La grande presunzione degli idolatri cristiani

Re: La grande presunzione degli idolatri cristiani

Messaggioda Berto » sab gen 27, 2018 9:56 am

Il mito europeo e occidentale della civiltà greco-romana e giudaico-cristiana
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Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: La grande presunzione degli idolatri cristiani

Messaggioda Berto » gio mar 01, 2018 2:50 pm

E il giudice aprì la porta alla poligamia
Tommaso Scandroglio
20/02/2018

http://www.lanuovabq.it/it/e-il-giudice ... -poligamia


Per un uomo ucciso in un incidente stradale, un giudice vicentino riconosce il risarcimento a moglie e amante, elevando così l'adulterio a istituto giuridico. Ma è la logica conseguenza delle sentenze che in questi anni hanno cambiato il concetto di famiglia.

L’infedeltà fa bene al portafoglio. Questa potrebbe essere l’amara conclusione che si dovrebbe trarre dalla seguente vicenda fatta di tresche e soldi. Il 39enne Mirco Ronzani, di Lugo Vicentino, è sposato con Marzia Furlan di anni 44. Ronzani ha una relazione adulterina con la 33enne Arianna Gottardo. Un giorno lui e la Gottardo stanno attraversando una strada e un’auto investe l’uomo che ha appena il tempo di spingere lontano da sé l’amante la quale riesce a salvarsi. L’uomo invece morirà dopo 18 giorni.

Si va a processo e la donna che era al volante viene condannata ad un anno di reclusione per omicidio stradale. Pena poi sospesa. Nel processo sia la moglie che l’amante si costituiscono parte civile contro l’assicurazione della persona che ha investito per chiedere il risarcimento danni. La moglie ha chiesto 800mila euro, l’amante 200mila. L’avvocato che difende la moglie e il PM hanno chiesto al giudice di non consentire di aprire un contenzioso civile a favore dell’amante perché non risulterebbe dagli atti che ci si stata una relazione stabile tra il defunto traditore e la sopravvissuta traditrice. L’avvocato di quest’ultima invece ha fatto presente non solo che la relazione extraconiugale durava da sette mesi, come provano i tabulati telefonici, ma che il rapporto non si riduceva a una questione di letto ma tra di due era nata una forte progettualità: pare che ci fosse stata da parte sua una proposta di matrimonio, che i due avessero sperimentato una breve convivenza, che avessero l’intenzione di lavorare assieme e acquistare una casa.

Il giudice infine ha acconsentito alla richiesta della Gottardo: potrà chiedere in sede civile i danni. La moglie, è proprio il caso di dirlo, ne esce cornuta e mazziata.

Qualche pensierino in calce a questa storia di corna e pandette. In prima battuta e in punta di diritto parrebbe comprensibile la richiesta dell’amante: giusto risarcire i danni per la sofferenza patita a seguito della morte del partner. Ma a seguir questa logica della sofferenza patita, moltissimi sarebbero quelli che potrebbero mettersi in fila a batter cassa: parenti, amici, colleghi, compagni di calcetto del defunto che lamentano la sua morte. Invece l’orientamento giurisprudenziale ha premiato in genere solo gli stretti congiunti. Per quale motivo? Perché il vincolo formalizzato nel rapporto di matrimonio o il legame riconosciuto dal diritto che lega genitori e figli è indirettamente prova oggettiva che moglie e figli abbiano patito per la dipartita del coniuge e del genitore.

L’amante invece non è un istituto come quello matrimoniale o genitoriale. E’ un rapporto di fatto che, proprio in quanto rapporto di fatto, non ha valore giuridico. Invece il giudice vicentino riconoscendo che l’amante può chiedere il riconoscimento dei danni è come se indirettamente avesse riconosciuto un nuovo istituto giuridico: l’adulterio.

