A so drio lexar "Non nel nome di Dio" del rabin o rav Jonathan Sacks de Londra
http://www.giuntina.it/Schulim_Vogelman ... o_682.html
Jonathan Sacks
https://it.wikipedia.org/wiki/Jonathan_Sacks
Jonathan Henry Sacks (Londra, 8 marzo 1948) è un rabbino britannico, considerato la massima autorità spirituale e morale ebraica ortodossa in Gran Bretagna, col titolo di Chief Rabbi of Great Britain and the Commonwealth of Nations ("Rabbino capo della Gran Bretagna e del Commonwealth delle nazioni") dalla sua nomina nel 1991 fino alla conclusione del suo mandato nel 2013. Creato Sir dalla Regina Elisabetta II nel 2005 per servizi resi alla Comunità e alle relazioni inter-religiose e nel 2009 nominato Lord Barone con un seggio a vita nella Camera dei Lord.
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Capitoli
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Dualismo
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Per comprendere come funziona, vale la pena di prendere in considerazione un esempio estremo: la Germania dal 1933 al 1945. L’ideologia nazista non era religiosa, al più era pagana. Era anche fondata su opinioni che, al tempo, si ritenevano scientifiche: il cosiddetto «studio scientifico della razza» (un miscuglio di biologia e antropologia) e il «darwinismo sociale», la teoria secondo la quale gli stessi processi operano in natura come nella società. I forti sopravvivono eliminando i deboli.
La ragione per avere usato questo esempio è mostrare come le credenze, che viste a distanza sembrano infantili e assurde, possono essere sostenute da persone veramente intelligenti. Le persone che hanno ceduto la loro dignità intellettuale al nazismo erano tra le menti eminenti della Germania: tra di esse vi erano figure come lo studioso biblico Gerhard Kittel, il filosofo Martin Heidegger e il giurista e filosofo politico Carl Schmitt.6 Joseph Goebbels, il cervello della propaganda nazista, aveva una laurea in letteratura tedesca dell’Università di Heidelberg. Josef Mengele, il famigerato sovrintendente medico ad Auschwitz, era laureato in antropologia e medicina ed era professore associato presso il Kaiser-Wilhelm-Institut per la genetica.
La resistenza al programma nazista da parte della intellighenzia fu minima se non addirittura inesistente. Gli accademici furono tra i suoi sostenitori più zelanti, licenziando i colleghi ebrei e mettendo al bando i loro libri senza alcuna obiezione. I giudici misero in atto, senza protestare, le Leggi di Norimberga, privando gli ebrei di tutti i diritti umani. Secondo Ingo Müller, perfino la Corte Suprema mostrò una «ossessiva determinazione nel perseguire tutti gli ebrei».7 Medici diressero i programmi di sterilizzazione ed eutanasia. Ad Auschwitz «la partecipazione al massacro, e anzi la sua supervisione fu dei medici dall’inizio alla fine».8 La metà di tutti i medici tedeschi aderirono alla Lega dei medici nazisti.9
Più di metà dei partecipanti alla Conferenza di Wannsee del gennaio 1942, che decise la Soluzione Finale, il totale sterminio degli ebrei d’Europa, aveva il titolo di «dottore», sia che fossero medici o accademici laureati,10 e il 41 per cento degli ufficiali delle SS avevano un’istruzione universitaria, a fronte del 2 per cento della popolazione nel suo complesso.11 Nel 1927 Julien Benda, in un libro famoso, Il tradimento dei chierici, scriveva di come il discorso pubblico si era trasformato nella organizzazione intellettuale degli odi politici. Questo sarà, diceva, «una delle sue rivendicazioni più clamorose nella storia morale dell’umanità».12
Quasi nessuno è immune dal dualismo una volta che si è impossessato di una cultura.
Il nazismo come lo aveva costruito Hitler era un dualismo patologico perfetto. I figli della luce erano la nazione tedesca, più specificamente la razza ariana. I figli delle tenebre erano gli ebrei. Erano le forze del male, i distruttori della Germania, i profanatori della sua purezza razziale, i corruttori della sua cultura e coloro che ne minavano il morale. Malgrado il fatto che fossero meno dell’1 per cento della popolazione della Germania, si diceva che ne controllassero le banche, i media e il destino, e cospirassero segretamente per manipolare il mondo.
Come parte della logica della socialità umana, la coesione interna di un gruppo è in proporzione diretta rispetto al grado di minaccia che percepisce venire dall’esterno. Ne consegue che chiunque voglia unire una nazione, specialmente una che è stata profondamente spaccata, deve demonizzare un avversario o, se necessario, inventarsi un nemico. Per i turchi furono gli armeni. Per i serbi furono i musulmani, per Stalin furono la borghesia e i controrivoluzionari. Per Pol Pot furono i capitalisti e gli intellettuali, per Hitler furono gli ebrei: l’eterno Altro dell’Europa cristiana.
