Dalla parte degli ebrei e di Israele che è la loro terra

Re: Dalla parte degli ebrei e di Israele che è la loro terra

Messaggioda Berto » mar mar 21, 2023 10:30 am

.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Dalla parte degli ebrei e di Israele che è la loro terra

Messaggioda Berto » mar mar 21, 2023 10:32 am

33)
Chi va all'osto perde il posto, certo all'osteria può andar bene, ma Israele non è un'osteria e gli ebrei non sono dei beoni e non hanno mai abbandonato il loro amato paese nemmeno per un istante.




Chi va all'osto perde il posto!

Il proverbio, letteralmente, significa che se una persona seduta all'osteria, si alza per andare a bere, perde il posto che occupava. Il posto si perde anche in altri luoghi quando lo si abbandona e la battuta vale sempre.
Ma Israele non è un'osteria!

Gli ebrei non hanno mai abbandonato la loro terra di Sion per andarsene altrove lasciandola libera, una parte sia pur minima di loro è sempre rimasta a occuparla e a presidiarla, anche se il loro paese era invaso e occupato da criminali e odiosi stranieri in armi, babilonesi, persiani, romani, arabi maomettani, che li hanno depredati, schiavizzati, uccisi, cacciati, deportati e sterminati e quelli che sono stati cacciati, schiavizzati e deportati e i loro discendenti non hanno mai perso il diritto alla loro terra e al loro paese Israele.
E dopo miliaia di anni questi ebrei, vissuti nella diaspora dove sono stati discriminati, perseguitati, depredati e sterminati, sono finalmente rientrati, sono ritornati nella loro patria, vivificata nel loro cuore con infinito amore per centinaia di generazioni, aggiungendosi e ricongiungendosi agli ebrei che da sempre vi erano rimasti o che vi erano ritornati nei secoli passati e che hanno mantenuto vivo e costante il presidio del loro paese e del loro insindacabile e inalienabile diritto alla terra di Sion.

Vedasi Capitolo 3)
Demografia storica d'Israele
Demografia storica ed etnica in Giudea, Palestina, Israele lungo i millenni
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 197&t=2774
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Dalla parte degli ebrei e di Israele che è la loro terra

Messaggioda Berto » ven mar 24, 2023 8:55 am

.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Dalla parte degli ebrei e di Israele che è la loro terra

Messaggioda Berto » ven mar 24, 2023 8:57 am

34)
Il feroce razzismo antisemita dei nazi maomettani impropriamente detti "palestinesi" e la vergogna dell'Occidente euro americano, politicamente corretto e sinistrato, ateo e cristiano, pur esso ferocemente antisemita/antisraeliano che lo sostiene e lo finanzia




La situazione si sta deteriorando, secondo una recente indagine demoscopica fatta dagli arabi-palestinesi:
Emanuel Segre Amar
23 marzo 2023

https://www.facebook.com/emanuel.segrea ... 7gPxENVNtl

Il 71% della popolazione è solidale con il terrorista che uccise i due fratelli
Yagel and Hallel Yaniv, di 19 e 21 anni.
Il 68% supporta l’assassinio di israeliani a sangue freddo.
L’87% ritiene che la forze di sicurezza palestinesi non debbano ostacolare attacchi contro gli israeliani, e il 63% non vuole che ci sia coordinazione coi servizi di sicurezza israeliani.
Il 77% sceglie la violenza come metodo per far terminare l’occupazione israeliana, il 54% vuole la lotta armata, il 23% la resistenza popolare (eufemismo per dire attacchi sporadici) e solo il 18% sceglie la negoziazione.
Solo il 27% è favorevole ad una soluzione a due stati.
Il 38% vorrebbe che Gerusalemme est fosse sotto la giurisdizione della autorità palestinese, il 19% preferirebbe la sovranità israeliana, e il 14% non vorrebbe nessuno che abbia la sovranità sulla città. Quanto agli altri, il 25% vorrebbe una sovranità internazionale e il 3% una araba/islamica.


Sandra Perugia
Non c'è soluzione

Molcho Yoseph Sergio
povera gerusalemme a stare a sentire l'opinione di chi la reclama ! e` come una donna che quando chiedono al marito come e` a letto , risponde dipende a chi chiedi ..

Gino Quarelo
Sempre dalla parte di Israele e dei suoi buoni ebrei di destra. La responsabilità di tutto ciò è innanzi tutto del nazismo maomettano che è antisemita per naturale e criminale ideoteologia politico-religiosa razzista, poi per colpa degli ebrei sinistrati antisionisti, atei, filo nazi maomettani di Israele e dell'Occidente, poi per colpa dei demenziali cristiani politicamente corretti come Biden e infine per colpa degli atei sinistrati antisemiti, antisionisti, antisraeliani e filo nazi maomettani dell'Occidente.

Gianfranco Senior Cucco
Non c'è nulla da fare, l'odio nei confronti di Israele è cemento, Israele si deve difendere.




Gli aiuti economici ai palestinesi alimentano il terrorismo, non la pace

I dati su un arco di undici anni mostrano che i palestinesi vedono nei continui finanziamenti un avallo alla strategia degli attentati anti-israeliani
(Da: jns.org, palwatch.org, 13-15.3.23)

https://www.israele.net/gli-aiuti-econo ... on-la-pace

L’organizzazione non profit israeliana Palestine Media Watch ha riscontrato un’inquietante correlazione tra gli aiuti americani all’Autorità Palestinese e la quantità di attentati terroristici contro israeliani.

Palestine Media Watch ha pubblicato questa settimana uno studio che analizza dati tratti dai rapporti periodicamente pubblicati dal Servizio di ricerca del Congresso degli Stati Uniti, dal 2011 (anno in cui la ong ha svelato la politica dell’Autorità Palestinese di premiare economicamente il terrorismo) fino al 2022. Dall’analisi dei dati emerge che, quando gli aiuti all’Autorità Palestinese sono diminuiti come durante l’amministrazione Trump, sono diminuiti anche gli attentati contro israeliani. Viceversa, quando gli aiuti sono stati elevati, come durante le amministrazioni Obama e Biden, è aumentato il numero di israeliani uccisi dal terrorismo palestinese.

Aiuti Usa ai palestinesi negli anni 2011-2022. Nella colonna blu di destra, il totale ogni anno (clicca per ingrandire)

Tre sono le fonti di aiuto pubblico da parte degli Stati Uniti all’Autorità Palestinese: l’Economic Support Fund, il Bureau of International Narcotics Control and Law Enforcement Affairs con le Overseas Contingency Operations, e gli aiuti degli Stati Uniti all’Unrwa, l’agenzia delle Nazioni Unite per i profughi palestinesi.

Tra il 2009 e il 2017 l’amministrazione Obama ha fornito all’Autorità Palestinese aiuti per 6,4 miliardi di dollari. In quel periodo vennero uccise in attacchi terroristici 140 persone, tra israeliani e stranieri residenti in Israele, con una media di 17,5 vittime all’anno.

Nei quattro anni successivi, l’amministrazione Trump ridusse gradualmente gli aiuti ai palestinesi fino a 670 milioni di dollari. Nello stesso lasso di tempo le vittime di attentati terroristici palestinesi furono 42, con una media di 10,5 persone all’anno.

Persone uccise dal terrorismo palestinese negli anni 2011-2022 (clicca per ingrandire)

Da quando l’amministrazione Biden si è insediata, nel gennaio 2021, l’Autorità Palestinese ha ricevuto aiuti per un miliardo di dollari, e in questo periodo sono state uccise dai terroristi palestinesi 46 persone, con una media di 23 all’anno. Nel gennaio e febbraio di quest’anno, mentre gli aiuti statunitensi all’Autorità Palestinese continuavano ininterrotti, sono stati uccise in attacchi terroristici palestinesi 14 persone, tra israeliani e stranieri residenti in Israele.

“La correlazione è anche annuale – precisa Maurice Hirsch, capo strategie legali presso Palestine Media Watch – Ogni anno in cui affluiscono ai palestinesi ingenti aiuti economici, il numero degli attentati aumenta, e viceversa. Evidentemente i palestinesi interpretano il sostegno americano, espresso in aiuti finanziari, come un avallo della loro politica di terrorismo e assassinio di innocenti. In teoria, il sostegno economico statunitense mirerebbe a promuovere la pace, ma in pratica i palestinesi vedono questo continuo sostegno come una luce verde al loro terrorismo. Quando gli aiuti americani ai palestinesi affluiscono senza restrizioni, i terroristi palestinesi si sentono più liberi di uccidere israeliani. Solo quando gli Stati Uniti e gli altri paesi dimostreranno fermezza morale fermando gli aiuti a causa degli attentati, i palestinesi capiranno che il terrorismo non paga”, conclude Hirsch.


I finanziamenti europei alle organizzazioni palestinesi
Progetto Dreyfus
Victor Scanderbeg Romano

25 Gennaio 2016

https://www.progettodreyfus.com/i-finan ... lestinesi/

Abbiamo affrontato parzialmente il problema della corruzione dilagante fra i dirigenti di Fatah e, più in generale, dei milioni di euro spariti dalla casse di AP e PLO. Tuttavia, non c’è mai stata una vera inchiesta, da parte degli organismi internazionali che foraggiano queste organizzazioni, per comprendere quanti soldi siano stati effettivamente elargiti e quanto siano effettivamente serviti ad aiutare la popolazione araba di Palestina.

Fra i maggiori finanziatori della Palestina – qui intesa in senso atecnico come somma degli enti che la rappresentano, Autorità Palestinese (AP) in primis – c’è l’Unione Europea, sempre molto solerte nel prendere decisioni economiche che danneggiano Israele (vedi etichettatura dei suoi prodotti), ma tremendamente sciatta quando si tratta di controllare le uscite che danneggiano sé stessa.

La questione dei finanziamenti UE alla Palestina presenta diverse complessità. Innanzitutto c’è l’oggettiva difficoltà di analizzare un grande quantitativo di fonti e documenti (spesso poco comprensibili) e, in secondo luogo, il generale disinteresse (o la volontaria omissione?) mostrato per l’argomento da parte di numerosi media italiani e comunitari. Per questo, il documento della Corte dei Conti Europea intitolato Il Sostegno Finanziario Diretto dell’Unione Europea all’Autorità Palestinese – Relazione speciale n. 14 /2013 (di seguito “Relazione”), è particolarmente prezioso.



Con questa Relazione la Corte dei Conti Europea ha valutato le modalità con cui la Commissione ed il Servizio Europeo per l’Azione Esterna (SEAE) hanno gestito il programma di sostegno finanziario diretto (SFD) Pegase e i risultati ottenuti.

Alcuni siti si sono occupati di questo documento nelle settimane successive alla sua redazione, ma non c’è mai stata un’analisi approfondita delle informazioni contenute nello stesso.

La Relazione si apre quantificando i versamenti di denaro UE nelle casse palestinesi in 5,6 miliardi di euro nel periodo 1994-2012. Negli ultimi anni, i finanziamenti hanno subito una netta impennata, perché sono passati dai 2,7 miliardi di euro del 1994-2006 ai 2,9 miliardi di euro del 2007-2012.



Già la prima sigla che troviamo è davvero infelice; quel TPO (territorio palestinese occupato) è stato scelto forse da funzionari con poca familiarità con il diritto internazionale, visto che si tratta di territori contesi e, in massima parte, amministrati dalla AP.

I 5,6 miliardi si riferiscono però al solo bilancio generale UE. A questi si aggiungono (vedi tabella sopra) gli aiuti all’UNRWA (800 milioni nel 2007-2012) e gli aiuti “miscellanei” (755 milioni nello stesso periodo).

L’SFD (1,4 miliardi), oggetto della relazione della Corte dei Conti UE, è un ulteriore strumento di finanziamento dell’AP, che porta il peso complessivo degli aiuti a quasi 6 miliardi di euro per il 2007-2012.



Oltre a riassumere tutte le maggiori fonti di finanziamento UE a favore della Palestina, la tabella nomina anche l’ENPI (European Neighbourhood and Partnership Instrument). Si tratta dello strumento europeo di vicinato e partenariato di cui beneficiano 16 paesi, complessivamente oltre 300 milioni di abitanti, ma il 20% dei suoi fondi va alla sola West Bank, che di abitanti ne ha 1,7 milioni.

Quanto all’SFD Pegase, si tratta dello specifico programma di finanziamento diretto all’AP. Ma quali sono gli obiettivi specifici dei finanziamenti? E quali sono le condizioni necessarie alla loro erogazione?

Relativamente alla prima domanda, la Relazione non lascia adito a dubbi:

aiutare l’AP a far fronte ai propri obblighi nei confronti dei dipendenti pubblici, dei pensionati (CSP) e delle famiglie palestinesi vulnerabili (VPF);
mantenere il funzionamento dell’amministrazione e l’erogazione di servizi pubblici essenziali alla popolazione;
attuare le riforme della GFP e ridurre il disavanzo di bilancio (compresa la riduzione dell’accreditamento netto e degli arretrati dovuti al settore privato).

I primi destinatari sono quindi i dipendenti pubblici dell’AP e i pensionati. In pratica l’Europa, nonostante la crisi finanziaria, ha pagato gli stipendi e le pensioni degli impiegati di un’organizzazione situata al di fuori dell’UE e che ha dimostrato a più riprese un grave risentimento anti-occidentale, antisemitismo e vero odio anti-ebraico. Scorrendo i grafici, emerge anche un secondo particolare, ossia in quale percentuale i finanziamenti UE abbiano contribuito al funzionamento della pubblica amministrazione della AP.



Nel 2008 la spesa complessiva dell’AP si era già impennata grazie alle assunzioni di massa, e sfiorava i 40 milioni di euro al mese. Quattro anni dopo, all’inizio del 2012, si è arrivati a quasi 65 milioni al mese; un aumento scellerato e inammissibile, specie perché reso possibile dai soldi dei contribuenti europei. Il dato emerge chiaramente anche nella Relazione, dove si legge che la spesa media mensile per le retribuzioni CSP ha avuto “un incremento pari a circa il 39 %”. Andando a prendere il dettaglio di alcuni mesi, possiamo vedere che, ad esempio, nel febbraio e nell’aprile del 2012, l’SFD Pegase ha coperto il 78% dei salari e pensioni dell’AP.

Solo poche categorie sono escluse dai contributi europei, in particolare: I) ministri e vice ministri; II) lavoratori «giornalieri» (pagati a giornata); III) dipendenti/pensionati delle forze di sicurezza e della polizie civile; IV) dipendenti che lavorano presso ONG, organizzazioni sindacali e vari partiti politici che operano con il sostegno dell’AP; V) coloro che sono esclusi in quanto iscritti negli elenchi di sanzioni internazionali e specifici (ovvero «World Check»). Quest’ultimo controllo, pur essendo molto utile per individuare le PEP (politically exposed person), non arriva a un livello tale da eliminare, per esempio, il contributo per il padre di un terrorista che abbia ucciso degli israeliani.



Da notare che sono implicitamente inclusi nel novero dei beneficiari i molti “ambasciatori” in giro per il mondo. È in questa ottica che va letta la fine dei finanziamenti diretti dell’Italia alla rappresentanza palestinese sul suo territorio. Dal 1996 al 2009 l’Italia ha infatti erogato circa 300.000 euro l’anno per sostenere gli “ambasciatori” palestinesi a Roma, e lo ha fatto a fondo perduto, senza che i beneficiari abbiamo mai dovuto rendere conto delle spese effettivamente sostenute. Insomma, chiuso un rubinetto se n’è aperto un altro, molto più abbondante e sotto l’egida dell’UE.

Nonostante l’entità dei finanziamenti, l’AP ha lamentato una situazione finanziaria sempre più difficile, registrata anche nella Relazione. Il responsabile dei problemi economici dell’AP è stato però prontamente individuato dall’UE:



Il problema maggiore è che non si fa alcuna menzione all’enorme corruzione dell’AP, e tali difficoltà vengono ricondotte in modo esclusivo al comportamento di Israele. Anche qui, bisogna prestare attenzione alla scelta terminologica; non essendoci prove o, meglio, essendo questa conclusione completamente priva di fondamento, i relatori si basano solo sulla opinione ampiamente diffusa. Una spiegazione striminzita e poco tecnica, inaccettabile se consideriamo che solo il capo del team di audit ha percepito € 1.600 per ogni giorno di lavoro.

