Ƚi cristian catoƚego-(romani ?)

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Messaggioda Berto » sab dic 27, 2014 2:01 pm

Ƚi cristian catoƚego-(romani?)
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ATTACCO AL PAPA: VERGOGNA. “PER AMORE NON TACERO'!”

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... A7esco.jpg


https://www.facebook.com/photo.php?fbid ... =1&fref=nf


Hanno aspettato il giorno di Natale: hanno deciso di usare la prima pagina del Corriere per un durissimo e vergognoso attacco a papa Francesco.

Ma non sottovalutiamo l'episodio: dal primo giorno di questa primavera della chiesa, una lobby di cardinali e cristiani di cui si cominciano a sapere nomi e cognomi, colpisce con parole-pietre che solo Dio giudicherà.

A me, cristiano e prete, il dovere di non tacere né sottovalutare questo gravissimo momento di attacco alla mia fede.

La strategia prevedeva all'inizio di usare il viscido Ferrara e il suo Foglio.
Ma visto che Francesco sta riuscendo nella sua opera di riforma della Chiesa, bisogna puntare più in alto: prima pagina del Corriere della sera della vigilia di Natale, stavolta usando la penna di Vittorio Messori.

Si deve capire -secondo loro- che è la maggioranza dei cattolici ad essere scandalizzata dal papa (d'altra parte il card. Scola sempre sullo stesso Corriere diventato il nuovo canale dei nemici del papa, ripetendo che per lui la comunione ai divorziati non va proprio concessa, correggeva l'intervistatore dicendo che chi la pensa come lui non è minoranza ma maggioranza. 2 dicembre 2014).

Come macigni sono le subdole accuse di Messori, che preferisce definire il papa: “uomo che è uscito vestito di bianco dal Conclave”, che sta “turbando la tranquillità del cattolico medio”, che “ha ridicolizzato chi pensasse che “Dio è cattolico” e ritenuto la Chiesa una sancta e cattolica solo un optional”.

Mentre immaginate quali potentissime lobby ci siano dietro alla prima pagina del Corriere decidete con me di non tacere più. Domattina leggerò su Avvenire chi sminuirà la magnitudo del terremoto magari definendo Francesco, come ha fatto in settimana un altro Vescovo, questo papa “un uomo simpatico”. E non tacerò.
Il momento è grave e forse la svolta è stata l'ultima durissima denuncia del papa nei confronti della Curia Romana, cuore della “patologia del potere”. Giornata memorabile, visto che si aspettavano i soliti innocui auguri dal pontefice di turno magari con invito a passare nell'attico di Bertone per il brindisi e il panettone...
“Per amore non tacerò” dice Isaia proprio nella messa di oggi. Ecco i miei auguri di Natale per la mia vita di cristiano. Mi impegno a parlarne chiaramente nelle omelie di Natale e invito tutti a non tacere, per difendere Francesco non con la subdola demolizione di questi personaggi ma con la leggerezza del vangelo e la parresia del cristiano!

Don Nandino Capovilla 24 dicembre 2014


Alberto Pento
Ƚo go senpre pensà mi ke ƚi catoƚego-romani ƚi xe nemighi de Cristo l'ebreo e ke Roma lè ƚa tana del demogno.
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Re: Ƚi cristiani catoƚego-romani

Messaggioda Berto » sab dic 27, 2014 2:08 pm

I dubbi sulla svolta di Papa Francesco
Bergoglio è imprevedibile per il cattolico medio. Suscita un interesse vasto, ma quanto sincero?
di Vittorio Messori

http://www.corriere.it/cronache/14_dice ... cb34.shtml

Credo sia onesto ammetterlo subito: abusando, forse, dello spazio concessomi, ciò che qui propongo, più che un articolo, è una riflessione personale. Anzi, una sorta di confessione che avrei volentieri rimandata, se non mi fosse stata richiesta. Ma sì, rimandata perché la mia (e non solo mia) valutazione di questo papato oscilla di continuo tra adesione e perplessità, è un giudizio mutevole a seconda dei momenti, delle occasioni, dei temi. Un Papa non imprevisto: per quanto vale, ero tra quelli che si attendevano un sudamericano e un uomo di pastorale, di esperienza quotidiana di governo, quasi a bilanciare un ammirevole professore, un teologo sin troppo raffinato per certi palati, quale l’amato Joseph Ratzinger. Un Papa non imprevisto, dunque, ma che subito, sin da quel primissimo «buonasera», si è rivelato imprevedibile, tanto da far ricredere via via anche qualche cardinale che era stato tra i suoi elettori.

