Bergoglio il papa vigliacco che non difende i cristiani

Tutte le demenzialità di un uomo che non merita rispetto

Messaggioda Berto » mer ago 25, 2021 5:32 pm

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Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Tutte le demenzialità di un uomo che non merita rispetto

Messaggioda Berto » mer ago 25, 2021 5:33 pm

37)
Bergoglio e l'ipocrisia degli altri, ma la sua è ancora peggio.



Papa Francesco: «Basta ipocrisia nella Chiesa, mina l'unità»
Mercoledì 25 Agosto 2021

https://www.ilmessaggero.it/vaticano/pa ... 56827.html

Papa Francesco punta il dito contro l'«ipocrisia»: non solo nella società e nella politica, ma in particolare «nella Chiesa». Un aspetto che giudica «detestabile», e capace di «mettere a repentaglio l'unità». «Ci sono molte situazioni in cui si può verificare l'ipocrisia», osserva il Pontefice nell'udienza generale, dedicata oggi al tema «I pericoli della Legge», nel ciclo di catechesi sulla Lettera di San Paolo ai Galati.

«Spesso si nasconde nel luogo di lavoro - afferma -, dove si cerca di apparire amici con i colleghi mentre la competizione porta a colpirli alle spalle. Nella politica non è inusuale trovare ipocriti che vivono uno sdoppiamento tra il pubblico e il privato». «E' particolarmente detestabile l'ipocrisia nella Chiesa - aggiunge -, e purtroppo esiste l'ipocrisia nella Chiesa, e ci sono tanti cristiani e tanti ministri ipocriti». «Non dovremmo mai dimenticare le parole del Signore: 'Sia il vostro parlare sì sì, no no, il di più viene dal malignò - avverte Francesco -. Fratelli e sorelle, pensiamo oggi a ciò che Paolo condanna e che Gesù condanna: l'ipocrisia. E non abbiamo paura di essere veritieri, di dire la verità, di sentire la verità, di conformarci alla verità. Così potremo amare. Un ipocrita non sa amare. Agire altrimenti dalla verità significa mettere a repentaglio l'unità nella Chiesa, quella per la quale il Signore stesso ha pregato».

Il messaggio del Pontefice

Riflettendo sul «rapporto tra la Legge e la libertà», il Papa spiega che «l'osservanza della Legge da parte dei cristiani portava a questo comportamento ipocrita, che l'apostolo intende combattere con forza e convinzione». E «anche i Vangeli riportano diverse situazioni in cui Gesù rimprovera fortemente coloro che appaiono giusti all'esterno, ma dentro sono pieni di falsità e d'iniquità». «Cosa è l'ipocrisia? - chiede quindi - Si può dire che è 'paura per la verità'. L'ipocrita ha paura per la verità. Si preferisce fingere piuttosto che essere sé stessi. È come truccarsi l'anima, come truccarsi negli atteggiamenti, come truccarsi nel modo di procedere: non è la verità». E la finzione «impedisce il coraggio di dire apertamente la verità e così ci si sottrae facilmente all'obbligo di dirla sempre, dovunque e nonostante tutto». La finzione «ti porta a questo: alle mezze verità». E «in un ambiente dove le relazioni interpersonali sono vissute all'insegna del formalismo, si diffonde facilmente il virus dell'ipocrisia. Quel sorriso che non viene dal cuore, quel cercare di stare bene con tutti, ma con nessuno…».


L'affondo contro l'ipocrisia

L'ipocrita, ribadisce Bergoglio, «è una persona che finge, lusinga e trae in inganno perché vive con una maschera sul volto, e non ha il coraggio di confrontarsi con la verità». Per questo, «non è capace di amare veramente - un ipocrita non sa amare - si limita a vivere di egoismo e non ha la forza di mostrare con trasparenza il suo cuore». Al termine, Francesco invia il suo saluto agli atleti delle Paralimpiadi iniziate ieri a Tokyo e li ringrazia «perché offrono a tutti una testimonianza di speranza e di coraggio. Essi, infatti - sottolinea -, manifestano come l'impegno sportivo aiuti a superare difficoltà apparentemente insormontabili». E salutando i fedeli provenienti da Montegallo (Ascoli Piceno), «che il 24 agosto di cinque anni fa sono stati colpiti dal terremoto», rivolge il suo pensiero «alle vittime e alle comunità dell'Italia centrale, tra cui Accumoli e Amatrice, che hanno subito le dure conseguenze di quell'evento sismico». «Con il concreto aiuto delle Istituzioni, è necessario dare prova di 'rinascità senza lasciarsi abbattere dalla sfiducia - conclude il Pontefice -. Esorto tutti ad andare avanti con speranza. Coraggio!».


Alberto Pento
Vero Bergoglio, cosa vi è di più ipocrita dell'affermare che il maomettismo è una religione che promuove l'elevazione spirituale e la pace fraterna tra gli uomini e che l'Islam non è violenza e terrorismo,come hai più volte pubblicamente affermato tu?
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Messaggioda Berto » mer ago 25, 2021 5:34 pm

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Messaggioda Berto » mer ago 25, 2021 5:34 pm

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Re: Tutte le demenzialità di un uomo che non merita rispetto

Messaggioda Berto » gio ago 26, 2021 7:56 pm

38)
Papa Bergoglio afferma che "La Legge non è alla base dell'Alleanza perché è giunta successivamente, era necessaria e giusta ma prima cera la promessa, l'Alleanza". Poi ne vengono citate altre di affermazioni, tra cui quella in cui Bergoglio dice che "la Legge però non dà la vita, non offre il compimento della promessa, perché non è nella condizione di poterla realizzare. La Legge è un cammino che ti porta avanti verso l'incontro".



Ora i rabbini d'Israele chiedono spiegazioni al Papa per le frasi sulla Torah
Francesco Boezi
26 agosto 2021

https://www.ilgiornale.it/news/cronache ... 1629984658

La questione è delicata, se non altro perché può arrivare a sfiorare i rapporti tra la confessione cristiano-cattolica e quella ebraica: la lettera che alcuni rabbini israeliani hanno inoltrato al cardinale Kurt Koch, svizzero e conservatore, è di sicuro arrivata pure sui principali tavoli della Santa Sede, dunque su quello del Papa.

Si tratta di una missiva in cui alcuni vertici religiosi ebraici domandano qualche perché e magari qualche aggiustamento di rotta. L'oggetto dell'attenzione dei rabbini è costituito da alcune frasi pronunciate da papa Francesco. Dichiarazioni - quelle del Santo Padre - che riguardano la Torah, che non è un argomento di secondo piano.

Può essere presentata una premessa: Jorge Mario Bergoglio è il pontefice del dialogo interreligioso. Sin da quando è stato eletto sul soglio di Pietro, l'ex arcivescovo di Buenos Aires si è distinto per la continua ricerca di una dialettica con gli ortodossi, con i protestanti, con i musulmani, con gli ebrei e così via. Tanto dialogante, il Papa, da essere etichettato dai tradizionalisti come fautore di una "religione universale". Insomma, il gesuita non passerà alla storia come un teorico dei confini ostruzionistici tra credi. E di grosse polemiche derivanti da rapporti tra autorità religiose e tematiche interconfessionali, sino a questo punto del pontificato, non ce ne sono state.

Sono stati i cattolici cosiddetti tradizionalisti, semmai, a criticare Francesco per le sue aperture da quando è succeduto a Joseph Ratzinger o quasi. E sempre i cattolici tradizionalisti, di tanto in tanto, hanno rimarcato con perplessità alcuni aspetti relativi al rapporto dottrinale tra il pensiero di Bergoglio e la Legge. Questa vicenda della lettera firmata pure dal Rabbino Rasson Arousi, che non è un interlocutore di poco peso, però, è diversa: non è una vera e propria critica.

