La Persia non islamica cova sotto all'Iran nazi maomettano

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Messaggioda Berto » ven feb 21, 2020 4:32 am

Dalla parte del male ci sta solo il male e non il bene
viewtopic.php?f=188&t=2893
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 8930464054
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Messaggioda Berto » dom feb 23, 2020 10:43 am

Elezioni Iran, la grande farsa
Analisi di Loredana Biffo
Testata: Informazione Corretta
Data: 22 febbraio 2020

Con questo articolo Loredana Biffo inizia la collaborazione con Informazione Corretta. Scrittrice e giornalista, esperta di Iran e della condizione femminile nel mondo islamico.

http://www.informazionecorretta.com/mai ... sY5G5O-7g0

È giunta la data della grande farsa del Regime degli Ayatollah, il 21 febbraio si apparecchia il nuovo/vecchio mostro, il Parlamento, o meglio l’Assemblea Islamica. In Iran da 40 governa incontrastato il clero sciita del Giureconsulto, dove la “Guida Religiosa Suprema”, incarnata nella figura di Khamenei, la fa da padrone nell’applicazione del velayat e-faqui, un sistema che garantisce la perfetta identificazione tra politica e religione. Chi scrive si è espressa numerose volte nel corso degli anni in merito al “burlesque” delle elezioni iraniane, chiarendo che in tale sistema non vi è alcuna possibilità per il popolo di eleggere dei rappresentanti di diverso orientamento tra loro, poiché tutti i candidati sono scelti dal Clero, sulla base del livello di “fedeltà” da essi dimostrato nei confronti della Guida Suprema e della rigorosa applicazione della sharia. Proprio in queste ore Khamenei ha dichiarato (preoccupato per il probabile astensionismo) che il popolo è tenuto ad andare a votare in quanto il voto è un “dovere religioso”. Questo invito imperativo è indice della debolezza di un regime sanguinario che è fortemente avversato dalle continue proteste a furor di popolo, soprattutto sul versante femminile, dove un movimento capeggiato da una donna, Maryam Rajavi, Presidente eletta della Resistenza Iraniana (CNRI), la quale invita gli iraniani al boicottaggio e al rovesciamento del famigerato regime, che proprio sulla sottomissione femminile ha fondato la sua ragion d’essere. Le recenti ondate di protesta nate nel novembre scorso contro la dilagante corruzione del Governo, il carovita, gli stipendi non retribuiti da mesi a tutte le categorie di lavoratori, ma soprattutto la violazione dei diritti umani, cavallo di battaglia della teocrazia al potere, hanno dato vita a proteste si sono diffuse rapidamente in 191 città e 31 province, e hanno fortemente indebolito il regime che per tutta risposta ha aumentato ancor più la repressione arrestando 12000 persone che sono letteralmente sparite nelle fauci delle galere del regime, e di cui le famiglie non hanno più notizie. I manifestanti uccisi sono 1500, tra cui anche molti minorenni - si consideri che sono proprio i giovani i maggiori contestatori del regime; i feriti sono stati 4000, molti di loro sono stati portati in ospedale, dove hanno fatto irruzione le guardie rivoluzionarie per arrestarli nonostante le gravi condizioni in cui versavano. E’ facile immaginare quale sia lo stato d’animo di un popolo che si trova a votare per dei candidati fedelissimi del regime criminale al potere. La Costituzione Islamica iraniana con l’articolo 90 prevede che il consiglio dei Guardiani è l’unico responsabile dell’interpretazione della costituzione; in Iran non esiste nessuna corrente “moderata”, questa definizione rappresenta un ossimoro coniato dalle politiche europee, che non è rappresentativa della reale situazione. L’unica differenza tra i candidati, è il livello di fedeltà alla Guida Suprema. Queste elezioni - come del resto quelle precedenti - non modificheranno nulla, il regime sempre più avversato dal popolo, continuerà nella sua feroce repressione. La leader della Resistenza Maryam Rajavi ha dichiarato: “Invito il popolo iraniano a boicottare le elezioni farsa, è un impegno patriottico davanti ai martiri del popolo iraniano, in particolare gli ultimi 1500 martiri degli ultimi mesi dall’insurrezione di novembre. Gli iraniani, in particolare i giovani hanno dimostrato al mondo di avere come obiettivo una repubblica democratica e laica, fondata sulla separazione tra Stato e religione, e sulla libertà di scelta in materia religiosa”. Se le elezioni libere sono la caratteristica dei paesi democratici, noi non accettiamo questa farsa messa in atto dal regime con il teatrino degli Ayatollah”. Nel frattempo i rapporti di migliaia di seggi elettorali, dimostrano che è in atto un forte boicottamento da parte dei cittadini, fino alle 12 ora locale, a quattro ore dall’inizio delle votazioni, erano pochissimi i votanti. Nel momento in cui i leader del regime hanno espresso il loro voto, tra cui Khamenei, Hassan Rohani, il Ministro degli interni Abdolreza Rahmani Fazli, il Presidente del Parlamento Ali Larijani e Javad Zarif, hanno nuovamente fatto appello al popolo finché votasse.



Iran elezioni, dati preliminari: conservatori in testa, delusione riformisti
Secondo le prime proiezioni vince l’ex sindaco di Teheran, Mohammed Baqer Qalibaf e il riformista Majid Ansari è solo al 37esimo posto
dal nostro inviato GIAMPAOLO CADALANU
22 febbraio 2020

https://www.repubblica.it/esteri/2020/0 ... 249271786/

TEHERAN - Era una vittoria annunciata: non ci sono dati ufficiali ma secondo le prime proiezioni i conservatori della lista che fa riferimento all’ex sindaco di Teheran, Mohammed Baqer Qalibaf, sono in testa nello spoglio per il rinnovo del Parlamento. Sui 290 seggi del Majlis, i cosiddetti “principalisti” (quelli cioè che fanno riferimento ai principi della Rivoluzione islamica) si sarebbero già assicurati tutti e trenta i seggi in palio nella capitale. Secondo una prima proiezione dell’agenzia Reuters, sarebbero 178 i seggi già garantiti a livello nazionale ai conservatori, mentre 43 sarebbero andati ai moderati e appena 17 ai riformisti.