Una imprevedibilità che continua, turbando la tranquillità del cattolico medio, abituato a fare a meno di pensare in proprio, quanto a fede e costumi, ed esortato a limitarsi a «seguire il Papa».
Ke oror! El ga raxon Françesco a voler ke li omani li pense co la so cràpa.

Già, ma quale Papa? Quello di certe omelie mattutine a Santa Marta, delle prediche da parroco all’antica, con buoni consigli e saggi proverbi, con persino insistiti avvertimenti a non cadere nelle trappole che ci tende il diavolo? O quello che telefona a Giacinto Marco Pannella, impegnato nell’ennesimo, innocuo digiuno e che gli augura «buon lavoro», quando, da decenni, il «lavoro» del leader radicale è consistito e consiste nel predicare che la vera carità sta nel battersi per divorzio, aborto, eutanasia, omosessualità per tutti, teoria di gender e così via? Il Papa che, nel discorso di questi giorni alla Curia romana, si è rifatto con convinzione a Pio XII (ma, in verità, a san Paolo stesso) definendo la Chiesa «corpo mistico di Cristo»? O quello che, nella prima intervista a Eugenio Scalfari, ha ridicolizzato chi pensasse che «Dio è cattolico», quasi che la Ecclesia una, sancta, apostolica, romana (???) fosse un optional, un accessorio da agganciare o meno, a seconda del gusto personale, alla Trinità divina? Il Papa argentino consapevole, per diretta esperienza, del dramma dell’America Latina che si avvia a diventare un continente ex cattolico, con il passaggio in massa di quei popoli al protestantesimo pentecostale? O il Papa che prende l’aereo per abbracciare e augurare buoni successi a un amico carissimo, pastore proprio in una delle comunità che stanno svuotando quella cattolica e proprio con il proselitismo da lui condannato duramente nei suoi?

Si potrebbe continuare, naturalmente, con questi aspetti che paiono - e forse sono davvero - contraddittori. Si potrebbe, ma non sarebbe giusto, per un credente. Questi, sa che non si guarda a un Pontefice come a un presidente eletto di repubblica o come a un re, erede casuale di un altro re. Certo, in conclave, quegli strumenti dello Spirito Santo che, stando alla fede, sono i cardinali elettori condividono i limiti, gli errori, magari i peccati che contrassegnano l’umanità intera. Ma capo unico e vero della Chiesa è quel Cristo onnipotente e onnisciente che sa un po’ meglio di noi quale sia la scelta migliore, quanto al suo temporaneo rappresentante terreno. Una scelta che può apparire sconcertante alla vista limitata dei contemporanei ma che poi, nella prospettiva storica, rivela le sue ragioni. Chi conosce davvero la storia è sorpreso e pensoso nello scoprire che - nella prospettiva millenaria, che è quella della Catholica - ogni Papa, consapevole o no che lo fosse, ha interpretato la sua parte idonea e, alla fine, rivelatasi necessaria. Proprio per questa consapevolezza ho scelto , per quanto mi riguarda, di osservare, ascoltare, riflettere senza azzardarmi in pareri intempestivi se non addirittura temerari. Per rifarci a una domanda fin troppo citata al di fuori del contesto: « Chi sono io per giudicare?». Io che - alla pari di ogni altro, uno solo escluso - non sono certo assistito dal «carisma pontificio», dall’assistenza promessa del Paraclito. E a chi volesse giudicare, non dice nulla l’approvazione piena, più volte ripetuta - a voce e per iscritto - dell’attività di Francesco da parte di quel «Papa emerito» pur così diverso per stile, per formazione, per programma stesso?

Terribile è la responsabilità di chi oggi sia chiamato a rispondere alla domanda: «Come annunciare il Vangelo ai contemporanei? Come mostrare che il Cristo non è un fantasma sbiadito e remoto ma il volto umano di quel Dio creatore e salvatore che a tutti può e vuole dare senso per la vita e la morte?». Molte sono le risposte, spesso contrastanti.

