El Papa creistian, catołego roman, no lè Cristo

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Messaggioda Berto » gio mar 03, 2016 3:00 pm

Dopo il mondo ortodosso, l'islam: la geopolitica della fede
Alberto Bobbio

http://www.famigliacristiana.it/articol ... -fede.aspx

Prima la sinagoga e ora la moschea di Roma, visita annunciata durante l’Anno santo della misericordia perché questo giubileo si misura anche sugli incontri con le altre religioni. Dopo il summit con il Patriarca di Mosca Kirill, Bergoglio prosegue sulla strade del dialogo e la Santa Sede fa sapere di un summit tra il Papa e il Grande Imam di al-Azhar, la più prestigiosa università sunnita del mondo. Una delegazione vaticana è stata in Egitto apposta per portare l’invito di papa Francesco. E lui sul volo di ritorno dal Messico ha confermato e ha detto, quasi utilizzando le stesse parole che spese un anno fa per Kirill, che è suo desiderio incontrarlo e anche l’Imam rettore è della stessa opinione.

La Santa Sede sia dal punto di vista diplomatico, che da quello religioso non ha mai interrotto i rapporti con i Paesi musulmani, arabi e non arabi. E’ accaduto con l’Iran sciita e con l’ampio mondo sunnita. L’ultima occasione è stata la partecipazione del cardinale francese Jean-Louis Tauran, pochi giorni fa, al summit interreligioso di Doha. Tauran è un uomo che ben riassume in sé le caratteristiche necessarie a continuare sulla via del dialogo, poiché è presidente del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso, ma è stato anche a capo della diplomazia vaticana, come ministro degli esteri della Santa Sede. E tutti gli riconoscono la dote di gran tessitore, caratteristica oggi principale del papa e del pontificato.

La Santa Sede ha avuto un ruolo importante per ripristinare cittadinanza internazionale all’Iran sciita e il presidente Rohani lo ha riconosciuto volendo vedere il Papa nella sua prima uscita pubblica dopo la fine delle sanzioni. Ma contestualmente la Santa Sede non ha interrotto il lavoro di tessitura e di ricucitura dei rapporti con i sunniti. Serviva, però, un annuncio che avesse anche valore sulla scena mediatica. E così prima si è parlato della visita alla moschea di Roma, che dipende dalle autorità saudite, e poi del summit a Roma con il Grande Iman di al-Azhar.

I rapporti con al-Azhar sono congelati dal 2011, quando Benedetto XVI aveva espresso rammarico per la poca protezione offerta i cristiani copti in Egitto, colpiti da un attentato ad una chiesa ad Alessandria d’Egitto costato 21 morti tra i fedeli. Il Cairo si era risentito e aveva richiamato l’ambasciatore presso la Santa Sede e l’università aveva sospeso ogni rapporti con il Vaticano, evocando di nuovo il famoso discorso di Ratisbona.
La diplomazia di Francesco e il suo stile hanno fatto la differenza. E dopo la visita di Rohani in Vaticano l’inquieto mondo sunnita rischiava di rimanere fuori dalla porta non affatto per volontà della Santa Sede, ma a causa delle proprie divisioni interne. La Santa Sede ha offerto una mano e ha rimesso i sunniti al centro del gioco.

Non è dunque solo una tappa del normale dialogo interreligioso, ma è un gesto che nell’attuale situazione mediorientale non si può definire piccolo passo. Tutti sono preoccupati dell’avanzata del Califfato e della propaganda sulle masse musulmane dell’uso della violenza in nome di Dio. Lo sono i cristiani e la Santa Sede, ma lo sono anche i musulmani. Al vertice di Doha, pochi giorni fa, è stato detto con grande chiarezza da parte degli esponenti sunniti. Anche al-Azhar lo ha fatto più volte condannato lo Stato Islamico del Califfato.
Ma le sue posizioni sono state quasi sempre relegate in un cono d’ombra mediatico. Un incontro tra il Grande Imam e il Papa, magari contestualmente ad una visita di Bergoglio alla moschea di Roma, può servire a sostenere l’Islam nella lotta contro l’Isis e ad aiutarlo ad affrontare la crisi interna, standogli vicino.
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Re: El Papa creistian

Messaggioda Berto » ven mar 04, 2016 8:01 am

Preti pedofili, basta silenzi: Pell si dimetta
Francesco dall'inizio del pontificato ha duramente attaccato i sacerdoti pedofili. Eppure, nonostante le accuse di decine di vittime e quelle dei giudici australiani, il cardinale George Pell, braccio destro di Bergoglio finito nel mirino della Commissione d'inchiesta di Camberra, resta saldo sulla sua poltrona. Ma sul tema delicato della pedofilia non possono esserci tentennamenti. Né salvacondotti personali
di Emiliano Fittipaldi
03 marzo 2016

http://espresso.repubblica.it/inchieste ... l-1.252399

Papa Francesco non può più aspettare. Dopo le audizioni di questi giorni davanti ai giudici della commissione d'inchiesta del governo australiano sulla pedofilia, il cardinale George Pell – che Bergoglio stesso aveva chiamato nella Santa Sede tre anni fa – non può più rimanere sulla sua poltrona.

Deve dimettersi subito, lasciando ad altri la guida del più importante ministero vaticano, quella Segreteria dell'Economia voluta da Bergoglio per fare trasparenza sui business vaticani. Nel caso non volesse fare un passo indietro, dovrebbe essere il pontefice, capo supremo della curia, a muoversi di conseguenza. Senza aspettare – come suggerisce qualche suo consigliere – che Pell compia 75 anni, età in cui formalmente gli alti prelati devono rimettere il mandato.

Stavolta il tempo è scaduto prima, ed ulteriori mediazioni metterebbero gravemente a rischio l'immagine del Papa rivoluzionario e inflessibile, nemico giurato dei maniaci che infestano la Chiesa.


Preti pedofili, il vero volto del cardinale Pell
Il braccio destro di papa Francesco è accusato da molte vittime e sopravvissuti di aver protetto i sacerdoti che avevano compiuto abusi sui bambini quando era in servizio in Australia. Tra lussi sfrenati e un passato ingombrante, ecco chi è il porporato chiamato a Roma da Bergoglio per fare trasparenza nei conti del Vaticano

Il tema della pedofilia, riportato alla ribalta dal caso Pell (di cui “L'Espresso” si è più volte occupato in infelice solitudine) e dell'Oscar a “Spotlight” come miglior film (che narra le gesta dei giornalisti del Boston Globe che nel 2002 scoperchiarono lo scandalo dei sacerdoti pedofili della loro città), è troppo delicato, e non può essere gestito con le solite prudenze vaticane tanto invise a Bergoglio.

Pell è infatti accusato da decine di sopravvissuti di gravi nefandezze. Su tutte quella di aver protetto preti pedofili, mostri seriali che hanno violentato decine di bambini, non denunciandoli subito e permettendo il loro spostamento in altre diocesi. Il cardinale è stato accusato da una vittima di aver tentato di comprarlo. Da molte altre di aver creato, quando era vescovo a Melbourne, un sistema per difendere le finanze della Chiesa, a danno delle richieste risarcitorie degli abusati. «Un sistema progettato per controllare le vittime, contenere gli abusi e proteggere la Chiesa», ha spiegato la ricercatrice e editorialista Judy Courtin, che insieme a molti altri osservatori considera le azioni dell'australiano volte a «minimizzare i reati, occultare la verità, manipolare, intimidire e sfruttare le vittime».
"Ho ascoltato ogni loro storia e ogni loro dolore. E' stata dura...". Così il cardinale Pell al termine del faccia a faccia con una quindicina tra vittime di abusi da parte del clero australiano. "Un suicidio è troppo, troppo. E in questo caso ci sono stati diversi, tragici suicidi. Mi impegno personalmente a lavorare con i gruppi di sostegno per far cessare tutto questo, e fare in modo che il suicidio non sia visto come una opzione per chi di loro sta soffrendo"

Pell è stato definito un «sociopatico» da più di un sopravvissuto, mentre la relazione preliminare dei giudici della Royal Commission pubblicata qualche mese fa ha già spiegato che il cardinale «non si è comportato da buon cristiano». Il prelato ha perfino paragonato un anno fa la Chiesa a un'azienda di autotrasporti, affermando che «non è colpa di una ditta se il camionista molesta le autostoppiste».