Qalibaf, considerato vicino ai Guardiani della Rivoluzione e lui stesso in passato generale delle Forze aeree dei Pasdaran, si avvia dunque a diventare nuovo portavoce del Parlamento. Unica incognita, se deciderà di correre alle presidenziali, previste per l’anno venturo. Quasi sicura sembra invece la candidatura dell’attuale speaker del Majlis, Ali Larijani, che non si è presentato alle elezioni ma è impegnato in una lunga missione diplomatica nelle capitali straniere.

Delusione profonda per i riformisti, quanto meno quelli ammessi a partecipare dopo i veti alle candidature imposti dal Consiglio dei Guardiani. Il risultato meno disastroso nella capitale sarebbe quello di Majid Ansari, che si è piazzato al 37esimo posto, rimanendo dunque escluso dall’Assemblea. L’affluenza alle urne, secondo indiscrezioni circolate fra gli analisti sui social network, si sarebbe fermata poco sopra il 40 per cento. Se il dato fosse confermato sarebbe un’astensione alta, senza precedenti, ma forse non tanto da delegittimare il nuovo Parlamento.

In attesa di conferme ufficiali, cresce l’ansia per il diffondersi del coronavirus nella Repubblica islamica. Nelle farmacie di Teheran le mascherine sono sparite e non si trova nemmeno più gel disinfettante. Voci incontrollate si incrociano, a segnalare che la fiducia nella trasparenza delle istituzioni è limitata. Secondo un medico dell’ospedale Shariati di Teheran, i casi di sospetto contagio sono numerosissimi. Ogni ospedale ha già allestito una zona di isolamento.
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Messaggioda Berto » ven apr 17, 2020 8:09 pm

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Messaggioda Berto » ven apr 17, 2020 8:09 pm

Coronavirus in Iran: esercito iraniano a un passo dalla rivolta
Darya Nasifi
15 aprile 2020

https://www.rightsreporter.org/coronavi ... a-rivolta/

Grazie (o a causa) del Coronavirus il popolo e l’esercito iraniano (non IRGC) si stanno svegliando e ora come non mai stanno seriamente mettendo in discussione il regime degli Ayatollah.

So benissimo che molte volte ci siamo illusi che in Iran potesse avvenire una controrivoluzione, un risveglio delle masse dalla follia islamica che dal 1979 sta letteralmente opprimendo uno dei popoli più laboriosi e ammirabili del mondo, un faro nel buio del mondo islamico. Ma questa volta ci sono tutte le premesse affinché ciò avvenga.

E paradossalmente a fare in modo che forse ciò avvenga è quel virus che sta devastando il mondo, quel COVID-19 che sta mettendo in ginocchio tutto il pianeta.

È infatti la gestione dell’epidemia in Iran da parte del regime che sta portando alla luce un forte ed inedito dissenso popolare verso gli Ayatollah, un dissenso mai visto prima proprio perché a differenza del passato vede coinvolti anche quella larga parte degli iraniani che vivono al di fuori delle grandi città, quello cioè che fino a ieri era stato lo zoccolo duro del regime degli Ayatollah.

L’apice di questo dissenso si è visto lo scorso 29 marzo quando 100 accademici iraniani hanno scritto una lettera aperta indirizzata al grande Ayatollah Ali Khamenei pubblicata su un sito riconducibile a Mir Hossein Mousavi, il leader della Rivoluzione Verde del 2009 che vive ancora agli arresti domiciliari.

La lettera dei 100 accademici iniziava con un inedito attacco diretto alla guida suprema iraniana: signor Khamenei, lei è il colpevole numero 1 nella pandemia di COVID-19 diventata un disastro nazionale. Signor Khamenei, non “guida suprema” o “Ayatollah Khameni” è già audace e inedito.

Poi la lettera prosegue accusando il leader supremo di “offuscamento della verità” arrivando addirittura a prendere in giro apertamente la sua “visione del mondo basata sulla cospirazione” e infine attaccandolo sul fatto di aver ridotto uno dei paesi potenzialmente più ricchi del mondo in una “ironica disgrazia, afflitto dalla povertà e dalla fame nonostante sia inondato di petrolio”.

La lettera dei 100 accademici iraniani è l’apice di uno scontento che le nostre fonti in Iran definiscono “generalizzato” e figlio della grottesca e a volte comica gestione dell’epidemia da parte del regime degli Ayatollah.

Come non ricordare infatti che l’inizio della epidemia di Coronavirus fu contrassegnato prima dalla totale negazione che ci fosse una epidemia in atto, seguita poi dalle più assurde giustificazioni e da comici (ma pericolosissimi) consigli su come combatterla, dal “leccare i santuari sciiti” fino a quello secondo cui per curarsi occorreva “introdurre nell’ano un batuffolo di cotone imbevuto di olio di viola”.

Persino gli scienziati iraniani fecero a gara per rassicurare la popolazione per tenerla buona, come quando Hossein Ali Shahriari, potentissimo e influente membro del comitato medico del parlamento iraniano, disse che “gli scienziati di tutto il mondo stavano arrivando in Iran per apprendere come gli iraniani combattevano il virus”.

Le menzogne del regime sono state seppellite dai cadaveri degli iraniani che nel frattempo morivano a migliaia.

Ed è proprio questo che sta scatenando l’ira del popolo iraniano, anche di quello che fino a qualche mese fa rappresentava lo zoccolo duro del regime degli Ayatollah e che lo sosteneva nonostante tutto.

Il dissenso sta montando velocemente anche tra le fila dell’esercito iraniano, dove per “esercito” si intende tutto il complesso militare non dipendente dalle Guardie della Rivoluzione Islamica (IRGC), duramente falcidiato dal COVID-19 mentre i pasdaran e gli Ayatollah avevano la precedenza sulle cure e arrivavano addirittura a definire il virus “un segno divino” invitando nel contempo a “diffonderlo ovunque”.

Ed è proprio il malcontento dilagante nell’esercito iraniano la chiave su cui ci dovremmo soffermare, non fosse altro che per i numeri che rappresenta e per la crescente ostilità verso l’IRGC che invece rimane caposaldo del regime.

I militari iraniani potrebbero riuscire dove hanno fallito sette presidenti degli Stati Uniti, 19 direttori della CIA e legioni di laici e dissidenti iraniani: l’abbattimento del regime degli Ayatollah.

So che le mie origini iraniane e il mio amore verso il popolo iraniano potrebbero condizionare i miei pensieri ottimistici, ma ho abbastanza lucidità e informazioni dall’Iran per poter affermare che l’esercito iraniano è a un solo passo dalla rivolta.