Per quel poco che conta, dopo decenni di esperienza ecclesiale, io pure avrei le mie, di risposte. Avrei, dico: il condizionale è d’obbligo perché niente e nessuno mi assicura di avere intravisto la via adeguata. Non rischierei forse di essere come il cieco evangelico, quello che vuole guidare altri ciechi, finendo tutti nella fossa? Così, certe scelte pastorali del «vescovo di Roma», come preferisce chiamarsi, mi convincono; ma altre mi lascerebbero perplesso, mi sembrerebbero poco opportune, magari sospette di un populismo capace di ottenere un interesse tanto vasto quanto
superficiale ed effimero. Avrei da osservare alcune cose a proposito di priorità e di contenuti, nella speranza di un apostolato più fecondo. Avrei, penserei: al condizionale, lo ripeto, come esige una prospettiva di fede dove chiunque anche laico (lo ricorda il Codice canonico) può esprimere il suo pensiero, purché pacato e motivato, sulle tattiche di evangelizzazione. Lasciando però all’uomo che è uscito vestito di bianco dal Conclave la strategia generale e, soprattutto, la custodia del «depositum fidei». In ogni caso, non dimenticando quanto Francesco stesso ha ricordato proprio nel duro discorso alla sua Curia: è facile, ha detto, criticare i preti, ma quanti pregano per loro? Volendo anche ricordare che egli, sulla Terra, è il «primo» tra i preti. E, dunque, chiedendo, a chi critica, quelle preghiere di cui il mondo ride ma che guidano, in segreto, il destino della Chiesa e del mondo intero.
24 dicembre 2014 | 08:29
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Re: Ƚi cristiani catoƚego-romani

Messaggioda Berto » sab dic 27, 2014 2:18 pm

Ke raxianti bastiemadori:

Dio no lè catoƚego (roman?), Dio lè Dio e lè tuto, catoƚego sì entel senso de ogniversal (de tuti anca de i "pagani", de li xlameghi, de li ebrei, de li indù, ....), ma no roman, Dio no lè roman, no lè ƚa bruta copia de n’enperador roman, bastiemadori, Dio lè el creador de l'ogneverso, cancari fioli del demogno!


L’ebreo Piero, vescovo martire de Roma nol jera on roman e gnanca el servo de l’enperador roman.
Cristo no lè al servisio de l’enpero roman e de Roma capitale e “caput mundi”.
Anxelo Scoƚa nol me ga mai piaxesto!
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Re: Ƚi cristiani catoƚego-romani

Messaggioda Berto » sab dic 27, 2014 3:47 pm

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Re: Ƚi cristiani catoƚego-romani

Messaggioda Berto » sab dic 27, 2014 4:11 pm

Sti kì ƚi me fa oror:

http://it.wikipedia.org/wiki/Cattolici_tradizionalisti

===============================================================================================================================================

Con l’auspicio che sia questo l’ultimo Natale sotto l’occupazione rivoluzionaria della società e della Chiesa, divina e che risorgerà, eppure umanamente spenta dalle eresie vaticanosecondiste e di Bergoglio, fra gl’interessati applausi del mondo, dei traditori e dei cattivi, nel silenzio complice degl’interessati.

Poiché: Mihi vindicta, dicit Dominus. Ego retribuam. Horrendum est incidere in manus Dei viventis.

(Epistula Sancti Pauli Apostoli ad Hebraeos 10, 30-31).

Mia è la vendetta, dice il Signore: Io darò la paga.

Poiché è terribile cadere nella mani del Dio vivente.

Con i migliori auguri di un Santo Natale e felice anno nuovo,
Maurizio-G. Ruggiero e gli altri amici cattolici tradizionalisti veronesi

Via da Roma, dai romani e da i catolego-romani! . Cristo nol jera on roman!
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Re: Ƚi cristiani catoƚego-romani

Messaggioda Berto » mar dic 30, 2014 11:57 pm

Entel credo se dixe o se fa profesion de credare ente na çexa catolega e apostolega ma no romana.

http://www.maranatha.it/PDApregh/06credo.htm


IL CREDO Italiano e Latino

Io credo in Dio, Padre onnipotente,
Creatore del cielo e della terra.
E in Gesù Cristo,
...

Credo nello Spirito Santo,
la santa Chiesa cattolica,
la comunione dei santi,
la remissione dei peccati,
la risurrezione della carne,
la vita eterna.
Amen.

Credo Niceno-Costantinopolitano

Credo in un solo Dio,
Padre onnipotente,
Creatore del cielo e della terra,
di tutte le cose visibili e invisibili.
...
Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica.

Professo un solo Battesimo
per il perdono dei peccati.
Aspetto la risurrezione dei morti
e la vita del mondo che verrà.
Amen.


Par on bon cristian dir ke ła cexa catołega lè romana a dovaria esar na bastema granda, na raxia, parké catołega (ogniversal) se contradixe co romana (ke no lè ogniversal) e cusì a xe anca par ła łengoa łatina ke no ła xe par gnente ogniversal né par i tuti i cristiani né par tuti i omani, prasiò ła mesa en latin non xe conpatibiłe co ła catołegansa ma caxo mai co ła so partexałetà romana. No ghè al mondo na łengoa ogniversal parké no ła xe stà mesa en conto dal creador ke l ga preferesto ła variansa enfenida, prasiò a xe mejo doprar łe łengoe purpie de ogni xente, popoło, comounedà, come ke l ga desposto lù da senpre.