Cercando una definzione corretta, si direbbe che da Israele è giunto una sorta di atto formale tramite cui si domanda a Bergoglio di chiarire alcuni punti relativi al valore ascritto alla Torah di recente. Le frasi su cui i rabbini hanno posto degli accenti sono state riportate da Repubblica.

Tra queste, anche il passaggio in cui il Papa afferma che "La Legge non è alla base dell'Alleanza perché è giunta successivamente, era necessaria e giusta ma prima cera la promessa, l'Alleanza". Poi ne vengono citate altre di affermazioni, tra cui quella in cui Bergoglio dice che "la Legge però non dà la vita, non offre il compimento della promessa, perché non è nella condizione di poterla realizzare. La Legge è un cammino che ti porta avanti verso l'incontro".

Tra le interpretazioni di quella catechesi del Papa (era la prima metà di agosto), può essercene una che può vertere sul ridimensionamento della Torah in chiave storico-simbolica e non solo. E i rabbini dal canto loro, nella lettera, annotano come il Papa, per mezzo delle considerazioni esposte, asserisca che la Torah "non" dia "più vita" e che questo comporti "che la pratica religiosa ebraica nell'era attuale" sia "obsoleta".

In estrema sintesi, chi ha sottoscritto la missiva indirizzata al cardinal Koch pensa che un filone di questa tipologia catechetica - quella che sarebbe stata assecondata dalle pronunce di Francesco - possa rappresentare - come riporta sempre la fonte sopracitata - un "insegnamento sprezzante verso gli ebrei e verso l'ebraismo cose che pensavamo fossero state completamente ripudiate dalla Chiesa". I firmatari hanno sottolineato la necessità di fare presente l'esistenza di una "angoscia" provata da loro al Santo Padre.

Con ogni probabilità, il Vaticano procederà a sua volta mediante la forma scritta. Qualcosa di altrettanto formale che possa porre fine ad ogni possibile polemica. I rabbini hanno chiesto pure di "assicurare che ogni conclusione dispregiativa sia chiaramente ripudiata".


???
Bergoglio ne ha dette un paio davvero grosse nell'udienza generale del 18 Agosto 2021.
Riassumendo:
-Coloro che seguivano la Legge di Mosè erano schiavi. Quindi anche gli ebrei che la seguono oggi. Il tanto decantato "dio d'amore" è diventato uno schiavista.
-La fede in Cristo è gratuita. Dimenticandosi che Gesù ha comandato, in ben 3 dei 4 vangeli, di vendere tutto, darlo ai poveri e seguirlo. Nulla di più NON gratuito a cui si possa pensare.


https://www.vatican.va/content/francesc ... erale.html

Catechesi sulla Lettera ai Galati - 5. Il valore propedeutico della Legge

Fratelli e sorelle, buongiorno!

San Paolo, innamorato di Gesù Cristo e che aveva capito bene cosa fosse la salvezza, ci ha insegnato che i «figli della promessa» (Gal 4,28) - cioè tutti noi, giustificati da Gesù Cristo -, non stanno sotto il vincolo della Legge, ma sono chiamati allo stile di vita impegnativo nella libertà del Vangelo. La Legge, però, esiste. Ma esiste con un altro modo: la stessa Legge, i Dieci Comandamenti, ma con un altro modo, perché da se stessa non può giustificare una volta che è venuto il Signore Gesù. E perciò, nella catechesi di oggi io vorrei spiegare questo. E ci chiediamo: qual è, secondo la Lettera ai Galati, il ruolo della Legge? Nel brano che abbiamo ascoltato, Paolo sostiene che la Legge è stata come un pedagogo. È una bella immagine, quella del pedagogo di cui abbiamo parlato nell’udienza scorsa, un’immagine che merita di essere compresa nel suo giusto significato.

L’Apostolo sembra suggerire ai cristiani di dividere la storia della salvezza in due, e anche la sua storia personale. Sono due i momenti: prima di essere diventati credenti in Cristo Gesù e dopo avere ricevuto la fede. Al centro si pone l’evento della morte e risurrezione di Gesù, che Paolo ha predicato per suscitare la fede nel Figlio di Dio, fonte di salvezza e in Cristo Gesù noi siamo giustificati. Siamo giustificati per la gratuità della fede in Cristo Gesù. Dunque, a partire dalla fede in Cristo c’è un “prima” e un “dopo” nei confronti della stessa Legge, perché la legge c’è, i Comandamenti ci sono, ma c’è un atteggiamento prima della venuta di Gesù e poi dopo. La storia precedente è determinata dall’essere “sotto la Legge”. E chi andava sulla strada della Legge si salvava, era giustificato; quella successiva – dopo la venuta di Gesù - va vissuta seguendo lo Spirito Santo (cfr Gal 5,25). È la prima volta che Paolo utilizza questa espressione: essere “sotto la Legge”. Il significato sotteso comporta l’idea di un asservimento negativo, tipico degli schiavi: “essere sotto”. L’Apostolo lo esplicita dicendo che quando si è “sotto la Legge” si è come dei “sorvegliati” e dei “rinchiusi”, una specie di custodia preventiva. Questo tempo, dice San Paolo, è durato a lungo – da Mosè, alla venuta di Gesù -, e si perpetua finché si vive nel peccato.

La relazione tra la Legge e il peccato verrà esposta in maniera più sistematica dall’Apostolo nella sua Lettera ai Romani, scritta pochi anni dopo quella ai Galati. In sintesi, la Legge porta a definire la trasgressione e a rendere le persone consapevoli del proprio peccato: “Hai fatto questo, pertanto la Legge – i Dieci Comandamenti – dice questo: tu sei in peccato”. Anzi, come insegna l’esperienza comune, il precetto finisce per stimolare la trasgressione. Scrive così nella Lettera ai Romani: «Quando eravamo nella debolezza della carne, le passioni peccaminose, stimolate dalla Legge, si scatenavano nelle nostre membra al fine di portare frutti per la morte. Ora invece, morti a ciò che ci teneva prigionieri, siamo stati liberati dalla Legge» (7,5-6). Perché? Perché è venuta la giustificazione di Gesù Cristo. Paolo fissa la sua visione della Legge: «Il pungiglione della morte è il peccato e la forza del peccato è la Legge» (1 Cor 15,56). Un dialogo: tu sei sotto la Legge, e sei lì con la porta aperta al peccato.

In questo contesto acquista il suo senso pieno il riferimento al ruolo pedagogico svolto dalla Legge. Ma la Legge è il pedagogo, che ti porta, dove? A Gesù. Nel sistema scolastico dell’antichità il pedagogo non aveva la funzione che oggi noi gli attribuiamo, vale a dire quella di sostenere l’educazione di un ragazzo o di una ragazza. All’epoca, si trattava invece di uno schiavo che aveva l’incarico di accompagnare dal maestro il figlio del padrone e poi riportarlo a casa. Doveva così proteggerlo dai pericoli, sorvegliarlo perché non assumesse comportamenti scorretti. La sua funzione era piuttosto disciplinare. Quando il ragazzo diventava adulto, il pedagogo cessava dalle sue funzioni. Il pedagogo al quale si riferisce Paolo, non era l’insegnante, ma era quello che accompagnava a scuola, sorvegliava il ragazzo e lo portava a casa.