E se in passato i generali non hanno mai preso posizione durante le rivolte, questa volta potremmo veramente vedere i militari scendere in piazza con i dissidenti. Questa volta nemmeno la potenza di fuoco dell’IRGC potrebbe bastare al regime.

È troppo vasto il malcontento tra le truppe e tra la popolazione. Troppe bugie da parte del regime e troppi favoritismi verso i pasdaran sull’accesso alle cure, hanno portato la gente comune e i militari a un punto d’odio verso gli Ayatollah che potrebbe essere irreversibile.

Dobbiamo solo attendere e, al momento giusto, non fare come in passato quando abbiamo lasciato gli iraniani da soli. Questa volta dobbiamo essere veramente pronti a supportare concretamente la rivolta iraniana. Potrebbe essere l’unica cosa buona portata da questo terribile virus.
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Messaggioda Berto » ven apr 17, 2020 8:10 pm

L'operazione Cassandra e il suo insabbiamento
David Elber
17 Aprile 2020

http://www.linformale.eu/loperazione-ca ... bbiamento/

Da alcuni anni, almeno dal 2012, si stà combattendo una vera a propria guerra poco nota ma estremamente pericolosa per il controllo dell’Area C di Giudea e Samaria. Prima di entrare in merito alla vicenda, è opportuno sottolineare che l’Area C di Giudea e Samaria, in base agli accordi ad interim noti come Oslo II e firmati da Israele e Autorità Nazionale Palestinese nel 1995, è di completo ed esclusivo controllo amministrativo e di sicurezza da parte di Israele.

È altresì da sottolineare che uno dei garanti degli accordi, la UE, ha in questa vicenda un ruolo centrale e che dimostra in modo inequivocabile come la UE non sia affatto super partes e come invece abbia assunto un ruolo attivo nel minare il rispetto degli accordi stessi.

La cosa, in tutta la sua gravità, è stata oggetto di indagini da parte di un giornalista e storico molto qualificato, Edwin Black, che, negli ultimi anni, ha dedicato una serie di articoli molto ben documentati su come la UE stia finanziando la costruzioni di interi villaggi abusivi in spregio agli accordi da lei stessa sottoscritti. Questo politica, assieme alla decisione di “etichettare” a scopo di discriminazione i prodotti israeliani di Giudea, Samaria e Golan, sono l’ennesima palese dimostrazione di come la UE di fatto sia parte attiva del problema per la non risoluzione del conflitto tra Israele e i palestinesi.

Dalla indagini di Edwin Black, emerge una situazione sul terreno davvero imbarazzante: la UE stà spendendo milioni di euro dei contribuenti europei per costruire interi villaggi arabi abusivi, senza sistema fognario e senza i minimi criteri igienico-sanitari, pur di alterare la situazione demografica dell’Area C, e per creare una situazione di fatto che si ripercuoterà nelle future trattative.

Black ha scoperto che la costruzione di insediamenti illegali palestinesi sta crescendo enormemente in tutta la Giudea e Samaria.

“Negli ultimi cinque anni, insediamenti e infrastrutture palestinesi illegali si sono estesi su oltre 9.000 dunam (9 chilometri quadrati) in oltre 250 aree dell’Area C, supportati da oltre 600 chilometri di strade di accesso costruite illegalmente e oltre 112.000 metri di muri di sostegno e terrazzamenti. Questo imponente progetto di lavori viene condotto in pieno giorno, spesso annunciato da alti cartelli pubblicitari e comunicati stampa”.

Questi insediamenti illegali e altri progetti in corso sono tutti finanziati con i soldi elargiti dalla UE, la quale è ben conscia dell’illegalità della cosa e del palese non rispetto degli accordi sottoscritti. Lo scopo dichiarato è la costituzione de facto di uno “Stato palestinese” sul terreno prima che esso venga concordato con Israele come invece prevedono gli Accordi di Oslo.

Per comprendere l’estensione dei progetti illegali finanziati dalla UE, Black fornisce una dettagliata serie di cifre: “La UE ha pompato centinaia di milioni di euro ogni anno in decine di edifici illegali e progetti correlati, chiamati Area C “interventi”. Un solo gruppo del programma di sviluppo dell’area C dell’Unione europea vanta un impegno annuo di 300 milioni di euro e, nel giro di tre anni, è previsto in bilancio per raggiungere circa 1,5 miliardi di euro. Una singola strada di 1.650 metri vicino a Jenin nella zona C è stata finanziata con una dotazione di € 500.000”.

Si può solo aggiungere che la stragrande maggioranza di questi villaggi sono nuovi e non nascono da esigenze di crescita demografica, ma sono intenzionalmente costruiti e popolati allo scopo di alterare la natura demografica del territorio in modo artificiale. In pratica migliaia di famiglie arabe sono incentivate a lasciare i loro villaggi di origine per insediarsi in quelli nuovi e abusivi per meri scopi politici. La maggior parte di questi edifici recano in bella vista il logo della UE.

Nei pochi casi di intervento da parte delle autorità israeliane, le uniche competenti in base agli accordi firmati tra le parti, dopo anni di denuncie e ricorsi alla Corte Suprema nei quali è stata decisa la demolizione di questi edifici, si è subito scatenata una campagna mediatica e politica di ONG israeliane, europee e americane oltre che dei funzionari UE che denunciavano le “arbitrarie e illegali demolizioni” israeliane di “interi villaggi palestinesi”, riempiendo i media occidentali con accuse di crimini di guerra. La UE ha addirittura minacciato lo Stato di Israele di fargli causa per aver demolito le costruzioni illegali arrecando danno ai contribuenti europei.

Il governo israeliano, sotto pressione internazionale, ha di fatto chiuso più di un occhio su questi abusi edilizi contrari agli accordi sottoscritti tra le parti. Un caso esemplare è quello del villaggio beduino di al-Khan al-Akhmar. Costruito per lo più con baracche e lamiere, è diventato un chiaro esempio di doppio standard politico quando le autorità israeliane, dopo il pronunciamento della Corte suprema, hanno deciso di spostare i suoi abitanti trasferendoli in un altro villaggio, costruito da Israele con tutti i crismi igienico sanitari, e dotato di case in muratura con fogne e acqua corrente. Si è immediatamente scatenata una campagna mediatica orchestrata da ONG e funzionari UE che ha riempito tutti i mass media del mondo. Per adesso il progetto di reinsediamento è stato sospeso per volontà del governo a causa delle pressioni internazionali.