A ki servała ła łengoa latina, lomè a łe caste par perpetuar el so do domegno, ła so exemognia de traverso ła descremegnasion łengoestega e el doparo del jergo, retegnesto a torto łengoa sorana e de coultura.
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Re: Ƚi cristian catoƚego-(romani ?)

Messaggioda Berto » gio gen 22, 2015 6:18 pm

Papa Francesco vs Chiesa conservatrice: ‘Non mi cambierete’

http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/01 ... te/1320909

Questo Papa, che parla di far cessare lo “sfruttamento dell’uomo sull’uomo”, non piace a settori consistenti della Chiesa: appare troppo marxista.

Questo Papa, che verso le 7 di sera a Santa Marta va alla mensa self-service con il suo vassoio (infatti a quell’ora il personale non serve più ai tavoli), non piace a vescovi e cardinali che esigono l’evidenza della “sacralità” del papato ???.

Questo Papa, che ribalta lo sguardo della Chiesa sui gay, inquieta una parte della gerarchia.
Ha commentato negli Stati Uniti il cardinale Francis George, ex arcivescovo di Chicago: “Vorrei chiedere al pontefice se si rende conto di quello che è accaduto con la frase ‘chi sono io per giudicare..?'”.

Questo inverno è una stagione dura per Francesco e il suo progetto riformatore. Attacca sul Foglio uno dei capifila del tradizionalismo italiano, Roberto De Mattei: “Il dramma principale del nostro tempo (è) un misterioso processo di autodemolizione della Chiesa, che sta giungendo alle ultime conseguenze”.
De Mattei accusa quegli ecclesiastici – i pro-Bergoglio evidentemente – che sarebbero intenti a costruire una Chiesa di tipo nuovo, “soggetta a una perpetua evoluzione senza verità e senza dogmi”.

Il secondo round del Sinodo sulla famiglia dell’ottobre 2015 sembra lontano, ma è l’appuntamento in vista del quale si stanno mobilitando tutti coloro che respingono le innovazioni proposte dal cardinale Kasper.
In Italia c’è un blocco cardinalizio assolutamente contrario alla concessione della comunione ai divorziati risposati. Cardinali di peso: Camillo Ruini ex presidente Cei, Carlo Caffarra arcivescovo di Bologna, Angelo Scola arcivescovo di Milano. In particolare Scola ha lanciato in un’intervista un singolare avvertimento: “Credo proprio che il Papa non la prenderà (la decisione di permettere la comunione ai divorziati, ndr)”.
È un blocco che si salda con una parte della gerarchia statunitense, rimasta ancorata all’impostazione dei principi non negoziabili di Benedetto XVI.

Di fatto, a due anni dall’elezione di Bergoglio, la sua base elettorale in conclave è spaccata.
Avvenne egualmente ai tempi di Giovanni XXIII: gli elettori di papa Roncalli volevano un pontefice più pastorale, ma non si aspettavano (e molti poi furono contrari) che indicesse un Concilio aperto alla società moderna e non armato di condanne.

Così sta accadendo con Francesco. Una parte dei suoi elettori chiedeva uno snellimento della Curia, pulizia negli affari finanziari del Vaticano, una maggiore consultazione tra il pontefice e i vescovi del mondo. Ma non era pronta minimamente alla rivoluzione multidimensionale di papa Bergoglio: una Curia non più accentratrice, le donne in posti decisionali, un nuovo approccio in materia sessuale, il dialogo senza barriere con i non credenti, la fine della Chiesa imperiale, la riforma stessa del papato.

Drammatico in proposito è il silenzio dell’associazionismo cattolico italiano, tanto più grave in quanto Francesco esorta i laici ad essere attivi.
Si prenda la lista di movimenti e associazioni che aderirono al Family Day promosso dalla Cei nel 2007 per sabotare la legge sulle unioni di fatto del governo Prodi: ora che questi cattolici potrebbero parlare liberamente su famiglia, divorzio, convivenze, aborto, sessualità e ruolo della donna, tacciono e si nascondono senza prendere posizione né pro né contro il riformismo di Bergoglio.
Papa Francesco è consapevole del momento difficile. Prima di Natale, a colloquio con una persona di sua fiducia, ha esclamato: “L’unica cosa che chiedo al Signore è che questo cambiamento, che porto avanti per la Chiesa con mio grande sacrificio, abbia continuità. E non sia una luce che si spegne da un momento all’altro”.
In privato Francesco ribadisce spesso: “Loro, in conclave, sapevano chi eleggevano. Io non ho fatto niente per essere eletto”. E alla fine il Papa conclude sempre: “A me non mi cambiano!”.

