Cristo, Piero e Marco ƚi jera tre ebrei e gnanca ono roman

Cristo, Piero e Marco ƚi jera tre ebrei e gnanca ono roman

Messaggioda Berto » sab dic 03, 2016 8:26 am

Perché non dovremmo dimenticare che Gesù era ebreo
Rivendicando la chiave di volta della comprensione della nostra fede
Chris Pirillo e Russell E. Saltzman
17 luglio 2015
http://it.aleteia.org/2015/07/17/perche ... -era-ebreo

Quando la mia seconda figlia era in quinta elementare, lei e altri tre compagni hanno ingaggiato una disputa. Gesù era ebreo o no? Un compagno di classe diceva di no. Era impossibile: Gesù era cristiano e non era mai stato un ebreo.

Mia figlia non ha mai sopportato molto l’ignoranza, e la situazione si è trasformata in uno scambio accalorato che ha finito per coinvolgere il consulente scolastico. Attenzione, nessuno stava cercando di risolvere un’argomentazione teologica tra bambini di quinta elementare. Già mantenere la pace nella classe sembrava una cosa complicata.

La questione mi ha veramente dato fastidio. Se la media dei cristiani che vanno in chiesa che vive nel mio quartiere sa così poco di Gesù e dell’ebraismo, quali altri cose anti-ebraiche nate dall’ignoranza potrebbero sorgere? Mi sono venuti in mente purtroppo due omicidi in un centro comunitario ebraico vicino.

Quanto perdono i cristiani se negano l’ebraismo di Gesù? Perderemmo volutamente il nostro cristianesimo.

È una vecchia varietà dell’eresia, il marcionismo, il cui nome deriva da Marcione, che verso il 144 d.C. insisteva sul fatto che gli insegnamenti di Cristo erano incompatibili con il Dio degli ebrei. Il Dio ebraico era un dio “minore”; Cristo era il rappresentante di un Dio “superiore”.

Marcione provocò uno scisma e per un po’ la fece franca. Aveva riversato una gran quantità di denaro nelle casse della Chiesa, comprando lo spazio per la sua eresia. La Chiesa romana restituì ogni soldo delle donazioni di Marcione, condannandone direttamente la dottrina.

Come dimostra tuttavia la questione riferita al compagno di classe di mia figlia, questa influenza persiste. Senza gli ebrei, i cristiani diventano gnostici staccati dalla storia e dall’umanità di Cristo.

I cristiani devono molto agli ebrei. L’adorazione, ad esempio. L’adorazione in sinagoga alla sua radice è il servizio cristiano della Parola: le letture tratte dalle Scritture da un lezionario, gli inni, le preghiere e la predica. La predica stessa è un’invenzione ebraica; nella pratica pagana non c’era niente di simile. I primi cristiani hanno preso il servizio nella sinagoga e vi hanno aggiunto “lo spezzare il pane”.

Dobbiamo agli ebrei il concetto di canone, una serie standard di testi scritturali usati nell’adorazione. Da loro abbiamo anche acquisito l’anamnesi dell’Eucaristia dalla Pasqua. Come le Mah Nishtanah (le quattro domande) dell’haggadah di Pasqua rendono ogni ebreo un viaggiatore in esodo dall’Egitto, così i verba (Parole dell’Istituzione nella Cena del Signore) pongono ogni cristiano nella sala superiore con Gesù “nella notte in cui fu tradito”.

Dobbiamo ai pagani molto meno di quanti – soprattutto i critici del cristianesimo – tendono a credere, e agli ebrei molto più di quanto ammettono molti. Cristo non ha alcun senso se non nel contesto dell’ebraismo. La chiesa e la sinagoga sono vicine.

Amy-Jill Levine, docente ebrea di Nuovo Testamento a Vanderbilt, fa un favore ai cristiani con il suo libro Short Stories by Jesus: The Enigmatic Parables of a Controversial Rabbi (2014). L’autrice si chiede cosa sentisse il pubblico di Gesù – gli ebrei del I secolo e del secondo Tempio. Aiuta il lettore ad accedere alle parabole come se fosse la prima volta, come se fossero ebrei. La cosa più sorprendente, ovviamente, visto che Gesù era ebreo, è che quel pubblico non ha sentito l’antisemitismo che ha infettato tanto facilmente i sermoni cristiani.

