Cristiani en Marok

Re: Cristiani en Marok

Messaggioda Berto » gio mar 30, 2017 1:09 pm

Marokinà (marocchinate)
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Re: Cristiani en Marok

Messaggioda Berto » gio apr 06, 2017 7:04 am

Non si converte all'Islam, gli negano i documenti per il matrimonio
Giovedì 9 Marzo 2017
di Paola Treppo

http://www.ilgazzettino.it/nordest/vero ... 07277.html

UDINE - Non accetta di convertirsi alla religione islamica e alla donna che vuole sposare, una marocchina di 45 anni che dal 2010 vive e lavora in Friuli, viene negato il documento per poter avviare le pratiche per convolare a notte con rito civile. È successo a una coppia che vive nella zona collinare del Friuli, in provincia di Udine.

Lui, Renzo, la conosce per lavoro: lei fa la badante e ha un figlio. Lui è cattolico. Lei di religione musulmana. Ma questo non impedisce loro di piacersi e volersi sposare. Così Renzo la accompagna al Consolato, a Verona, per tutte le pratiche necessarie. Per procedere con tutte le pratiche per il matrimonio civile, infatti, servono specifici documenti.

«Tutto stava andando per il meglio, ma poi in Consolato mi è stato chiesto se fossi intenzionato a convertirmi alla religione islamica - dice Renzo -. Io ho risposto che sono cristiano e che la religione islamica non la conosco e che in ogni caso non sono intenzionato a farlo. A quel punto mi è stato detto che non possono rilasciare i documenti necessari per le nozze. Perché non mi converto. Sono rimasto stupefatto. Una donna marocchina, insomma, non è libera neanche in Italia».


La donna nel mondo arabo, islamico, mussulmano
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Re: Cristiani en Marok

Messaggioda Berto » mar mag 19, 2020 8:46 pm

I cristiani marocchini chiedono maggiore libertà religiosa: appello al Papa
AFRICA/MAROCCO
18 marzo 2019

http://www.fides.org/it/news/65739-AFRI ... lo_al_Papa

Fés (Agenzia Fides) – A due settimane dalla visita di Papa Francesco in Marocco, prevista il 30 e 31 marzo, il Comitato cristiano marocchino (CCM) ha inviato una lettera aperta a Papa Francesco, chiedendo l’intervento della Santa Sede su un tema che sta loro molto a cuore: la libertà religiosa nel paese.
I battezzati rappresentano solo l'1,1% della popolazione (circa 380mila su 33,6 milioni di abitanti, in maggioranza musulmani) e sono perlopiù di confessione evangelica. Nella lettera aperta, pubblicata dal quotidiano “Al Massae”, si segnalano alcune “violazioni della libertà religiosa dei cristiani” e si accusano i servizi di sicurezza marocchini di “perseguitare i cristiani con continui arresti illegali”.
Nel testo, pervenuto all’Agenzia Fides, il Comitato afferma che alcuni funzionari di polizia marocchini “hanno arrestato, torturato, maltrattato e anche privato dei documenti di identità alcune persone, per avere proclamato la loro religione o aderito alle preghiere in chiese clandestine. Inoltre le autorità hanno espulso centinaia di stranieri accusati di proselitismo”.
Il Comitato supporta l'Associazione marocchina per i diritti e la libertà religiose, e l'Associazione marocchina per i diritti umani, organismi non riconosciuti ufficialmente che, afferma la lettera, “difendono la libertà religiosa, registra le violazioni e accoglie gli ahmadi, gli sciiti, i cristiani e gli Ibaditi”.
Il Re Mohammed VI – riconosce il Comitato – sta portando avanti importanti iniziative per fare del Marocco un paese tollerante. Non si deve dimenticare la “Conferenza sui diritti delle minoranze religiose nei Paesi islamici” organizzata nel 2016. Tuttavia “sono ancora tanti i funzionari marocchini che discriminano i cristiani”, rileva il testo. (MP/AP) (18/3/2019 Agenzia Fides)
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Re: Cristiani en Marok

Messaggioda Berto » mar mag 19, 2020 8:46 pm

Dall'islam al cristianesimo di Zouhir Louassini
Arabpress.eu
Zouhir Louassini
03-05-2018

http://arabpress.eu/dall-islam-al-cristianesimo/79218/

«Non vengo dalla luna. Ho una carta d’identità marocchina, bevo il tè verde, indosso l’abito tradizionale, la djellabah, ma sono cristiano». Sono parole di Mustapha Soussi, figlio di un imam, che ha deciso di cercare la sua strada. Dopo gli studi coranici imposti dal padre a Taroudant, ottanta chilometri da Agadir, Mustapha decise di compiere uno studio comparativo dei due testi sacri dell’islam e del cristianesimo, il Corano e la Bibbia.

«Cercavo pace, una pace spirituale, ma non riuscivo a trovare nel Corano le risposte alle mie domande» ha spiegato Mustapha in un’intervista su «El País» del 14 gennaio scorso. «Ho iniziato a indagare sul cristianesimo. Volevo conoscerlo attraverso le parole dei cristiani, non dei musulmani. Nel 1988 riuscii a contattare un’associazione che si trova a Málaga, in Spagna. Nel 1994, dopo un mese di meditazione in solitudine, decisi di diventare cristiano».