Alcuni fra i suoi sostenitori ritengono che in vista del Sinodo di ottobre sia necessario trovare in anticipo una soluzione di compromesso sui divorziati risposati. Francesco si muove intanto su più linee. Nella recente intervista alla giornalista Elisabetta Piquet della Nacion è stato molto prudente. Ha evitato di appoggiare la comunione ai divorziati risposati e ha drasticamente ridimensionato la questione gay al problema di come comportarsi con i figli omosessuali all’interno delle famiglie. Cosa diversa dal dibattito sulle coppie gay, che ha agitato il Sinodo scorso. Nel frattempo è al lavoro la commissione sullo snellimento delle procedure dei processi di nullità matrimoniale, da lui istituita ancora prima della sessione sinodale.

In Curia si liberano quest’anno due posizioni dirigenti nel dicastero delle Cause dei Santi e dell’Educazione: qui potrà mettere uomini suoi. Infine, con le nomine cardinalizie annunciate domenica, le porpore da lui scelte cominciano a formare un quarto del conclave. L’Europa perde la maggioranza nel corpo elettorale. Solo un curiale (l’ex ministro degli esteri Mamberti) riceve la porpora. Nessuna va agli statunitensi. Gli italiani scelti sono due personalità lontane dal potere, fortemente pastorali, di “periferia”: mons. Menichelli di Ancona e mons. Montenegro di Agrigento, che accompagnò il Papa a Lampedusa. Per il resto irrompe nel collegio cardinalizio il Terzo mondo: dalle Isole Tonga al Vietnam, da Capo Verde alla Birmania, dall’Uruguay alla Nuova Zelanda, dall’Etiopia a Panama.

il Fatto Quotidiano, 6 gennaio 2014
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Re: Ƚi cristian catoƚego-(romani ?)

Messaggioda Berto » mer feb 18, 2015 8:48 am

Criteri teologici per una riforma della Chiesa e della Curia romana

Gerhard Müller

http://www.vatican.va/roman_curia/congr ... ma_it.html

Alla Chiesa stanno a cuore il Vangelo, la verità, la salvezza.
La storia ci ha insegnato che ogni volta che la Chiesa si è liberata dalla mentalità mondana e da modelli terreni di esercizio del potere, si è aperta la strada per il suo rinnovamento spirituale in Gesù Cristo, suo capo e fonte della vita.
Il punto di riferimento dell’insegnamento, della vita e della costituzione della Chiesa non è il dominium dei re, ma il ministerium degli apostoli: “Noi non intendiamo far da padroni sulla vostra fede; siamo invece i collaboratori della vostra gioia” (2 Corinzi, 1, 24).

Questo emerge in tutti i tentativi di riforma, in capite et in membris, come ad esempio nel rinnovamento gregoriano del secolo XI, nella riforma tridentina del XVI secolo, o nella nuova primavera della Chiesa con il concilio Vaticano II, in cui sono confluiti i movimenti di rinnovamento biblico, patristico, liturgico ed ecclesiologico dei secoli XIX e XX.
Il potere temporale del Papa e dei vescovi principi si è talvolta sovrapposto alla missione spirituale della Chiesa.
Nella liaison tra potere politico e servizio spirituale non di rado è emerso l’influsso corruttore di criteri improntati al potere e al prestigio.
Ancora più devastanti furono i sistemi in epoca moderna delle Chiese di Stato, presenti ad esempio nel gallicanesimo, nel febronianesimo e nel giuseppinismo, nonché la sottomissione della Chiesa alla ragione di Stato attraverso il patronato reale negli imperi spagnolo e portoghese.
La Chiesa però riceve il suo vero significato non da un consenso sociale, dalla funzione del cristianesimo come religione civile o da contatti con i rappresentanti del potere politico, ma dalla stessa Parola di salvezza rivolta agli uomini, specialmente ai poveri nelle periferie della vita.

Il Signore ha istituito la Chiesa come sacramento universale di salvezza per il mondo, affinché “tutti gli uomini siano salvati e vengano alla conoscenza della verità” (1 Timoteo 2, 4). La Chiesa non potrà capire se stessa e non potrà giustificarsi davanti al mondo secondo standard di potere, di ricchezza e di prestigio: la riflessione sulla natura e sulla missione della Chiesa di Dio è, quindi, la base e il presupposto di ogni vera riforma.