Il tradimento coniugale non è più reato da un po’ di tempo, ma questo non significa che il nostro ordinamento giuridico lo benedica. Nella prospettiva meramente giuridica l’adulterio è condotta tollerata, ossia un male da non sanzionare. Questo lo possiamo evincere almeno da due fatti giuridici: uno dei doveri di carattere civile in capo ai coniugi è ancora la fedeltà; l’infedeltà spesso ha ancora un peso (negativo) nelle vertenze che riguardano separazioni e divorzi.

Invece per il giudice vicentino la relazione adulterina della signorina Gottardo merita tutela giurisprudenziale, tanto che la stessa può chiedere risarcimento danni. Il valore giuridico della relazione fedifraga deriva da fatti, comportamenti, condotte, abitudini ormai consolidate in ben sette mesi (!) di frequentazione. E’ una vecchia argomentazione spesa più volte dai giudici in merito al tema delle convivenze e in specie di quelle omosessuali, soprattutto prima del varo della Cirinnà. Famiglia non è solo quella fondata sul matrimonio, ma quella nata dai fatti: vivere assieme, mettere al mondo dei figli, dividersi le spese della casa, fare progetti per il futuro, etc.

Come è la prassi a far nascere la famiglia, così è la prassi adulterina a costituire un rapporto significativo anche per il diritto, meritorio di tutela quasi come il rapporto di coniugio. Certo rimane la disparità di trattamento economico: 800mila euro alla moglie e solo 200mila all’amante. Se la relazione fosse durata un poco di più magari si aveva il coraggio di liquidare il dolore adulterino con una somma più ingente. Viene poi da suggerire alla moglie di chiedere il risarcimento danni all’Anna Karenina del vicentino per il dolore patito a seguito della notizia dell’infedeltà del marito.

Una postilla che vuole esprimere la preoccupazione più importante in questa storia. In tutta questa vicenda il pensiero va al povero investito morto dopo 18 giorni dall’incidente. Speriamo che abbia avuto modo e tempo di pentirsi, ossia di risarcire Dio delle offese a lui fatte.



Gino Quarelo
Mi pare giusto. La poligamia non c'entra nulla. E cosa mai c'entra Dio se due persone che non si trovano più decidono di separarsi e di rifarsi una famiglia? L'uomo non è bestiame di Dio tanto meno degli idoli delle religioni.
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Re: La grande presunzione degli idolatri cristiani

Messaggioda Berto » dom gen 06, 2019 8:30 am

???

UN TRADIMENTO "INAUDITO"
Andrea Cometti
28 Dicembre 2018

http://www.accademianuovaitalia.it/inde ... l-apostata

Ecco perché non ci arrenderemo mai. Nel giro di alcuni anni siamo stati derubati di tutto: come Italiani della nostra civiltà della nostra tradizione, come cattolici della nostra chiesa della nostra dottrina e della nostra fede di Francesco Lamendola