Al netto degli scandali e dei lussi sfrenati che hanno colpito Pell dopo la pubblicazione di alcune inchieste che ho pubblicato sull'Espresso, la sua posizione è indifendibile. Francesco è stato il primo pontefice ad autorizzare l'arresto di un alto prelato per reati sessuali su bambini, monsignor Josef Wesolowski, morto prima dell'inizio del processo. Un appeasement o ulteriori tentennamenti sul caso Pell, suo uomo di fiducia, sarebbe un errore, ancor più grave della nomina del porporato di Ballarat a numero tre del Vaticano. Uno sbaglio che confermerebbe i preconcetti dei critici – soprattutto anglosassoni – che da mesi attaccano il soglio petrino.


George Pell, quanti lussi per il moralizzatore vaticano
Mezzo milione speso in pochi mesi dal porporato australiano incaricato della spending review. Tra arredi e voli in business class

«Durante il papato di Francesco la Chiesa cattolica non ha fatto nulla per eliminare gli abusi sui minori da parte del clero» ha spiegato due settimane fa Peter Saunders, ex vittima di un prete pedofilo che il papa aveva voluto nella nuova Commissione pontificia per la tutela dei minori, sospeso dall'incarico proprio per le sue critiche a Pell. «La Commissione? È soltanto una questione di pubbliche relazioni, necessaria dopo gli scandali sulla pedofilia nel clero che hanno scosso i fedeli».

Tra parole e azioni la coerenza è sempre necessaria, soprattutto se gli anatemi vengono da un papa dichiaratamente riformista. Oggi le vittime dei sacerdoti australiani giunte a Roma grazie a una colletta per guardare in faccia il cardinale durante l'udienza in videoconferenza, hanno scritto una lettera al pontefice chiedendo di essere ricevuti, sperando che la Chiesa li «aiuti a sostenere e salvare le tante vittime che ancora non hanno parlato e che invece hanno bisogno di aiuto, per evitare altre morti premature».

Sarebbe bello se Francesco li ricevesse, e comunicasse loro che anche Pell gli ha consegnato una lettera. Di dimissioni irrevocabili.
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Re: El Papa creistian

Messaggioda Berto » dom mar 06, 2016 7:20 pm

???

Il Papa e i pesci rosa - Incontro con un gruppo del cristianesimo sociale francese
di Jean-Pierre Denis
03 marzo 2016

http://www.osservatoreromano.va/it/news ... pesci-rosa

Dove va la Francia? Dove va l’Europa? Come rispondere alla crisi spirituale che il nostro Paese e il nostro continente attraversano? Come formulare una critica alla modernità che non sia reazionaria? Non ci si stupirà dunque se lo scambio verterà ampiamente sulla politica, nel senso lato del termine, includendo la sua dimensione spirituale. Ma al di là dei discorsi tenuti e dei temi affrontati, è lo stile a colpire. La semplicità evangelica, il contatto immediato, l’attenzione intensa. La disponibilità. L’uomo d’intuito non viene schiacciato dal peso dell’istituzione, cosa che sconvolge tanto i puristi attaccati a un papato gerarchico o dogmatico. All’inizio e alla fine del colloquio, non c’è una mano che non si sia stretta con attenzione, un volto che non si sia stato guardato. Davvero. Senza stancarsi. Il Papa stesso a un certo punto si alzerà per andare a cercare dell’acqua. Non per lui, ma per Carmen, la giovane traduttrice che ha fatto sedere al suo fianco, di fatto una militante di Esprit Civique. Ovvero come distinguere un maestro spirituale da una celebrità.

«Emmanuel Lévinas fonda la sua filosofia sull’incontro con l’altro» riassume Francesco. «L’altro ha un volto. Occorre uscire da se stessi per contemplarlo». L’avventura delle caravelle avrebbe dunque qualcosa di metafisico? «Da Magellano in poi, si è imparato a guardare il mondo a partire dal sud. Ecco perché il mondo si vede meglio dalla periferia che dal centro e io capisco meglio la mia fede a partire dalla periferia: ma la periferia può essere umana, legata alla povertà, alla salute, o a un sentimento di periferia esistenziale». Si capisce così l’importanza che questa tematica ha assunto nella predicazione di Francesco.

Da qui una riflessione su ciò che gli ispanici e gli anglofoni chiamano “globalizzazione” e noi “mondializzazione”. «C’è qualcosa che mi preoccupa», dice il Papa. «Certo, la globalizzazione ci unisce e ha dunque aspetti positivi. Ma credo che ci siano una globalizzazione buona e una meno buona. La meno buona può essere rappresentata da una sfera: ogni persona si trova a eguale distanza dal centro. Questo primo schema distacca l’uomo da se stesso, lo uniformizza e alla fine gli impedisce di esprimersi liberamente. La globalizzazione migliore sarebbe piuttosto un poliedro. Tutti sono uniti, ma ogni popolo, ogni nazione, conserva la sua identità, la sua cultura, la sua ricchezza. La posta in gioco per me è questa globalizzazione buona, che ci permette di conservare ciò che ci definisce. Questa seconda visione della globalizzazione permette di unire gli uomini pur conservando la loro singolarità, il che favorisce il dialogo, la comprensione reciproca. Affinché ci sia dialogo, c’è una condizione sine qua non: partire dalla propria identità. Se non sono chiaro con me stesso, se non conosco la mia identità religiosa, culturale, filosofica, non posso rivolgermi all’altro. Non c’è dialogo senza appartenenza».

«L’unico continente che può apportare una certa unità al mondo è l’Europa», aggiunge il Papa. «La Cina ha forse una cultura più antica, più profonda. Ma solo l’Europa ha una vocazione di universalità e di servizio».

Francesco ritorna allora sul tema del suo discorso di Strasburgo, del 25 novembre 2014, quando ha paragonato l’Europa a una nonna un po’ stanca. «Ma ecco la madre è diventata nonna» sorridecon un filo di ironia. Penso ai racconti biblici, alla vecchia Sara che ride quando viene a sapere che rimarrà incinta. La domanda può sembrare strana, ma non riesco a non farla. È troppo tardi? La nonna può ridiventare una giovane madre? «Un capo di Stato mi ha già posto questa domanda» mi risponde il Papa. «Sì, può. Ma ad alcune condizioni. La Spagna e l’Italia hanno un tasso di natalità vicino allo zero. La Francia se la cava meglio, perché ha costruito una politica familiare che favorisce la natalità. Essere madre significa avere dei figli». Ma il rinnovamento non può essere solo quantitativo. «Se l’Europa vuole ringiovanire, deve ritrovare le proprie radici culturali. Tra tutti i Paesi occidentali, l’Europa ha le radici più forti e più profonde. Attraverso la colonizzazione, queste radici hanno raggiunto persino il nuovo mondo. Ma dimenticando la propria storia, l’Europa s’indebolisce. È allora che rischia di divenire un luogo vuoto».

L’Europa è diventato un luogo vuoto?
La frase è forte. Centra l’obiettivo e fa male. Ed è anche angosciante. Perché nella storia delle civiltà il vuoto chiama sempre il pieno. E allora il Papa fa un’analisi clinica. «Possiamo parlare oggi di un’invasione araba. È un fatto sociale» afferma con distacco, come se osservasse che il tempo è freddo. Ma aggiunge subito — e i teorici della “grande sostituzione”, cara all’estrema destra, resterebbero allora delusi — «quante invasioni ha conosciuto l’Europa nel corso della sua storia! Ma ha sempre saputo superare se stessa, andare avanti per ritrovarsi poi come accresciuta dallo scambio tra le culture». Quale uomo di Stato porterà un simile rinnovamento? «A volte mi domando dove troverete uno Schumann o un Adenauer, questi grandi fondatori dell’Unione europea» sospira il Papa. E continua a parlare della crisi in Europa, minata dagli egoismi nazionali, dai piccoli mercanteggiamenti e dai giochi poco lungimiranti. «Si confonde la politica con soluzioni di circostanza. Certo, occorre sedersi al tavolo dei negoziati, ma solo se si è consapevoli che bisogna perdere qualcosa perché tutti ci guadagnino».