Di fronte alla fragilità degli uomini c’è sempre la tentazione di spiritualizzare la Chiesa, cioè di relegarla in un ambito di meri ideali e sogni – al di là dell’abisso della tentazione, del peccato, della morte e del diavolo, come se noi, per giungere alla gloria della risurrezione, non dovessimo attraversare la valle della sofferenza e del dolore. Secondo una certa analogia che è possibile stabilire con l’incarnazione del Verbo di Dio, la Chiesa forma un’unità interiore di comunità spirituale e assemblea visibile servendo così allo Spirito di Dio come segno e strumento di salvezza, allo scopo di continuare l’opera di Cristo tra gli uomini. La Chiesa, pertanto, è santa e santificante perché santificata da Dio; per quanto riguarda gli uomini nel loro pellegrinaggio di fede, essa, “sempre bisognosa di purificazione, avanza continuamente per il cammino della penitenza e del rinnovamento” (Lumen gentium, 8).

In questo senso, Benedetto XVI ha parlato della necessità di una Ent-Weltlichung della Chiesa, cioè di una sua liberazione da forme di mondanità. Papa Francesco ha decisamente continuato questo pensiero parlando della Chiesa povera e per i poveri: la Chiesa non deve mai cedere alla tentazione di una auto-secolarizzazione, adattandosi alla società secolare e a una vita senza Dio.

Nel discorso alla Curia per gli auguri di Natale del 2014 il Santo Padre ha sottolineato l’assoluta prevalenza della finalità spirituale della Chiesa su ogni mezzo terreno, che non deve mai diventare fine a se stesso. Questo discorso rappresenta un’esortazione spirituale e un esame di coscienza per tutta la Chiesa. Non sono la grandezza dei beni della Chiesa o il numero di dipendenti nelle nostre strutture amministrative la bussola di orientamento del rinnovamento della Chiesa; lo è, invece, lo spirito di amore nella cui forza la Chiesa serve gli uomini attraverso la predicazione, i sacramenti e la carità. La riforma della Curia romana, già discussa nelle congregazioni precedenti il conclave del 2013, deve essere esemplare per il rinnovamento spirituale di tutta la Chiesa.

La Curia non è una mera struttura amministrativa, ma essenzialmente un’istituzione spirituale radicata nella missione specifica della Chiesa di Roma, santificata dal martirio degli apostoli Pietro e Paolo: “Nell’esercizio della sua suprema, piena e immediata potestà sopra tutta la Chiesa, il Romano Pontefice si avvale dei dicasteri della Curia romana, che perciò compiono il loro lavoro nel suo nome e nella sua autorità, a vantaggio delle Chiese e al servizio dei sacri pastori” (Christus dominus, 9). Partendo da questa descrizione teologica, il concilio Vaticano II stesso ha stimolato una riorganizzazione della Curia conforme al tempo odierno.

La struttura organizzativa e il funzionamento della Curia dipendono dalla missione specifica del vescovo di Roma. Successore di Pietro, egli è il “perpetuo e visibile principio e fondamento dell’unità sia dei vescovi sia della moltitudine dei fedeli” (Lumen gentium, 23), istituito da Cristo per la sua Chiesa. Poiché soltanto alla luce della fede rivelata siamo in grado di distinguere la Chiesa da una qualsiasi comunità religiosa di indole meramente umana, così solo nella fede riusciamo a capire che il Papa e i vescovi godono di una potestà sacramentale e mediatrice della salvezza che ci collega con Dio. È proprio questa la qualità che distingue i pastori della Chiesa dalle altre forme di autorità che ogni comunità religiosa si dà per motivi sociologici e organizzativi.

Nella Chiesa locale, il vescovo, costituito dallo Spirito santo, non è un delegato o un rappresentante del Papa, ma è vicario e legato di Cristo, principio e fondamento di unità nella Chiesa a lui affidata. La dottrina del primato del Papa e della collegialità dei vescovi è da intendersi come espressione della comune sollecitudine per tutta la Chiesa, intesa nella sua qualità di communio ecclesiarum. Pertanto, il rapporto tra Chiesa universale e Chiese particolari non si può paragonare a quello che intercorre tra organizzazioni profane. La Chiesa universale non nasce come somma delle Chiese particolari, né le Chiese particolari sono mere succursali della Chiesa universale: esiste invece una mutua interiorità tra Chiesa universale e Chiese particolari. La Chiesa è il corpo di Cristo, è guidata e rappresentata dal collegio dei vescovi cum et sub Petro.