Quanto alle condizioni di erogabilità dei finanziamenti, la Relazione si esprime in modo inequivocabile:



Si tratta quindi di 1.395 milioni di euro versati nelle casse dell’AP senza alcun vincolo. Viene quindi accettata la richiesta dell’AP di poter gestire i fondi come meglio crede, purché arrivino alle categorie dettagliate dall’UE. L’AP ha avuto quindi la possibilità di aumentare in modo esponenziale il numero di dipendenti pubblici: “dopo una rapida espansione tra il 2000 e il 2007, a partire dal 2008 l’AP ha cercato di limitare la crescita dell’occupazione nel settore pubblico a 3. 000 dipendenti l’anno.”

Altra categoria beneficiaria dell’SFD Pegase è quella delle famiglie palestinesi in difficoltà, o VPF (Vulnerable Palestinian Families). Qui il contributo dell’UE ha raggiunto livelli incredibili, specie pensando al fatto che, fra le ragioni ostative al versamento dei contributi non sono inserite la condanna per atti di terrorismo o altri reati commessi nei confronti dei vicini Israeliani. Sino al 2011, l’SFD Pegase ha coperto in toto (100%) i finanziamenti alle VPF, per poi passare al 75% nel 2012; nella sola West Bank , si è passati da 44.035 beneficiari nel 2008 a 59.915 nel 2012. Prendendo in considerazione tutte le indennità sociali istituite dall’AP, l’UE arrivava a coprirne il 47%, ossia una percentuale mai raggiunta neanche per il più bisognoso degli stati membri.

La situazione si è rivelata ancora più grave a Gaza, dove la Relazione ha specificato che “un numero considerevole di dipendenti pubblici riceveva lo stipendio, in parte finanziato dall’SFD Pegase, essendo ammissibile al sostegno in quanto iscritto a libro paga dell’AP, pur non recandosi al lavoro a causa della situazione.”

La Corte dei Conti sottolinea anche la poca cura degli organi europei quando dice: “La Commissione e il SEAE, pur essendo a conoscenza del problema, non hanno preso misure adeguate per porvi rimedio e non sono stati in grado di fornire informazioni precise sull’estensione di tale pratica”.

L’esempio più eclatante di sperpero dei finanziamenti UE è avvenuto proprio a Gaza, nell’ambito del rimborso degli arretrati verso il settore privato dovuti dalla AP, ed è riportato per intero nel box informativo originale:



Oltre due milioni e mezzo di euro che, con tutta probabilità, sono finiti direttamente nelle tasche di Hamas (visto che l’organizzazione terroristica governa Gaza da diversi anni) o di suoi accoliti. È ragionevole immaginare che quei soldi siano stati utilizzati per fini molto diversi da quelli previsti, e ii contribuenti europei avrebbero tutto il diritto di ottenere maggiori informazioni sulle modalità con cui vengono spese le loro tasse.

La Relazione affronta anche altri finanziamenti interessanti, come il sostegno alla produzione elettrica di Gaza, ma rischiamo di entrare troppo nel dettaglio e perdere di vista l’obbiettivo.

Già, l’obiettivo. Se quello finale è porre fine al conflitto israelo-palestinese, viene da chiedersi se versare denaro nelle casse di organizzazioni corrotte e sostenitrici del terrorismo sia davvero la soluzione migliore, specie alla luce degli scarsi risultati ottenuti. In fondo, pur ribadendo più volte i buoni risultati del Pegase, è la stessa Corte dei Conti UE a chiosare la Relazione in questo modo:

Sulla base delle suesposte conclusioni e date le opportunità fornite dal nuovo periodo di programmazione 2014-2020 e da un nuovo piano d’azione UE‑AP, la Corte raccomanda che il SEAE e la Commissione intraprendano un’approfondita revisione del programma Pegase.


Sbloccati senza condizioni i finanziamenti europei, l’Autorità Palestinese canta “vittoria”
La dirigenza di Ramallah dice d’aver ricevuto un messaggio chiaro: l’Europa condona e addirittura sostiene la politica di premiare i terroristi e insegnare odio e antisemitismo nelle scuole
Di Itamar Marcus

https://www.israele.net/sbloccati-senza ... a-vittoria
Il recente annuncio dell’Unione Europea che rinnoverà l’aiuto finanziario all’Autorità Palestinese significa che l’Europa accetta che l’Autorità Palestinese continui a premiare economicamente i terroristi e a insegnare nelle scuole l’odio verso Israele e verso gli ebrei. Questa l’interpretazione che ne ha dato il ministro per edilizia e lavori pubblici dell’Autorità Palestinese, Muhammad Ziyara, definendo la decisione europea una “vittoria politica” più importante dello stesso aiuto finanziario:
Conduttore della tv ufficiale dell’Autorità Palestinese: “Recentemente è stato annunciato che [gli aiuti UE] saranno sbloccati e che l’Unione Europea riprenderà i suoi finanziamenti al governo palestinese. Qual è la tua reazione, ministro?”

Muhammad Ziyara, ministro per edilizia e lavori pubblici dell’Autorità Palestinese: “Questa è più una vittoria politica che un risultato finanziario. La sfida era che rinunciassimo ai nostri diritti, alle nostre posizioni e ai nostri principi sia sulla questione del nostro dovere nei confronti delle famiglie dei martiri e dei prigionieri (= i vitalizi ai terroristi ndr), sia nei confronti dei programmi di studio palestinesi e della narrativa palestinese”.
(Da: TV ufficiale dfell’Autorità Palestinese, 16.6.22)




L'Ue sblocca i fondi per la Palestina contestati da associazioni e deputati "amici di Israele"
Eleonora Mureddu 15 giugno 2022 08:56

https://europa.today.it/attualita/sbloc ... stina.html

La Commissione europea sta facendo marcia indietro e ritirerà la condizionalità sugli aiuti umanitari all'Autorità palestinese, permettendo così l'erogazione di oltre 200 milioni di euro che erano dovuti nel 2021. I fondi erano stati bloccati dopo essere stati subordinati alla richiesta di una riforma dell'istruzione in Palestina, su proposta del commissario per il Vicinato, l'ungherese Oliver Varhelyi, a seguito di una polemica nata dallaccusa, mossa da alcune associazioni israeliane, che sostenevano che alcuni libri scolastici promuovevano l'antisemitismo e l'odio nei confronti dello Stato ebraico.

I fondi serviranno a pagare gli stipendi e le pensioni di alcuni dipendenti pubblici in Cisgiordania, a sostenere gli ospedali e a fornire aiuto alle famiglie vulnerabili. "Puntiamo a concludere la procedura a breve e, una volta conclusa, i fondi saranno sbloccati il prima possibile. Le priorità sono gli ospedali di Gerusalemme Est e gli assegni per le famiglie palestinesi vulnerabili", ha dichiarato un portavoce della Commissione in risposta a una domanda di Euronews.

La notizia arriva in concomitanza con il viaggio della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen in Israele e Palestina, durante il quale spera di rafforzare le relazioni con la regione e cercare partner energetici per ridurre la dipendenza dagli idrocarburi russi.

Per mesi i finanziamenti sono stati tenuti in 'ostaggio' da Varhelyi, fedelissimo di Viktor Orban, che ha deciso, contro il parere della maggioranza degli Stati membri, di subordinare il pagamento dei fondi, circa 215 milioni di euro, alla revisione dei testi scolastici palestinesi, accusati da gruppi pro-Israele, da alcuni eurodeputati e membri del gruppo interparlamentare Transatlantic Friends of Israel di diffondere l’antisemitismo. Il blocco dei finanziamenti dell'Unione europea si era aggiunto al mancato ripristino delle sovvenzioni statunitensi tagliate durante il periodo di Donald Trump, all'inaridimento delle sovvenzioni dei Paesi arabi e alla crisi sanitaria.

Tutti questi fattori, spiega Le Monde, contribuiscono al taglio del 20 per cento degli stipendi dei funzionari dell'Autorità palestinese (Ap), privano 120mila famiglie povere di un'indennità trimestrale e destabilizzano l'intero settore ospedaliero di Gerusalemme Est, che riceve da 10 a 20 milioni di euro della dotazione di 215 milioni. Nonostante un rapporto su questi libri di testo abbia stabilito che erano in linea con gli standard Unesco, e nonostante le pressioni che sono state fatte da europarlamentari e Stati membri, la discussione è stata rimandata per oltre un anno. La questione aveva sollevato parecchie polemiche e aperto un conflitto tra la Commissione europea e alcuni Stati membri.

In una lettera inviata a Várhelyi, firmata dai ministri degli Esteri di 15 Paesi Ue, veniva chiesto lo sblocco immediato dei finanziamenti e criticata "l'introduzione della condizionalità in un momento in cui l'Autorità palestinese è già impegnata in un ambizioso programma di riforma dell'istruzione rischia di minare, o addirittura invertire, i progressi compiuti finora e potrebbe danneggiare il nostro dialogo in corso con i palestinesi su questa e altre questioni. Inoltre, è imperativo che facciamo tutto il possibile per rafforzare le voci moderate nei confronti degli attori più radicali".

Anche i capigruppo dei Socialisti&Democratici, dei Verdi e della Sinistra al Parlamento europeo avevano esortato la presidente von der Leyen, che non è mai intervenuta pubblicamente sulla vicenda, a sbloccare immediatamente i fondi e non condizionare i finanziamenti all'Autorità palestinese alla garanzia di modifiche ai libri di testo palestinesi. Nella lettera si sosteneva che il rapporto dell'Istituto Georg Eckert, che nel giugno 2021 aveva tacciato alcuni libri di antisemitismo, aveva concluso che i libri di testo palestinesi "aderivano agli standard dell'Unesco".

"Privare l'Autorità palestinese di beni finanziari destinati a finanziare gli stipendi degli insegnanti non solo avrebbe un impatto negativo sul diritto all'istruzione dei giovani palestinesi, ma potrebbe anche essere controproducente, aprendo nuove opportunità per i gruppi estremisti", avevano scritto i deputati. La scelta di condizionare i fondi era stata aspramente criticata anche dallo stesso Josep Borell, Alto Rappresentante dell'Unione europea per gli Affari esteri e ha diviso il Consiglio dell'Ue.

Secondo Le Monde, la decisone di Várhelyi è stata aspramente criticata persino da alcuni ambasciatori dell'Ue, che avrebbero parlato di "ricatti" e "sporchi giochi politici", mentre alcuni hanno tirato in ballo il rapporto tra il primo ministro ungherese e l'ex premier israeliano Benjamin Netanyahu. Le stesse fonti del quotidiano francese riferiscono inoltre che il governo israeliano avrebbe sollecitato l'erogazione di aiuti Ue a Tel Aviv al fine di prevenire un'ulteriore escalation delle tensioni nella regione.


Ma di fatto lo finanzia!

Il Parlamento europeo non vuole finanziare il terrorismo palestinese: "Servono maggiori controlli"
Mosaico
Paolo Castellano
2 Maggio 2021
https://www.mosaico-cem.it/attualita-e- ... tinesi-ue/

Il 28 aprile il Parlamento europeo ha riconfermato i suoi sforzi nel garantire che i fondi dei cittadini europei non finanzino organizzazioni terroristiche. Durante la seduta, si è criticata anche l’UNRWA, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi, per aver finanziato libri di testo che inneggiano all’odio e alla violenza contro ebrei e israeliani.

Come riporta il Jerusalem Post, nella relazione annuale sul bilancio europeo si afferma che l’Unione europea dovrà “verificare a fondo” che i suoi aiuti economici non vengano “assegnati o collegati a nessuna causa o forma di terrorismo e/o radicalizzazione religiosa e politica“. Dovranno avvenire processi di recupero “proattivo” laddove il denaro europeo sia arrivato a persone o organizzazioni vicine a gruppi terroristici, che non potranno accedere a futuri finanziamenti dell’UE.

Le linee guida contenute nel rapporto annuale sul bilancio europeo invitano i legislatori europei a evitare il sostegno al terrorismo dopo lo scandalo su Sven Kuhn, rappresentante UE in Cisgiordania e a Gaza, che aveva indicato ai palestinesi come aggirare le norme europee contro il finanziamento al terrorismo.

Dunque la richiesta di maggiori controlli e verifiche fanno parte di una controversia tra le ONG palestinesi e l’UE riguardante i legami con il terrorismo di membri o dirigenti delle associazioni umanitarie. I rappresentanti palestinesi hanno infatti chiesto all’Europa di cancellare la clausola secondo cui gli aiuti economici possano essere destinati soltanto a organizzazioni che non abbiano legami con i gruppi terroristici indicati dall’UE.

I palestinesi sostengono che alcune organizzazioni, come il Fronte popolare per la liberazione della Palestina (riconosciuto come organizzazione terroristica dall’Europa e da altri stati stranieri), siano dei partiti politici e dunque legittimati a ricevere i finanziamenti europei.

Matthis Schussler, direttore esecutivo della sede ELNET di Bruxelles, un’organizzazione impegnata nel rafforzare i legami tra Israele ed Europa, ha accolto con favore le ultime linee guida approdate al Parlamento europeo: «Dopo il voto dello scorso anno per bloccare i finanziamenti europei a entità legate al terrorismo, siamo molto felici di assistere a questa svolta. È un giudizio netto e inequivocabile che consente al Parlamento europeo di ritenere la Commissione europea responsabile dei suoi finanziamenti all’Autorità Palestinese. Ancora una volta ciò sottolinea l’importanza dei controlli e del monitoraggio».



Basta finanziare il terrorismo nazi maomettano palestinese
Basta finanziare il terrorismo arabo islamico palestinese antiebreaico e gli assassini di Allà
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 196&t=2193
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Dalla parte degli ebrei e di Israele che è la loro terra

Messaggioda Berto » mar mar 28, 2023 8:19 am

.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Dalla parte degli ebrei e di Israele che è la loro terra

Messaggioda Berto » mar mar 28, 2023 8:20 am

35)
I veri palestinesi storici sono gli ebrei e non i nazi maomettani arabi




“L’impresentabile” bocca della verità
Niram Ferretti
24 Marzo 2023

http://www.linformale.eu/limpresentabil ... la-verita/

Domenica scorsa, mentre si trova a Parigi per la commemorazione di Jacques Kupfer, attivista del Likud, il ministro delle Finanze, Bezalel Smotrich pronuncia parole che suscitano indignazione. Smotrich afferma che non esiste un popolo palestinese, che i veri palestinesi sono gli ebrei, poiché sono gli ebrei coloro che sono sempre stati presenti nella regione, assai prima degli arabi.

“Mio nonno, che faceva parte della tredicesima generazione a Gerusalemme, è il vero palestinese. Mia nonna, nata a Metula più di 100 anni fa da una famiglia di pionieri, era palestinese”.

Possono esserci pochi dubbi sul fatto che la presenza ebraica nella regione rinominata Palestina probabilmente dall’imperatore Adriano nel 135 D.C. per cancellare ogni riferimento alla sua specificità ebraica, sia anteriore di diversi millenni rispetto a quella araba che si manifesta a partire dal VII secolo. Tuttavia è noto il tentativo arabo di fare retrocedere la propria presenza nella regione a prima di quella ebraica. Così, da anni si sente dire che gli attuali arabi-palestinesi discenderebbero dai cananei, il gruppo di popolazioni semitiche, tra le quali si annoverano i fenici, che popolavano il territorio prima della comparsa degli ebrei anche se nulla sul piano storico e scientifico attesta questa ipotesi.

Smotrich può non rappresentare la figura ideale in bocca al quale ascoltare affermazioni scomode, ma di fatto, ciò che dice è incontrovertibile.

Nella realtà, il nome “Palestina” deriva dai filistei, una popolazione originaria del Mediterraneo Orientale (forse dalla Grecia o da Creta) la quale invase la regione nell’undicesimo e dodicesimo secolo A.C. Parlavano una lingua simile al greco miceno. La zona nella quale si insediarono prese il nome di “Philistia”. Mille anni dopo, i romani chiamarono la zona “Palestina”. Seicento anni dopo gli arabi la ribattezzarono “Falastin”.

Per tutta la storia successiva non ci fu mai una nazione chiamata “Palestina” né ci fu mai un popolo chiamato “palestinese”. La regione passò dagli Omayyadi agli Abassidi, dagli Ayyumidi ai Fatimidi, dagli ottomani agli inglesi. Durante questo millennio il termine “Falastin” continuò a riferirsi a una regione dai contorni indeterminati e mai, una sola volta, a un popolo originario.