«La vostra laicità è incompleta... Occorre una laicità sana». Restaurare la grande Europa, reinventare la Francia. «Siamo venuti per parlarvi del nostro Paese» afferma Philippe de Roux [fondatore dei Poissons roses]. «La Francia ha bisogno di essere scossa... Quale messaggio desidera trasmetterle?». Il Papa sorride, con tono scherzoso: «Nel mondo ispanico si dice che la Francia è la primogenita della Chiesa, ma non per forza la figlia più fedele». Ma, pur affermando di doverle molto sul piano spirituale, il Papa ammette di conoscere male la realtà del nostro Paese. «Sono stato solo tre volte in Francia, a Parigi, per riunioni con i gesuiti, quando ero provinciale. Non conosco dunque il vostro Paese. Direi che esercita un certo fascino, ma non so esattamente in che senso... In ogni caso, la Francia ha una fortissima vocazione umanistica. È la Francia di Emmanuel Mounier, di Emmanuel Lévinas o di Paul Ricoeur». Un cattolico, un ebreo, un protestante!

«Da un punto di vista cristiano, la Francia ha dato i natali a numerosi santi, uomini e donne di finissima spiritualità. Soprattutto tra i gesuiti, dove accanto alla scuola spagnola, si è sviluppata una scuola francese, che io ho sempre preferito. La corrente francese comincia molto presto, fin dalle origini, con Pierre Favre. Ho seguito questa corrente, quella di padre Louis Lallemant. La mia spiritualità è francese. Il mio sangue è piemontese, è forse questa la ragione di una certa vicinanza. Nella mia riflessione teologica mi sono sempre nutrito di Henri de Lubac e di Michel de Certeau. Per me, de Certeau resta a tutt’oggi il più grande teologo».

E su un piano politico? «La Francia è riuscita a instaurare nella democrazia il concetto di laicità. È una cosa sana. Oggi uno Stato deve essere laico. La vostra laicità è incompleta. La Francia deve diventare un Paese più laico. Occorre una laicità sana [saine]». Una laicità santa [sainte], riprende garbatamente la nostra interprete, Carmen Bouley de Santiago. In poche parole, si capisce che la “sana laicità” di cui parla il Papa si oppone comunque un po’ a quella santa laicità che è divenuta la nostra religione civile. È una laicità inclusiva, che lascia spazio al senso, allo spirituale, all’espressione delle convinzioni. «Una laicità sana include un’apertura a tutte le forme di trascendenza, secondo le differenti tradizioni religiose e filosofiche. D’altro canto anche un laico può avere un’interiorità» aggiunge il Papa, accompagnando la parola con un gesto della mano che parte dal cuore. «Perché la ricerca della trascendenza non è solo un fatto [hecho], ma un diritto [derecho]». Gioco di parole molto spagnolo tra hecho e derecho che si applica perfettamente a una laicità troppo francese, che prende in considerazione il “fatto religioso”, pur volendo negare alla religione il diritto di cittadinanza rinchiudendola nella sfera privata. «Una critica che faccio alla Francia è che la laicità risulta talvolta troppo legata alla filosofia dell’illuminismo, per il quale le religioni erano una sottocultura. La Francia non è ancora riuscita a superare questo retaggio». Discorsi che non mancheranno di preoccupare coloro per i quali l’illuminismo deve restare un indispensabile punto di riferimento della Repubblica, posta al di sopra di ogni sospetto, persino della filosofia del sospetto. Ma che fanno anche reagire Jérôme Vignon [presidente delle Settimane sociali di Francia], il quale considera il quadro della laicità alla francese un po’ troppo nero e non vuole che a Roma si creda che la Chiesa è schiacciata o si schiaccia. «La sua analisi è un po’ dura, Santo Padre. In Francia si sta svolgendo un vero dibattito sulla laicità e il clero difende la visione della laicità da lei evocata». «Tanto meglio!», esclama Francesco, con aria sinceramente allegra.

Il fondo della critica rimane ed è incisivo. Una laicità troppo rigida crea un vuoto che altre forze colmano. «Quando un Paese si chiude a una concezione sana della politica finisce per essere prigioniero, ostaggio di colonizzazioni ideologiche. Le ideologie sono il veleno della politica. Si ha il diritto di essere di destra o di sinistra. Ma l’ideologia toglie la libertà. Già Platone solleva la questione in Gorgia quando parla dei sofisti, gli ideologi dell’epoca. Diceva che erano per la politica come i cosmetici per la salute. Gli ideologi mi fanno paura». In un contesto caratterizzato dall’aumento dei populismi, sul quale lo interroga in particolare il deputato Dominique Potier [presidente e cofondatore del laboratorio di idee Esprit Civique], il Papa fa riferimento a un’altra pratica della politica, fondata sulla ricerca del consenso, il senso delle responsabilità, il superamento dei divari. «Se si vuole evitare che tutti vadano verso gli estremi, occorre nutrire l’amicizia e la ricerca del bene comune, al di là delle appartenenze politiche».

«Il mio avversario è la finanza» diceva Hollande. Ma che i Poissons roses mi perdonino, questa volta è per davvero. «L’ideologia e l’idolatria del denaro» sono i due grandi mali siamesi che il Papa denuncia, collegando in modo molto originale i due concetti, per non dire due strutture di peccato, in apparenza molto distanti. «Gli avversari di oggi sono il narcisismo consumistico e tutte le parole che finiscono in “ismo”» insiste. «Ci siamo rinchiusi in una dipendenza più forte di quella provocata dalle droghe, accantonando l’uomo e la donna per sostituirli con l’idolo del denaro. È la cultura del rifiuto». Si potrebbe tradurre anche con esclusione. El descarte dice in spagnolo questo Papa, che spesso parla di “cultura dello scarto”, a proposito del modo in cui vengono trattati i più deboli, le persone anziane. «Un ambasciatore venuto da un Paese non cristiano mi ha detto: ci siamo smarriti nell’ideologia del denaro. Ecco il nemico: la dipendenza dal vitello d’oro. Quando leggo che il venti per cento dei più ricchi possiede l’ottanta per cento delle ricchezze, non è normale. Il culto del denaro è sempre esistito, ma oggi questa idolatria è diventata il centro del sistema mondiale». Davanti a questo areopago di cristiani sociali, il Papa si lancia quindi in un inaspettato elogio di Christine Lagarde, a capo del Fondo monetario internazionale (Fmi). «Una donna intelligente. Sostiene che il denaro deve essere al servizio dell’umanità e non il contrario». Per il Papa, che dice di non avere la fobia del denaro, la posta in gioco consiste nel «collegare la finanza e il denaro a una spiritualità del bene comune».

Per il Papa il rinnovamento del cristianesimo passa, come si sa, per la misericordia. «In latino è il cuore che si china davanti alla miseria. Ma se si segue l’etimologia ebraica, non è più solo il cuore a essere toccato, ma anche le viscere, il ventre materno, quella capacità di sentire in modo materno, dall’utero. In entrambi i casi si tratta di uscire da se stessi». Decentrarsi, andare verso, rischiare il dialogo. Il tema ricorrente della conversazione è quello del pontificato. La misericordia, d’altronde, per il Papa venuto dal Sud, è l’altro nome dell’umanesimo. «Mettiamo da parte la dimensione religiosa» osa dire Francesco. «La misericordia è la capacità di commuoverci, di provare empatia. Consiste anche, dinanzi a tutte le catastrofi, nel sentirsene responsabili. Nel dirsi che bisogna agire. Non riguarda quindi soltanto i cristiani, ma tutti gli esseri umani. È un appello all’umanità».

La delegazione comprende una intellettuale musulmana, Karima Berger. La nuova presidente dell’associazione degli scrittori credenti di lingua francese, che lei stessa ha ribattezzato Écriture et Spiritualités, è molto soddisfatta. L’impatto del tema della misericordia, di fatto, va al di là del mondo cristiano. Nell’islam Dio viene definito misericordioso, osserva. Il Papa coglie la palla al balzo. È rimasto visibilmente colpito dal suo recente viaggio nella Repubblica Centrafricana. «Lavoriamo molto al dialogo tra cristiani e musulmani. In Centrafrica c’era armonia. D’altronde è un gruppo che del resto non è musulmano ma che ha cominciato la guerra. La presidente di transizione, cattolica praticante, era amata e rispettata dai musulmani. Sono andato nella moschea. Ho chiesto all’imam se potevo pregare. Mi sono tolto le scarpe e sono andato a pregare. Ogni religione ha i suoi estremisti. Le degenerazioni ideologiche della religione sono all’origine della guerra». Francesco ci annuncia quindi che sta preparando un importante incontro con la più alta istituzione del mondo sunnita, l’università di Al Azhar, al Cairo, che ha avuto relazioni tese con il Vaticano in particolare ai tempi di Benedetto XVI. «Bisogna dialogare, dialogare ancora» conclude, riprendendo l’imperativo categorico che aveva formulato a proposito della globalizzazione e che è forse il segreto della sua pedagogia, della sua singolarità e della sua popolarità. Il tempo di consegnargli una copia di «La Vie» e purtroppo il nostro dialogo si conclude. Ma tutto è chiaro. Il Papa informale sa bene dove vuole portare la Chiesa: fuori dalle mura, al rischio dell’incontro.