Il Papa, rendendo visibile l’unità e l’indivisibilità dell’episcopato e della Chiesa intera, presiede nel contempo alla Chiesa locale di Roma. A motivo dell’operato di Pietro come vescovo di Roma e, soprattutto, grazie al suo martirio, il primato è legato per sempre alla Chiesa di Roma. Come “il vescovo è nella Chiesa e la Chiesa nel vescovo” (Cipriano, Epistulae, 66, 8), così anche il vescovo di Roma non è mai pastore della Chiesa universale senza il suo legame con la Chiesa di Roma. Come il capo non può essere separato dal corpo, così il legame del vescovo di Roma con la Chiesa di Roma è indissolubile. Perciò, la Tradizione parla del primato “della Chiesa di Roma”. Il Papa non esercita il primato se non insieme alla Chiesa romana.

Capo visibile della Chiesa di Roma, il Papa è, nello stesso tempo, capo visibile di tutta la Chiesa. Per la speciale autorità (propter potentiorem principalitatem, Ireneo, Adversus haereses, III, 3, 3, 2) della fondazione da parte di Pietro e Paolo, ogni Chiesa deve concordare con quella di Roma nella fede apostolica. Così, le note essenziali della Chiesa: una, santa, cattolica e apostolica, a fortiori si trovano realizzate nella Chiesa romana. Sin dai tempi antichi, essa si chiama “santa romana Chiesa” – non tanto per la santità soggettiva del suo capo e delle sue membra, ma per la santità della sua missione specifica, che consiste nel preservare fedelmente e nel trasmettere integralmente la tradizione apostolica, il depositum fidei. Il primato della Chiesa di Roma non ha nulla a che fare con un qualsiasi dominio sulle altre Chiese; la sua natura interiore è, invece, quella di “presiedere nella carità” (Ignazio di Antiochia, Lettera ai romani, prologo), un servizio all’unità della fede e alla comunione di tutte le Chiese, per il bene dell’umanità intera.

Il ministero pastorale universale viene esercitato personalmente e direttamente, poiché il Papa nella sua persona è il successore di Pietro, sul quale il Signore ha voluto edificare la sua Chiesa. Il Papa, però, attua questo suo ministero con l’assistenza che la Chiesa romana gli presta. Nel corso della storia, a partire dai vescovi delle diocesi suburbicarie e dai presbiteri e diaconi più importanti della Chiesa di Roma, si è sviluppato il collegio cardinalizio. Così come il presbiterio, rappresentato dal consiglio presbiterale, aiuta il vescovo diocesano, il collegio cardinalizio è similmente il consilium presbiterale del Papa nel suo servizio pastorale universale. Secondo una disposizione di Giovanni XXIII, i cardinali, compresi i responsabili della Curia, devono ricevere la consacrazione episcopale; così essi fanno parte del collegio dei vescovi – fatto che è di non poca rilevanza, ad esempio, per le visite ad limina.

Pur con tutti i cambiamenti storici, è rimasta salda l’idea che la Chiesa romana collabora all’universale compito pastorale e dottrinale del Papa tramite il collegio cardinalizio. Gruppi consistenti di cardinali e vescovi nominati dal Pontefice formano gli organismi della Curia romana, ai quali viene assegnato un proprio ambito di competenza. Non si tratta di un’istanza intermediaria tra il Papa e i vescovi, in quanto la relazione tra Pontefice e vescovi, basata sulla collegialità episcopale, è immediata. I cardinali e i vescovi della Curia romana, infatti, sostengono il Papa nel suo servizio per l’unità cattolica, e mettono a sua disposizione tutti i mezzi adeguati, necessari per l’esercizio del suo ufficio pastorale e dottrinale. Il Sommo Pontefice, d’altra parte, non è limitato in nessun modo dall’azione della Curia, anzi viene da essa sostenuto nell’esercizio del primato affidato a lui come successore di Pietro in favore della Chiesa universale.

La modalità del lavoro nella Curia romana è collegiale – in analogia alla collegialità del presbiterio sotto la direzione del vescovo diocesano. Ogni responsabile degli organismi curiali è solo colui che presiede e rappresenta il suo dicastero, mentre tutti i padri delle riunioni ordinarie del dicastero stesso si assumono uguale responsabilità per il bene della Chiesa universale. È fondamentale, per la riforma della Curia, che essa sia intesa come una famiglia spirituale: tale carattere e il suo necessario orientamento pastorale sono garantiti dalla mutua cooperazione e dalla carità, dalla preghiera e dall’eucaristia, da ritiri e da impegni di pastorale e di predicazione.