C’è anche da sottolineare che il governo israeliano nel luglio del 2019 ha rilasciato oltre 700 permessi per costruire in aggiunta a quelli già concordati con l’ANP l’anno prima. Per tutta risposta il governo palestinese ha affermato che esso non considera più valide le distinzioni tra area A, B e C in Giudea e Samaria e che si sente autorizzatio a costruire dove crede a prescindere dagli accordi sottoscritti.

Questo comportamento da parte palestinese dovrà essere tenuto in considerazione da qualsiasi governo israeliano che dovrà eventualmente sedersi a un tavolo per accordarsi al fine di trovare una soluzione pacifica e concordata.
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La Persia non islamica cova sotto all'Iran nazi maomettano

Messaggioda Berto » mar dic 08, 2020 3:08 pm

Eliminato il nazi maomettano iraniano, lo scienziato a capo del progetto per la costruzione di ordigni nucleari con cui annientare Israele, sterminare gli ebrei ed egemonizare il mondo islamico.



STRISCIONE A TEHERAN: "GRAZIE MOSSAD"
Ad est di Teheran, capitale iraniana, qualcuno ha appeso una bandiera d'Israele con sotto scritto "Grazie Mossad".
8 dicembre 2020

https://www.facebook.com/ProgettoDreyfu ... 9753525361

https://buzznet.co.il/news/local/88080



https://www.facebook.com/lionud/videos/3515317818565339




UN FAKHRIZADEH DI MENO
Niram Ferretti
30 novembre 2020

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

L'uccisione di Mohsen Fakhrizadeh lamentata oltre che dall'Iran da Enrico Mentana, ha assestato un duro colpo al regime. Non si può sottostimare l'importanza di Fakhrizadeh per la pianificazione del nucleare iraniano. Nel paese era considerato l'equivalente di Oppenheimer. Senza le sue competenze e conoscenze l'Iran avrà notevoli difficoltà a confezionare ordigni nucleari.
Come ha sottolineato Amos Yadlin, a capo dell'Istituto per gli studi sulla Sicurezza, "Non ci sono dubbi che fosse la fonte principale e più autorevole del programma atomico".
L'uccisione di Fakhrizadeh fa parte della serie di omicidi mirati, tutti attribuiti a Israele che, tra il 2010 e il 2012 hanno tolto di mezzo almeno altri quattro scienziati iraniani al servizio del regime.
A individui come Enrico Mentana non sta bene che Israele elimini gli scienziati che lavorano allo sviluppo di un programma nucleare che metterebbe nelle mani di un regime visceralmente antisionista e fanatico le bombe per potere attaccare lo Stato ebraico.
Probabilmente negli anni '40 si sarebbe lamentato se gli alleati avessero ucciso Erich Schumann o Kurt Diebner. Infondo perchè uccidere degli scienziati nazisti che lavoravano al programma della ricerca atomica del Terzo Reich?
Ma a parte i Mentana di questo mondo, utili idioti che in nome del "così non si fa, no, no, no!" si consegnerebbero armi e bagagli ai loro sgozzatori, l'uccisione di Fakhrizadeh è stata una azione tattica esemplare, la quale mostra al mondo che Israele, quando l'occasione è propizia, sa intervenire per togliere di mezzo chi vorrebbe toglierlo di mezzo.



Raid e omicidi mirati, la guerra segreta di Israele
15 novembre 2020

https://www.shalom.it/blog/mondo/raid-e ... e-b1021281

La linea politica di Israele è sempre stata quella di non confermare, né smentire i raid militari e gli omicidi mirati condotti dalle forze armate e dal Mossad per fermare i programmi nucleari dei suoi nemici e non solo. E così sarà - probabilmente - anche per l'uccisione lo scorso agosto a Teheran, per mano di due agenti israeliani, del numero due di Al Qaeda, Abu Muhammad al-Masri. L'omicidio e' stato gia' smentito dall'Iran. Di seguito le principali operazioni segrete attribuite a Israele negli ultimi 40 anni.

OPERAZIONE BABILONIA Il 7 giugno 1981, i cacciabombardieri israeliani percorsero 1.600 chilometri per bombardare il reattore nucleare iracheno a Osirak, a ovest di Baghdad. Morirono dieci soldati iracheni e uno scienziato francese. L'attacco suscito' una diffusa condanna internazionale, anche da parte degli Usa e del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite. Nel 2007 la televisione israeliana ha trasmesso per la prima volta le immagini riprese dall'aviazione israeliana durante il raid. L'allora primo ministro, Menachem Begin, ha dichiarato che Osirak era sul punto di diventare operativo, il che avrebbe permesso all'Iraq di Saddam Hussein di produrre bombe atomiche.

LE UCCISIONI DEI FISICI IRANIANI Nel gennaio 2010, Massoud Ali Mohammadi, un professore di fisica delle particelle all'Universita' di Teheran, e' stato ucciso dall'esplosione di una motocicletta fuori dalla sua casa nella capitale. Il professore aveva anche lavorato per i Guardiani della rivoluzione, i pasdaran. I leader politici e i media ufficiali in Iran hanno subito accusato i servizi segreti israeliani e statunitensi, ritenuti anche responsabili del rapimento dello scienziato nucleare Shahram Amiri, scomparso nel maggio 2009. Nel novembre 2010, due scienziati con ruoli chiave nel programma nucleare iraniano sono stati presi di mira a Teheran da due attacchi dinamitardi di cui l'Iran ha incolpato Israele e Stati Uniti. Uno degli scienziati, Majid Shahriari, e' stato ucciso. Un anno dopo, il 12 novembre, un'esplosione in un deposito di munizioni dei pasdaran nella periferia di Teheran ha ucciso almeno 36 persone tra cui il generale Hassan Moghadam, responsabile di programmi di armamento per l'Unita' d'e'lite, in un'operazione che si ritiene sia stata condotta dal Mossad insieme alla Cia.

In Siria, Israele ha cercato di evitare il coinvolgimento diretto nella guerra civile scoppiata nel 2011, ma riconosce di aver compiuto decine di attacchi aerei per fermare l'avanzata del gruppo sciita libanese Hezbollah.

BLITZ DI UN COMMANDO A DUBAI Nel gennaio 2010 un leader di Hamas, Mahmoud al-Mabhouh, viene assassinato in un hotel di Dubai. La sofisticata operazione e' stata attribuita da un commando di 18 agenti del Mossad tra cui due donne, in gran parte con falsi passaporti di Paesi occidentali, che riuscirono a far perdere le loro tracce.