“Chi è stato il primo re palestinese? Quale è la lingua originaria dei palestinesi? C’è mai stata una valuta palestinese? È mai esistita una storia o una cultura palestinese? Non risulta nulla”, afferma Smotrich.

Come dargli torto?

Nel 1695, l’orientalista danese Hadrian Reland, viaggiando in Palestina scoprì che nessuno degli insediamenti conosciuti aveva un nome arabo. La maggioranza dei nomi degli insediamenti erano infatti ebraici, greci o latini. Il territorio era praticamente disabitato e le poche città, (Gerusalemme, Safad, Jaffa, Tieberiade e Gaza) erano abitate in maggioranza da ebrei e cristiani. Esisteva una minoranza musulmana, prevalentemente di origine beduina, che abitava nell’interno.

Reland pubblicò a Utrecht, nel 1714, un libro dal titolo Palaestina ex monumentis veteribus illustrata, nel quale non vi è alcuna menzione o traccia di un popolo palestinese né di una eredità palestinese. E non poteva esserci, per il motivo molto semplice che il toponimo “Palestina” fa riferimento ai filistei con i quali gli arabi attuali non hanno alcun rapporto genealogico.

Dunque ciò che Smotrich afferma non solo non è contraddetto da alcun fatto, ma ne è pienamente confermato. Nel suo discorso, il ministro aggiunge che la ragione d’essere del nazionalismo arabo-palestinese è l’opposizione all’esistenza di Israele.

“Dopo 2000 anni di esilio, il popolo di Israele è tornato a casa e agli arabi la cosa non è piaciuta. Quindi cosa hanno fatto? Si sono inventati un popolo fittizio rivendicando diritti fittizi in terra d’Israele solo per combattere il movimento sionista”.

La precisione di queste parole, la loro corrispondenza ai fatti è confermata non da un altro sionista ultranazionalista, ma da Zahir Mushe’in, membro del Comitato Esecutivo dell’OLP, il quale durante un’intervista rilasciata nel 1977 al quotidiano olandese Trouw dichiarava:

“Il popolo palestinese non esiste. La creazione di uno stato palestinese è solo un mezzo per continuare la nostra lotta contro lo stato di Israele in nome dell’unità araba. In realtà oggi non c’è alcuna differenza tra giordani, palestinesi, siriani e libanesi. Solo per ragioni tattiche e politiche parliamo dell’esistenza di un popolo palestinese, poiché gli interessi nazionali arabi richiedono la messa in campo dell’esistenza di un popolo palestinese per opporci al sionismo”.

Le dichiarazioni di Mushe’in, all’epoca non suscitarono l’indignazione di nessuno, sicuramente non quella del Dipartimento di Stato americano come è invece accaduto con le dichiarazioni di Smotrich. Non è necessario chiedersi perché.


LEGGERE ATTENTAMENTE PER POTER CONFUTARE LE MENZOGNE!
Fantastoria e propaganda: la nascita di un popolo
Analisi di Niram Ferretti
Testata: Informazione Corretta
25 marzo 2023
Deborah Fait

https://www.facebook.com/deborah.fait/p ... iygZA2MRpl

Come Atena nacque dalla testa di Zeus, la fantastoria nacque dall’ideologia. Il nome “Palestina” deriva dai filistei, una popolazione originaria del Mediterraneo Orientale (forse dalla Grecia o da Creta) la quale invase la regione nell’undicesimo e dodicesimo secolo A.C. Parlavano una lingua simile al greco miceno. La zona nella quale si insediarono prese il nome di “Philistia”. Mille anni dopo, i Romani chiamarono la zona “Palestina”. Seicento anni dopo gli Arabi la ribattezzarono “Falastin”.
Per tutta la storia successiva non ci fu mai una nazione chiamata “Palestina” né ci fu mai un popolo chiamato “palestinese”. La regione passò dagli Omayyadi agli Abassidi, dagli Ayyumidi ai Fatimidi, dagli Ottomani agli Inglesi. Durante questo millennio il termine “Falastin” continuò a riferirsi a una regione dai contorni indeterminati e mai a un popolo originario.
Nel 1695, l’orientalista danese Hadrian Reland scoprì che nessuno degli insediamenti conosciuti aveva un nome arabo. La maggioranza dei nomi degli insediamenti erano infatti ebraici, greci o latini. Il territorio era praticamente disabitato e le poche città, (Gerusalemme, Safad, Jaffa, Tieberiade e Gaza) erano abitate in maggioranza da ebrei e cristiani. Esisteva una minoranza musulmana, prevalentemente di origine beduina, che abitava nell’interno.
Reland pubblicò a Utrecht, nel 1714, un libro dal titolo Palaestina ex monumentis veteribus illustrata, nel quale non vi è alcuna menzione o traccia di un popolo palestinese né di una eredità palestinese.
Dobbiamo avvicinarci ai nostri tempi, più precisamente al periodo in cui gli inglesi crearono, dopo la fine della Prima Guerra Mondiale e dell’impero ottomano la Palestina mandataria.
Il Medio Oriente così come lo conosciamo oggi, è in buona parte frutto della sua riorganizzazione britannica e francese. Nuovi confini, Stati rifondati. Siria, Giordania, Libano, Irak. La ragione “palestinese” venne presa in dotazione britannica. Molti arabi protestarono in modo acceso nei confronti di una “Palestina” separata dalla Siria. Gli arabi chiamavano la regione Balad esh sham (la provincia di Damasco) o Surya–al–Janubiya (Siria del sud). Per i nazionalisti arabi la Palestina non era altro che la Siria del sud. I siriani, ovviamente, non potevano che annuire. Il Congresso Generale Siriano del 1919 sottolineò con forza l’identità esclusivamente siriana degli arabi della “Siria del sud”, quella che gli inglesi chiamavano “Palestina”.
Nel suo libro del 1938, Il Risveglio Arabo, George Antonious, il padre della storiografia moderna araba, documenta il tumulto sorto tra gli arabi della “Grande Siria” e dell’Irak quando inondarono le strade delle città siriane e di Gerusalemme, per protestare contro la divisione geografica che gli inglesi, per ragioni geopolitiche, avevano imposto alla Siria. Antonious, come Reland prima di lui, non fa alcuna menzione di un “popolo palestinese”. Non poteva farlo appartendendo esso alla geografia fantastica.
Occorre fare un passo indietro. Nel 1920, la Francia conquista la Siria. E’ in questo periodo, durante il controllo francese del paese, che inizia a prendere forma l’idea di una “Palestina” come stato arabo-musulmano indipendente, e fu il Mufti di Gerusalemme, Amin-al-Husseini, la personalità di maggior spicco tra i leaders arabi dell’epoca, a creare un movimento nazionalista in opposizione all’immigrazione ebraica determinata dal movimento sionista. In altre parole, fu il sionismo a fare da levatrice al palestinismo nazionalista. Anche allora, tuttavia, nessuno parlava di un “popolo palestinese”.
Ancora nel 1946, Philip Hitti, uno dei più eloquenti portavoce della causa araba dichiarava al Comitato di Inchiesta Anglo-Americano che un’entità nazionale chiamata Palestina non esisteva.
Nel 1947, quando le Nazioni Unite stavano valutando la spartizione della Palestina mandataria in due stati separati, uno ebraico, l’altro arabo, numerosi politici e intellettuali arabi protestarono in modo acceso poiché sostenevano che la regione in questione fosse parte integrante della Siria del sud. Non c’era una popolazione “palestinese” in senso proprio, ed era dunque un’ingiustizia smembrare la Siria per creare una entità che di fatto le apparteneva di diritto.
Nel 1957, Akhmed Shukairi, l’ambasciatore saudita alle Nazioni Unite dichiarò che, “E’ conoscenza comune che la Palestina non è altro che la Siria del sud“. Concetto ribadito da Hafez-al-Assad nel 1974, “La Palestina non solo è parte della nostra nazione araba ma è una parte fondamentale del sud della Siria”.
Dal 1948 al 1967, i diciannove anni intercorsi tra la guerra di Indipendenza e la guerra dei Sei Giorni, la Giudea e la Samaria restarono sotto il dominio illegale giordano. Durante questo periodo nessuno dei leader arabi prese neanche lontanamente in esame il diritto all’autodeterminazione degli arabi “palestinesi” che si trovavano sotto il loro dominio. Perché? Ancora, perché un “popolo palestinese” per i giordani semplicemente non esisteva.
Persino Yasser Arafat fino al 1967 usò il termine “palestinesi”, unicamente come riferimento per gli arabi che vivevano sotto la sovranità israeliana o avevano deciso di non essere sottoposti ad essa. Nel 1964, per Arafat, la “Palestina”, non comprendeva né la Giudea e la Samaria né Gaza, le quali, infatti, dopo il 1948 ricadevano nella zona di influenza rispettivamente di Giordania e Egitto.
Lo troviamo scritto nella Carta fondante dell’OLP all’articolo 24, “L’OLP non esercita alcun diritto di sovranità sulla West Bank nel regno hashemita di Giordania, nella Striscia di Gaza e nell’area di Himmah”.
L’articolo 24 venne cambiato nel 1968 dopo la guerra dei Sei Giorni, dietro ispirazione sovietica. Ora la sovranità “palestinese” si estendeva anche alla Giudea e Samaria e a Gaza. Libero da possibili attriti con la Giordania e l’Egitto, Arafat, protetto dai russi, poteva allargare il campo della propria azione.
Per creare questa nuova realtà del “popolo palestinese”, priva di qualsiasi aggancio con il passato era necessario che il passato venisse interamente fabbricato, o meglio, come in Tlon, Uqbar, Orbis Tertius” di Jorge Luis Borges, bisognava fare in modo che il reale venisse risucchiato dalla finzione.
Ecco dunque apparire sul proscenio della storia i “palestinesi”, i quali fin da un tempo immemorabile avrebbero sempre vissuto nella regione e addirittura si potrebbero fare risalire ai gebusei o, a piacimento, ai cananei, con i quali non sussiste nessun rapporto genealogico. Questo popolo autoctono sarebbe stato poi cacciato dagli “invasori” sionisti.
Il 31 marzo del 1977, come fosse un colpo di scena in un romanzo giallo, Zahir Mushe’in, membro del Comitato Esecutivo dell’OLP dirà, durante un’intervista quello che chiunque abbia una minima conoscenza della storia e dei fatti, sa benissimo
“Il popolo palestinese non esiste. La creazione di uno stato palestinese è solo un mezzo per continuare la nostra lotta contro lo stato di Israele in nome dell’unità araba. In realtà oggi non c’è alcuna differenza tra giordani, palestinesi, siriani e libanesi. Solo per ragioni tattiche e politiche parliamo dell’esistenza di un popolo palestinese, poiché gli interessi nazionali arabi richiedono la messa in campo dell’esistenza di un popolo palestinese per opporci al sionismo”.
Il “popolo palestinese” è una pura invenzione strategico-politica, la quale, con grande abilità propagandistica, è stata trasformata in un fatto che ormai appartiene a tutti gli effetti alla realtà.
Autori - Casa Editrice Giuntina
Niram Ferretti


Discussione
https://www.facebook.com/deborah.fait/p ... iygZA2MRpl

Paolo Verni
Storia non pervenuta:
https://tg.la7.it/repliche-tgla7?id=476903
Nella tivvù di Cairo (nomen est omen?), Mentana, interpretando il giornalista impegnato, al minuto 18:18, oltre a blaterare di "coloni", ebrei, "Cisgiordania" in realtà Giudea e Samaria, riferito alle dichiarazioni del ministro Smotrich e poi a 8 e mezzo dalla Gruber -stesso fronte- che non interviene correggendo Stefano Massini al min. 1:05, riferendosi a Golda Meir, fanno finta di indignarsi e di non sapere (sono abbastanza attempati per aver vissuto le vicende) che il popolo palestinese fu inventato.

Josef Jossy Jonas
Questa è la storia e questi sono i fatti? Quindi gli abitanti non ebrei della West Bank non esistono o li chiameremo da domani, svedesi? E il problema sarà risolto?
La narrazione non è completa ne può giustificare la situazione attuale. Siamo un grande popolo con una tradizione democratica d’acciaio. Bisogna andare avanti, e raccontarla tutta.
E qualunque sia la versione non importa.
Non importa se il termine Palestina sia di recente conio, sono esseri umani e noi dobbiamo trattarli da tali.
Non si risolve un problema cambiandogli denominazione.


Deborah Fait
Josef Jossy Jonas dai un'interpretazione sbagliata al problema. Nessuno dice che dobbiamo trattarli male, anzi per tutto quello che ci hanno fatto, li trattiamo anche troppo bene, ma visto che LORO diconoi che Israele è palestina e che tutto è loro, allora è giusto conoscere la storia, cribbio!


Josef Jossy Jonas
Deborah Fait Ecco, infatti, la storia deve esser detta tutta. Non solo quello che fa piacere a noi.
Sono 80 anni che andiamo ava ti così e non è cambiato nulla, forse bisogna cambiare metodo.


Deborah Fait
Josef Jossy Jonas sono d'accordo. Tutto sta a capire quale.

Jenny Racah
Josef Jossy Jonas hai ragione che il problema esiste, qualunque sia la storia dietro. Queste popolazioni arabe hanno una forte identità religiosa e mai accetteranno di cancellarla, anche se certamente non è un'identità nazionale ma religiosa e imperiale. Cosa dunque significa un'identità religiosa e imperiale? Significa che nessuna concessione territoriale e quindi nazionale sarà sufficiente. E quindi? Quindi credo che se ci sarà una soluzione, cosa di cui dubito, passerà per l'integrazione di questi territori e popolazioni negli stati già esistenti, cioè Giordania e Egitto, che per ora non li vogliono, sia perché non vogliono altri terroristi, sia perché vogliono lasciare il problema a Israele. Io credo che capire le radici di un problema sia sempre utile, anche dove non sembra esserci al momento una soluzione. Una cosa che bisogna capire è quindi la loro forte identità , anche se è diversa da quella conclamata. Noi viviamo in un periodo in cui tutto l'Occidente, Israele inclusa, soprattutto nelle sue componenti laiche, vive una profonda crisi identitaria, dovuta al distacco dalla Storia e dalle proprie radici, di cui una parte enorme è la cultura religiosa. Se andiamo avanti di questo passo, solo una identità religiosa non si farà cancellare. Questo credo sia uno dei punti chiave che purtroppo non è a fuoco, anche per via della forte componente ideologica ( che nega i fatti e la storia) presente in noi. Per questo ripristinare la storia e i fatti è fi enorme importanza. Se abbiamo una malattia che ci uccide e diciamo che non importa se è influenza o cancro, mai troveremo la medicina in futuro, anche se oggi la distinzione tra le due malattie non è rilevante ai fini pratici. L'esempio della malattia è solo per far capire l'importanza dell'analisi corretta e non per dire che siamo molto malati ( su questo si può discutere separatamente).

Josef Jossy Jonas
Jenny Racah Anche qui la narrazione è incompleta e capziosa.
Dobbiamo essere onesti. Solo ammettendo i nostri torti e offrendo compensazioni avremo la pace.
La giustificazione religiosa non regge. Arabi e ebrei vivevano in relativa pace sino al 1880 quando ci fu la prima alya.
Temevano che non ci sarebbe stata acqua per tutti ne risorse e temevano di perdere anche parte di sovranità.
Cose che sono poi accadute. La risposta e stato il terrore e al terrore rispondemmo col terrore.
Chi può perdonare il terrorismo? Certo no, nessuno, ma nessun ragazzo di 20 anni si imbottisce di tritolò per farsi salvare in aria, raccontiamo pure che lo fa per la fede ma ri ricordo che integralismo islamico nasce nel 1921 con la fratellanza mussulmana che cercava un collante per la nazione araba più volte ingannata (trattato Sykes-Picot) e le varie colonizzazioni.
Prima la religione in medioriente era moderata.
A Gaza non c’è mai stato integralismo, Arafat non lo era ma la sua corruzione lo fece cadere in disgrazia e fu sostituito da Hamas che era incorruttibile e si occupava di tutti chiedendo in cambio di aderire all’Islam estremista.
Chi ha fatto cadere Arafat?
Chi dice sempre: meglio che si affrontino tra di loro?
Dobbiamo cambiare registro.