In questo contesto, è importante che la Curia romana venga distinta dalle istituzioni civili dello Stato vaticano, le cui strutture sono soggette piuttosto alle leggi della pubblica amministrazione e garantiscono l’indipendenza politica della Chiesa. Anche il Sinodo dei vescovi non appartiene in senso stretto alla Curia romana: esso è l’espressione della collegialità dei vescovi in comunione con il Papa e sotto la sua direzione. La Curia romana invece aiuta il Papa nell’esercizio del suo primato per tutte le Chiese. Pertanto, la Curia e il Sinodo si distinguono già formalmente in quanto la Curia romana sostiene il Papa nel suo servizio per l’unità, mentre il Sinodo dei vescovi è espressione della cattolicità della Chiesa. Tutti i vescovi, infatti, partecipano della cura di tutte le Chiese. In concreto queste due missioni sono connesse l’una con l’altra.

Il Sinodo dei vescovi, le conferenze episcopali e le varie aggregazioni di Chiese particolari appartengono a una categoria teologica diversa dalla Curia romana. Solo chi pensa secondo schemi di potere, di influsso e di prestigio interpreta il rapporto organico di primato e episcopato come una lotta di competenze. Lo Spirito santo, invece, verso cui noi non dobbiamo mai chiudere le nostre menti, crea armonia tra i poli dell’unità e della molteplicità, tra la Chiesa universale e le Chiese particolari, come pure all’interno delle singole Chiese particolari. Lo spirito del mondo, tuttavia, semina conflitti e sfiducia. Favorire una giusta decentralizzazione non significa che alle conferenze episcopali viene attribuito più potere, ma solo che esse esercitano la genuina responsabilità loro spettante in base alla potestà episcopale di magistero e di governo dei loro membri, sempre naturalmente in unione con il primato del Papa e della Chiesa romana.

Una vera riforma della Curia romana e della Chiesa ha l’obiettivo di render più luminosa la missione del Papa e della Chiesa nel mondo di oggi e di domani. La Chiesa si vede sfidata dal secolarismo globale, che, con un radicalismo finora sconosciuto, tende a definire l’uomo senza Dio, chiudendo la porta alla trascendenza e distruggendo i fondamenti comuni dell’umano. Nella “dittatura del relativismo” e nella “globalizzazione dell’indifferenza”, per riprendere le espressioni di Benedetto XVI e di Francesco, i confini tra verità e menzogna, tra bene e male, si confondono. La sfida per la gerarchia e per tutti i membri della Chiesa consiste nel resistere a queste infezioni mondane e nella cura delle malattie spirituali del nostro tempo. Papa Francesco sta perseguendo una spirituale purificazione del tempio, nello stesso tempo dolorosa e liberatrice, allo scopo di far risplendere nella Chiesa la gloria di Dio, luce di tutti gli uomini. Ricordando, come i discepoli del Signore, la parola della Scrittura “ lo zelo per la tua casa mi divora” (Giovanni, 2, 17) comprenderemo l’obiettivo della riforma della Curia e della Chiesa.
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Re: Ƚi cristian catoƚego-(romani ?)

Messaggioda Berto » ven feb 27, 2015 9:10 am

Le vere origini della Chiesa cattolica

https://www.youtube.com/watch?v=yKvLkCVc5u0
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Re: Ƚi cristian catoƚego-(romani ?)

Messaggioda Berto » ven feb 27, 2015 9:14 am

Par mi el catołeçixmo lè on cristianixmo aservio a Çexare, a scuminsiar da Costantin:

https://it.wikipedia.org/wiki/Costantino_I

Cristo el gheva dito kel so regno nol jera de stà tera e de dar a Çexare coel ke jera de Çexare e a Dio coel ke jera de Dio
Co el cristianixmo lè devegnesto rełijon de l'enpero roman xe nato el catołiçixmo roman e Cristo lè stà tradesto.
Anca i venesiani co San Marco łi ga pensà ben de doparar Cristo traverso el Santo Evanxełista, par raforsar el so poder połedego.
Par mi ste operasion łe xe contrare al cristianixmo, łe xe sagrełej, pecà mortałi.

San Marco vanti de esar el Santo Paròno de Venesia el jera el Santo Paròno de la Akileja de li ani veneto-çelto-romani e po' patriarcal anca ente li secoli longobardi.
viewtopic.php?f=153&t=211
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