Per ri-moralizzare una nazione, i capi spesso riportano in vita i ricordi dell’antica gloria. Vamik Volkan, che ha applicato i concetti di scissione e di proiezione ai conflitti internazionali, mette in rilievo il corollario: il trauma scelto, un evento che «ha fatto sì che un vasto gruppo dovesse affrontare drastiche perdite comuni, si sentisse inerme e vittimizzato da un altro gruppo, e dovesse condividere una offesa umiliante». In Bosnia e in Kossovo negli anni ’90, Slobodan Milosevic e Radovan Karadzic riaccesero la memoria della sconfitta dei serbi da parte dei musulmani nella battaglia del Kossovo nel 1389, seicento anni prima. Più recentemente Osama bin Laden, al-Qaeda e l’Isis si sono concentrati sulle Crociate e la disgregazione dell’impero ottomano per mano dell’Occidente. Per Hitler fu la sconfitta della Germania nella prima guerra mondiale e le condizioni umilianti del Trattato di Versailles. Di tutto ciò – la guerra stessa, la sconfitta della Germania e il successivo disastro economico – Hitler accusava gli ebrei.
Una volta che riesci a identificare un nemico, riattivi un trauma scelto e unisci tutte le fazioni nel timore e nell’odio verso una minaccia comune, metti in moto la parte più primitiva del cervello, l’amigdala con le sue reazioni immediate ed estremamente difensive, e rendi una cultura soggetta a un dualismo puro e potente in cui tu sei la parte innocente e la violenza diventa sia una vendetta giustificata che la necessaria protezione del tuo gruppo. Ne consegue la triplice sconfitta della moralità.
Il primo stadio è la disumanizzazione. Questa è il preludio al genocidio. Il paradosso nella frase «crimini contro l’umanità» sta nel fatto che i grandi crimini sono commessi contro coloro che non ritieni condividere la tua umanità. Per gli hutu, i tutsi erano inyenzi, scarafaggi. Per i nazisti, gli ebrei erano insetti, pidocchi, parassiti, un cancro che doveva essere eliminato, un arto malato che doveva essere amputato. Goebbels parlava dell’eliminazione degli ebrei in termini di «igiene sociale» proprio come «un medico toglie di circolazione un bacillo».13 «Gli ebrei sono i pidocchi dell’umanità civilizzata» disse nel 1941. «Devono essere in qualche modo sterminati».14 Hitler parlava della «tubercolosi razziale» ebraica, e chiedeva che la Germania fosse «immunizzata». Dobbiamo «eliminare il veleno se vogliamo guarire».15 Gli ebrei erano «un parassita nel corpo di altre razze»16 e una «infezione del nostro corpo etnico nazionale causata da avvelenamento del sangue».17 Konrad Lorenz, che in seguito avrebbe ricevuto il premio Nobel per i suoi studi sugli animali, scrisse, in un articolo per l’Ufficio nazista per la politica razziale, che una nazione con «membri difettosi» era come un individuo che aveva un tumore maligno. La rimozione chirurgica era necessaria in entrambi i casi.18 Un medico nazista in un campo di sterminio, a cui venne chiesto come aveva potuto fare ciò che aveva fatto alla luce del giuramento di Ippocrate, rispose che «per rispetto verso la vita umana asporterei un’appendice incancrenita da un corpo malato. L’ebreo è l’appendice incancrenita nel corpo dell’umanità».19
Primo Levi scrisse del colloquio cruciale che dovette sostenere per essere riconosciuto come scienziato e poter lavorare nella vicina fabbrica chimica, cosa che lo rendeva sufficientemente necessario allo sforzo bellico tedesco, e non essere quindi ucciso immediatamente. L’esame venne condotto da un certo Doktor Pannwitz. Levi dice che: «Mi sono domandato quale fosse il suo intimo funzionamento di uomo»…
Perché quello sguardo non corse fra due uomini; e se io sapessi spiegare a fondo la natura di quello sguardo, scambiato come attraverso la parete di vetro di un acquario tra due esseri che abitano mezzi diversi, avrei spiegato l’essenza della grande follia della terza Germania.
Quello che tutti noi dei tedeschi pensavamo e dicevamo si percepì in quel momento in modo immediato. Il cervello che sovrintendeva a quegli occhi azzurri e a quelle mani coltivate diceva: «Questo qualcosa davanti a me appartiene a un genere che è ovviamente opportuno sopprimere. Nel caso particolare, occorre prima accertarsi che non contenga qualche elemento utilizzabile».20
Stabilire la sub-umanità degli ebrei era una parte fondamentale del programma di istruzione nazista tra il 1933 e il 1939. Si trattava di uno sforzo complesso, sfaccettato, che comportava libri di testo, racconti per bambini, vignette sui giornali e sui periodici, manifesti, film, istituti di ricerca, riviste scientifiche, gruppi di esperti e di professionisti. Il Ministero dell’Istruzione decretò che «nessun studente si laureerà se non ha compreso che il futuro di un Volk dipende dalla razza e dal retaggio».21 Le persone dovevano essere istruite in modo tale da non provare alcuna compassione per gli ebrei prima che iniziasse l’eccidio. Come disse Rudolph Hess, il comandante di Auschwitz: «Guardate, potete vedere da voi stessi. Non sono come voi e me. Non si comportano come esseri umani. Sono qui per morire».22
Il secondo stadio è costituito dalla vittimizzazione. Così come è necessario privare i nostri nemici della loro umanità, così si deve trovare un modo di sottrarsi alla responsabilità del male che si sta per commettere. Ci si deve definire come vittime. Ne consegue che, nel commettere un omicidio, perfino un genocidio, si sta agendo puramente per autodifesa. È la vittima ad essere responsabile.