Riferirsi alla Legge in questi termini permette a San Paolo di chiarificare la funzione da essa svolta nella storia di Israele. La Torah, cioè la Legge, era stata un atto di magnanimità da parte di Dio nei confronti del suo popolo. Dopo l’elezione di Abramo, l’altro atto grande è stata la Legge: fissare la strada per andare avanti. Certamente aveva avuto delle funzioni restrittive, ma nello stesso tempo aveva protetto il popolo, lo aveva educato, disciplinato e sostenuto nella sua debolezza, soprattutto la protezione davanti al paganesimo; c’erano tanti atteggiamenti pagani in quei tempi. La Torah dice: “C’è un unico Dio e ci ha messo in cammino”. Un atto di bontà del Signore. E certamente, come avevo detto, aveva avuto delle funzioni restrittive, ma nello stesso tempo aveva protetto il popolo, lo aveva educato, lo aveva disciplinato, lo aveva sostenuto nella sua debolezza. È per questo che l’Apostolo si sofferma successivamente nel descrivere la fase dell’età minorenne. E dice così: «Per tutto il tempo che l’erede è fanciullo, non è per nulla differente da uno schiavo, benché sia padrone di tutto, ma dipende da tutori e amministratori fino al termine prestabilito dal padre. Così anche noi, quando eravamo fanciulli, eravamo schiavi degli elementi del mondo» (Gal 4,1-3). Insomma, la convinzione dell’Apostolo è che la Legge possiede certamente una sua funzione positiva - quindi come pedagogo nel portare avanti -, ma è una funzione limitata nel tempo. Non si può estendere la sua durata oltre misura, perché è legata alla maturazione delle persone e alla loro scelta di libertà. Una volta che si giunge alla fede, la Legge esaurisce la sua valenza propedeutica e deve cedere il posto a un’altra autorità. Questo cosa vuol dire? Che finita la Legge noi possiamo dire: “Crediamo in Gesù Cristo e facciamo quello che vogliamo? “No! I Comandamenti ci sono, ma non ci giustificano. Quello che ci giustifica è Gesù Cristo. I Comandamenti si devono osservare, ma non ci danno la giustizia; c’è la gratuità di Gesù Cristo, l’incontro con Gesù Cristo che ci giustifica gratuitamente. Il merito della fede è ricevere Gesù. L’unico merito: aprire il cuore. E che cosa facciamo con i Comandamenti? Dobbiamo osservarli, ma come aiuto all’incontro con Gesù Cristo.

Questo insegnamento sul valore della legge è molto importante e merita di essere considerato con attenzione per non cadere in equivoci e compiere passi falsi. Ci farà bene chiederci se viviamo ancora nel periodo in cui abbiamo bisogno della Legge, o se invece siamo ben consapevoli di aver ricevuto la grazia di essere diventati figli di Dio per vivere nell’amore. Come vivo io? Nella paura che se non faccio questo andrò all’inferno? O vivo anche con quella speranza, con quella gioia della gratuità della salvezza in Gesù Cristo? È una bella domanda. E anche la seconda: disprezzo i Comandamenti? No. Li osservo, ma non come assoluti, perché so che quello che mi giustifica è Gesù Cristo.


Saluti

Je salue cordialement les pèlerins de langue française, en particulier les jeunes de la paroisse de Bondy. Je forme le vœu que ce temps d’été, soit pour chacun l’occasion de prendre le temps de nourrir ses relations familiales et amicales, et de se ressourcer dans sa vie spirituelle avec le Seigneur. Que Dieu vous bénisse.

[Saluto cordialmente i pellegrini di lingua francese, in particolare i giovani della Parrocchia di Bondy.Auguro che questo tempo estivo sia per ciascuno l’occasione di dedicare del tempo per consolidare i rapporti familiari e di amicizia, e per rigenerare la vita spirituale, approfondendo il dialogo con il Signore. Dio vi benedica!]

I cordially greet the English-speaking faithful. May these tranquil summer days be for you and your families a special time of grace and spiritual renewal. God bless you!

[Saluto cordialmente i pellegrini di lingua inglese. Questi giorni estivi di pace e tranquillità siano per voi e per le vostre famiglie un tempo propizio di grazia e di rinnovamento spirituale. Dio vi benedica!]

Ein herzliches Willkommen allen Brüdern und Schwestern deutscher Sprache! Danken wir dem Herrn für diese Ferienzeit, die auch eine Gelegenheit ist, unseren Lieben mehr Zeit zu widmen. Die Selige Jungfrau Maria möge euch allezeit behüten und begleiten.

[Un cordiale benvenuto ai fratelli e alle sorelle di lingua tedesca! Ringraziamo il Signore per questo tempo di ferie, occasione per dedicare più tempo ai nostri cari. La Beata Vergine Maria, vi protegga e vi accompagni sempre.]

Saludo cordialmente a los fieles de lengua española. Los animo a dejarse interpelar por esta pregunta que nos ha suscitado san Pablo: ¿Estamos todavía bajo la Ley, como esclavos, o hemos alcanzado ya la madurez para abrazar con convicción a Jesús y al proyecto de amor que el Padre reserva para cada uno de nosotros? Que Dios los bendiga. Muchas gracias.

Dirijo uma cordial saudação aos fiéis de língua portuguesa. Queridos irmãos e irmãs, não vos esqueçais que todo o batizado está chamado a viver na liberdade dos filhos de Deus. É o Espírito Santo que vos tornará capazes de viver e testemunhar a vossa fé com alegria e generosidade. Nossa Senhora acompanhe e proteja a vós todos e aos vossos entes queridos!

[Rivolgo un cordiale saluto ai fedeli di lingua portoghese. Cari fratelli e sorelle, non dimenticate che ogni battezzato è chiamato a vivere nella libertà dei figli di Dio. È lo Spirito Santo che vi renderà capaci di vivere e testimoniare la vostra fede con gioia e generosità. La Madonna accompagni e protegga voi tutti e i vostri cari!]

أُحيّي المؤمنِين الناطقين باللغة العربيّة. حسنٌ أن نتساءل هل ما زلنا نعيش في زمن نحتاج فيه إلى الشّريعة، أم ندرك أنّنا قبلنا النعمة لنكون أولاد الله لنعيش في المحبّة. بارككم الرَبّ جميعًا وحماكم دائمًا من كلّ شرّ!

[Saluto i fedeli di lingua araba. Chiediamoci se viviamo ancora nel periodo in cui abbiamo bisogno della Legge, o se invece siamo ben consapevoli di aver ricevuto la grazia di essere diventati figli di Dio per vivere nell’amore. Il Signore vi benedica tutti e vi protegga sempre da ogni male!]

Witam polskich pielgrzymów. W sposób szczególny pozdrawiam wiernych z Sanktuarium maryjnego w Skalmierzycach w Diecezji Kaliskiej. Matka Boga i nasza Matka niech towarzyszy wam, waszym rodzinom i wszystkimi, którzy z miłością przychodzą do Niej, aby zawierzać siebie Jej matczynej, czułej opiece. Proszę, módlcie się także za mnie. Z serca wam błogosławię.

[Do il benvenuto ai pellegrini polacchi. In modo particolare saluto i fedeli provenienti dal Santuario mariano della Diocesi di Kalisz. La Madre di Dio e nostra Madre accompagni voi, le vostre famiglie e tutti coloro che con amore vengono da Lei per affidarsi alla sua materna e tenera protezione. Per favore, pregate anche per me. Vi benedico di cuore.]

* * *

Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto i Fratelli della Carità, i sacerdoti novelli di Mantova e di Parma, i giovani dell’Oratorio di Nembro, i fedeli di Castello di Godego.