Ecco perché non ci arrenderemo mai

di

Francesco Lamendola

http://www.accademianuovaitalia.it/imag ... DE-178.gif

Nel giro di alcuni anni, all’incirca una generazione, siamo stati derubati di tutto: come europei, della nostra civiltà, della nostra tradizione, delle nostre stesse radici; come cristiani e cattolici, della nostra chiesa, della nostra dottrina e della nostra fede. E a perpetrare il furto sono state le massime autorità: coloro che avrebbero dovuto custodire, con somma cura e diligenza, anche a rischio della vita, il deposito che era stato affidato loro: la sovranità e la cittadinanza europea, la sacralità e l’inalterabilità della fede cristiana. A macchiarsi di questo inaudito tradimento, quale mai si era visto in passato, neppure nelle epoche più oscure, sono stati i capi di Stato e di governo, da una pare, i papi, i cardinali, i vescovi e una parte del clero, dall’altra. Ci è stata tolta la nostra ricchezza, ci è stata sottratta la nostra fierezza, siamo stati umiliati, derisi, sbeffeggiati; ora siamo anche minacciati, rispettivamente della prigione e della scomunica, se non ci decideremo a sottomerci. Ci si chiede di essere docili; di accettare il cambiamento; di fare buon viso a cattivo gioco, per noi e per i nostri figli. Ebbene, noi il capo non lo piegheremo mai: se lo scordino. Potranno imprigionarci, scomunicarci e perfino ucciderci, ma non ci arrenderemo. Mai. E per una buonissima ragione, che chiude qualsiasi spazio a possibili transazioni: che ciò a cui ci si chiede di rinunciare, ciò che ci si chiede di tradire, non è nostro. Non è di nostra proprietà, non rientra nei nostri beni, quindi non abbiamo alcun diritto su di esso. Ci è stato affidato, ma è di qualcun altro. La nostra civiltà è il frutto della fatica, del lavoro, del coraggio e della perseveranza di generazioni e generazioni di nostri antenati: non è nella nostra facoltà venderla o barattarla in cambio di qualcos’altro, lo si chiami in qualsiasi modo: multiculturalità, sincretismo, relativismo, nichilismo o come si preferisce. Quanto alla fede cattolica, la cosa è ancora più chiara, tanto che la capirebbe anche un bambino: la fede ci è stata insegnata da Gesù Cristo, la chiesa è stata fondata da Lui: dunque la fede è sua, la chiesa è sua, non nostra. Se fosse nostra, potremmo anche cedere: dopotutto, nessuno nasce eroe e nessuno è obbligato a fare l’ultimo giapponese. Ma se la chiesa appartiene a Gesù, è chiaro che noi non possiamo cederla: quand’anche lo volessimo, sarebbe impossibile. Dicano pure quel che vogliono; che ci minaccino, che ci lusinghino, che escogitino ogni possibile arte per ingannarci, per indurci a tradire: nulla di quanto possano fare avrà successo. Se la chiesa non è dei cattolici, ma di Dio, i cattolici non la possono vendere o abbandonare. E se anche legioni di cattivi teologi e di falsi pastori ci esortassero, ci supplicassero, ci ricattassero, non otterrebbero nulla: non acconsentiremo mai e poi mai, se lo levino dalla testa; non possiamo disporre di ciò che non è nostro, ma di un Altro; Uno che l’ha pagato a prezzo del suo sangue.


Nel giro di alcuni anni siamo stati derubati di tutto: come Italiani della nostra civiltà, della nostra tradizione come cattolici della nostra chiesa, della nostra dottrina e della nostra fede.

Se si trattasse di qualcosa che è di nostra proprietà, potremmo anche cedere. Immaginiamo di aver creato una società per azioni e che, dopo un po’ di anni, ci accorgessimo che il nostro socio ci sta ingannando, ci sta truffando, ci sta nascondendo una quota dei profitti: potremmo intentargli causa; oppure, valutato il pro e il contro, potremmo anche lasciar perdere. Dipende da tante cose: dal nostro temperamento; dalle prospettive di ottenere ragione; dalla nostra età, dal nostro stato di salute, dal valore che attribuiamo al denaro; dal fatto di avere dei figli o degli eredi ai quali lasciare i nostri beni, o di non aver nessuno. In ogni caso, sarebbe una scelta nostra, e nessuno avrebbe il diritto di criticarci. Oppure immaginiamo di aver militato, per tutta la vita, in un certo partito politico; e di vedere che i suoi dirigenti, a un certo punto, stanno tradendo i nostri ideali, stanno imboccando una strada completamente diversa da quella che quegli ideali imporrebbero. Potremmo protestare, potremmo strappare la nostra tessera, oppure potremmo chiuderci in un silenzio sdegnoso, o amareggiato; potremmo anche pensare che loro, forse, di politica ne capiscono più di noi, che devono adattarsi ai tempi, ai cambiamenti sociali; e che essere duri e puri, in fin dei conti, potrebbe anche essere un errore, perché fare politica è l’arte di calare gli ideali nella realtà concreta. Sia una società per azioni che un partito politico, tuttavia, sono cose interamente umane: e, per quanto chi le ha create possa essere stato animato anche da motivazioni ideali, nessuno può tirare in ballo una verità di ordine superiore, ma solo il gioco degli interessi e il desiderio di creare qualcosa, di dare una risposta a una determinata situazione. In fondo, è come in un matrimonio, o in una famiglia: sarebbe bello che i coniugi fossero sempre leali l’uno con l’altro, che i figli amassero e rispettassero i genitori, ma sappiamo che ciò può non avvenire, e che proprio nel matrimonio e nella famiglia si annidano, a volte, le più amare delusioni.