Clelia Terracina
Josef Jossy Jonas chiamali come vuoi ,ma ricordati che la storia non è fatta per i bugiardi .
Certo che dovremmo chiamarli palestinesi ,certo che debbono essere trattati bene ,ma questo è condizionato anche dai loro comportamenti .
Palliwood deve smettere con i suoi filmati ,i terroristi non debbono essere resi eroi e parlare di apartheid in Israele non facilita certo il cammino verso la pace .
Basta di colpevolizzarci più del necessario.

Josef Jossy Jonas
Clelia Terracina Chi si colpevolizza?
Io sempre Sionista al 100% ma quando vado nella wear Bank vedo umiliazioni inutili che un paese democratico non può permettere.
Tutto va bene ma quando umili e picchi un padre davanti a suo figlio, quello ti odierà per sempre.

Clelia Terracina
Josef Jossy Jonas nessuno nega che ci possano essere episodi riprovevoli ,ma la distanza fra i i modi di comportarsi in genere ,sono veramente abissali .,prova a pesare a che cosa succede se anche per errore un israeliano entra nella Striscia .

Josef Jossy Jonas
Clelia Terracina Cosa vuoi che lo abbraccino?
I numeri?
Guerra del 2014
62 soldati israeliani morti
2015 palestinesi morti.
Ci vorranno mai bene?
Sai quante persone senza bracci o gambe ci sono dopo una guerra?
Anche volessero abbracciarci non lo potrebbero fare.

Jenny Racah
Josef Jossy Jonas non vedo nulla di capzioso nel dire che l'identità non è nazionale ma religiosa ed è fortissima. Sicuramente si possono dire mille altre cose, anzi, un milione. Per chiarire, il mio pensiero si riallaccia a Bernand Lewis, e ai suoi libri di storia del MO. Certo, si può dire anche di lui, come di tutti che è capzioso. Poi il mio discorso sulla perdita dell'identità in occidente può essere un'interpretazione che non si condivide, ma definirla capziosa è offensivo. Anche di te si può dire che sei capzioso. Insomma, il mio è un invito a essere rispettosi nel dibattito civile. Con immutata stima.

Franco De Benedetti
Josef Jossy Jonas Non è una questione di nomi, e tu lo sai bene. Vogliono chiamrsi Venusiani, Vulcaniani, Klingon, Romulani? A me sta bene. Vogliono chiamarsi Palestinesi? Mi sta altrettanto bene. Quello che invece non accetto è che si venga a dirci (cito le tue parole): "Sono 80 anni che andiamo avanti così e non è cambiato nulla, forse bisogna cambiare metodo." E non accetto questo tuo discorso, perdonami, perchè in questi 80 anni Israele i metodi li ha sperimentati tutti, incluse le proposte di Ehud Barak a Camp David, incluse quelle di Ehud Olmert, incluso il ritiro unilaterale da Gaza... e chi più ne ha, più ne metta. Forse è ora che siano i palestinesi a smettere di strillare ovunque che "FROM THE RIVER TO THE SEA, Palestine will be free". O che i loro tifosi in Italia urlino in piazza "Palestina, VOGLIAMO TUTTO, lo Stato d'Israele dev'essere distrutto". Forse è ora che desistano loro dai loro propositi massimalisti e genocidi, cessino ogni violenza e si siedano al tavolo del negoziato, con nel cuore il desiderio di costruire un loro Stato, e non di distruggerne uno altrui.

Elisabetta Noè
Josef Jossy Jonas il problema è non trattare male i palestinesi?? A me sembra il contrario: cioè evitare che siano loro a fare del male agli Israeliani

Elisabetta Noè
Josef Jossy Jonas arabi e ebrei non sono mai vissuti in pace come dimostra la storia degli ebrei dei paesi arabi. Questo è un mito che è già stato sfatato. A meno che per pace non si intenda sottomissione, umiliazioni e vessazioni subite in silenzio. L’integralismo islamico è parte integrante dell’Islam, è insito nella sua storia. Sono state integraliste ad es le dinastie degli almohadi e almoravidi nella presunta Spagna felix. Il resto sono illusioni di chi pensa di trovare una data prima della quale si viveva in un paradiso che poi per colpa di qualcuno o qualcosa si trasforma in un inferno. La dottrina dei fratelli musulmani non è un corpo estraneo all’Islam ma è perfettamente integrata ad esso. Il fanatismo e il razzismo intrinseco, la visione totalitaria che è parte integrante dell’Islam che si considera religione naturale di ogni uomo è ciò che spiega la corrente di simpatia con il nazismo.

Clelia Terracina
Josef Jossy Jonas in Israele usano difendere la popolazione ,forse i conti non ti tornano per questo ,sarai pure un sionista ,ma i numeri che citi hanno un significato che dovresti sapere perché e chi li ha creati e poi sei così sicuro che siano reali fino in fondo ?
In Israele invece non ci sono militari mutilati e vogliamo dimenticare quelli colpiti da attentati ?

Tommaso Muner
Josef Jossy Jonas credo che il problema sia molto più complesso e di complicata soluzione. A partire dallo Statuto di Hamas e della ANP/OLP

Sami Bah
Josef Jossy Jonas non vi è alcun dubbio che siano esseri umani, ma chiamiamoli con il loro nome reale, quello che loro stessi usano :ARABI . Così come lo sono i giordani i siriani i libanesi gli iracheni ecc ecc. hanno stessa lingua stessa religione stesse tradizioni stessa storia. Mi chiedo e vi chiedo cos’è che fa di un agglomerato di persone un popolo, una nazione distinta da altre nazioni se non una storia, una cultura, una lingua, una tradizione che ne fa un unicum irripetibile

Stefano Cattaneo
Josef Jossy Jonas ARABI.
È troppo difficile?
Esistono, sono discendenti dei coloni arabi che hanno rioccupato la Siria meridionale nel periodo fra il 1187 e i primi decenni del 1300.

Gino Quarelo
Josef Jossy Jonas Il terrorismo nazi maomettano non nasce nel 1921 con i Fratelli Mussulmani ma nel VI secolo con Maometto nato nel 571 d. C. . L'espansione islamica è fondata sul terrorismo maomettano e sulla discriminazione la dhimmitudine e lo sterminio dei non mussulmani in particolare dei cristiani, degli ebrei e degli zoroastriani e di ogni altro diversamente religioso, areligioso, non religioso e pensante.
Chi la racconta diversamente mente e ed affetto da dhimmitudine con la sua particolare forma di sindrome di Stoccolma.

Gino Quarelo
Sami Bah, non è vero che sono tutti arabi: gli assiri, gli iraniani, gli egiziani, gli afgani, i libici e tutti gli altri islamici non sono arabi che se molti di loro parlano una lingua infuenzata dall'arabo e l'arabo stesso. Allo stesso modo che gli spagnoli, i francesi, gli italiani, i portoghesi non sono latini anche se loro lingue sono state influenzate dal superstrato latino in epoca romana e post romana.


Josef Jossy Jonas ha scritto:
Gino Quarelo Beato te che hai queste certezze.
Durante il massacro del Bataclan, alcune delle vittime implorarono la salvezza dicendo:”Ma che vi abbiamo fatto?”
E loro rispondevano: “Libia, Iraq, Afghanistan, quanti milioni di morti ci avete fatto?”

Gino Quarelo scrive:
Josef Jossy Jonas , ti paiono risposte sensate?
Siamo allo stesso livello delle risposte di Putin per giustificare l'aggressione all'Ucraina.
Il solo elemento che accomuna Libia, Iraq, Afghanistan è l'Islam e non altro e in tutti questi casi l'Occidente (e non i cristiani o gli ebrei) è dovuto intervenire su mandato ONU per difendere parte delle popolazioni di quei paesi dai loro dittatori e nel caso dell'Afganistan perché dava rifugio al criminale Bin Laden.
Ricordo che prima della strage del Bataclan vi è stata quelle di Charlie Hebdo per via delle vignette satiriche contro l'idolatra Maometto prima ancora tutti gli attentati islamici a Madrid nel 2004, a Londra nel nel 2005 e altrove lungo tutti questi anni del duemila.
https://it.wikipedia.org/wiki/Terrorismo_islamista

Io credo che l'unico modo per risolvere la questione sia quello di affrontare il male nazimaomettano cominciando dalla testa, ossia dalla fede in Maometto, nel Corano e nel loro Allah mettendo in evidenza la loro mostruosità idolatra, disumana e incivile.


Gino Quarelo
Josef Jossy Jonas ha scritto:
Clelia Terracina Cosa vuoi che lo abbraccino?
I numeri?
Guerra del 2014
62 soldati israeliani morti
2015 palestinesi morti.
Ci vorranno mai bene?
Sai quante persone senza bracci o gambe ci sono dopo una guerra?
Anche volessero abbracciarci non lo potrebbero fare.

Gino Quarelo scrive:
Josef Jossy Jonas per certi versi assomigli a Gad Lerner e a Moni Ovadia che accusano calunniosamente gli ebrei di Israele di essere delle mostruosità disumane razziste che maltrattano e che violano i dirittti umani e politici dei poveri, innocenti, indifesi e inermi "palestinesi" aprofittando della loro superiorità economica e militare per riprodurre il criminale schema dell'apartheid più o meno come fecero i bianchi sfruttatori in Sudafrica come vorrebbe certa analisi storica e narrazione incompleta che attribuisce colpe e responsabilità esclusivamente ai bianchi tralasciando quelle pur esistenti dei neri.
A ben guardare questa calunnia si inserisce pienamente nel quadro delle tipiche e tradizionali calunnie proprie dell'antisemitismo nei confronti dei giudei considerati degli esseri umani malvagi più nazi dei nazisti ario hitleriani che vogliono dominare il mondo e sottomettere con ogni mezzo l'umanità non ebraica disprezzata e ritenuta inferiore e indegna.
Beh credo proprio che il paragone sia del tutto errato,
-primo perché se i bianchi in Sudafrica erano degli stranieri migranti colonizzatori, al contrario gli ebrei in Israele sono i veri nativi e i discendenti dei nativi che nei secoli passati prima gli invasori romani e poi gli invasori arabi avevano cacciato dalla loro casa e dalla loro terra e gli stranieri migranti invasori sono i cosidetti arabi nazi maomettani impropriamente detti palestinesi;
-secondo perché a praticare e a imporre la violenta, disumana e incivile apartheid sono i nazi maomettani impropriamente detti "palestinesi" a cominciare dall'imposizione della dhimmitudine questa sì vera apartheid frutto della criminale ideologia suprematista razzista nazi maomettana;
-terzo perché se dal confronto violento tra gli aggressori nazi maomettani arabi e non arabi impropriamente detti palestinesi e gli aggrediti ebrei vi è un esito così diverso di mortalità è proprio perché gli ebrei hanno maggior rispetto per se stessi, per la vita umana e per l'essere umano in generale che difendono con maggior umanità, civiltà ed efficacia economica, politica e militare, rispetto ai nazi maomettani arabi e non arabi impropriamente detti palestinesi che invece al contrario, disprezzano la vita sia quella loro che quella degli altri in generale compiendo atti di criminale terrorismo contro i disprezzati ebrei e mettendo a rischio la loro vita per incultura, fanatismo politico religioso idolatra, ignoranza, disumanità e inciviltà;
-quarto nell'aggressione sistematica e incessante degli ebrei da parte dei nazi maomettani arabi e non arabi impropriamente detti palestinesi non vi è solo la discriminazione e il rifiuto razziale antisemita proprio dell'ideo-teologia politico religiosa nazi maomettana ma vi è anche una violenza predatoria e parassitaria criminale alimentata dai finanziamenti a fondo perduto che questa gente riceve dall'ONU e dall'Occidente come aiuti umanitari ma che in realtà è motivata dall'antisemitismo ben presente, sia pur dichiarato, in certa parte dell'ONU e in certa parte dell'Occidente.
Nei millenni non si è mai visto e sentito di ebrei che vanno in giro per il mondo a invadere, a conquistare, a predare, a stuprare, a schiavizzare, a cacciare dai loro paesi e case e a sterminare i non ebrei, per imporre con la violenza il loro dio e se se stessi al resto dell'umanità come invece fanno da sempre i nazi maomettani arabi e non.



UMORISMO EBRAICO


https://www.facebook.com/noicheamiamois ... 4942209518

Un diplomatico israeliano, prima del suo intervento in una assemblea internazionale, disse :
"Permettetemi di raccontare un breve aneddoto a proposito di Mosé :
Quando battè la biblica roccia da cui sgorgò l'acqua, egli pensò:
Questa è un'ottima occasione per farsi un bel bagno.
Detto fatto . Si spogliò, posò accuratamente i vestiti su dei sassi
e si immerse nell'acqua.
Quando ne uscì cercò i suoi vestiti, ma erano spariti, rubati da un palestinese !"
Il delegato palestinese, disgustato e inferocito, interruppe il discorso, gridando :
"Ma che vai dicendo, bastardo ? I palestinesi, in quel tempo non erano lì ! "
L'israeliano sorrise e proseguì:
"Ora che questo è chiarito in modo inequivocabile posso iniziare il mio discorso !"
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Dalla parte degli ebrei e di Israele che è la loro terra

Messaggioda Berto » mar mar 28, 2023 8:21 am

.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Dalla parte degli ebrei e di Israele che è la loro terra

Messaggioda Berto » mar mar 28, 2023 8:23 am

36)
In Israele la sinistra che ha perso le elezioni vorrebbe impedire alla destra di realizzare il suo programma elettorale con cui ha vinto democraticamente le elezioni, tra cui la fondamentale riforma della giustizia e della Corte Suprema che si è accaparrata il potere politico di controllare, condizionare e limitare l'azione del governo e della maggioranza parlamentare impedendo di fatto l'esercizio democratico della sovranità popolare e la realizzazione della volontà politica della maggioranza che ha vinto le elezioni.

Corte Suprema che da trent'anni è in mano alla sinistra il cui potere si trasmette per cooptazione interna ed è sottratto al libero gioco democratico, snaturando e svilendo la democrazia e riducendo di fatto il sistema israeliano a una dittatura della sinistra.

Questa minoranza di sinistra che ha perso le elezioni tenta di impedire l'esercizio della democrazia con le manifestazioni di piazza, con le minacce di violenza e di guerra civile.
Questa non è democrazia, non è rispetto democratico è criminale eversione, è criminale violenza politica che va trattata con tutta la durezza che merita.


Ecco un servizio dell'ANSA antisraeliana e sinistrata

Israele: proteste contro licenziamento del ministro della Difesa
Deciso da Netanyahu dopo la richiesta di Gallant di congelare la riforma giudiziaria
27 marzo 2023
https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/ ... 07d1f.html


Dopo il licenziamento da parte del premier Benyamin Netanyahu del ministro della Difesa Yoav Gallant, i leader delle proteste anti riforma hanno indetto da subito una manifestazione a Tel Aviv di fronte al ministero della Difesa.

"Non consentiremo alcun compromesso - hanno sostenuto - che danneggi l'Indipendenza della Corte Suprema". Gli stessi hanno chiesto che il ministro Gallant sia riportato alla responsabilità della difesa. Oggi il governo ha convocato una Commissione che intende modificare il meccanismo di nomina dei giudici della Corte assicurando alla maggioranza politica la preminenza nella scelta.

Il leader dell'opposizione Yair Lapid ha attaccato la decisione di Netanyahu, sostenendo che "il premier può licenziare il ministro, ma non può licenziare la realtà del popolo di Israele che sta resistendo alla follia della maggioranza". Il segretario generale dell'Histadrut, il potente sindacato laburista, Arnon Bar-David, ha annunciato una conferenza stampa per oggi durante la quale potrebbe annunciare uno sciopero generale.

Sulla vicenda è intervenuto anche il presidente israeliano Isaac Herzog che ha chiesto a Netanyahu di fermare la riforma della giustizia che - scrive in una nota riportata dai media locali - "indebolisce il sistema giudiziario". Herzog ha fatto appello direttamente al premier, facendo riferimento anche ai disordini avvenuti nel Paese: "Abbiamo assistito a scene molto difficili. Faccio appello al Primo Ministro, ai membri del governo e ai membri della coalizione. Per il bene dell'unità del popolo di Israele, per amore della responsabilità a cui siamo obbligati, ti invito a interrompere immediatamente il processo legislativo" della riforma.