Allo stesso modo, il libro di Paula Fredriksen Augustine and the Jews: A Christian Defense of Jews and Judaism (2008) esamina come Sant’Agostino, con lo studio della Scrittura, sia riuscito a formulare un baluardo teologico contro l’antiebraismo non solo dei suoi oppositori manichei, ma anche della sua stessa Chiesa. Si ritiene che la considerazione agostiniana per gli ebrei abbia salvato molte vite ebraiche contro la crudeltà antiebraica e la brutalità delle masse nell’Europa medievale. Dio era la fonte della scrittura ebraica e della pratica di adorazione ebraica, affermava Agostino, come quella del Nuovo Testamento e della Chiesa.
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Messaggioda Berto » sab dic 03, 2016 2:00 pm

Jewish... but not that Jewish - Sull’indigesta ebraicità di Gesù.
Federico Adinolfi•Sabato 3 dicembre 2016

https://www.facebook.com/notes/federico ... 3632746215

Molti cristiani, anche tra coloro che apprezzano la grande riscoperta dell’ebraicità di Gesù che ha segnato gli studi biblici degli ultimi 40 anni (riflettendosi anche in documenti del Magistero), continuano a manifestare un sensibile disagio di fronte all’idea che Gesù fosse semplicemente ebreo, per cui ci si affretta subito a precisare questo o quell’altro aspetto (di norma quelli più importanti) rispetto al quale Gesù si staglierebbe nettamente al di sopra della sua ebraicità – secondo uno schema di pensiero riassumibile nello slogan Jewish… but not that Jewish! (James Crossley) –, di modo che, alla fine, ciò che di veramente fondamentale si può trovare nella sua persona non sarebbe specificamente ebraico. (*)
Ora, di fronte a questo diffuso percepire la “mera ebraicità” di Gesù come un limite, io mi domando sempre: e che cosa sarebbe questo 50% o 25% di eccedenza non-giudaica in Gesù? Sarebbe qualcosa di cristiano? Ma è un palese anacronismo! Oggi tutti riconoscono che Gesù non ha fondato una nuova religione e che almeno fino alla fine del primo secolo d.C. il variegato movimento “cristiano” non fu altro che una particolare variante messianica di ebraismo (incluse le comunità paoline a maggioranza gentile). Sarebbe allora qualcosa di divino? Ma allora il divino entra in composizione con l’umano, compromettendo l’integrità della natura umana, e tanti saluti al concilio di Calcedonia.
E allora io replico: No, se di eccedenza vogliamo proprio parlare, allora quest’eccedenza di Gesù – che io inquadrerei nell’ordine della carità, piuttosto che in quello delle pretese di autorità, messianità o perfino divinità – è un’eccedenza ebraica, e siccome l’ebraismo è parte dell’umanità, e la sua componente etnica è sempre stata “aperta” e accompagnata da dimensioni universalistiche, allora è anche un’eccedenza universalmente umana, e - passando al piano teologico - l’eccedenza umana è, paolinamente, quella del Nuovo Adamo, del “secondo uomo” che “viene dal cielo” (1 Cor 15,47), integralmente restaurato nel suo essere ad immagine e somiglianza di Dio e portato al proprio compimento escatologico. Dopodiché, sappiamo anche - grazie al lungo processo di riflessione teologica innescato a partire dagli inni di Filippesi e Colossesi e dal prologo giovanneo - che questa eccedenza umana del Nuovo Adamo coincide con il Logos/Sapienza preesistente ed eterno che è immagine perfetta di Dio, e che è Dio, e tale coincidenza apre prospettive teologiche straordinarie sul legame profondissimo che intercorre tra antropologia e cristologia…
Ma io sono convinto che, come cristiani, siamo tenuti a riconoscere e rispettare l’ordine diacronico della rivelazione: che l’eccedenza gesuana sia quella del Figlio eterno di Dio (e anche del Nuovo Adamo) lo si è capito, per rivelazione, solo a partire dalla risurrezione (e ci è comunque voluto diverso tempo). Prima di allora nessuno al mondo avrebbe potuto sospettare nulla del genere (e nemmeno Gesù l’ha fatto). Rispetto al Gesù storico pre-pasquale, quindi, si deve parlare di un’eccedenza umana (io direi nella carità) che è tale precisamente nella sua ebraicità, e non nonostante o al di là di essa.
(*) Anche la diffusa simpatia extra-accademica di cui gode la tesi secondo cui Gesù sarebbe da collocarsi nell’ambito del giudaismo esseno (avvallata addirittura da Ratzinger) ha a che fare con questo desiderio di un Gesù Jewish… but not that Jewish, nella misura in cui l’essenismo viene immaginato (contro la realtà storica) come un movimento radicalmente settario e para-monastico completamente alienato dal resto dal giudaismo devoto al Tempio, ed estraneo altresì alle nascenti sinagoghe – insomma un giudaismo non-giudaico, incontaminato dalle istituzioni contro cui si pensa che Gesù fosse in conflitto (glissando con nonchalance sulla cristianamente poco appetibile centralità della Tôrâ mosaica tra gli esseni), e già separato e orientato sulla traiettoria centrifuga che porterà alla nascita del cristianesimo.
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