Se qualcuno nutrisse per caso dei dubbi sull’esistenza del diavolo e dell’inferno, non ha che da osservare quel che fa e che dice, e tutto quel che non fa e non dice, il signore argentino che indegnamente siede sulla cattedra di San Pietro; la luce malvagia che brilla nei suoi occhi quando offende, scandalizza, disorienta e addolora milioni di fedeli.

Umanamente parlando, anche il matrimonio più felice e la famiglia più armoniosa vivono appesi a un filo, sospesi perennemente sull’abisso: a volte basta poco, pochissimo, perché quella felicità e quell’armonia se ne vadano in mille pezzi, quasi senza causa apparente. Ma il fatto di essere cittadini italiani non è come entrare in una società per azioni, non è come aderire a un partito politico; non è neppure come contrarre un matrimonio o avere dei figli: è molto di più, perché italiani si nasce, è un dato originario, inscritto nella nostra essenza e nel nostro destino, un qualcosa che non si può scegliere, perché non dipende da noi. Si può tradire un socio in affari; si possono tradire i militanti di un partito; si può tradire un coniuge: ma ciascuna di tali azioni è pur sempre un atto volontario che restituisce libertà, e sia pure una libertà negativa, a chi, volontariamente, aveva contratto un sodalizio in certa misura artificiale. Ogni sodalizio è una creazione artificiale, compreso il matrimonio, anche se l’amore, si spera, stenderà una nota gentile e disinteressata su quello che è, formalmente, nient’altro che un contratto. Ma chi è italiano, perché nasce italiano, non compie una scelta, è: è quello che è e non potrebbe essere diversamente. Perciò chi lo tradisce nel suo essere italiano, che sia il suo sindaco o il presidente della Repubblica; chi lo inganna, chi lo disprezza, chi lo umilia, svendendo non solo la sua sicurezza, ma perfino il suo orgoglio di appartenenza, svuotando di significato la cittadinanza italiana e spalancando le porte a chiunque voglia entrare in Italia, chiedendo diritti e non osservando alcun dovere; oppure sottomettendosi a dei poteri extranazionali che ordinano di tagliare le spese sociali e accollano a ciascun cittadino gli interessi spropositati su un debito pubblico che quegli stessi poteri esterni hanno creato, o enormemente ingigantito: costui compie un tradimento senza uguali, un qualcosa di talmente mostruoso che a stento si arriva a concepire. Ancora più mostruoso, ancora più inconcepibile è il tradimento di chi, sacerdoti, vescovi, cardinali e papa, invece di custodire intatta la fede dei credenti, invece di difendere e proclamare la dottrina, si adoperano ogni giorno, con diabolica perseveranza e con astuzia infernale, per sgretolare la fede, per stravolgere la dottrina, e quindi per tradire centinaia di milioni di credenti.


Nuovo papa dei protestanti? Non s’illudano: noi non ce andremo mai, sono loro che devono uscire. Che siano coerenti e che fondino la loro chiesa protestante. A noi basta Gesù, Figlio di Dio: ci basta la fede dei nostri padri, delle nostre nonne. I Rahner e i Kasper li lasciamo ad altri...