Papa Francesco: "È in atto un'invasione araba dell'Europa, ma non è per forza un male"
Ivan Francese - Gio, 03/03/2016

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 31806.html

Parole che non stonerebbero in bocca a Innocenzo XI, pontefice della metà del Seicento; ma che lasciano basiti quando scopriamo che a pronunciarle è stato Papa Francesco, in una recente intervista al periodico cattolico francese Vie.

Il Santo Padre ha ammesso senza timore che il Vecchio Continente è di fronte a "un'invasione", ma ha specificato subito dopo che egli non giudica negativamente il fenomeno. "Si può parlare oggi di invasione araba. È un fatto sociale - ha spiegato Francesco - uante invasioni l’Europa ha conosciuto nel corso della sua storia! E ha saputo sempre superarsi e andare avanti per trovarsi infine come ingrandita dallo scambio tra le culture."

Una conferma dell'ispirazione cosmopolita che sembra animare questo pontificato e che non piace troppo alle frange più conservatrici della galassia cattolica. Tuttavia, anche di fronte a chi è critico nei confronti dell'immigrazione incontrollata il Papa insiste nelle sue esortazioni evangeliche: "Cessate di fare il male, imparate a fare il bene, cercate la giustizia, soccorrete l’oppresso... Pensate ai tanti profughi che sbarcano in Europa e non sanno dove andare!". Il Pontefice si rivolge poi agli euroscettici, domandandosi "dove si possa trovare uno Schumann o un Adenauer" dell'Europa moderna. Quindi il richiamo alla memoria: "Talvolta mi domando dove si possano trovare uno Schumann, un Adenauer, questi grandi fondatori dell’Europa moderna".

Dure, infine, le parole che il Santo Padre ha riservato alla Francia: "Una critica che faccio alla Francia è che la laicità risulta talvolta troppo dalla filosofia dei Lumi, per la quale le religioni erano una sottocultura. La Francia non è ancora riuscita a superare questa eredità. La Francia deve diventare uno Stato più laico, con un’apertura a tutte le forme di trascendenza, secondo le differenti tradizioni religiose e filosofiche."


A digo mi:
Credo che Francesco sia un Papa molto ignorante, perché non sa che gli arabi e gli islamici che nel passato hanno invaso la Spagna, poi l'Italia meridionale, Malta, Grecia e Macedonia e che si sono spinti sino a Vienna sono stati poi cacciati dalle terre europee prima conquistate; dove hanno resistito è stato soltanto in Bosnia, Albania, Kossovo e Cipro, alimentanto secoli di conflitti e di guerre civili che durano tutt'ora. Caro Papa Francesco mi pare che tu abbia tanto poco rispetto per noi autoctoni e indigeni europei; per me oltre che ignorante sei un irresponsabile. Francesco aggiornati pure sulla differenza tra arabi e islamici o mussulmani. Eppoi Francesco dicci cosa c'è di trascendente nella violenza islamica (o dottrina politico-religiosa mussulmana): forse il pregare 5 volte al giorno inneggiando alla grandezza di Allah (il più grande degli idoli) e contro i cristiani e gli ebrei e nel ramadam e nel viaggio alla Mecca e nel velo/burka e nella violenza della sharia?
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Re: El Papa creistian

Messaggioda Berto » mer mar 23, 2016 9:38 am

Il Papa cattolico di Roma e la gerarchia ecclesiale vaticana e italiana, non si facciano complici del nazismo islamico e non mettano in pericolo di morte le genti europee.


PERCHE’ I CRISTIANI FUGGONO DA BETLEMME? PER GLI STESSI MOTIVI PER CUI FUGGONO DALL’IRAQ, DALL’EGITTO E DALLA SIRIA.

https://www.facebook.com/padregabrielit ... 9779172709

Il giornalista Jeremy Zipple della rivista gesuita “America” ha recentemente riportato che i cristiani stanno fuggendo in massa da Betlemme, la città natale di Gesù: nel 1990 i cristiani erano in maggioranza, mentre oggi sono circa il 15% degli abitanti.

Ma perché i cristiani di Betlemme sono in fuga? Zipple individua una sola ragione: "Dal 2003 Betlemme è circondata da un muro di tipo militare alto 8 metri", riferendosi naturalmente alla barriera di separazione che Israele ha costruito nella seconda intifada per arginare gli attentatori suicidi, e che per la stragrande maggioranza del percorso è una rete metallica che diventa un muro solo in corrispondenza di Betlemme e poche altre città.

Questa barriera riguarda sia i cristiani che i musulmani di Betlemme, eppure la popolazione musulmana è in crescita. I musulmani non sono in fuga, anzi, stanno arrivando in gran numero. La barriera e le difficoltà che comporta sono di certo un fattore negativo ma, nonostante le convinzioni di Zipple e di tanti altri cristiani occidentali, è molto più importante la ragione per cui la barriera è stata costruita, e cioè la crescita dell’islamismo all’interno dei territori palestinesi.

È importante notare che la sovranità ebraica non porta all’emigrazione dei cristiani: all’interno dello Stato di Israele propriamente detto (e cioè non nei territori controllati dall’Autorità Palestinese) la popolazione cristiana è in costante crescita da decenni. Non è un caso che Betlemme fosse in gran parte cristiana fino al 1990, perché fino ad allora Betlemme era governata direttamente da Israele. Tutto è cambiato con gli accordi di Oslo, che hanno portato al governo l’Autorità Palestinese.

L’Autorità Palestinese, per sua propria costituzione, incarna i principi della sharia. E, come tutti i sistemi basati sulla sharia, relega i cristiani a cittadini di seconda classe. La discriminazione contro i cristiani non solo è legale, ma anche sociale. Inoltre, poco dopo aver preso il potere nei territori palestinesi, Arafat ha messo in atto politiche atte a incoraggiare l’immigrazione musulmana che ne hanno stravolto il profilo demografico .

In definitiva, i cristiani stanno fuggendo da Betlemme per la stessa ragione per cui sono in fuga dall’Iraq, dall’Egitto e dalla Siria: la crescita dell’intolleranza e della violenza islamista.

https://providencemag.com/2016/03/why-a ... ns-fleeing

Il destino dei cristiani non è morire sulla croce come Cristo; perché altrimenti non avrebbe alcun senso il sacrificio o olocausto di Cristo.
Per un cristiano non ha alcun senso cercare di assomigliare a Cristo, anzi sarebbe blasfemo, perché per un cristiano Cristo è D-o e per un uomo cristiano cercare di assomigliare a D-o è il peccato mortale più grande che possa compiere contro D-o.
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Re: El Papa creistian

Messaggioda Berto » mer mar 23, 2016 11:31 am

L'ałeà de Maometo ła V cołona de l'Islam el Papa catołego roman Françesco

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... meto-I.jpg

"Grazie a papa Francesco la politica italiana sui migranti è tra le più progressiste al mondo"
L'Huffington Post
10/09/2014

http://www.huffingtonpost.it/2014/09/10 ... 98076.html

L'Italia è "una nazione che, spronata dalle parole di Papa Francesco, ha spalancato le porte del continente ai profughi delle guerre e ai disperati dell'Africa e del Medio Oriente" adottando "una delle politiche più progressive al mondo in materia di immigrazione".

Così il Washington Post descrive l'eccezionale ondata di profughi sbarcati in Italia dall'inizio del 2014 (119, 839 secondo il Viminale) e l'operazione Mare Nostrum messa in campo dal governo di Enrico Letta a fine 2013 dopo il naufragio di Lampedusa. Il quotidiano statunitense pubblica oggi online un lungo reportage da Pozzallo, il porto siciliano dove mette piede la maggioranza dei migranti recuperati in mare dalla Marina militare.

"Le associazioni umanitarie hanno criticato altre nazioni esposte all'arrivo dei migranti - principalmente la Grecia e la Spagna - per i respingimenti sommari o il maltrattamento dei rifugiati. Anche l'Italia, un tempo, stringeva accordi con i regimi autoritari del Nordafrica per fermarli prima che partissero. Ancora sono in vigore accordi di rimpatrio con l'Egitto e la Tunisia, a meno che non si tratti di minori o meritevoli di asilo politico", scrive il Washington Post.