ATTACCO INFORMATICO Sempre nel 2010 un potente virus informatico chiamato Stuxnet ha attaccato gli impianti nucleari iraniani nel tentativo di fermare il programma atomico del Paese. Stuxnet ha influenzato il funzionamento dei siti nucleari iraniani, infettando migliaia di computer e bloccando le centrifughe utilizzate per l'arricchimento dell'uranio. Anche in questo caso, Teheran ha accusato Israele e gli Stati Uniti.

OPERAZIONE FRUTTETO All'alba del 6 settembre 2007 un raid delle forze aeree israeliane distrusse un reattore a grafite raffreddato a gas di Kibar, tra Raqqa e Deir Ezzor, che secondo gli 007 israeliani e la Cia era in grado di produrre il plutonio necessario per una bomba atomica. I caccia - quattro F-15 e quattro F-16 - entrarono nella notte nello spazio aereo siriano all'altezza di Tartus e si diressero in profondita' nel deserto per colpire il sito con 17 tonnellate di bombe. Poi risalirono fino alla Turchia e con un lungo giro ritornarono alla base. L'ordine fu dato dall'allora premier israeliano, Ehud Olmert, dopo che gli Usa non avevano accettato di partecipare all'attacco. L'operazione e' stata ufficialmente confermata dagli israeliani solo undici anni dopo, nel marzo 2018. (AGI)
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Messaggioda Berto » dom dic 13, 2020 8:08 am

Iran: giustiziato l'ex leader dell'opposizione Ruhollah Zam

Agenzia ANSA
12 dicembre 2020

https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/ ... ccb89.html

L'Iran ha impiccato l'ex leader dell'opposizione Ruhollah Zam, che aveva vissuto in esilio in Francia e ha partecipato a manifestazioni contro il regime iraniano. Lo ha annunciato la televisione di stato.

"Il 'controrivoluzionario' Zam è stato impiccato dopo che la sua condanna è stata confermata dalla Corte Suprema a causa della" gravità dei crimini "commessi contro la Repubblica islamica dell'Iran, ha detto la televisione.

Zam, che gestiva il sito di informazione d'opposizione Amadnews, era stato accusato di spionaggio a beneficio ei servizi di intelligence di "Usa, Francia, Israele e un paese della regione" allo scopo di far cadere la Repubblica Islamica. Era inoltre stato condannato per aver agito in modo da minare la sicurezza dell'Iran all'interno del paese e all'estero, disseminando menzogne e danneggiando il sistema economico del paese. Zam era stato attivo durante le proteste in Iran fra il 2017 e al 2018. Viveva in Francia, ma era stato arrestato dalle forze di sicurezza iraniane durante una visita in Iraq ed era tornato nel paese nell'ottobre del 2019.



L’Iran ha giustiziato il giornalista dissidente Ruhollah Zam
12 dicembre 2020

https://www.lastampa.it/esteri/2020/12/ ... 1.39650544

Il giornalista iraniano dissidente Ruollah Zam, fondatore del canale Amad News, è stato giustiziato in un carcere del suo Paese nelle prime ore di sabato. Era stato arrestato nel 2019, al ritorno in Iran dopo un periodo da rifugiato in Francia, dove era stato messo sotto protezione dal governo di Parigi.

Già prima delle fuga all’estero era stato per alcune settimane in prigione per aver contestato l’establishment iraniano al potere dopo le elezioni presidenziali del 2009. A giugno scorso era stato condannato a morte, accusato di aver incitato le proteste di piazza che infiammarono il Paese nel 2017 e nel 2018 attraverso una piattaforma online veicolata su Telegram. In poco tempo il canale Amad News aveva ottenuto grande popolarità. La notizia dell’esecuzione è stata diffusa dalle autorità locali e rilanciata dell’agenzia Reuters.

Ruollah Zam aveva 42 anni ed era figlio di Mohammad Ali—Zam, un riformista che ebbe incarichi politici negli anni Ottanta e Novanta. La Francia e gruppi per i diritti umani avevano condannato la decisione della Corte suprema.


L’Iran ammazza il blogger dissidente
Michael Sfaradi
12 dicembre 2020

https://www.nicolaporro.it/liran-ammazz ... issidente/

Roohollah Zam era molto conosciuto sia nelle comunità di dissidenti iraniani all’estero sia dagli attivisti che dall’interno dell’Iran fanno quello che possono, e spesso pagano caro questa loro attività, al fine di far cadere il regime dittatoriale degli Ayatollah.

Era il fondatore del sito e canale controrivoluzionario Amnnews o Sedaiemardom, praticamente La voce del popolo, canale che ebbe un ruolo di alto profilo durante le proteste antigovernative del 2017-2018, proteste durante le quali, e con l’aiuto degli stessi partecipanti che lo informavano con tutti i mezzi possibili, ha dedicato una copertura speciale.

Era spesso ospite nelle trasmissioni di Voice of America, durante le quali spiegava in maniera semplice ed esaustiva, come un vero giornalista dovrebbe sempre fare, cosa succedeva in Iran al di là degli accordi e del business in nome dei quali numerose democrazie hanno sacrificato troppi pezzi d’anima. Per questa sua attività è stato condannato nel giugno 2020 da un tribunale iraniano che lo ha dichiarato colpevole di ‘corruzione sulla terra’, praticamente di ‘alto tradimento’, per aver gestito un popolare forum antigovernativo che, secondo l’accusa, avrebbe incitato la popolazione a protestare per le strade di Teheran e delle più importanti città iraniane.

Il carcere nel 2009

Roohollah Zam era nato a Teheran nel 1978 e suo padre, Mohammad-Ali Zam, di idee riformiste, aveva ricoperto incarichi governativi fra il 1980 e il 1990. Le scintille che fecero decidere a Roohollah Zam di schierarsi contro il potere, furono le proteste per le elezioni presidenziali iraniane del 2009, durante le quali è stato arrestato e detenuto per diversi mesi nella prigione di Evin. Uno dei luoghi più infami al mondo. Dopo il suo rilascio è riuscito a scappare in Francia dove, per sua stessa ammissione, il governo francese gli aveva assicurato una scorta che era seconda solamente a quella che protegge il Presidente Macron.

Il misterioso arresto

Il 14 ottobre 2019, notizia che sorprese un po’ tutti al punto che nelle prime ore si era pensato a una delle solite fake news diramate dal governo di Teheran, le Guardie Rivoluzionarie Iraniane annunciarono il suo arresto, effettuato sul territorio iraniano, e lo fecero postando la notizia direttamente sul canale Telegram dello stesso giornalista. Canale che all’epoca era seguito da oltre un milione di persone.