Ecco; se qualcuno nutrisse per caso dei dubbi sull’esistenza del diavolo e dell’inferno, non ha che da osservare quel che fa e che dice, e tutto quel che non fa e non dice, il signore argentino che indegnamente siede sulla cattedra di San Pietro; la luce malvagia che brilla nei suoi occhi quando offende, scandalizza, disorienta e addolora milioni di fedeli, e si compiace della servile idolatria che le folle - sempre più assottigliate, in verità; ma questo i mass-media non lo dicono – gli tributano, in forme quasi superstiziose; e paragonare tutto ciò, e l’opera, altrettanto sciagurata, dei suoi servitori e di molti vescovi e sacerdoti, con quel che dicevano e facevano i papi del passato, fino allo sciagurato Concilio Vaticano II; perché, inutile girarci attorno, è quello lo spartiacque, e non altro. Ora stiamo assistendo a un’impressionante accelerazione della strategia autodistruttiva da parte del clero apostatico; ma l’apostasia è partita da lì: non dal post-concilio, da una deformazione dei suoi documenti, da una serie di abusi e di forzature delle sue affermazioni. Quando mai un papa, parlando ai fedeli nel corso di un’omelia della santa Messa, ha chiamato cani selvaggi quelli che lo criticano? Eppure il signore argentino lo ha fatto, poco dopo l’affare Viganò: invece di rispondere a quel dossier – lui non risponde mai, lo si era già visto coi dubia dei quattro cardinali – ha chiamato cani selvaggi quelli che lo criticano, e pur se non li ha citati esplicitamente, tutti quanti hanno capito a chi si riferiva. Come ha osservato Marcello Veneziani, che non è sospettabile di simpatie integraliste e tradizionaliste, questo signore, fin da quando è stato eletto – ma bisogna vedere, appunto, come è stato eletto: ad opera di una congiura massonica che i suoi autori non si sono neanche dati la pena di nascondere più di tanto – si è posto l’obiettivo di spaccare la chiesa, di cacciare i cattolici che non ci stanno e di farli sentire in colpa, costringendoli ad andarsene. È lui, e non loro, ad aver lanciato l’attacco: è lui a portare la responsabilità di questo fatto senza precedenti nella storia: di un papa che vuol creare uno scisma, che vuole rompere del tutto con la tradizione, che vuole instaurare, forse, una nuova religione, nella quale il cattolicesimo sarà solo, annacquato e geneticamente modificato, una delle componenti. Per questo sceglie di parlare ai non cattolici; per questo va in visita nei Paesi non cattolici; per questo non parla di Gesù Cristo, se appena ne può fare a meno; per questo non difende la dottrina, ma l’attacca; e per questo rifiuta perfino d’impartire una benedizione ai fedeli, o di rivolgesi a loro con un linguaggio religioso. Per questo corteggia i protestanti, i giudei, gli islamici; per questo parla sempre e solo di politica; per questo gode ad apparire come l’icona mondiale delle sinistre, siano queste di stampo liberale o di stampo radicale. Per questo ostenta stima verso la Bonino e amicizia verso Scalfari; per questo esalta don Milani, ma tace padre Pio; per questo magnifica i ribelli e ignora i veri Santi, i mistici, le anime spirituali; per questo fa stampare francobolli in onore di Lutero e minimizza i cinquecento anni delle apparizioni di Fatima: ha fastidio del culto mariano, ha fastidio della pietà cattolica, ha fastidio della vera devozione. E per questo permette all’eretico Enzo Bianchi di asserire che Gesù Cristo era solo un profeta; per questo consente alla Comunità di Sant’Egidio di trasformare chiese e basiliche in sale mensa per i poveri; per questo ha finto di non vedere l’eutanasia perpetrata sul piccolo Alfie Evans, e ha lasciato che i vescovi inglesi ringraziassero quell’ospedale per ciò che aveva fatto; per questo ha fatto commissariare i francescani dell’Immacolata, spingendoli a uscire a centinaia dalle loro case; per questo si rifiuta di fare pulizia nell’orribile congrega di pervertiti che spadroneggia nelle sacre stanze e che profana la santità di molte curie vescovili. Ormai bisogna essere ciechi per non vedere chi è e che cosa vuole fare costui: è passato il tempo della prudenza, dell’esitazione: è arrivato il momento di alzarsi in piedi e dire no, gridare basta allo scempio diabolico che costui vuole fare a danno dei fedeli.


Hanno usurpato la Sposa di Cristo ! Non possiamo consentire a questo signore argentino, ignorante, narcisista, squilibrato, cinico e insolente, di distruggere un’opera che è stata realizzata a così caro prezzo.