Ciò che ha fatto cambiare la politica italiana nei confronti degli sbarchi, secondo il Washington Post, è stato il viaggio di papa Francesco a Lampedusa dopo la tragedia del 3 ottobre 2013: "Ma poi è arrivata Mare Nostrum, una strategia molto più tollerante che ha visto la luce un anno fa con la morte oltre 500 migranti (in realtà un centinaio in meno, ndr) nelle acque di Lampedusa e la visita sull'isola di Papa Francesco. Così ora il governo italiano spende oltre 12 milioni di dollari al mese per intercettare i barconi di migranti e per le operazioni di salvataggio dei fuggitivi, che vengono poi sistemati in centri di accoglienza".
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: El Papa creistian

Messaggioda Berto » sab mar 26, 2016 7:10 pm

L'enperiałixmo del Papa roman, va via Papa, portate drio el Vatican e ła to baxełega de san Piero, va via!

Giovedì santo: Lavanda Papa Francesco per 12 profughi
Per la prima volta il rito si svolgerà fuori Roma a Castelnuovo di Porto
25 marzo 2016

http://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca ... 4a195.html

"Tutti noi, insieme, musulmani, indi, cattolici, copti, evangelici, fratelli, figli dello stesso Dio, che vogliamo vivere in pace, integrati: un gesto. Tre giorni fa un gesto di guerra, di distruzione, in una città dell'Europa, da gente che non vuole vivere in pace, ma dietro quel gesto" "ci sono i fabbricatori, i trafficanti delle armi che vogliono il sangue non la pace, la guerra, non la fratellanza". Il Papa ha spiegato così la lavanda dei piedi che stava per compiere nel CARA di Castelnuovo di Porto. "Due gesti, - ha riflettuto - Gesù lava i piedi e Giuda vende Gesù per denaro, noi tutti insieme diverse religioni, di diverse culture ma figli dello stesso padre, fratelli, e quelli che comprano le armi per distruggere". Papa Francesco ha voluto imprimere il sigillo della unità dei credenti per la pace, e della fratellanza contro l'odio, le guerre e il traffico di armi, al rito della lavanda dei piedi che ha compiuto al CARA, acronimo per Centro di accoglienza per richiedenti asilo, cioè dove i profughi vengono ospitati in attesa che vengano espletate le procedure per accogliere o meno la loro domanda di protezione internazionale. Bergoglio ha lavato i piedi a 11 profughi e una operatrice del CARA, in tutto cinque cattolici, quattro musulmani, un indù e tre cristiani copti.

Il CARA, - dove papa Francesco è arrivato nel pomeriggio a bordo di una Golf blu, accolto da mons. Rino Fisichella e dai dirigenti, ha stretto tante mani e autografato a pennarello, con il suo 'Franciscus' in calligrafia minuta uno striscione che gli dava il benvenuto, in italiano e in altre 10 lingue - ospita 892 persone da 25 diversi Paesi, di cui 15 Paesi africani, 9 asiatici, uno europeo extra Ue. 849 sono uomini, 36 donne, 7 minori. L'ottanta per cento degli ospiti sono giovani con una età compresa tra i 19 e i 26 anni, ma c'è anche una famiglia irachena che comprende quattro generazioni, dalla bisnonna in giù. Nella forte omelia, tenuta interamente a braccio, il Papa - che nella visita è stato accompagnato da tre migranti che gli hanno fatto da interprete, l'afgano Ibrahim, il maliano Boro e l'eritreo Segen - ha accennato alle storie che ognuno degli ospiti del CARA ha alle spalle. Ci sono tutte le rotte della disperazione nelle vite dei profughi cui ha lavato i piedi: c'è Mohamed, arrivato al CARA da meno di due mesi, nato in Siria, da dove è scappato varcando il confine con la Libia, è approdato a Lampedusa. Ha appena compiuto 22 anni ed è musulmano. Dalla Libia sono approdati al CARA anche Sira, 37 anni, del Mali, e Lucia, Dbra e Luchia, tre cristiane copte partite dall'Eritrea. Khurram, invece è partita dal Pakistan e attraverso Iran, Turchia, Grecia, Macedonia, Serbia, Ungheria e Austria è arrivata a Caltanissetta.

Uomini e donne di diverse religioni, accomunati da queste rotte del dolore e dallo stesso desiderio di vita e di futuro, quei profughi che sono priorità del pontificato dal primo viaggio, a Lampedusa nel luglio 2013, e per i quali, ancora per tutto il mese di marzo parallelamente ai tre vertici europei e alla cronaca internazionale, non ha smesso di spendere interventi e appelli. "E' bello vivere insieme come fratelli, con culture e religioni differenti, ma siamo tutti fratelli, questo ha un nome, pace e amore", ha detto ancora il Papa dopo aver ascoltato alcuni canti in tigrigno, e prima di stingere la mano, uno per uno, a tutti gli 892 ospiti del CARA. I migranti hanno donato al Pontefice un quadro raffigurante Gesù, mentre Francesco, già questa mattina, ha fatto consegnare loro 200 uova di cioccolato, una scacchiera e palloni da calcio e palline da baseball autografate da campioni. Noi pastori "con il popolo scartato", aveva incitato al mattino, nella messa del crisma celebrata con cardinali e vescovi e incentrata sulla "dinamica della misericordia" che è la "dinamica del samaritano". A questa umanità scartata Bergoglio ha cercato oggi di restituire dignità e di sostenerne la speranza, in un incontro che resterà tra i più significativi del giubileo che il Papa ha intitolato alla misericordia. (giovanna.chirri@ansa.it)


El ghe da ła colpa ai marcadanti de armi; anvense de darghe ła colpa a ki ke łe dopara. Li arabi muxlin pałestinexi łi ghe salta doso a łi ebrei de Ixrael co i cortełi e no ghe xe trafeganti de armi ke tegna co i cortełi;
va ła Papa vargognate!



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Papa Francesco laverà i piedi ai profughi in un centro a maggioranza musulmana
24/03/2016

http://www.huffingtonpost.it/2016/03/24 ... 38638.html


Per il rito pasquale della lavanda dei piedi Papa Francesco ha scelto un luogo e dei protagonisti molto simbolici. Il pontefice, infatti, celebrerà questo pomeriggio la messa in Coena Domini con gli 892 migranti ospiti del Centro accoglienza per richiedenti asilo di Castelnuovo di Porto, alle porte di Roma, e con i 114 operatori dell'Auxilium che lavorano in questa struttura, gestita dalla cooperativa dal 7 aprile 2014.

Il Pontefice laverà i piedi a 12 tra migranti e operatori. La maggior parte degli ospiti che trovano accoglienza nel Cara sono musulmani (562) e tra i cristiani (248), insieme ai cattolici, ci sono anche moltissimi copti e protestanti. Arrivano da 25 Paesi. Il gruppo più numeroso proviene dall'Eritrea. Tra loro 849 uomini, 36 donne e 7 minorenni. Oggi sarà presente anche l'imam della moschea della Magliana, Sami Salem.

"Con il popolo scartato". "Non abbiamo paura di eccedere in incontro e perdono". Come Pietro, vergogniamoci dei nostri peccati ma accettiamo la dignità della missione. Il Papa celebrando la messa del Crisma, nella basilica di San Pietro, attorniato da vescovi e cardinali, ha tracciato il progetto di quella "dinamica della misericordia", che altro non è che la "dinamica del buon samaritano", alla quale si ispira particolarmente nell'anno giubilare che ha intitolato alla misericordia. La misericordia, ha ricordato, si contrappone a "indifferenza e violenza", e "la dinamica della misericordia lega un gesto con l'altro e, senza offendere nessuna fragilità, si estende un po’ di più nell'aiuto e nell'amore".

Per uno dei gesti giubilari più significativi dell'Anno Santo, dunque, Papa Francesco ha scelto i profughi, che sono una priorità del suo pontificato dal primo viaggio, a Lampedusa nel luglio 2013, e per i quali, ancora per tutto il mese di marzo parallelamente ai tre vertici europei e alla cronaca internazionale, non ha smesso di spendere interventi e appelli. Lavare i piedi è un gesto di servizio, che il cristiano è chiamato a compiere verso ogni essere umano, e oggi il Papa laverà i piedi a 12 uomini e donne, tra loro anche molti di religione islamica. Celebrando in un CARA la lavanda dei piedi, Papa Bergoglio rende ancora più significativo questo rito suggestivo che ricorda quello compiuto da Gesù verso i suoi discepoli, lo stesso giorno in cui ha istituito l'eucaristia.