Come i guardiani della rivoluzione fossero riusciti ad attirare il giornalista in Iran è una di quelle situazioni che probabilmente rimarrà senza spiegazione. Secondo voci che girano all’interno della dissidenza iraniana all’estero, sembrerebbe, non potendo verificare le fonti il condizionale è obbligatorio, che Roohollah Zam sia stato convinto, per mezzo di notizie false, ad andare in Iraq dove, con la complicità di Ali al-Sistani, religioso iracheno di origine iraniana e attualmente il maggior Ayatollah e guida spirituale e politica dell’Iraq, i Pasdaran sono riusciti a rapirlo e a portarlo a Teheran.

Morte atroce

Anche se la dinamica dell’arresto rimane comunque un mistero, con l’udienza che si è tenuta presso la sezione 15 del Tribunale della Rivoluzione di Teheran, presieduta dal giudice Abolqasem Salavati, Ruhollah Zam è stato condannato a morte e oggi la sentenza è stata eseguita mediante impiccagione. Mi dispiace dover ricordare ai lettori un orrendo particolare che riguarda le esecuzioni che vengono praticate a Teheran e dintorni, e anche se sono sicuro di averlo già spiegato in altri articoli, credo sia necessario ripeterlo e ripeterlo ancora.

Perché si può essere infami anche nell’eseguire una sentenza di morte. Dico questo perché l’impiccagione in Iran non funziona come è sempre funzionata in ogni altra parte del mondo, cioè con la caduta del condannato nella botola e con il cappio che spezza il collo, particolare raccapricciante ma che almeno dà una morte rapida. No, sarebbe troppo comodo. In Iran il condannato deve soffrire fino all’ultimo istante della sua vita, esattamente come era in uso in Europa durante il periodo del buio Medio Evo.

I condannati, con il cappio al collo, vengono sollevati lentamente con le gru, quasi tutte di fabbricazione europea e muoiono per soffocamento dilaniati da dolori indicibili. E questo macabro spettacolo, viene spesso messo in scena in pubblico come ammonimento e deterrente nei confronti della popolazione che deve capire, sia con le buone che con le cattive, in questo caso con le cattive, che disobbedire alla guida suprema che li vuole sudditi, servi e muti, porta a ritrovarsi attaccati per il collo a una gru di fabbricazione francese, tedesca, italiana o di qualsiasi altra nazione che continua a commerciare con un regime che, invece, dovrebbe essere costretto, anche in questo caso con le buone o con le cattive, a lasciare il potere e a finire nel dimenticatoio.
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La Persia non islamica cova sotto all'Iran nazi maomettano

Messaggioda Berto » lun gen 10, 2022 10:18 pm

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Messaggioda Berto » lun gen 10, 2022 10:19 pm

IRAN, INCENDIATA LA STATUA DI SOLEIMANI
Progetto Dreyfus
10 gennaio 2022

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 8174765883


È stata data alle fiamme la statua che era stata eretta nella città iraniana di Shahrekord in onore di Qassem Soleimani, il comandante che era a capo delle Forze Quds, ucciso due anni fa all’aeroporto di Baghdad da un drone americano. Mercoledì mattina la statua era stata svelata al pubblico e la sera stessa veniva bruciata da un gruppo dissidente, il Consiglio Nazionale della Resistenza dell’Iran, che ha rivendicato l’attacco perché Soleimani era “un pluriomicida”. Il gruppo è l’ala politica del movimento denominato il Popolo dei Mujahedin che nel 1988 venne decimato in esecuzioni di massa dall’attuale presidente iraniano, Ebrahim Raisi.
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La Persia non islamica cova sotto all'Iran nazi maomettano

Messaggioda Berto » lun gen 30, 2023 6:17 pm

IL PESO DEL CORAGGIO IN IRAN E LA NOSTRA IMPERDONABILE RASSEGNAZIONE
di Tatiana Bouturline
Il Foglio
25 settembre 2022

