possibile dichiararsi ateo su Facebook, come pure cristiano o omosessuale, e ci sono migliaia di utenti che lo fanno apertamente. Di ateismo se ne parla alla TV araba. E vengo a sapere per esempio di riunioni di atei in bar o simili. Questo accade in Marocco, ma anche in Tunisia ed Egitto. E persino in Arabia Saudita! Usano dei nickname, ma ci sono anche gli atei sauditi, per esempio su Twitter! Anzi, certi sondaggi indicano una notevole presenza di atei in Arabia Saudita, ben superiore ad altri Paesi musulmani! Con questo ovviamente non voglio nemmeno dire che il fatto di voltare le spalle alla religione faccia di qualcuno una brava persona. Un ateo non è necessariamente nobile ed etico. L’ateismo è una posizione riguardante l’esistenza, la sua origine, e la sua fine. Poi un ateo quanto al comportamento può benissimo essere un pedofilo o un terrorista! Comunque, prima dell’avvento di Internet era come se non ci fossero gli atei nel mondo musulmano, un po’ come quando il presidente Ahmadinejad dichiarò che non ci sono omosessuali in Iran…. Certo, dove c’è una dichiarazione di ateismo su Internet c’è anche molto odio, c’è la rappresentazione dell’ateo come Satana, e così via. Però la comunicazione è comunque una forma di contatto, e la società si abituerà lentamente. Una volta che si sia creata una consuetudine sorgerà un politico coraggioso che porterà il tema nella sfera pubblica. Anche se, nel mio Paese, le cose potrebbero essere più complicate ancora, perché oltre che del trauma culturale occorre tenere presente che il re lì è sia il Capo dello Stato sia il Comandante dei Fedeli e un cambiamento in materia di libertà religiosa sarebbe difficile da promuovere anche per lui in prima persona.


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