Nel 2013 infatti il Papa lo ha compiuto nel carcere minorile di Casal Del Marmo, nel 2014 in un centro per disabili gravi di Don Gnocchi e nel 2015 nel carcere di Rebibbia; in tutte queste precedenti occasioni tra i 12 c'erano uomini e donne, alcuni di religione islamica. Il CARA di Castelnuovo di Porto - prima lavanda dei piedi del giovedì santo celebrata da Bergoglio fuori Roma - ospita 892 persone da 25 diversi Paesi, di cui 15 Paesi africani, 9 asiatici, uno europeo extra Ue. 849 sono uomini, 36 donne, 7 minori. L'ottanta per cento degli ospiti sono giovani con un'età compresa tra i 19 e i 26 anni, ma c'è anche una famiglia irachena che comprende quattro generazioni, dalla bisnonna in giù. Il CARA ospita 557 musulmani, 239 cristiani, tra copti, cattolici e protestanti, 94 pentecostali e due indù.

“Come sacerdoti ci identifichiamo con il popolo scartato”, ma a volte siamo ciechi, per "un eccesso di teologie complicate", ha detto il Papa nella omelia della messa del Crisma, riflettendo sul ruolo dei pastori di trasmettere la misericordia di Dio. "Come sacerdoti - ha detto - noi ci identifichiamo con quel popolo scartato, che il Signore salva, e ci ricordiamo che ci sono moltitudini innumerevoli di persone povere, ignoranti, prigioniere, che si trovano in quella situazione perché altri li opprimono. Ma ricordiamo anche che ognuno di noi sa in quale misura tante volte siamo ciechi, privi della bella luce della fede, non perché non abbiamo a portata di mano il Vangelo, ma per un eccesso di teologie complicate".

"Sentiamo - ha proseguito Papa Francesco - che la nostra anima se ne va assetata di spiritualità, ma non per mancanza di Acqua Viva, che beviamo solo a sorsi, ma per un eccesso di spiritualità 'frizzanti', di spiritualità 'light'. Ci sentiamo anche prigionieri, non circondati, come tanti popoli, da invalicabili mura di pietra o da recinzioni di acciaio, ma da una mondanità virtuale che si apre e si chiude con un semplice click". E ancora: "Siamo oppressi - ha proseguito - ma non da minacce e spintoni, come tanta povera gente, ma dal fascino di mille proposte di consumo che non possiamo scrollarci di dosso per camminare, liberi, sui sentieri che ci conducono all'amore dei nostri fratelli, al gregge del Signore, alle pecorelle che attendono la voce dei loro pastori".


Giovedì Santo, cosa significa la lavanda dei piedi

http://www.famigliacristiana.it/articol ... piedi.aspx
24/03/2016 Il gesto che compie Gesù nei confronti dei discepoli durante l'Ultima Cena, prima di essere condannato a morte, è raccontata dal Vangelo di Giovanni ed era una caratteristica dell’ospitalità nel mondo antico dove lavare i piedi, che si sporcavano a causa delle strade fangose e polverose, era un dovere dello schiavo verso il padrone e veniva effettuata servendosi di un catino apposito e un asciugatoio

https://it.wikipedia.org/wiki/Lavanda_dei_piedi
Durante la sera gli apostoli e il loro maestro si riunirono nel luogo scelto da Gesù stesso. I vangeli divergono riguardo agli avvenimenti succedutisi durante il pasto, in particolare quelli precedenti all'istituzione eucaristica. Giovanni ci rivela già da principio lo stato d'animo di Gesù: "Sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine".
I discepoli, ignari degli eventi che sarebbero presto accaduti, da bravi uomini del loro tempo erano in contraddizione a causa dei posti (secondo Luca avviene dopo l'istituzione eucaristica): ognuno di loro desiderava un posto più onorifico e già nascevano le lamentele su chi di loro fosse il più grande fra i dodici. Gesù aveva già precedentemente sedato una discussione simile con una parabola e con la celebre frase: "Gli ultimi saranno i primi".
Ora a quell'umiliante scenata Gesù risponde, secondo Giovanni, con i fatti. Dopo avergli espresso come sia il più grande colui che si renderà schiavo dei suoi fratelli, egli si alzò dal tavolo, si cinse al fianco un asciugatoio e, preso un catino, cominciò a lavare i piedi ai propri discepoli dimostrando come lui, che era il maestro, si era reso il più umile fra loro. Solo Pietro tentò di fermare il gesto del maestro, dicendo: "Signore, tu lavi i piedi a me?" e ricevendo come risposta il fatto che, se non avesse accettato questo servigio, non sarebbe stato partecipe con lui nel Regno dei cieli.

La Chiesa vede nel gesto della lavanda dei piedi un simbolo dell'amore di Dio. Il gesto riassume tutta la vita di Gesù, il quale "non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti" (Mc 10,45).
...
Il gesto che compie Gesù non è dunque da intendersi come un rituale di purificazione sullo stile di quelli giudaici, ma viene visto come il simbolo della purificazione che attuerà per coloro che gli appartengono con la sua passione, morte e risurrezione, gesto estremo di amore per noi.
Lavarsi i piedi gli uni gli altri significa per i cristiani fare memoria dell'amore che Gesù ha avuto per i suoi discepoli.
La Chiesa cattolica rivive il gesto della lavanda dei piedi durante la liturgia del Giovedì santo, nella messa in Cena Domini. Questa memoria prende anche il nome di Mandatum. I cistercensi praticavano questo gesto settimanalmente, ogni sabato, all'interno della loro comunità.



Buongiorno amici. Papa Francesco ha lavato i piedi, nel Giovedì santo, a 11 clandestini e a una operatrice del CARA (Centro accoglienza richiedenti asilo), di cui 5 cattolici, 4 musulmani, 3 cristiani copti e 1 indù. Il Papa ha attribuito un significato ecumenico alla lavanda dei piedi di persone di fedi diverse: "Tutti noi, insieme, musulmani, indù, cattolici, copti, evangelici, fratelli, figli dello stesso Dio, che vogliamo vivere in pace, integrati: un gesto".

Noi ci permettiamo di ricordare a Papa Francesco che Gesù lavò i piedi solo ai suoi discepoli, ai suoi più stretti adepti, a chi credeva in lui, a chi era stato investito della missione di tramandare e diffondere il suo Verbo dopo la sua morte terrena. Non li lavò a chi lo perseguitava e a chi si apprestava a condannarlo a morte.

Noi ci permettiamo di dire a Papa Francesco che lavare i piedi a un musulmano si presta quantomeno a un grosso fraintendimento. Nel corso di 1500 anni i cristiani hanno subito il più colossale genocidio della Storia per mano dei musulmani. Erano il 98 per cento della popolazione sulla sponda meridionale e orientale del Mediterraneo nel Settimo secolo, mentre oggi si sono assottigliati al 3 per cento. Dal punto di vista di chi concepisce l'islam come l'unica vera religione e condanna l'ebraismo e il cristianesimo come delle eresie da sopprimere, se il capo della più cospicua comunità cristiana al mondo bacia i piedi di un musulmano, ciò viene percepito come un atto di sottomissione all'islam.

Cari amici, in 1500 anni di Storia l'islam ha massacrato e sottomesso i cristiani. Nel Corano Allah promette che tutta l'umanità sarà sottomessa all'islam. Sarebbe bene che Papa Francesco imparasse che Allah non è il nostro Dio, che i musulmani non considerano che il Dio Padre e Gesù siano la stessa cosa di Allah.

Cari amici, questo relativismo religioso contraddice la ragione e svilisce la fede cristiana. Liberiamocene. Basta con la legittimazione dell'islam. Basta con la delegittimazione del cristianesimo.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: El Papa creistian

Messaggioda Berto » dom mar 27, 2016 1:30 pm

Se dovesse capitare un disastro atomico per colpa dei terroristi mussulmani, l'irresponsabile Papa Bergoglio, sostenitore dell'invasione islamica e santificatore di Maometto, dovrebbe scappare e rifugiarsi alla Mecca e poi convertirsi all'Islam.