https://www.facebook.com/niram.ferretti ... 8665643575

Cinquanta chili o poco più, è questo il peso del coraggio in Iran e si direbbe un peso da niente, se non fosse che nei giorni di rivolta che stanno scuotendo l’Iran è proprio questo il fardello che opprime la nomenklatura khomeinista, il peso piuma di giovani donne che ballano e ridono e muoiono con i capelli al vento. Fanno così paura che chi racconta le loro storie viene arrestato, poiché non c’è bisogno di manifestare per finire nei guai in queste ore a Teheran, è sufficiente ripetere i loro nomi, pubblicare i loro volti.
È accaduto alla giornalista Nilufar Hamedi, che ha descritto l’orrore subito dalla ventiduenne Mahsa Amini, e alla fotografa Yalda Moayeri, che ha documentato lo strazio dei suoi genitori nel corridoio asettico di un ospedale. E sta succedendo lo stesso a chi parla della morte di Hannaneh Kia a Nowshahr, o di Ghazale Chelavi ad Amol. Fanno così paura queste ragazze che le autorità offrono laute ricompense alle famiglie che le piangono in cambio del silenzio. Fanno paura al punto che ieri è stato mobilitato l’esercito: polizia, milizie bassiji e pasdaran evidentemente non bastavano. Nel frattempo è stata organizzata una contromanifestazione pro regime ad Isfahan, per l’ennesima volta i collegamenti internet sono stati interrotti e i social network sono rimasti inaccessibili per gran parte della giornata.
Fa così paura il coraggio delle ragazze iraniane che il mondo si è accorto di loro. Ha imparato il nome di Mahsa Amini, la “mal velata” arrestata il 13 settembre e deceduta a seguito delle percosse il 16, e l’ha trasformata in un hashtag popolarissimo da compulsare, e intanto fioccano le dichiarazioni accorate e la stampa internazionale si indigna e si commuove, anche in maggior misura di quello che è accaduto in occasione di altre ribellioni, perché è difficile immaginare una piazza più fotogenica, una piazza più struggente, intensa e vitale di quella in cui una giovane donna sfida un fucile agitando i capelli nel vento.
Sotto sotto però gli analisti alzano e riabbassano le spalle. E sembra di sentire il suono dei loro pensieri, la rassegnazione di quando si dicono: poverine le schiacceranno come mosche. Perché li abbiamo già sentiti.
“Sono solo studenti”: era il ’99 e quelli che manifestavano erano universitari; “sono solo monarchici” hanno detto nel 2003; “sono solo borghesi”, hanno alzato le spalle nel 2009; “sono solo i nuovi poveri esasperati dal carovita”, nel 2017 e nel 2018 e così nel 2019 e nel 2020.
“Sono solo infermiere, solo operai, solo conducenti d’autobus, solo pensionati, solo ambientalisti, solo contadini”. Possibile? Centinaia di migliaia di morti che suscitano solo rassegnazione. Rassegnazione, cliché e viltà. Quella iraniana è una protesta acefala, vincerà la repressione, perché la rivolta non esprime leader carismatici e perché la sproporzione delle forze in campo è schiacciante, non lo vedete? Vincerà la repressione, quindi meglio non esagerare, conteniamo i mullah, agganciamoli a qualche negoziato, che sia sul nucleare o altro.
Perché nelle cancellerie occidentali tutti gli occhi sono puntanti su Mosca e su Kiev e nessuno si augura l’ennesimo sconquasso, a maggior ragione in quello che è spesso definito come il vicinato più pericoloso del mondo. “Non è il momento”, sussurrano in troppi senza il coraggio di confessare che ai tempi del senso di colpa collettivo e degli estenuanti dibattiti sull’identity-politics temono di spendersi per valori che in troppi hanno paura a definire universali. Non sia mai che li definiscano islamofobi.
Solo in Iran si seguita a credere. Credono in un futuro diverso le ragazze peso-piuma che sfidano la polizia morale e ci credono i loro padri e i fratelli, i mariti e gli amanti. Ci credono e gettano benzina sull’asfalto per far sbandare le motociclette dei miliziani, ci credono e assaltano le volanti che sparano, ci credono e strappano i manifesti di Ebrahim Raisi, picconano le statue di Ali Khamenei ed i murales in onore di Qassem Suleimani. Ci credono perché la Repubblica islamica non impara dai suoi errori, è diventata una cricca di bande che sanno solo distruggere.
Le ragazze lo sanno e combattono lo stesso, a mani nude, con i capelli al vento, combattono gridando “donna, vita, libertà”. Lo fanno perché il cambiamento pare sempre impossibile fino a un attimo prima di diventare inevitabile, perché come ha ricordato ieri la giornalista della Bbc Sima Sabet: “Le prigioni del regime non sono grandi abbastanza da contenere ottanta milioni di iraniani”.


Vi racconto la rivolta delle donne iraniane. E non è che un debutto
Mariano Giustino
18 novembre 2022

https://www.ildubbio.news/2022/11/18/vi ... n-e-che-u/

La Rivoluzione è entrata in una fase di non ritorno perché l’insurrezione che in una prima fase vedeva coinvolgere solo donne e giovani delle aree curde ora coinvolge larghi strati della popolazione, anche quelli finora i più conservatori e sostenitori del regime iraniano.

Nella notte di giovedì in una piccola città nel deserto dell’Iran, dove era nato e cresciuto Khomeini, fondatore della Repubblica islamica, i manifestanti hanno dato fuoco alla sua casa-museo, luogo santo e storico altamente simbolico del regime. È stato dunque distrutto il sito che celebra il padre dello stato teocratico iraniano. È stato questo un gesto altamente simbolico che mostra che questa rivoluzione mira a un cambiamento radicale. I manifestanti hanno voluto in questo modo lanciare un messaggio preciso attaccando tutti i simboli del regime esaltati dalla propaganda messa in atto in questi 43 anni di oppressione. Anche nella città santa sciita di Qom, cuore del conservatorismo della Repubblica islamica dell’Iran, e sacra ai mullah i manifestanti hanno incendiato per te dell’edificio del Seminario della scuola religiosa più prestigiosa del paese. Il 16 novembre segna una data storica di questa rivoluzionaria pacifica e nonviolenta: la caduta di tutti i simboli del regime.

Intanto donne e uomini cantano e ballano insieme nelle strade, nelle piazze e nelle metropolitane di Tehran, anche se è vietato e se si rischia la fustigazione e il carcere; anche se i pasdaran e le forze basij sparano contro di loro. “La liberazione dell’Iran è vicina”, cantano come in un sogno che all’alba non muore, saltellano sventolando un pezzo di stoffa e intonando canti di liberazione mentre per le strade di Shiraz scoppia l’amore e c’è chi si bacia all’aperto! Da nord a sud, da est a ovest, uomini e donne si tengono per mano e fanno il girotondo. È questa la rivoluzione scatenata dalle donne dopo la morte della ventiduenne curda-iraniana Mahsa Amina, uccisa dalla cosiddetta “polizia morale” in una caserma, pacifica e nonviolenta in un paese in cui per uomini e donne era vietato cantare e ballare in pubblico.I giovani iraniani sono consapevoli che “la vita può essere vissuta in modo diverso” e non vedono altra speranza se non quella del salvifico abbattimento di questo regime orrifico.

La nuova generazione è molto determinata a liberarsi della teocrazia, come se il proprio paese fosse stato occupato da mostri, da essere alieni venuti dallo spazio che li ha ghermiti e ridotti alla segregazione. La video blogger di 16 anni, Sarina İsmailzade, uccisa il 23 settembre a manganellate in testa dalle forze basij durante una protesta a Gohardasht, nella provincia di Alborz, aveva riassunto questo atteggiamento in un suo video-clip sul suo canale YouTube, poche ore prima della sua morte: “Non siamo come la generazione di 20 anni fa che non sapeva cosa fosse la vita al di fuori dell’Iran. Ci chiediamo perché non possiamo divertirci come le adolescenti di New York o Los Angeles”. Sarina in un altro suo video cantava la canzone del musicista irlandese Hozier, “Take Me to Church”, che per le donne, in questa Rivoluzione, è diventato un inno alla libertà e all’amore per i quali si può morire.