USA: 'PROFONDAMENTE PREOCCUPATI, URGE COMPROMESSO'
"Siamo profondamente preoccupati per gli sviluppi in corso in Israele, compreso il potenziale impatto sulla capacità di reazione militare sollevato dal ministro della difesa Yoav Gallant, che sottolinea ulteriormente l'urgente necessità di un compromesso": lo ha detto il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale Usa John Kirby commentando il licenziamento da parte del premier Netanyahu del ministro, 'reo' di aver chiesto di congelare la riforma giudiziaria che sta spaccando Israele. "Come il presidente ha recentemente discusso con... Netanyahu direttamente, i valori democratici sono sempre stati, e devono rimanere, un segno distintivo delle relazioni Usa-Israele", ha aggiunto il portavoce. "Le società democratiche - ha proseguito - sono rafforzate da controlli ed equilibri autentici e i cambiamenti fondamentali dovrebbero essere perseguiti con la più ampia base possibile di sostegno popolare. Continuiamo a sollecitare con forza i leader israeliani a trovare un compromesso il prima possibile basato su un ampio sostegno popolare".




La riforma della giustizia non è pericolosa per la democrazia israeliana, è essenziale
Mosaico
Ester Moscati
16 Febbraio 2023

https://www.mosaico-cem.it/cultura-e-so ... ssenziale/

In riferimento al problema Giustizia oggetto di grande apprensione interna per Israele, abbiamo qui il dovere di presentare le due facce del problema, quest’ultima di Russel A. Shalev. La complessità deriva da una impostazione all’inglese delle regole non scritte che fino ad oggi hanno resistito ma che, con il crescere del Paese in tutti i sensi, deve essere rivisitata. Leggendo così le due versioni e punti di vista si riesce a comprendere il perché dei problemi sorti su questo argomento sensibile.

La riforma della giustizia non è pericolosa per la democrazia israeliana, è essenziale

di Russel A. Shalev

Israele è unico tra le democrazie occidentali, ha un sistema giudiziario autonominato che è, allo stesso tempo, legislatore, esecutivo, redattore e creatore della Costituzione israeliana. Questo enorme potere funziona senza controlli, equilibri o supervisione efficaci. Come conseguenza di ciò, le riforme che sono state discusse per quasi tre decenni si stanno avvicinando alla loro realizzazione.

Dopo l’insediamento di un governo di destra a seguito di quasi tre anni di caos politico, la questione della riforma giudiziaria è diventata una richiesta chiave della coalizione. Tra le riforme proposte vi sono modifiche al sistema delle nomine giudiziarie, una chiara definizione delle condizioni alle quali la Corte suprema può annullare le leggi e una clausola di revoca. Quest’ultima clausola consentirebbe alla Knesset di approvare una legge che impedirebbe alla Corte Suprema di annullare la legge.

L’establishment legale israeliano e i suoi alleati, a grande maggioranza a sinistra, afferma che queste riforme porteranno alla morte della democrazia israeliana e alla fine dei diritti delle minoranze. In verità, queste riforme sono essenziali per restituire un equilibrio di base al sistema politico israeliano perché, per decenni, di fatto, il potere supremo su quasi ogni questione della vita politica è stato nelle mani di un’aristocrazia giudiziaria autoperpetuante, non eletta, la quale gestisce il paese non secondo una legge scritta ma in base alla propria visione del bene.

Il paradigma di base attraverso il quale l’establishment legale interpreta il proprio ruolo è quello dei ‘guardiani’. I giudici e i consulenti legali si vedono come l’avanguardia nella difesa della democrazia israeliana, proteggendola dai barbari alle porte. In questo caso, i barbari sarebbero i membri e i politici della Knesset, i quali, o complottano o possono essere facilmente tentati di limitare o ignorare le libertà civili e i diritti umani fondamentali.

Mentre ogni sistema democratico richiede controlli ed equilibri tra i propri rami, la dottrina del guardiano ha un effetto pernicioso e corrosivo sulla democrazia israeliana. I funzionari eletti che agiscono come rappresentanti dei cittadini, vengono visti con sospetto e fastidio. Come amano ripetere i sostenitori dello status quo, la democrazia non è solo il governo della maggioranza. La democrazia potrebbe non essere solo il governo della maggioranza, eppure è, principalmente e fondamentalmente, il governo della maggioranza. I guardiani, piuttosto che agire come argini nelle circostanze più estreme, si sono costituiti come sovrani alternativi ai cittadini e alla Knesset.

Nonostante tutti i discorsi sui pesi e contrappesi, ai cittadini israeliani resta una Knesset debole e una Corte Suprema quasi onnipotente e onnipresente. Una regola fondamentale della democrazia è che ogni ramo sia controllato e limitato. Queste limitazioni esistono già nei confronti della Knesset. Ogni governo in Israele è composto da una coalizione di più partiti, ciascuno con i propri interessi e visioni del mondo. La natura della politica di coalizione è quella del compromesso e del dare e avere. Inoltre, la Knesset e l’esecutivo sono limitati dalle elezioni e sono direttamente responsabili nei confronti dei cittadini israeliani, che possono fare campagna elettorale, protestare o scendere in piazza. Se la Knesset dovesse adottare politiche che limitano i diritti dei cittadini israeliani, saranno prontamente espulsi alle prossime elezioni. Ciò è in contrasto con la Corte Suprema, che è isolata dalla responsabilità popolare e non deve affrontare nessuna conseguenza per la legislazione giudiziaria o la creazione di specifici indirizzi politici.

Il ruolo ognipresente della Corte Suprema nell’arena politica di Israele è una storia (o una tragedia) raccontata in molte parti. Alla sua fondazione Israele ha adottato il sistema parlamentare originario del Regno Unito. Contrariamente al sistema americano, il ramo esecutivo è scelto dal parlamento. Similmente al Regno Unito, un principio di questo sistema è la supremazia parlamentare, il che significa che la Corte Suprema non ha il potere di controllo giurisdizionale e non può abbattere la legislazione. Il ruolo della Corte Suprema è quello di risolvere controversie specifiche tra le parti e garantire che il governo rispetti la legge. Il luogo delle decisioni politiche è la Knesset.

Fino agli anni ’80, la Corte Suprema si è astenuta dal coinvolgimento in alcune questioni, basandosi sulla dottrina della “giurisdizionalità”. Questa dottrina significava che c’erano alcune questioni sulle quali il tribunale non aveva competenza, per le quali non esistevano parametri legali e nelle quali il coinvolgimento giudiziario sarebbe stato inappropriato. Le questioni non giudicabili includevano decisioni politiche, questioni politiche, procedimenti interparlamentari e affari esteri. Un punto di svolta cruciale fu la decisione Ressler del 1988, in cui la Corte annullò la decisione del Ministro della Difesa di esentare gli studenti ultraortodossi delle yeshivot dalla leva dell’IDF. La Corte aveva precedentemente ritenuto che la questione fosse una questione di natura politico-sociale e non giurisdizionale. Il giudice Barak spiegò che non esiste un vuoto giuridico e che tutte le questioni sociali hanno risposte legali.

Poiché la Corte ha limitato l’uso della non giurisdizionalità, ha ampliato la dottrina della ragionevolezza. La ragionevolezza consentiva ai giudici di annullare qualsiasi decisione amministrativa che ritenessero irragionevole, consentendo essenzialmente ai giudici di sostituire il loro giudizio a quello del ramo esecutivo. Allo stesso tempo, la Corte ha eliminato il requisito della “legittimazione”, il che significava che solo le parti direttamente interessate potevano adire al tribunale. Ciò ha aperto la porta alle ONG e a vari “firmatari pubblici” che presentavano petizioni contro leggi e politiche a cui si opponevano. La Corte ha iniziato a pronunciarsi su questioni diverse come quella relativa al budget che il governo dovrebbe investire in rifugi antiaerei vicino al confine di Gaza, avviando un’inchiesta pubblica sui guasti durante la seconda guerra del Libano e sul percorso corretto per la barriera di sicurezza della Giudea e Samaria.

La fase critica dell’attivismo in continua espansione della Corte giunse nel 1992 con l’approvazione della legge conosciuta come “Legge fondamentale sulla dignità umana e la libertà” e della “Legge fondamentale sulla libertà di occupazione”. Queste furono le prime leggi fondamentali (leggi intese a servire come base della futura Costituzione di Israele) che sancivano i diritti umani; le leggi fondamentali precedenti si limitavano a delineare i meccanismi istituzionali.

prima e seconda parte

Il giudice capo Aharon Barak annunciò che si era verificata una “rivoluzione costituzionale”, che le leggi fondamentali avevano uno status costituzionale e che queste davano alla corte il potere di annullare le leggi contrarie ad esse. Proprio così, Israele aveva una Costituzione, senza che i membri della Knesset, il governo o il pubblico ne fossero a conoscenza. Naturalmente, le leggi fondamentali non menzionano da nessuna parte il potere di annullare le leggi. Per questo, Barak si è guadagnato il titolo conferitogli dall’alto giudice statunitense Richard Posner di “pirata giudiziario” e “despota illuminato”.

Tre decenni di attivismo giudiziario hanno lasciato un sistema fondamentalmente squilibrato in cui un tribunale onnipotente affronta una Knesset debole. Nella famosa decisione “Mizrahi”, Barak ha sostenuto che le leggi fondamentali erano la norma costituzionale suprema di Israele e quindi giustificavano il controllo giurisdizionale. Tuttavia, nel 2018, la Corte ha accettato di esaminare una petizione contro la legge fondamentale dello Stato-nazione, nonostante la sua precedente affermazione secondo cui le leggi fondamentali erano le norme più elevate. La Corte ha flirtato con teorie legali radicali come “l’emendamento costituzionale incostituzionale”, che consentirebbe alla Corte di decidere in primo luogo cosa inserire nella Costituzione di Israele. Ciò è molto al di là di qualsiasi cosa i tribunali possano fare nelle democrazie occidentali, ed è un’ulteriore ed estrema usurpazione del mandato della Knesset.

Questa prepotenza giudiziaria genera una instabilità politica cronica. Le questioni politiche di cui si occupa la Corte sono antitetiche alle sentenze legali e al linguaggio di ciò che è giusto o sbagliato. Richiedono compromessi e concessioni, il vero pane quotidiano del lavoro parlamentare. Ad esempio, il ripetuto annullamento delle leggi sulle esenzioni alla leva per gli ultraortodossi non ha favorito in alcun modo l’integrazione ultraortodossa. I rapporti con la comunità ultraortodossa sono una grande sfida sociale che non può essere risolta legalmente o giudiziariamente.

L’influenza della Corte va ben oltre l’annullamento delle leggi. In tutte le fasi del processo legislativo e decisionale, i decisori devono chiedersi se la legge o la decisione sopporteranno il controllo della Corte. Il governo è ulteriormente svantaggiato nei confronti della Corte a causa dell’affermazione fatta dai consulenti legali del governo secondo cui la loro assistenza è legalmente vincolante. I tribunali hanno rifiutato di consentire agli avvocati privati di rappresentare i ministri, il che significa che il governo è alla mercé di consulenti legali che possono presentare opinioni più in linea con la loro coscienza personale.

Gli oppositori della riforma giudiziaria spesso chiedono “e se la Knesset annullasse le elezioni democratiche?” Tuttavia, la Corte Suprema si è avvicinata pericolosamente a farlo. Nel 1993, la Corte Suprema ha stabilito, nel famigerato precedente Deri-Pinhasi, che il Primo Ministro era obbligato a licenziare un ministro indagato per azione penale. La Corte ha riconosciuto che non vi era alcuna base per questa affermazione nella Legge Fondamentale del Governo, ma che il suo servizio continuato sarebbe stato fonte di “irragionevolezza che va alla base della questione”. Naturalmente, questo termine della frase è un puro sofisma, con nessuno oltre ai giudici stessi che sia in grado di prevederne o definirne il significato. In qualità di esperta legale, la professoressa Ruth Gavison ha avvisato che questo precedente è stato “un passo drammatico per subordinare il sistema politico-ufficiale al controllo giudiziario”. Nel maggio 2020, la Corte Suprema ha discusso se applicare questo precedente alla presidenza di Netanyahu. Ciò avvenne dopo un’elezione e dopo che Netanyahu era riuscito a formare un governo di unità nazionale e a guadagnarsi la fiducia della Knesset. In Israele, la Corte Suprema è l’ultima parola su chi può anche ricoprire cariche pubbliche, sulla base dell’amorfa “ragionevolezza” e senza una base legale esplicita.

Gran parte della discussione nazionale e internazionale su queste riforme si concentra su una clausola di deroga che richiede 61 membri della Knesset. La necessità di 61 membri della Knesset su 120, così sostiene l’argomentazione, consentirà al governo di annullare facilmente qualsiasi sentenza della Corte Suprema. Tuttavia, questo ignora diversi fatti importanti. In Canada la clausola di annullamento può essere attivata a maggioranza semplice. In Israele esiste già una clausola di deroga nella Legge fondamentale sulla libertà di occupazione (che garantisce a ogni cittadino o residente israeliano il “diritto di esercitare qualsiasi occupazione, professione o commercio”), che richiede anch’essa una maggioranza semplice. Nel sistema politico polarizzato di Israele, ottenere il sostegno di 61 membri della Knesset non è un’impresa facile. Il precedente governo Bennett-Lapid non aveva nemmeno una coalizione di 61 membri. C’è un consenso pressoché totale nella destra israeliana sul fatto che la richiesta di qualsiasi tipo di super maggioranza trasformerà la clausola di esclusione in una lettera morta. 61 è uno standard abbastanza alto; in Israele, ancora di più, è praticamente impossibile.

Questa anomalia non può essere risolta semplicemente chiedendo la moderazione giudiziaria. I giudici della Corte Suprema di Israele sono nominati da un comitato composto da nove membri. Cinque membri provengono dall’establishment legale: tre giudici della Corte Suprema e due membri dell’Ordine degli avvocati. Gli altri quattro membri sono funzionari eletti. Ciò significa che i giudici hanno essenzialmente un diritto di veto sulle nomine giudiziarie. Questa situazione è unica rispetto ad altre democrazie. In molti paesi come gli Stati Uniti e il Canada, i giudici sono scelti dai funzionari eletti. Nel Regno Unito, dove i giudici sono nominati da un comitato professionale, non hanno il potere di squalificare le leggi.

La sinistra israeliana sostiene che se dovessero essere approvate le riforme, i cittadini di Israele sarebbero lasciati con un tribunale castrato incapace di difendere i loro diritti. Questa affermazione semplicemente non regge. Israele era certamente una democrazia durante i suoi primi 50 anni prima della Rivoluzione Costituzionale. Ancora oggi, la Knesset potrebbe revocare la Legge Fondamentale sulla Dignità Umana a maggioranza semplice, sciogliere il tribunale e approvare qualsiasi legge desideri. Questo scenario da incubo è puro allarmismo per il semplice motivo che Israele è una democrazia vibrante con una cultura politica tollerante e liberale. Basta guardare al Regno Unito e alla Nuova Zelanda, dove la Corte non ha potere di controllo giurisdizionale. Questi paesi difficilmente possono essere definiti antidemocratici.

Dopo decenni di tentennamenti, il governo israeliano ha finalmente il potere di ristabilire l’equilibrio tanto necessario nel sistema politico israeliano. Le riforme proposte sono un tardivo contrappeso a decenni di usurpazione giudiziaria e mano pesante. Il ruolo originario della Corte deve essere ripristinato: pronunciarsi su controversie concrete e garantire lo stato di diritto. Le riforme proposte vanno al cuore stesso della democrazia israeliana. La questione fondamentale in gioco è, chi decide alla fine. Sono i cittadini di Israele o i suoi giudici?

Traduzione di Niram Ferretti


Anche la persecuzione giudiziaria contro Netanyahu rientra nello strapotere della Corte Suprema e della magistratura israeliana in mano alla sinistra, allo stesso modo che vediamo negli USA contro Trump e i suoi repubblicani non collusi con la sinistra e non disposti a compremessi che snaturerebbero la loro politica e renderebbero inutile la democrazia.
Si tratta sempre di violenza mediante menzogne e calunnie demonizzanti, di violenza mediante manipolazione e persecuzione giudiziaria con cui la sinistra minaccia, ricatta, condiziona l'avversario politico riservandosi se il caso l'estrema violenza del suo arresto e della sua condanna come ben vediamo in tutte le dittature della terra e in primis nella Russia di Putin.