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https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 5866385160

BELGIO – A undici dipendenti della centrale nucleare di Tihange, in Belgio, è stato ritirato il permesso di entrare nella struttura. Lo ha riferito Rtbf, precisando che il divieto di ingresso è stato imposto a sette persone dopo l’operazione della sicurezza a Forest, ad altre quattro dopo gli attentati di martedì. Oggi il quotidiano belga La Derniere Heure aveva affermato che gli impianti nucleari del Paese erano inizialmente obiettivo degli attentatori, che hanno poi cambiato i propri piani a causa degli sviluppi degli eventi. Il 17 febbraio scorso rinforzi militari erano stati inviati a proteggere le centrali nucleari.


Belgio: giallo alla centrale nucleare, per Cheffou accusa di terrorismo
Beda Romano
26 marzo 2016

http://www.ilsole24ore.com/art/mondo/20 ... d=ACaUlEvC

Bruxelles, misure di sicurezza rinforzate in tutta la città (LaPresse)Bruxelles, misure di sicurezza rinforzate in tutta la città (LaPresse)

La situazione in Belgio è ancora ben lontana dalla normalità. Nella mattinata di sabato, è scattato ancora un altro falso allarme bomba. Lo riferisce la Dernière Heure, sottolineando che è stato fatto brillare uno zaino, lasciato incustodito davanti a una profumeria nel quartiere di Bascule, a Bruxelles. Per precauzione tutta la zona è stata transennata, gli edifici sono stati evacuati e i trasporti pubblici bloccati.

Più grave, anche se ancora poco chiaro, l’episodio avvenuto presso la centrale nucleare di Charleroi, sempre in Belgio, dove un agente di sicurezza è stato ucciso e, secondo alcune fonti, il suo tesserino di riconoscimento rubato. Il quotidiano Derniere Heure ha pubblicato la notizia in esclusiva, ma invece, secondo Le Soir, la Procura di Charleroi avrebbe smentito ufficialmente la pista terroristica per l'omicidio di Didier Prospero, l’agente della sicurezza della centrale nucleare di Charleroi. L'uomo e il suo cane sono stati uccisi da colpi di arma da fuoco giovedì sera nell'abitazione di Prospero a Froidchapelle. La Procura smentisce anche, secondo Le Soir che sia stato trafugato il suo badge.

Diversa l’interpretazione della vicenda data da Derniere Heure secondo cui si tratta di un omicidio passato completamente sotto silenzio che risale a giovedì sera. L'agente di sicurezza, insieme al suo cane, è stato ucciso in serata e il suo badge portato via. Un'indagine molto delicata per gli inquirenti, perché il tesserino dà accesso a siti particolarmente sensibili, visto che la vittima operava nel settore del nucleare.

Subito sono scattate le misure necessarie per disattivare il tesserino in questione. Ma era questo il motivo dell'omicidio? La questione resta aperta e le risposte dovranno darle gli inquirenti. Impegnati in un'indagine delicatissima, a maggior ragione dopo gli attentati di martedì all'aeroporto di Zaventem e alla stazione metro di Maalbek. Specie perché le centrali nucleari sono tra i potenziali bersagli della cellula terroristica di Parigi-Bruxelles.
Lo scorso 17 febbraio, del resto, DH aveva rivelato che il direttore del programma di ricerca e sviluppo nucleare belga era stato spiato da questa famigerata cellula terroristica. Il ministro degli Interni Jan Jambon, all'epoca, non aveva reputato utile alzare il livello di sicurezza nelle centrali nucleari del Belgio. Due settimane dopo i militari erano però stati dispiegati nei pressi delle installazioni nucleari. Posta tardivamente dopo gli attentati del 13 novembre 2015, la questione sicurezza nelle centrali nucleari è più che mai attuale e rischia di acquistare ancora più importanza.

Mandato d’arresto per Faysal Cheffou

Il giudice istruttore ha disposto il mandato d'arresto per Faycal Cheffou, il giornalista free lance, riconosciuto dal tassista come l'uomo con il cappello del commando terrorista all'aeroporto di Bruxelles. I capi di accusa riguardano l'attività terroristica.

Nella perquisizione della sua abitazione non sono state trovate armi. L'arrestato di giovedì ad Argenteuil in Francia si chiama, invece, Reda Kriket. Un altro mandato d'arresto è stato disposto per Rabah N.

L'uomo, intercettato ieri alla fermata del tram di Bruxelles, rimane in carcere. Il suo nome è Abderamane A. Mandato d'arresto anche per Aboubakar A. Torna in libertà, invece, Tawfik A. Il nome completo dell'uomo fermato ieri alla fermata del tram di Schaerbeek è Abderahmane Ameroud. Si tratta di un franco-algerino, già condannato in Afghanistan per complicita' nell'omicidio del comandante Massoud


L’aeroporto di Bruxelles riaprirà solo martedì
La decisione di chiudere lo scalo di Bruxelles Zaventem fino a tutto lunedì era stata anticipata dalla società di gestione dell'aeroporto in un tweet e poi è stata confermata da una nota. «Dopo più di quattro giorni dagli attentati, i lavori di investigazione legati all'inchiesta giudiziaria nel terminal dell'aeroporto sono stati completati», ma «la ripresa delle attività passeggeri non potrà aver luogo prima di martedì 29 marzo», spiega la società. Durante il week end di Pasqua solitamente l'aeroporto di Zaventem opera circa 600 voli al giorno. Non sono stati forniti dettagli sulle nuove misure di sicurezza, ma subito dopo gli attentati di martedì ci sono state dure critiche per la blanda sicurezza in aeroporto, che non prevedeva controlli sistematici su chi entra nella sala partenze.

Rinviata la marcia di domenica
Nel frattempo, gli organizzatori hanno rinviato la “Marcia contro la paura”, che era stata organizzata attraverso i social network per rispondere agli attentati. In precedenza, infatti, il ministro belga dell'Interno, Jan Jambon, ed il sindaco di Bruxelles, Yvan Mayeur, avevano chiesto il rinvio della marcia. «Date le capacità della polizia sul terreno e visto che la priorità è l'inchiesta, vogliamo chiedere di non manifestare domani», avevano detto in una conferenza stampa. «Condividiamo l'emozione della popolazione, ma desideriamo che le manifestazioni siamo rinviate di qualche settimana», avevano aggiunto.
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Re: El Papa creistian

Messaggioda Berto » dom mar 27, 2016 1:31 pm

Anche i comunisti d'Europa come D'Alema e la Boldrini e i democomunisti come Renzi dovrebbero scappare e rifugiarsi alla Mecca e farsi mussulmani


Belgio: «Nel mirino centrale nucleare di Liegi»
A. Mas.
Edizione del 25.03.2016
Pubblicato 24.3.2016, 22:45

http://ilmanifesto.info/belgio-nel-miri ... e-di-liegi

Europa. Gli attentatori avrebbero puntato all’impianto di Liegi: sospesi 11 dipendenti. Un altro commando, guidato da Salah, era pronto a seminare il panico in città. Per le falle di intelligence i ministri dell’Interno e della Giustizia si dimettono, ma il premier Michel le respinge

Se non fossero stati costretti ad accelerare, passando all’azione prima del tempo a causa del blitz nell’appartamento di Forest e poi dell’arresto di Abdeslah Salam, gli attentatori di Bruxelles avrebbero forse mirato al bersaglio grosso: la centrale nucleare di Liegi. Secondo il giornale belga La Derniére Heure, i due fratelli el Bakraoui avrebbero nascosto una videocamera davanti alla casa del direttore del programma di ricerca nucleare, ritirandola all’indomani degli attentati di Parigi. Il filmato, che dura dodici ore, sarebbe stato ritrovato durante una perquisizione nel mese di dicembre, in occasione dell’arresto di uno dei sospetti attentatori di Parigi, Mohamed Bakkali. Per questo subito dopo le bombe all’aeroporto di Zaventem e alla stazione della metropolitana di Maelbeek l’impianto atomico è stato chiuso e ieri la Rtbf (che gestisce il sito) ha ritirato il permesso d’ingresso a undici dipendenti.

Secondo i media belgi, inoltre, Salah Abdeslam stava organizzando insieme a Mohamed Belkaid e Amine Choukri un ulteriore attacco a Bruxelles. Armato di kalashnikov, il gruppo avrebbe agito come per le stragi di Parigi il giorno degli attentati. Sarebbero stati la sparatoria avvenuta nel covo del quartiere Forest, nel corso della quale è stato ucciso Belkaid, e poi l’arresto di Salah a Molenbeek, a impedire l’attuazione del piano.