La chiesa non è sua, e neppure nostra. È stata voluta da Gesù Cristo, è stata difesa con il sangue da decine di generazioni di fedeli; i martiri della fede si contano a milioni nel corso della storia. Non possiamo consentire a questo signore argentino, ignorante, narcisista, squilibrato, cinico e insolente, di distruggere un’opera che è stata realizzata a così caro prezzo; non possiamo permettere a una generazione di preti da nulla, infarciti di politica di basso profilo, gonfi di pregiudizi ideologici, senza nulla di spirituale, senza nulla di cristiano, di usurpare le loro parrocchie, perfino di chiude le chiese, a loro piacimento, nel giorno di Natale, per protestare, come dicono, contro il decreto sicurezza voluto dal ministro Salvini. Questi signori vanno cacciati a pedate nel sedere. Le chiese non sono loro, la santa Messa non è loro. Se si permettono di abolirla, offendono i fedeli e li privano del loro nutrimento spirituale: il Sangue e la Carne di Gesù Cristo. La cosa, dal loro punto di vista, si spiega e non è poi tanto grave: per loro la Messa è ben altro; non è il rinnovarsi del Sacrificio di Cristo, ma un pulpito dal quale distribuire sermoni di carattere politico e sociale. Questi infingardi sfrontati hanno usurpato la Sposa di Cristo, la manomettono, la insozzano: gente che, se lavorasse nel privato, verrebbe licenziata in tronco in meno di ventiquattro ore, perché si comporta come se avesse il diritto di fare o dire qualsiasi cosa, anche la più contraria allo spirito del lavoro che sono chiamati a svolgere. Guadagnano male il loro salario, così come abusano di tutti i beni materiali che la pietà dei fedeli ha accumulato nel corso dei secoli. Le chiese, i seminari, le curie episcopali, gli uffici diocesani, gli oratori, le parrocchie, le missioni, il denaro per mandare avanti tutto ciò, non è loro: è stato loro affidato, affinché lo adoperino per i fini della religione cattolica. Per aiutare i poveri, gli orfani, le vedove; ma anche per diffondere la verità di Cristo, per convertire il mondo: non per inchinarsi davanti al mondo, né per approvare l’immoralità del mondo. Che ci fa la signora Bonino nelle chiese cattoliche? Che ci fanno i sacerdoti gay, gli animatori parrocchiali gay, che si proclamano tali in pubblico? Che ci fanno le mense dentro le chiese, nei luoghi di preghiera? Non ci sono altri locali per allestire il pranzo di Natale? Bisogna proprio farlo dentro le basiliche? Sì: essi vogliono farlo proprio lì al preciso scopo di desacralizzare le chiese, di desacralizzare la religione, di ridurre Gesù, come dice l’eretico Enzo Bianchi, e come vorrebbe l’indegno signore argentino, al ruolo di un semplice profeta. Ebbene, non s’illudano: noi non ce andremo mai, sono loro che devono uscire. Che siano coerenti e che fondino la loro chiesa protestante. A noi basta Gesù, Figlio di Dio: ci basta la fede dei nostri padri, delle nostre nonne. I Rahner e i Kasper li lasciamo ad altri...


Alberto Pento
Tutto ciò è una conseguenza della presunzione, dell'esaltazione e del fanatismo idolatra e utopistico delle religioni, in questo caso del cristianismo con le sue sette.
Il dialogo interreligioso tra le sette cristiane è una necessità per i cristiani, poiché Cristo è uno solo;
lo è anche tra le altre e tutte le religioni della terra onde evitare i conflitti e le guerre religiose che hanno insanguinato e che ancora insanguinano il Mondo.
A mio modestissimo parere di aidolo, il solo modo per risolvere la cosa del dialogo interreligioso e della pace religiosa è di andare oltre le religioni, i loro idoli o interpretazioni del divino e la loro idolatria, ritrovando la spiritualità naturale e universale areligiosa.
Il primo passo per tutti è quello di rinunciare alla presunzione idolatra e fanatica dell'assolutismo, imperialismo, universalismo, proselitismo, missionarismo proprio di ogni religione e di denunciare e criticare gli eccessi e le pratiche disumane di ogni religione che questo comporta.