Il mio pensiero va infine, come di consueto, agli anziani, agli ammalati, ai giovani e agli sposi novelli.

Cari anziani e cari ammalati, abbiate nella vecchiaia e nella sofferenza il conforto della presenza materna di Maria, segno di sicura speranza. E voi, cari giovani, nel costruire il vostro futuro mettete sempre al primo posto la chiamata di Cristo. A voi, cari sposi novelli, auguro che il vostro amore sia specchio di quello infinito ed eterno di Dio.

A tutti la mia Benedizione.


???
E anche la seconda: disprezzo i Comandamenti? No. Li osservo, ma non come assoluti, perché so che quello che mi giustifica è Gesù Cristo.




Il Rabbino Di Segni torna sulla catechesi del Papa
2 settembre 2021

https://www.shalom.it/blog/news/il-rabb ... a-b1100701

“Riproporre in termini semplificati le contrapposizioni antiche comporta il rischio di confermare stereotipi ostili”. Così il Rabbino Capo di Roma Riccardo Di Segni torna oggi sulle pagine di Repubblica sulla questione della catechesi del papa sulla lettera ai Galati di Paolo.

La catechesi aveva nei giorni scorsi scatenato la reazione della commissione rabbinica permanente per i rapporti con il Vaticano, che in una missiva aveva dimostrato il suo disappunto e preoccupazione per il discorso del papa, un discorso ritenuto offensivo e sprezzante nei confronti degli ebrei. Il Rabbino Di Segni, che è già intervenuto sull’argomento su Shalom, nella lettera pubblicata oggi dal quotidiano, spiega i rischi di alcune predicazioni religiose, che possono, anche se in modo non evidente, veicolare messaggi pericolosi e aprire “scenari problematici”. Come quello, nel caso specifico della catechesi dell’11 agosto, di presentare l’ebraismo come “religione abrogata e formalistica, tutta doveri, senza spirito, o semplice preparazione, "pedagogia" alla nuova fede”.

“Trattare questi temi richiede attenzione e valutazione delle ricadute” ha sottolineato il Rabbino Capo che nella lettera prende come esempio il Baal Shem Tov, fondatore del Chassidismo in Europa Orientale, che è stato ripreso impropriamente nei giorni scorsi su questa questione. “Sarebbe utile usare la lezione del Baal Shem Tov non per fargli dire cose che non ha mai sognato di dire, - ha precisato il Rabbino - ma per insegnare il rispetto reciproco, che in questo caso non c'è stato”.



Vi proponiamo il testo integrale della lettera di Rav Riccardo di Segni, Rabbino Capo della Comunità Ebraica di Roma, pubblicata ieri dal quotidiano la Repubblica, riguardante la polemica nata dopo le parole di Papa Francesco circa la Torah e la legge ebraica:
TORAH, UNA LEZIONE DI RISPETTO

Rav Riccardo Di Segni, Rabbino Capo della Comunità Ebraica di Roma
Progetto Dreyfus
3 Settembre 2021

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 8174765883

Caro Direttore,
mentre le nostre preoccupazioni sono concentrate sul Covid e i fatti afghani, sembrerebbe strano distrarci su una piccola recente polemica interreligiosa. Ma l'argomento è di qualche interesse e sono utili delle spiegazioni. La cosa nasce da un recente commento papale alla lettera ai Galati di Paolo, in cui si parlava del ruolo della legge, la Torah, rispetto alla fede; ne è seguita una protesta. A difesa di Paolo e di chi l'ha citato è stato tirato in ballo anche il Baal Shem Tov (m. nel 1760), il mitico fondatore del Chasidismo in Europa Orientale, con una sua frase sul senso delle azioni; da lui si può cominciare con un'altra sua frase. Ai tempi del Baal Shem Tov non c'erano trasporti pubblici e bisognava affidarsi a cocchieri sconosciuti. Il Maestro, che viaggiava molto, aveva una regola per decidere chi fosse affidabile. Se il cocchiere, passando davanti a una Chiesa, si faceva il segno della croce, ci si poteva fidare da lui. Per il Baal Shem Tov un semplice atto di fede, anche se non ebraica, era una patente di credibilità. Tanto conta, per i grandi Maestri dell'ebraismo, la fede. La religione ebraica è fatta di regole da osservare, insieme a un sistema di credenze. Dalle lontane origini fino a oggi, si discute nell'ebraismo sul valore che possa avere l'osservanza dei precetti senza un'adeguata partecipazione spirituale, senza credere. I Maestri che prima e dopo il Baal Shem Tov hanno sottolineato l'assoluta importanza della fede sono tanti. Ma nessuno di questi si è mai sognato di dire che se non c'è fede non bisogna osservare, e che l'osservanza serva solo a preparare a una nuova fede. Il problema se lo pose il cristianesimo nascente, soprattutto quando dovette trovare una formula per differenziarsi dalla matrice ebraica. La soluzione proposta da Paolo fu, molto semplicemente, che non solo dovesse prevalere la fede, ma che l'osservanza fosse ormai superata; bisognava credere e non si era sottoposti alle leggi della Torah. In questa sua scelta Paolo richiamava dei temi discussi nell'ebraismo dei suoi tempi, era convinto che tempi nuovi richiedessero riforme radicali, ma dicendo che la Torah era abrogata si metteva fuori dall'ebraismo e creava una religione differente.
Ma oggi che ci importa di queste discussioni di duemila anni fa? È perché possono essere l'oggetto di predicazione al vasto pubblico, aprendo scenari problematici. Perché riproporre in termini semplificati le contrapposizioni antiche comporta il rischio di confermare stereotipi ostili, nel caso particolare quello dell'ebraismo come religione abrogata e formalistica, tutta doveri, senza spirito, o semplice preparazione, "pedagogia" alla nuova fede. Trattare questi temi richiede attenzione e valutazione delle ricadute. Stupiscono anche certe difese di ufficio, in cui si arriva a dei paradossi. A chi ha protestato per il modo in cui sono state spiegate le parole di Paolo, è stato risposto che Paolo voleva solo dire che per lui la Torah senza fede non ha valore, e in questo affermava un principio ebraico. Certamente Paolo ha solidi riferimenti alla tradizione ebraica, ma il suo pensiero è anche rivoluzionario. Non si può dire che il suo pensiero è ebraismo proprio quando propone la sua rilettura radicale della Torah, che gli serve da introduzione a una nuova fede; nè affermare oggi che chi difendeva la Torah era un "missionario fondamentalista", termine che in questi giorni andrebbe ben diretto altrove. Il Baal Shem Tovmetteva la fede in primo piano, anche la fede dei non ebrei, ma la Torah non la relativizzava. Sarebbe utile usare la lezione del BaalShem Tov non per fargli dire cose che non ha mai sognato di dire, ma per insegnare il rispetto reciproco, che in questo caso non c'è stato.



Cosa non va nel dialogo tra cristiani ed ebrei
Formiche.net
5 settembre 2021

https://formiche.net/2021/09/dialogo-tr ... -ed-ebrei/

Il papa in due occasioni ha citato la Lettera ai Galati, testo che crea grande tensione tra cristiani ed ebrei. Vittorio Robiati Bendaud, coordinatore del Tribunale rabbinico del Centro-Nord Italia, ricorda che esiste un testo importante, purtroppo spesso ignorato, che propone un approccio corretto tra le due religioni

L’11 agosto il papa ha tenuto una catechesi sulla Lettera ai Galati, un testo che scotta nei rapporti tra ebrei e cristiani. La querelle che ne è nata ha fatto il giro del mondo. Premetto due cose. 1. La decisione di intervenire è presa con sofferenza, perché, trattandosi di argomenti estremamente complessi e lontani dal grande pubblico, il rischio è che si dica “ma questi che vogliono ancora?”, con ulteriori fraintendimenti ed esasperazioni. 2. A differenza di molti, papa incluso, il dialogo ebraico-cristiano per me non è stato (e non è) soltanto attività accademica o ‘diplomazia religiosa’.