I criminali magistrati sinistrati contro Netanyahu
viewtopic.php?f=197&t=2986


Questa è la sinistra israeliana composta prevalentemente da ebrei e mezzi ebrei etnici non religiosi e atei che hanno fatto proprio l'antisemitismo/antisraelismo/antisionismo tipico della sinistra occidentale atea e cristiana e del nazismo maomettano di cui si sentono dhimmi e che promuovono sia in Israele che in Occidente in opposizione e come alternativa al cristianismo.



Non cedere alla pressione della piazza
Redazione
27 Marzo 2023

http://www.linformale.eu/non-cedere-all ... la-piazza/

Una riforma della giustizia, una riforma necessaria a limitare il potere esorbitante in dotazione al ramo giudiziario, senza equivalenti in nessuna altra democrazia, dove i giudici non hanno la prerogativa di indirizzare il legislativo, di stabilire a proprio arbitrio come è accaduto dal 1995 in poi se determinate leggi sono leggi costituzionali o meno, facendolo con il concorso di un quarto del parlamento, ignaro all’epoca che esse sarebbero diventare tali.

Potere che nessuno gli ha conferito e che, in un paese privo di Costituzione come Israele, li ha messi nella condizione di crearla loro, senza il concorso del corpo politico. Questa riforma è stata trasformata dall’opposizione in un corpo contundente lanciato contro il governo in carica allo scopo di abbatterlo.

Da settimane le piazze sono state mobilitate da manifestanti i quali sono stati convinti, senza avere alcuna consapevolezza dei poteri specifici della Corte Suprema, senza avere una conoscenza chiara e precisa della natura delle riforme proposte, di essere a presidio della democrazia in pericolo.

In Israele sarebbe in pericolo la democrazia perchè si vuole riequilibrare la rivoluzione giudiziaria che Aharon Barak ha messo in atto a partire dal 1995, conferendo alla Corte Suprema poteri che nei precedenti 47 anni di vita non aveva mai avuto.

Durante quel lungo periodo, le Leggi Base, che costituiscono i mattoni di un edificio costituzionale in itinere, non venivano considerate de facto una Costituzione, in virtù di esse non venivano annullate le leggi del governo, il Procuratore Generale dello Stato non era la mano longa del ramo giudiziario, una sorta di vigilante che stabiliva a priori se una legge dell’esecutivo era più o meno conforme ai criteri stabiliti dalla Corte. All’epoca non si era ancora passati al massimalismo giuridico voluto da Barak, per il quale tutto è giudicabile, e ognuno può appellarsi ai tribunali per qualsiasi istanza e ragione. All’epoca i giudici non avevano potere di veto sulla nomina di altri giudici, costretti a essere conformi alla loro linea ideologica. Tutto questo non avveniva, ma nessuno scendeva in piazza a manifestare contro l’assenza di democrazia nel paese, contro la deriva “autoritaria” dell’esecutivo. Il paese funzionava normalmente, i giudici non si erano ancora trasformati nel corpus degli illuminati descritti da Platone ne La Repubblica.

Quello a cui stiamo assistendo sta avvenendo per un semplice motivo, perchè dopo trent’anni, per la prima volta, un governo coeso sulla necessità di riformare l’apparato giudiziario, ha deciso di mettere in atto la riforma, una riforma annunciata da anni ma mai attuata perchè nei governi precedenti non sussisteva la maggioranza politica per poterla attuare.

Dunque, il “governo parallelo” di Israele, nella felice definizione del giurista israeliano Amnon Rubinstein, ha deciso di correre ai ripari, di attuare la propria offensiva contro il pericolo incombente. Si è così iniziata a propagare la menzogna che il governo presieduto da Benjamin Netanyahu sia in procinto di attuare una riforma liberticida atta a imbavagliare i giudici, a sottometterli al potere dell’esecutivo. I media hanno iniziato a diffondere a spron battuto l’accusa, raccolta dalla fitta rete di ONG di sinistra presenti nel paese, a cui ha fatto da eco l’opposizione, sempre più schiacciata dall’estremismo di piazza. La folla non ha fatto che perpetuare il mantra in un crescendo esagitato che ieri sera è sfociato in disordini maggiori dopo che Benjamin Netanyahu ha annunciato il defenestramento di Yoav Gallant, ex Ministro della difesa il quale, poche ore prima, aveva pubblicamente annunciato, cedendo alla pressione della piazza e ad allarmismi infondati (il paventato rischio che la riforma della giustizia potrebbe mettere im mora la sicurezza del paese, solo perchè 450 riservisti su più di 400,000 hanno accusato Netanyahu di essere un dittatore e di non volere prestare servizio sotto di lui), che è opportuno sospendere la riforma.

Prima del fantomatico rischio per la sicurezza del paese, dove, all’interno del comparto militare si sono levate solo voci minoritarie di protesta, così come è minoritaria la parte del paese che è scesa in piazza, si era evocato in modo altrettanto fantomatico, il rischio di una recessione economica a riforma attuata, senza che nessuno abbia saputo specificare il nesso causale tra un ribilanciamento della Corte Suprma e un eventuale contraccolpo economico, così come nessuno ha specificato come, privare la Suprema Corte della facoltà di porre il veto sulla nomina dei giudici, o di decidere cosa è “ragionevole” o meno in merito alle decisioni prese dal governo, possa inficiare la sicurezza dello Stato. E i nessi non possono essere specificati perchè, perchè sono come la “virtù dormitiva” dell’oppio nel Malato immaginario di Moliere, inesistenti.

L’irrazionalità la sta facendo da padrone. La voluta, fomentata irrazionalità di un potere abnorme che si sente minacciato. È in momenti come questi che bisogna mantenere i nervi saldi, la barra dritta, e c’è da augurarsi che Benjamin Netanyahu non ceda alle pressioni della piazza, della folla eterodiretta, per la quale valgono sempre le parole scritte da Gustave Le Bon ne La psicologia delle folle:
“Annullamento della personalità cosciente, predominio della personalità inconscia, orientamento, determinato dalla suggestione e dal contagio, dei sentimenti e delle idee in un unico senso, tendenza a trasformare immediatamente in atti le idee suggerite, tali sono i principali caratteri dell’individuo in una folla. Egli non è più sé stesso, ma un automa diventato impotente a guidare la propria volontà.”
Se Netanyahu lo dovesse fare, sarebbe l’inizio della fine del suo governo, esattamente ciò che i facitori del caos creato ad arte in questi mesi, intendono ottenere.




???
Le proteste continuano, per il bene di Israele
Non si fermano le manifestazioni che sabato scorso in tutta Israele hanno portato per le strade oltre 600.000 persone contro il governo Netanyahu
27 marzo 2023

https://riflessimenorah.com/le-proteste ... di-israele

Professor Della Pergola, oltre un mese fa ci eravamo lasciati con l’avvio della riforma della giustizia del governo Netanyahu e le prime forti proteste sociali. A che punto siamo sul piano dell’iter legislativo?

Dopo le dichiarazioni di Netanyahu di giovedí scorso e del ministro della difesa Gallant sabato sera, la rivoluzione israeliana è entrata in una fase nuova. Netanyahu, molto emozionato, quasi alterato, ha detto alla Nazione: “Ora basta!” Intendeva dire che da ora in avanti avrebbe ignorato le ingiunzioni della Procuratrice Generale, Taly Baharav-Miara, di non trasgredire il suo conflitto di interessi con la giustizia in quanto imputato di corruzione, truffa e mal gestione della cosa pubblica. Ossia: Netanyahu si è posto risolutamente al di sopra della legge (e poi è partito per Londra con la Signora, sua moglie). Ma Gallant ha scompigliato le carte, chiedendo di arrestare temporaneamente la legislazione perché le proteste di molti ufficiali (in particolare dell’aviazione e dei servizi d’informazione) e di un numero crescente di soldati rischiano di mettere in pericolo l’efficienza e la vera esistenza delle forze armate. Al richiamo di Gallant si sono uniti altri deputati del Likud, e così al momento Netanyahu non ha più la maggioranza garantita alla Knesset.


Ma fino a questo momento dov’eravamo arrivati?
Siamo in una fase abbastanza confusa. In parte sotto la pressione della protesta popolare e in parte in seguito evidentemente a dei dissensi interni al Likud, ci sono delle proposte di cambiamento che vengono formulate in corsa mentre l’iter della riforma va avanti. E così, da un lato la commissione parlamentare competente ha approvato la prima lettura delle varie proposte di legge, di cui la principale è quella sulla procedura di nomina dei giudici, cui dovrebbe seguire la seconda e terza lettura; dall’altro, la stampa dà conto delle diverse possibilità di “riforma della riforma” proposte dalla stessa maggioranza. Quindi non è chiarissimo esattamente quale sarà il testo che poi potrà essere proposto in seconda e terza lettura.

Quali sono le proposte di correzione più importanti?
Yariv Levin, il Ministro della Giustizia, del Likud, e il capo della commissione parlamentare giustizia Rothman, del sionismo religioso, sono i conduttori dei giochi. Secondo l’ultima versione si tratterebbe inizialmente di eleggere solamente tre (o forse due) giudici. L’obiettivo è comunque lo stesso: far in modo che questo governo ottenga la possibilità di assicurarsi la maggioranza tra i 15 giudici, sulla base della teoria, a mio modo di vedere infondata, che esiste oggi una maggioranza “attivista” nella Corte Suprema, secolare e di sinistra, ostile al governo. Oggi ci sono in pratica 8 giudici su 15 che sono considerati liberali, 5 che sono considerati conservatori, e 2 di cui non è chiaro il punto di vista. Il governo vorrebbe sostituire almeno 2 dei prossimi 3 giudici che stanno per andare in pensione, compresa la Presidente Hayiut, che sono tutti liberali, per arrivare così ad averne 7 conservatori, mentre gli 8 liberali diventerebbero 6, con i 2 incerti equamente divisi: il risultato è che il governo guadagnerebbe la maggioranza della Corte Suprema semplicemente sostituendo due giudici. O almeno cosí pensano, perché spesso i giudici “conservatori” hanno votato assieme alla maggioranza dei “liberali”, semplicemente perché si tratta di persone oneste e competenti, e l’intepretazione della legge non lasciava altra possibilità.

E per quelli successivi?
Il governo dice: noi eleggiamo i primi due (o tre) giudici, poi torneremo a un metodo di selezione che sarà più ampio, lasciando spazio anche all’opposizione. Questa proposta in un certo senso è peggiore della precedente, perché parla apertamente di giudici nominati dal governo e di giudici nominati dall’opposizione: vorrebbe dire trasformare i giudici in agenti politici. Questo governo, in realtà, vuole svuotare la Corte della propria autonomia e renderla servile alla maggioranza. Sullo sfondo, ricordiamo, sono i giudizi in corso contro Netanyahu, e l’inevitabile finale appello alla Corte Suprema. Netanyahu vuole nominare lui i giudici che alla fine dovranno certamente (lui pensa) assolverlo.

Che possibilità ci sono che la riforma venga approvata a breve?
La Knesset doveva in vacanza prima di Pesach, il che significa che si potrà lavorare al testo ancora solo pochi giorni. Ora sono stati aggiunti improvvisamente altri tre giorni di lavori; il risultato è che al momento non è assolutamente chiaro cosa accadrà. Certo, rinviare la discussione a dopo Pesach avrebbe un’importanza notevole, perché significherebbe rallentare tutto l’iter e in un certo senso smorzarlo, quindi, sia pure indirettamente, accogliere la richiesta del Presidente Herzog, che aveva proposto una pausa di riflessione e di trattativa, cosa che però la coalizione di governo ha rifiutato.

A proposito della proposta di mediazione di Herzog, di che si tratta?
Herzog è entrato nel merito, producendo un documento estremamente dettagliato, pubblicato direttamente su Internet, presentandolo come la Proposta del Popolo, con un discorso piuttosto emotivo. Su ognuno dei vari punti controversi ha cercato un compromesso, con delle formule intermedie non facili, per esempio sul quorum necessario in parlamento per superare il giudizio negativo della Corte Suprema su una legge.

Che risultati ha prodotto questa proposta?
Il governo non rinuncia a ottenere una maggioranza dentro la Corte Suprema. Su questo punto non si transige. Per riuscirci, vuole avere la maggioranza dentro il comitato che sceglie i giudici. Il risultato è che la maggioranza ha impiegato meno di dieci minuti per rifiutare la mediazione di Herzog, respinta da Netanyahu con tono beffardo mentre era all’aeroporto e partiva per la Germania. Questo rifiuto è gravissimo perché dimostra che il Presidente della Repubblica non conta nulla agli occhi della maggioranza, che gli ha riservato una mancanza di rispetto francamente vergognosa. Herzog d’altra parte non è che abbia rinunciato; ha detto che bisogna continuare anche se è ha subito un ceffone volgare.

Tra poco le chiederò dell’opposizione nel paese; prima però vorrei ricordare quali argomentazioni utilizza la destra per sostenere la riforma.
Negli ultimi tempi si è capito che la riforma è stata formulata in realtà dal “Forum Qohelet”, un centro studi israeliano, finanziato da ebrei americani, importante espressione di un pensiero ultraconservatore, libertario, nemico del settore pubblico. È una posizione molto influente nel discorso pubblico americano, vedi l’ex-Presidente Trump e oggi Ron DeSantis [governatore della Florida, probabile candidato alla presidenza, n.d.a.]. Il Forum Qohelet ha pubblicato di recente un’analisi comparata dei sistemi di elezione dei giudici della Corte Suprema in 50 paesi, fra cui anche l’Italia. Il lavoro è molto interessante, ma vedi caso la pagina dedicata a Israele è molto carente, perché sostiene che la Corte Suprema israeliana è un unicum che non esiste in nessun altro sistema, un caso assolutamente anomalo e quindi da modificare.
Si tratta di una lettura molto parziale, che omette di precisare che il sistema istituzionale israeliano ha una serie di gravi lacune, per non parlare del metodo elettorale assolutamente anacronistico. In realtà la Corte suprema è stata finora un importante strumento di bilanciamento ed equilibrio di un sistema pieno di lacune, privo di una costituzione, e in cui i partiti non rappresentano realmente la popolazione. In realtà l’elettore israeliano non elegge i deputati ma solamente i capi dei partiti. E i deputati si occupano molto di fare grandi dichiarazioni di alta politica e poco di legiferare per il popolo. Negli ultimi trent’anni la Corte Suprema quasi eroicamente ha cercato di riempire i vuoti del sistema, per affrontare questioni fondamentali mai discusse in Parlamento, come lo statuto di Chi è ebreo?, (di cui si parla solamente per inciso nella legge del ritorno) o le conversioni. Se la Corte Suprema ha un ruolo che può apparire esagerato e preponderante, questo dipende dalle lacune e dall’impotenza della Knesset – sempre bloccata da giochi di coalizione a volte legittimi, a volte squallidissimi.

C’è un esempio di questa disfunzione?
Prendiamo ad esempio il caso del ministro Deri, che non ha pagato le tasse, viene processato (in pretura), si impegna a ritirarsi dalla politica per evitare il carcere, viene pertanto condannato con la condizionale, e il giorno dopo non rispetta l’impegno e viene nominato ministro. La Corte Suprema dichiara la nomina estremamente implausibile, e Netanyahu è costretto a dimettere Deri. E la politica della destra che fa? Accusa la Corte di essere di sinistra, di non rispettare il voto popolare, di essere espressione degli ashkenaziti contro i sefarditi; mentre del fatto che Deri non ha pagato le tasse nessuno parla. In questo modo si può nominare a ministro un cavallo, la Corte annulla, il parlamento reinstalla.