L'assurda, irragionevole e idolatra eresia cristiana
viewtopic.php?f=199&t=2589


Una religione così non è una buona religione ma un male dello spirito
viewtopic.php?f=199&t=2590


Dialogo interreligioso - la Nostra Aetate e l'Islam
viewtopic.php?f=24&t=2561


Missionarismo e proselitismo come debolezza e inconsistenza spirituale e imperialismo religioso e politico
viewtopic.php?f=24&t=2487
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Re: La grande presunzione degli idolatri cristiani

Messaggioda Berto » ven lug 31, 2020 7:41 am

Libertà, spiritualità e religione, scienza, caso e fede
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 141&t=2657
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Re: La grande presunzione degli idolatri cristiani

Messaggioda Berto » ven lug 31, 2020 7:42 am

Il Medioevo cristiano, un’epoca buia? 9 “invenzioni” smentiscono questa bufala
Alcune delle quali hanno avuto proprio dei cristiani come inventori
14 gennaio 2017


https://it.aleteia.org/2017/01/14/il-me ... ufala/amp/


Il Medioevo, un periodo buio caratterizzato da oscurantismo e arretratezza culturale e scientifica a causa dell’ampia diffusione del Cristianesimo? Sarebbe un grave errore etichettarlo in quel modo. Il Medioevo è stato ben altro. E cioè un periodo storico vivo e segnato da grandi scoperte, alcune delle quali di cui sono artefici proprio i cristiani.

1) OSPEDALE

Giorgio Cosmacini, docente di Storia della medicina presso l’Università Vita-Salute San Raffaele e l’Università degli Studi di Milano, scrive: «il valore dell’ospitalità era solo marginalmente noto nel mondo classico. Era il Medioevo cristiano a dare fondamento etico alla hospitalitas: comandamento condiviso, come servizio reso al bisognoso e al sofferente nell’ambito di un cristianesimo che si proclamava religione dei poveri […]».

«Tali opere ricevevano una loro organizzazione da parte della Chiesa primitiva: i diaconi erano “ministri” delegati dai vescovi ad amministrare la distribuzione di viveri ed elemosine, l’assistenza a vedove ed orfani, l’alloggio a poveri e ammalati. Le prime “case ospitali” o domus episcopi, sorte accanto alle residenze vescovili, erano gli archetipi delle istituzioni ospitaliere […]. Sotto l’autorità di un vescovo nascevano case ospitali urbane, sotto l’autorità di un abate, stanze ospitali venivano allestite nei monasteri» (G. Cosmacini, L’arte lunga. La storia della medicina dall’antichità a oggi, Laterza 2009, pp. 118,120).

2) OCCHIALI

Le prime innovazioni tecnologiche si hanno, in Occidente, nel XIII° secolo. Il frate domenicano Alessandro della Spina, a cavallo tra il 1285 e il 1289, sarebbe stato il primo inventore di lenti convesse, atte cioè a facilitare la vista di chi vede male da vicino (presbiopia). Poco prima, nel 1268, l’inglese Ruggero Bacone teorizzò l’uso di lenti per migliorare la visione degli oggetti. In ogni caso, dalla fine del XIII° secolo vi fu un susseguirsi di innovazioni e di soluzioni pratiche per rendere più facile l’utilizzo delle lenti. La loro realizzazione rimase tuttavia, per molto tempo, un’attività molto specializzata, in cui si distinsero soprattutto i vetrai veneziani di Murano.