Esso attraversa la mia storia personale e quella della mia famiglia, perché “mista” tra ebrei e cristiani; coincide con la conoscenza di persone che amo e stimo, da cui ho imparato moltissimo, dai miei amati e compianti Giuseppe Laras e Carlo Maria Martini alla mia adorata amica Antonia Arslan, che hanno orientato la mia biografia personale e intellettuale, con tutta una serie di scoperte e scelte personali delicate circa identità e appartenenza, che hanno significato studio e dovere di chiarezza. Devo tanto al dialogo ebraico-cristiano, anche se ne conosco, dall’interno, i limiti, le ipoteche, le contraddizioni e le tentazioni. Le presenti critiche mirano, pertanto, a rilanciarlo.

Per semplificare brutalmente: la Lettera ai Galati innesta una tensione tra l’ebraismo e il cristianesimo da esso nascente. Tale tensione ruota attorno alla Torah e all’osservanza dei precetti che essa prescrive (mitzvòth) e a Gesù rispetto alla Torah, secondo l’opinione, che poi divenne determinante e maggioritaria, di Paolo di Tarso, un ex-fariseo: l’abolizione dei precetti (ritenuti inefficaci) sarebbe espressione e derivazione di un’ ‘alleanza nuova’ (espressione che nella Bibbia ricorre già più volte, ma che qui cambia ora radicalmente significato, la “Nuova Alleanza”) a cui la ‘vecchia’ deve cedere il passo (per dirla in poesia con Tommaso d’Aquino: et antiquum documentum novo cedat ritui).

Prima di essere una polemica, anche molto accesa tra ebrei e ‘cristiani’, dapprincipio fu un’incandescente polemica dentro l’ebraismo stesso, che poi raggiunse ambienti esterni (ossia i pagani che si convertivano al cristianesimo nascente, anche se ve ne furono molti che si convertivano all’ebraismo, con una crescente concorrenza tra le due comunità e con passaggi di convertiti dall’una all’altra, fatto che perdurò per secoli). Tale polemica poi deflagrò rovinosamente con il primo grande testo del pensiero teologico cristiano, il Dialogo con Trifone del vescovo Giustino, un romano, ex-pagano divenuto cristiano, nato nell’odierna Nablus, che assistette alla caduta della sovranità nazionale ebraica e alle purghe romane.

Con Giustino il cristianesimo, all’epoca assai eterogeneo, iniziò a saldarsi con il potere e il pensiero della Roma imperiale e pagana. Il testo di Giustino (e non solo), che rilancia ed esaspera le polarità innescate da Paolo, è alla base del successivo bimillenario antiebraismo, con una serie di accuse terribili, destinate nei secoli a mietere infinite vite umane e a sfigurare l’ebraismo ‘vittima’ (ma pure il cristianesimo ‘carnefice’), degradandolo e scientemente deformandone la comprensione agli occhi degli ignari fedeli cristiani. Molti argomenti di Giustino (e non solo) sono poi penetrati nel Corano, venendo così inclusi nel testo sacro dell’Islàm e posti alla base di un diverso antiebraismo, quello islamico.

Da allora il cristianesimo, anche per la strategia retorica con cui sono composti questi antichi testi, si è per lo più strutturato (e così l’intera tradizione del pensiero occidentale), in opposizione all’ebraismo. In breve, il cristianesimo iniziò a sostenere, tra incomprensioni strutturali e mistificazioni, che la Torah fosse spietata e angusta; che non vi fosse amore, né libertà, né misericordia, né perdono in essa; che ‘il comandamento dell’amore’ fosse la novità cristiana, tacendo -o mettendo in sordina- che Gesù, da buon ebreo, in proposito citava proprio la Torah e la tradizione di Israele; che fosse stato il cristianesimo a predicare per primo l’eguaglianza tra esseri umani, creati nell’immagine di Dio, e non la Torah (Genesi I), offrendo dell’ebraismo una perversa caricatura settaria; che la comprensione ebraica delle Scritture di Israele fosse erronea, legalistica e ritualistica, con la pretesa di definirne lui la corretta interpretazione, nonché il giusto (e ‘vero’) ebraismo.

L’ebraismo venne così degradato a ciò che il cristianesimo non era. In soldoni, come a molti lettori sarà purtroppo capitato ancora sentire nelle omelie di taluni loro parroci (cosa di cui tanti amici cristiani ‘adulti’, esasperati, tutt’oggi con me lamentano sovente), alla vendetta si oppone il perdono; alla Legge (traduzione impropria e limitante della parola Torah, il cui significato etimologico è ‘Insegnamento’) la Grazia; alla giustizia la misericordia; all’Antica Alleanza la Nuova. Tale strumentale (e falsa) opposizione, disgraziatamente per tutti, non è stata accessoria, come spesso si tende a minimizzare, ma fondativa. Nei secoli, come ha scritto il vescovo A. Spreafico, “l’insegnamento teologico ed esegetico ha contribuito allo sviluppo dell’antisemitismo nel secolo scorso, con le conseguenze ben note che portarono alla Shoah”.

Dopo la Seconda guerra mondiale, la Chiesa Cattolica ha dovuto fare i conti con la sua storia, tra riconoscimenti e omissioni, con il compromissorio documento Nostra Aetate, dove non c’è alcuna fonte patristica (cioè dei Padri della Chiesa, orientali e occidentali). Tale documento ha avviato una lenta rivoluzione nei rapporti tra ebrei e cristiani occidentali (sottolineo quest’ultimo aggettivo, perché le liturgie -e dunque le teologie- di tutte le Chiese Cattoliche di rito orientale non sono state sottoposte a rivisitazione per motivi teologici e politici).

Ciò fu possibile perché, seppur in sordina, teologicamente si decise di ‘rompere’ con l’interpretazione tradizionale fondatrice del cristianesimo, i Padri, che venivano per la prima volta contraddetti od omessi. Solo Giovanni Paolo II pubblicamente ‘sconfessò’ sull’antiebraismo Ambrogio, padre spirituale di Agostino, pensatore determinante per l’evoluzione del cristianesimo (e, purtroppo, dell’antiebraismo). Tutto questo aprì una spaccatura ‘non ufficiale’ nell’impianto della teologia cattolica: alcuni ambienti conservatori -tra cui, non di rado, teologi antiebraici- si sentono a disagio con questa rottura, perché significa insinuare uno stravolgimento, ritenuto indebito, nella Tradizione della Chiesa, aprendo un insidioso ‘precedente’, poi applicabile ad altre questioni a detrimento dell’ortodossia; per taluni progressisti -che non coincidono per forza con ‘amici degli ebrei’- fu un precedente per via via attuare una riforma mai dichiarata del cattolicesimo su tanti altri ambiti.

Papa Francesco ha commentato la Lettera ai Galati e, nel momento in cui si maneggia l’inizio della separazione, per continuità e distanza, tra Chiesa e Sinagoga, si entra in questioni delicatissime, che devono essere assunte, comprese e spiegate, specialmente alla luce della nascita del dialogo ebraico-cristiano, che veicola anche un ripensamento del cristianesimo rispetto a se stesso. Papa Francesco ha infatti scritto in altra sede che: “è di vitale importanza, per i cristiani, promuovere la conoscenza della tradizione ebraica per riuscire a comprendere più autenticamente se stessi”.