Questa fu l’affermazione costante e assolutamente paradossale di Hitler. Come fa notare Jeffrey Herf, Hitler e i suoi addetti alla propaganda dovevano sostenere due idee completamente contraddittorie: «una radicata nel concetto grandioso di una razza padrona e della supremazia mondiale, l’altra basata sulla paranoia dell’autocommiserazione della vittima innocente e assediata».23 In generale, come osserva Vamik Volkan, i sostenitori di questo dualismo tendono a unire «sentimenti paradossali di onnipotenza e vittimismo».24 Da un lato siamo i signori dell’universo, dall’altro siamo gli schiavi del diavolo.
Al raduno di Norimberga del 1938, Hitler accusò «il nemico mondiale ebraico» della «tentata eliminazione delle nazioni ariane».25 In un discorso radiofonico dell’aprile 1942, spiegava che «le forze nascoste che trascinarono l’Inghilterra nel 1914 nella prima guerra mondiale erano gli ebrei», aggiungendo che «il potere che ci ha paralizzato in quella guerra» era «quello ebraico».26
Gli ebrei, affermava Hitler, erano al momento responsabili dell’opposizione dell’America alla Germania. Roosevelt era solo una marionetta nelle mani degli ebrei. «Gli ebrei negli Stati Uniti detengono il potere con l’aiuto del governo ebraico, dissanguano il popolo e lo opprimono».27 Conosciamo, disse Hitler in un annuncio radio del dicembre 1941, «quale potere stia dietro Roosevelt. È l’eterno ebreo».28
Anche gli inglesi erano i loro schiavi: «Oggi sappiamo chi abbiamo di fronte in Inghilterra: il nemico mondiale numero uno: gli ebrei internazionali, e l’ebraismo mondiale assetato di potere e colmo di odio».29 Goebbels riprese l’argomento, dicendo a proposito degli inglesi che nella loro «brutalità, nel mentire, nella loro pietosa ipocrisia e bigotta religiosità, sono gli ebrei tra gli ariani e appartengono a quel gruppo di uomini ai quali bisogna prima di tutto spaccare i denti prima di poter sperare di parlare con loro in modo razionale».30 L’articolo di fondo del Völkischer Beobachter dichiarava: «Churchill promette la Germania agli ebrei come bottino di guerra; rinnovata la solidarietà al parassita mondiale».31
Gli ebrei erano responsabili anche del comunismo. A un raduno nazista a Monaco nel novembre 1941 Hitler dichiarò «il maggiore servo degli ebrei è l’Unione Sovietica».32 E, in relazione al problema di come gli ebrei potessero essere dietro sia al capitalismo che al comunismo, gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica, la sua risposta era semplice: «Se presi in considerazione in modo superficiale la plutocrazia e la dittatura del proletariato sono diverse come il fuoco e l’acqua. In realtà, sono due facce della stessa medaglia. Il loro comune denominatore è costituito dagli ebrei».33
Da qui il commento di Hitler, fatto al Reichstag il 30 gennaio 1939, e più volte ripetuto pubblicamente, che, se fosse scoppiata la seconda guerra mondiale, sarebbe stata colpa degli ebrei, e la Germania avrebbe reso un servizio al mondo intero sterminandoli:
Durante la mia vita sono stato spesso un profeta e sono stato soprattutto deriso … oggi voglio essere nuovamente un profeta: se l’ebraismo della finanza internazionale all’interno e all’esterno dell’Europa dovesse riuscire ancora una volta a far precipitare le nazioni in una guerra mondiale, il risultato non sarà la bolscevizzazione della terra, e quindi la vittoria dell’ebraismo, ma l’annientamento [Vernichtung] della razza ebraica in Europa.34
Dieci giorni dopo l’invasione tedesca della Cecoslovacchia, Goebbels pubblicò un saggio in cui scriveva: «Gli ebrei sono colpevoli! Se in un’ora funesta dovesse scoppiare un giorno la guerra in Europa, questo grido deve risuonare su tutta la nostra parte della terra. Gli ebrei sono colpevoli! Vogliono la guerra, e stanno facendo tutto ciò che è in loro potere per trascinarvi dentro i popoli».35 Nel suo discorso per il nuovo anno, il primo gennaio 1940, Hitler dichiarava: «Il nemico mondiale ebraico-capitalista che abbiamo di fronte ha un solo scopo: sterminare la Germania e il popolo tedesco».36
Il 21 gennaio 1945, con la sconfitta della Germania che appariva ormai inevitabile, Goebbels pubblicava il suo ultimo, importante articolo sugli ebrei, in cui le dichiarazioni si fondevano in un crescendo:
Chi trascina i russi, gli inglesi e gli americani nel fuoco, e sacrifica moltitudini di vite straniere in una lotta senza speranza contro il popolo tedesco? Gli ebrei! … Chi inventa nuovi programmi di odio e di sterminio contro di noi, e così facendo trasforma questa guerra in un’azione orribile di auto-massacro orrendo e di autoannientamento della vita dell’Europa, della sua economia, istruzione e cultura? Gli ebrei! Chi ha inventato, attuato e ora custodisce gelosamente la disgustosa alleanza tra l’Inghilterra e gli Stati Uniti d’America da un lato, e il Bolscevismo dall’altro? … gli ebrei, soltanto gli ebrei! … Dovunque guardiate, vedete ebrei.37
Definire se stessi come vittima è la negazione di ciò che ci rende umani. Ci vediamo come oggetti, non come soggetti. Diventiamo passivi, non attivi. Il biasimo impedisce l’accesso alla responsabilità. La vittima, attribuendo la sua condizione ad altri, colloca la causa della sua situazione fuori di sé, rendendosi così incapace di liberarsi dalla trappola che si è creato. Poiché attribuisce un fenomeno concreto (dolore, povertà, ignoranza, malattia, sconfitta, umiliazione) a una causa immaginaria, scopre che l’eliminazione della causa non rimuove il sintomo. Per questo gli sforzi devono essere moltiplicati. Se si uccidono le streghe perché causano la malattia, le streghe muoiono e la malattia resta. Allora devi trovare più streghe da uccidere, e tuttavia la malattia rimane. Le culture del biasimo perpetuano ogni condizione contro la quale protestano.