A parte la riforma della giustizia, per il resto come sta governando Netanyahu?
Netanyahu si muove come se Israele fosse una repubblica presidenziale, con poca collegialità nei confronti del parlamento e dello stesso governo, mentre invece si tratta di un regime parlamentare e (finora) con una chiara e separata attribuzione dei poteri. Sarebbe offensivo parlare di questo governo utilizzando metafore pesanti, tuttavia occorre ricordare che si sta cercando di mettere le mani non solo sulla giustizia, ma anche sulla radiotelevisione pubblica (la proposta è di sopprimerla e privatizzarla distribuendo i fondi a canali di propaganda politica pro-governativa), sulla Biblioteca Nazionale, sull’Ufficio Centrale di Statistica –fondato dal mio maestro Roberto Bachi, noto per la sua integrità assoluta e la resistenza a pressione di ministri importanti come Golda Meir o Levi Eskhol – che ha un ruolo fondamentale perché calcola l’indice dei prezzi, l’inflazione, la disoccupazione. E ancora: si parla apertamente di controllare le università, influenzando il comitato centrale della distribuzione dei finanziamenti alle università.
Il ministro del tesoro ha perfino detto che bisognerebbe ridurre il turismo, perché probabilmente i turisti sono quasi tutti goym. Per non parlare del ministro della polizia, Ben Gvir, che è stato arrestato 50 volte e ora è il capo della sicurezza nazionale. Potrei continuare, ma mi limiterò a un ultimo punto: il tentativo di limitare la legge del ritorno, impedendo ai nipoti di ebrei di fare l’aliya. Su questo sono impegnato personalmente con uno studio che verrà diffuso prossimamente, e che dimostra l’assurdità del tentativo di riforma. E da ultimo: la proposta di prolungare la presente legislatura dai 4 anni consueti a 5 anni. E poi la personalizzazione in funzione pro-Netanyahu: é passata la legge che impedisce la rimozione del Primo Ministro per motivi legali (solo per motivi di salute). Procede la legge che consentirà di fare donazioni non controllate ai politici per coprire le loro spese legali e quelle delle loro famiglie (allusione al processo Netanyahu e alle numerose cause per diffamazione in cui è coinvolto il figlio Yair). Questo assalto a raffica a tutte le istituzioni possibili e immaginabili suscita una profonda offesa al sistema democratico.

Allora veniamo alle proteste nel paese. A che punto siamo?
Le proteste continuano, siamo ormai a dodici settimane; io stesso sono andato tre volte a manifestare, in tre luoghi e in tre circostanze diverse. Tuttavia le proteste sono ancora molto fluide, manca in questo momento un consolidamento che esprima una chiara dirigenza politica. Oggi il movimento di protesta è composto da centinaia di migliaia di persone, che scendono in piazza per scelta personale. È però senza precedenti che anche dall’esercito sia arrivata una protesta. Decine di membri di unità della riserva – che svolge un ruolo militare essenziale– hanno comunicato che smetteranno di partecipare come volontari. Questo è una specie di ammutinamento della riserva, rispetto a cui Netanyahu ha invocato maggiore severità da parte del Capo di Stato Maggiore, senza porsi la domanda come mai queste persone che per 75 anni hanno volato sui cieli della Siria, del Libano e magari anche in altri posti più lontani e hanno eroicamente fatto dei servizi che non si possono nemmeno nominare improvvisamente esprimono queste posizioni. Si tratta non di traditori, ma di persone che hanno permesso finora a Israele di esistere, mentre il governo è composto per una buona metà di ministri maschi che non hanno mai fatto il servizio militare o che rappresentano coloro che non lavorano e sono sussidiati a spese della previdenza sociale. A manifestare invece ci sono coloro che producono l’80% del PIL in vari settori, compreo lo HiTech.

Nessuno scende in strada per difendere la destra al governo?
Finora ci sono stati solo dei gruppetti estremisti piuttosto violenti, ma non c’è ancora stata la mobilitazione dei Haredim per la strada. È la posizione attendista di chi si aspetta i benefici da uno stato di cui non si sente realmente parte integrante. Quello che invece è interessante è che emergono dei gruppi di persone notoriamente di destra, religiosi tradizionali e politicamente conservatori, che manifestano contro la riforma, quindi c’è un leggero sgretolamento della maggioranza. Anche io quando ero in piazza ho visto un sacco di persone con la kippà. Indubbiamente esiste una certa perplessità degli ambienti moderati. Fra l’altro all’interno del Likud si vocifera che su 32 eletti ci siano 5 deputati critici verso la riforma. Se facessero i franchi tiratori, la riforma cadrebbe.

I sondaggi che indicazioni danno?
I sondaggi registrano una tendenza, e ci dicono che oggi il governo ha perso la maggioranza, perché avrebbe 56 membri in parlamento (contro gli attuali 64) se si andasse a votare oggi. Perdono alcuni seggi il Likud, i religiosi nazionali, anche i haredim, guadagnano invece Ganz, cioè la parte più moderata dell’opposizione, e Lapid, mentre il Meretz superebbe la soglia di sbarramento che aveva fallito a novembre.

Il mondo arabo intorno a Israele come osserva quello che sta succedendo nel paese?
Purtroppo vedo un grosso rischio, e cioè che gli arabi si illudano e possano commettere degli errori di valutazione. In passato l’abbiamo già visto, io vivo in Israele dal 1966, ho vissuto la guerra dei sei giorni, ho fatto il mio servizio della riserva per più di vent’anni, ho parlato a lungo con dei Palestinesi. Il problema è che nella psicologia delle Nazioni arabe c’è un senso d’euforia e un effetto domino. L’illusione crea euforia, l’euforia crea altra illusione, è una perversa spirale in cui il rischio di un fatto scatenante può determinare conseguenze drammatiche. Questa divisione interna israeliana dà l’impressione di debolezza, la protesta dei militari fa pensare che al momento giusto gli Arabi possano scatenare un’altra offensiva. È un grave rischio, perché Israele indubbiamente finisce col prevalere, però purtroppo nelle guerre ci sono anche sempre dei danni subiti.

Quello che è successo a Roma con la visita di Netanyahu, con la profonda spaccatura nel mondo ebraico italiano, che eco ha avuto in Israele?
Le parole di Noemi Di Segni e la reazioni che hanno suscitato a Roma sono state riportate in Israele, lei è stata citatissima, è apparsa anche in prime time, parlando in ebraico al telegiornale. Ha fatto sensazione anche la protesta di Pacifici, vedere uno con la kippà che urla in quel modo dentro una Sinagoga è apparso un fatto anomalo. Fra l’altro pochissimi hanno capito che Netanyahu è stato ricevuto nella bella ma piccola e sotterranea sala dello Spagnolo, e non nella magnificente cornice del Tempio Maggiore. Appare cioè evidente che le divisioni israeliane sono state esportate nella diaspora, non solamente a Roma. La funzione di Israele, di essere polo aggregatore, luce di speranza, centro spirituale, e al limite ultimo rifugio per l’ebraismo mondiale scompare alla luce delle divisioni interne. Nella diaspora purtroppo qualcuno scimmiotta in maniera patetica quello che avviene in Israele. Spesso nella diaspora ci si vuole allineare con questa o quell’altra parte che si confrontano in Israele, ma alla luce di informazioni molto carenti e imperfette. C’è una certa parte dell’opinione pubblica ebraica italiana che dà una lettura monocolore, senza capire né la lingua ebraica, né le sfumature della politica e del diritto israeliano. Al contrario, il mainstream della stampa e della televisione israeliana ha capito che Noemi Di Segni aveva semplicemente preso atto, preoccupata, di una situazione di crisi esistente nella società israeliana.

Secondo lei si può intervenite dalla Diaspora sulla politica israeliana?
Io penso di sì. Nel momento in cui il paese è spaccato in due – non c’è stata nessuna grande vittoria di Netanyahu, che ha avuto il 49% dei voti, quindi il 51% non lo ha votato – criticare il governo in carica non significa certo criticare Israele. La diaspora dovrebbe rendersi conto che qui la spaccatura è profonda. Ci si può astenere dall’intervenire, oppure si può esprimere una preoccupazione, come ha fatto la presidente dell’UCEI. Io sono a favore della facoltà di esprimersi, purché con cognizione di causa.



Corte Suprena USA
Quando un posto è vacante, il Presidente degli Stati Uniti, con il consenso del Senato, nomina un nuovo giudice.
https://it.wikipedia.org/wiki/Corte_sup ... %27America
Istituita dall'Articolo III della Costituzione degli Stati Uniti, la composizione e le procedure della Corte suprema furono inizialmente stabilite dal 1º Congresso degli Stati Uniti d'America con il "Judiciary Act" del 1789. Come successivamente stabilito dal "Judiciary Act" del 1869, la Corte è composta dal Presidente della Corte suprema e otto giudici associati. Ogni giudice ha un mandato a vita, il che significa che rimane nella Corte fino a quando non muore, si dimette o viene rimosso dall'incarico. Quando un posto è vacante, il Presidente degli Stati Uniti, con il consenso del Senato, nomina un nuovo giudice. Ogni giudice dispone di un solo voto per decidere i casi discussi dalla Corte. Quando è nella maggioranza, il Presidente della Corte decide chi scrive il parere della Corte; in caso contrario, il giudice più anziano nella maggioranza assegna il compito di redigere il parere.

Corte Costiutuzionale italiana
https://it.wikipedia.org/wiki/Corte_cos ... le_(Italia)
La Corte è costituita da quindici giudici, la cui elezione spetta a diversi organi: cinque sono scelti dal Parlamento, cinque dal Presidente della Repubblica e cinque da tre collegi di cui fanno parte le più importanti magistrature. Inizialmente il loro mandato durava dodici anni, poi ridotti a nove. I giudici della Corte eleggono uno di loro Presidente della Corte costituzionale, con funzioni di coordinamento e mandato triennale. Dal 20 settembre 2022, la presidente è Silvana Sciarra.


Corte costituzionale federale in Germania
https://it.wikipedia.org/wiki/Corte_cos ... e_federale
Giudici: nomina e posizione
La nomina dei 16 giudici compete per metà al Bundestag (il parlamento federale) e per metà al Bundesrat (la camera che rappresenta i Länder). Il Bundestag designa i giudici di propria competenza attraverso un comitato di 12 grandi elettori, di cui fanno parte parlamentari eletti dalla medesima camera con metodo proporzionale, che delibera con la maggioranza dei due terzi dei voti. Il Bundesrat designa i giudici di propria competenza, su proposta di una apposita commissione, attraverso il voto pubblico e diretto dell'intero consesso espresso con una maggioranza di due terzi. I requisiti per l'elettorato passivo richiedono l'età di 40 anni, la cittadinanza tedesca, l'eleggibilità al Bundestag, la qualifica di magistrato o avvocato. È stabilito che almeno tre dei componenti di ogni Senat provengano dai ranghi delle supreme magistrature federali. I giudici costituzionali sono differenti, per posizione e disciplina, da ogni altro giudice.

Il Tribunale federale (tedesco Schweizerisches Bundesgericht, francese Tribunal fédéral, romancio Tribunal federal) è la più alta autorità giuridica della Svizzera. Attualmente è presieduto da Yves Donzallaz.
https://it.wikipedia.org/wiki/Tribunale ... e_svizzero
I giudici federali sono eletti dall'Assemblea federale prendendo in considerazione le diversità linguistiche, regionali e politiche. La durata della carica è di 6 anni e può essere rinnovata. La funzione di giudice federale è accessibile in linea di massima a ogni cittadino svizzero: una formazione giuridica non è indispensabile anche se ormai è diventata la regola.




CHI CREA LA COSTITUZIONE
Niram Ferretti
27 marzo 2023

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

Come non essere d'accordo con il demagogo televisivo Yair Lapid, quando, arringando la folla dei "difensori della democrazia", urla,
"Vogliamo una costituzione!"?
Sarebbe l'ideale, ma bisognerebbe spiegare a Lapid, qualcuno dovrebbe farlo, che per fare una Costituzione ci vuole un ampio consenso bipartisan, ci vuole una Costituente, e che non possono farla i giudici, ovvero non possono decidere i giudici della Corte Suprema, come hanno fatto a partire dal 1995, se determinate leggi base fanno le veci della Costituzione. Non sono i giudici che creano le costituzioni, in nessun paese democratico. Però Israele fa eccezione.
È uno dei cardini della riforma quello di intervenire su questa macroscopica stortura, perché i giudici non possono trasformare a loro piacimento delle leggi in testi costituzionali de facto e poi in base alla loro interpretazione bocciare le leggi dell'esecutivo che ritengono non conformi ad esse, o implementare a loro piacimento le leggi base, conformemente a quello che ritengono giusto.
Non funziona così, Lapid. In nessun paese democratico.



UN MESE PER DECIDERE
Niram Ferretti
27 marzo 2023

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

Contro manifestazione degli israeliani che hanno votato per Netanyahu e sono a favore della riforma. Decine di migliaia di sostenitori del governo e della riforma della giustizia si sono radunati oggi a Gerusalemme. Tardivamente. Bisognava mostrarsi prima, prima che la piazza venisse monopolizzata interamente dai manifestanti chiamati a protestare contro la riforma e a "difesa della democrazia".
E' del tutto illusorio credere che il grosso del paese sia contro la riforma. Contro la riforma c'è una parte del paese, e, ovviamente specifici poteri costituiti, di cui il più imponente è quello rappresentato dalla Corte Suprema stessa.
Se fin dall'inizio delle proteste fossero subito scesi in piazza i sostenitori del governo e della riforma, il quadro che si è visto avrebbe assunto un significato meno strumentalizzabile.
Il fermo ai lavori paralmentari per il varo della riforma deciso da Netanyahu, dopo un accordo dell'ultimo minuto con Itmar Ben Gvir, che aveva minacciato l'uscita dall'esecutivo se la riforma fosse stata fermata, la posticipa di un mese. Un mese in cui, idealmente, il governo apre alla possibilità di un negoziato con l'opposizione. Non è una finestra molto ampia.
Adesso la palla passa nel campo dell'opposizione. Se continuerà a prevalere l'ala estremista che vuole che la riforma venga sepolta, non succederà nulla, e il governo continuerà lungo la strada che ha intrapreso.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Dalla parte degli ebrei e di Israele che è la loro terra

Messaggioda Berto » mar mar 28, 2023 8:24 am

Le parole di Bibi al suo popolo
27 marzo 2023
https://www.facebook.com/watch/live/?re ... 5649758996
https://www.facebook.com/sandra.saidof/ ... U2vHeGhnDl

Netanyahu: 3000 anni fa avvenne il processo a Salomone, anche oggi le due parti dicono di amare la Patria, c'è molta tensione, c'è una minoranza estremista, che cerca di portare alla guerra tra fratelli, invita a non ascoltare quando sono chiamati all'arruolamento.
Non sono disposto a fare a pezzi la mia città, ho promesso di trovare una soluzione, stiamo litigando tra fratelli, stiamo affrontando una crisi che ha aperto un varco nella nostra città.
Ieri ho letto la lettera di Gantz e a persone come lui ho aperto le mani, come Primo Ministro, darò tempo al dialogo, in modo che tutti siamo d'accordo, intanto sospendo in queste sessioni della Knesset, discuto la legge e lo faremo nella prossima sessione plenaria della Knesset. Sospendo la legislazione, bisogna fare una riforma, sono grato che tu sia sceso in piazza oggi, nessuno ci zittirà, sei venuto con tutto il cuore e l'anima, continua a comportarti responsabilmente, nessuno ci toglierà il nostro scelta.
La storia ci ha dato un'opportunità unica, tornare in Patria, sederemo insieme al tavolo di Pesaj, abbiamo tutti lo stesso destino e un obiettivo che è quello di garantire l'eternità di Israele.




No, Netanyahu non si è arreso ha solo dimostrato un grande amore per il popolo ebraico e per Israele.

Israele, Netanyahu si arrende: congelata la riforma della giustizia. Ma in cambio Ben-Gvir avrà il controllo della Guardia Nazionale
27 marzo 2023

https://www.open.online/2023/03/27/isra ... izia-stop/
Il governo israeliano metterà da parte, almeno per il momento, la contrastatissima riforma della giustizia, contro la quale migliaia di cittadini scendono in piazza ormai da mesi, sino al dilagare delle proteste nella notte, sfociate oggi in uno sciopero generale. La fazione di ultra-destra di Potere ebraico ha annunciato infatti il raggiungimento di un accordo tra il suo leader, il ministro per la Sicurezza Itamar Ben-Gvir, e il premier Benjamin Netanyahu. Soltanto questa mattina, diffusasi la voce che Netanyahu era pronto ad annunciare lo stop al provvedimento che ha fatto infuriare le piazze, Ben-Gvir era andato su tutte le furie, minacciando di far cadere il governo se il premier avesse dichiarato la «resa di fronte alle violenze nelle strade». L’accordo, secondo quanto ha riferito il partito di ultra-destra, prevede che la riforma del sistema giudiziario sia congelata e rinviata all’estate. In cambio, Ben-Gvir avrebbe ottenuto una contropartita pesante sul fronte della gestione della sicurezza: la formazione di una Guardia Nazionale che risponderebbe direttamente a lui. Ben-Gvir, leader dell’ultra-destra, aveva inaugurato il suo mandato da ministro di peso del governo-Netanyahu lo scorso 3 gennaio recandosi, scortato da decine di agenti, sulla Spianata delle Moschee di Gerusalemme, che per gli ebrei è il Monte del Tempio. L’Autorità Nazionale Palestinese aveva immediatamente condannato «l’incursione», definita «una provocazione senza precedenti e pericolosa».