Se, nel suo commento a Galati, il papa avesse citato, per inquadrare la comprensione cristiana del testo, la problematicità delle polarità poc’anzi ricordate e del loro successivo riuso, talora scellerato, invitando a cautele, tutta questa spiacevolissima e dannosa vicenda non ci sarebbe stata. Ma, vi chiederete, il papa (come i molti parroci, teologi e predicatori) è tenuto a farlo? Vari documenti ufficiali della Chiesa dicono di sì. Già negli Orientamenti Pastorali per l’applicazione di Nostra Aetate (1974) si legge:

“nei commenti dei testi biblici, senza minimizzare gli elementi originali del Cristianesimo, si metterà in luce la continuità della nostra fede con quella dell’Alleanza antica, nella linea delle promesse. (…) Per quanto riguarda le letture liturgiche, si avrà cura di darne, nell’omelia, una giusta interpretazione, soprattutto per quanto concerne quei passaggi che sembrano porre il popolo ebraico in quanto tale in una situazione sfavorevole. Ci si sforzerà di istruire il popolo cristiano in modo che giunga a comprendere ogni testo nel senso autentico, nel suo significato per il credente di oggi. Le commissioni incaricate delle traduzioni liturgiche saranno particolarmente attente nel rendere le espressioni e i passaggi che possono essere interpretati in senso tendenzioso da parte di cristiani insufficientemente informati (…) L‘Antico Testamento e la tradizione ebraica su di esso fondata non debbono essere considerati in opposizione al Nuovo Testamento, come se essi costituissero una religione della sola giustizia, del timore e del legalismo senza appello all’amore di Dio e del prossimo”.

Insomma, l’idea sottesa è che, sulla scorta della Storia e di una rinnovata e più profonda conoscenza dei testi sacri, si debba passare, rispetto all’ebraismo, per più autenticamente strutturare l’identità cristiana stessa, dal “ma avversativo” a una “e disgiuntiva” o, meglio ancora, “coordinante”, se mi si concede il parallelismo sintattico. Se papa Francesco avesse colto l’occasione delle difficoltà testuali per far conoscere al pubblico cristiano -e dunque ai moltissimi vescovi, preti e catechisti che lo ignorano- già solo questo vecchio documento del ’74, avrebbe offerto un prezioso e fondamentale insegnamento per l’edificazione di tutti, cristiani ed ebrei. Conoscendo la disponibilità al confronto di questo papa, non sarei però affatto stupito che lui stesso, in una prossima occasione, si faccia personalmente interprete di tutto ciò.

Quello che questa vicenda ha messo in luce, tuttavia, è che tale insegnamento fondamentale del Concilio, con i suoi orientamenti, assieme all’infinita messe di lavori e studi su queste tematiche prodotte da cristiani ed ebrei in dialogo, non è assolutamente passato nella formazione, nella cultura e nella coscienza comune del popolo cristiano e delle gerarchie ecclesiali, e, in qualche modo, persino papa Francesco ne è stato vittima. Parimenti significa che il dialogo ebraico-cristiano non è affatto arrivato alla gente.

È un fallimento di cui si deve prendere atto, di estrema gravità, nonché fonte di grande preoccupazione. Credo che la sfida da lanciare tanto alle dirigenze cattoliche che a quelle ebraiche sia di ricuperare il tempo perso e di pensare a strategie efficaci, pervasive e verificabili per la formazione dei cristiani, dai catechisti ai seminaristi, sino ai vescovi. E credo che papa Francesco sia il primo che possa comprendere il problema e che potrà dare un aiuto. Questo, specialmente, in una fase storica incipiente dove vi è un trasversale e ognora montante rigurgito di antisemitismo.

Altra faccenda è, invece, l’articolo di padre A. Spadaro SJ, direttore di Civiltà Cattolica, apparso su il fatto quotidiano (27 agosto), in cui, pensando forse di difendere il papa, gli ha reso un cattivo servizio. Chi legga gli Orientamenti e poi il testo di Spadaro rimarrà assai colpito, perché ripropone sin dal titolo (La ‘religione del cuore’ è l’opposto della ‘dottrina dei farisei’) retoriche stantie, abusate, ampiamente sconfessate dagli ultimi cinquant’anni di studi ebraici e cristiani in proposito (condotti anche presso prestigiosi università gesuitiche), da lui ignorati.

E, in nome di un ammiccante ‘progressismo’, utilizza e rilancia gli argomenti più triti del conservatorismo cristiano: “Gesù distingue nettamente la ‘religione del cuore vicino’ dalla ‘dottrina dei precetti’”, o, ancora, combatte l’ordine “della formalità, della banalità che riduce la trascendenza a fenomeno esoterico o esteriore”. La struttura oppositiva, seppur in forma 2.0, è evidente. Si consideri poi che, proprio in quanto direttore di Civiltà Cattolica, un’opera di riparazione e di purificazione della memoria e degli insegnamenti dovrebbe stargli più che a cuore!

La cosa peggiore -ed è la vera nota dolens drammaticamente elusa da tutti- è che, per denunciare eventuali storture nella vita religiosa e morale dei cristiani (storture che, beninteso, possono vivere anche gli ebrei, e non solo) il bersaglio impiegato siano ancora e sempre degli ebrei (i farisei, ad esempio). E così si proietta, anche a proprio danno, il male fuori da sé, su un soggetto esterno archetipico dei difetti o degli errori che si vogliono denunziare, senza troppo turbare la tranquillità e il sentimento narcisistico della propria comunità, che, anzi, ne così viene rafforzato.

Se Spadaro, o chi per lui, desidera trovare dei bersagli polemici per denunziare le degenerazioni delle persone religiose -cristiane, in questo caso-, potrebbe tranquillamente (e forse con più profitto) invece rivolgersi alle biografie, raramente adamantine, di superiori, papi, vescovi e, non di rado, santi e teologi.



Il cardinale Koch scrive ai rabbini: il Papa non ha mai svalutato la Torah
Salvatore Cernuzio - Città del Vaticano
10 settembre 2021

https://www.vaticannews.va/it/vaticano/ ... erale.html

Il presidente della Commissione vaticana per i Rapporti Religiosi con l’ebraismo invia una lettera ai rabbini Arussi e Sandmel in merito alle "preoccupazioni" espresse da alcuni membri della comunità ebraica per dichiarazioni del Pontefice nell’udienza generale dell’11 agosto 2021: "Dal Santo Padre sempre affermazioni positive per il mondo ebraico"

“Il fatto che la Torah sia cruciale per l’ebraismo moderno non è messo in discussione in alcun modo”. E non si può assolutamente presumere che Papa Francesco “stia tornando a una cosiddetta ‘dottrina del disprezzo’”. La Santa Sede risponde alle “preoccupazioni” sollevate nelle scorse settimane da alcune personalità della comunità ebraica mondiale circa alcune dichiarazioni del Pontefice, pronunciate nell’udienza generale dello scorso 11 agosto, che a loro avviso sembravano svalutare la Legge ebraica ritenendola obsoleta.

La lettera del cardinale Koch

È il cardinale Kurt Koch, presidente, oltre che del Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani, anche della Commissione per i Rapporti Religiosi con l’ebraismo, ad inviare una lettera al rabbino Rasson Arussi, presidente della Commissione del Gran Rabbinato di Israele per il Dialogo con la Santa Sede (Gerusalemme), il quale il 12 agosto – quindi, il giorno dopo l’udienza generale - aveva scritto una lettera allo stesso Koch chiedendo conto delle parole del Papa nel contesto di una catechesi sulla teologia di san Paolo nella Lettera ai Galati (cfr Gal 3,19.21-22). Una lettera simile era giunta al porporato svizzero anche da parte del rabbino David Fox Sandmel, uno dei direttori dell’Anti-Defamation League, organizzazione di monitoraggio e contrasto all’antisemitismo nel mondo con sede a New York.