E corrompono anche gli altri. Uno dei più nobili di tutti gli istinti umani è la compassione. Aspiriamo ad aiutare le vittime anche se si tratta di estranei, anche se non c’è altro legame tra di noi se non la comune umanità. Ma la compassione può essere sfruttata. Quando le auto-definite vittime rivendicano la compassione in una causa meno che nobile, trasformano le persone di buona volontà in co-dipendenti. Nel cercare di aiutare, rafforzano il modello di comportamento che desiderano curare.
Quando la disumanizzazione e la demonizzazione si combinano con una sensazione di vittimismo, il terzo stadio diventa possibile: la perpetrazione del male in una causa altruistica. Il nazismo si presentava come un movimento profondamente morale, concepito per purificare la nazione da elementi alieni che inquinavano la sua visione tradizionale, per restaurare la grandezza della razza ariana, liberare il mondo da false dottrine come il capitalismo e il comunismo, e salvare il Volk dalla depravazione. Dall’inizio, Hitler definì il suo compito in termini morali ed estetici, in Mein Kampf scriveva che «il fine più alto di uno stato etnico è l’interesse per la conservazione di quegli elementi razziali originali che conferiscono cultura e creano la bellezza e la dignità di una più nobile natura umana».38
Uno dei testi classici della malvagità altruistica è il discorso del Reichsführer Heinrich Himmler, il capo delle SS, a una riunione segreta tenutasi in Polonia il 4 ottobre 1943:
Desidero fare riferimento qui davanti a voi, in totale franchezza, a una questione realmente seria. Tra noi, questa volta, sarà espressa in assoluta sincerità; ma in pubblico non ne parleremo mai … Mi riferisco all’evacuazione degli ebrei, all’annientamento del popolo ebraico. Questa è una di quelle cose che sono facili a dirsi. «Il popolo ebraico sarà annientato» dice ogni membro del partito. «Sicuro, è nel nostro programma l’eliminazione degli ebrei, l’annientamento – ce ne occuperemo». E poi vengono tutti avanti faticosamente, ottanta milioni di rispettabili tedeschi, e ciascuno ha il suo onesto ebreo. Sicuro, gli altri sono dei maiali, ma questo è un ebreo eccellente. Di tutti quelli che parlano in questo modo, nessuno lo ha visto succedere, nessuno ci è passato. La maggior parte di voi sa cosa significa vedere un centinaio di cadaveri giacere fianco a fianco, o cinquecento, o un migliaio. Avere resistito sino alla fine e – tranne che in casi di umana debolezza – essere rimasti puliti, questo è quello che ci ha induriti. È una pagina di gloria che non era mai stata scritta nella nostra storia e che mai più lo sarà.39
La prima volta che Himmler visitò Auschwitz, l’esperienza lo fece vomitare. Tuttavia esigeva rigorosamente da se stesso quello che esigeva dai suoi subordinati. S’indurì al punto di ritornare. In quella nuova occasione,
Si fermò nelle vicinanze di una fossa ardente e aspettò che gli fosse dato un paio di guanti. Poi prese i guanti, afferrò uno dei corpi che stavano fuori della fossa e lo gettò nel fuoco. «Grazie a Dio,» disse a voce alta «alla fine ho bruciato un ebreo con le mie mani!».40
Hitler dichiarava in Mein Kampf che, nello sterminare gli ebrei, «sto facendo l’opera del Signore». Sostenne questo credo fino alla fine. Il suo ultimo testamento, scritto il 29 aprile 1945, un giorno prima che si suicidasse, ripeté la sua dichiarazione che né lui né «chiunque altro in Germania» voleva la guerra nel 1939. «Essa fu desiderata e lanciata esclusivamente da quegli uomini di stato internazionali che erano di origine ebraica o lavoravano per interessi ebraici». Gli ebrei sono «la parte veramente colpevole di questa battaglia mortale». Nella frase finale del suo ultimo messaggio al mondo esortò i tedeschi a «perseverare in una spietata resistenza contro l’avvelenatore mondiale di tutti i popoli, l’ebraismo internazionale».41
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Capro espiatorio
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Tre aspetti collegano l’antisemitismo islamico di oggi con il suo omologo in Germania negli anni ’30. Il primo è che entrambi rappresentano ciò che lo storico Robert Wistrich chiama un’ossessione. Non c’è quasi nemmeno un ebreo nella maggior parte delle cinquantasei nazioni che compongono l’Organizzazione di Cooperazione Islamica. C’erano una volta, ma negli anni ’40 e ’50 quasi tutti partirono o furono scacciati. In Germania costituivano l’1 per cento della popolazione. Una storiella degli anni ’30 coglieva l’irrealtà della situazione. Due tedeschi stanno discutendo la causa dei guai della loro nazione. Uno dice che sono gli ebrei. L’altro risponde: «Gli ebrei e i ciclisti». «Perché i ciclisti?» chiede il primo. «Perché gli ebrei?» replica il secondo.