Mustapha racconta spesso di sentirsi meno solo da quando è entrato in contatto con altri cristiani marocchini. Da lì è nato il desiderio di lasciare l’anonimato dando vita a un’associazione e a un sito internet usato come mezzo di diffusione, condivisione e solidarietà.

Il 27 marzo 2017 i rappresentanti del coordinamento dei cristiani marocchini si sono incontrati con il presidente del Consiglio nazionale dei diritti umani per presentare le loro richieste: libertà di culto e di frequentare le chiese, come prevede la costituzione, diritto di essere sepolti nei cimiteri cristiani e infine esenzione per i loro figli dall’insegnamento islamico impartito nelle scuole pubbliche e private. Il consiglio non ha ancora risposto.

Nel frattempo, i cristiani in Marocco continuano a rivendicare il loro diritto alla libertà di culto e alla pratica della fede, in conformità con la legge. Infatti la costituzione stabilisce, all’articolo 41, che il re è «il garante del libero esercizio del culto». Un riconoscimento al livello più alto che, per il coordinamento dei cristiani marocchini, è ora di rendere effettivo.

Oggi vivere la propria fede in libertà dovrebbe essere normale, assodato, garantito: sembra ovvio che ognuno abbia il diritto di scegliersi la propria strada spirituale. Purtroppo, però, la libertà religiosa in tanti paesi musulmani è ancora un tabù. In alcuni casi è persino pericoloso mettere in dubbio o contraddire la fede praticata dalla maggioranza. La vicenda marocchina conferma al contrario che nel mondo islamico di oggi l’unica costante, riscontrabile ovunque, è il cambiamento.

La storia di Mustapha e dei cristiani marocchini dimostra quante siano le sfumature e quali i caratteri originali e quali quelli mutevoli di una parte del mondo raccontata troppo spesso attraverso stereotipi e pregiudizi. Il terrorismo di matrice islamica, così presente nei media occidentali, non dovrebbe eclissare una realtà complessa, stratificata e in piena trasformazione. Se ci pensiamo bene, questi cambiamenti rispondono a un’evoluzione naturale che il fanatismo religioso non ha mai capito o che, peggio, ha rifiutato di accettare. Il cosiddetto califfato, per esempio, con la sua azione politica e religiosa ha portato tanti seguaci di Maometto a cercare altre strade per trovare la pace spirituale, perché ha innescato e rinvigorito, anziché annichilirlo, un processo di cambiamento in atto ovunque.

Cristo — ed è il caso di Mustapha — si è presentato come una possibilità reale e concreta per tanti marocchini che cercavano un messaggio d’amore. Un messaggio semplice e chiaro che molti, nati cristiani, spesso dimenticano quando sono chiamati ad agire contro l’ingiustizia e l’iniquità del mondo che tutti ci ospita.
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Re: Cristiani en Marok

Messaggioda Berto » gio mar 11, 2021 10:14 pm

La testimonianza di monsignor D’Ercole. «Io vescovo, fra i monaci in Marocco»
Giovani D'Ercole
7 febbraio 2021


https://www.avvenire.it/chiesa/pagine/i ... llamicizia

Nel buio della notte, il richiamo tintinnante di una campanella ricorda a tutti che sono le 3.45 e fra quindici minuti, alle quattro in punto, ci si ritrova in chiesa per l’Ufficio delle Letture secondo la tradizione monastica. Comincia così la giornata nel monastero Nôtre Dame de l’Atlas di trappisti di stretta osservanza, a Midelt, città di circa ottantamila abitanti, situata nell’est del Marocco, a milleseicento metri di altitudine, in un altipiano desertico abbracciato dalle montagne della cordigliera dell’Atlante. Sette gli appuntamenti di preghiera comunitaria durante il giorno, che ritmano e scandiscono la vita del monastero.

Si susseguono con un orario sempre uguale fino alle 20 quando, al termine della Compieta, il canto calmo e meditativo della Salve Regina in latino e subito dopo i rintocchi della campana per la recita dell’Angelus congedano i monaci che si ritirano nelle loro celle povere ed essenziali, senza nemmeno i riscaldamenti nonostante la rigidità dell’inverno. Niente radio, niente televisione, niente chiacchierate dopo cena: di giorno, ancor più di notte regna il silenzio, spazio vitale per la contemplazione e l’ascolto di Dio. Il monaco per definizione è «cercatore di Dio» e lo fa soprattutto conservando il cuore nel silenzio. Molto spesso in contemporanea al suono della campana del monastero si sente l’invito dei muezzin delle vicine moschee che esortano i credenti dell’islam alle rituali cinque preghiere quotidiane. Per un’interessante coincidenza i cristiani e i fedeli musulmani si ritrova- no così a incontrare Dio quasi alle stesse ore.