Entrambe chiedevano chiarimenti su passaggi della catechesi, come ad esempio quello in cui il Papa affermava che la Legge “non è alla base dell’Alleanza perché è giunta successivamente, era necessaria e giusta ma prima c’era la promessa, l’Alleanza”. Oppure quello in cui si diceva: “La Legge però non dà la vita, non offre il compimento della promessa, perché non è nella condizione di poterla realizzare. È un cammino che ti porta avanti verso l’incontro”.

Consultazione con il Papa

Il cardinale Koch risponde ai due rabbini con una simile missiva. E lo fa a distanza di giorni, dicendosi “spiacente”, come spiega nell’incipit dello scritto, ma spiegando che prima aveva voluto consultarsi con il Papa. E Francesco stesso ha incaricato il capo del Dicastero a redigere la risposta.

“Nel discorso del Santo Padre, la Torah non è svalutata”, chiarisce Koch nelle prime righe delle lettere. Nella catechesi, “il Santo Padre non fa alcuna menzione del giudaismo moderno; il discorso è una riflessione sulla teologia paolina nel contesto storico di un’epoca determinata. Il fatto che la Torah sia cruciale per l’ebraismo moderno non è messo in discussione in alcun modo”.

La catechesi di Francesco

Il presidente del Dicastero entra nel merito della questione, sottolineando che il Pontefice nella sua riflessione “afferma espressamente che Paolo non si opponeva alla legge mosaica: anzi, Paolo osservava questa legge, sottolineava la sua origine divina, e le attribuiva un ruolo nella storia della salvezza. La frase: ‘La legge non dà la vita, non offre il compimento della promessa’ non deve essere estrapolata dal suo contesto, ma deve essere considerata nel quadro generale della teologia paolina. La convinzione cristiana costante è che Gesù Cristo è la nuova via di salvezza. Tuttavia, questo non significa che la Torah sia sminuita o non più riconosciuta come la ‘via di salvezza per gli ebrei’”.

Il legame con il mondo ebraico

Il cardinale invita quindi a ricordare le “affermazioni positive fatte costantemente da Papa Francesco sull’ebraismo” in questi anni di pontificato. Affermazioni frutto anche di un rapporto di profonda stima e vicinanza con il mondo ebraico già dai tempi di Buenos Aires e sugellato dalla pubblicazione del libro “Il cielo e la terra”, scritto a quattro mani con il rabbino Abraham Skorka, amico di lunga data. In particolare, Koch ricorda un discorso del 2015 del Papa, quando ricevette in Vaticano il Consiglio internazionale dei cristiani e degli ebrei (ICCJ): quelle parole sintetizzano perfettamente il pensiero del Pontefice. “Le confessioni cristiane trovano la loro unità in Cristo; il giudaismo trova la sua unità nella Torah - diceva il Papa in quell’occasione -. I cristiani credono che Gesù Cristo è la Parola di Dio fatta carne nel mondo; per gli ebrei la Parola di Dio è presente soprattutto nella Torah. Entrambe le tradizioni di fede trovano il loro fondamento nel Dio unico, il Dio dell’Alleanza, che si rivela attraverso la sua Parola”.

Non si sta tornando a una "dottrina del disprezzo"

Alla luce di quel discorso, “non si può in alcun modo presumere che egli (il Papa, ndr) stia tornando a una cosiddetta ‘dottrina del disprezzo’”, ribadisce il cardinale Koch. “Papa Francesco rispetta pienamente i fondamenti dell’ebraismo e cerca sempre di approfondire i legami di amicizia tra le due tradizioni di fede”. E concorda con il contenuto del documento “Tra Gerusalemme e Roma”, pubblicato nel 2017, in cui si affermava: “Le differenze dottrinali sono essenziali e non possono essere discusse o negoziate... Tuttavia, le differenze dottrinali non sono e non possono ostacolare la nostra collaborazione pacifica per il miglioramento del nostro mondo comune e la vita dei figli di Noè”. Il porporato dice di confidare nel fatto “che questa risposta chiarisca lo sfondo teologico delle parole del Santo Padre”.

Gli auguri del Pontefice

La lettera di Koch viene resa pubblica a pochi giorni dall’augurio pubblicamente espresso dal Papa, durante l’Angelus del 5 settembre, per le ricorrenze del Rosh Hashanah, il capodanno ebraico, e le due feste di Yom Kippur e Sukkot. “Rivolgo di cuore il mio augurio a tutti i fratelli e le sorelle di religione ebraica – diceva Francesco dalla finestra del Palazzo Apostolico - il nuovo anno sia ricco di frutti di pace e di bene per quanti camminano fedelmente nella Legge del Signore”.
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Messaggioda Berto » gio ago 26, 2021 7:57 pm

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Messaggioda Berto » lun set 13, 2021 8:49 pm

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Re: Tutte le demenzialità di un uomo che non merita rispetto

Messaggioda Berto » lun set 13, 2021 8:49 pm

39)
Bergoglio in Ungheria da Orban: il minestrone di Bergoglio, il bene e il male non esistono oppure ciò che si male è bene e ciò che si crede bene è male, a cominciare dal diritto di voler essere quello che si è a casa propria senza andare in giro a fare del male.
Per questo personaggio demenziale le diversità culturali, etniche, politiche e religiose sono tutte buone e rispettabili, da accogliere e da far proprie sostituendole alle nostre. Uno scriteriato!




"Orban lo è andato a prendere in aeroporto, ha pure scritto sul suo profilo Facebook che avrebbe chiesto al Papa “di non far perire il cristianesimo in Ungheria" (sottintendendo che le “radici cristiane” ungheresi sarebbero minacciate dall’Islam - che peraltro in Ungheria praticamente non esiste).
Emiliano Rubbi

https://www.facebook.com/leonardocecchi ... 0640496921

E Papa Francesco gli ha risposto nella sua omelia, ribadendo quello che ha sempre sostenuto:
“La diversità fa sempre un po’ paura perché mette a rischio le sicurezze acquisite e provoca la stabilità raggiunta. (…) Davanti alle diversità culturali, etniche, politiche e religiose, possiamo avere due atteggiamenti: chiuderci in una rigida difesa della nostra cosiddetta identità oppure aprirci all’incontro con l’altro e coltivare insieme il sogno di una società fraterna”.
Io mi chiedo come si faccia a non volergli almeno un po’ di bene, anche da atei o da agnostici, a questo signore qui".


Papa: "I Rom sono fratelli, dobbiamo accoglierli"
Nell’udienza generale il Pontefice ha ripercorso le tappe del viaggio a Budapest e in Slovacchia
22 settembre 2021

https://www.adnkronos.com/papa-i-rom-so ... fkRps2Xgwv

Udienza generale del Papa interamente dedicata al recente viaggio apostolico a Budapest e in Slovacchia. "Lo riassumerei così: è stato un pellegrinaggio di preghiera, un pellegrinaggio alle radici, un pellegrinaggio di speranza", ha detto Bergoglio.