Come apparve evidente dopo le Leggi di Norimberga del 1935, che li privarono da un giorno all’altro di tutti i loro diritti di cittadini, gli ebrei non avevano alcun potere o influenza, sia all’interno della Germania che all’esterno. Tra il 1935 e il 1939, Hitler, che non faceva mistero delle sue intenzioni genocide nei riguardi degli ebrei, mise alla prova più e più volte l’affermazione. Gli ebrei erano potenti? Controllavano la Germania? Avevano un’influenza significativa sulla Gran Bretagna o l’America? Avevano amici o alleati ovunque nel mondo che sarebbero venuti in loro aiuto? Solo quando, con sua grande soddisfazione, ebbe la prova che gli ebrei erano di fatto senza amici e impotenti, poté procedere, con sicurezza, ad accusarli di essere così potenti da controllare il mondo.
I problemi della Germania dopo la prima guerra mondiale, non avevano niente a che vedere con gli ebrei. Analogamente i problemi dell’Egitto, della Siria, dell’Iraq, del Pakistan e dell’Afghanistan non avevano niente a che fare con gli ebrei. Si trattava di questioni interne. Il nazionalismo laico del tipo emerso in Egitto, Siria e Iraq era forse in grado di mantenere le sue promesse di democrazia, di prosperità e di un ristabilito orgoglio nazionale? Dopo la rivoluzione iraniana nel 1979 e il ritiro della Russia dall’Afghanistan nel 1989 fu vista con favore un’alternativa, annunciata per la prima volta da Hassan al-Banna e dalla Fratellanza musulmana nel 1928. La strada migliore poteva essere un ritorno all’islam originario dei primi secoli, quando conquistò vaste aree del Medio Oriente, il Maghreb e al-Andalus (la Spagna e il Portogallo) con una velocità sorprendente e torreggiava su quel mondo come un colosso? Questo grave interrogativo non ha niente a che vedere con gli ebrei, o con i ciclisti. Osservate, tuttavia, che la sola caratteristica che il nuovo islamismo condivide con i regimi secolari che cerca di sostituire è l’antisemitismo.
Il secondo aspetto che collega il nuovo antisemitismo al suo precursore tedesco è il suo carattere irrazionale, contraddittorio. Gli ebrei erano odiati in Germania perché erano ricchi e perché erano poveri, perché erano capitalisti e perché erano comunisti, perché se ne stavano per conto proprio e perché s’infiltravano ovunque, perché credevano in una fede primitiva e perché erano cosmopoliti senza radici che non credevano in niente. Hitler credeva che gli ebrei controllassero sia gli Stati Uniti che l’Unione Sovietica. Come potevano fare entrambe le cose? Perché erano ebrei.
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Per un migliaio di anni il capro espiatorio preferito in Europa e in Medio Oriente sono stati gli ebrei. Erano gli estranei più evidenti. Non cristiani in un’Europa cristiana, non musulmani in un Medio Oriente islamico. Ma questo capitolo non riguarda principalmente l’antisemitismo. Riguarda ciò che gli dà origine. L’antisemitismo riguarda gli ebrei solo in modo fortuito. Gli ebrei sono le sue vittime, ma non ne sono la causa. La causa è il conflitto all’interno di una cultura. È la potenziale violenza interna che, se espressa, ha il potere di distruggere una società.
Ricordate il punto di vista di Girard: il capro espiatorio è il meccanismo con cui una società allontana da sé la violenza focalizzandola su una vittima esterna. Pertanto, ovunque troviate l’antisemitismo ossessivo, irrazionale, omicida, troverete una cultura così scissa e spaccata al suo interno che, se i suoi membri smettessero di uccidere gli ebrei, inizierebbero ad uccidersi l’un l’altro. È ciò che è accaduto in Europa nel XVII secolo e, di nuovo, nelle due guerre mondiali del XX secolo, ed è ciò che accade oggi in Siria, Iraq, Afghanistan e in altre regioni devastate dalla guerra nel Medio Oriente, in Asia e in Africa.
Per comprendere la comparsa dell’ebreo-come-caproespiatorio dobbiamo concentrarci su alcuni momenti storici chiave. Il primo è il 1095 quando papa Urbano II lanciò il suo appello per la Prima Crociata. Nel 1096 alcuni dei crociati, lungo la strada per andare a liberare la città santa di Gerusalemme, si presero una pausa per massacrare le comunità ebraiche nel Nord Europa: a Colonia, a Worms e a Magonza. Morirono a migliaia. Molti ebrei si suicidarono piuttosto che essere acciuffati dalla plebaglia e convertiti a forza al cristianesimo. Fu un momento traumatizzante per l’ebraismo europeo, e il presagio del peggio che sarebbe arrivato.
Da questo momento in poi gli ebrei nell’Europa cristiana iniziarono ad essere visti da molti non certo come esseri umani, ma come una forza maligna, una presenza cattiva, un potere demoniaco e distruttivo che, in modo misterioso e tuttavia concreto, cercava di far del male agli altri. Gli ebrei furono accusati di profanare l’ostia, di avvelenare i pozzi e diffondere la peste. Furono ritenuti responsabili della cosiddetta Black Death, l’epidemia che nel XIV secolo costò milioni di vite. Era un’epoca in cui gli ebrei vivevano nella paura.