Fondata o meno che sia l’indiscrezione, fatto sta che emerge ancora una volta a giochi fatti, a testimonianza delle numerose falle investigative. Anche sull’accaduto non esiste ancora una ricostruzione definitiva. Ieri è spuntato pure un quinto attentatore. Non è chiaro se sia morto nell’esplosione all’aeroporto, ma potrebbe essere in fuga come l’altro kamikaze mancato, immortalato dalle telecamere interne al fianco dei fratelli el Bakraoui.

Intanto, emergono ulteriori dettagli sugli attentatori. La Procura belga ha fatto sapere di aver emesso un mandato d’arresto internazionale (come pure l’Interpol) per Khalid el Bakraoui l’11 dicembre scorso: il terrorista era sospettato di aver affittato sotto falsa identità, con il nome di Ibrahim Maaroufi, una casa a Charleroi, poi utilizzata come covo dagli attentatori di Parigi. Suo fratello Ibrahim, invece, era stato espulso due volte dalla Turchia, a luglio e ad agosto, in quanto sospettato di essere un “foreign fighter”. Era stato spedito però in Olanda e non in Belgio, come ha spiegato il ministro della Giustizia belga Koan Geens, che ha riconosciuto gli errori dei servizi segreti di Bruxelles e ha presentato le dimissioni (insieme al titolare dell’Interno Jan Jambon), al premier Charles Michel, che le ha respinte: «Non c’è stata forse una trasmissione sufficientemente rapida delle informazioni provenienti dalla Turchia, anche a livello belga», ha ammesso il ministro, poiché se el Bakraoui è stato espulso verso l’Olanda vuol dire che «dal 14 luglio 2015 ci sono stati problemi manifesti di trasmissione di informazioni con gli ufficiali di collegamento belgi».

Il ministro della Giustizia olandese, Ard van der Steur, ha fatto sapere che il terrorista non è stato trattenuto perché «non era presente in nessuna lista di ricercati» e che il controllo è stato effettuato «con i nostri colleghi belgi, tedeschi e turchi». Nessuno di loro si è accorto di nulla. Sulla vicenda in Belgio sarà istituita una commissione d’inchiesta.

L’unico terrorista nelle mani della polizia è al momento Salah che, a dispetto degli annunci dei giorni scorsi, finora avrebbe fatto scena muta davanti agli inquirenti. Il suo avvocato Sven Mary ha fatto sapere che Salah ha accettato il «trasferimento» in Francia e vuole tornarci «il prima possibile». Secondo il legale «Salah è rimasto muto» davanti agli inquirenti, aggiungendo che non collaborerà e che «non sapeva» degli attentati di Bruxelles. La strategia appare chiara: sganciare il suo assistito da ogni responsabilità nelle bombe dell’altro ieri.

Nel frattempo, ieri è spuntato pure un video di propaganda dell’Isis nel quale due sedicenti «jihadisti belgi», sullo sfondo di immagini che mostrano i momenti successivi alle esplosioni, inneggiano alla sollevazione dei «fratelli» e recitano versi religiosi. Si sente pure un estratto di un discorso di Donald Trump: «Bruxelles era un tempo, vent’anni fa, una delle città più belle e grandi del mondo. Oggi è uno spettacolo orribile».
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Re: El Papa creistian

Messaggioda Berto » dom mar 27, 2016 1:49 pm

Sovegnemo a Papa Françesco coel ke dixeva el so predeçesor Papa Ratzinger a Ratisbona

Rileggere il Ratzinger di Ratisbona per capire gli attentati di Parigi (e non solo)
15 Novembre 2015

http://www.ilfoglio.it/chiesa/2015/11/1 ... e_c139.htm

Riproponiamo il discorso che Benedetto XVI fece il 12 settembre 2006 nell'Aula magna dell'Università di Regensburg in cui l'allora Pontefice parlò anche dell'islam e della jihad.

Eminenze, Magnificenze, Eccellenze,
Illustri Signori, gentili Signore!
...

Tutto ciò mi tornò in mente, quando recentemente lessi la parte edita dal professore Theodore Khoury (Münster) del dialogo che il dotto imperatore bizantino Manuele II Paleologo, forse durante i quartieri d'inverno del 1391 presso Ankara, ebbe con un persiano colto su cristianesimo e islam e sulla verità di ambedue.[1] Fu poi presumibilmente l'imperatore stesso ad annotare, durante l'assedio di Costantinopoli tra il 1394 e il 1402, questo dialogo; si spiega così perché i suoi ragionamenti siano riportati in modo molto più dettagliato che non quelli del suo interlocutore persiano.[2] Il dialogo si estende su tutto l'ambito delle strutture della fede contenute nella Bibbia e nel Corano e si sofferma soprattutto sull'immagine di Dio e dell'uomo, ma necessariamente anche sempre di nuovo sulla relazione tra le – come si diceva – tre "Leggi" o tre "ordini di vita": Antico Testamento – Nuovo Testamento – Corano. Di ciò non intendo parlare ora in questa lezione; vorrei toccare solo un argomento – piuttosto marginale nella struttura dell’intero dialogo – che, nel contesto del tema "fede e ragione", mi ha affascinato e che mi servirà come punto di partenza per le mie riflessioni su questo tema.

Nel settimo colloquio (διάλεξις – controversia) edito dal prof. Khoury, l'imperatore tocca il tema della jihād, della guerra santa. Sicuramente l'imperatore sapeva che nella sura 2, 256 si legge: "Nessuna costrizione nelle cose di fede". È probabilmente una delle sure del periodo iniziale, dice una parte degli esperti, in cui Maometto stesso era ancora senza potere e minacciato. Ma, naturalmente, l'imperatore conosceva anche le disposizioni, sviluppate successivamente e fissate nel Corano, circa la guerra santa. Senza soffermarsi sui particolari, come la differenza di trattamento tra coloro che possiedono il "Libro" e gli "increduli", egli, in modo sorprendentemente brusco, brusco al punto da essere per noi inaccettabile, si rivolge al suo interlocutore semplicemente con la domanda centrale sul rapporto tra religione e violenza in genere, dicendo: "Mostrami pure ciò che Maometto ha portato di nuovo, e vi troverai soltanto delle cose cattive e disumane, come la sua direttiva di diffondere per mezzo della spada la fede che egli predicava".[3] L'imperatore, dopo essersi pronunciato in modo così pesante, spiega poi minuziosamente le ragioni per cui la diffusione della fede mediante la violenza è cosa irragionevole. La violenza è in contrasto con la natura di Dio e la natura dell'anima. "Dio non si compiace del sangue - egli dice -, non agire secondo ragione, „σὺν λόγω”, è contrario alla natura di Dio. La fede è frutto dell'anima, non del corpo. Chi quindi vuole condurre qualcuno alla fede ha bisogno della capacità di parlare bene e di ragionare correttamente, non invece della violenza e della minaccia… Per convincere un'anima ragionevole non è necessario disporre né del proprio braccio, né di strumenti per colpire né di qualunque altro mezzo con cui si possa minacciare una persona di morte…"[4]

L'affermazione decisiva in questa argomentazione contro la conversione mediante la violenza è: non agire secondo ragione è contrario alla natura di Dio.[5] L'editore, Theodore Khoury, commenta: per l'imperatore, come bizantino cresciuto nella filosofia greca, quest'affermazione è evidente. Per la dottrina musulmana, invece, Dio è assolutamente trascendente. La sua volontà non è legata a nessuna delle nostre categorie, fosse anche quella della ragionevolezza.[6] In questo contesto Khoury cita un'opera del noto islamista francese R. Arnaldez, il quale rileva che Ibn Hazm si spinge fino a dichiarare che Dio non sarebbe legato neanche dalla sua stessa parola e che niente lo obbligherebbe a rivelare a noi la verità. Se fosse sua volontà, l'uomo dovrebbe praticare anche l'idolatria.[7]
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Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: El Papa creistian

Messaggioda Berto » dom mar 27, 2016 4:35 pm

IL PAPA RICORDA LE VITTIME DEL TERRORISMO DI MOLTI PAESI,MA NON CITA ISRAELE
https://www.facebook.com/noicheamiamois ... 9564685773

" In questa festa di Pasqua la nostra vicinanza alle vittime del terrorismo, forma cieca di violenza che non cessa di spargere sangue innocente in diverse parti del mondo, come è avvenuto nei recenti attentati in Belgio, Turchia, Nigeria, Ciad, Camerun e Costa d’Avorio”.
Nessuna parola di solidarietà con le vittime israeliane, uccise negli stessi giorni.
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