In origine, gli occhiali erano formati da superfici di cristallo di rocca con particolari angolature, tenute insieme da strisce di cuoio e da un perno, che ne garantiva un approssimativo fissaggio al naso. Un laccio di cuoio, che passava dietro la nuca, contribuiva a un solido fissaggio alla testa (www.treccani.it)

3) MULINI AD ACQUA

Fu invece a partire dal IX secolo che i mulini ad acqua simili a come noi oggi li conosciamo cominciarono a comparire in Europa, parallelamente alla progressiva abolizione della schiavitù: un mulino semplice infatti permetteva di macinare in un’ora circa 150 chilogrammi di grano, cosa che invece fino ad allora si poteva fare solo utilizzando quaranta schiavi, che, anche se non dovevano essere pagati, andavano comunque evidentemente mantenuti.

4) ARATRO PESANTE

Attorno all’undicesimo secolo, però, nel nord della Francia fece la sua comparsa un nuovo tipo di aratro, chiamato presto aratro pesante, in cui il vomere era asimmetrico, mentre lo strumento in generale era dotato di ruote e, dato che non doveva più essere per forza spinto da un uomo e poteva essere quindi appesantito per farlo entrare più in profondità, necessitava di essere attaccato a buoi o cavalli.

5) OROLOGI

Comparsi nel corso del XIII secolo, i primi orologi meccanici si trovarono in breve tempo a sostituire varie forme di misura del tempo diffuse fin dall’antichità, basate su meridiane, clessidre e perfino orologi idraulici che erano già noti a greci e romani ma che avevano trovato nuova diffusione proprio nei secoli medievali.

6) STAMPA A CARATTERI MOBILI

La stampa a caratteri mobili creata da Johann Gutenberg nel 1455 a Magonza. Anche in questo caso in realtà, come abbiamo già segnalato per l’orologio, l’invenzione europea non fu la prima in assoluto, visto che in Cina una tecnica molto simile era stata già creata nel 1041 dall’inventore Bi Sheng, tecnica che probabilmente era però ignota a Gutenberg e agli europei del tempo.

7) SETTE NOTE

Le sette ‎note esistono da sempre, ma sapevate che la loro denominazione ha origine nel Medioevo? Guido d’Arezzo, monaco benedettino, nell’XI sec. nominò ciascuna nota con le prime sillabe dei primi sei versi dell’inno “Ut queant laxis” dedicato a San Giovanni Battista.

«UTqueant laxis

REsonare fibris

MIra gestorum

FAmuli tuorum

SOLve polluti

LAbii reatum

Sancte Johannes»

8) BUSSOLA

La bussola fece la sua comparsa sulle sponde del Mediterraneo nel Medioevo. E innescò un malinteso storico che continuò a propagarsi, con tanto di curiose conseguenze, fino ai giorni nostri.

Nel vecchio continente, il primo riferimento che la riguarda è dell’erudito inglese Alexander Neckam, che la menziona nel De nominibus utensilium (ca. 1180) e già all’inizio del Trecento era uno strumento ben noto. La troviamo nelle cronache del domenicano Giordano da Pisa (1260 – 1311), che scrive: “pare una vile pietra, ma essa è carissima” e, per chiarirne il valore, commenta che sarebbe meglio perdere uno smeraldo che una bussola.

9) CHIOCCIOLA

Il simbolo @ è arrivato lemme lemme fino a noi da secoli che qualcuno ancora si ostina a ricordare come “oscuri”. La chiocciolina che usiamo ogni giorno nella posta elettronica, appare in un codice miniato del Trecento scritto in bulgaro che è conservato nella Biblioteca Vaticana insieme a un altro milione e mezzo di rari e preziosissimi libri.

Nell’antico testo la @ è la prima lettera della parola amen. Spunta in una pagina della “Σύνοψις ἰστορική”, una cronaca universale in 6733 versi politici scritta da Costantino Manasse, nella quale l’intellettuale bizantino volle raccontare la storia del mondo, dagli inizi fino alla morte dell’imperatore d’oriente Niceforo III Botaniate (1002 -1081).




Alberto Pento
Non si tratta di scoperte, innovazioni, tecnologie legate alla religione cristiana. Non sono cristiane ma europee prodotte non dalla fede ma dalla ragione dell'uomo europeo che era anche cristiano ma non solo.
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