Quel periodo aggiunse al vocabolario dell’Occidente concetti come controversia pubblica, libri al rogo, conversione forzata, Inquisizione, auto da fé, espulsione, ghetto e pogrom. Per durata e intensità si classifica tra una delle cronache più prolungate dell’odio nella storia. Si trattò di un dualismo del tipo più rigido e devastante.
Alla fine l’Europa andò avanti. Ma non prima di due episodi destinati ad avere conseguenze importanti secoli più tardi. Il primo ebbe luogo in Spagna dove, sotto la minaccia della persecuzione, gli ebrei avevano vissuto nel terrore dal 1391: la Kristallnacht spagnola, quando le sinagoghe furono bruciate e gli ebrei massacrati, fino alla loro espulsione nel 1492. Molti, minacciati, si erano convertiti. Alcuni furono sospettati di continuare a praticare l’ebraismo in privato e divennero vittime dell’Inquisizione. Altri, tuttavia, abbracciarono la nuova fede e raggiunsero posizioni di rilievo nella società spagnola.
Fu allora che fece la sua comparsa un nuovo fenomeno: la permanenza del pregiudizio dopo che la sua causa manifesta era stata rimossa. I «nuovi» cristiani erano ancora odiati da alcuni, ora non per la loro religione, ma per la loro razza. Fu introdotta la legislazione per proteggere la limpieza de sangre, la «purezza del sangue». Una prima legge in tal senso apparve a Toledo nel 1449. Osteggiata all’inizio dalla Chiesa, ricevette l’approvazione del papa Alessandro VI nel 1496 e durò per buona parte del XIX secolo. Fu la prima comparsa nella storia dell’antisemitismo razziale che si sarebbe riversato in tutto il continente europeo quattro secoli e mezzo più tardi.
La seconda importante evoluzione si ebbe con Martin Lutero. All’inizio favorevolmente disposto verso gli ebrei, credeva che il motivo per cui non si erano convertiti fosse l’incapacità e la crudeltà della Chiesa cattolica. Avvicinati con amore, pensava che sarebbero diventati cristiani in massa. Quando ciò non accadde, la sua collera quasi non conobbe limiti. Nel 1543 pubblicò un opuscolo intitolato Degli ebrei e delle loro menzogne che divenne un classico della letteratura dell’odio. Le sinagoghe dovevano essere bruciate. Le case degli ebrei dovevano essere distrutte. Gli ebrei avrebbero dovuto vivere in un’unica stanza, o in una stalla perché capissero che non erano altro che «miserabili prigionieri». I loro libri di preghiera e i Talmud dovevano essere sequestrati e ai loro rabbini doveva essere proibito d’insegnare. Doveva essere loro proibito di viaggiare, e dovevano essere privati di qualsiasi protezione legale fino a quando il mondo non si fosse liberato da ciò che chiamava «la nostra piaga, pestilenza e sventura». L’opuscolo fu ristampato più volte durante il periodo nazista, e le sue proposte emulate dalle Leggi di Norimberga.
La collera di Lutero garantì che l’ostilità verso gli ebrei perdurasse dopo la Riforma, e lasciò un’impressione permanente nei paesi dove il luteranesimo dominava. La sorprendente eccezione cristiana fu Giovanni Calvino, che tenne la Bibbia ebraica in alta considerazione e fu meno incline dei più a denigrare gli ebrei. Questo ebbe un effetto durevole in Olanda nel XVI secolo e in Inghilterra nel XVII, come anche sui Pilgrim Fathers in America. Questi furono tra i primi luoghi a far progredire la libertà religiosa. È a questo punto che la storia prende una svolta sorprendente e tragica. L’Europa occidentale nel XVIII secolo si volse all’Illuminismo nella convinzione che la ragione potesse superare i pregiudizi del passato. Nel XIX secolo questo fu seguito dall’Emancipazione, attraverso la quale ai gruppi religiosi minoritari, e tra essi gli ebrei, furono concessi i diritti civili nelle nuove nazioni-stati, uniti non come nel passato dalla religione, ma dalla cittadinanza e dalla legge civile. Tuttavia il pregiudizio persistette, come era accaduto nella Spagna post-espulsione.
Tra chi praticava questo pregiudizio c’erano alcune delle menti eminenti d’Europa. Voltaire definiva gli ebrei «un popolo ignorante e barbaro, che unisce da tempo la più sordida avarizia alla più detestabile superstizione e al più invincibile odio per tutti i popoli che li tollerano e li arricchiscono». E aggiungeva, generosamente: «Tuttavia non dovremmo bruciarli».9
Immanuel Kant parlava degli ebrei come dei «vampiri della società» e invocava «l’eutanasia dell’ebraismo».10 Georg Hegel vedeva gli ebrei e l’ebraismo come paradigmi di una «moralità da schiavo», incapace di concepire o praticare una religione di amore.11 Rifiutando il cristianesimo, gli ebrei erano stati abbandonati dalla storia ed erano rimasti come una «nazione fossile», una «razza fantasma».