Il Pontefice ha quindi ricordato le tappe del viaggio: "La prima è stata a Budapest, per la Santa Messa conclusiva del Congresso Eucaristico Internazionale. Grande è stata la partecipazione a questa celebrazione. Il popolo santo di Dio, nel giorno del Signore, si è riunito davanti al mistero dell’Eucaristia, dal quale continuamente è generato e rigenerato. Era abbracciato dalla Croce che campeggiava sopra l’altare, a mostrare la stessa direzione indicata dall’Eucaristia, cioè la via dell’amore umile e disinteressato, dell’amore generoso e rispettoso verso tutti, della fede che purifica dalla mondanità e conduce all’essenzialità. Questa fede ci allontana da mondanità che è un tarlo e ci rovina da dentro".

Quindi Francesco ha parlato della celebrazione a Šaštín, in Slovacchia, presso il Santuario della Vergine dei Sette Dolori, dove "un grande popolo di figli è accorso per la festa della Madre, che è anche la festa religiosa nazionale".

Un viaggio che, ha ricordato ancora il Pontefice, è stato anche un "pellegrinaggio alle radici. Incontrando i fratelli Vescovi, sia a Budapest sia a Bratislava, ho potuto toccare con mano il ricordo grato di queste radici di fede e di vita cristiana, vivide nell’esempio luminoso di testimoni della fede. Ho percepito la forza di queste radici nella celebrazione della Divina Liturgia in rito bizantino, a Prešov, nella festa della Santa Croce. Nei canti ho sentito vibrare il cuore del santo popolo fedele, forgiato da tante sofferenze patite per la fede".

In proposito, il Papa ha ricordato: "piu’ volte ho insistito sul fatto che queste radici sono sempre vive, piene della linfa vitale che è lo Spirito Santo, e che come tali devono essere custodite: non come reperti da museo, non ideologizzate e strumentalizzate per interessi di prestigio e di potere, per consolidare un’identità chiusa. No. Questo vorrebbe dire tradirle e sterilizzarle". Un pellegrinaggio anche "di speranza- ha rimarcato Francesco-. Speranza nel vedere tante coppie giovani e tanti bambini, di fronte all’inverno demografico".

Bergoglio ha poi reso omaggio alle Suore Missionarie della Carità del Centro Betlemme a Bratislava, che accoglie le persone senzatetto:"Penso alla comunità Rom e a quanti si impegnano con loro per un cammino di fraternità e di inclusione. È stato commovente condividere la festa della comunità Rom: una festa semplice, che sapeva di Vangelo. I Rom sono fratelli dobbiamo accoglierli". Quindi il monito al l’unità: "Cari fratelli e sorelle, questa speranza si realizza, si fa concreta solo se declinata con un’altra parola: insieme. A Budapest e in Slovacchia ci siamo trovati insieme con i diversi riti della Chiesa Cattolica, insieme con i fratelli di altre Confessioni cristiane, insieme con i fratelli Ebrei, insieme con i credenti di altre religioni, insieme con i più deboli. Questa è la strada, perché il futuro sarà di speranza se sarà insieme non da soli".


Zingari: vittime innocenti o carnefici razzisti e nazisti?
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 150&t=2790
Zingari: vittime o carnefici? Carnefici al 1000%
Gli zingari sono principalmente vittime di se stessi e del loro essere carnefici.


Gli zingari sinti Casamonica sono mafia. La sentenza del maxiprocesso: condannato il clan sinto della Romanina
Lunedì 20 Settembre 2021

https://www.ilmessaggero.it/roma/news/c ... 5NoYjxzvqs

Il clan dei Casamonica teneva in piedi un sistema mafioso a Roma. Dopo l'ordinanza del gip e le prime condanne in rito abbreviato, lo ha riconosciuto anche il Tribunale che ha condannato a 400 anni complessivi una quarantina fra capi e affiliati alla famiglia, imputati fra l'altro per estorsione, usura e detenzione illegale di armi. Dopo sette ore di camera di consiglio, giudici della X sezione penale hanno deciso trent'anni di carcere per il boss Domenico Casamonica, accogliendo in pieno l'istanza della Procura, che complessivamente aveva chiesto oltre 630 anni di reclusione.

Casamonica, oro e contanti nelle stories: la follia social su TikTok e Instagram
Casamonica, le condanne

Severe le pene per gli altri capi, Giuseppe Casamonica (20 anni e mezzo) e Luciano (12 anni e 9 mesi), e pene pesanti sono arrivate in primo grado anche per Salvatore (25 anni e 9 mesi), Pasquale (23 anni e 8 mesi) e Massimiliano Casamonica (19 anni).


Esulta la sindaca Raggi

Esulta la sindaca di Roma Virginia Raggi, che ha costituito il Comune parte civile nel maxiprocesso iniziato a ottobre 2019, grazie a indagini scattate cinque anni prima: «Io di fronte al clan dei Casamonica non mi sono mai piegata, non ho mai indietreggiato di un passo, non ho mai avuto paura di loro. Ho sempre lottato per il bene dei romani a volto scoperto, ho chiamato per nome e cognome chi ha umiliato e offeso la città. Vivo sotto scorta per questo. Oggi il tribunale di Roma ha confermato l'associazione a delinquere di stampo mafioso. Ha confermato che è mafia. Questa sentenza non cancella gli anni di soprusi e violenze, ma è un risultato importante per chi vive in questa città. È la conferma che a Roma il clima è cambiato. Oggi si chiude un capitolo, ma la lotta per contrastare criminalità e mafia non si ferma. Io sarò sempre in prima linea». «È una sentenza storica che finalmente mette nero su bianco che Casamonica equivale a mafia ed un segnale importante da dare ai cittadini del nostro territorio», dichiara il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti. E l'avvocato Giulio Vasaturo, legale di parte civile per l'associazione antimafia Libera, sottolinea anche come il verdetto serva a «fare luce su una sequela di episodi di estorsione e violenza rimasti sino ad oggi impuniti, anche a causa della dilagante omertà imposta dal clan nel quadrante sud-est della capitale».

A differenza del Mondo di Mezzo, quell'ecosistema criminale che aveva messo le mani su Roma ma che secondo la Cassazione non rappresentava un'associazione mafiosa, al sistema Casamonica può applicarsi il 416 bis del codice penale: intimidazioni, omertà, delitti per controllare il territorio e le sue attività sono stati riscontrati. E ora le nuove condanne (dopo le 14 in rito abbreviato e i tre patteggiamenti nel maggio del 2019), sono un altro colpo al clan, che disponeva di numerosi capannoni, ville e villette con piscina, anche abusive, in parte distrutte e in parte confiscate e assegnate a realtà sociali. Una realtà venuta a galla con l'indagine 'Gramignà dei carabinieri, coordinata dai pm della Dda di piazzale Clodio che ha portato a una serie di arresti. Nella sua requisitoria il pm Giovanni Musarò ha sottolineato anche il ruolo svolto da due collaboratori di giustizia che hanno fornito agli inquirenti elementi preziosi per ricostruire la struttura criminale del clan.


Il documentario su Discovery

Dopo il documentario « Casamonica - Le mani su Roma», andato in onda sul Nove, che ricostruiva la storia, l'ascesa del clan e la mappa dei loro business criminali a Roma, nel giorno della sentenza del maxiprocesso da oggi su Discovery+ arriva lo speciale - in due episodi - «Casamonica - La resa dei conti». Scritto da Carmen Vogani, con la conduzione di Nello Trocchia, lo speciale è una produzione originale Videa Next Station a cura di Giulia Cerulli e racconta un processo durato due anni, che ha chiamato a testimoniare vittime ed ex membri della famiglia, attraverso interviste inedite ai principali protagonisti, intercettazioni e video esclusivi, tra cui una violenta aggressione che viene mostrata per la prima volta.
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Messaggioda Berto » lun set 13, 2021 8:50 pm

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