Sciopero generale e manifestazioni contrapposte
All’indomani di una notte storica in Israele, dove centinaia di migliaia di persone sono scese in piazza in in tutte le principali città in manifestazioni spontanee convocate via WhatsApp, il Paese è entrato in un subbuglio sociale e politico senza precedenti. A scatenare l’ira di parte della popolazione è stata l’ennesima mossa azzardata di Netanyahu, che ieri ha licenziato il ministro della Difesa Yoav Gallant dopo che questi aveva rotto l’unità all’interno del governo, chiedendo di ritirare la contrastatissima riforma della giustizia. Dopo una notte di proteste in tutto il Paese, con la polizia impegnata a disperdere i manifestanti che avevano bloccato l’autostrada Hayalon, nelle prime ore del mattino il presidente della Repubblica Herzog ha chiesto al premier di fermare l’iter della riforma – il cui passaggio finale in Parlamento sarebbe previsto per questa settimana – perché questa «indebolisce il sistema giudiziario». Un pressing che sembrava aver avuto successo: Netahyahu ha infatti annunciato che avrebbe parlato alle ore 10.30 italiane, e la stampa israeliana ha scritto che era pronto ad annunciare lo stop alla riforma. Ma il discorso è stato rinnovato dopo che l’ala destra della maggioranza si è rivoltata contro il possibile ritiro della legge. Itamar Ben Gvir, leader del partito di estrema destra Potenza ebraica e ministro per la sicurezza nazionale, ha minacciato di dimettersi e far cadere il governo se il premier procederà con l’annuncio. Ben Gvir, riportano i media israeliani, ha affermato che il significato di un arresto della riforma sarebbe «una resa di fronte alle violenze nelle strade». Senza il suo partito, Netanyahu perderebbe la fragile maggioranza su cui può contare alla Knesset, il parlamento israeliano. Fonti vicine al premier citate dall’agenzia di stampa Agi riferiscono che la decisione di ritirare la riforma è stata già presa. Ma fervono in queste ore contatti e negoziati.

Paese in fermento
La “corrente elettrica” democratica ha però ormai contagiato interi settori del Paese. Sono 80mila, secondo le stime della polizia, gli israeliani che oggi sono scesi in piazza davanti alla Knesset per protestare contro il governo. Sul palco si sono alternati i principali leader dei partiti di opposizione, fra cui Yair Lapid, Benny Gantz e Avigdor Lieberman. La manifestazione sembra essersi svolta in modo tutto sommato pacifico. Due persone, però, sono riuscite a intrufolarsi nel parlamento e a protestare davanti al ministro dell’Educazione Yoav Kish, gridandogli di dimettersi. I due manifestanti sono poi stati allontanati dagli agenti di sicurezza.

Chiudono le ambasciate
Alla protesta di piazza si somma poi lo sciopero generale indetto dal leader del principale sindacato israeliano, Arnon Bar David, che andrà avanti fino a quando la riforma non sarà ritirata. «Questo è il Paese dei cittadini, di tutti i cittadini. Non lasceremo che sprofondi nell’abisso», ha dichiarato Bar-David. Messaggio immediatamente recepito dai lavoratori dell’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv, il principale del Paese. Il leader del sindacato dei dipendenti degli aeroporti israeliani Pinchas Idan ha annunciato infatti lo stop immediato di tutti i decolli. E a seguire anche il sindacato che rappresenta i medici del Paese ha annunciato di aver aderito allo sciopero, avvertendo che il sistema sanitario è «congelato con effetto immediato» sino a quando la riforma non sarà ritirata. Ancora più clamorosa è l’adesione allo sciopero dei dipendenti del governo, che ha portato alla chiusura di diverse ambasciate in tutto il mondo. Anche l’ambasciata israeliana a Roma ha annunciato su Twitter che da oggi resterà chiusa e non saranno forniti i servizi consolari.

La contro-manifestazione
Le pressioni su Netanyahu e gli altri partiti di maggioranza non arrivano solo dai manifestanti contrari alla riforma della giustizia. Questa sera, alle 17 ora italiana, a Gerusalemme si terrà anche una manifestazione di sostegno al governo organizzata da movimenti della destra radicale. Alla protesta parteciperanno almeno due ministri del governo di Netanyahu: si tratta del già citato Ben Gvir e del ministro delle Finanze – e leader di Sionismo religioso – Bezalel Smotrich. «Non dobbiamo fermare per alcun motivo la riforma. Siamo la maggioranza: non dobbiamo arrenderci alla violenza, all’anarchia, agli scioperi selvaggi, alla disobbedienza», ha scritto il ministro su Twitter. Alla manifestazione ha aderito anche il gruppo «La Familia», il club degli ultras della squadra di calcio del Betar Gerusalemme. «Non intendiamo farci rubare il risultato delle elezioni» del primo novembre 2022, spiega il gruppo di ultras che in passato si è reso protagonista di numerose risse negli stadi di calcio. Nelle strade della capitale, la tensione è palpabile. Al punto da spingere lo stesso Netanyahu a predicare la calma. «Invito tutti i manifestanti a Gerusalemme, a destra e a sinistra, a comportarsi in modo responsabile e a non agire con violenza. Siamo persone fraterne», ha scritto il premier israeliano su Twitter.


Le parole del pilota di caccia di riserva, il maggiore Shay Kalech, alla campagna degli ufficiali di riserva per la sicurezza israeliana:
Parole di un pilota che non fa parte di quei pocchi che si sono ribellati contro il legittiomo governo di Netanyahu

26 marzo 2023

https://www.facebook.com/maddalena.mata ... 9935190126
https://www.facebook.com/permalink.php? ... 2061904726
“Sono venuto a parlare a nome della maggioranza del pubblico in Israele, a nome di klal Israel.
Sono qui di fronte a voi oggi, non solo, ma dietro di me ci sono dozzine di piloti pronti a riprendere il volo operativo attivo, e ogni giorno ricevo messaggi da altri piloti che vogliono unirsi.
La maggior parte dei piloti attivi mi segue lentamente, le loro voci si alzano e fluttuano.
L'intero ramo tecnico è dietro di me. Ed è possibile far decollare un aereo senza il sacro lavoro del ramo tecnico?!
Sai, quando gli equipaggi di terra preparano un aereo per il volo, non lo preparano per il pilota, lo preparano per la difesa dello Stato di Israele.
Dopo duemila anni di esilio, tra crociate, inquisizioni, pogrom e il terribile olocausto, siamo risorti dalle ceneri delle vittime per sostenere lo Stato di Israele secondo la visione dei profeti.
Siamo venuti per servire il popolo di Israele da generazioni, per l'eternità di Israele, e non solo un governo che merita di essere eletto secondo la nostra opinione - questo è ciò che ogni soldato vede davanti ai suoi occhi, come può non capirlo! !! Non intendo solo i piloti e gli equipaggi di terra, ma tutte le Freedom Brigades, la Marina, le forze di difesa israeliane nel loro insieme.
Abbiamo un membro pilota attivo nel gruppo che ha detto esplicitamente: "Non ho mai sentito che la mia voce fosse inferiore a quella di Golanchik".
Lei afferma che può nascere una dittatura. Al contrario, se sorge una dittatura, voi, l'equipaggio, i marinai della terra, dovreste continuare a proteggere il popolo di Israele nel vostro paese e allo stesso tempo combattere la dittatura. Sei stato scelto tra i buoni per servire il popolo senza riserve, senza condizioni, un amore che non dipende da nulla. Chi vieni a punire? I tuoi genitori che sono forse la seconda generazione dopo l'Olocausto? I tuoi nonni sono morti soffocati vivi ad Auschwitz.
Una signora di Mishderot mi ha chiamato dopo uno dei colloqui e mi ha detto che era sconvolta per l'Olocausto e che le mie parole avevano calmato la sua anima. Come osi mettere in pericolo la sicurezza di Israele e seminare la paura e l'angoscia dell'Olocausto nei cuori della gente?!
Ci sono persone che cercano di demoralizzare il popolo e noi non glielo permetteremo. Cercano di manipolare la nostra coscienza con la parola congelamento, che ora ti spiego cosa significa, una pausa di durata limitata allo scopo di viaggiare per la maggior parte all'estero, o una certa ricerca che una persona porta con sé. Lo stesso quando i pochi "congelati" cercano di creare un colpo di stato militare costruendo la realtà virtuale: non gliela daremo.
I miei amici ed io al Pilots Forum abbiamo parlato con la maggior parte dei comandanti di squadroni di caccia e anche con i gradi più alti del quartier generale - nessun danno operativo alla competenza dell'aeronautica in quanto tale!
Hai volato in aria per 30 anni. Vi ringraziamo per questo, e vi date il diritto di dettare quale governo governerà qui? Qualcuno ti ha scelto per guidare? E che la tua voce vale più della voce di Masuda Mesderot? Com'è arrogante, che insulto all'Air Force. Vieni a ragionare. Stai minacciando di non attaccare l'Iran? E quello di volere la distruzione del popolo ebraico nel tuo paese sta attraversando tutte le linee rosse.
Sono ottimista, questa crisi è arrivata a scoprire chi siamo e cosa siamo. Ha lo scopo di rafforzare il sionismo. "Se la guerra scoppia contro di me, mi fido di questo", ha detto il poeta nazionale David the King, mi fido di quel detto spirituale.
Chiarirà e consoliderà la nostra identità.




La Guardia Nazionale era già stata concepita, annunciata e approvata dal governo di centro sinistra di Bennet e Lapid

Bennett announces launch of national guard
Established in the wake of the unrest in Israel's mixed cities during the May 2021 Gaza fighting, the new force is composed of Border Police officers, volunteers and reservists who will be trained and activated as needed to deal with disturbances and emergency scenarios.
By Itsik Saban
06-22-2022
https://www.israelhayom.com/2022/06/22/ ... nal-guard/

Israel launched Tuesday a national guard aimed at strengthening the personal security of its citizens. The move was announced by Prime Minister Naftali Bennett and Public Security Minister Omer Barlev, together with Israel Police Inspector General Commissioner Koby Shabtai and Border Police Commander Deputy Commissioner Amir Cohen.

Established in the wake of the unrest in Israel's mixed cities during the May 2021 Gaza fighting, the new force is composed of Border Police units together with mobilized trained units of volunteers and reservists who will be trained and activated as needed to deal with disturbances and emergency scenarios.

"For me, this is the closing of a circle," Bennett said in a statement. "I came into office as Israel was licking its wounds from Operation Guardian of the Walls. We saw severe disturbances in Lod, Acre and around the country … We all understood that while we were talking about Iran and Hezbollah, the problem begins at home.

"Today we are starting out with a budgeted and approved decision to establish the Israel National Guard … This is my concluding action as prime minister: to launch the Israel National Guard and strengthen the public security of the State of Israel."

On Monday, Bennet and Foreign Minister Yair Lapid, who is also the prime minister-designate, agreed to dissolve the parliament, triggering an early election.

The Knesset is expected to enact the special bill to dissolve itself on Wednesday and set a date for the polls. If approved, Lapid will take over as prime minister of a caretaker government as part of a special rotating premiership agreement.

Tradotto con www.DeepL.com/Translator (versione gratuita)

Bennett annuncia il lancio della Guardia nazionale
Istituita sulla scia dei disordini nelle città miste israeliane durante i combattimenti di Gaza del maggio 2021, la nuova forza è composta da agenti della Polizia di frontiera, volontari e riservisti che saranno addestrati e attivati secondo le necessità per affrontare disordini e scenari di emergenza.
Di Itsik Saban
06-22-2022
https://www.israelhayom.com/2022/06/22/ ... nal-guard/

Israele ha lanciato martedì una guardia nazionale volta a rafforzare la sicurezza personale dei suoi cittadini. L'iniziativa è stata annunciata dal Primo Ministro Naftali Bennett e dal Ministro della Pubblica Sicurezza Omer Barlev, insieme all'Ispettore Generale della Polizia di Israele, il Commissario Koby Shabtai, e al Comandante della Polizia di Frontiera, il Vice Commissario Amir Cohen.

Istituita sulla scia dei disordini nelle città miste israeliane durante i combattimenti di Gaza del maggio 2021, la nuova forza è composta da unità della Polizia di frontiera insieme a unità addestrate mobilitate di volontari e riservisti che saranno addestrate e attivate secondo le necessità per affrontare disordini e scenari di emergenza.

"Per me questa è la chiusura di un cerchio", ha dichiarato Bennett in un comunicato. "Sono entrato in carica quando Israele si stava leccando le ferite dell'Operazione Guardiano delle Mura. Abbiamo assistito a gravi disordini a Lod, San Giovanni d'Acri e in tutto il Paese... Abbiamo capito tutti che mentre parlavamo di Iran e Hezbollah, il problema iniziava a casa nostra".

"Oggi iniziamo con una decisione preventivata e approvata di istituire la Guardia Nazionale Israeliana... Questa è la mia azione conclusiva come Primo Ministro: lanciare la Guardia Nazionale Israeliana e rafforzare la sicurezza pubblica dello Stato di Israele".

Lunedì, Bennet e il ministro degli Esteri Yair Lapid, che è anche il primo ministro designato, hanno concordato di sciogliere il parlamento, facendo scattare le elezioni anticipate.

La Knesset dovrebbe approvare la legge speciale per lo scioglimento mercoledì e fissare la data delle elezioni. Se approvata, Lapid assumerà la carica di primo ministro di un governo ad interim nell'ambito di uno speciale accordo di premiership a rotazione.


ISRAELE: NETANYAHU SOSPENDE RIFORMA GIUSTIZIA
Ansa
28 marzo 2023
https://www.facebook.com/progettodreyfu ... rjh3CGsHMl

Benjamin Netanyahu posticipa la riforma della giustizia fino alla prossima sessione della Knesset dopo la Pasqua ebraica in nome della "responsabilità nazionale" e per evitare "una guerra civile".
Al tempo stesso lascia la legge sul tavolo, invitando al dialogo l'opposizione per "gli aggiustamenti" necessari.
Al termine delle 24 ore più convulse della storia recente di Israele, il premier - dopo aver rinviato per tutto il giorno il suo intervento - si è deciso infine a parlare in serata ad un Paese paralizzato da uno sciopero generale che ha fermato tutto il possibile, compresi i voli in partenza al Ben Gurion e gli uffici delle ambasciate israeliane in giro per il mondo. La miccia alle proteste, dopo settimane di tensione, era stata accesa domenica sera dal licenziamento del ministro della Difesa Yoav Gallant, reo di aver chiesto un pausa nell'iter della riforma pur condividendone i contenuti. Una mossa che ha scatenato, a partire dalla notte, le maggiori manifestazioni di protesta degli ultimi giorni, culminate nel pomeriggio con circa centomila persone davanti la Knesset a Gerusalemme. Una prova di forza a cui la destra ha risposto convocando una contromanifestazione sempre davanti al Parlamento.
Il rischio che la situazione precipitasse nell'irreparabile è stato palpabile tutto il giorno e per questo si sono infittiti i colloqui all'interno della maggioranza di governo, visto che il premier ha dovuto innanzitutto convincere i riottosi alleati di ultradestra della necessità di far sbollire gli animi. Dopo il discorso di Netanyahu in tv il sindacato ha subito revocato lo sciopero mentre l'opposizione si è detta disponibile ad accettare la mano tesa del premier.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Dalla parte degli ebrei e di Israele che è la loro terra

Messaggioda Berto » mar mar 28, 2023 8:24 am

.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

PrecedenteProssimo

Torna a Ebraismo

Chi c’è in linea

Visitano il forum: Nessuno e 1 ospite

cron