Johann Gottlieb Fichte credeva che gli ebrei fossero il nemico della libertà: «Quanto a dar loro [gli ebrei] i diritti civili» scriveva «io non vedo altro modo che una notte tagliare loro le teste e attaccarne al loro posto altre in cui non ci sia una sola idea ebraica». In alternativa avrebbero dovuto essere «spediti» nella loro «terra promessa».12 Arthur Schopenhauer parlava degli ebrei come qualcosa di «non migliore del bestiame», come della «feccia della terra» e come di un popolo che doveva essere espulso. Friedrich Nietzsche criticava aspramente l’ebraismo come la «falsificazione» di tutti i valori naturali. La sua grande originalità sta nel fatto che, invece di criticare gli ebrei per avere rifiutato il cristianesimo, li biasimava prima di tutto per avere dato origine ad esso.
Chiunque incolpi la religione di creare odio dovrebbe considerare questi esempi e riconsiderare la cosa. L’antisemitismo filosofico da Voltaire a Heidegger è un fenomeno poco conosciuto ma devastante. Quando la cultura europea si laicizzò e l’antiebraismo religioso mutò nell’antisemitismo razziale, le conseguenze furono letali. I cristiani potevano operare per la conversione degli ebrei, perché si può cambiare religione. Ma non puoi cambiare il tuo sangue o i tuoi geni. Gli antisemiti perciò potevano operare soltanto per l’eliminazione degli ebrei. Il risultato fu la Shoah.
Nel corso di questo periodo dal 1095 al l945 apparvero un certo numero di miti, due dei quali di particolare interesse. Il primo fu quello dell’accusa di omicidio rituale. A Norwich nel 1144 fu trovato un bambino, di nome William, pugnalato a morte. Circolava la voce che gli ebrei fossero i responsabili. Nessuno a quel tempo la prese sul serio, ma divenne una cause célèbre cinque anni più tardi quando apparve un resoconto, scritto da un monaco chiamato Thomas di Monmouth.13 Sosteneva che gli ebrei uccidevano i bambini cristiani per usarne il sangue per fare la matzà, il «pane non lievitato» consumato per la Pasqua ebraica [Pesach]. Era manifestamente assurdo: se vi è qualcosa che gli ebrei aborrono, questo è il sangue (una singola macchiolina nel cibo lo rende non commestibile per la legge ebraica) e il sacrificio dei bambini. L’accusa di omicidio rituale fu condannata ufficialmente da diversi papi – tra di essi Innocenzo IV, Gregorio X, Martino V, Paolo III e Niccolò V, e anche dall’imperatore Federico II. Questo non impedì all’accusa di diffondersi per tutta l’Europa. Ci furono più di 150 casi registrati, e molti portarono al massacro della popolazione ebraica locale.
Il secondo mito, circa 750 anni dopo, fu quello dei Protocolli dei Savi di Sion. Ideato da dei membri della polizia segreta russa con base a Parigi, era un documento che dava a intendere di rappresentare i verbali di una cospirazione segreta ebraica per ottenere il dominio del mondo attraverso il controllo della stampa e della economia mondiale. Fabbricato attingendo ad opere di narrativa e a teorie complottiste, nessuna delle quali riguardava originariamente gli ebrei,14 fu smascherato come un falso dal Times nel 1921. Ciò nonostante vendette moltissimo prima in Russia, poi in Germania, dove il suo uso nella propaganda nazista lo trasformò, secondo la frase di Norman Cohn, in «una licenza per il genocidio».15
Ciò che affascina in questi due miti è il modo in cui esemplificano la scissione-e-la-proiezione che fornisce al dualismo la sua presa psicologica unica. L’accusa di omicidio rituale è una proiezione cristiana (il che non vuol dire che il cristianesimo lo accettasse o ne fosse responsabile: ricordate il rifiuto papale). Esso non ha alcun senso nel contesto dell’ebraismo. Mentre aveva un senso per alcuni credenti nella transustanziazione, il concetto che il pane e il vino usati nell’eucarestia non sono simbolicamente ma realmente il corpo e il sangue del Figlio di Dio. Il termine «transustanziazione» fu usato per la prima volta da Hildebert de Lavardin, arcivescovo di Tours, intorno al 1079, e la dottrina stessa venne formalizzata dal Quarto Concilio Laterano. Ed è precisamente tra queste date che fa la sua comparsa la calunnia di omicidio rituale.
Fu così pure per i Protocolli. Furono pubblicati per la prima volta in Russia nel 1903, quando gli ebrei stavano subendo il trauma del pogrom di Kishinev. A seguito dei pogrom scoppiati in tutta la Russia nel 1881 e le leggi antisemite del maggio 1882, milioni di ebrei erano in fuga dalla zona di residenza loro assegnata verso l’Occidente. Un opuscolo scritto a quel tempo da un ebreo assimilato, Leon Pinsker, dava piena e struggente espressione a cosa si provava in quel tempo nell’essere un ebreo nell’Europa orientale. «Tra i popoli viventi sulla terra» scriveva «gli ebrei sono come un popolo morto da tempo». Sono «un cadavere vivente, un popolo senza unità o organizzazione, senza terra o altri legami di unità, non più vivo e che tuttavia cammina tra i vivi».