Questi giovani combattono per le strade del loro paese, pacificamente, a mani nude, contro un regime armato fino ai denti, pronte a rischiare tutto. I loro slogan più frequenti sono: “Via i mullah!”, “Mullah andate al diavolo!”, “Vogliamo essere lasciati in pace”, “Via la Repubblica islamica dall’Iran”. I manifestanti, non stanno chiedendo all’Occidente un sostegno per abbattere il regime, perché non ne hanno bisogno: ad abbattere la Repubblica islamica stanno pensando loro mettendo in gioco la propria vita, ma chiedono alla comunità internazionale, semplicemente, di non sostenere più un regime criminale che li opprime.Le coraggiose ragazze dell’hijab sono ora diventate l’incubo di Ali Khamenei. A Tehran, nel sessantesimo giorno dall’assassinio di Mahsa Amini, un folto gruppo di manifestanti si è incamminato lungo Via della Repubblica islamica, diretto verso la casa della guida suprema al grido di “Morte al dittatore”.In quest’ultima settimana le manifestazioni sono entrate in una fase decisiva anche perché ai giovani si sono uniti i commercianti dei bazar notoriamente conservatori e sostenitori del regime islamico che furono decisivi nella rivoluzione khomeinista.

Si registrano scioperi anche nel settore petrolchimico che se proseguiranno paralizzeranno la macchina economica del sistema. Manifestazioni e marce si registrano in ogni regione del paese. L’età della maggior parte dei manifestanti è al disotto dei trent’anni e tra questi, un gran numero di adolescenti. La fascia di età tra i trenta e i quarant’anni non si è ancora completamente mobilitata, ma se ciò dovesse accadere in una megalopoli come Tehran, ad esempio, avremmo in piazza milioni di persone e il regime sarebbe destinato al definitivo crollo.Da Shiraz a Naziabad, da Tehran, a Isfahan a Mashhad e Kerman, dal Kurdistan iraniano con Sanandaj e Mahabad, dalla regione dell’Azerbaigian occidentale al Sīstān-Balūcistān, negozianti si sono rifiutati di aprire i loro esercizi commerciali e sono scesi in strada. È lo sciopero nazionale più vasto nell’era della Repubblica islamica. Ora è come se le l’Iran fosse fuori dal controllo del regime e le donne e gli uomini fossero padroni delle strade e delle piazze dove far sentire il grido di libertà.

Il sessantesimo giorno di rivoluzione è diventato un mercoledì di sangue per Īzeh, nella provincia del Khūzestān, a sudovest dell’Iran. La città si è coperta di sangue: oltre 850 feriti e numerosi morti. Medici e infermieri sono mobilitati a tempo pieno per soccorrere e curare i feriti. A Īzeh il regime islamico sembra aver portato l’inferno sulla terra. Burhan Kerami è una delle decine di vittime di mercoledì nella città di Kamiyaran, freddato per strada durante l’insurrezione popolare, colpito al volto dal fuoco diretto delle milizie di Khamenei. Kian Pirfalak, era un bambino di 10 anni, colpito nell’inferno di Īzeh, davanti agli occhi di suo padre, dal fuoco delle fucilate del Corpo delle guardie rivoluzionarie. Le autorità iraniane sono disperate e giocano la carta del terrorismo, sparano contro i manifestanti nelle strade e anche nelle metropolitane e sugli autobus. La tenacia dei giovani disarmati sorprende il Corpo delle guardie rivoluzione e le forze paramilitari basij che erano abituate a disperdere la folla a colpi d’arma da fuoco, ma questa volta si trovano davanti giovani a mani nude che li sfidano e non hanno paura e questo genera in loro stupore e sconcerto. Si trovano davanti a qualcosa di assolutamente nuovo e questo sta creando una crepa all’interno delle forze del regime. S

ono diversi i casi che ci vengono segnalati di insubordinazioni, di fughe di membri del Corpo delle guardie rivoluzionarie e delle basij, tanto che il regime è costretto a reclutare forze straniere come le brigate Fatemiyoun afgane e le brigate irachene filoiraniane. Ma anche queste stanno incontrando molte difficoltà perché non conoscono l’Iran, non conoscono il territorio iraniano. Il regime si troverebbe a suo agio se avesse dinanzi una rivolta violenta, anziché giovani disarmati.Per questo la strategia delle autorità iraniane è quella di usare la forza più feroce per trascinare nelle proteste gruppi di opposizione e partiti curdi con le loro ale armate e scatenare la reazione violenta nella popolazione, compresa quella della vasta minoranza curda, nel tentativo di far perdere il vasto consenso e le simpatie che vi sono nel paese verso i giovani manifestanti e dividere l’opinione pubblica movendo anche la leva del nazionalismo agitando lo spettro del separatismo, del ritorno della monarchia, della minaccia dei mujaidin, come nelle manifestazioni degli anni precedenti. Ma ciò non sta riuscendo perché anche i partiti curdi si astengono da ogni violenza.

La Repubblica islamica riusciva a spaventare in questo modo la popolazione e a mandare tutti a casa, ma questa volta i giovani non ascoltano più quei messaggi, non hanno più alcuna paura, sono tutti votati al cambiamento per costruire una Repubblica laica, democratica fondata sullo stato di diritto e sul rispetto dei diritti umani fondamentali.

Il regime sta già cercando di far mediare ai riformisti come l’ex presidente Mohammad Khatami, al quale, per la prima volta dopo 10 anni, hanno concesso di rilasciare un’intervista. Gli hanno dato visibilità nel tentativo di calmare un po’ le acque tempestose della rivolta. Il regime pensa di lasciare piccoli spazi di libertà per sedare le rivolte e si nota già un allentamento dei controlli sul velo, ma i manifestanti vogliono aprire una pagina nuova.



MIRACOLO A ABDANAN: IL REGIME DEGLI AYATOLLAH RILASCIA SONIA SHARIFI DOPO LE PRESSIONI DELLA POPOLAZIONE. IL REGIME INIZIA AD AVERE PAURA?
16 dicembre 2022

https://www.facebook.com/davide.romano. ... VdLQ667pRl

È successo veramente l'incredibile, in Iran. Il regime degli ayatollah aveva incarcerato Sonia Sharifi, la 17enne nella foto qui sotto. L'accusa era la più terribile: moharebeh (guerra contro Dio). Rischiava la pena di morte. Arrestata dalla milizia dei Pasdaran della rivoluzione per la sua partecipazione alle manifestazioni, oggi è avvenuto il miracolo. La popolazione di Abdanan aveva lanciato un ultimatum: o la rilasciate, o ci rivolteremo tutti contro di voi. Stamattina è stata rilasciata.
Nella foto sotto: Sonia Sharifi si mostra libera ai manifestanti, che la accolgono con urla di gioia e al suono dei clacson.
Il regime degli ayatollah può crollare. Ma dobbiamo parlarne, fare pressioni ai politici perché inizino a imporre sanzioni vere contro il regime criminale di Teheran.
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