Si vive una coabitazione interreligiosa pacifica qui in Marocco, dove la presenza cristiana è «insignificante », come ama dire il cardinale Cristóbal López Romero, arcivescovo di Rabat, data la sua esiguità: 35mila cristiani su una popolazione di oltre 35 milioni di abitanti. Presenza però «significativa » perché comunità davvero cattolica cioè multietnica, formata soprattutto di uomini e giovani di tante nazionalità diverse. I marocchini, «cristiani di cuore», vivono la fede in Gesù Cristo di nascosto, e per questo è difficile quantificarne la consistenza numerica.

Ma da alcune fonti ben informate mi è stato detto che sono in crescita. A Midelt non c’è ormai più parrocchia da oltre venti anni, e la minuscola comunità cattolica s’incontra per la Messa domenicale e nelle feste nel monastero. I membri si contano nelle dita delle mani: cinque monaci di varie nazionalità, un eremita canadese, tre suore Francescane dell’Immacolata e, quando capita, qualche lavoratore straniero o visitatore di passaggio.

Tale minuto e variegato stuolo di credenti mostra la povertà e al tempo stesso la ricchezza di essere un piccolo seme in una terra di fede islamica, chiamato a testimoniare il Vangelo con il «linguaggio dell’amicizia». L’accesso al monastero è protetto giorno e notte dalla polizia, un gesto di attenzione da parte del governo marocchino verso la comunità monastica trasferitasi dall’Algeria nel 2000, essendo resasi impossibile la permanenza a Tibhirine dopo l’ eccidio nel 1996 di ben sette monaci, beatificati l’8 dicembre 2008 insieme ad altri religiosi, religiose e laici. In tutto 19 martiri, compreso il vescovo di Orano, Pierre Claverie. Qui vive attualmente l’unico superstite della Trappa di Tibhirine, padre Jean Pierre Shoumacher, novantasettenne, il quale ricorda spesso che insieme ai cristiani sono stati uccisi in Algeria diversi musulmani rimasti fedelmente accanto alla comunità cattolica. Per la gente di Midelt il monastero è zona «sacra», e i monaci godono di stima e simpatia perché in tanti modi testimoniano il carisma dell’accoglienza e del «dialogo dell’amicizia» con l’islam, eredità raccolta dalla comunità di Tibhirine.

Essi si definiscono una «comunità orante fra un popolo che prega» e, con uno stile di vita semplice e povero, intendono radicarsi come possibile a monaci di vita contemplativa nell’ambiente sociale che li circonda. Il loro desiderio di incrementare lo spirito di fraterna amicizia con l’islam emerge dai frequenti richiami nella preghiera comunitaria e da alcune iniziative che furono avviate da diversi decenni già a Tibhirine. Merita particolare attenzione il Ribât es Salam, che in italiano suona come il «Legame di pace ». È un gruppo misto di cristiani e musulmani, che s’incontrano due volte l’anno per condividere le loro esperienze di preghiera e per approfondire temi di spiritualità delle due fedi, presi di volta in volta dalla Bibbia e dal Corano. A dar vita al Ribât es Salam è stato padre Christian de Chergé, priore della comunità di Tibhirine, insieme all’allora padre Claude Rault, vescovo oggi del Sahara.

Per chi, come me, s’affaccia per la prima volta a queste realtà d’incontro con l’islam c’è tutto da scoprire e da capire. I monaci parlano della speranza presente nel dialogo fra cristiani e fedeli della religione islamica e il Ribât es Salam costituisce – essi sostengono – un vero «laboratorio» di rinnovamento spirituale in un clima di mutuo rispetto e reciproca amicizia, seguendo le orme di Charles de Foucauld. La pandemia del Covid-19 ha di certo rallentato questi incontri, come pure ha forzatamente ridotto l’accoglienza di persone e gruppi che il monastero è solito ospitare da Pasqua a novembre, offrendo a ciascuno l’opportunità di conoscere il mondo islamico e le potenzialità di dialogo. In monastero si sosta però soprattutto per un tempo di preghiera, di riflessione e di condivisione della vita monastica. Si viene qui anche per meglio conoscere i sette monaci martiri di Tibhirine grazie ad un memoriale recentemente costruito, che ne rievoca la storia e i tratti significativi della loro forte spiritualità carismatica.

È possibile inoltre familiarizzare con la storia dei pionieri dell’evangelizzazione in Marocco, tra i quali Elisabeth Lafourcade, medico francese che ha consumato la sua vita fra il popolo berbero, e padre Albert Peyriguère, fedele discepolo di Charles de Foucauld, le cui spoglie mortali riposano in una cappella accanto alla foresteria del monastero. Dopo le dimissioni da vescovo di Ascoli Piceno il 29 ottobre scorso, anche io ho scelto questo monastero per un lungo periodo di ricarica spirituale a contatto con monaci, che mi hanno accolto a braccia aperte e subito integrato nella comunità. «Non è possibile la pace senza l’adorazione». Dopo circa tre mesi di vita monastica ho compreso sempre più la ricchezza del silenzio come spazio dell’ascolto di Dio e l’urgenza di riproporre la preghiera contemplativa e il dialogo dell’amicizia come antidoto alla dispersione e alla crisi d’identità che mina la serenità e la speranza di tanti cristiani.
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