Che un popolo simile, dei profughi senza alcun diritto, potessero essere impegnati nel gestire segretamente il mondo era chiaramente assurdo. Tuttavia, se interpretato come un desiderio represso e proiettato da parte dei suoi inventori, aveva un senso considerevole. Questi erano gli ultimi sognatori della magnificenza imperiale russa prima che le rivoluzioni del 1905 e del 1917 infrangessero per sempre il loro mondo. Ciò spiega perché Hitler, con le sue ambizioni di dominare il mondo, fosse così attratto dai Protocolli, sebbene fosse ben consapevole del fatto che erano stati smascherati come un falso (il fatto che gli ebrei negassero la loro autenticità era, per lui, la prova regina che fossero veri). «Nessuno poteva essere così geniale» disse Hitler a Goebbels il 13 maggio 1943 «da descrivere la lotta degli ebrei per il dominio del mondo come gli ebrei stessi».16
Ciò che rende questi miti pertinenti ai nostri giorni è il fatto che essi furono in seguito introdotti in Medio Oriente e nell’islam. L’accusa di omicidio rituale fu introdotta in Medio Oriente agli inizi del XIX secolo da cristiani, ad Aleppo (1881, 1853), a Beirut (1824), ad Antiochia (1826) ad Hama (1829), a Tripoli (1834), a Dayr el-Qamar (1847) a Damanhur (1877) e a Damasco (1840, 1848 e 1890). Fino ad allora, le accuse di omicidio rituale rivolte agli ebrei erano virtualmente sconosciute all’interno dell’islam. Il caso più famoso fu quello di Damasco nel 1840. Un frate cappuccino scomparve a Damasco. I suoi confratelli, assistiti da un diplomatico francese del luogo, accusarono gli ebrei di averlo ucciso a scopi rituali. I capi della comunità ebraica furono imprigionati e torturati. Alcuni morirono, altri confessarono. Il caso divenne ampliamente pubblicizzato in Europa e provocò delle proteste fino a quando le autorità Ottomane non fecero indagini sul capo d’accusa e ammisero che le accuse lanciate erano false. Questo non impedì alla calunnia di diffondersi altrove e ci furono ulteriori casi tristemente noti ad Algeri nel 1897-8 e al Cairo nel 1901-2.
Nel 1983 il ministro della difesa siriano Mustafa Tlass scrisse un libro, La matzà di Sion, sostenendo che l’accusa originale del caso di Damasco era in effetti vera, e che gli ebrei continuano a uccidere bambini non ebrei per usarne il sangue nel fare la matzà di Pesach. Il libro è stato tradotto in inglese e ristampato varie volte. L’8 febbraio 1991, secondo la Jewish Telegraph Agency, il delegato siriano nella Commissione ONU per i Diritti Umani lodò questo «pregevole libro» dicendo che «smascherava il carattere razzista del sionismo». Nel 2001 il giornale egiziano Al-Ahram reiterava l’accusa, aggiungendo che «L’impulso bestiale a impastare le matzòt di Pesach con il sangue di non ebrei è [confermato] nei rapporti della polizia palestinese dove sono registrati molti casi di corpi di bambini arabi, che erano scomparsi, ritrovati smembrati e senza una singola goccia di sangue».17 I protocolli dei Savi di Sion fu introdotto in Medio Oriente, insieme a Mein Kampf, tradotto in arabo, negli anni ’30, da, tra gli altri, il Gran Muftì di Gerusalemme, Muhammed Amin al-Husayini, che aveva passato il periodo della seconda guerra mondiale a Berlino, dedicandosi alla produzione di trasmissioni radiofoniche in arabo per i nazisti e reclutando musulmani bosniaci per le Waffen-SS. Continua ad essere ristampato e largamente venduto e letto. Nel 2002 una serie televisiva in 41 episodi ispirata ai Protocolli, intitolata Cavaliere senza cavallo, fu trasmessa durante il Ramadan da una rete televisiva satellitare con base in Libano, di proprietà della organizzazione terroristica Hezbollah.18 Nel 2003 una serie simile, Al-Shatat (Diaspora) fu trasmessa dalla televisione siriana.19
I Protocolli, malgrado sia largamente risaputo che si tratta di un falso, hanno un ruolo importante nella politica degli islamisti e compaiono nella Carta di Hamas. In questo contesto è degna di nota un’osservazione fatta da alcuni scrittori recenti. Fanno riferimento a una scoperta fatta dall’FBI nel 2007 durante la preparazione del processo per il finanziamento del terrorismo della Holy Land Foundation (il 24 novembre 2008, cinque ex funzionari della Fondazione furono dichiarati colpevoli di cospirazione nel fornire supporto materiale ai terroristi).
Durante la loro indagine gli uomini dell’FBI s’imbatterono in un documento datato 22 maggio 1991, preparato da Mohamed Akram, il leader della Fratellanza Musulmana negli Stati Uniti. Intitolato «Memorandum esplicativo sull’obiettivo strategico generale per il gruppo del Nord America», includeva il seguente passo: «L’Ikhwan (la Fratellanza) deve capire che il loro lavoro in America è una specie di ambizioso Jihad nell’eliminazione e la distruzione della civiltà occidentale dall’interno e nel “sabotaggio” della sua miserabile casa per opera delle loro mani e delle mani dei credenti così che essa venga eliminata e la religione di Dio sia resa vittoriosa su tutte le altre religioni».20 Quando le persone accusano gli altri di voler controllare il mondo, forse stanno inconsciamente proiettando cosa essi stessi vogliono, senza essere accusate di volerlo. Se si vuole comprendere cosa un gruppo si prefigga, si osservino le accuse che lancia contro i suoi nemici.
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